Parole abisse
chè dicenu pocu è tantu
Parole di A Filetta
Ultima
revisione della pagina : 21/07/2009
Una
nuova intervista pubblicata da Mondomix
il
: 28/08/2008
Jean-Claude
Acquaviva e A Filetta festeggiano quest’anno trent’anni
d’una carriera esemplare e i 20 anni delle « Rencontres Polyphoniques
de Calvi » dal 9 al 13 settembre 2008. La loro visione del mondo è
acuta.
Qual'
è la situazione culturale della Corsica oggi?
Il minimo che possiamo dire è
che la Corsica è in una situazione un
poco paradossale. Notevoli sforzi sono stati compiuti in molti settori
(letteratura, musica, teatro, cinema, arti visive, ecc ...), spesso
anche con mezzi di fortuna, e ha portato ad una produzione abbastanza
fenomenale data la bassa densità di popolazione di tutta l'isola.
Purché non ci sono impotante spinte di frequentazione di luoghi di
intrattenimento. Va detto che la mancanza di infrastrutture non ci
facilita il compito e, in alcuni casi, è riuscito ad avviare
l'entusiasmo di chi, per tre decenni, ha tentato di fare avanzare le
cose. La Corsica continua ad andare avanti, ma un po 'come un filo!
Temo che questo è così per un lungo periodo di tempo, perché i nostri
corpi politiche nazionali e regionali non sembrano riconoscere che la
cultura è anche un igiene sociale chi, tessando un legame, produce
senso.
In che senso è questa situazione diversa del resto della Francia?
La Corsica ha mobilitato tutte le sue forze dagli anni ‘70 per salvare
ciò che poteva essere ancora salvato. Per questo motivo, vi è una forma
di attivismo culturale connesso al problema della "diffesa
dell’identità". Cio chi spiega tanto entusiasmo, una tale forza, e
anche chi traduca simultaneamente reale difficoltà di percezione di un
mondo in cui abbiamo sempre qualche paura ad inserirci ... è
l’appannaggio degli insulari?
Qual è per voi la posta della difesa della lingua?
In realtà, noi, come creatori, non ci chiediamo il problema
della sua
difesa; la nostra lingua s’impone a noi, si devide nel nostro
respiro. In quanto cittadino, naturalmente noi appoggiamo tutte le
iniziative che possono rafforzare la sua pratica nella società
corsa.
Per fare questo, chiediamo ancora più modi per essere trasmessa,
insegnata, rivelate arricchita. Noi siamo una vera e propria campagna
per il riconoscimento e guardare sempre avanti a che la Francia ha
deciso di ratificare la Carta europea sulle lingue minoritarie. Solo
una co-ufficialtà potrebbe garantire a la nostra lingua una vera e
propria capacità di essere reinvestita nello spazio pubblico. Essa deve
riprendere il suo posto e non essere solo la lingua del canto o dal
dramma.
Per voi, c'è un'etica da rispettare per fare evolvere le
tradizioni ?
Abbiamo sempre detto
che una tradizione ha significato solo per essere
superata. Si tratta di un movimento, un incessante costruzione. L'unica
etica che vale la pena, a mio parere, è di essere onesti con
se stessi.
E probabilmente perchè siamo instancabilmente ripetando: "è meglio
desiderare di essere quel che difendiamo piuttosto che
voler difendere quello che siamo !" Vi
è un bello aforisma di René Char che amiamo citare: "i più pure colture
sono seminate in un terreno che non esiste,
eliminarono la gratitudine e
non devono che alla primavera." Dio sa se siamo impegnati in
nostro suolo, ma
si potrebbe essere se non ci aspira a diventare la promessa della
primavera?
Come
la conoscenza delle tradizioni ci aiuta a considerare
il mondo?
In primo luogo, perché voler
sapere è cercare di capire. In
secondo luogo, perché è illusorio e pericoloso pensare che le
tradizioni si
riferiscono soltanto alle radici; al di là del fatto
che si differenziano per la nostra prassi, ci confondono nella
stessa condizione umana.
"hè
andatu u tempu à impachjà si in i libri
è di noi hè firmatu
cio' chi' un erede pensa :
un andatu, un
erta,
una fiarata intensa
è nant'à l'allusingà
una nivaghja immensa"
"è andato il tempo a
perdersi nei libri
E di noi hè fermato cio
'che un erede pensa :
un sentiero, una rupe,
una fiammata intensa
e sulla pelle delle
nostre illusioni
un'abbondante nevicata "
Le vostre canzoni fanno spesso riferimento ai religioso; quale
posto e
quale forma prende la spiritualità nella vostra vita?
Il repertorio
polifonico tradizionale è in gran parte legato alle
pratiche religiose. Perpetuandolo e estandolo mediante la
creazione, gli attribuimo un posto importante nel nostro cammino e
nelle
nostre vite. Non credo che si dovrebbe vedere l'adesione al
dogma. Per
noi, la religione è tutto ciò che lega. E 'un modo per comprendere
l'altro come una parte di noi stessi. Uno dei nostri brani, da un
requiem creato nel 2004 al Festival di St Denis ( "Di Corsica riposu
- Requiem pour deux regards"), dice: "figliolu d'ella, si' figliolu di
meiu" / "perché sei il suo
figlio , sei anche il mio. " Queste poche parole dicono più
che lunghi discorsi su nostro
disegno della relazione con l'Altro.
Come vede il ruolo della religione nella società contemporanea ? E
giusto?
Ho sempre molte
difficultà a capire come le religioni possono convivere
con i valori che fondano e organizzano le nostre società
: essere
il
migliore, essere un vincitore, sapere limitare la propria
responsabilità in
tutte le eventualità, concepire il benessere solo per se
stesso o
per la propria famiglia, il successo
individuale, ecc. Questo
probabilmente
spiega perché molto spesso si vivono come un rifugio, un muro,
provocando posizioni di ripiego, vale a dire l'esatto opposto di ciò
che si suppone di professare. Da parte nostra e senza alcuna pretesa,
diciamo, da molto tempo, che ci sembra che la vita è una di quelle
battaglie da combattere dove occorre essere ne vinti ne
vincitori,
ma cresciuti, e noi siamo, come uomini, tutti i
responsabili
di tutto!
Nel vostro lavoro i testi hanno un posto preponderante, come si fa a
scegliere?
Permettetemi di dire
prima che vi sia un rischio significativo che
nella nostra polifonia il suono prevale sul significato, perché
l'armonia è una lingua con una forte personalità! Questo è
probabilmente il motivo per cui attribuiamo tanta importanza al verbo,
al suo significato e la sua musicalità che devono essere uno.
Noi scriviamo
molti dei testi cantati e detti durante i nostri concerti. Possiamo
anche citare autori, quando sembra che ci
illumini nostro
canto. Le nostre scelte si svolgono in base ai nostri letture e sono
guidati dai nostri gusti letterari.
Hai adattato un testo da Primo Levi in memoria della
Shoah, che cosa ti
ha portato a farlo?
E'
sopratutto la verità di questo testo commovente che
porta con sé tutti gli stigma dell'orrore, della sofferenza di chi ha
vissuto e sofferto la barbarae. Primo Levi ha detto che se è
impossibile capire, è necessario conoscere, perchè quello che
fu potrebbe essere ancora;
coscienze potrebbero nuovamente essere sedotte e oscurate. Anche I
nostri !
Questa canzone è un
grido ancora più irresistibile che le parole di
Levi continua a non essere ascoltata, sempre e in tutti i
luoghi ...
Vous avez créé un festival, "les rencontres de chants polyphoniques de
Calvi"; quelles difficultés rencontrez-vous à perpétuer cet évènement ?
Ces rencontres sont un
rendez-vous annuel de tout ce que la planète
compte d'expressions vocales polyphoniques. Cet évènement fêtera en
septembre prochain ses 20 ans. Les difficultés auxquelles nous sommes
confrontées sont essentiellement d’ordres économiques et financiers :
la programmation nécessite des moyens croissants dans la mesure où il
faut toujours aller plus haut et surtout plus loin. Les budgets
consacrés aux transports des artistes, notamment, sont de plus en plus
lourds. Or, les aides publiques décroissent, et notre capacité
d'accueil est limitée puisque nos lieux de concerts (une église et un
oratoire) constituent des jauges très modestes. Nous ne disposons
toujours pas de salles dignes de ce nom et sommes soumis au risque (pas
toujours facile à assumer) d'une programmation de plein air... chacun
sait que notre météo est "royale" mais pas toujours !!!
Enfin, le sponsoring privé est extrêmement faible. Pour le reste, Dieu
merci, l'enthousiasme de dizaines de bénévoles assure à cette
manifestation une belle vivacité et surtout lui confère une générosité
louée par l'ensemble des artistes accueillis.
En quoi ce festival a influencé votre travail ?
Tout d'abord il nous a
fait mieux appréhender notre propre tradition
vocale en la replaçant dans sa matrice. Notre musique en est ressortie
plus forte, plus confiante et surtout mieux assumée. La découverte
d'autres sillons vocaux nous a naturellement incités à intégrer
certaines influences ; le chant géorgien par exemple, dont nous disons
volontiers qu'il nous aura appris à dire tendrement des choses
puissantes et puissamment des choses tendres. En outre, chaque édition
apporte son lot de "claques" musicales nous incitant à nous remettre au
travail dès le départ de nos invités.
Aux rencontres, des traditions du monde entier se croisent; comment
interfèrent-elles entre elles ?
Ce qui semble fort
intéressant, c'est que passée la surprise de la
découverte, les uns et les autres "s'ouvrent" totalement. Ces
rencontres ont bâti leur réputation sur trois éléments essentiels :
- la qualité de
l'accueil
- les artistes sont nos
invités sur toute la semaine, même lorsque leur
concert a lieu en tout début ou en fin de programme. C'est une façon de
leur donner le temps et la disponibilité indispensables à l'écoute de
l'autre. C'est évidemment plus lourd sur le plan financier et sur celui
de la logistique, mais ça nous semble inhérent à toute notion de
rencontre.
- nous aimons suivre
les artistes dans leur trajectoire respective et
faisons partager au public ce recul. Souvent, il nous semble constater
que tel ou tel nous revient des années plus tard, nourri d'influences
et de pratiques ici acquises. C'est une façon naturelle de redonner aux
traditions l'opportunité d'une certaine "mobilité".
A Filetta fête ses trente ans ; qu'est-ce que cela signifie pour vous ?
30 ans c'est déjà un
beau parcours. Le rêve se poursuit et continue à
faire de nous de grands privilégiés. Ce qui explique cette longévité
c'est probablement l'importance que nous avons toujours accordé à la
capacité de chaque chanteur à s'abandonner au collectif sans jamais
renoncer à sa propre personnalité. Sur ce plan nous avons la prétention
d'affirmer que nous constituons une vraie demeure sociale ; un cocon
bienveillant qui nous permet d'appréhender l'extérieur en toute
sérénité. Un de nos amis, Pierre Baqué, vient de nous écrire une très
belle lettre qui se termine par ces mots: "Vous chantez, et se crée
autour de vous une chapelle qui nous abrite". N'allez pas croire que le
fait de rapporter ces paroles soit le signe d'une grande immodestie,
mais nous aimons tant l'idée de pouvoir contribuer un tant soit peu au
bonheur de chaque être qui nous "prête" une oreille.
"votre enfer est pourtant le mien,
nous vivons sous le même règne
et lorsque vous saignez, je saigne
et je meurs dans vos mêmes liens
Quelle heure est-il ? quel temps fait-il ?
j'aurais tant aimé cependant
gagner pour vous, pour moi perdant
avoir été peut être utile"
L. ARAGON
"Il vostro inferno è anche il mio,
viviamo sotto lo stesso regno
e quando sanguinate, sanguino io
e io muoio nei stessi legami
Tuttavia, come mi sarebbe piaciuto
vincere per voi, per me perdente
forse essere stato utile "
L. ARAGON
Entre l'intention de départ et votre existence actuelle, qu'est ce qui
a changé ?
Lorsque le groupe a été
créé j'avais 13 ans ! Il est évident que nous
n'envisagions pas à l'époque que nous ferions de telles découvertes !
Notre préoccupation première était de participer à une sorte d'élan
culturel qui était censé restituer à notre terre son vrai visage ; car
qui pourrait nier aujourd'hui que la Corse a subi une réelle politique
d'éradication de son identité depuis deux siècles ? Aujourd’hui ce
mouvement a beaucoup mûri et est parvenu à s'extraire du piège de la
réaction. Désormais nous ne nous comportons plus comme des enfants qui
crieraient sans cesse " je veux parler !" ; aujourd'hui nous parlons !!
Nous avons acquis aussi la conviction que la "défense" de toute
identité passe par l'identité plus que par sa défense. Enfin, le fait
d'avoir choisi, il y a 15 ans, de vivre du chant nous aura permis de
nous consacrer pleinement à ce travail qui nous passionne encore et
encore.
En pièce jointe, l'édito du dernier numéro de Mondomix. Comment vous
fait-il réagir ?
Qu'il nous soit permis
ici de féliciter Marc Benaïche pour cet édito
qui emporte notre adhésion totale et inconditionnelle. Nous sommes
outrés, révoltés, écœurés par l'hypocrisie de nos sociétés qui
continuent à faire leur business en piétinant allègrement des
populations entières et leurs droits fondamentaux. A nouveau nous
l'affirmons : nous sommes tous responsables de tout. On écrase, on
bafoue, on altère au nom de la sacro-sainte croissance; c'est indigne
et dégueulasse ! De la même façon, on reconduit à nos frontières
ceux-là même qu'on a spoliés, ruinés, niés, asservis et qui en sont
réduits à risquer leur vie dans une embarcation de fortune ou dans le
train d'atterrissage d'un avion pour sauver leur peau, et on a même le
culot de leur dire "qu'on ne peut pas accueillir toute la misère du
monde ! " ; quel courage ! Quelle générosité !
Pour avoir tourné un
peu le monde, nous avons souvent été sidérés par
la façon dont nous, les occidentaux, continuons à nous comporter
ailleurs ; la parole de Césaire demeure d'une effrayante actualité...
Un disque, un livre, un film qui vous ont récemment marqué ?
Le dernier album de
Gabriel Yacoub, "de la nature des choses" : une
pure merveille. Je persiste à croire qu'il est parmi les meilleurs,
sinon le meilleur chanteur français !
Benjamin MiNiMuM
A lire également, le récit de notre visite au Carubbu sur le site de
nos amis de Tra Noi.
Jean-Claude Acquaviva
"Être plus que ce qu'on nous permet d'être"
("Corsica" de mai 2008)
À Filetta est un miracle. En trente ans d’une carrière qui se plaît à
emprunter les chemins de traverse, la formation balanine a réussi le
tour de force de mêler succès public, reconnaissance critique et
excellence musicale, en Corse et ailleurs. Jean-Claude Acquaviva,
charismatique et intransigeant leader d’A Filetta, nous ouvre les
portes de ce groupe à nul autre pareil.
Conclusione
Lawrence: Julien è una domanda: si può cantare una canzone per lui?
Julien, probabilmente il più giovane fan di A Filetta!
Amici e cantare alcuni versi di Lettera a mamma, per la gioia di Julien
e anche la nostra ...
Paghjella una U Carubu (A Filetta)
inviato da TraNoi
Leggi anche la storia della nostra visita a Carubbu sul sito dei nostri
amici Tra Noi.
Jean-Claude Acquaviva
"Fatti di più di quello che abbiamo usato per essere"
( "Corsica" del maggio 2008)
A Filetta è un miracolo. In trenta anni di una carriera che ama
prendere le vie attraverso la formazione balanine successo tour de
force di miscelazione successo di pubblico, critica e riconoscimento
musicale eccellenza, la Corsica e altrove. Jean-Claude Acquaviva,
leader carismatico e intransigente della filettatura, abbiamo aperto le
porte di questo gruppo come nessun altro.
Trente ans de carrière, ça se fête ?
On s’est posé la question, on a réfléchi à un événement exceptionnel,
un concert où l’on aurait fait appel à tous ceux qui ont pris part, au
fil des décennies, à l’aventure d’A Filetta. Mais nous avons renoncé.
Le groupe est tellement pris par ses activités, on dépense une telle
énergie dans les projets en cours, qu’on n’aurait pas trouvé le temps
d’organiser tout ça dignement, et on ne voulait surtout pas proposer au
public quelque chose de bâclé. C’est un peu triste, certes, mais la vie
continue, et le groupe avance.
Trenta anni di carriera, per festeggiare qualcosa?
E 'stato chiesto, è stato considerato un evento eccezionale, un
concerto dove ci avrebbe fatto appello a tutti coloro che hanno preso
parte, nel corso dei decenni, con l'avventura di una rete. Ma abbiamo
dovuto rinunciare. Il gruppo era così preso dalla sua attività, quali
l'energia spesa in progetti in corso che potrebbero non aver trovato il
tempo di organizzare il tutto con dignità, e soprattutto non offrire al
pubblico qualcosa slapdash . E 'un po' triste, ma la vita va avanti, e
il gruppo anticipo.
Pas de bilan non plus, alors ?
Une chose est sûre, ces trente ans sont passés à une vitesse
incroyable. On le dit souvent sur scène, sans démagogie, à aucun
moment, on n’a le sentiment que la routine s’est installée. Pour nous,
chaque concert est une aventure, voire une lutte. A Filetta est un peu
dans la situation d’un montagnard qui devrait gravir tous les sommets
de la planète. Il y en a toujours un autre à escalader. Nous sommes en
permanence à la recherche d’un équilibre qui semble perpétuellement
accessible, mais se dérobe encore et toujours.
Mais avec une carrière aussi riche, que reste-il à accomplir ?
Tout reste à faire. J’aimerais par exemple développer un répertoire
philharmonique. On a aussi l’envie de monter un long métrage
d’animation pour les enfants. Et puis on veut continuer à partir à la
rencontre des musiques d’ailleurs. Si demain on nous appelle pour un
concert dans les temples d’Angkor ou au Groenland, on part sans
réfléchir. Repousser les limites, faire des choses dans des conditions
extravagantes, c’est toujours passionnant.
On a l’impression qu’il y a deux parties distinctes dans la carrière
d’A Filetta…
Effectivement. Au début, on tournait, on faisait des disques, mais plus
ou moins en dilettante. En 1994, tout a changé. Devant les opportunités
qui se présentaient, conséquence de notre disponibilité, on a décidé de
devenir des professionnels tout en donnant libre cours à nos envies.
Ensuite tout est allé plus vite. Et lorsque je me penche sur notre
parcours depuis cette époque, je me dis qu’on a réalisé quelque chose
d’exceptionnel.
Non equilibrio sia, allora?
Una cosa è certa, questi trent'anni sono passati ad una velocità
incredibile. È spesso in scena, senza demagogia, in nessun momento
abbiamo la sensazione che la routine è stato installato. Per noi, ogni
concerto è un avventura, anche una lotta. Una rete è un po 'nella
situazione di una montagna che dovrebbero salire tutte le vette del
pianeta. C'è sempre un altro a salire. Siamo sempre alla ricerca di un
equilibrio che sembra sempre accessibili, ma ruba.
Ma con una carriera così ricca che resta da fare?
Tutto resta ancora da fare. I quali sviluppare una directory
Filarmonica. E 'stato anche il desiderio di montare un film
d'animazione per i bambini. E poi vogliamo continuare a scoprire la
musica al di là. Se domani ci chiamano per un concerto in templi di
Angkor in Groenlandia, che è senza pensare. Superare i limiti, fare le
cose in termini stravagante, è sempre eccitante.
Sembra che ci sono due parti distinte: nella carriera di una rete ...
Sicuramente. In un primo momento, si è rivelato, abbiamo fatto i
record, ma più o meno dilettante. Nel 1994, tutto è cambiato. Di fronte
alle opportunità che si presentano come una conseguenza della nostra
disponibilità, abbiamo deciso di diventare professionista e dando
libero sfogo ai nostri desideri. Poi tutto è andato più veloce. E
quando io guardo al nostro corso da allora penso che abbiamo realizzato
qualcosa di unico.
Cet emballement vous a-t-il étonné ?
Je pense que si l’on a duré autant, c’est qu’on n’a jamais rien
planifié. Aujourd’hui encore, je continue de ne pas me projeter dans le
futur. Tout est affaire de rencontres, de coups de cœur artistiques, de
sollicitations. Je n’ai aucune idée de ce qu’on fera dans deux ans. Un
plan de carrière nécessite des concessions, du calcul, la mise en place
d’une stratégie. Très peu pour moi.
Ce qui ne facilite pas les relations avec les maisons de disques…
On a travaillé avec une dizaine de maisons de disques, ça a toujours
foiré. Je ne veux pas qu’on me dise « emprunte cette voie, tu toucheras
beaucoup de monde ». Si cela nécessite de faire une croix sur mes
convictions profondes, artistiques et humaines, pas question. Virgin,
la dernière en date, était prête à mettre de gros moyens sur nous, mais
voulait qu’on fasse des duos, avec Axelle Red ou Souchon. Il est hors
de question que j’aille voir Axelle Red en lui disant « viens chanter
avec moi, tu vas me faire vendre quelques disques en plus ». C’est
indigne ! Aujourd’hui on a presque du mal à trouver une maison de
disques, et paradoxalement, on fait le plein partout où l’on passe. Ce
qui nous convient très bien au final. Alors évidemment on n’a pas la
notoriété pour passer au 20 heures, mais on visite des pays
extraordinaires, on s’enrichit humainement, et ce sont des moments
d’émotion, de partage qui n’ont pas de prix, dans la vie d’un homme.
Questo entusiasmo ha sorpreso?
Credo che se è durata, tuttavia, è che non abbiamo mai previsto nulla.
Anche oggi, ancora non mi aspetto in futuro. Si tratta di incontri,
cuore pulsante delle esigenze artistiche. Non ho idea di cosa siamo
riusciti a fare in due anni. Un piano di carriera richiede concessioni
dal calcolo, l'attuazione di una strategia. Molto poco per me.
Che cosa distingue i rapporti con i record ...
Abbiamo lavorato con una dozzina di grandi imprese, che è sempre
giusto. Non voglio dire di me "che andare via, si tocca molte persone."
Se si richiede di fare una croce sul mio credenze, delle arti e delle
scienze umane, senza dubbio. Vergine, la più recente, è stato pronto a
mettere pesanti su di noi, ma volevo fare duetti con Axelle Red o
Souchon. Non c'è dubbio che vedo Axelle Red, dicendo: "Vieni con me
cantare, hai intenzione di vendere più di me a pochi dischi." E
'indegno! Oggi è quasi difficile trovare una casa discografica, e
paradossalmente, è pieno, ovunque andiamo. Questo ci si adatta molto
bene alla fine. Così, ovviamente, non è stato conosciuto per passare a
20 ore, ma per visitare lo straordinario paese è arricchito umana ed è
momenti di emozione, di condivisione che sono inestimabile nella vita
un uomo.
A Filetta est à l’aise dans de nombreux styles musicaux. Y en a-t-il un
que vous privilégiez ?
Il n’y a pas, pour moi, de musique plus ou moins noble. Il y a des
chansons de Léo Ferré qui sont des monuments. Mais rien n’est plus beau
que ne pas se cantonner à un format, ne pas se poser la question de
l’adhésion du public, de ne pas se demander s’il va s’ennuyer. Ce genre
de considérations, ça me gave. Il faut faire confiance au public. C’est
à force de lui donner des choses formatées qu’il finit par s’en
contenter. Je prends autant de plaisir à écrire une chanson de trois
minutes qu’un ch ? ur de vingt minutes ou un requiem. Mais comme la
tendance est à la musique courte, j’ai envie de faire le contraire.
Votre rigueur dans le travail, et dans vos prestations, vous ont
toujours démarqué du tout venant de la production insulaire.
En la matière, en Corse, je pense qu’il y a confusion des genres.
L’ethno-musicologue italienne Giovanna Marini dit que le chant
populaire a au départ une fonction de rite, lors du labour, des
cérémonies mortuaires par exemple. C’est un langage qui accompagne les
moments de la vie. La scène, c’est autre chose. D’autant qu’il y a un
public en face qui a payé son entrée. Du coup, on n’est plus dans
l’instantané, dans le spontané. On est à la recherche d’une efficacité
artistique, notion dont le rite est totalement dénué. On est dans le
reflet du rite, mais plus dans le rite.
A Filetta è comodo in molti stili musicali. Y c'è uno che preferisci?
Vi è, per me, la musica più o meno nobili. Ci sono canzoni di Léo Ferré
che sono monumenti. Ma niente è più bello che non si limita ad un
formato, non la questione del sostegno pubblico, non chiedo se sarà
annoiarsi. Tali considerazioni, che mi ha dato. Abbiamo bisogno di
fiducia del pubblico. E 'per forzare le cose che lui ha formattato da
fare. Prendo molto piacere di scrivere una canzone tre minuti a ch? ur
venti minuti o un requiem. Ma, come la tendenza è a corto di musica,
voglio fare il contrario.
Il tuo rigore nel lavoro, le prestazioni e la tua, hai sempre a tutta
la produzione di tutta l'isola.
Il soggetto, in Corsica, penso che ci sia confusione di generi.
L'etno-musicologo italiano Giovanna Marini ha detto che la canzone era
in origine un rito nel corso del lavoro, cerimonie di sepoltura, per
esempio. È un linguaggio che accompagna i momenti della vita. La scena
è qualcosa di diverso. Soprattutto vi è un volto pubblico che ha pagato
la sua strada. Quindi, non siamo più nel istantanea, nella spontanea.
Siamo alla ricerca di un efficace concetto artistico, che è totalmente
privo di rito. Si tratta di una riflessione del rituale, ma di più nel
rito.
On vous fait parfois le reproche d’écrire dans une langue peu
accessible…
Et moi je réponds qu’on ne comprend pas toujours tout chez Pessoa,
Mallarmé ou Aragon. Ce que je veux dire, c’est que chacun a ses codes,
une façon d’écrire, des choses qui résonnent en lui et qui sont très
puissantes. Je suis un amoureux de René Char, mais ce n’est pas
toujours facile à comprendre, ni même à cerner. Pourtant c’est une
langue fabuleuse, une explosion de couleurs et de sentiments. Moi-même,
lorsque je lis les poésies de Filippini, je suis admiratif, c’est
splendide et cela me touche d’autant plus que je suis loin de manier la
langue comme lui. Mais ce n’est pas pour cela que je suis un raté ou
que la langue que j’utilise n’est pas digne d’intérêt. Il me semble
qu’il faut impérativement distinguer le travail pédagogique et l’œuvre
artistique. L’artistique ne doit pas avoir un rôle pédagogique. On ne
peut se poser la question, en art, de savoir si l’on sera toujours
compris.
Autre caractéristique frappante, l’absence chez A Filetta de la
nostalgie qui anime une grande part des artistes corses…
La nostalgie est une forme boiteuse de la mémoire. On extrait quelque
chose de son contexte, on ne veut retenir que ce qui nous semble bon.
Cela traduit une incapacité totale à demeurer dans le temps présent. Et
sur le plan du chant, c’est pareil. Avec ce risque de se figer, de
légitimer le danger qui pourrait résider dans toute forme d’ouverture.
Il est sain qu’il y ait des gens qui se posent en gardiens, mais cela
n’exclut pas qu’il existe d’autres qui bousculent la tradition. Je suis
triste lorsque j’entends des gens dire qu’il ne faut pas toucher à
quelque chose parce que nos anciens nous l’ont laissé comme cela. C’est
contraire à toute dynamique de vie.
È a volte accusato di scrivere in una lingua inaccessibile ...
E dico che non include tutto quanto è in Pessoa, Mallarmé o Aragona.
Quello che voglio dire è che ognuno ha i suoi codici, il modo di
scrivere, le cose che risuonano in lui e sono molto potenti. Sono un
amante di René Char, ma non è sempre facile da capire, o anche da
definire. Eppure si tratta di un linguaggio meraviglioso, un'esplosione
di colori e sensazioni. Io, quando ho letto le poesie Filippini, mi
ammirando questa bella e mi tocca ancora di più che non maneggiare il
linguaggio come lui. Ma non è questo il motivo per cui io sono un
fallimento, o che io uso la lingua non è utile. Mi sembra che è
indispensabile per distinguere il lavoro di insegnamento e del lavoro
artistico. L'arte non ha un ruolo educativo. Non si può porre la
domanda, in arte, sia che si tratti sempre capito.
Un altro aspetto che colpisce, l'assenza di un filo di nostalgia che
spinge molto di artisti corso ...
Nostalgia è una forma di cattiva memoria. Qualcosa è estratta dal suo
contesto, non conservano che ciò che sembra buono. Ciò riflette
l'incapacità di restare in questo momento. E in termini di cantare la
stessa cosa. Con il rischio di congelamento, di legittimare il pericolo
potrebbe trovarsi in qualsiasi forma di apertura. E 'salutare che ci
sono persone che si pongono come guardie, ma questo non esclude che vi
siano altre persone che disturbano la tradizione. Sono triste quando
sento dire "non toccare nulla perché i nostri predecessori ci hanno
lasciato così. Ciò è contrario a qualsiasi vita competenze.
Que pensez-vous de la profusion de chanteurs et de groupes corses ?
Il ne faut surtout pas empêcher les gens qui veulent s’exprimer de le
faire. Pour autant, il y a un vrai problème, c’est que personne ne fait
de distinction qualitative entre les groupes. C’est un mauvais service
à rendre aux artistes que de mettre tout le monde sur le même plan. On
doit faire des choix, que ce soit les programmateurs radio et télé ou
les gens qui par leurs subventions alimente une grande partie de la
production. On ne peut pas dire en permanence que tout est bon parce
que si tout est bon, rien n’est bon. Nulle part cela ne fonctionne
comme ça. Ce n’est pas un discours élitiste. Je ne dis pas qu’il faut
éliminer les mauvais. Nos premiers disques musicalement étaient des
calamités. Et si on ne nous avait pas laissé le temps de progresser,
aujourd’hui sans doute, nous ne serions plus là. C’est pour cette
raison que lors du premier disque d’un groupe, il faut qu’il y ait des
gens qui donnent leur avis, sincèrement. C’est l’unique façon de
progresser.
En Corse, la critique n’existe donc pas ?
Soit on ne dit pas grand-chose pour ne pas dire ce qui fâche, soit on
tombe dans le propos dithyrambique dès que l’artiste est un peu connu.
C’est d’autant plus gênant qu’on nous encense quand on fait une merde,
mais en revanche on assassine sans raison ce qui vient de l’extérieur.
Moi, je souffre lorsque je lis les comptes-rendus de journalistes qui
sont venus, ou pas d’ailleurs, à un spectacle, et qui font un
commentaire où ils se contentent de nous resservir le communiqué de
presse. Je pense qu’on gagnerait tous à un peu de sincérité et de
critique, y compris ceux qui seront critiqués à un moment ou à un autre.
Sébastien Bonifay
Che cosa pensa della ricchezza dei cantanti e gruppi di corsi?
Non impedire alle persone che vogliono parlare di farlo. Tuttavia, vi è
un vero problema è che nessuno fa una distinzione qualitativa tra i
gruppi. Si tratta di un cattivo servizio a tutti gli artisti che
mettono sullo stesso piano. Dobbiamo fare delle scelte, se i
programmatori radiofonici e televisivi e le persone che con la loro
sovvenzioni alimenta gran parte della produzione. Non si può dire in
ogni momento che tutto è buono, perché se tutto ciò che è buono, nulla
di buono. Nowhere ha così. Questo non è un discorso elitario. Non sto
dicendo che dobbiamo eliminare il male. Le nostre prime registrazioni
sono state musicalmente calamità. E se noi non ci permettono ora di
andare avanti, forse oggi non è più lì. Questo è il motivo per cui al
primo record di un gruppo, non vi devono essere le persone che
forniscono il loro parere sinceramente. E 'l'unica strada da
percorrere.
In Corsica, non vi è alcuna critica?
O non molto non vuol dire che in collera, o cadere nella rave su quando
l'artista non è noto. Questo è particolarmente fastidioso quando si
loda si prende una merda, ma d'altro canto omicidi senza ragione che
viene da fuori. Soffro quando leggo i conti di giornalisti che si sono
o meno, inoltre, a uno spettacolo, e fare un commento che ci
riutilizzati solo il comunicato stampa. Penso che siamo tutti un po 'di
guadagno candore e la critica, compresi quelli che saranno criticato in
una sola volta o in un altro.
Sébastien Bonifay
Jean-Claude Acquaviva
"Être ce que l'on défend et pas défendre ce que l'on est"
(Corse Matin du 2 février 2008)
Photo Pierre-Antoine Fournil pour Corse Matin
Comment votre répertoire a-t-il évolué en 30 ans ?
Notre éclosion a été portée par le Riacquistu et le souci de propager
des choses issues de notre patrimoine qui se perdaient. Aujourd'hui,
dans une continuité naturelle, c'est à la création nourrie de toutes
nos rencontres que nous devons l'essentiel de notre répertoire.
Et de toutes ces rencontres, laquelle a été, disons, la plus marquante ?
La Géorgie et le chœur de Tbilissi avec lequel nous avons multiplié les
échanges au début des années 90. Il y a deux chants géorgiens dans
notre nouvel album et, là-bas, des chants corses ont été enregistrés en
géorgien.
Ces fusions culturelles avec les autres galvanisent votre propre sens
créatif ?
Même de façon inconsciente, une rencontre enrichissante et sincère
laisse des empreintes indélébiles et les influences affleurent nos
mots, notre musique, nos harmonies.
Que disent de vous les publics étrangers ?
L'accueil est partout chaleureux car il n'existe pas de pays qui ne
manifeste un intérêt pour l'art vocal, en raison de sa dimension
intemporelle, et ne ressente une fascination pour le travail des voix.
Ce mélange d'enthousiasme et de curiosité est plus flagrant en
Allemagne, en Autriche ou en Scandinavie que dans les pays
méditerranéens un peu moins captifs à cette forme d'exotisme qu'on peut
représenter ailleurs.
Come funziona la directory è cambiato in 30 anni?
Il focolaio è stato portato dal Riacquistu e il desiderio di diffondere
le cose dal nostro patrimonio che si perde. Oggi, in una naturale
continuità di alimentazione per la creazione di tutte le nostre
riunioni che abbiamo la maggior parte del nostro repertorio.
E tutti questi incontri, che è stato, ad esempio, la più eclatante?
Tbilisi, Georgia e coro con il quale abbiamo un aumento degli scambi
nei primi anni'90. Ci sono due canzoni georgiano nel nostro nuovo album
e là, le canzoni sono state registrate corso in Georgia.
Queste fusioni con altri culturale galvanizzare la propria creatività?
Anche inconsciamente, un sincero e proficuo incontro lascia indelebili
le impressioni e le influenze affleurent nostre parole, la nostra
musica, le nostre armonie.
Che dire è un pubblico straniero?
L'accoglienza è calda ovunque perché non vi è nessun paese che non
manifestano un interesse per l'arte vocale, a causa della sua
dimensione senza tempo, e non sentire un fascino per il lavoro
votazione. Questa miscela di entusiasmo e la curiosità è più evidente
in Germania, Austria e Scandinavia nei paesi del Mediterraneo un po
'meno vincolato a questa forma di esotismo può essere visualizzata
altrove.
L'ouverture prochaine en Corse d'un Centre d'art polyphonique ?
Sartène, Pigna. Il faut à la fois des outils culturels et les moyens de
les faire fonctionner. Tout ce qui est de nature à désenclaver est une
excellente chose. Contrairement à ce que certains pensent, la
protection n'est pas la meilleure solution. Il ne faut pas défendre ce
que l'on est, mais être ce que l'on défend.
Même si le chant est devenu moins revendicatif, vous vous sentez
toujours politiquement investi ?
Paradoxalement, t'éloigner de la chanson-tract te rend plus puissant
dans le message que tu veux délivrer. Le moyen d'exprimer le mieux ton
amour indéfectible pour la Corse, sa langue, sa littérature, sa poésie,
c'est de décomplexer ta musique, de la faire vivre au contact de celle
des autres. Mettre un terme à ce processsus de greffes est une posture
dangereuse qui conduit à sa propre sanctuarisation. Et un sanctuaire
exhale toujours un petit parfum de mort.
Votre sentiment sur l'énième crise que traverse la Corse ctuellement ?
Le sentiment qu'on a la tête à l'envers. Il faut donnner à la Corse les
moyens de produire des Corses et ne pas s'entêter à croire que ce sont
les Corses qui font la Corse en ayant une idée statique de ce que nous
sommes. Les choses sont en perpétuel mouvement. Arrêter leur cours est
une illusion qui peut avoir des répercussions très graves sur le plan
éthique, comme l'exclusion.
Comment peut-on l'éviter ?
En enracinant l'idée que tout progrès ne peut être la conséquence que
du travail, du respect, de la rigueur, de notre capacité de résister
dans l'intelligence, l'honnêteté et le dialogue. C'est l'histoire
universelle qui nous enseigne que rien ne se gagne par la force.
Propos recueillis par J.M. Raffaelli
L'apertura in Corsica uno polifoniche centro d'arte?
Sartène Pigna. Abbiamo bisogno sia di strumenti culturali e le modalità
per farli funzionare. Tutto ciò che è probabile l'apertura è una buona
cosa. Contrariamente a quanto alcuni credono, la protezione non è la
soluzione migliore. Non dobbiamo riposare per ciò che siamo, ma ciò che
è l'acronimo di.
Anche se la canzone è diventata meno esigente, non si è ancora
politicamente investito?
Paradossalmente, il brano tratto t'éloigner ti rende più forte il
messaggio che si desidera realizzare. Il modo migliore per esprimere la
vostra incrollabile amore per la Corsica, la lingua, la letteratura, la
poesia è décomplexé musica, far vivere il contatto con gli altri. Porre
fine alle code di trapianto è un pericoloso postura che porta al
proprio santuario. Un santuario e ancora emana un profumo di morte.
I vostri sentimenti su un'altra crisi in Corsica ctuellement?
Senti che il rialzo. Abbiamo bisogno di Corsica donnne modi per
produrre corsi e non ostinato a credere che i corsi che la Corsica con
una statica idea di ciò che siamo. Le cose sono in continua evoluzione.
Stop loro corso è un'illusione che può avere gravi ripercussioni sulle
implicazioni etiche, come l'esclusione.
Come può essere evitato?
Percorsi l'idea che il progresso non può essere il risultato di tale
lavoro, il rispetto, la disciplina, la nostra capacità di resistere in
intelligenza, l'onestà e il dialogo. Questo mondo è la storia ci
insegna che nulla può essere raggiunto con la forza.
Intervista di J. M. Raffaelli
Exclusif : L'interview réalisée par nos amis néerlandais de "Tra Noi"
Pour présenter "Tra Noi", rien de mieux que de laisser la parole aux
principaux intéressés : Laurent, Suzan, Christina et Martijn.
"Nous sommes deux couples d'amis : Laurent et Suzan Lohez et Christina
et Martijn La Feber. Nous vivons aux Pays-Bas. Laurent est un Français
expatrié. Tout comme vous, nous sommes fans d'A Filetta. (...) Très
vite, nous nous sommes aperçus que la plupart des informations
concernant A Filetta étaient uniquement en français. Afin de pallier
cette frustration, et plus encore pour permettre de faire découvrir A
Filetta aux Néerlandophones, nous avons décidé de leur consacrer un
site internet. Après avoir pris contact avec Sabine Grenard, et avec
son consentement, nous nous sommes mis à l´ouvrage."
Et TRA NOI (www.tra-noi.nl) est né le 7 octobre 2007 !
L'interview avec A Filetta réalisée le 16 decembre 2007
C'est vendredi 16 decembre et Tra Noi assiste au concert d'A Filetta à
l'église St Pierre d'Utrecht. Pendant la tournée d'A Filetta aux
Pays-Bas, Laurent a l'honneur de lire en néerlandais les textes que
Jean-Claude Acquaviva dit en corse et en français pour introduire les
chants.
L'église est pleine, et les hommes arrivent. Tout est silencieux, comme
si nous ne pouvions plus respirer. Les premiers sons tiennent leur
promesse, c'est superbe. Ils chantent plusieurs chants qui figureront
sur le nouvel album de 2008, des chants de Medée, du Requiem, des films
Liberata et Himalaya l'enfance d'un chef. L'acoustique est excellente,
et le public est manifestement touché. A Filetta a trouvé sa place.
Après une ovation ils reviennent pour un dernier chant.
Nous aidons Valèrie pour la vente de CD, et c'est beau de voir
l'enthousiasme du public et pour beaucoup un CD n'est pas suffisant. Ce
qu'il a entendu, il veut le retenir. Après que le groupe ait discuté
avec plusieurs fans, nous allons au restaurant. Et là, sur la jolie
place de l'église St Pierre, Suzan demande à A Filetta de bien vouloir
chanter "Sub Tuum". José et Maxime qui marchaient en tête sont
rappelés, il fait froid, les hommes se mettent en cercle et sortent les
oreilles du bonnet. C'est un moment magique, là sur cette place, dans
le froid, c'est sublime ! Quel cadeau !
Esclusiva: intervista effettuata dai nostri amici olandesi di "Tra Noi"
Per presentare "Tra Noi", niente di meglio che lasciare la parola ai
principali soggetti interessati: Lawrence, Susan, Christina e Martijn.
"Ci sono due coppie di amici: Susan Lawrence e Christina Lohez e
Martijn La Feber. Noi viviamo nei Paesi Bassi. Laurent è un francese
espatriati. Come lei, ci sono tifosi di una rete. (...) Ben presto, ci
siamo resi conto che la maggior parte delle informazioni su A Filetta
sono stati solo in francese. Per evitare questa frustrazione, e di più
per aiutare a scoprire la Filetta olandese, abbiamo deciso di dedicare
un sito web. Dopo Sabine Grenard hanno contattato, e con il suo
consenso, abbiamo iniziato a lavorare ".
E TRA NOI (www.tra-noi.nl) è nato il 7 ottobre 2007!
Intervista con A Filetta completato il 16 dicembre 2007
E 'Venerdì 16 dicembre e Tra Noi Filetta frequenta un concerto a
Saint-Pierre d'Utrecht. Durante il tour Filetta Nei Paesi Bassi,
Lawrence ha l'onore di leggere testi in lingua olandese che Jean-Claude
Acquaviva detto in francese e la Corsica per introdurre i brani.
La chiesa è piena, e gli uomini arrivano. Tutto è silenzio, come se non
poteva più respirare. I primi suoni a mantenere la promessa, è superba.
Essi cantano canzoni diverse che appaiono sul nuovo album 2008, canzoni
di Medea, il Requiem, filmati e Liberata Himalaya l'Enfance di un
cuoco. Il suono è eccellente, e il pubblico è ovviamente influenzata.
Thread trovato il suo posto. Una standing ovation dopo ritornare per un
ultimo brano.
Noi aiutiamo Valerie a vendere CD, ed è bello vedere l'entusiasmo del
pubblico e per molti un CD non è sufficiente. Che cosa ha sentito, si
vuole ricordare. Dopo che il gruppo ha parlato con molti tifosi,
andiamo al ristorante. E lì, sulla bella piazza di San Pietro, Susan
chiede gentilmente cantare A Filetta "Sub tuum. Jose e Maxime piedi
alla testa sono ricordato, è il freddo, gli uomini messi in cerchio e
lasciare il tappo le orecchie. Si tratta di un momento magico, qui in
questa piazza, al freddo, è sublime! Che regalo
Après nous crions: "MANGER !" et nous nous mettons en route. Maxime a
le plan en main et nous guide, Paul et Ceccè s'amusent et essayent de
retenir les cyclistes qui passent, le reste du groupe discute.
L'ambiance est decontractée, ce fut un beau concert.
Au restaurant nous commandons beaucoup de pizzas "A Filetta" avec une
bière et nous commençons l'interview. Laurent et Jean-Claude accoudés
l'un à l'autre entament la discussion. Les uns écoutent et les autres
discutent entre eux.
La première question est de Christina. Cela concerne la juste
traduction d'un texte (Christina retranscrit les textes en poèsie
neérlandaise.) Il s'agit du chant "Caracolu di brame" d'Intantu.
Jean-Claude s'asseoit et donne sa traduction. Pour lui aussi, c'est
difficile et il a recours à ses mains pour s'expliquer :
Jean-Claude Acquaviva : Il est difficile à traduire. Ce texte est à
l'origine ecrit en corse, par mon frère Marcellu. Le corse est une
langue tres imagée et quand tu la traduis en français, tu perds
quelquefois les effets recherchés.
Tra Noi : Quels sont tes poètes préférés ?
JC : Borgès, René Char, Aragon et Primo Levi sont les poètes que je
cite le plus.
Au grand plaisir de Christina, Pessoa et Paul Eluard figurent aussi sur
la liste.
Tra Noi : La polyphonie est-elle reservée aux hommes ?
Dopo gridiamo: "Mangia!" e ci sarà messo in moto. Maxime una cartina in
mano e ci guida, Paolo e Cecca giocare e cercare di ricordare i
ciclisti che trascorrono il resto del gruppo di discussione.
L'atmosfera è rilassata, è stato un bel concerto.
Nel ristorante abbiamo per lotti di pizza "A Filetta" con una birra e
iniziamo l'intervista. Laurent e Jean-Claude pendente l'uno con l'altro
iniziare la discussione. Ascolta gli uni agli altri e discutere.
La prima questione è Christina. Questo riguarda il diritto di
traduzione di un testo (Christina testi trascritti in olandese poesia.)
Questo è il brano "Caracolu di lastra" di Intantu. Jean-Claude si siede
e dà la sua traduzione. Anche per lui, è difficile e che usa le mani
per spiegare:
Jean-Claude Acquaviva: E 'difficile da tradurre. Questo testo è scritto
originariamente in corso, il mio fratello Marcellu. Il corso di lingua
è molto colorata e quando si traduce in francese, a volte si perde
l'effetto desiderato.
Tra Noi: Quali sono i tuoi poeti preferiti?
JC: Borges, René Char, Aragona e Primo Levi sono i poeti cito più.
Per la gioia di Christina, Pessoa e Paul Eluard sono sulla lista.
Tra Noi: La polifonia è riservato per gli uomini?
JC : La polyphonie se pratiquait à l'époque des travaux dans les
champs. De fait, les hommes chantaient entre eux parce qu'ils
travaillaient entre eux. Il n'y a pas de polyphonie mixte parce que,
esthétiquement, son architecture est telle que si tu mêles des voix de
tessitures différentes, tu annules les effets harmoniques. Si tu fais
chanter ensemble des hommes et des femmes, ils ne chantent pas dans les
mêmes registres. Tu élargis donc les registres, le spectre et tu
n'obtiens plus du tout le même son. Naturellement les hommes chantaient
ensemble, les femmes chantaient ensemble mais pas en polyphonie, tout
simplement parce qu'il est difficile de trouver un espacement des voix
suffisament important. Généralement il est difficile de trouver soit
des basses ou des voix qui montent suffisamment. C'est un problème de
tessiture. Si les hommes et les femmes ne chantent pas ensemble, c'est
donc lié à l'organisation même de la société, une explication purement
esthétique et musicale. Cependant dans les 20 à 30 dernières années, il
y a des groupes d'hommes et de femmes qui ont composé mais à la fin ils
ne chantent pas de la même façon. Ce n'est pas une explication
scientifique mais ce sont des éléments suffisants qui peuvent justifier
pourquoi cela n'existe pas.
Tra Noi : Comment s'effectue la création d'un programme pour une
tournée? Qui décide d'inclure tel ou tel chant ?
JC : Cela dépend de beaucoup de choses. On en discute ensemble. Très
souvent c'est lié aux nouveautés, à ce que l'on a envie de chanter, à
l'équilibre du programme. Pour donner un exemple concret, sur le
programme de la tournée Néerlandaise, on a intégré un certain nombre de
chants du nouvel album que l'on enregistrera en janvier. Cela permet de
les rôder mais aussi de les faire mûrir. De la création à la maturité,
il y a beaucoup de travail.
Tra Noi : Avez-vous des endroits préférés pour chanter ? Y a t-il une
salle où vous voudriez retourner ?
JC : Pas spécialement. On aime beaucoup certaines acoustiques.
Certaines sont plus adaptées à ce que l'on fait. On n'aime pas trop les
grandes salles car notre chant est plus intimiste et on a besoin de le
faire porter par une sono puissante. Ce n'est plus en rapport avec ce
que l'on fait. On n'aime pas non plus chanter dans de grandes églises.
Il y a un son qui tourne et cela porte à confusion. Pour nous, la salle
idéale : c'est une église de 300 à 400 places, ou encore une petite
salle avec une bonne sono. A ce moment là, tu as une bonne relation
avec le public qui n'est pas altérée.
JC: La polifonia è stato praticato al momento del lavoro nei campi. In
realtà, gli uomini sono stati il canto, perché ha lavorato con gli
altri. Non vi è alcun polifonia mista perché, esteticamente, la sua
architettura è tale che se la votazione Meles tessituras di diversi
effetti di rimuovere armoniche. Se si fa tutto il canto gli uomini e le
donne, non cantare nello stesso record. È pertanto ampliato registri,
lo spettro e si ottiene lo stesso a tutti i suoni. Naturalmente gli
uomini cantavano insieme, cantato insieme alle donne, ma non in
polifonia, semplicemente perché è difficile trovare uno spazio
sufficiente di voti. In genere è difficile trovare sia basso, oppure
voci che si innalzano a sufficienza. Si tratta di un problema della
gamma. Se gli uomini e le donne non cantare insieme, è quindi legata
alla organizzazione della società, una spiegazione puramente estetico e
musicale. Ma all'interno di 20 a 30 anni, vi sono gruppi di uomini e
donne che hanno fatto, ma alla fine non si cantano le stesse modalità.
Questa non è una spiegazione scientifica, ma è sufficiente la prova che
possono giustificare il motivo per cui essa non esiste.
Tra Noi: Come è la creazione di un programma per un tour? Chi ha deciso
di includere una determinata canzone?
JC: Dipende da molte cose. Discutiamo insieme. Molto spesso è legata
alle nuove, che vogliamo cantare, il saldo del programma. Per dare un
esempio concreto, il programma del tour olandese, che ha incorporato un
certo numero di canzoni del nuovo album che abbiamo registrato nel mese
di gennaio. Ciò permette loro di muoversi, ma anche per farli maturare.
Dalla creazione alla maturità, c'è un sacco di lavoro.
Tra Noi: Avete luoghi preferiti a cantare? C'è una stanza in cui si
vorrebbe tornare?
JC: Non particolarmente. Si ama alcuni acustico. Alcuni sono più adatte
a ciò che facciamo. Non ci piacciono le grandi sale, perché la nostra
voce è più intimo e abbiamo bisogno di concentrare un potente suono.
Questo è più in linea con ciò che facciamo. Noi non cantare nelle
grandi chiese. Vi è un suono che si trasforma, e questo è molto
fuorviante. Per noi, la camera ideale è una chiesa di 300 a 400 posti a
sedere, o una piccola stanza con un buon suono. A quel tempo, si ha un
buon rapporto con il pubblico che non è alterata.
Tra Noi : Beaucoup de gens sont très attirés par A Filetta, son
harmonie, sa passion, sa superbe musique, ses textes. Pour moi (Suzan),
vous êtes sept anges. Ce que vous faîtes est bon pour le coeur, ça vous
touche, ça vous embrasse. Comment est-ce que d'être adulé et de
pourtant rester simple Corse ?
JC : Alors d'abord, ça nous fait plaisir qu'elle ait cette vision de
nous. Il faut qu'elle sache que cette vision n'est, pour nous, en aucun
cas, une volonté de construire cette image. A ce propos, je citerais
André Malraux : " L'homme n'est ni ange ni bête. A vouloir faire
l'ange, il fait la bête."
Ce qui est important pour nous, c'est deux choses : Un, c'est d'être
toujours critique envers nous-mêmes. Le jour où l'on commencera à dire
: " ce que l'on fait c'est bien ", là, ça sera terminé. Ca veut dire
que l'on commencera à dégringoler. Notre démarche c'est la recherche
perpétuelle d'un équilibre que l'on sait que l'on n'atteindra jamais,
mais l'important c'est de le chercher. Deux : C'est de toujours rester
humble. Nous sommes pleinement conscients que sans celui qui nous
écoute, on n'est absolument rien. C'est une certitude. Parce que nous
avons un chant qui n'a de sens que pour être entendu. Nous sommes
intimement persuadés qu'un collectif, ça existe, qu'une façon de penser
les choses les uns avec les autres, les uns par les autres, les uns
face aux autres. C'est la façon dont fonctionne notre musique. C'est
cette image là, si tu veux, que nous sommes contents de montrer. Et
cela n'est possible que si tu as des gens qui nous ont suivis et qui
nous ont permis de vivre cette aventure de laquelle sont exclus le
rapport économique, le rapport hiérarchique. Et ça, dans notre monde
actuel, cela n'existe plus nulle part.
Quelquefois les gens disent : " oui, mais le rapport économique,
forcément que vous le vivez puisque vous vendez des concerts, des
disques... ". Je le reconnais. Mais nous avons eu la chance de trouver
un public qui nous suit et de ne pas être obligés de faire de
concessions sur le plan artistique. Nous ne nous sommes jamais
retrouvés dans une situation de dire : " bon, allez, il faut qu'on
s'arrange un peu, qu'on fasse un truc qui va bien fonctionner. " Ce que
l'on fait, on le fait. C'est difficile. Ce n'est pas toujours facile à
faire entendre, à faire écouter et pourtant on a un public. Et c'est
grâce à ce public, et parce qu'il y a des gens comme vous, que l'on
peut continuer. A partir de là, tu ne peux être qu'humble.
Tra Noi: Molte persone sono molto attratti da filettare, armonia,
passione, grande musica, il testo. Per me (Susan), vi sono sette
angeli. Che cosa potete fare è buono per il cuore, tocca a voi, vi
abbraccia. Come è come essere adorato e ancora rimanere semplice
Corsica?
JC: Allora in primo luogo, siamo lieti che abbia questa visione di noi.
Lei deve sapere che questa visione è per noi, in ogni caso, un
desiderio di costruire questa immagine. Qui cito André Malraux: «L'uomo
non è né angelo né bestia. Cercando di fare l'angelo, è la bestia."
Quello che è importante per noi è di due cose: uno è quello di essere
sempre critico nei confronti di noi stessi. La giornata si cominceranno
a dire: "quello che abbiamo fatto è stato buono", allora è finito. Ciò
significa che si comincerà a piombino. Il nostro approccio è la ricerca
di un equilibrio che sappiamo non potrà mai raggiungere, ma la cosa più
importante è quello di scaricarlo. Due: E 'di rimanere umili. Siamo
pienamente consapevoli del fatto che nessuno che ci ascolta, non vi è
assolutamente nulla. Si tratta di una certezza. Perché abbiamo una
canzone che ha senso solo di essere ascoltati. Siamo fermamente
convinti che un contratto collettivo, non esiste, un modo di pensare le
cose gli uni con gli altri, gli uni contro gli altri, di fronte a
vicenda. Ecco come la nostra musica. Questa immagine è, se volete,
siamo lieti di mostrare. E questo è possibile solo se si hanno le
persone che ci hanno sostenuto e ci ha permesso di vivere questa
avventura che sono esclusi per la relazione economica, il rapporto di
segnalazione. E che, nel mondo di oggi, non esiste più da nessuna
parte.
A volte la gente dice: "Sì, ma la relazione economica, ovviamente, come
si vive, perché si stanno vendendo concerti, CD ...". Lo ammetto. Ma
siamo stati fortunati a trovare un pubblico che ci segue e non essere
costretti a fare concessioni sulla artistico. Non abbiamo mai messo in
una posizione tale da poter dire: "Bene, va ', abbiamo organizzato un
po', fate qualcosa che funziona bene." Che cosa facciamo, lo facciamo .
E 'difficile. Non è sempre facile da ascoltare, per ascoltare, eppure
abbiamo un pubblico. Ed è proprio grazie a questo pubblico, e perché ci
sono persone come te che si possa continuare. Da lì, non è possibile
qu'humble.
Tra Noi : A la fin de la dernière présentation que fait Laurent, il
annonce qu'il y aura la possibilité d'acheter des CD à la fin du
concert. Cela a fait beaucoup rire la salle. Comment l'avez-vous vécu ?
JC : Hier déjà, les gens ont ri. On y a repensé et on pense qu'ils ont
du rire parce que cela venait à la suite de la dernière introduction.
Ca nous a aussi fait rire, tout simplement. A ce propos, on a reçu
cette année, à Calvi pour les Rencontres, Giovanna Marini. Une
chanteuse populaire italienne qui a fait un travail fantastique sur les
voix. C'est une dame qui a entre 65 et 70 ans. Elle fait ses concerts
avec trois autres chanteuses. Pendant les concerts, elle parle et amuse
beaucoup le public. Et à la fin des concerts, elle dit : " voilà, je
vais vous expliquer. Nous, on fait des CD et les maisons de production
les fabriquent mais ne veulent pas les vendre. Alors nos CD prennent la
poussière, on est obligés de les nettoyer. Alors pour ne plus avoir à
le faire, on vend nos disques nous-mêmes ". Et alors elle va dans les
coulisses, revient avec des cartons de CD, se met au-devant de la
scène, et elle les vend. Son agent dit que depuis qu'elle fait ça, elle
vend des quantités de disques incroyables. Nous, il est exclu qu'on
fasse la même chose. On n'oserait jamais le faire. On en rit beaucoup
parce que sur cette tournée, c'est la seule où l'on annonce que l'on
vend des CD. Jamais, jamais avant on ne l'avait fait. Pour en revenir à
ta question, on en a beaucoup ri mais cela ne nous a pas gêné.
Maxime : Tu disais : " ... l'altruisme, et le don de soi, ... il y a
des disques à acheter à la fin du concert." Et tout ça sur le même ton.
C'était poétique ! (rires)
Tra Noi: Al termine della presentazione fatta da Lawrence, egli
annuncia che egli sarà in grado di acquistare i CD, alla fine del
concerto. Questo è stato molto ridere camera. Come sei venuto a vivere?
JC: già ieri, la gente si mise a ridere. E 'stato ridisegnato e
pensiamo che hanno a ridere, perché è venuto a seguito degli ultimi
introduzione. Ca ridere anche noi, semplicemente. A questo proposito,
abbiamo ricevuto questo anno, a Calvi per Incontro, Giovanna Marini. Un
popolare cantante italiano che ha svolto un ottimo lavoro sulla voce.
Questa è una signora che è tra i 65 ei 70 anni. Ha fatto il suo
concerto con altri tre cantanti. Durante i concerti, si parla e
divertire il pubblico molto. E alla fine di concerti, ha detto, "qui,
ti dico. Possiamo fare CD e produzione di case di produzione, ma non si
vuole vendere. CD Quindi, la nostra polvere, siamo obbligati a pulito.
Così, per non farlo, noi vendiamo i nostri dati noi stessi. " E poi si
va di nuovo dietro le quinte con scatole di CD, è nella parte anteriore
del palco, e si vende. Il suo agente ha detto che, dal momento che lei
ha fatto, si vende incredibile quantità di dischi. Noi, non è che
facciamo la stessa cosa. E non sarebbe mai farlo. Abbiamo riso molto,
perché in questo tour è l'unico in cui abbiamo annunciato che vendono
CD. Mai, mai prima abbiamo mai avuto. Per tornare alla tua domanda, si
rideva molto, ma questo non ha ostacolato.
Maxim: Lei ha detto: "... l'altruismo e abnegazione, ... ci sono ad
acquistare i dischi alla fine del concerto." E tutto questo sullo
stesso tono. E 'stato poetica! (ride)
Suzan : C'était vraiment marrant, et ça a porté ses fruits.
Tra Noi : Après bientôt trente ans d'existence, ressentez-vous
quelquefois que la passion s'amoindrit ? Que faites-vous pour raviver
la flamme ?
JC : Ecoute, honnêtement, nous n'avons pas l'impression que la passion
s'estompe. Sans doute cela arrivera un jour mais jusqu'ici nous ne
l'avons pas encore ressenti. Sans doute parce que l'on fait extrémement
de choses différentes. Ce qui est important, pour un groupe comme le
nôtre, c'est de ne pas avoir un plan de carrière. On est toujours resté
ouverts aux autres, sur leurs capacités à nous proposer des choses et
vice-versa. Cela nous fait avancer chaque fois, cela nous enrichit.
C'est ce qui s'est passé avec Bruno Coulais quand on a commencé à faire
de la musique de film. Depuis, nous en avons fait beaucoup. Nous avons
rencontré beaucoup de musiciens. C'est d'ailleurs avec l'un d'eux que
nous avons fait le Requiem. Nous avons présenté Bruno Coulais à Orlando
Furioso, metteur en scène napolitain, et depuis ils ont fait beaucoup
de choses ensemble. Ce n'est pas une fuite en avant, cela se fait très
naturellement. En fait, on a sans cesse un sentiment de nouveau,
d'inédit.
Tra Noi : Christina voudrait que Jean-Claude décrive A Filetta en un
mot.
JC : Alors ... (Jean-Claude s'interrompt, réflèchit, rigole, veut
reprendre sa phrase mais Christina est stricte et lui dit "UN mot"). Un
mot... Ca veut dire que je bavarde trop...
Laurent : C'est plutôt parce que nous avons beaucoup de questions et
que si nous les posons toutes, nous y sommes jusqu'au petit-déjeuner.
Suzan : Un mot pour décrire A Filetta, ce serait ...A Filetta ?
JC : Ce sont DEUX mots. Un mot ...(Jean-Claude regarde très concentré),
un mot ... ce serait ... (nous rions), ce serait ... (nous rions à
nouveau), un mot qui doit ouvrir à d'autres choses, parce qu'un mot
c'est trop difficile. Je pense que, selon moi, il y a une chose
primordiale ...
(nous rions encore)
Susan: E 'stato veramente divertente, e che ha dato i suoi frutti.
Tra Noi: Dopo quasi trenta anni di esistenza, a volte sento che la
passione si è ridotto? Cosa fare per ravvivare la fiamma?
JC: Guarda, onestamente, non abbiamo la sensazione che la passione si
affievolisce. Senza dubbio, si verificherà un giorno, ma finora non
abbiamo ancora sperimentato. Forse perché si tratta di cose molto
diverse. Quello che è importante per un gruppo come il nostro non è
quello di avere un piano di carriera. Si è sempre rimasto aperto agli
altri, la loro capacità di suggerire le cose e viceversa. Ci siamo
trasferiti ogni tempo, ci arricchisce. Questo è ciò che è accaduto con
Bruno Coulais, quando abbiamo iniziato a fare musica per film. Da
allora abbiamo fatto molto. Abbiamo incontrato molti musicisti. E
'stato con uno di loro che abbiamo fatto il Requiem. Abbiamo presentato
Bruno Coulais Orlando Furioso, regista napoletano, e dato che essi
hanno fatto molte cose insieme. Questo non è un volo prima, questo è
fatto molto, naturalmente. In realtà, si è costantemente un senso di
nuovo, inedito.
Tra Noi: Christina vuole Jean-Claude A Filetta descrivere in una sola
parola.
JC: Allora ... (Jean-Claude si ferma, pensa, ride, vuole riprendere la
sua frase, ma Christina è rigoroso e ha dichiarato: "Una parola"). Una
parola ... Ciò significa che anche io chiacchieroni ...
Laurent: È piuttosto perché abbiamo molte domande e che, se noi siamo
in tutto calo fino a colazione.
Suzan: Una parola per descrivere filettare, sarebbe ... A Filetta?
JC: Ecco due parole. Una parola ... (Jean-Claude sembra molto
concentrato), una parola ... questo sarebbe ... (si ride), che sarebbe
... (si ride di nuovo), una parola che deve aprirsi ad altre cose,
perché è una parola troppo difficile. Credo che, a mio parere, vi è
qualcosa di importante ...
(abbiamo ancora ridere)
Christina : Non, UN mot !
JC : Un mot ... (nous rions), un mot, je dirais SINCERITE, parce que
c'est un mot qui couvre plusieurs aspects.
Suzan : Un mot n'est pas suffisant.
JC : (soulagé) voilà, absolument.
Tra Noi : Ce qui nous manque en tant que fans d'A Filetta c'est un DVD
Live. Est-ce dans les plans ?
JC : On y a déjà pensé, mais pas spécifiquement pour un concert
général. Il y a un certain nombre de répertoires qui gagneraient à être
enregistrés live. Par exemple, les choeurs de Medée. On se dit
maintenant qu'on aurait dû le les faire en live et peut-être en DVD.
Parce que cela aurait eu une sincérité plus importante. Quand on a
enregistré Médée, on s'est focalisé sur un certain nombre de choses et
à l'arrivée on se rend compte que ce n'est pas l'essentiel. Et le CD ne
rend pas ce qu'il aurait pu donner en live. Pour revenir à ta question,
on y pense de plus en plus. On sait aussi que le CD, c'est quelque
chose de beaucoup plus froid. Dans notre façon de chanter, il y a des
choses qui parlent plus lorsque l'on écoute un disque. Mais on se pose
la question : Est-ce qu'avec un DVD, le concert est-il le même qu'en
concert ? Je n'en suis pas si persuadé.
Tra Noi : Sans aucune limite, quel serait le rêve le plus fou que vous
souhaiteriez réaliser ?
JC : Je ne sais pas si je ferais un voeu pour A Filetta. Je ferais un
voeu pour la planète. Cela peut paraître prétentieux, mais je dis que
le voeu que je formulerais, c'est que notre façon de fonctionner en
groupe, dans la musique, puisse servir d'exemple. Ce que je veux dire,
c'est que j'aimerais voir dans notre société un respect mutuel mais
aussi une complémentarité, une solidarité... Qu'on ait besoin des uns
et des autres, que l'on soit les uns par les autres, que cette façon de
fonctionner puisse se retrouver ailleurs dans la société. C'est à mon
sens ce que l'on a de plus cher à donner.
Christina: Non una parola!
JC: Una parola ... (si ride), una parola, vorrei dire la sincerità,
perché è una parola che copre diversi aspetti.
Suzan: Una parola non è sufficiente.
JC: (esonerato), che è, assolutamente.
Tra Noi: Che cosa ci manca, come fan di A Filetta è un Live DVD. E 'nei
piani?
JC: E 'già pensato, ma non specifica per un concerto generale. Ci sono
un certo numero di directory che possono essere registrati dal vivo. Ad
esempio, il coro della Medea. Diciamo che ora dobbiamo far vivere e
magari su DVD. Perché aveva una maggiore sincerità. Quando ci è stato
Medea, ci siamo concentrati su un certo numero di cose e finire vi
rendete conto che questo non è essenziale. E il CD non fare ciò che
egli avrebbe potuto vivere. Per tornare alla tua domanda, si pensa
sempre di più. Sappiamo anche che il CD è una cosa che è molto più
freddo. A nostro modo di cantare, ci sono cose che parlano di più
quando si ascolta un disco. Ma ci chiediamo: è questo un DVD, il
concerto è la stessa in concerto? Io non sono così convinto.
Tra Noi: Senza alcun limite, quale sarebbe il sogno più folle che si
desidera raggiungere?
JC: Non so se ho il desiderio di una rete. Vorrei esprimere un
desiderio per il pianeta. Questo può sembrare pretenzioso, ma dico che
spero che questo approccio è che il nostro modo di lavorare in gruppo,
nella musica, può servire come un esempio. Quello che voglio dire è che
io vedo nella nostra società con il rispetto reciproco, ma anche una
complementarietà, la solidarietà ... Abbiamo bisogno di ogni altro, se
gli uni con gli altri, che questa funzione può essere trovato altrove
nella società. E 'il mio senso che abbiamo più a dare.
Tra Noi : Une question à propos du groupe en lui-même, sur sa
complémentarité, sa solidarité, comment l'expliques-tu ?
JC : C'est tout simple. Si tu veux, A Filetta ne s'est pas constitué
que sur des éléments esthétiques, musicaux ou artistiques. La création
du groupe remonte à 1978. Petit à petit, les gens qui ont intégré le
groupe, sont des gens qui ont cotoyé pendant quelques temps le groupe.
Il y avait une sorte de période d'approche si l'on peut dire, et à un
moment donné ils ont intégré la structure. C'est-à-dire qu'ils ont fait
l'expérience de la proximité sentimentale et philosophique.
Du groupe d'origine, il n'y a que Jean et moi. Après Paul est venu. Il
était au lycée avec moi, on se connaissait mais il ne chantait pas. Il
était lui-même ami d'un de mes amis d'ecole qui aimait chanter. Petit à
petit, il a intégré le groupe. On s'est trouvé des envies communes, le
fait de vouloir construire ensemble. Si tu prends les autres, c'est
exactement la même chose. José s'occupait avec l'un des fondateurs d'A
Filetta d'une école de chant à l'Île Rousse. Au bout d'un moment, il a
naturellement intégré le groupe. Maxime, c'est la même chose. Il
chantait beaucoup de messes, dans les confréries. Et à un moment donné,
il y a eu une sorte d'osmose qui s'est faite et il est entré dans le
groupe. Jean-Luc, c'est pareil. Quand il était tout petit, il venait à
des ateliers de chant. Il est venu chanter 2-3 fois avec nous pour
Passione, pour ce que l'on faisait à Calvi. Naturellement il a intégré
le groupe. Céccé, mon neveu, il y a la proximité familiale mais aussi
le fait qu'on a fait un concert à Calvi, où l'on avait intégré d'autres
chanteurs. Il a répété et chanté avec nous...
Entre temps les pizzas, desserts et les cafés sont consommés, nous
aimerions poser nos questions jusqu'au petit-déjeuner, mais la realité
veut que les hommes partent demain pour Anvers, et vu qu'il est minuit
nous nous disons au revoir...
Propos reproduits avec l'aimable autorisation de Tra Noi.
Tra Noi: Una domanda sul gruppo stesso, sulla sua complementarità, la
solidarietà, come si fa a spiegare?
JC: E 'così semplice. Se lo si desidera, filettare non ha dimostrato
che su questioni estetiche, musicali o artistiche. La creazione del
gruppo risale al 1978. A poco a poco, le persone che si sono uniti al
gruppo, sono persone che hanno un po 'di tempo per il gruppo cotoyé. Vi
è stata una sorta di periodo di approccio, per così dire, e ad un certo
punto hanno struttura integrata. Vale a dire che hanno vissuto
emozionale e filosofico nelle vicinanze.
Dal gruppo originario, solo Giovanni e me. Dopo è venuto Paolo. Era a
scuola con me, ma lui non sapeva cantare. Era un mio amico di scuola
gli amici che amava cantare. A poco a poco, è entrato a far parte del
gruppo. E 'stato il comune desiderio, la voglia di costruire insieme.
Se si prendono le altre, è esattamente la stessa cosa. José trattare
con uno dei fondatori di una scuola di canto Filetta uno in Ile Rousse.
Dopo un po 'di tempo, naturalmente, ha aderito al gruppo. Maxime è la
stessa cosa. Ha cantato un sacco di Messe in confraternite. E a un
certo punto, non vi è stata una sorta di osmosi, che è stato fatto ed è
entrato nel gruppo. Jean-Luc, c'est pareil. Quando era poco, è venuto a
cantare workshop. Egli è venuto a cantare con noi 2-3 volte per
passione, per quello che abbiamo fatto a Calvi. Naturalmente, è entrato
a far parte del gruppo. Cecca, mia nipote, non vi è un parente stretto,
ma anche il fatto abbiamo fatto un concerto a Calvi, dove aveva
inserito altri cantanti. Egli ha ripetuto e cantato con noi ...
Nel frattempo, la pizza, dolci e caffè sono consumati, vorremmo
chiedere alle nostre domande fino a colazione, ma la realtà è che gli
uomini sono Parto domani per Anversa, e dal momento che è mezzanotte,
diciamo addio .. .
Chi riprodotto con permesso Tra Noi.
Entretien au Carubbu avec A Filetta
Ce 19 septembre 2006, A Filetta au grand complet nous reçoit dans la
cuisine du Carubbu. Jean-Luc et Ceccè sont aux fourneaux, et le groupe
(sans José, parti entre temps chercher son fils à l’école), déjeune
tout en répondant à nos questions.
Intervista con A Filetta a Carubbu
Questo 19 settembre 2006, in piena filettante ci accoglie in cucina di
Carubbu. Jean-Luc e Cecca sono i forni, e il gruppo (senza partito José
frattempo cercare suo figlio a scuola), il pranzo, mentre la risposta
alle nostre domande.
U Carubbu
La boîte à lettres d'A Filetta
Les XVIIIes Rencontres
L'invitu (Pierre, Jean-Claude, Pascale et Anne Marie Casanova et
Françoise Coulomb) : Tout d’abord, quel bilan tire A Filetta de ces
18es Rencontres qui viennent de s'achever, quel est votre sentiment sur
leur déroulement, et que souhaiteriez-vous éventuellement voir évoluer ?
Jean-Claude Acquaviva : Il y a plein de choses à dire, on pourrait
d’ailleurs les uns et les autres dire des choses différentes. A mon
avis, je pense que ces Rencontres, au niveau de la programmation, ont
été peut-être une des meilleures éditions, dans la mesure où la
programmation était très cohérente. Nous avons quelques regrets
évidemment, notamment sur le final, sur le fait de ne pas avoir pu
maintenir ce qui était prévu à l’extérieur. On a aussi quelques doutes
sur le concert de Bastia ; non pas sur Faiz Ali Faiz, car c’était
géant, mais à Bastia il y a un problème d’adéquation.
L'invitu : Nous aussi, nous en avons parlé entre nous, nous avons le
même sentiment.
J.C.A. : Le lieu n’est pas adapté, mais c’est le seul qui soit
acceptable sur Bastia. Le théâtre n’est pas utilisable, il est fermé à
cette période de l’année, en plus il va être fermé pour travaux. Cela
va rendre les choses encore plus difficiles, quand bien même on aurait
eu envie d’avoir le théâtre. Donc sur Bastia, on a quand même un doute
sur la façon dont ça se déroule.
Il XVIII Rencontres
Il invitu (Pierre, Jean-Claude, e Anne Marie Pascale Casanova e
Françoise Coulomb): Prima di tutto, ciò che richiama questi Filetta Un
18es Rencontres che appena concluso, che cosa sono le tue sensazioni
sulle loro prestazioni, e che si sarebbe forse vedere il cambiamento?
Jean-Claude Acquaviva: Ci sono molte cose da dire, si potrebbe anche
dire di loro due cose diverse. A mio parere, credo che questi incontri,
a livello programmatico, è stata forse una delle migliori edizioni, dal
momento che la programmazione è stata molto coerente. Noi, ovviamente,
avere qualche rammarico, soprattutto nel finale, il fatto di non essere
stato in grado di mantenere ciò che è stato pianificato fuori. Ha anche
alcuni dubbi circa il concerto Bastia; non Faiz Ali Faiz, perché è
stato enorme, ma Bastia vi è un problema di adeguatezza.
Il invitu: Anche noi abbiamo parlato di noi, hanno la stessa
sensazione.
J.C.A. : Il luogo non è adatto, ma è l'unico accettabile Bastia. Il
teatro non è utilizzabile, si è chiusa in questo periodo dell'anno,
inoltre, sarà chiuso per le riparazioni. Ciò renderà le cose ancora più
difficili, anche se avrebbe voluto il teatro. Quindi, a Bastia, si è
ancora in dubbio su come si svolge.
Jean-Claude Acquaviva répond aux questions de L'invitu
Sur le reste, on en parlait encore ce matin entre nous, il y a quand
même un rééquilibrage à trouver entre la polyphonie et les voix. Cette
année, il y avait relativement peu de polyphonies, mais ça s’explique
par le fait que la polyphonie, en 18 éditions, je ne veux pas dire
qu’on a fait le tour, mais on a beaucoup programmé de choses, et on est
dans la difficulté chaque année de proposer des choses qui soient, je
ne veux pas dire inédites, mais nouvelles, qui amènent quelque chose.
On avait déjà par le passé émis l’idée selon laquelle, au lieu d’avoir
cette préoccupation sur chaque année de faire des choses nouvelles, ce
serait bien que les Rencontres deviennent la vitrine de quelques
artistes qu’on pourrait suivre dans leur évolution, dans leur
trajectoire. Cela nous aurait permis de reprogrammer certains artistes.
Encore faut-il que ces artistes aient une trajectoire, c’est ça le
problème. Malheureusement, par exemple les Géorgiens sont venus 7 ou 8
fois, chaque fois ils ont donné le même répertoire. Et là on bloque
quelque part.
Donc, grosso modo la fréquentation est bonne, en hausse, mis à part
Bastia. La programmation sur le plan artistique me semblait très
cohérente, il y a eu de très belles choses, mais il y a quand même ce
déséquilibre polyphonies / voix solistes et il y a également, mais
justement ça passe par un meilleur équilibre polyphonies/solistes, des
choses à simplifier sur le plan technique : ce qui serait bien,
l’idéal, ce serait de programmer la Cathédrale et l’Oratoire sans
sonorisation, et qu’on fasse ce qui est à sonoriser en extérieur. Et il
faudrait qu’on ait un endroit où l’on puisse se replier en cas
d’intempéries, qui puisse accueillir un concert sonorisé. Sinon, ce
n’est pas jouable. C’est trop difficile, sur le plan technique c’est
lourd, c’est compliqué, parce qu’il faut faire les balances, et quand
on fait les balances plus personne ne fait rien autour, etc.
Del resto, abbiamo parlato questa mattina di nuovo tra noi c'è ancora
un punto di equilibrio tra polifonia e voce. Questo anno, vi è stato
relativamente poco polifonia, ma è perché la polifonia, in 18 edizioni,
non sto dicendo che ha fatto il giro, ma con un sacco di cose previste,
e è in difficoltà di ogni anno, a proporre le cose che sono, non mi
riferisco di nuovo, ma quelli nuovi che mettono qualcosa.
E 'stato già suggerito in passato che, invece di avere questa
preoccupazione, ogni anno a fare cose nuove, sarebbe bello che le
riunioni diventano la vetrina di alcuni artisti che hanno potuto
seguire nella loro evoluzione, nel loro percorso. Ciò avrebbe permesso
di rinegoziare alcuni artisti. È inoltre necessario che questi artisti
hanno una traccia, questo è il problema. Purtroppo, tali georgiani è 7
o 8 volte, ogni volta che ha la stessa directory. E qui che si blocca
in qualche modo.
Quindi, circa la partecipazione è buona, fino, al di là da Bastia.
Programmazione nelle arti sembrato molto coerente, non vi sono state
molto belle cose, ma non vi è questo squilibrio polifonie / solista e
voce, ma solo attraverso un migliore equilibrio polifonie / solisti,
cose da semplificare il livello tecnico: ciò che è buono, l'ideale
sarebbe quello di programmare la Cattedrale Oratorio e senza suono, e
facciamo ciò che è suono all'aperto. E sarebbe stato un luogo in cui è
possibile ritiro in caso di condizioni atmosferiche inclementi, che può
ospitare un concerto il sistema audio. Altrimenti non è riproducibile.
E 'troppo difficile, tecnicamente è pesante, è complicato, perché a
fare le scale, e quando il saldo è nessuno attorno a non fare nulla,
ecc.
Et enfin, dernière remarque : avec le recul, nous pensons que ce
n’était pas une bonne idée de programmer les extraits de Marco Polo
dans le cadre du final : c’était presque un spectacle de théâtre, une
création. C’est trop lourd, on n’a pas la tête à ça, on n’a pas le
temps de travailler dans des conditions de confort satisfaisantes, et
ça nous a emboucané la fin des Rencontres. Jusqu’au dernier moment, on
fait, on ne fait pas, on programme, on ne programme pas, on répète, on
fait un filage puis on ne le fait plus, on le fait mais on n’a pas le
temps parce qu’on ne fait pas les balances, parce que quand vous allez
faire les balances ça commence à l’Oratoire, etc.
Tout ça, c’est à repenser…
L'invitu : Mais c’est quand même lié à la météo ?
Absolument, il faut anticiper maintenant sur la météo.
L'invitu : Effectivement, deux années de suite perturbées par les
intempéries, ça risque de se reproduire encore. Mais tout se recoupe :
s’il y avait eu une salle…
Le problème, c’est ce qu’on disait ce matin, c’est que le final des
Rencontres, c’est avant tout, du moins en grande partie, le site. Donc,
effectivement, si on avait une salle en dehors de la citadelle, le
repli serait possible, mais c’est sûr que le final ne serait plus le
final qu’on a pensé. C’est la raison pour laquelle il faut, soit penser
un final dans le lieu, avec une solution de repli qui soit en quelque
sorte un pis-aller, ou alors il faut repenser les choses en sacrifiant
certaines choses, en disant « on fait le final avec tel artiste, on
sait que ce n’est pas faisable là haut, on sait qu’on risque des
problèmes d’intempéries", à ce moment là, on le fait dans un lieu
adapté. Mais ce n’est plus le final tel qu’on le pensait.
E infine, ultimo punto: con il senno di poi, noi riteniamo che questa
non era una buona idea per il calendario estratti da Marco Polo, sotto
la finale: è stato quasi un teatro di produzione, una creazione. E
'troppo pesante, non a testa, non c'è tempo per lavorare in condizioni
di buon comfort, ed è stato alla fine emboucané Incontro. Fino
all'ultimo momento, che facciamo, non lo faremo, il programma, non è in
grado di programmare, ripeto, vi è una filatura e poi fare di più, ma
sul fatto che non hanno tempo, perché non equilibrio, perché quando si
sta per equilibrio inizia a l'Oratorio, ecc.
Tutto questo è a ripensare ...
Il invitu: Ma è ancora legata al meteo?
Certamente, ora dobbiamo anticipare il tempo.
Il invitu: infatti, due anni in una fila colpite dalle intemperie,
potrebbe verificarsi nuovamente. Ma tutto è coperto, se ci fosse una
stanza ...
Il problema è quello che ha detto questa mattina è che la riunione
finale, che è al di sopra di tutti, almeno in gran parte, il sito.
Quindi, in realtà, se abbiamo avuto una stanza al di fuori della
cittadella, il calo sarebbe possibile, ma è certo che il finale sarebbe
quella finale pensiero. Questo è il motivo per cui dobbiamo pensare sia
un posto, con una soluzione di ripiego, che è una sorta di ripiego, o
abbiamo bisogno di ripensare le cose da sacrificare alcune cose,
dicendo: "è finale con questo artista, sappiamo che questo non è
fattibile lassù, sappiamo che il rischio di problemi di tempo, in quel
momento, lo facciamo in un posto adatto. Ma questo non è più finale
come pensavamo.
L'invitu : Pour nous, ce ne seraient plus les Rencontres, parce que ça
a du sens de tous vous revoir à la fin, et à cet endroit là, tout est
cohérent.
Il y a un problème de croissance, du fait que beaucoup de concerts
étaient saturés, le concert de Médée, des concerts de 18h…
L'invitu : Les concerts de 18 heures saturés, c’est nouveau ?
Pas sur les groupes corses. Evidemment c’est bien que les groupes
corses aient de l’audience, qu’ils attirent du monde, mais ça traduit
une chose, c’est que le public d’ici ne suit pas beaucoup. Le public
venant de l’extérieur est intéressé par la polyphonie corse, ce qui est
légitime…
Mais pas que ça, c’est un apprentissage avec vous, une découverte…
Le fait est que les concerts de chant corse ont toujours fait le plein,
les 18 h aussi, et ce n’est pas le cas de tous les spectacles. Ceci
dit, sur le plan de la fréquentation il n’y a pas grand chose à dire,
ça fonctionne, il y a une fidélisation, des gens qui reviennent, c’est
très bien.
Là, je vous donne vraiment des éléments de l’intérieur…
Qu'en pensent les artistes invités, quel retour avez-vous de leur part ?
C’est variable : il y a des artistes qui arrivent et qui repartent
vraiment enrichis par les Rencontres, et puis il y en a qui arrivent et
qui passent un peu à travers. Cela arrive. Il y a des gens qui ne
comprennent pas forcément. Il y en a eu dans le passé, je pense que
cette année aussi, tout le monde n’a pas vécu les Rencontres de la même
façon. Il y a des gens qui se disent « bon, là je suis vraiment dans un
moment de communion », il y a quelque chose qui se passe, et il y a des
gens qui arrivent, qui participent et qui repartent, c’est tous les ans
comme ça.
Qui choisit les artistes ?
Cette année, en grande partie c’est Valérie qui a fait la
programmation. Pendant longtemps on a toujours travaillé en écoutant
les uns les autres. C’est Jean-Témir* qui arrive en disant « j’ai eu un
contact, il faut écouter tel ou tel artiste », on se fait envoyer des
disques, etc. Le problème, c’est qu’à un moment donné il y a un
problème de croissance des activités, pas seulement des Rencontres, d’U
Svegliu en général. Nous A Filetta, sur les Rencontres nous jouons un
peu le rôle d’accueil, mais on n’a pas de rôle logistique…
Il invitu: Per noi, questo sarebbe più riunioni, perché ha un
significato nuovo a tutti voi, alla fine, e in questo luogo esiste,
tutto è coerente.
Vi è un problema crescente, come molti concerti sono saturi, le
prestazioni di Medea, concerti 18h ...
Il invitu: Concerti per 18 ore saturi, è di nuovo?
Non per gruppi di corso. Ovviamente è che i gruppi sono corsi di
udienza, che attirano il mondo, ma che riflette una cosa da parte del
pubblico non molto. Il pubblico da fuori è interessata nel corso della
polifonia, che è legittimo ...
Ma non è che l'apprendimento con voi, una scoperta ...
Il fatto è che il corso di canto concerti sono sempre state piene,
anche le 18 ore, e questo non è il caso per tutti gli spettacoli.
Tuttavia, in termini di partecipazione, non c'è molto da dire,
funziona, non vi è una lealtà, persone che ritornano, che è bene.
Ecco, io vi do reale oggetti all'interno ...
Che cosa gli ospiti artisti, come ha fatto a tornare da loro?
Esso varia: ci sono artisti che vengono e lasciare davvero arricchiti
da Popolo, e poi ci sono quelli che vengono a trascorrere un po
'attraverso. Che succede. Ci sono persone che non lo fanno. Ci sono
stati in passato, credo che questo anno, non tutti hanno vissuto
personali nello stesso modo. Ci sono persone che dicono "Bene, sto
davvero in un momento di comunione," vi è qualcosa che accade, e ci
sono persone che, partecipando e ritorno è tutto l'anno quello.
Chi sceglie gli artisti?
Questo anno, gran parte del quale è fatto Valérie programmazione. Per
anni si è sempre in ascolto gli uni agli altri. Jean-Temir * venuta a
dire "ho avuto un contatto, è necessario ascoltare un determinato
artista, è inviare dischi, ecc. Il problema è che a un certo punto vi è
un problema di crescita non solo delle Riunioni, U Svegliu in generale.
Filetta siamo sulla riunione che abbiamo appena svolgere il ruolo di
host, ma non ha alcun ruolo della logistica ...
* Jean-Témir Kerefoff est le président d'U Svegliu Calvese
Paul : On va chercher les artistes aussi…
JC : Oui, pendant longtemps on l’a fait, mais on n’y arrive
plus, et là cette année je dirais que la plus grosse partie de la
programmation c’est Valérie qui l’a faite, évidemment elle nous la
soumet, mais le travail de recherche, de repérage, c’est elle qui l’a
fait. Sinon, ça peut être quelque chose de collectif, on va se passer
des enregistrements…
Et Accentonic, quel est son rôle ?
Accentonic n’est là que parce que A Filetta est là et parce qu’il y a
des artistes qui sont chez Accentonic, sinon Accentonic n’a pas un rôle
dans les Rencontres (*).
(*) Précision à la demande de Sabine : Accentonic n’est aucunement le
tourneur de Julia Sarr, il s’agit de Mad Minute Music. Sabine Grenard
est agent en free-lance (sous le régime d’intemittent du spectacle) et
en collaboration avec plusieurs agences de tournées qui ont un rôle
uniquement administratif (contrats, fiches de paies). Ainsi A Filetta
et Warsaw Village Band avec Accentonic.
(Jean-Claude n’a toujours pas mangé une bouchée de ses pâtes. Nous
décidons de solliciter un autre membre du groupe).
Le groupe
Ceccè, comment s’est faite ton intégration dans le groupe, et comment
vis-tu la double appartenance avec U Fiatu Muntese, n’est-ce pas trop
difficile ?
Ceccè : Non, il a fallu que j’assure les concerts d’U Fiatu de cet été,
c’était logique, mais cela ne m’a pas posé de difficultés.
Et l’intégration dans ce « vieux groupe de jeunes » ?
C : Avec que des vieux, on ne sait pas comment faire ! (rires)
Ce qui nous épate, c‘est que l’arrivée de quelqu’un soit naturelle...
Max : On le connaît depuis longtemps, déjà.
Oui, vous l’avez jaugé, jugé… En tant que spectateurs, on a toujours la
crainte que quelque chose coince, mais c’est incroyable, on sent qu’il
y a une harmonie, une osmose qui se fait.
Paolo: E sarà per gli artisti ...
JC: Sì, per lungo tempo abbiamo fatto, ma non vi era più, e allora
questo anno vorrei dire che la maggior parte della programmazione si è
Valerie che hanno fatto il corso ci sono, ma la ricerca di lavoro, il
recupero, che si è. In caso contrario, potrebbe essere qualcosa di
collettivo, ci permetterà di trascorrere un record ...
E Accentonic, qual è il suo ruolo?
Accentonic è solo perché vi è una netta e perché ci sono artisti che
sono al Accentonic altrimenti Accentonic non ha alcun ruolo nelle
riunioni (*).
(*) Precisione, su richiesta di Sabine: Accentonic non è il tornitore
Julia Sarr, questo è Mad Minute Musica. Sabine Grenard agente è
free-lance (o sotto intemittent mostra) e in collaborazione con diverse
agenzie di viaggio che hanno solo un ruolo amministrativo (contratti,
salari record). Quindi A e Filetta Varsavia Village Band Accentonic.
(Jean-Claude non ha mangiato un boccone di pasta. Abbiamo deciso di
chiedere a un altro membro del gruppo).
Il gruppo
Cecca, come è stata la sua integrazione nel gruppo, e come si fa a
doppia adesione con U Fiatu Muntese, non è troppo difficile?
Cecca: No, è stato necessario per assicurare che la U Fiatu concerti di
questa estate, è stato logico, ma non ha posto alcuna difficoltà.
E l'integrazione in questo "vecchio gruppo giovanile?
C: Con l'età, non sa come! (ride)
Che cosa ci ha stupito è che quando qualcuno è naturale ...
Max: Sappiamo di lui molto tempo fa.
Sì, hai misurato, considerato ... Come uno spettatore, è sempre stato
il timore che qualcosa è inceppata, ma è incredibile, riteniamo che non
vi è un armonia, l'armonia che è.
J. C. : Je pense, sans vouloir lui envoyer des fleurs, que c’est lié à
son tempérament. C’est quelqu’un qui est très vite à l’aise avec le
monde, pas seulement avec nous, même par rapport à sa génération, je le
vois quand je suis à Ile-Rousse avec lui, moi qui ai 20 ans de plus que
lui, il est beaucoup plus à l’aise que moi. Il a une facilité à être
avec les autres, il s’est très vite adapté avec nous. Ce n’est pas
facile d’entrer dans un groupe, surtout un groupe soudé depuis des
décennies comme il l’est. Sur le plan artistique, il n’a pas eu de
difficulté particulières, sur le plan de l’intégration il a été très
vite à l’aise…
A part les chaussures marron !
Les chaussures marron à Nanterre ! (rires)
Parlons un peu de la genèse du groupe. Quelles sont les racines
musicales de chacun ? Est-ce que dans vos familles il y avait une
tradition du chant, une tradition musicale ? Ou est-ce que vous êtes
venus au chant plus tard, par l’école ou en intégrant le groupe ?
C’est très différent selon les individus. Il y en a qui sont issus de
familles ayant des traditions de chant : Jean-Luc a son père qui est
berger dans le Marzulinu et qui chante très bien, il a une voix
naturelle comme lui, tout petit il est là dedans.
J. C. : Penso che, senza voler inviare fiori, che è legato al suo
temperamento. È qualcuno che è molto rapidamente a suo agio con il
mondo, non solo con noi, anche nella sua generazione, lo vedo quando
sono in Ile Rousse con lui, dal momento che ho 20 anni che egli è molto
più confortevole rispetto a me. E 'facile essere con gli altri, egli si
è adattato molto rapidamente con noi. Non è facile entrare in un
gruppo, in particolare ad un gruppo caratterizzato da decenni, come è.
Il lato artistico, non vi era alcuna particolare difficoltà, in termini
di integrazione è stato rapidamente a suo agio ...
Oltre alle scarpe marrone!
Brown scarpe a Nanterre! (ride)
Let's talk un po 'circa la genesi del gruppo. Quali sono le radici
musicali di ciascuno? La vostra famiglia vi era una tradizione di
canto, una tradizione musicale? O è che si è venuto a cantare più
tardi, dalla scuola o integrando il gruppo?
Questo è molto diverso a seconda del singolo individuo. Ci sono coloro
che provengono da famiglie con le tradizioni della canzone: Jean-Luc ha
il suo padre, che è il pastore in Marzulinu e canta molto bene, ha una
voce naturale, come lui, è molto piccola lì.
Les autres, non. Il y a des influences différentes, certains sont venus
au chant au moment du lycée ou du collège par la polyphonie proprement
dite, d’autres faisaient de la musique. Cela a été très différent. Paul
a commencé à chanter avec nous quand on était ensemble au lycée. Il dit
toujours que les premiers temps il n’aimait pas du tout ce chant…
Paul : Quand j’écoutais un disque de polyphonie, je zappais. Ca s’est
fait tout à fait pas hasard : je les écoutais dans mon fauteuil et à un
moment donné Jean-Claude m’a dit : « ça ne te dirait pas d’essayer de
chanter ? »
Et tu as essayé...
Jean-Luc : S’il avait pu tenir sa langue ! (rires)
Paul : Il m’a proposé et je me suis accroché.
Tu ne chantais pas du tout avant ?
Paul : Non, je chantais comme ça, j’aimais bien la musique, mais c’est
tout.
JC : On était au lycée ensemble. C’était une époque où tout le monde
apprenait à chanter. Il y a plein de gens qui ont appris à chanter, ils
ne sont pas tous devenus chanteurs. Mais on était à la récréation, on
chantait, chacun essayait d’apprendre. On était en train de travailler,
et lui il était là ; je lui ai dit « tu ne veux pas faire quelque chose
? Essaie !» A l’époque il était passionné de Polnareff, mais
la polyphonie c’était pas son truc. Et après, une fois qu’il a
commencé, c’était lui qui était acharné. A la fin de chaque cours il
venait nous chercher pour qu’on fasse des répétitions.
Gli altri non lo fanno. Ci sono diverse influenze, alcuni venuti a
cantare a scuola o attraverso la polifonia stessa, altri sono stati
fare musica. Questo è stato molto diverso. Paolo ha iniziato a cantare
con noi quando eravamo insieme in collegio. Lui dice sempre che la
prima volta egli non piace questa canzone a tutti i ...
Paolo: Quando ho ascoltato un disco di polifonia, ho Zappas. Non è
stato abbastanza casuale: ero nel mio posto di ascolto e di Jean-Claude
ha detto, "sembra che non provi a cantare? "
E hai provato ...
Jean-Luc: Se fosse stato in grado di tenere la lingua! (ride)
Paolo: Egli mi ha offerto e sono collegati.
Se non a tutti prima di cantare?
Paolo: No, ho cantato come quella, mi piaceva la musica, ma questo è
tutto.
JC: Siamo stati a scuola insieme. E 'stato un momento in cui tutti
hanno imparato a cantare. Ci sono molte persone che hanno imparato a
cantare, non tutti diventare cantanti. Ma è stato al gioco, che ha
cantato, ciascuno cercando di imparare. E 'stata di lavoro, e lui era
lì, gli ho detto "non si vuole fare qualcosa? Prova! "Al momento è
stato appassionato Polnareff, polifonia, ma non era la sua cosa. E poi
una volta avviato, è stato colui che è stato duro. Alla fine di ogni
corso è venuto a noi in cerca di fare le prove.
Cela rejoint une autre question : Quels sont vos goûts musicaux autres
que la polyphonie ?
Paul : Mike Brant, Johnny Hallyday. Sur le rappel de Médée à Paris, je
le fais ! (rires)
JC : C’est très divers. Les influences sont multiples. il y a ceux qui
aiment la musique vocale, le classique, la musique électronique, les
musiques dites urbaines, c’est très divers. On n’a probablement pas les
mêmes disques.
Paul : Il m’est arrivé de parler mal avec des spectateurs qui m’ont dit
: « Nous on n’écoute que de la polyphonie ». Je les ai regardés et j’ai
dit « Eh bien, je vous plains ! »
C’est aussi ça les Rencontres, des univers musicaux très variés qui
s’interpellent.
Ce qui est intéressant, c’est que, en ayant des origines musicales
différentes, des passions musicales différentes, on se retrouve là où
on se retrouve. Je vois qu’au delà de ce qu’on fait et de la façon dont
on le fait, en adhérant à quelque chose, il est rare qu’à la sortie
d’un concert, sans même avoir pu discuter, on ait des avis très
différents sur ce qu’on a entendu. En ayant pourtant a priori des goûts
qui peuvent être très différents, il y a des choses qui nous
interpellent, on est souvent assez d’accord.
Une même famille de goûts, une même sensibilité ?
Voilà, une même sensibilité, c’est important, parce que sinon,
artistiquement, il y a des choses qui ne passent pas, qui ne
fonctionnent pas. Dans le groupe, il y a eu bien d’autres chanteurs qui
sont passés, ils ne sont pas tous restés pour ces raisons là. Il y
avait des gens qui chantaient superbement bien, Maxime Merlandi qui
chante avec Rassegna et Barbara Furtuna, chante très bien, mais il n’a
pas pu rester dans le groupe. Ce n’est pas du tout le groupe qui l’a
écarté, je pense qu’il avait du mal à trouver sa place, alors même que
c’était un super interprète.
Cela a été la même chose avec Stéphane Casalta ou avec Felì. On ne peut
pas dire que c’est parce que c’étaient des personnalités musicales
fortes : dans le groupe il y a de fortes personnalités musicales. Le
problème n’est pas là, le problème c’est d’arriver à fonctionner en
osmose avec les autres. Il y a des gens qui n’y arrivent pas, ça se
voit même dans les comportements en dehors de la scène. Nous, et c’est
en même temps fantastique et lourd, parce qu’on a un comportement, un
instinct grégaire, c’est en même temps quelquefois difficile à gérer,
car il y a un risque d’étouffement, mais je pense que c’est ce qui fait
qu’on dure, et surtout qu’on a un projet artistique qui me semble
cohérent…
Que vous avancez...
Qu’on avance sur un chemin…
Questo si collega a un'altra domanda: Quali sono i tuoi gusti musicali
diversi dalla polifonia?
Paolo: Mike Brant, Johnny Hallyday. Il punto di Medea a Parigi, I do!
(ride)
JC: E 'molto diverse. Le influenze sono molteplici. ci sono quelli che
amano la musica vocale, classica, musica elettronica, la cosiddetta
musica urbana è molto diversificata. Ci è stato probabilmente non è la
stessa dei dischi.
Paolo: Ho difficoltà a parlare con gli spettatori che ha detto: "Siamo
l'ascolto di polifonia. Ho guardato e ho detto "Beh, mi dispiace per
voi! "
E 'anche l'incontro di universi musicali molto diverse che
s'interpellent.
Ma la cosa interessante è che, avendo diversi background musicali, le
diverse passioni musicali, siamo dove ci troviamo. Vedo che al di là di
ciò che facciamo e come lo facciamo, da qualcosa che unisce, è raro che
il rilascio di un concerto, senza nemmeno essere in grado di discutere,
ci sono pareri molto diverse prospettive su ciò che abbiamo ascoltato.
Eppure, dopo aver, a priori, che possono variare i gusti, ci sono cose
che ci sfida, spesso è molto d'accordo.
La stessa famiglia di sapori, la stessa sensibilità?
Cioè, la stessa sensibilità è importante, perché se così non fosse,
artisticamente, ci sono cose che non sono, che cosa non è così. Nel
gruppo, ci sono stati molti altri cantanti che hanno fatto, non sono
conservati per tutti questi motivi vi. Ci sono persone che hanno
cantato superbamente, Maxime Merland Rassegna con il canto e Barbara
Furtuna, canta molto bene, ma non riusciva a rimanere nel gruppo.
Questo non è il gruppo che ha respinto, penso di aver problemi a
trovare il suo posto, anche se è stato un super esecutore.
Questo è stato lo stesso con Stéphane Casalta o feli. Non possiamo dire
che è stato perché sono stati una forte personalità musicale: Nel
gruppo vi è una forte personalità musicale. Questo non è il problema,
il problema di cercare di operare in armonia con gli altri. Ci sono
persone che non si mostra anche nel comportamento al di fuori della
scena. Noi, ed è anche grande e pesante, perché abbiamo un problema,
una mandria istinto, a volte è anche difficile da gestire perché non vi
è un rischio di soffocamento, ma penso che 'è che ciò che rende
difficile, e soprattutto abbiamo un progetto artistico che, a mio
avviso è coerente ...
Sia che tu vai ...
Come fare progressi su un percorso ...
On sent vraiment ce que tu dis sur le DVD de Don Kent. D’ailleurs,
beaucoup de gens ont découvert A Filetta grâce à ce DVD.
Françoise : J’avais mis la télé tout en lisant un bouquin, et quand le
film a commencé, le bouquin m’est tombé des mains, physiquement, c’est
un truc de fou.
Pierre : On peut citer l’exemple d’Ursula, qui n’écoutait quasiment pas
de musique. Elle tombe sur ce film sur Arte et depuis elle vient aux
Rencontres...
Françoise : Il n’y a pas seulement le chant, il y aussi tout ce que
vous véhiculez...
Il y a aussi le fait que – c’est pour ça que ce DVD a été important
même pour nous - jusque là, on n’a pas forcément l’occasion de parler
comme on le fait avec vous ou comme on l’a fait avec Don Kent quand il
a fait cette captation. Quand on fait une émission, on ne peut évoquer
un truc que très rapidement, et je le disais l’autre jour avec Vincent
Zanetti, ça fait du bien de faire des interviews comme ça, parce qu'on
a parlé pendant presque une heure de notre travail, et j’avais vraiment
l’impression moi-même de découvrir des choses sur nous, alors que les
trois-quarts du temps, on est face à des gens qui, sans être
inintéressants, souvent n’ont pas le temps ou pas le recul nécessaire.
Je crois que ce qui a été bien pour ce DVD, c’est que Don Kent y a mis
le temps, sur presque deux ans, et les moyens : il est revenu nous
filmer 7 ou 8 fois dans des endroits très différents et en espaçant ses
venues : entre chaque rendez-vous il revoyait ce qu’il avait filmé, et
puis il a donné la parole à tout le monde, ça aussi, c’est une qualité…
E 'veramente ciò che si sente dire sul DVD da Don Kent. Infatti, molte
persone hanno scoperto A Filetta attraverso questo DVD.
Françoise: ho messo il televisore durante la lettura di un libro, e
quando il film è iniziato, ho abbandonato il libro mani, fisicamente, è
una cosa folle.
Pietro: Un esempio di Ursula, che hanno ascoltato quasi niente musica.
Essa rientra in questo film su Arte e poiché si tratta di riunione ...
Françoise: Non è solo il canto, c'è anche tutto il veicolo ...
Vi è anche il fatto che - questo è il motivo per cui questo DVD è stata
molto importante per noi - fino ad allora, non era necessariamente la
possibilità di parlare, come viene fatto con voi o come abbiamo fatto
con Don Kent quando ha fatto la cattura. Quando si effettua una
presentazione, non siamo in grado di citare una cosa molto velocemente,
e io ho detto l'altro giorno, con Vincent Zanetti, ci si sente bene
fare interviste come quella, perché abbiamo parlato per quasi un'ora il
nostro lavoro, e mi sento a scoprire cose su di noi, in modo che i tre
quarti del tempo, abbiamo a che fare con persone che, pur non priva di
interesse, che spesso non hanno il tempo o non il senno di poi. Credo
che ciò che è buono per questo DVD è che Don Kent è messo il tempo in
quasi due anni, e come ne è venuto abbiamo sparare 7 o 8 volte in
luoghi molto diversi e la loro spaziatura sedi: tra ogni appuntamento
ha visto quello che ha filmato, e poi dà la parola a tutti, che è anche
una qualità ...
On sent beaucoup de choses de vos relations, c’est ça qui est
bouleversant dans ce film, ce qui passe entre vous. On parlait de
tribu, c’est exactement ça, ça va bien au-delà du chant. Et ce que vous
rendez sur scène, on le sent aussi dans vos paroles sur le DVD.
Depuis une quinzaine d’années, les créations prennent de plus en plus
d’importance. Est-ce que tu es le seul à composer dans le groupe ?
A écrire, à composer pour le groupe, oui, mais je suis sûr qu’il y a
parmi eux des gens qui peuvent le faire. Les choses se sont structurées
comme ça parce que j’ai commencé à écrire des chansons tout jeune, et
après j’ai continué. Mais je sais que José, par exemple, a écrit des
chansons quand on a fait l’album pour les enfants. Il est capable
d’écrire des chansons. Je pense que d’autres aussi parmi le groupe
peuvent le faire. Ils ne le font pas, de la même façon qu’ils parlent
peu, parce que moi je parle et que c’est plus simple. Je ne vais pas
non plus avoir un discours qui consiste à dire que tout le monde peut
tout faire, peut-être qu’il y a des gens qui n’ont aucune inspiration,
je n’en sais rien. Mais je suis persuadé que, parmi eux, il y a des
gens capables d’écrire.
La création, l'écriture
Comment se passe l’écriture ? quel est le point de départ ? Ce qui nous
frappe, c’est qu’il y a une certaine complexité dans l’écriture, il y a
à la fois des mélodies qui sont superbes, mais il y a surtout des
harmonies très fortes. Composer directement sur l’harmonie, ça ne
semble pas évident, enfin tu vas nous le dire, dans quel ordre cela se
passe t-il ? On a la sensation qu’il y a des moments, dans les
morceaux, où les harmonies sont tellement fortes qu’on ne sait pas trop
comment on peut composer ça, est-ce un ajout progressif ou as tu ces
harmonies en tête dès le début ?
En fait, ce qu’il faut bien comprendre, c’est que ce n’est pas
monolithique, il n’y a pas une façon unique de procéder. Je disais à
Vincent Zanetti que Médée pour nous était un moment important, c’est
une espèce de pierre angulaire, de charnière, de passage en quelque
sorte. Avant Médée je dirais, tout était de composition orale ; avec
Médée, on est dans quelque chose qui est plus complet, qui commence à
être quelque chose de plus écrit, mais qui en même temps n’est pas
écrit, n’est pas fixé : il n’y a pas une rythmique particulière, il n’y
a pas une partition de Médée. Ensuite après Médée, il y a d’autres
choses, notamment des choses très écrites. Mais après Médée, il y a
aussi des choses qui continuent à être entre les deux, des choses qui
continuent à être orales.
Les choses ne sont pas chronologiques, ce n’est pas quelqu’un qui ne
savait pas la musique qui a appris la musique et qui après avoir appris
a fait autrement.
Alors, comment ça fonctionne ? Soit c’est très vite écrit – quand je
dis écrit, je veux dire « pensé », et ce sont des choses qui de cette
façon là bougeront peu. Soit il y a des choses qui vivent, qui se
modifient. Cela a été le cas de Médée par exemple, dans laquelle il y a
eu des apports harmoniques constants. D’abord, en cours de route des
choses nous semblaient incomplètes, inachevées, des moments avaient des
résolutions qui nous semblaient trop évidentes par rapport à ce qu’on
était en train de chanter, petit à petit des choses sont devenues plus
abouties sans doute, plus complexes, il y a eu des apports successifs.
Après, il y a des choses très pratiques aussi. Par exemple Ceccè est
rentré dans le groupe l’an dernier, on a dit qu’il allait travailler
sur le répertoire ; tout ce qui est figé, écrit, pas de problème, on
lui donne une partition, il va l’apprendre. Le répertoire traditionnel,
les créations pas trop compliquées à mémoriser, ça va, mais Médée,
comment on fait ? c’est compliqué, il faut qu’il mémorise quelque chose
qui n’est pas écrit, on peut difficilement lui donner un cadre dans
lequel il va très vite s’insérer. Donc pour Médée, sur pratiquement
tout le chant, j’ai écrit une septième voix.
Abbiamo inviato un sacco di vostri rapporti, che è quello che è
sconvolgente in questo film, che passa tra voi. Si è parlato di tribù,
è esattamente questo, va ben al di là di canto. E che cosa si va in
scena, si sente anche nelle tue parole sul DVD.
Per quindici anni, le creazioni stanno diventando sempre più
importante. E 'che tu sei il solo compositore nel gruppo?
Per scrivere, a comporre per il gruppo, ma sono certo che ci sono
persone tra di loro che possono farlo. Cose che sono state strutturate
come, perché ho iniziato a scrivere canzoni molto presto, e dopo ho
continuato. Ma so che Jose, per esempio, ha scritto canzoni quando
abbiamo fatto l'album per i bambini. E 'in grado di scrivere canzoni.
Credo che gli altri nel gruppo può fare. Essi non, nello stesso modo in
cui parla poco, perché mi parla ed è più semplice. Non ho un discorso
che vale a dire che tutti possono fare tutto, forse ci sono persone che
non hanno alcuna ispirazione, non so. Ma io sono convinto che tra loro
ci sono persone in grado di scrivere.
Creazione, la scrittura
Come funziona la scrittura? qual è il punto? Che cosa ci colpisce è che
ci sia una certa complessità nella scrittura, non vi sia melodie sono
belle, ma la messa a fuoco è molto forte armonie. Direttamente sul
quadrante armonia, non sembra evidente, si potrà finalmente dire ciò
che per noi in questo sta succedendo? Ti senti ci sono momenti in cui
le armonie canzoni sono talmente forti che non sanno come chiamarlo, è
presente inoltre uno o progressivo come le armonie in testa fin
dall'inizio ?
In effetti, è importante capire è che non è monolitico, non è unico
modo di procedere. Ho detto che Vincent Medea Zanetti per noi è stato
un momento importante è una sorta di pietra, a cerniera, si è
trasferito in qualche modo. Medea prima vorrei dire che è stato tutto
orale composizione, con Medea, è qualcosa che è più completo, a partire
da scrivere qualcosa di più, ma allo stesso tempo non è scritta, non è
fisso Non vi è alcun particolare ritmo, non vi è alcuna partizione di
Medea. Poi dopo Medea, ci sono altre cose, comprese le cose per
iscritto. Ma dopo Medea, ci sono anche cose che continuano ad essere
tra le due cose che continuano ad essere orale.
Le cose non sono cronologico, non qualcuno che non conosce la musica
era la musica e dopo aver appreso altrimenti.
Così come funziona? Essere scritto molto rapidamente - quando dico
iscritto, voglio dire, "pensiero", e sono cose che in questo modo
piccola candela. O ci sono esseri viventi che stanno cambiando. Questo
è stato il caso di Medea, per esempio, dove ci sono stati costanti
ingresso armoniche. In primo luogo, dal modo in cui le cose sembravano
incompleto, incompiuto, e il tempo che aveva risoluzioni troppo
evidente rispetto a quello che stava andando a cantare, a poco a poco
le cose sono diventate più di successo, senza dubbio, più complesse, ci
sono stati successivi.
Dopo di che, ci sono cose molto concrete, anche. Ad esempio Cecca
restituito al gruppo lo scorso anno, si è impegnata a lavorare sulla
directory, tutto ciò che è bloccato, dice, non c'è problema, si dà un
punteggio, si impara. Il repertorio tradizionale, creazioni non troppo
complicato da ricordare, è in corso, ma Medea, come facciamo? è
complicato, si deve ricordare qualcosa che non è scritto, è difficile
dare un quadro entro il quale ha rapidamente in forma. Quindi, per
Medea, praticamente su ogni canzone, ho scritto un settimo voto.
C’est bien ce qu’il nous semblait, mais nous avons posé la question à
José, qui nous a répondu en blaguant. Cela nous a frappés sur U
Casticu, il ne faisait pas le bourdon, et avant il le faisait. Il nous
a dit 'je n’avais pas envie de le faire !'
Mais ça, c’est pour d’autres raisons. Avec José, il y a un petit
problème tout bête : José a un vibrato naturel et quand vous faites un
bourdon et qu’au milieu de 6 voix vous mettez un vibrato, ça fout un
bronx pas possible. On a l’impression de ne plus savoir où se trouve la
note. Avec José, on a essayé à plusieurs reprises, il y arrive
difficilement. Il a une voix qui oscille comme ça (JC nous montre en
chantant) Quand il fait un bourdon avec d’autres voix plus droites,
sans vibrato, ça rend les choses compliquées, du coup on ne sait plus
trop où on en est. C’est la raison pour laquelle il a dit : « si ça
pose problème, il vaut mieux que je ne le fasse pas et que je ne rentre
qu’après » Ça explique que José ne soit plus sur le bourdon. Mais il
reviendra (rires)
Quand vous faites les premiers essais sur ce qui est écrit, est-ce que
chacun apporte son idée sur la façon de la faire ?
C’est difficile. Par le passé, il a pu y avoir des choses qui ont été
amenées, qui ont pu enrichir. Souvent elles émanaient de Jean
Antonelli, parce qu’il était guitariste, qu’il avait une approche de
l’harmonie, mais sinon c’est difficile pour un chanteur qui n’a pas –
je ne dirai pas une connaissance de l’harmonie, parce que moi je n’ai
pas la connaissance de l’harmonie – mais une approche de l’harmonie,
c’est difficile…
Il ne peut pas y avoir quelque chose de spontané ?
C’est plus compliqué que ça ; ça peut se faire, mais ça se fait peu.
Quand il y a un truc qui commence à être fixé, pensé comme il est au
départ, c’est difficile d’y ajouter des choses sans lui faire prendre
une autre direction.
On va faire une création à l’Aghja avec des musiciens de jazz, on va
leur donner des choses, ils vont probablement faire des propositions
qui vont faire changer les harmonies, et ça peut être difficile qu’on
soit dans un travail où chacun puisse dire « moi je propose qu’on fasse
ça »
Maintenant, attention, je parle d’écriture. Quand tu prends tous les
mélismes que fait Jean Luc par exemple, c’est lui qui les fait, ce
n’est pas écrit. Bien sûr chacun amène ses trucs, par exemple sur les
voix de basse, ils vont à un moment donné dire « nous naturellement, on
timbre comme ça, on dit oui, c’est bien, on fait comme ça, tu as
raison, on développe ci, on développe ça ». Mais les notes qui y sont,
elles sont ce qu’elles sont.
Questo è ciò che volevamo, ma abbiamo chiesto di José, che ha risposto
con scherzi. Questo ci ha colpito U Casticu, non è stata la campana, e
prima di lui. Egli ci ha detto 'io non volevo farlo! "
Ma questo è per altri motivi. Con José, è un po 'sciocco problema: José
ha un vibrato naturale, e quando si effettua una bombo e la metà del 6
voti si inserisce un vibrato, ça főút un Bronx non è possibile. Sembra
non sapere dove si trova la nota. Con José, si è tentato più volte, è
difficilmente accade. Ha una voce che oscilla come quella (JC ci mostra
cantare) Quando si tratta di un bumblebee con le altre linee di voice
over, senza vibrato, rende le cose complicate, e quindi non sappiamo
dove siamo troppo. Questo è il motivo per cui egli ha detto: "se si
tratta di un problema, è meglio che non ho e che io non rientro fino a
quando" Si dice che José non è più il fuco. Ma in questo modo (ride)
Quando si esegue il primo test su ciò che è scritto, è che ognuno porta
la sua idea su come fare?
E 'difficile. In passato, vi possono essere state le cose che sono
state portate, che sono state arricchite. Spesso venivano da Jean
Antonelli, perché egli è stato un chitarrista, ha avuto un approccio
per l'armonia, ma è difficile per un cantante che non ha - non dirò una
conoscenza di armonia perché non ho le conoscenze di armonia - ma un
approccio di armonia, è difficile ...
Non ci può essere qualcosa di spontaneo?
E 'più complicata di quella che si può fare, ma è poco. Quando c'è
qualcosa che sta cominciando a essere fissato, come è stato pensato sin
dall'inizio, è difficile aggiungere cose senza di lui di prendere una
direzione diversa.
Noi faremo una creazione di Aghja con musicisti jazz, si dà loro cose,
che sono suscettibili di presentare proposte che faranno le armonie, e
può essere difficile se ci si trova in un posto di lavoro in cui tutti
possono dire "io propongo lo facciamo"
Ora guarda, io parlo di scrittura. Quando si prendono tutti i melismas
fatto che Jean Luc ad esempio, egli fa, non iscritto. Naturalmente
tutti i loro trucchi porta, ad esempio sulla voce basso, che ad un
certo punto dice: "abbiamo naturalmente timbro così, diciamo sì, va
bene, si è così, hai ragione, è sviluppa, abbiamo lo sviluppo di questo
". Ma ci sono le note, che sono quello che sono.
C’était vrai au début quand vous étiez un peu en apprentissage de vos
voix, mais maintenant tu les connais toutes…
Absolument, il y a ça, et aussi le fait qu’on est passés à une musique
plus complexe, plus élaborée. Et j’ai évolué sur certains trucs, et
tout le monde n’a pas forcément le même rythme d’évolution, ça ne leur
enlève rien, ce n’est pas prétentieux ce que je dis. C’est difficile si
tu arrives avec un truc de dire « moi je vois les choses différemment"
; ou bien tu as conscience de ce qui était proposé et effectivement, tu
peux trouver des choses qui vont, mais le problème, c’est qu’ils n’ont
pas forcément le travail sur l’harmonie qui permet de le faire.
Moi, j’ai fait beaucoup de chemin parce que j’ai beaucoup travaillé sur
les compositions de Bruno. Il est probable que si eux avaient fait ce
travail, s’ils avaient été comme moi avec Bruno, ils pourraient le
faire. J’ai été un peu l’interface, et effectivement j’ai appris plein
de choses dans le travail avec Bruno. Et le fait que c’est moi qui ai
été l’interface fait qu’il y a certaines choses qui me viennent sans
doute plus naturellement.
Tu dis que tu ne connais pas l’harmonie, mais quand on écoute un chant
comme Rex, où dans la deuxième moitié notamment il n’y a pas de
mélodie, c’est uniquement fondé sur des harmonies ?
Oui, quand je dis que je ne connais pas l’harmonie, ça veut dire
l’harmonie telle que tu l’apprends au Conservatoire, qui a des règles
d’écriture…
Tu ne les écris pas, tu les sens ?
Je les sens, je les écris, en faisant probablement des fautes
d’orthographe harmonique !
Mais tu les sens d’abord ? Est-ce que ce n’est pas mieux justement ?
Est-ce que ça ne laisse pas plus de liberté ?
Je n’en sais rien. Moi, ce qui me gêne dans cette approche des choses,
et j’ai souvent eu la discussion avec Bruno ou avec Jean-Michel
Gianelli, qui sont des gens qui maîtrisent l’écriture , quand je leur
dis que je veux me former, ils me disent « non, surtout pas, ne te
forme pas ». Ils ont peut-être raison, peut-être que je fais des choses
qui actuellement sont interdites par l’harmonie classique et que je ne
ferais plus si j’avais une formation académique, ça c’est évident, mais
en même temps c’est terriblement frustrant pour moi, à un moment donné,
de faire des choses et ne pas être sûr de pouvoir les assumer.
Tu penses que ça limite ce que tu pourrais faire, de ne pas connaître
la technique ?
Je ne sais pas si ça limite.
Questo era vero all'inizio, quando siete stati un po 'di insegnamento
della tua voce, ma ora sapete tutti ...
Certamente, vi è quello, e anche il fatto che siamo andati ad una
musica più complessa, più sviluppati. E ho cambiato alcune cose, e
tutti non è necessariamente lo stesso ritmo, che fa togliere tutto ciò
che non è pretenzioso quello che dico. E 'difficile, se si arriva con
qualcosa da dire "io vedo le cose in maniera diversa", o è a conoscenza
di ciò che è stato proposto ed efficace, è possibile trovare le cose
che vanno, ma il problema è che non necessariamente lavori in armonia
che può fare.
Ho percorso una lunga strada perché ho lavorato in molte composizioni
di Bruno. È probabile che se avessero fatto questo lavoro, se fosse
stato, come me, con Bruno, che potrebbe fare. Sono stato un po 'di
interfaccia, e ho imparato un sacco di lavoro con Bruno. E il fatto che
sono stato io che l'interfaccia è stata che ci sono alcune cose che
probabilmente più naturale.
Lei dice che non si conosce l'armonia, ma quando si sente una canzone
come Rex, dove nel secondo semestre, in particolare, non vi è alcuna
melodia, che è basato solo su armonie?
Sì, quando dico che non conosco, l'armonia, significa che l'armonia,
come si impara che al Conservatorio, che ha delle regole di scrittura
...
Se non scrivo, è senso?
Sento, scrivo, rendendo probabilmente armonica ortografia!
Ma voi prima senso? È solo questo non è meglio? Questo non lasciare più
libertà?
Non lo so. Io, che mi disturba in questo approccio alle cose, e spesso
ho avuto la discussione con Bruno o con Jean-Michel Gianelli, che sono
persone che hanno padronanza della scrittura, quando dico loro che
voglio treno, mi dicono "no, non certo, non si forma." Essi possono
essere a destra, forse sto facendo le cose che sono attualmente vietata
dalla classica armonia e che vorrei, se mi è stato un accademico, che è
evidente, ma al tempo stesso è terribilmente frustrante per me, in un
dato momento di fare le cose e non essere in grado di assumersi le
loro.
Si pensa che i limiti che cosa potete fare, non conosco la tecnica?
Non so se tale limite.
Je disais « limiter » dans le sens « oser ». Quand tu es dans un cadre
écrit, tu t’astreins à rester dans les canons et tu dois perdre un peu
l’idée de tenter des choses. Peut être que tu tentes naturellement des
choses que tu t’interdirais si tu connaissais les règles.
Peut être, mais c’est difficile. Quand on est ensemble, on se régale.
Mais dans notre évolution, par exemple demain on va travailler avec des
musiciens de jazz.
Nous, en tant que bloc, on n’a pas de problème de langage entre nous ;
on n’a pas de formation harmonique, on est d’accord sur le son, sur ce
que ça doit donner, on doit opérer de petits réglages, mais on n’a pas
de problème de langage entre nous.
Si demain, on travaille avec un quatuor à cordes, on a un problème,
parce que le type du quatuor va nous dire « attendez, là, je ne
comprends pas ». Ce qui est écrit n’est pas… je ne vais pas dire qu’il
n’est pas juste, ce n’est pas que c’est faux, que ça ne peut pas se
faire, mais ce n’est pas dans la règle, et quelquefois c’est mal écrit,
mal formulé. Du coup, pour moi c’est frustrant.
Par exemple depuis qu’on travaille avec Bruno, je suis passionné de
musique classique, j’ai travaillé des morceaux pour orchestre. Chjarura
de Si di mè, c’est une partition d’orchestre que j’avais écrite, mais
je ne l’ai montrée qu’à Bruno. Et Bruno m’a dit « on prend ça, on coupe
ça, ça fait une chanson superbe ».et on l’a gardée telle quelle. Mais
on n’a pu le faire que parce que Bruno a vu ça, l’a pris et est allé
l’enregistrer à Sofia. Moi, si demain je vais discuter avec des
musiciens classiques, j’aurais peur de ne pas être crédible.
Tu as peur de ne pas avoir de légitimité, alors que tu peux témoigner
de tout ce que tu as fait ?
Cela ne suffit pas !
Tu as beaucoup appris à côtoyer des gens qui ont le dogme, mais eux
aussi pourraient beaucoup apprendre avec toi.
Oui, mais c’est bon dans une relation comme avec Bruno. Je ne dis pas
qu’il a appris des choses de nous, mais il dit qu’il voit les choses
différemment quelquefois, on a modifié un tant soit peu sa façon de
percevoir la musique. C’est bon dans le relationnel quand on établit
une relation de confiance avec des musiciens, mais si demain je me
présente devant un orchestre de 50 musiciens, je ne tiens pas le choc.
Je ne comprends pas que tu sois si radical dans cette affirmation, car
tu peux témoigner de choses concrètes…
Ce n’est pas comme ça que ça fonctionne !Il y a plein de festivals qui
pourraient nous programmer et qui ne nous programment pas parce que
nous ne sommes pas des classiques, parce que nous n’avons pas la
formation. Pourtant je suis persuadé qu’il y a des choses qui
pourraient s’intégrer dans un festival de musique classique. Simplement
un festival de musique classique ne programme que de la musique
classique, des gens qui travaillent sur un type de répertoire..
Ho detto "limite" per "osare". Quando sei in una scrittura, si
t'astreins di rimanere nel cannoni e si perde un po 'l'idea di cercare
le cose. Forse si tende naturalmente le cose che si possono negare se
conosceva le regole.
Forse, ma è difficile. Quando siamo insieme, mangiato. Ma nella nostra
evoluzione, per esempio, domani si lavora con musicisti jazz.
Noi, come un blocco, non vi è alcun problema linguistico tra noi, non
vi è stata la formazione armonica, siamo d'accordo sul suono, ciò che
deve, dobbiamo fare piccoli aggiustamenti ma non vi è alcun problema
linguistico tra di noi.
Se domani, stiamo lavorando con un quartetto d'archi, abbiamo un
problema, perché il tipo di quartetto dirà "aspettare qui, non
capisco". Che cosa è stato scritto non è ... non mi dire che non è
giusto, non è che è falso che non si può fare, ma non al regola, e
talvolta è mal scritto, mal formulato. Quindi per me è frustrante.
Ad esempio, dal momento che stiamo lavorando con Bruno, io sono
appassionato di musica classica, ho lavorato su pezzi per orchestra. Si
Chjarura di me, è una partizione orchestra avevo scritto, ma mi hanno
dimostrato che Bruno. Bruno ha dichiarato: "ci è, tagliare, esso
presenta una grande canzone." Ed è stato mantenuto invariato. Ma non
abbiamo potuto farlo perché Bruno vide, lo prese e se ne andò per
salvare Sofia. Me, se domani voglio parlare con musicisti classici,
temo di non essere credibili.
Hai paura di non avere legittimità, puoi testimoniare a quello che
fate?
Che non è sufficiente!
Lei ha imparato a gestire le persone che hanno il dogma, ma anche loro
possono imparare molto con lei.
Sì, ma è in un buon rapporto con Bruno. Non sto dicendo che ha imparato
le cose da noi, ma lui dice che vede le cose in maniera diversa a
volte, ha cambiato un po 'il suo modo di percepire la musica. E 'buono
il rapporto, quando si stabilisce un rapporto di fiducia con i
musicisti, ma se domani io davanti a un'orchestra di 50 musicisti, non
voglio che l'ammortizzatore.
Non capisco perché sei così radicale in questa dichiarazione, perché si
possa dimostrare qualcosa di concreto ...
Questo non è il modo in cui funziona! Ci sono un sacco di festival che
si possa pianificare e programmare ciò che facciamo non perché non sono
tradizionali, perché non abbiamo alcuna formazione. Eppure sono sicuro
che ci sono cose che potrebbero rientrare in un festival di musica
classica. Basta un festival di musica classica programma di musica
classica, le persone che lavorano su un tipo di directory ..
Vous ouvrez plein de portes, plein de chemins entre les genres…
Le problème, c’est que ça fonctionne sur une partie du public, et pas
sur tous. Vous avez des gens qui sont dans la recherche de quelque
chose d’inaltéré, qui ne comprennent pas forcément notre démarche. Il
nous est arrivé qu’un compositeur de Nice m’a dit "je ne comprends pas
pourquoi vous avez écrit 5 voix pour Médée, avec trois voix on dit
suffisamment de choses".
Ce ne sont pas des musiciens, ce sont des ayatollahs !
Dans les orchestres, il y en a, des ayatollahs !
Paul : Et en Corse aussi !
JC : D’ailleurs posez la question à Bruno. C’est un rapport de forces
perpétuel.
Ça rappelle Prova d’orchestra !
C’est pour ça que ça nous pose problème. Quand on a fait la Grammaire
avec les musiciens, j’ai écrit toutes les parties instrumentales – on
l’a fait parce que ce sont des musiciens qu’on connaît, ils disent «
t’emmerde pas, on s’en fout, que tu écrives un mi bémol ou un ré dièse,
c’est pareil »» mais il y a des musiciens qui auraient dit « attendez,
celui-là, il a un problème, où voulez vous aller ? » mais je ne peux
pas lui dire ce que je veux faire, je l’ai écrit comme ça, je ne peux
pas lui dire « parce que là, il y a telle résolution, telle basse qui
justifie telle note», je ne peux pas le dire. Pour en revenir à ce que
tu disais sur l’harmonie, je ne fais des choses que pour nous aussi,
pour des gens qui sont proches de nous, sinon je n’oserais jamais faire
un truc pour un chœur.
Comment s’est faite l’avancée vers la dissonance ?
C’est lié à plein de choses, à ce que j’écoute, à ce qui me plaît, à ce
que j’ai pu voir de ce que faisait Bruno, à ce que j’ai pu entendre
dans divers registres. Ce peut être quand vous écoutez Faiz
Ali Faiz ou les symphonies de Mahler, il y a des choses qui sont, je ne
vais pas dire puisées, mais qu’il me semble entendre dans des endroits
très différents, pour des raisons très différentes, dans des sites très
différents, etc.
Pour finir sur l’écriture, il y a aussi l’écriture du texte, tu en as
écrit un certain nombre, tu ne penses pas à éditer tes textes
?
Il y a longtemps que j’écris, depuis 1983-84, ça fait plus de 20 ans,
et je n’ai jamais rien publié. Maintenant j’en ressens le besoin, non
pas seulement pour les publier, car je les utilise, je les chante, mais
parce qu’à un moment donné, pour passer à autre chose, je pense qu’on a
besoin de s’en défaire. C’est d’ailleurs ce qui nous pose problème sur
le plan des répertoires musicaux : on a des répertoires qui
s’entrechoquent maintenant, on n’a pas le temps de les faire sortir et
on ne continue à produire que parce qu’on est sollicités. La Grammaire,
je l’ai faite parce qu’Orlando me l’a demandé. On travaille souvent
dans l’urgence. Le Requiem, je n’aurais jamais eu l’idée de dire « je
vais faire un Requiem », j’avais commencé à faire des choses, mais
jamais dans l’idée de faire un Requiem.
Si apre un sacco di porte, un sacco di percorsi tra i sessi ...
Il problema è che funziona su una parte del pubblico, e non tutti di
loro. Hai persone che sono in cerca di qualcosa di incontaminato, che
non necessariamente il nostro approccio. Siamo arrivati un compositore
di Nizza, ha dichiarato: "Non capisco il motivo per cui hai scritto 5
voti Medea, con tre voti, basta dire le cose".
Essi non sono musicisti, sono ayatollah!
In orchestre, ci sono, l'ayatollah!
Paolo: E anche in Corsica!
JC: E per chiedere Bruno. Si tratta di un equilibrio di potere
perpetuo.
Si ricorda Prova d'orchestra!
Ecco perché abbiamo sollevato la questione. Quando abbiamo fatto la
grammatica con i musicisti, ho scritto tutte le parti strumentali - è
stato fatto, perché sono musicisti si sa, si dice "t'emmerde pas, il
s'en főút, che E si scrive un piatto forte o D, è la stessa "" ma ci
sono musicisti che hanno detto di aspettare, questo, che ha un problema
in cui si desidera andare? "Ma non posso dirgli quello che voglio fare,
ho scritto così, non posso dire" perché non vi è una tale risoluzione,
come le note che giustificano tale basso ", non posso dire. Per tornare
a ciò che ha detto su armonia, fare le cose anche per noi, per le
persone che sono vicine a noi, altrimenti non sarebbe mai fare qualcosa
per un coro.
Come è il progresso verso la dissonanza?
Essa è legata a molte cose, che io ascolto quello che mi piace, che ho
potuto vedere che cosa è stato Bruno, che ho sentito in diversi
registri. Questo può essere quando si ascolta Faiz Ali Faiz o le
sinfonie di Mahler, ci sono cose che sono, se non stabilito, ma posso
sentire in luoghi molto differenti, per ragioni molto diverse, in molto
diversi siti, ecc.
Infine, per quanto riguarda la scrittura, è anche la scrittura del
testo, hai scritto un numero, non ci si pensa di modificare i vostri
testi?
Un molto tempo fa, che scrivo, poiché 1983-84, è più di 20 anni e non
ho mai pubblicato. Adesso sento il bisogno di pubblicare non solo,
perché io li uso, mi cantare, ma perché a un certo punto, per passare a
qualcosa di diverso, credo che abbiamo bisogno di disfarsi. Questo è
ciò che abbiamo un problema in termini di repertori musicali: uno
scontro di directory che ora non abbiamo tempo per farli uscire e
continua a produrre e perché è richiesto. Grammatica, qu'Orlando l'ho
fatto perché mi è stato chiesto. Spesso lavora in emergenza. Il
Requiem, non ho mai avuto l'idea di dire "farò un Requiem", ho iniziato
a fare le cose, ma mai l'idea di un Requiem.
Par exemple l’Ecclésiaste, tu l’avais écrit avant, non ?
L’Ecclésiaste et le Meditate ont été écrits avant, pour des spectacles
de la Passion à Calvi, et je les ai repris pour le Requiem.
Et aussi Figliolu d’ella, peut être ?
Et Figliolu d’Ella, absolument, qui n’était écrit que pour deux voix
pour la Passion à Calvi.
Oui, des voix de femmes, d’ailleurs.
Et quand on a pensé à travailler sur le Requiem, j’ai repris le
Figliolu d’ella parce que le thème, le chant me semblait intéressant à
développer, et surtout ce que dit le chant : le thème Figliolu d’ella,
sì figliolu di meiu me semblait important, me semblait être la première
des choses à dire quand quelqu’un s’en va. Il y avait donc ces trois
chants repris de choses antérieures. Mais pour en revenir à ce que je
disais, s’il n’y avait pas eu la demande de Jean-Pierre Le Pavec, il
n’y aurait jamais eu de Requiem. Et s’il n’y avait pas eu la demande de
Jean-Yves Lazennec, il n’y aurait jamais eu Médée.
Mais c’est très frustrant pour nous, parce qu’il y a des bijoux qui
sortent, puis un deuxième bijou arrive, et il y en a qui ne sortent pas
surtout !
Il y en a qui ne sortiront pas !
Mais ceux qu’on a entendus une fois, on voudrait pouvoir les réentendre
!
Tiens, question que l’on voulait poser plus tard mais je te la pose
maintenant : au Final, dans ce que vous avez chanté, il y avait un
chant géorgien…
Oui, Allilo.
Un extrait du Requiem ?
Non, de Marco Polo, il y avait deux extraits de Marco Polo
Vous aviez déjà chanté le premier en concert ?
Oui, à Nanterre on l’a loupé, celui-là !
Mais là, il n’était pas loupé ! Nous avons été frustrés, car en montant
à la Cathédrale Jean-Luc répétait avec Marie Kobayashi, et vous ne
l’avez pas chanté ! Tiens, d’ailleurs, qui aurait fait Marco Polo à la
place de Guillaume Depardieu ?
Quand, samedi ? On ne devait pas faire Marco Polo. Il y avait quelques
extraits , sa voix sur la bande …
Si ça avait eu lieu à Nice ?
C’est Daniel Mesguich. Ceci dit, heureusement que ça ne se fait pas en
octobre, parce qu'on avait le théâtre le matin à 10 heures pour la
représentation l’après-midi ! Pour monter les décors, mettre le son,
répéter avec l’orchestre…
Ecclesiaste per esempio, è scritto prima, no?
L'Ecclesiaste Meditate e sono stati scritti prima, per le prestazioni
della Passione a Calvi, e sono tornato al Requiem.
Più di Figliolu ella può essere?
E Figliolu Ella, assolutamente, che è stata scritta per due voci per la
Passione di Calvi.
Sì, le voci delle donne, comunque.
E quando si è pensato di lavorare sul Requiem, ho preso la Figliolu
ella a causa del tema, la canzone sembrava interessante per lo
sviluppo, e soprattutto quello che la canzone: il tema della Figliolu
ella, sì figliolu di meiu sembrava importante per me sembrava di essere
il primo a dire le cose quando qualcuno lascia. Ci sono stati questi
tre brani tratti da precedenti cose. Ma per tornare a ciò che ho detto,
se vi fosse stata alcuna richiesta di Jean-Pierre Le PAVEC ci sarebbe
mai Requiem. E se non vi era stata alcuna richiesta da Jean-Yves
Lazennec, non vi sarebbe mai Medea.
Ma è molto frustrante per noi, perché ci sono emergenti gioielli, poi
un gioiello secondo caso, e ci sono quelli che non escono in
particolare!
Ci sono coloro che non!
Ma coloro che hanno ascoltato ancora una volta, saremo in grado di
sentire!
Qui, la questione è stata di chiedere un secondo momento, ma mi pongono
l'ora: in fin dei conti, quello che ha cantato, non vi era una canzone
della Georgia ...
Sì, Allilo.
Un estratto del Requiem?
No, Marco Polo, ci sono stati due estratti da Marco Polo
Hai già cantato il primo concerto?
Sì, Nanterre che abbiamo perso uno!
Ma vi è stato non perdere! Ci sono stati frustrati, perché l'importo
Cattedrale Jean-Luc ripetuta con Marie Kobayashi, e voi non cantare!
Qui, infatti, che sarebbe stato il posto di Marco Polo, Guillaume
Depardieu?
Quando Sabato? Non dovrebbe essere di Marco Polo. Ci sono stati alcuni
estratti, la sua voce sul nastro ...
Se si è svolta a Nizza?
Si tratta di Daniel Mesguich. Tuttavia, per fortuna non si svolgerà nel
mese di ottobre, perché è stata la scena di mattina fino alle 10 ore
per la rappresentazione, nel pomeriggio! Per montare il set, salvare
l'audio, ripetere con l'orchestra ...
Le travail du chant
Une question à laquelle tout le monde pourra répondre, puisque c’est
sur le travail individuel du chant. Comment se fait votre travail
individuel ? Comment s’est fait progressivement le placement de votre
voix, comment cela continue-t-il d’évoluer au sein du groupe, le
timbre... A l’écoute du DVD de Don Kent, on apprend par exemple que
Bruno Coulais vous faisait aller beaucoup plus dans l’aigu ou dans le
grave, donc ça continue d’évoluer constamment. Comment chacun
ressent-il ça, travaille-t-il ça ?
Jean-Luc : Quand on travaille sur une partition, on a chacun notre
voix, qu’on travaille à la maison. On n’a pas de méthode de travail
particulière, on a une voix qu’on doit apprendre, et ce sont les
compositions qui font aller plus loin. Quand on fait un truc avec
Bruno, à chaque fois il fait monter un peu plus les basses, il fait
descendre dans le grave les aigus et inversement, ce qui fait qu’on
évolue Max : la méthode particulière, c’est de travailler sur
ordinateur.
Jean-Luc : Pour les partitions écrites (celles de Bruno, Si di Mè, pas
Médée ni les chants traditionnels), on a un logiciel qui lit la
partition, les 7 voix, on peut mettre 6 voix en piano et la 7e, la
nôtre, en trombone, on fait jouer à l’ordinateur, ça permet d’entendre
ta voix, tu peux même couper les autres voix et ne laisser que la
tienne, ralentir le tempo, l’accélérer, ça permet de travailler en
précision sur ta voix à la maison. Quand on travaille sur une
musique de film de Bruno on fait comme ça, on travaille 3 ou 4 jours à
la maison, on déchiffre bien notre voix, et une fois qu’on la connaît
suffisamment, on se retrouve tous ensemble et on essaie de faire
fonctionner tous ensemble les voix que l’on a appris individuellement.
Ca c’est pour les partitions.
A Filetta en répétition, 21/08/2005 (photo : Jean-Jacques Filippi)
Et quand ce n’est pas écrit ?
On tâtonne ! On travaille ensemble.
Vous enregistrez vos répétitions ?
Pas assez...
Donc à chaque fois vous repartez un peu à zéro ?
C’est la mémoire.
Avec tous les chants que vous avez appris, ça ne se percute pas un peu ?
Jean-Luc : Au contraire, c’est ce qui permet d’entretenir la mémoire.
Plus tu en apprends, plus tu peux en apprendre.
J.C. : Attention, même ceux qu’on a fixé sur ordinateur on les apprend
par cœur. Quand on a fait Marco Polo avec Bruno, on est obligé. Ce
n’est pas forcément le cas d’autres musiciens qui travaillent avec
Bruno, ils ont leur partition, et ce qui est terrible, c’est qu’on se
rend compte justement que pour le coup tu ne mémorises rien. Ils jouent
mais ils sont dans le cirage. Il peut arriver qu'ils se trompent, mais
ils continuent imperturbablement. Nous, à la limite, avec notre façon
de fonctionner, on essaierait de rattraper, eux même pas.
Ça veut dire qu’ils n’écoutent pas ce qu’il jouent ?
Justement, ça veut bien dire que c’est la façon dont on les forme.
C’est de la mécanique !
On les forme à être en place et à jouer. Très souvent, les problèmes
viennent du fait qu’il n’y a pas de chef qui leur donne un départ. Donc
ils ne savent pas, ils ne comptent pas. Nous, quand on faisait
Himalaya, on comptait 27 mesures avant de rentrer sur Le Lac.
Quand vous dites ça à un musicien, il rigole ! 27 mesures,
c’est un truc de fou. Il dit, attendez, on va vous faire signe ! Le
musicien est là, il attend, tac, et il joue sa partie.
Mais ils n écoutent pas ?
J.C. : C’est comme ça. Attention, le problème, ce n’est pas parce que
ce ne sont pas de bons musiciens, c’est parce qu’on les a formés à
jouer comme ça. On leur demande d’interpréter une partition, on ne leur
demande pas d’écouter ce que fait le pupitre d’à côté. Alors que nous,
c’est exactement l’inverse. C’est pour ça qu’il y a beaucoup de
musiciens qui ne trouvent pas leur compte au sein de l’orchestre. Il y
a plein de gens qui sont malheureux dans les orchestres.
C’est très militaire, en fait !
Bien sûr.
Lavoro canzone
Una domanda che ognuno può rispondere, in quanto è il singolo brano.
Come è il vostro lavoro individuale? Come ha fatto il progressivo
posizionamento della vostra voce, le modalità che egli continua a
svilupparsi all'interno del gruppo, le campane ... Per ascoltare il DVD
da Don Kent, per esempio, sappiamo che Bruno Coulais si dovrebbe andare
molto più alti o bassi, in modo che continua ad evolvere costantemente.
Come tutti si sente che funziona vero?
Jean-Luc: Quando si lavora su una partizione, si è tutti i nostri voti,
stiamo lavorando a casa. Non vi è alcun particolare metodo di lavoro,
era una voce che dobbiamo imparare, e quali sono le composizioni che
sono di andare oltre. Quando facciamo qualcosa con Bruno, quando ha
sollevato un po 'più bassi, è il basso per le gravi acuti e viceversa,
in modo da evolvere Max: il metodo è quello di lavorare su computer.
Jean-Luc: Per le partizioni scritta (quelle di Bruno, Si Di Me, non
Medea o tradizionali canzoni), è stato un programma che legge la
partizione, 7 voti, siamo in grado di salvare 6 pianoforte e voce nella
7a, la il nostro, il trombone, giocato sul computer, ti permette di
ascoltare la tua voce, è possibile anche nascondere le altre voci e non
lasciare che detengono, rallentando il ritmo, la velocità è alto,
permette di lavorare su di precisione la vostra voce a casa. Quando si
lavora su un film di Bruno cliente ci piace questo lavoro 3 o 4 giorni
a casa, che decodifica i nostri voti, e una volta che sappiamo
abbastanza, siamo tutti insieme e cercare di fare tutte le voci che
sono sentito individualmente. Questo è per le partizioni.
A Filetta in prova, 21/08/2005 (Foto: Jean-Jacques Filippi)
E quando non iscritto?
E gropes! Noi lavoriamo insieme.
Registrate il vostro prove?
Non basta ...
Così, ogni volta che si lascia un po 'zero?
E 'la memoria.
Con tutti i brani che hai imparato, non ha colpito un po '?
Jean-Luc: Al contrario, è ciò che permette di mantenere la memoria. Più
si impara, più si può imparare.
JC: Se vuoi, anche quelle impostate sul computer impara dal cuore.
Quando fu Marco Polo, con Bruno, che è necessario. Questo non è
necessariamente il caso, con altri musicisti che lavorano con Bruno,
che hanno il loro cliente, e ciò che è terribile è che ci rendiamo
conto che solo l'esperienza vi ricordo nulla. Essi svolgono, ma sono in
cera. Può accadere che si sbagliano, ma continuano imperturbably. Noi,
al limite, con il nostro modo di lavorare, cerchiamo di recuperare il
ritardo, neppure loro.
Ciò significa che essi non ascoltare quello che essi svolgono?
Precisamente, si vuole dire che è il modo in cui forma.
E 'meccanica!
Si treni a porre in essere e giocare. Molto spesso, i problemi vengono
dal fatto che non vi è leader che dà loro un inizio. Quindi, perché non
sanno, che non contano. Noi, quando siamo stati in Himalaya, ci sono
stati 27 passaggi prima di tornare sul lago. Quando si dice che per un
musicista, ride! 27 misure, qualcosa di pazzo. Egli ha detto di
attendere, che vi farà firmare! Il musicista è lì, in attesa, tac, e
svolge la sua parte.
Ma non ascoltare?
J.C.: E 'così. Attenzione, il problema non è perché non sono buoni
musicisti, perché sono stati addestrati a giocare così. Essi sono
chiamati a interpretare un cliente, chiediamo loro di non ascoltare
quello che la prossima scrivania. Mentre noi, che è esattamente il
contrario. Ecco perché ci sono molti musicisti che non possono ottenere
in orchestra. Ci sono un sacco di persone che sono infelici in
orchestre.
E 'molto militare, in realtà!
Certamente.
L'émotion
Cela nous amène naturellement à la question suivante, il y a quelque
chose qui revient constamment dans la bouche des spectateurs, mais
aussi dans les interviews, c’est l’émotion que l’on ressent à l’écoute
de vos chants. Il y a quelque chose de particulier qui se passe. Est-ce
que vous le ressentez ? Comment l'expliquez-vous ?
On en parlait avec Vincent Zanetti. On a souvent eu des gens qui sont
venus nous voir en fin de spectacle, des gens qui étaient émus au point
de ne pas pouvoir parler. On n’a pas d’explication, mais j’ai une idée
là dessus, elle vaut ce qu’elle vaut, moi je pense qu'ils ne sont pas
émus par une esthétique, par des harmonies ou par une architecture. Ce
qu’ils reprennent en pleine tête, je pense que – et c’est pour ça que
la liaison est bonne par rapport au fonctionnement – on est un corps
composé de divers individus qui ont chacun sa personnalité et qui
réussissent à former un corps. Je pense que l’idée est là : nos
sociétés modernes ont dans leur production, leur organisation, tout
conçu de façon pyramidale et individuelle, et en cloisonnant les
responsabilités. Pour tout, et on le voit quand il arrive une
catastrophe, on essaie de remonter tout de suite la chaîne des
responsabilités, parce que c’est organisé comme ça. On dit : « Untel
fait ça, il ne fait que ça, il a bien fait ce qu’il devait faire ».
Nous, en tant que corps, on ne peut pas fonctionner comme ça. On est un
corps qui ne fonctionne que quand tout le monde contribue à le faire
fonctionner, et contribue en prenant à sa charge tout le corps. Il y a
un vrai collectif qui est une sorte de cocon, et je crois qu’on renvoie
cette image à des gens qui naturellement ont besoin de ça. Je ne vais
pas faire le philosophe, mais je pense que l’homme à l’état de nature a
besoin de ça, de savoir qu’il fait partie d’un tout, qu’il s’insère
dans un ensemble et qu’il est en même temps acteur de son propre rôle
et aussi acteur d’une partie du rôle des autres. Et ce système ne
fonctionne que dans la mesure où on s’abandonne au collectif tout en
gardant chacun sa personnalité. C’est un collectif qui s’enrichit de
l’abandon de tout le monde, mais qui n’impose à personne d’abandonner
sa personnalité.
Et je crois que c’est ça qui frappe les gens : quand ils écoutent par
exemple les chœurs de Médée,, les gens se disent « mais comment ils
peuvent chanter ensemble des choses qui ne sont pas mesurées, ils n’ont
pas de repères, qui fait quoi, qui commande quoi », et là il n’y a pas
de réponse.
Et d’ailleurs, j’analyse les choses comme ça, parce qu’on le voit bien,
très souvent les individus modernes que nous sommes ont des problèmes
avec le collectif, avec le groupe. A chaque fois qu’il arrive quelqu’un
ici, une équipe de télé, des journalistes, des représentants des
institutions etc., ils demandent qui est le responsable. C’est ça le
problème. Notre musique est aux antipodes de ça. Et ça existe à l’état
naturel, parce qu’on en a besoin, je ne pense pas qu’on soit fait pour
ne jouer que son rôle et ne pas regarder les autres et surtout dire
"moi, je fais ce que j’ai à faire, que les autres en fassent autant".
Nous on ne peut pas fonctionner comme ça.
Tu as raison de signaler ça, car une grande partie de l’émotion, c’est
ça. L’aspect fusionnel que vous donnez est bouleversant. Mais ça ne
suffirait pas à expliquer l’émotion. On est ému parce que c’est beau ce
que vous faites. C’est indissociable.
Je pense que c’est beau parce que c’est fusionnel. Ce n’est pas beau
parce que intrinsèquement c’est beau. Parce qu'on a fait des choses qui
ne sont pas belles non plus !
Tout à l’heure on parlait d’harmonie, c’est vrai qu’il y a des moments
dans votre musique qui sont écrits de telle manière que c’est beau, ça
touche. Ensuite il y a ce côté fusionnel qui fait qu’il y a un corps,
une interprétation parce que vous êtes ensemble et que vous donnez
énormément.
Tu sais, il faudrait faire un test. Il faudrait prendre un chœur
classique et lui faire chanter un de nos chants. Ce serait intéressant
de voir comment les gens réagissent à ça.
Ce qui fait la différence, c’est l’émotion, le côté tactile. Vous vous
touchez, on sent une amitié entre vous.
Absolument, c’est pour ça qu’à mon sens, ça vient de là, ce n’est pas
ce qu’on chante.
Emotion
Ciò comporta naturalmente la questione, vi è qualcosa che è
costantemente in bocca di spettatori, ma anche nelle interviste, è
l'emozione che ci si sente ad ascoltare le vostre canzoni. Vi è
qualcosa di speciale che succede. Ti senti? Come si spiega?
Abbiamo parlato con Vincenzo Zanetti. Abbiamo avuto spesso persone che
sono venute a trovarci alla fine dello spettacolo, le persone che sono
state trasferite, fino al punto di non essere in grado di parlare. Vi è
stata fornita alcuna spiegazione, ma ho una idea su questo, è ciò che
vale la pena, credo che non sono mossi da estetica, l'armonia con
l'architettura o. Essi riprendere in testa, penso - e questo è il
motivo per cui il collegamento è buona, rispetto al funzionamento - si
tratta di un organo composto da varie persone che hanno ciascuna la
propria personalità e che riescono a formare un corpo. Penso che l'idea
è questa: le nostre società moderne hanno nella loro produzione,
l'organizzazione, la piramide progettata e individuale, e le
responsabilità di partizionamento. Per tutto ciò, e lo vediamo quando
succede un disastro, cerchiamo di tornare immediatamente la catena di
responsabilità, perché è organizzato come questo. Essa ha detto:
"Smith, ha fatto, è proprio questo, egli ha fatto ciò che dovrebbero
fare".
Noi, come un corpo, non si può lavorare così. Vi è un organismo che
funziona solo quando ognuno contribuisce a rendere il lavoro, e aiuta a
prendere in mano tutto il corpo. Si tratta di un partenariato che è una
sorta di bozzolo, e penso che questo file si riferisce a persone che,
ovviamente, ne hanno bisogno. Non voglio fare il filosofo, ma penso che
l'uomo nello stato di natura, un bisogno, sapendo che si tratta di
parte di un tutto, essa fa parte di un insieme e che è anche un attore
nel suo ruolo di attore e di una parte del ruolo degli altri. E questo
sistema funziona solo in quanto abbandona il gruppo, mantenendo tutti
personalità. Si tratta di un collettivo che si è arricchito l'abbandono
da parte di tutto il mondo, ma non rinunciare a nessuno la sua
personalità.
E penso che ciò che colpisce le persone quando sentono tali cori di
Medea, e la gente dice "ma come si può cantare tutte le cose che non
sono misurati, non hanno punti di riferimento chi fa che cosa, che cosa
gli ordini, e non vi è alcuna risposta.
E poi, mi piace analizzare le cose che, perché vediamo molto spesso che
la moderna individui abbiamo problemi con il collettivo, con il gruppo.
Ogni volta che qualcuno viene qui, un gruppo di giornalisti televisivi,
i rappresentanti delle altre istituzioni. Essi chiedono che ne è
responsabile. Questo è il problema. La nostra musica è l'antitesi di
tutto ciò. E che si verifica naturalmente, perché abbiamo bisogno, non
credo che ci può essere fatto a svolgere il suo ruolo e non guardando
gli altri e soprattutto di dire "fare quello che ho hanno a che fare,
che gli altri facciano lo stesso. " Non siamo in grado di operare in
questo modo.
Hai ragione a sottolineare che, poiché gran parte delle emozioni, che è
giusto. La fusione è che si sta muovendo. Ma non sarebbe spiegare
l'emozione. Siamo felici perché è bello quello che fate. È
inseparabili.
Penso che è bello perché è fusional. Non è bello perché è
intrinsecamente bello. Perché abbiamo fatto le cose che non sono né
belle!
Poco fa abbiamo parlato di armonia, è vero che ci sono momenti nella
tua musica che è scritto in modo tale che è bello, si tocca. Poi c'è
questa parte che fusional fatto che vi sia un corpo, un
'interpretazione perché siete insieme e si danno enorme.
Sai, ci dovrebbe essere una prova. Sarebbe un classico coro a cantare
una delle nostre canzoni. Sarebbe interessante vedere come la gente
reagisce ad essa.
Che cosa fa la differenza è l'emozione, toccare il lato. Si tocca, si
sente uno di amicizia tra di voi.
Assolutamente, questo è il motivo per cui a mio parere, è da lì, questo
non è ciò che cantano.
Le point de départ c’est ça. Mais ce que vous chantez, c’est
important !
Je ne dis pas que ce n’est pas important, ce que je veux dire c’est que
après, tu aimes ou tu n’aimes pas, tu adhères ou tu n’adhères pas.
Quand j’écoute de la musique classique, je préfère les symphonies de
Mahler à celles de Beethoven.
Françoise : Il y une alchimie : c’est physique et relationnel.Tu
pourrais dire qu’il y a une peuplade d’hurluberlus qui sont fous d’A
Filetta, mais quand tu vois à côté de toi des gens que tu ne connais
pas être émus aux larmes … ma fille était aux Rencontres pour
la première fois, eh bien Diane vendredi soir, quand vous avez chanté,
elle pleurait !
Pierre : La première fois qu’on vous a entendus, pareil, et ça remonte
à 1993, ce n’était pas le même répertoire.
F : C’est intergénérationnel, c’est incroyable, l’effet que vous faites
c’est … comme le chocolat !
Moi, j’ai eu le même type de sensation lorsque j’ai entendu chanter les
Georgiens pour la première fois. C’est la même chose, parce que je
pense que c’est là-dessus qu’on se ressemble avec les Georgiens,
au-delà de l’aspect polyphonique, des ressemblances sur le plan de
l’harmonie, on est pareils sur le rapport entre nous et sur le rapport
avec le public.
Et c’est pour ça qu’on aime aussi vous voir, ce contact direct avec ce
que vous êtes
C’est un courant qui passe, ça rentre par les pores.
Encore une fois parce qu’au delà du fait qu’on dit des choses avec
notre esthétique, il y a le fait qu’on est comme un corps, avec tout ce
que cela a de fragile, de déséquilibré, de vivant, de tension, alors
qu’on n’a pas ce sentiment là quand on voit un chœur classique.
Et vous ne donnez pas un spectacle.
On peut être touché par de belles harmonies, la voix de l’ange, mais
chaque fois que j’ai vu des chœurs classiques chanter, il y a quelque
chose qui ne se passe pas, ça n’empêche pas qu’ils puissent faire des
choses qu’on leur envie souvent...
On n’est pas dans la technique avec vous, on est dans le sentiment,
dans l’être, dans l’humain…
Il punto di partenza è questo. Ma ciò che è importante cantare!
Non sto dicendo che non è importante, quello che sto dicendo è che dopo
che ti piace o non ti piace o vi si unisce a voi non è così. Quando
ascolto musica classica, io preferisco la sinfonie di Mahler quelle di
Beethoven.
Françoise: Vi è un alchimia: è fisica e relationnel.Tu potrebbe dire
che c'è una tribù di manovelle che sono pazzi per filettare, ma quando
si vede accanto a te persone che non conoscete fino alle lacrime ...
mia figlia è stata nel corso della riunione per la prima volta, beh,
Diane Venerdì sera quando si cantava, gridò!
Pietro: La prima volta che hai sentito, e questo risale al 1993, questa
non era la stessa directory.
F: E 'intergenerazionale, è sorprendente l'effetto che si fa ... come
il cioccolato!
Ho avuto lo stesso tipo di sensazione quando ho sentito cantare i
georgiani per la prima volta. E 'la stessa cosa, perché penso che sia
superiore è simile a quella con i georgiani, in aggiunta alle
polifoniche somiglianze, in termini di armonia, è su tale il rapporto
tra noi e il rapporto con il pubblico.
Ed è per questo che ti amo anche vedere, questo contatto diretto con
ciò che si sta
Si tratta di una corrente che passa attraverso i pori.
Ancora una volta a causa del fatto che al di là delle cose che diciamo
con la nostra estetica è il fatto che noi siamo come un corpo, con
tutto ciò che una fragile, sbilanciato, vivo, la tensione, quindi non
abbiamo questa sensazione, quando ci vediamo un classico coro.
E voi non danno una mostra.
Si può essere toccato da belle armonie, la voce del angelo, ma quando
ho visto classica, canto corale, c'è qualcosa che non accade, non li si
può smettere di fare cose che spesso vogliono ...
Non è la tecnica con voi, siamo in un certo senso, in quanto, nel umani
...
Donner du sens
Ca amène encore naturellement la question suivante : qu'est-ce que tu
veux dire quand tu parles du sens, de la recherche du sens mais pas
d’un sens ?
Oui, quand je dis du sens et pas un sens, c’est que justement, trop
souvent on cherche un sens aux choses, c’est à dire que soit on cherche
un sens en se donnant une direction, en se projetant et en disant «
c’est là qu’on va », et à mon avis, ça ne peut pas fonctionner comme
ça, on n’a jamais dit : « on va faire ci, on va faire ça, on a tel
projet, on va aller à tel endroit… » Ce qu’on fait, ça ne peut pas se
planifier, c’est fait de rencontres.
Il n’y a pas de stratégie.
Absolument, il y a des rencontres qui nous ont modelés, changés,
transformés, qui ont fait qu’au fil de ces rencontres on a un profil
nouveau à chaque fois. A mon avis, c’est la définition même de
l’identité qui n’a de sens que dans la mesure où elle est en
perpétuelle édification, sinon c’est quoi l’identité, ce que tu es
maintenant, dans deux heures tu ne le seras plus, par la force des
choses. Donc c’est une illusion de dire que je vais camper sur la
tradition, c’est un peu ça qui me gêne dans le discours sur la défense
de l’identité, qui a mon sens, ne tient pas. C’est contraire à toute
idée de vie, et quand je dis "du sens", c’est aussi le fait que si on
n’intègre pas le fait que chacun d’entre nous est multiple, que non
seulement on est un groupe constitué d’individus qui sont eux mêmes
multiples, donner du sens à ce qu’on fait, c’est éviter de demander à
chacun de n'être que lui et de rester ce qu’il est, ce qui de toutes
façons dans la vie n’est pas possible ; c’est pour ça que je dis "il
faut donner du sens et pas un sens", et c’est la raison pour laquelle
notre musique est variée, et c’est ce qui vous la fait apprécier.
Moi, je ne vais pas dire « je ne vais faire des choses que dans la
mesure où elles sont en rapport avec ce que j’ai été à un moment donné
». De toutes façons, ce qui s’arrête se défait ; le jour où on
s’arrête, on commence à dégringoler, et c’est applicable partout, y
compris dans la technique. Le jour où on s’arrête d’être exigeant,
d’aller au-dessus, fatalement on commence à redescendre, car les forces
sont contraires !
Dare un senso
Questo porta naturalmente alla domanda: che cosa si intende quando si
parla certo senso, la ricerca di significato, ma priva di significato?
Sì, quando dico che non ha senso e il senso è proprio che, troppo
spesso alla ricerca di un significato alle cose, vale a dire che è alla
ricerca di un significato in una direzione che, per la progettazione e
dice "Questo è dove", e, a mio parere, non può lavorare così, non
abbiamo mai detto, "lo faremo, lo faremo in un progetto, andremo in un
posto ... "Che cosa facciamo, non può piano, è riunioni.
Non vi è alcuna strategia.
Certamente, ci sono incontri che abbiamo plasmato, cambiato,
trasformato, che hanno, nel corso di questi incontri che abbiamo un
nuovo profilo di volta in volta. A mio parere, la definizione stessa di
identità che ha senso solo nella misura in cui è costantemente
edificio, altrimenti ciò che è l'identità che vi trovate in due ore
sarebbe meglio, con la forza di circostanza. Quindi è una illusione di
dire che mi bastone alla tradizione, ma solo in mi disturba il discorso
sulla difesa della propria identità, che a mio avviso non è così. Ciò è
contrario a qualsiasi concetto di vita, e quando dico "che significa" è
anche il fatto che se uno non contesta il fatto che ciascuno di noi è
multiforme, che non solo è un gruppo è costituito da persone che sono a
loro volta di più, di dare un senso a ciò che facciamo non è chiedere a
tutti di essere e di rimanere solo lui quello che è, che in ogni caso
in La vita non è possibile, che è il motivo per cui dico "dobbiamo dare
un senso e non senso" ed è per questo che la nostra musica è varia, e
che si apprezzano .
Non dico 'non posso fare le cose come sono legate a ciò che sono stato
in una sola volta ". Comunque, ciò che blocca i rigetti in mare il
giorno in cui ci fermiamo, noi cominciamo a piombino, e si applica in
tutto il mondo, anche in tecnologia. La giornata si smette di essere
esigente, a salire, inevitabilmente si avvia di nuovo, perché sono
contro le forze!
L'accompagnement instrumental
Avant le final, petite question subsidiaire sur les instruments, que
vous avez abandonnés, est-ce définitif ?
Paul : Pour moi, oui, le tambour à contre temps !
JC : On a eu cette discussion aux Rencontres sur le problème des
instruments. Mon sentiment, c’est que la Corse, en tout cas le
mouvement culturel corse depuis le début des années 70, a un gros
problème avec les instruments. Cela me semble évident. Autant on avait
une tradition orale très puissante, des voix, une science de la voix,
de la pratique vocale, autant sur le plan de l’instrument, avec du
recul, je ne vois pas quel groupe depuis le début des années 70 a
réussi quelque chose sur le plan instrumental. Je suis très
catégorique, les gens qui réussissent sont très souvent ceux qui sont
en rupture avec le mouvement identitaire, ils sont dans un autre
registre. Vous avez de superbes musiciens en Corse, mais vous ne les
trouvez pas dans les groupes. C’est lié au fait que Canta u Populu
Corsu en commençant, a donné un style, c’est celui de Jean-Paul
Poletti, la guitare arpégée, et tout le monde lui a emboîté le pas,
nous y compris, et que ça ne fait pas une ossature instrumentale, un
chant techniquement cohérent. Je voyais sur ces Rencontres, et je le
leur ai dit d’ailleurs, Rassegna, techniquement c’est très en place,
aucun problème. Je voyais Julia Sarr et le guitariste, on aime ou on
n’aime pas, mais la guitare avait de la dimension ; si vous écoutez des
groupes corses, il y a une espèce de bouillie instrumentale.
On a la sensation que les instruments, notamment la guitare, retombent
constamment sur les mêmes schémas...
Absolument, on est bien d’accord, mais c’est parce que d’abord, peut
être que le mariage avec les voix polyphoniques n’est pas si évident
que ça, et deuxièmement parce qu'on a toujours fait pour l’instrument
ce qu’on faisait pour les voix, en ne tenant pas compte du fait qu’il y
avait une tradition pour les voix mais pas pour les instruments, et
qu’on n’a pas d’instrumentistes. Le peu d’instrumentistes qu’on a, ce
sont des gens qui, à un moment donné, se sont mis à jouer de la guitare
; on s’accompagne, mais à mon avis c’est insuffisant.
De tous les gens qui jouent, pour moi - c’est peut-être
excessif ce que je dis - il y en a un seul qui a une réelle dimension
sur le plan de l’accompagnement, c’est Jérôme Ciosi, il utilise une
guitare comme un guitariste, c’est un vrai guitariste, il a une
formation classique, il sait de quoi il parle.
Les autres, il y a beaucoup de choses maladroites, mal conçues. Moi, il
y a des choses que j’ai comprises en évoluant dans le chant. Par
exemple, la guitare arpégée, systématiquement faire un arpège de
guitare en accompagnement, vous ramenez l’unité de temps à sa valeur la
plus petite ! A un moment donné, (il chante la partie de guitare) ça
fige les choses, d’abord ça donne une orientation…
Pour en revenir à ta question, à un moment donné on a pris conscience
du fait qu’on n'était pas des instrumentistes, pas à l’aise dans ce
domaine et même si on a pu faire des choses qui avaient un intérêt – je
le disais à Bruno Allary de Rassegna – qui me disait "pour moi, votre
disque Una Tarra ci Hè est superbe, je l’écoute…"
L'accompagnamento strumentale
Prima della finale, un piccolo punto sugli strumenti che si hanno
abbandonato, è permanente?
Paolo: Per me, sì, il tamburo contro il tempo!
JC: Abbiamo avuto questa discussione nel corso di riunioni sul tema
degli strumenti. La mia sensazione è che la Corsica, in ogni caso, il
movimento culturale corsa fin dai primi anni'70, ha un grosso problema
con gli strumenti. Che sembra chiaro. Così come non vi è stata una
forte tradizione orale, le voci, una scienza della voce, pratica
vocale, sia in termini di strumento, con il senno di poi, non vedo
alcun gruppo fin dai primi anni'70 ha avuto successo qualcosa sulla
strumentale. Sono molto categorico, le persone che hanno successo sono
spesso coloro che sono di rottura con il movimento di identità, sono in
un altro registro. Hai grandi musicisti, in Corsica, ma non si riesce a
trovare nei gruppi. Ciò è dovuto al fatto che Canta u Populu Corsu
inizio, ha uno stile è quello di Jean-Paul Poletti, arpeggiated
chitarra, e ognuno di noi ha seguito l'esempio, noi compresi, e non fa
le ossa strumentali, un brano tecnicamente coerente. Ho visto su questi
incontri e che ho detto altrove, Rassegna, tecnicamente è molto alto,
nessun problema. Ho visto Julia Sarr e il chitarrista, il aime a ou
n'aime pas, ma la chitarra ha le dimensioni, se si ascolta corsi
gruppi, non vi è una specie di porridge strumentale.
E 'stata la sensazione che gli strumenti, tra cui la chitarra, in
costante calo sullo stesso pattern ...
Assolutamente, stiamo bene, ma è dovuto al fatto che prima, forse il
suo matrimonio con il polifonica voci non è così ovvio come, e in
secondo luogo, perché abbiamo sempre fatto per lo strumento quello che
abbiamo fatto per la voce, non tenendo conto del fatto che non vi è una
tradizione per le voci, ma non per gli strumenti, e non abbiamo
strumentisti. I pochi giocatori che abbiamo, sono queste persone che, a
un certo punto, ha iniziato a suonare la chitarra e va, ma a mio parere
è insufficiente.
Di tutte le persone che suonano per me - forse eccessivo quello che
dico - non vi è uno che ha una dimensione reale in termini di sostegno,
è Girolamo Ciosi, si utilizza un chitarra come chitarrista, è un vero
chitarrista, ha di formazione classica, egli sa di che parla.
Altri, ci sono molte cose scomode, mal progettato. Me, ci sono cose che
ho incluso nel movimento canzone. Ad esempio, arpeggiated chitarra, su
un arpeggio di chitarra di accompagnamento, è l'unità di tempo di
ritorno al valore inferiore! A un certo punto, (egli canta la chitarra)
che blocca le cose, in primo luogo che fornisce una guida ...
Per tornare alla tua domanda, a un certo punto ci siamo resi conto che
non erano musicisti, non confortevoli in questo settore e, anche se si
potrebbe fare le cose che avevano un interesse - I Bruno ha detto di
Allary Rassegna - che ha detto "per me, vostro hard Una TARRA Egli è
meraviglioso, mi ascolti ..."
C’est notre avis aussi !
Sans doute, mais moi, quand je réécoute les parties instrumentales, je
me dis que ce n’est pas ça. Bon, les parties vocales non plus
(rires). Avec le recul, on n’est pas content de ce qu’on a fait.
Ca fait partie d'une progression.
Absolument, on fera sans doute des choses avec instrumentation, mais
avec des musiciens. On ne fait pas un rejet de ce qui pourrait être une
instrumentation de type traditionnel : si demain on nous donnait les
musiciens, des syriens qui sont venus il y a 3 ou 4 ans, aucun
problème, on peut faire des choses avec, même dans des registres très
différents, mais faire ce que l’on a fait avec les moyens du bord, moi
guitariste alors que même si j’ai fait un peu de guitare classique je
ne suis pas instrumentiste, c’est insuffisant. Et après, il y a toute
une énergie que l’on n’a plus dans le chant parce qu’on n’est pas à
l’aise.
(pendant ce temps, Max, Jean-Luc, Paul et Jean se sont emparés de nos
appareils photos et « font les japonais », mitraillent dans tous les
sens, se photographient mutuellement en faisant des grimaces)
Les projets
La dernière question, vos projets. Il y en a certains dont on a entendu
parler, d’autres pas. Il y a la création avec Paolo Fresu, le dessin
animé (Max and co), y a t il à côté de ça une création genre Requiem ou
Médée dans les cartons ?
Il y a plusieurs choses. Il y a le travail à l’Aghja avec les musiciens
de jazz, c’est une rencontre ; ce n’est pas une création à proprement
parler, on arrive avec des choses, eux arrivent avec les leurs, on va
essayer de mettre en place une rencontre mais ça ne sera pas une
création ex nihilo ; en 4 jours on ne va pas produire un répertoire
d’une heure et quart, ce n’est pas possible.
Après cette rencontre avec des musiciens de jazz, dans l’ordre on doit
travailler avec des musiciens toscans, l’orchestre de Livourne, et deux
actrices sardes dans le cadre d’un projet : un nouveau Médée. Enfin, ce
sera notre Médée, avec deux actrices et un orchestre. Bruno Coulais
doit écrire des choses sensées non pas jouer sur nous, mais opérer un
maillage entre une musique de facture classique telle que peut l’écrire
Bruno, et nos chants. Cela doit se faire impérativement avant l’été
2007, c’est très court.
Dans la foulée, on doit travailler sur une création d’Orlando sur une
Colomba qui doit se faire au théâtre de Bastia le 5 mai. Ceci dit,
Orlando ne veut pas a priori que ce soit quelque chose de complètement
créé : il dit qu’on est dans l’évocation, même s’il ne va pas reprendre
le texte de Mérimée, mais il veut qu’on utilise plus un fond
traditionnel qu’on pourrait actualiser, qu’on pourrait remodeler, mais
pas de création proprement dite.
Ensuite, il y a avec Orlando et Bruno la création d’un nouvel opéra
pour enfants au mois de juin à Nice avec le cirque Grüss. Bruno doit
écrire des parties pour nous, il pense utiliser beaucoup les chevaux.
Et il y a également le projet dont je vous parlais l’autre soir à
Bastia avec le centre culturel Una Volta, un travail sur les quartiers
anciens de Bastia.
E 'anche la nostra opinione!
Senza dubbio, ma penso che quando sento le parti strumentali, mi dico
che questo non è vero. Bene, la voce sia (ride). Con il senno di poi,
non è felice con quello che abbiamo fatto.
E 'parte di una progressione.
Assolutamente, noi probabilmente le cose con la strumentazione, ma con
i musicisti. Non si tratta di un rifiuto di ciò che potrebbe essere una
strumentazione tradizionale: se domani ci ha dato i musicisti, che è
venuto in Siria ci sono 3 o 4 anni, nessun problema, possiamo fare le
cose, anche in molto diverse segnalazioni, ma fare ciò che avete fatto
con i mezzi a portata di mano, mentre la mia chitarra, anche se ho
fatto un po 'di chitarra non mi uno strumentista, è insufficiente. E
poi vi è una energia che non è più il canto, perché non sono a proprio
agio.
(durante questo tempo, Max, Jean-Luc e Jean Paul ha preso le nostre
telecamere e reso i giapponesi "mitraillent in ogni senso, fotografia
reciprocamente a fare smorfie)
Progetti
L'ultima domanda, i vostri progetti. Ci sono alcuni che sono sentiti,
altri no. Vi è la creazione, con Paolo Fresu, il cartone animato (Max e
co), è accanto ad essa una sorta creazione Requiem o Medea in cartoni?
Ci sono molte cose. C'è lavoro per Aghja con musicisti jazz, è un
incontro, che non è un punto di vista strettamente parlando, si tratta
di cose, arrivano con la propria, si tenta di stabilire una riunione,
ma non sarà una creazione ex nihilo, in 4 giorni non produrre una
directory di un ora e un quarto, non è possibile.
Dopo questo incontro con musicisti jazz in ordine ha bisogno di
lavorare con musicisti provenienti da Toscana, l'orchestra di Livorno,
la Sardegna e due attrici per il progetto: una nuova Medea. Infine, è
la nostra Medea, con due attori e l'orchestra. Bruno Coulais deve
scrivere qualcosa di sensato e non giocare su di noi, ma una maglia tra
una musica classica come Bruno possono scrivere, e le nostre canzoni.
Questo deve essere fatto entro l'estate del 2007 è molto breve.
In questo processo, dobbiamo lavorare per la creazione di Orlando su
una colomba, che devono essere sul luogo di Bastia 5 maggio Detto
questo, Orlando non è a priori che si tratta di qualcosa di
completamente stabilito: si dice che nell'anno di riferimento, anche se
non riprodurre il testo di Mérimée, ma è di utilizzare più tradizionale
sfondo potremmo aggiornamento, si potrebbe rimodellare, ma non la
creazione stessa.
Poi c'è Orlando e Bruno, con la creazione di una nuova opera per
bambini in giugno a Nizza con il circo Gruss. Bruno scrive parti per
noi usare molti cavalli.
E c'è anche il progetto ho parlato l'altra notte a Bastia con il centro
c
Et pour les 30 ans d’A Filetta ?
Pas pour l’instant, on a évoqué la possibilité de faire une grande
salle sur Paris parce qu’on ne l’a jamais fait, mais pour l’instant
rien n’est arrêté, et on ne sait pas trop dans quelle formule le faire
: on ne va pas faire Si di mè, on ne va pas faire un Requiem, on ne
peut pas faire un peu de tout, c’est difficile.
Et les CD « de rattrapage » ?
Il était prévu de faire sortir la Grammaire de l’imagination cette
année , mais on a dû reporter, ça sortira fin 2007.
Pas un DVD du spectacle ?
Non, c’est trop difficile. L’idéal, ce serait de faire un vrai travail
d’animation, mais c’est trop cher. On va essayer de faire un CD avec un
beau livret . Ou bien un livre avec un CD ? Ce qui est sûr, c’est qu’on
était dans l’idée de faire la Grammaire en version bilingue, voire
trilingue, c’est à dire de faire trois versions du texte, en italien,
en français et en corse, parce qu’on pensait que même sur le plan
pédagogique ça pourrait être très bien de voir comment on passe d’une
langue à l’autre. C’est en projet.
Le Requiem ?
Le Requiem, on disait que ce qui serait bien, c'est de l’enregistrer
fin 2007. L’idée, c’est de le reprendre petit à petit, de travailler
chant par chant, et de le sortir fin 2007 ; ça aurait été bien été 2007.
Et puis ? Il y a des chants qui n’ont jamais été enregistrés !
Tout le Salve Regina, tout le Via Crucis, ça aussi c’est renvoyé aux
calendes calvaises !
Et In Memoriam ?
Jean-Luc : C’est fini ! Non, on va le refaire en décembre 2007 en
Belgique. La théâtre de Monte-Carlo avait l’exclusivité pendant deux
ans ; à partir de janvier 2007, si Larbi veut le reprendre, il peut le
faire avec un autre ballet.
C’était magnifique !
Vous l’avez vu en entier ?
Non, la version courte à Monaco en août...
L’intégralité du spectacle c’est très cohérent. La version courte est
cohérente aussi, mais il y a des raccourcis. Ce qu’on avait fait fin
2004, c’était…
Ca ne doit pas sortir en DVD ?
Non, ils vont l’intégrer à leurs éléments de presse, mais je crois que
Cherkaoui ne voudrait pas qu’il soit présenté en extrait, ça perd de sa
force, mais il a écrit quelque chose de magnifique. On espère
travailler encore avec lui, il a envie de travailler encore avec nous.
En plus quand on répétait là bas en 2004, on travaillait dans le
gymnase avec les danseurs, il est lui-même danseur, il vient de la
danse plus hip hop, moderne, on voyait la façon dont ça évoluait. Avec
les danseurs classiques, il disait "c’est extraordinaire, je peux
utiliser des choses classiques que moi je ne saurais pas faire", par
contre, quand il demandait des choses aux classiques, lui c’est un
acrobate, on dirait une boule de chewing-gum, pour eux c’était
difficile, on aurait dit qu’ils étaient anguleux, alors que lui, les
mouvements, il roulait, on aurait dit les bêtes que tu touches, qui se
mettent en boule !
E per 30 anni A Filetta?
Non in questo momento, abbiamo parlato della possibilità di una grande
stanza a Parigi, perché non abbiamo mai fatto, ma per ora nulla si è
fermato, e non è chiaro in che modo la formula fare: non lo faremo Se
di me, non fare un Requiem, che non si può fare un po 'di tutto, è
difficile.
CD e "catch-up"?
Si prevede di lasciare la grammatica della fantasia di quest'anno, ma
ha dovuto essere rinviata, che uscirà fine del 2007.
Non è un DVD dello spettacolo?
No, è troppo difficile. Idealmente, sarebbe un vero e proprio lavoro di
animazione, ma è troppo costoso. Cercheremo di fare un CD con un bel
libretto. O un libro con un CD? Quel che è certo è che l'idea era
quella di rendere la grammatica in un bilingue o trilingue, vale a dire
a realizzare tre versioni del testo, in italiano, francese e in
Corsica, a causa abbiamo pensato che, anche su un insegnamento che
potrebbe essere molto buona per vedere come si passa da una lingua
all'altra. È previsto.
Requiem?
Requiem, è stato detto che ciò che sarebbe bello è quello di salvare la
fine del 2007. L'idea è quella di tornare a lavorare gradualmente
canzone canzone, e l'uscita della fine del 2007, era stato nel 2007.
E poi? Ci sono canzoni che non sono mai stati registrati!
Tutto il Salve Regina, mentre la Via Crucis, si è anche fatto
riferimento alla Kalends calvaises!
E In Memoriam?
Jean-Luc: Finito! No, ci sarà di nuovo nel dicembre 2007 in Belgio. La
scena di Monte Carlo in esclusiva per due anni a partire dal gennaio
2007, Larbi vuole riprendere, si può fare con un altro balletto.
E 'stato magnifico!
Avete visto tutti?
No, una versione più breve a Monaco nel mese di agosto ...
L'intera mostra è molto coerente. La versione corta è coerente, ma non
ci sono scorciatoie. Che cosa è stato fatto alla fine del 2004, è stato
...
Non è rilasciato su DVD?
No, essi incorporano elementi di stampa, ma credo Cherkaoui non sarebbe
presentato in estratto, perde la sua forza, ma ha scritto qualcosa di
bello. Si spera di poter lavorare ancora con lui, lui voleva ancora a
lavorare con noi.
Inoltre, quando si è ripetuto nel 2004, ha lavorato in palestra con i
ballerini, si tratta di un ballerino, che ha più di danza hip-hop,
moderno, è possibile vedere come si è evoluta. Con la classica
ballerini, ha affermato che "è straordinario, posso usare qualcosa di
classico che non saprei come", per contro, quando ha chiesto che le
cose per i classici, è un acrobata, appare come una palla gomme da
masticare, è stato difficile per loro, ci hanno detto che erano
angolare, mentre i suoi movimenti, era in viaggio, si sarebbe detto che
gli animali si tocca, per essere messe in una palla!
Des chenilles ?
Oui, c'est ça ! C’est impressionnant, tu as l’impression qu’il est
complètement désarticulé !
F: Je l’ai vu dans un ballet avec un chorégraphe pakistanais, "Zéro
degré", un duo, et à un moment donné il danse sur la tête, c’est
incroyable !
Donc, on suivait toutes les répétitions et à la fin, il disait aux
danseurs : "c’est bon, vous pouvez y aller", et à nous il disait "vous,
vous restez ici", et il se mettait à chanter avec nous, il connaissait
tous les chants par cœur, il disait "faites-moi celui là, montrez moi
la terza…"
Dans ce ballet il chantait aussi un chant yiddish, il chante bien !
Je sais qu’il chante bien ! et il a une grâce ! Il est impressionnant.
Jean-Luc donne le signal du départ. Il ne nous restait plus qu'à
remercier chaleureusement Jean-Claude, Jean-Luc, Max, Ceccè, Paul et
Jean pour leur accueil et pour cet entretien passionnant qui a duré
près de deux heures, dans une ambiance chaleureuse et détendue.
Bruchi?
Sì, il gioco è fatto! E 'impressionante, si ha l'impressione che non è
completamente scollegato!
F: Ho visto in un balletto coreografo con un pakistano, "zero", un
duetto, e ha ballato una sola volta sulla testa, è incredibile!
Quindi abbiamo seguito tutte le prove e alla fine, ha detto il
ballerini: "E 'buono, si può andare", e lui ci ha detto "voi, il vostro
soggiorno qui", e ha iniziato a cantare con noi egli conosceva tutte le
canzoni a memoria, ha affermato che "farmi questo, la terza mostra di
me ..."
In questo balletto ha cantato una canzone yiddish, canta bene!
So che canta bene! ed è una grazia! E 'impressionante.
Jean-Luc ha dato il segnale di partenza. Resta solo per noi a
ringraziare Jean-Claude, Jean-Luc, Max, Cecca, Paolo e Giovanni per la
loro ospitalità e per questo affascinante intervista, che è durato
quasi due ore in un ambiente caldo e rilassante.
Autre interview, celle réalisée par Benjamin MiNiMuM pour MONDOMIX à
Calvi en septembre 2006
Les motivations à l'origine d'A Filetta,
réalité et caricature des traditions musicales corses
Ecoutez, les motivations étaient celles partagées par un certain nombre
de jeunes groupes en corse. A la fin des années 70, il y a une volonté
de se mettre en marche pour contribuer à sauvegarder un patrimoine.
Notamment un patrimoine oral qui est en train pratiquement de
disparaître. Pour des raisons historiques, économiques, la Corse se
vidant à partir de la fin de la première guerre mondiale de sa
substance vive, en tout cas dans l’intérieur de l'île, il y a tout un
patrimoine oral, une culture orale, toute une tradition de choses
chantées, sacrées et profanes, qui est en train de disparaître.
Et il a fallu attendre la fin des années 70 pour qu‘apparaisse une
sorte de sursaut, identitaire si on veut, qui a fait que nous, comme
d’autres, on s’est engagés pour contribuer, dans un premier temps, à la
sauvegarde de ce patrimoine oral.
Et puis après, très vite s’est imposée à nous l’idée, le besoin, la
nécessité, d’essayer de prolonger cette tradition, notamment par la
création, par des apports nouveaux eu égard aux relations que nous
tissions déjà avec d’autres traditions orales, d’autres musiques,
d’autres musiciens, d’autres compositeurs.
Et ce avec une conscience européenne, méditerranéenne ou mondiale ?
En tout cas, ce qui est sûr, c’est qu’au départ c’est un réflexe de
survie. Donc la première phase, c’est celle qui consiste à dire «
faisons quelque chose pour nous ».
Ensuite, très vite on se rend compte qu’il est illusoire de penser
restaurer un patrimoine en le coupant du reste du monde. ça veut dire
que pour nous, il est clair que la tradition n’a de sens que dans la
mesure où elle continue de refléter un peuple qui vit et qui avance. Et
ce peuple qui vit et qui avance, il vit et avance tout simplement parce
qu’il est au contact d’autres peuples, d’autres musiques, d’autres
traditions orales, qui peuvent être d’ailleurs quelquefois très
éloignées de la nôtre, mais qui de toutes façons nous marquent,
laissent une empreinte.
On ne sort jamais indemne d’une rencontre avec d’autres musiciens, et
ce qui nous intéresse, c’est de faire en sorte que notre musique soit
en même temps une musique vivante, qui intègre des influences, et
qu’elle continue à ressembler à ce que nous sommes depuis longtemps.
Et je crois qu’il y a comme ça quelque chose qui se crée indéniablement
ces 25 ou 30 dernières années, qui s’éloigne de la tradition
originelle. Quand je dis originelle, le terme n’est même pas approprié,
parce que le repère que nous avons par rapport à la tradition remonte
au plus à 50 ans, ce n’est pas les origines, mais c’est ce qui nous est
resté au fond, c’est ce qui restait de vivant au moment où
nous mêmes nous sommes mis en marche.
Un'altra intervista, uno di Benjamin minima per MONDOMIX a Calvi nel
settembre 2006
Le motivazioni per l'origine di filettatura,
realtà e la caricatura di tradizioni musicali corsi
Ascolta, le motivazioni sono quelle condivise da un numero di gruppi di
giovani in Corsica. Alla fine di 70 anni, vi è il desiderio di iniziare
a contribuire a preservare il patrimonio. Comprensivo di un patrimonio
orale che è stato praticamente eliminato. Per ragioni storiche,
economiche, svuotamento Corsica a partire dalla fine della Prima Guerra
Mondiale grave della sua sostanza, almeno per l'allestimento interno di
tutta l'isola, non vi è un patrimonio orale, una cultura orale,
qualsiasi una tradizione di cantare le cose, sacro e profano, che è
rapidamente scomparendo.
E non è stato fino alla fine della 70 provenienti da uno scoppio di
identità, se si vuole, il che significa che noi, come altri, si è
impegnata a contribuire, in una prima fase, la la salvaguardia di
questo patrimonio orale.
E poi, molto rapidamente è diventato per noi l'idea, la necessità, la
necessità di cercare di estendere tale tradizione, compresa la
creazione di input dato i rapporti già tissions di altre tradizioni
orali, altra musica, altri musicisti, compositori.
E con un europeo, mediterraneo o globale?
In ogni caso, ciò che è certo è che inizialmente si tratta di un
riflesso di sopravvivenza. Quindi la prima fase, vale a dire "fare
qualcosa per noi."
Poi, molto rapidamente si rende conto che è illusorio pensare di
ripristinare un patrimonio nel taglio di tutto il mondo. che significa
per noi, è chiaro che la tradizione ha senso solo nella misura in cui
continua a riflettere le persone che vivono e si spostano. E le persone
che vivono e si spostano, vive e anticipo semplicemente perché è in
contatto con altri popoli, altre musiche, altre tradizioni orali, che
possono anche essere a volte molto distanti dalla nostra ma comunque ci
lascia un marchio marchio.
E 'mai esce illeso da un incontro con altri musicisti, e ciò che ci
interessa è quello di garantire che la nostra musica è anche una musica
dal vivo che incorpora influenze, e continua a guardare a ciò che sono
da lungo tempo.
E penso che ci sia qualcosa come questo che crea il 25 o 30 anni, che
si discosta dalla tradizione originale. Quando dico originale, il
termine non è appropriato, perché il punto di riferimento che, rispetto
alla tradizione risale a più di 50 anni non è l'origine, ma ciò che è
rimasto fondamentalmente questo è ancora vivo quando noi stessi abbiamo
attivato.
Ces traditions semblent être assez fortes, voire même un peu figées, on
en a souvent l’image d’une caricature quand on est à l’extérieur, que
d’une réalité. Quelles sont pour vous les réalités de ces traditions,
de ces pratiques culturelles et musicales ?
Nous nous rendons compte en ce moment qu’il y a un retour de bâton qui
est en partie consécutif à une espèce d’emballement des media à la fin
des années 80.
Pour nous, il y a indéniablement le phénomène du Mystère des voix
bulgares qui a attiré la lumière des projecteurs sur cette tradition,
et le regard que les media avaient sur cette tradition dans les années
90 a été de dire « il y a des choses toujours vivantes, un patrimoine
puissant, etc. »
Et maintenant, cet éclairage médiatique a forcément suscité des
vocations, des bonnes et des mauvaises : en 15 ans se sont
créés 70 groupes, et aujourd’hui l’image que l’on renvoie, ce n’est pas
l’image d’une dynamique.
En effet très souvent, malheureusement, les nouvelles générations de
groupes ont été finalement des copies de ce que faisaient les premiers
groupes, et du coup, pour celui qui est à l’extérieur, il se dit «
finalement ça ne bouge pas tant que ça ».
En réalité, ça bouge énormément. Quand vous pensez qu’à la fin des
années 70, les groupes de la première génération, I Muvrini,
Canta u populu corsu, I Chjami aghjalesi, Tavagna, nous, nous chantions
tous le même répertoire traditionnel, aujourd’hui on a pris des routes
véritablement différentes : les Muvrini sont dans une démarche qui est
beaucoup plus large, d’une forme de variété corse , nous, nous avons
fait de la création polyphonique, quelquefois en digressant largement
par rapport à la tradition originelle, vous avez des groupes qui on
travaillé vraiment sur le retour à la tradition, il y en a qui ont fait
de la chanson, il y en a qui sont allés chercher des influences
multiples en Méditerranée, etc.
Queste tradizioni sembrano essere abbastanza forte, anche un po
'congelati, è stato spesso l'immagine di un cartone animato quando ci
si trova all'estero, come una realtà. Quali sono le realtà di queste
tradizioni, le pratiche culturali e musicali?
Ci rendiamo conto in questo momento vi è una reazione che è in parte
dovuto ad una sorta di eccitazione dei media alla fine di 80 anni.
Per noi, è senza dubbio il fenomeno del Mistero delle voci bulgare che
ha i riflettori su questa tradizione, e la vista che i media su questa
tradizione ha avuto in 90 anni è stato quello di dire "alcune cose sono
ancora in vita, potente del patrimonio, ecc. "
Ed ora che la luce ha inevitabilmente attirato i media vocazioni, il
bene e il male in 15 anni sono stati creati 70 gruppi, e oggi
l'immagine sul retro, non l'immagine del slancio.
Infatti, molto spesso, purtroppo, la nuova generazione di gruppi di
copie sono state infine di ciò che furono i primi gruppi, e così, per
chi è fuori, ha affermato che "in ultima analisi, è che non si muove
molto .
In realtà, si muove molto. Quando si pensa che alla fine di 70 anni,
gruppi di prima generazione, I Muvrini, Canta u Populu Corsu, mi chjama
aghjalesi, Tavagna, noi tutti lo stesso repertorio cantato, oggi
abbiamo preso veramente le diverse vie: la Muvrini sono in un processo
che è molto più ampia forma di una serie di corse, abbiamo fatto la
creazione polifoniche a volte divagando ampiamente rispetto a quella
originaria tradizione, sono i gruppi che si abbiamo lavorato molto sul
ritorno alla tradizione, ci sono coloro che hanno fatto la canzone, ci
sono quelli che si sono recati in cerca di influenza nel Mediterraneo,
ecc
Donc je pense que ça bouge, c’est une musique qui est bien vivante et
qui propose des formes vraiment très diversifiées. Mais
malheureusement, je crois que le regard des media sur cette tradition
qui était un peu découverte à la fin des années 90, au bout de 10 ans,
les media n’ont pas forcément fait le travail d’investigation pour voir
ce qui se passait au fond, et pour voir comment au fond cette musique
évoluait.
Je pense qu’elle évolue dans le bon sens dans la mesure où il y a des
métissages importants, il y a une ouverture sur le monde qui est assez
exceptionnelle pour des insulaires, contrairement à ce qu’on peut
penser, il y a beaucoup de festivals, de rencontres qui ont été crées,
beaucoup de chanteurs qui ont dit « à un moment donné, on a besoin de
remettre notre chant dans sa matrice », ça veut dire d’aller comprendre
d’où on vient, ça veut dire déjà que l’on a dépassé le stade où on
considérait qu’on était seuls et uniques, qu’on était nés ici et que
c’était un chant endémique qui n’avait rien à voir avec les autres, ce
qui a été un moment donné la tentation, je crois que ça, on l’a
dépassé.
Est- ce que ça bouge assez vite, pas assez vite, je crois qu’en tout
cas il y a un phénomène culturel puissant, un phénomène associatif
extrêmement dynamique, il y a beaucoup de choses qui se sont
développées dans des répertoires extrêmement différents, avec des
groupes qui sont quelquefois allés à la conquête des publics
extérieurs. Je pense que c’est plutôt le signe d’une bonne vitalité.
Tradition du chant et évolution de la langue
Je suis rarement venu ici, je n’ai assisté au premier concert et
fréquenté un public corse qu’hier, et il y a un truc qui m’a surpris,
c’est que, en attendant le spectacle dans la file d’attente, les gens
se sont mis à chanter très spontanément, symptôme d’une sorte de
réflexe, alors que partout ailleurs en France, le chant est
complètement tabou. Aujourd’hui le chant est très quotidien, très
vivant ?
On peut discuter du déplacement de ce chant. A l’origine – encore une
fois je ne peux me référer qu’à des origines récentes – il est évident
que jusqu’aux années 20 c’était un chant qui accompagnait un
certain nombre de rituels ou des travaux. Ces rituels ou ces travaux
ont quelquefois disparu : il y avait le chant du battage du blé, il y
avait le chant du labeur, des chants qui rythmaient la vie paysanne, et
évidemment les campagnes se dépeuplant, cette musique n’avait plus de
raison d’être.
Pertanto, ritengo che si muove, è musica che è vivo e che offre molto
diverse forme. Ma, purtroppo, credo che gli occhi dei media su questa
tradizione che è stato scoperto solo nel tardo anni'90, dopo 10 anni, i
mass media, non può aver fatto il lavoro di indagine per vedere cosa
stava succedendo responsabile, e come responsabile della musica
evoluta.
Penso che si stia muovendo nella giusta direzione, nella misura in cui
esiste un notevole miscelazione, vi è l'apertura al mondo che è del
tutto eccezionale per l'isola, al contrario di quanto si potrebbe
pensare, ci sono molti festival, incontri che sono stati creati, molti
cantanti che hanno detto "a un certo punto, abbiamo bisogno di mettere
la nostra canzone, nella sua matrice, significa andare a capire chi
proviene, ciò significa che già abbiamo superato la fase in cui abbiamo
sentito ci sono stati solo e unico, siamo nati qui e una canzone che è
stata endemica non avevano nulla a che fare con gli altri, che era un
tempo la tentazione, a mio avviso, è stato superato.
La mossa è abbastanza veloce, non abbastanza veloce, credo che in ogni
caso vi è un potente fenomeno culturale, un fenomeno estremamente
dinamico associatif, ci sono molte cose che si sono sviluppati in modi
molto diversi registri, con gruppi che sono a volte è andato a
conquistare un pubblico straniero. Penso che sia piuttosto un segno di
buona vitalità.
La tradizione della canzone e l'evoluzione del linguaggio
Io vengo qui raramente, ho frequentato il primo concerto e il pubblico
ha partecipato ad un corso di ieri, e c'è qualcosa che mi ha sorpreso è
che, fino alla mostra nella coda, la gente ha iniziato a cantare molto
spontaneamente, sintomatiche di una sorta di riflesso, mentre altrove
in Francia, la canzone è completamente tabù. Oggi la canzone è molto
quotidiana, molto vivo?
Possiamo discutere la circolazione di questo brano. In principio -
ancora una volta non posso fare riferimento alla recente origine - è
chiaro che fino a 20 anni è stata una canzone che ha accompagnato una
serie di riti e di lavoro. Questi rituali di lavoro o, talvolta, è
scomparso: non vi è stato il canto la trebbiatura del grano, non vi è
stato il canto del lavoro, canzoni che punteggiano la vita contadina, e
ovviamente è depopulating campagna, questa musica non aveva alcun
motivo essere.
Aujourd’hui, cette musique s’est déplacée, elle est chantée dans
d’autres contextes : elle est chantée dans les cours de recréation au
collège ou au lycée, dans le cadre de confréries. Il y a un renouveau
des confréries, de gens qui sont des laïcs, mais très en rapport avec
la parole de l’Eglise.
Aujourd’hui, ce chant n’est plus le reflet direct d’une activité
économique ou sociale, en tout cas économique, mais il est resté
socialement très fort : il y a un besoin indéniable de se
retrouver, d’être ensemble, de se reconnaître les uns les autres par
rapport à son village, à sa région d’origine, et en ce sens le chant
est extrêmement puissant.
Ce qui est vrai, c’est que c’est probablement l’un des seuls endroits
de France où il y a un chant qui est resté puissant. La tradition
chantée, mis à part en Bretagne, est largement en recul, c’est évident.
Il y a pourtant des choses superbes. Moi, je suis un passionné du
travail qui avait été réalisé par Malicorne, par Gabriel Yacoub que
j’adore, et c’est vrai que c’est un phénomène qui n’a pas pris ailleurs
la puissance qu’il a pris ici.
B
ien sûr, il y a des tas de gens - avec qui d’ailleurs on est en contact
- que ce soit le Corou de Berra, que ce soit le travail qui a été
accompli par Manu Théron, par le Cor de la Plana, etc. ce sont vraiment
des gens qui font un travail remarquable, mais on n’a pas le sentiment
qu’il y a un phénomène très puissant, alors qu’ici, par rapport à la
démographie que nous avons, par rapport à la vie culturelle que nous
avons, c’est vrai que c’est un chant qui est extrêmement fort, qui est
enraciné et qui surtout a retrouvé une fonction sociale.
Le chant est intimement lié à la langue . Cette langue a
telle évolué avec le temps ?
Cette langue a évolué, elle continue à évoluer. C’est une langue latine
restée relativement proche de certains dialectes italiens, notamment le
toscan. C’est une langue sur laquelle il y a eu tout un travail de
fait, car il faut savoir que c’est une langue qui n’a réellement eu un
statut de langue – revendiqué, puisqu’elle n’a toujours pas ce statut
de langue - qu’à partir du moment où la Corse est devenue française.
C'est-à-dire que si la Corse était restée dans le giron de l’Italie,
probablement qu’aujourd’hui le corse serait un dialecte comme il existe
d’autres dialectes italiens. ça ne pose pas forcément problème, en sens
inverse on n’aurait peut être pas eu non plus le travail qui a été
fait, notamment l’écrit de cette langue, parce que justement on
n’aurait peut être pas eu conscience que c’était une langue qui a eu
une histoire, une production littéraire et poétique importante, depuis
la fin du XIXe début du XXe siècle, c’est-à-dire au moment où justement
naît en Corse une revendication identitaire, des revendications par
rapport à l’Etat central pour être reconnus en tant que tels, pour
avoir des statuts de gestion proches de l’autonomie…
Oggi, questa musica spostato, è cantato in altri contesti: è cantato
nel parco giochi a scuola o in un college, come parte di confraternite.
Vi è una ripresa del corporazioni, le persone che sono laici, ma molto
rilevanti per la parola della Chiesa.
Oggi, questa canzone è un riflesso diretto di una attività economica o
sociale, almeno economicamente, socialmente, ma è rimasto molto forte:
vi è un innegabile bisogno di incontrarsi, di stare insieme, a
riconoscere l'altro in relazione al suo villaggio, la sua regione
d'origine, e in tal senso il brano è estremamente potente.
Ciò che è vero è che è probabilmente uno dei pochi luoghi in Francia,
dove vi è una canzone che è rimasta forte. La tradizione di canto,
oltre a in Bretagna, è in gran parte il senno di poi, ovviamente. Ha
cose belle. Sono appassionato di lavoro che era stato diretto da
Malicorne da Gabriel Yacoub amo, ed è vero che si tratta di un fenomeno
che non ha adottato al di fuori del potere che ha preso qui.
B
ien naturalmente, ci sono un sacco di persone - con le quali siamo in
contatto anche - se il Corou de Berra, se il lavoro è stato fatto da
Manu Theron, da Cor de la Plana, ecc. erano persone reali facendo un
ottimo lavoro, ma non ha la sensazione che vi sia un fenomeno molto
potente, che, rispetto alla demografia abbiamo, rispetto alla vita
culturale che si sono è vero, è una canzone che è molto forte, che
affonda le sue radici e ha trovato una particolare funzione sociale.
La canzone è strettamente legata alla lingua. Che tale lingua si è
evoluta nel tempo?
Questo linguaggio si è evoluto, continua ad evolvere. Si tratta di una
lingua latina rimasta relativamente vicino ad alcuni dialetti italiani,
specialmente in Toscana. Si tratta di una lingua in cui vi è stato
fatto molto lavoro, perché dovete sapere che si tratta di un linguaggio
che è stato realmente lo status di una lingua - ha affermato, non è
ancora stato lingua - solo quando Corsica divenne francese.
Vale a dire se la Corsica è rimasta nel seno d'Italia, che
probabilmente sarebbe un corso di dialetto ci sono altri dialetti
italiani. non ne consegue necessariamente problema nella direzione
opposta ci sarebbe stato nessun lavoro è stato fatto, compresa la
scrittura di questa lingua, proprio perché non ci sarebbe forse stato a
conoscenza del fatto che essa è un linguaggio che ha avuto una storia,
uno letterario e poetico importante, dal momento che alla fine del XIX
all'inizio del ventesimo secolo, vale a dire al momento giusto è nato
in Corsica, una rivendicazione di identità, i crediti in relazione alla
'centrale dello Stato per essere riconosciuto come tale, dello statuto
per la gestione di chiudere l'autonomia ...
C’est le phénomène nationaliste entre guillemets, après la politique a
fait qu’il y a eu des radicalisations, et qu’il ne faut pas aujourd’hui
faire un amalgame complet : il y a des gens qui sont d’obédience
nationaliste qui sont des gens modérés, vous avez des nationalistes
radicaux, vous avez des gens qui ne sont absolument pas nationalistes
mais chez qui le sentiment corsiste ou autonomiste reste très puissant,
et je crois que tout ça a contribué à faire en sorte que cette langue
évolue, bouge, et surtout qu’elle commence à s’adapter, parce que
pendant longtemps elle a été une langue extrêmement paysanne, qui
n’existait que dans l’oralité.
Aujourd’hui, il y a quand même une production écrite importante, même
si malheureusement on constate que plus le temps passe, plus le
lectorat diminue par rapport au début des années 70. Je discutais avec
un éditeur qui me disait « quand on sortait un bouquin de poésie corse
en 1975, on en vendait 1500 ; aujourd’hui, on en vend 250 » ça veut
dire qu’il y a un affaiblissement malgré tout, malgré les efforts…
C’est un phénomène général, même en France le lectorat diminue.
Absolument, il me disait par ailleurs qu’en vendant 250 ou 300
exemplaires d’une édition d’un bouquin de poésie, il était pratiquement
le premier vendeur en France, parce que la poésie en France est en
recul total, ce qui est évidemment dommage…
Les rencontres polyphoniques de Calvi, les rencontres avec d'autres
cultures
Le choix d’A Filetta s’est fait avec une ouverture vers l’extérieur. Un
des symptômes en est ce festival. Comment est née cette idée ? Est ce
une volonté culturelle, politique ?
Les choses se font quelquefois de façon extrêmement naturelle. Nous
existons depuis 1978.
Entre 78 et la fin des années 80, nous étions un groupe amateur, nous
avions chacun notre profession à côté, et en 1987 je crois, nous sommes
invités par des chanteurs sardes à participer à ce qu’ils appelaient «
una rassegna di canto sacro popolare », un rassemblement : ce sont des
confréries qui invitent des confréries.
Pendant longtemps, c’est resté à l’échelon de la Sardaigne, puis à un
moment donné, la Sardaigne s’est ouverte sur l’extérieur et a commencé
à inviter des confréries, des chanteurs comme nous, venus de Corse, de
Grèce, et lors de notre première rencontre avec ces chanteurs sardes,
en rentrant on s’est dit que nous, ce serait bien qu’on ait la même
démarche, c’est à dire qu’on se remette en relation avec des traditions
polyphoniques, des traditions vocales qui existent, qui ont le même
réflexe de survie que le nôtre, et il faudrait qu’on mette tout ça en
synergie, qu’on puisse à nouveau se rencontrer, qu’on puisse mieux se
connaître soi même, car on sait pertinemment, encore une fois, que
notre musique n’est pas endémique, elle est née de la rencontre de
tas de courants.
Questo è il fenomeno del nazionalismo tra virgolette, dopo la politica
è stata che ci sono stati radicali, e non dovrebbe ora fare una miscela
completa: ci sono persone che sono seguaci di nazionalismo che sono
moderata persone, si sono nazionalisti radicali, che si sono persone
che non sono nazionalisti, ma che si sentono corsiste di autonomia è
molto potente e credo che tutti hanno contribuito a garantire che il
linguaggio si evolve, si muove, e, in particolare, che inizia ad
adattarsi, perché è stata a lungo un paysanne lingua, che esisteva solo
nella tradizione orale.
Oggi, vi è ancora un notevole iscritto, anche se, purtroppo, che si
trova più il tempo passa, i lettori è diminuito rispetto ai primi
anni'70. Sono stato a parlare con un editore che ha detto "quando ci è
venuto fuori un libro di poesia Corsica nel 1975, ha venduto nel 1500,
e oggi si vende 250" significa che vi è ancora un indebolimento,
nonostante gli sforzi ...
Si tratta di un fenomeno generale, anche in Francia declina lettori.
Assolutamente, ho anche detto che con la vendita di 250 o 300 copie di
una edizione di un libro di poesia, è stato quasi il primo venditore in
Francia, perché la poesia in Francia è in declino totale, che è
ovviamente dommage ...
Incontri polifonici Calvi, l'incontro con altre culture
A Filetta La scelta è stata fatta con una apertura verso l'esterno. Un
sintomo è la festa. Come ha fatto questa idea? Si tratta di un
desiderio di politica culturale?
Le cose sono a volte estremamente naturali. Esistiamo dal 1978.
Tra il 78 e 80 anni di ritardo, siamo stati uno amatoriali gruppo,
ognuno di noi faccia la nostra professione, e nel 1987, credo, siamo
invitati da cantanti sardo a partecipare a quello che chiama "una
rassegna di canto sacro popolare, una raccolta: sono invitanti
confraternite confraternite.
Per un lungo periodo di tempo, è rimasto a livello di Sardegna, poi a
un certo punto, la Sardegna ha aperto verso l'esterno e ha iniziato a
invitare corporazioni, cantanti come noi, di Corsica, Grecia e durante
il nostro primo incontro con questi cantanti sardo tornato abbiamo
detto, anche se ci sarebbe lo stesso approccio, vale a dire che tornare
in contatto con le tradizioni polifoniche vocale tradizioni che
esistono, che hanno la stessa sopravvivenza di riflesso il nostro, e
dobbiamo mettere tutto questo insieme, siamo in grado di soddisfare
ancora una volta, siamo in grado di conoscere se stessi, dal momento
che sa, ancora una volta, che la nostra musica non è endemica, è nato
dalla riunione di heap correnti.
Et dès 1988, nous avons créé le premières Rencontres, qui étaient juste
un échange corso sarde. Et puis à la fin, on a dit « il faut qu’on
aille plus loin, il n’y a pas de raison, il faut s’ouvrir sur le reste
du monde. » Dans un premier temps, sur la Méditerranée, parce que c’est
probablement ceux qui nous sont le plus proches sur le plan culturel et
linguistique, mais en tout cas, on peut, et très vite en 2 3 ans, c’est
devenu un festival international en ce sens qu’on a reçu aussi bien des
gens de Sibérie que d’Amérique du nord, d’Amérique du sud, d’Afrique du
sud, d’Asie, etc.
Je crois qu’on part avant tout d‘un besoin, c’est tout simple, un
besoin de se dire : « qu’est ce qu’on est, qui on est, dans quel monde
on se situe, qu’est ce qu’on a à dire aux autres et qu’est ce qu’on a à
approprier des autres ? ». A partir de là, la machine est partie, et
c’est bien que ce soit comme ça, parce que si c’était précédé d’un
objectif politique… c’est une philosophie politique, mais politique au
bon sens du terme, il n’y a pas de stratégie derrière, il y a
simplement un besoin irrépressible de dire « on est une partie de ce
monde qui va vite, qui change, qui évolue, nous mêmes on est appelés à
évoluer, qu’est ce qu’on va devenir, qu’est ce qu’on est par rapport
aux autres, qu’est ce que les autres sont par rapport à nous, qu’est ce
que nous on est chez les autres, et qu’est ce que les autres sont chez
nous ? »
Je crois que c’est important, y compris dans la musique, d’avoir cette
démarche, pour se débarrasser encore une fois de l’illusion que
l’identité c’est quelque chose de figé, et quelque chose qui n’a de
sens que pour être protégé. Quand on commence à parler de protection de
l’identité, pour moi il y a un danger. Nous avons toujours défendu le
discours qui consiste à dire : « une identité vit quand on commence à
s’en affranchir » et je crois que ce qui est important, c’est cette
capacité à sortir de soi même et à prendre du recul sur soi même, et à
prendre conscience du fait que c’est une construction perpétuelle. Car
sinon, il y a le risque de se dire : « on ne bouge plus, on est ce
qu’on est », on s’impose à l’autre ou on se coupe de l’autre et je
crois que c’est le pire des chemins à suivre.
Au fur et à mesure des années, des rencontres de ce festival, il y a
des liens particuliers et inattendus qui se sont créés ?
Il y a eu des liens très puissants avec la Georgie, avec la Sardaigne
toute proche, des liens avec l’Albanie, mais quelquefois aussi avec des
chanteurs venus de très loin, on a été surpris de découvrir des
techniques vocales très proches des nôtres chez des sibériens, chez des
zoulous, sans aller chercher d’explications historiques de courants de
peuplement, etc., ce qui est sûr, la première idée, c’est que nous
sommes tous, à la base, des hommes en prise aux mêmes difficultés, qui
avons la même nécessité de survivre, de vivre, de se développer, etc.,
et que tout ça a produit un certain nombre de choses qui font du sens.
Et qui est un sens commun. Et après il y a probablement eu des courants
de peuplement qui expliquent que, par exemple, nous ayons une
polyphonie très proche de celle du Caucase. Physiquement, les Georgiens
nous ressemblent beaucoup, la géographie de la Georgie, du Caucase, est
très proche de celle de la Corse Ce n’est peut être pas un hasard que
les uns et les autres aient produit le même type de tradition, le même
type de chant, par rapport à la nécessité de vivre dans un
environnement qui est ce qu’il est.
E dal 1988, abbiamo istituito il primo incontro, che è stato solo uno
scambio sarde corso. E poi alla fine, abbiamo detto "abbiamo bisogno di
andare oltre, non vi è alcun motivo che dovrebbe aprire il mondo. "Come
primo passo, sul Mediterraneo, è probabilmente perché coloro che sono
più vicini alla diversità culturale e linguistica, ma in ogni caso, noi
possiamo, e molto rapidamente in 2 3 anni, è diventato un festival
internazionale, nel senso che ha anche ricevuto un sacco di gente dalla
Siberia al Nord America, Sud America, Sud Africa, in Asia, ecc.
Penso che abbiamo una necessità soprattutto è semplicemente una
necessità di dire "quello che è, chi siamo, quale tipo di mondo che si
trovano, che cosa dobbiamo dire agli altri quello che abbiamo e per
caso, le altre? . Da lì, la macchina è una delle parti, ed è che è
così, perché se è stato preceduto da un obiettivo politico ... è una
filosofia politica, ma il buon senso politico, è strategia non è dietro
di esso è semplicemente un insopprimibile bisogno di dire "è una parte
di questo mondo che si muove velocemente, modificando, in evoluzione,
si evolverà anche noi, che cosa stiamo andando divenire, che cosa è che
rispetto agli altri, quello che gli altri sono, rispetto a noi, ciò che
noi siamo in altri, e quello che gli altri sono in noi? "
Penso che questo sia importante, compresa la musica, per questo, per
liberarsi, ancora una volta, l'illusione che l'identità è qualcosa di
fisso, e qualcosa che ha il che significa che deve essere tutelato.
Quando si comincia a parlare di proteggere l'identità, per me non vi è
un pericolo. Abbiamo sempre difeso il discorso vale a dire, "una vita
di identità quando si comincerà a superarli e penso che ciò che è
importante è la capacità di uscire da se stessi e di prendere su se
stesso Allo stesso modo, e rendersi conto che si tratta di un perenne
costruzione. In caso contrario, vi è un rischio per dire: "non si
sposti, è ciò che siamo", si applica agli altri o una tazza di un
altro, e credo che la peggiore percorso da seguire.
Nel corso degli anni, le riunioni di questo festival, ci sono
collegamenti inattesi che vengono creati?
Ci sono stati molto forti legami con la Georgia, con la Sardegna vicino
legami con l'Albania, ma anche a volte con i cantanti da lontano, siamo
stati sorpresi di apprendere le tecniche vocali molto vicino al nostro
in Siberian tra i Zulus, non cercare spiegazioni storiche degli attuali
insediamenti, ecc., che è sicuro, la prima idea è che siamo tutti, in
base agli uomini che le stesse difficoltà, che hanno la stessa
necessità per sopravvivere, a vivere, crescere, e così via. e che tutto
questo ha prodotto una serie di cose che fanno senso. E questo è un
senso comune. E poi vi è probabilmente il motivo per cui posizione
attuale, per esempio, abbiamo un rapporto molto stretto polifonia del
Caucaso. Fisicamente, molti georgiani sono come noi, la geografia della
Georgia, del Caucaso, è molto vicina a quella della Corsica Questo non
è forse un caso che entrambe le parti hanno prodotto lo stesso tipo di
tradizione, la stessa tipo di canzone, rispetto alla necessità di
vivere in un ambiente che è quello che è.
Bruno Coulais, Medea, la multiplicité des projets, les disques et
l'esprit d'A Filetta
Au delà de ces rapports de peuples, il y a aussi des rencontres
humaines extrêmement importantes dans l’histoire d’A Filetta, comment
ne pas parler de Bruno Coulais ?
Bruno Coulais fait partie des musiciens qui auront marqué notre
parcours, et qui continuent à le marquer d’ailleurs. Nous l’avons
rencontré après avoir créé Médée. Il est attentif à ce que nous
produisons, et il a dès le départ envie de travailler avec nous sur la
bande originale de Don Juan, et très vite se crée avec lui un climat
d’amitié, de confiance, qui fait qu’on est très désireux les uns et les
autres de continuer à se surprendre. Il nous invite sur ses musiques,
nous, nous le sollicitons pour venir nous épauler sur telle ou telle
musiques à nous.
C’est vraiment un plaisir de travailler avec un musicien pareil, parce
qu’il a un côté très caméléon au bon sens du terme, il le revendique,
il dit : « moi, j’aime bien être très sensible à ce que j’ai autour de
moi », pour écrire des choses qui deviennent des choses qui par
ailleurs lui sont très personnelles.
Quand il a écrit Himalaya l’enfance d’un chef, à aucun moment il n’a
voulu écrire de la musique tibétaine, mais aujourd'hui, les tibétains
ou du moins en Inde, je sais que les gens revendiquent cette musique
comme étant la leur, parce que Bruno a su, tout en écrivant des choses
qui lui sont très personnelles, faire en sorte qu’il y ait des éléments
qui viennent à la surface et qui donnent le sentiment qu’on est dans
une musique d’inspiration tibétaine.
Vous parliez de Don Juan, Médée, dont je voudrais bien connaître la
genèse, ce qu’on peut remarquer c’est une volonté de réunir la
tradition orale due chant corse et les grands textes ?
C’est aussi un peu un hasard, c’est la rencontre avec Jean-Yves
Lazennec qui vient nous dire « j’ai aimé ce que vous faites,
j’aime bien l’idée que vous puissiez être la réminiscence de ce qu’a pu
être le chœur antique » et c’est lui qui nous propose la tragédie Médée
de Sénèque, ce n’est pas nous qui faisons la démarche de travailler sur
ce texte là.
Ce qui est sûr, c’est qu’en cours de route on se rend compte à quel
point c’est un texte qui nous touche, qui nous est proche,
qui est une partie d e notre histoire, de la Méditerranée, y compris de
la Corse. Il y a comme ça pour nous l’opportunité de passer à un format
largement différent de ce qu’a été notre tradition orale jusqu’à
présent, qui avait un format chanson avec des strophes. Dès lors qu’on
s’attaque à un texte qui a une métrique qui est ce qu’elle est, qui a
des développements qui sont ce qu’ils sont, on est obligé de penser une
musique qui a une architecture musicale autre, et je crois que ça nous
fait sortir de nous.
Et c’est très bien, parce que ça nous a fait sortir de nous et en même
temps, ça nous a aussi fait nous rapprocher d’autres courants,
notamment la musique géorgienne ou la musique albanaise ou la musique
grecque, qui étaient des musiques dont on sentait vraiment qu’elle
étaient des musiques sœurs, jumelles quelquefois, et Médée aujourd'hui,
c’est le visage de ce qu’est A Filetta aujourd'hui : un groupe qui,
indéniablement, est enraciné ici, mais en même temps qui est allé à la
quête d’une identité partagée avec d’autres, bien au delà de la
Méditerranée.
Pour nous, Médée c’est vraiment un tournant. Avant Médée, on faisait de
la tradition orale ; après, on a fait beaucoup de choses écrites aussi,
notamment après la rencontre avec Bruno Coulais ; et entre les deux,
Médée c’est une sorte de passage, qui nous fait passer de l’oralité à
l’écrit. Mais dans Médée, on n’est pas encore dans l’écrit. C’est la
raison pour laquelle Bruno Coulais dit que c’est un OVNI. C’est quelque
chose d’assez inclassable.
Bruno Coulais, Medea, la molteplicità di progetti, documentazione e lo
spirito di A Filetta
Al di là di queste relazioni delle persone, ci sono anche incontri
estremamente importante nella storia della filettatura, come si può non
citare Bruno Coulais?
Bruno Coulais è uno dei musicisti che hanno segnato il nostro cammino,
e continuano a marchio altrove. Abbiamo incontrato lui, dopo la
creazione di Medea. Egli è attento a ciò che noi produciamo, e che ha
fin dall'inizio a collaborare con noi per la colonna sonora di Don
Juan, e molto rapidamente con lui crea un clima di amicizia, di
fiducia, che ci sono ansiosi di ogni altro per continuare ad essere
sorpreso. Essa ci invita alla sua musica, a noi, ci chiedono di venire
a sostenerci in questa o quella musica per noi.
E 'veramente un piacere lavorare con un musicista, perché ha un
camaleonte il buon senso, egli afferma, egli ha detto: "Io, mi piace
essere molto sensibile a ciò che ho sono intorno a me ", di scrivere le
cose che sono cose che sono anche molto personali.
Quando ha scritto l'Himalaya Enfance di un cuoco, in qualsiasi momento,
ha scelto di scrivere la musica del Tibet, ma oggi il Tibet, o almeno
in India, so che sostengono questa musica come loro, perché Bruno ha,
mentre per iscritto le cose che sono molto personali, al fine di
garantire che non vi sono elementi che vengono alla superficie e dare
l'impressione che ci troviamo in una musica di ispirazione tibetano.
Lei parla di Don Giovanni, Medea, che vorrei conoscere la storia,
possiamo vedere che cosa è la volontà di rispettare la tradizione orale
a causa corso canto e la grande?
E 'anche un po' di fortuna, l'incontro con Jean-Yves Lazennec solo dire
"io amo quello che fai, mi piace l'idea che si può essere di simile a
ciò è stato il coro "e ci offre la tragedia Medea di Seneca, non è che
ci rendono il processo di lavoro su di esso vi.
Quel che è certo è che il modo in cui si rendono conto di quanto è un
testo che tocca a noi, vicino a noi, che è una parte della nostra
storia, il Mediterraneo, tra cui Corsica. E 'come per noi l'opportunità
di passare ad un formato molto diverso di quello che la nostra
tradizione orale fino ad ora, era una canzone con una serie di formato.
Quando si affronta un testo che è un parametro che è quello che è, che
gli sviluppi che sono quello che sono, siamo obbligati a credere che la
musica ha una diversa architettura musicale, e Penso che ci fa uscire
da noi.
E questo va bene, perché ci ha portato fuori di noi stessi e allo
stesso tempo, essa ha anche reso più vicino a noi altre scuole,
compresi la musica e la musica georgiano greco albanese o musica, che
sono stati la musica ci è sembrato veramente musica sorelle, gemelli
talvolta Medea e oggi è la faccia di quello che un Filetta oggi: un
gruppo che, senza dubbio, è radicata qui, ma allo stesso tempo è andato
alla ricerca di una identità condivisa con altri, al di là del
Mediterraneo.
Per noi, Medea è veramente un punto di svolta. Prima di Medea, che era
la tradizione orale, dopo che è stato scritto molte cose troppo,
soprattutto dopo l'incontro con Bruno Coulais, e tra Medea è una sorta
di passaggio, abbiamo passato la orali e scritte. Ma Medea, non è
ancora iscritto. Ecco perché Bruno Coulais diceva che era un UFO.
Questo è qualcosa di molto unclassifiable.
Quels sont les repères chronologiques, en quelle année a démarré cette
rencontre, la démarche de Médée ?
La rencontre avec Lazennec, c’est en 1995, on a produit Médée en 1997,
et on rencontre Bruno à la première de Médée en novembre 1997. Et on
enregistre Don Juan en janvier 1998. Donc c’est allé vraiment très très
vite. Depuis, il y a eu plein de choses, on a fait un opéra pour
enfants, le Robin et Marion à Nice, on a fait du théâtre musical, on a
repris le Don Juan avec Orlando Forioso qui a mis en scène le Marco
Polo. Depuis on a fait plein de choses au théâtre, des créations
musicales avec des chœurs bulgares, on a fait dix ou douze musiques de
films, on est en train de travailler à la musique d’un dessin animé qui
devrait sortir en 2007 : « Max and co », un dessin animé complètement
loufoque, une production anglaise et suisse me semble t-il.
L’histoire se déroule dans une usine de tapettes à mouches. Il y a une
espèce de patron infâme, qui est un crapaud qui s’appelle Rodolfo, et
Bruno a écrit des choses complètement décalées, complètement déjantées,
qu’on interprète en polyphonie sur des musiques très festives. Donc
avec Bruno, on a fait plein de choses, et parmi ces choses, le Marco
Polo qu’on a fait cet hiver avec Orlando Forioso sur un texte superbe
qu’il a écrit, que Bruno a mis en musique, avec la participation d’un
tibétain qui est l’acteur d’Himalaya l’enfance d’un chef, avec Marie
Kobayashi avec laquelle nous avons chanté sur Don Juan en 1997, avec
laquelle nous avons travaillé sur d’autres musiques. Marco Polo a été
donné pour la première fois cet hiver, ici à Calvi, puis ça a été
présenté à Bastia, puis à la biennale de Venise avec Guillaume
Depardieu. ça a bien fonctionné, et ça doit être repris à partir de la
fin du mois d’octobre.
Et il y a un projet de disque, de DVD ?
En tout cas, on espère, on croise les doigts pour que ça se fasse,
parce que, malheureusement ou heureusement, en tout cas on a un rythme
de travail qui est tellement important qu’on est sans cesse en retard
sur la production. On a enregistré Médée en 2005, il sort en 2006, il a
été créé en 1997, et depuis 1997 on a créé : un Chemin de Croix, une
Passion, un Requiem, un travail sur des textes de Rodari avec Orlando
sur « la Grammaire de l’imagination », qu’on a donné ici même l’an
dernier ; on a créé un répertoire de chansons, on a créé un opéra pour
enfants que Bruno a écrit, le Robin et Marion, qui n’est pas
enregistré. Il a composé une œuvre pour nous et un quartette bulgare,
ce n’est pas enregistré. Nous-mêmes, on a créé plein de choses, on est
en résidence le mois prochain pour travailler avec des musiciens de
jazz sur de nouvelles créations, et en fait, tout ça est emmaganisé, on
compose, on travaille, on avance, mais sur le plan de la discographie,
ça ne suit pas, tout simplement parce qu’on manque de temps, parce
qu’on manque de moyens, parce qu’on n’a pas toujours trouvé les
partenaires qui fonçaient, et que c’est difficile.
Quali sono le tappe fondamentali, quale anno ha iniziato l'incontro, il
processo di Medea?
L'incontro con Lazennec, è stato nel 1995, Medea è stata prodotta nel
1997, Bruno e trovato il primo di Medea, nel novembre 1997. E ci è
stato don Juan nel gennaio 1998. Così è andata veramente veloce. Da
allora ci sono stati un sacco di cose, si è un'opera per bambini, Robin
e Marion a Nizza, è stato teatro musicale, ha assunto con il Don Juan
di Orlando Forioso, che ha diretto il programma Marco Polo. Poiché si
trattava di un sacco di cose in teatro, la musica con cori provenienti
dalla Bulgaria, era dieci o dodici colonne sonore, in questo momento
stiamo lavorando per la musica di un cartone animato che dovrebbe
essere pubblicato nel 2007: "Max e co ', uno completamente zany
cartoon, prodotto dalla svizzera in lingua inglese e mi sembra ci.
La storia si svolge in una fabbrica finocchi volare. Vi è una sorta di
male boss, un rospo di nome Rodolfo, e Bruno dice qualcosa di
completamente scaglionati, completamente pazzo, che interprete sulla
musica polifonica molto festosa. Quindi, con Bruno, è stato pieno di
cose, e tra queste cose, il Marco Polo abbiamo fatto questo inverno con
un superbo Orlando Forioso testo che dice che Bruno è stato messo in
musica, con la partecipazione di un tibetano che è l'attore Himalaya
l'infanzia di un leader, con Marie Kobayashi con cui abbiamo cantato
sul Don Giovanni nel 1997, con la quale abbiamo lavorato sulla musica
di altri. Marco Polo è stato dato per la prima volta questo inverno,
qui a Calvi, poi è stato presentato a Bastia e poi alla Biennale di
Venezia con Guillaume Depardieu. ha funzionato bene, e deve essere
ripresa a partire dalla fine di ottobre.
E vi è un disco DVD?
Comunque, speriamo le dita incrociate per la sua accada, perché, per
fortuna o purtroppo, almeno abbiamo un ritmo di lavoro che è così
importante che noi siamo costantemente dietro alla produzione. Medea è
stata registrata nel 2005, ha pubblicato nel 2006, è stato istituito
nel 1997 e dal 1997 è stato creato: una Via Crucis, una passione, un
Requiem, un lavoro su testi di Rodari Orlando sulla grammatica della
fantasia, "abbiamo dato qui l'anno scorso abbiamo creato un repertorio
di canzoni, ha creato un'opera per i bambini che Bruno ha scritto,
Robin e Marion, che non è registrato. Ha composto un lavoro per noi e
un quartetto di Bulgaria, questo non viene registrato. Noi stessi,
abbiamo creato un sacco di cose, non vi è nel prossimo mese di
soggiorno a lavorare con musicisti jazz sulle nuove creazioni, in
realtà, tutto è emmaganisé, si compone, funziona, si sostiene, ma
termini di discografia, non solo perché la mancanza di tempo, perché ci
mancano i mezzi, perché non abbiamo sempre trovato dei partner che
buio, ed è difficile .
Et le point commun entre toutes ces créations ?
Les rencontres humaines et l’envie de travailler ensemble, c’est
évident. Sinon, ça n’a pas de sens. D’abord, nous mêmes a Filetta,
c’est ça : l’envie d’être ensemble, le besoin très fort de parler d’une
même voix . Cela ne veut pas dire être monolithique, ça veut dire
respecter les personnalités de chacun, mais vraiment de dire « on est
ensemble, notre destin est commun, on est sur la même barque, on est
sur la même île,on est dans le même monde », et à un moment donné, ce
qui guide tous ces travaux, c’est effectivement le besoin impérieux de
se sentir entourés, de se sentir aimés, appréciés, et soi même d’avoir
à l’égard des autres de la sympathie, de l’amour et l’ envie de leur
faire partager et de le leur dire.
Une forte relation avec le spirituel donc ?
Sur le plan purement religieux, même si on est issus d’une tradition
religieuse très puissante, on n’est pas forcément tous les dimanches à
l’église. Mais déjà, ce qui est sûr, c’est que culturellement nous
sommes très portés sur le répertoire religieux, et quand je dis
religieux, c’est justement au sens premier du religieux, c’est à dire
qui relie, le sentiment d’appartenance à une communauté, et d’être
ensemble dans des moments bons ou pas bons, difficiles ou joyeux à
vivre, et je crois que ça fait partie de notre façon de penser la
musique, et c’est notre façon de la développer aussi dans nos
créations, dans nos compositions et dans notre rapport aux autres
musiciens.Hors dogmes ?Absolument, hors dogmes, car si on rentre
là-dedans c’est la négation même de toute forme d’ouverture.
© Benjamin MiNiMuM
Vous pouvez écouter cet entretien à l'adresse suivante :
http://www.a-filetta.mondomix.com/fr/itw3275.htm
E il filo conduttore comune tra tutte queste creazioni?
Gli incontri e il desiderio di lavorare insieme è ovvio. In caso
contrario, non ha senso. In primo luogo, una Filetta di noi è questa:
il desiderio di stare insieme, molto forte necessità di parlare con una
sola voce. Ciò non significa essere monolitico, significa rispettare la
personalità di ciascuno, ma in realtà a dire "stiamo insieme, il nostro
comune destino, siamo sulla stessa barca, siamo sulla stessa isola, che
si trovano nella stessa mondo "e ad un certo punto, che guida tutto
questo lavoro, questo è il bisogno di sentirsi circondato, di sentirsi
amato, apprezzato, e così essi hanno nei confronti degli altri di
simpatia , l'amore e il desiderio di condividere e dire loro.
Un forte legame spirituale con essa?
Sulla natura meramente religiosa, anche se si tratta di una tradizione
religiosa molto forte, non è necessariamente ogni Domenica in chiesa.
Ma già, quello che è certo è che culturalmente siamo molto concentrata
sul repertorio religiosa, e quando dico religiosi, è proprio il senso
della religione, cioè la sensazione di collegamento appartenenza ad una
comunità e di stare insieme nella buona o cattiva, gioiose o difficili
da vivere, e credo che sia parte del nostro modo di pensare la musica,
e questo è il nostro modo di sviluppare anche in le nostre creazioni
nel nostro composizioni e nella nostra relazione ad altri dogmi
musiciens.Hors? Certamente, al di là del dogma, perché se andiamo vi è
la negazione di qualsiasi forma di apertura.
© Benjamin MINIMI
È possibile ascoltare in questa intervista:
http://www.a-filetta.mondomix.com/fr/itw3275.htm
Vincent Zanetti
Enfin, une interview réalisée par Vincent Zanetti le 15 septembre 2006
à l'occasion de la 18e édition des Rencontres chants polyphoniques de
Calvi.
De Sénèque à A Filetta...
Vincent Zanetti : En 1995, le metteur en scène breton Jean-Yves
Lazennec demande au groupe polyphonique corse a Filetta de créer la
musique des chœurs de Médée, la tragédie dédiée par l’auteur latin
Sénèque au personnage de Jason, symbole par excellence de la découverte
de l’autre, avec tous les ravissements et tous les troubles que cela
implique.
Un peu plus de 10 ans plus tard, A Filetta publie aujourd'hui sur
disque la dernière version de ces quatre chœurs.
Et de la même façon qu’après le voyage de Jason, l’ailleurs n’est plus
vraiment ailleurs, on peut dire sans se tromper qu’après le Médée d’A
Filetta, le chant polyphonique corse ne sera jamais plus le même.
Rencontre avec l’auteur de cette musique inspirée, celui qui a même été
jusqu’à traduire en langue corse le texte latin de Sénèque pour pouvoir
le chanter dans une langue vivante et si évidemment prédestinée au
mariage de la polyphonie et de la tragédie antique. Cet aède corse,
c’est Jean-Claude Acquaviva.
Jean-Claude Acquaviva, dans vos spectacles, et notamment dans la
présentation de Médée, pièce qui date tout de même de 1997 et qui sort
maintenant en 2006, donc 9 ans plus tard en disque, mais que vous avez
chanté ici à Calvi dans les Rencontres polyphoniques, vous avez cette
phrase dans la présentation qui résume presque tout : « L’ailleurs
n’est plus ailleurs », directement citée du texte de Sénèque que vous
avez traduit du latin en langue corse. C’est largement
autobiographique, Médée ?
Jean-Claude Acquaviva : Oui, je pense que c’est autobiographique, je
crois que pour nous A Filetta, Médée correspond vraiment à un moment
fondamental dans notre trajectoire. Nous avons toujours dit que c’était
un moment extrêmement important : d’abord c’est le moment où sans doute
par hasard, par nécessité aussi, on se met à penser les choses dans des
formats qui ne sont pas les formats traditionnels ;
Et aussi, on revient à l’importance du texte, du verbe, de la parole,
jusqu’ici notre tradition orale est faite de chants qui sont souvent
très courts, de vers souvent octosyllabiques, de poèmes très courts, de
strophes qui sont reprises, etc. Et là, lorsque le metteur en scène
nous demande de produire une musique pour ce chœur, on est face à un
texte dont la métrique n’est absolument pas régulière, on se trouve
face à un texte qui est très long, à partir duquel on ne peut pas créer
un e musique comme on l’aurait fait dans la tradition, en disant : « on
met en musique les 4 premiers vers, et puis après on répète ».
Cette difficulté par rapport au texte nous amène à essayer de concevoir
une musique qui nous dépasse nous-mêmes, qui dépasse notre propre
tradition.
Infine, un intervista con Vincent Zanetti il 15 settembre 2006 presso
la 18a edizione dei Rencontres de Calvi canzoni.
A Filetta Seneca ...
Vincent Zanetti: Nel 1995, il regista Jean-Yves bretone Lazennec chiede
il gruppo ha Filetta corso creare musica cori polifonici di Medea, la
tragedia dedicato dall'autore latino Seneca personaggio di Jason, il
simbolo per eccellenza della scoperta degli altri, con tutte le
raptures e tutti i problemi che comporta.
Poco più di 10 anni più tardi, filettatura pubblicato oggi l'ultima
versione del disco di quattro cori.
E subito dopo il viaggio di Giasone, l'aggiunta non è, inoltre, è
sicuro di dire che, dopo Medea filettando, corso di canto polifonico
non sarà più lo stesso.
Incontra l'autore di questa musica ispirata, che è stata quella di
tradurre il corso di lingua del testo in latino di Seneca per essere in
grado di cantare in una lingua e quindi, ovviamente, destinato per il
matrimonio e la polifonia antica tragedia. Questo corso bardo,
Jean-Claude Acquaviva.
Jean-Claude Acquaviva, nella vostra mostra, in particolare nella
presentazione di Medea, un gioco che ancora data dal 1997 e in uscita
nel 2006, quindi 9 anni più tardi, a guidare, ma hai cantato qui a
Calvi Polifoniche riunioni, lei ha questa frase nella presentazione che
riassume quasi tutto: "L'aggiunta è anche" citato direttamente dal
testo di Seneca che tradotto dal latino in lingua corsa. Essa è in gran
parte autobiografico, Medea?
Jean-Claude Acquaviva: Sì, credo che sia autobiografico, credo che per
noi Filetta, Medea è davvero un momento critico nella nostra carriera.
Abbiamo sempre detto che si è trattato di un momento estremamente
importante: è la prima volta, probabilmente per caso, per necessità,
anche noi cominciamo a pensare le cose in formati che non sono formati
tradizionali;
E inoltre, spetta l'importanza del testo, parola, discorso, finora la
nostra tradizione orale è fatto di canzoni, che sono spesso molto
brevi, spesso octosyllabiques versi, poesie brevi, una serie di cui
sono indicati , ecc. E poi, quando il regista ci chiede di produrre
musica per il coro, ci troviamo di fronte a un testo in cui il
parametro non è regolare, ci troviamo di fronte a un testo che è molto
lunga, da cui non può creare un messaggio e la musica come avremmo
fatto, nella tradizione, dicendo: "non c'è la musica nei primi 4 versi,
e poi ripetere.
Questa difficoltà con il testo ci porta a cercare di sviluppare una
musica che ci superare noi stessi, al di là della nostra propria
tradizione.
Et en même temps, Médée arrive effectivement à un moment où nous avons
déjà pratiquement 10 ans de rencontres de chants polyphoniques, où nous
sommes en plein échange avec les chants géorgiens, le Caucase, où nous
sommes en plein développement par rapport au théâtre, à la musique de
théâtre, en tout cas aux Passions qu’on joue à Calvi…
Donc Médée, c’est la musique qui arrive et qui fait qu’A Filetta
devient A Filetta, je crois que c’est clair.
Jusque là, on n’aurait pas forcément pu nous distinguer des autres
groupes polyphoniques, on chantait une tradition orale comme d’autres :
Tavagna, nous, les Chjami Aghjalesi, Canta U Populu Corsu, tous les
groupes de Corse travaillaient sur le même répertoire polyphonique, on
avait à peu près tous les mêmes repères, les mêmes répertoires
polyphoniques. Médée arrive à un moment qui est tel qu’on a un bagage
qui est ce qu’il est, qui fait qu’on a une idée de notre musique qui a
beaucoup évolué depuis 1987, et ça produit une musique qui ensuite va
nous permettre justement, à mon avis, d’aller plus loin encore, d’aller
sur des choses plus osées, plus contemporaines, plus modernes,
notamment sur le plan des harmonies, avec le Requiem, les Chemins de
Croix ici. Nous avons produit des choses qui du coup s‘éloignent encore
plus de la tradition, sans doute, mais qui proposent des
pistes de prolongement.
Pour nous, Médée est un tournant. En fait, si vous voulez, avant Médée,
il y avait un travail qui n’était qu’oral. Avec Médée, il y a quelque
chose qui n’est pas écrit, puisque la partition proprement dite n’a
jamais été fixée, n’est pas écrite, mais qui devient quand même plus
fixé, plus écrit. On a travaillé sur des mélodies harmonisées. Elles
étaient, comme dans la tradition orale, relativement libres : on savait
qu’il y avait telle ligne mélodique, relativement libre et qu’autour de
ça il y avait des blocs harmoniques ; on savait qu’à tel moment on
était sur tel accord, on allait vers tel autre, etc. C’est fixé en
quelque sorte, mais ce n’est pas écrit. Et après Médée, on a continué à
faire des choses comme on faisait Médée, on a continué à faire des
choses comme on faisait avant Médée, c’est-à-dire complètement orales,
et on a fait aussi des choses complètement écrites.
E allo stesso tempo, Medea effettivamente accade in un momento in cui
abbiamo quasi 10 anni di riunioni di brani, dove siamo nel commercio
con i brani della Georgia, del Caucaso, dove siamo in fase di rapida
crescita, rispetto al teatro, musica teatro, almeno ci gioco la
Passioni a Calvi ...
Quindi, Medea, la musica è una realtà e il fatto che diventa Filetta
threading, credo che sia chiaro.
Fino ad allora, non è necessariamente in grado di distinguerli dagli
altri gruppi di canto polifonico è una tradizione orale Tavagna come
altri, abbiamo la chjama Aghjalesi, Canta U Populu Corsu Corsica tutti
i gruppi di lavoro sulla stessa directory Polyfoniche, abbiamo avuto
più o meno lo stesso di marchi, la stessa directory polifonici. Medea
giunge in un momento che è tale che un fondo che è quello che è uno che
ha un'idea della nostra musica si è evoluta dal 1987, e produce una
musica che poi ci permettono giustamente, a mio parere, di andare
oltre, di andare su cose più audaci, più contemporaneo, più moderna, in
particolare nel armonie, con il Requiem, la Via Crucis qui. Abbiamo
prodotto cose che soffiano via ancor più della tradizione, senza
dubbio, ma che offrono possibilità di proroga.
Per noi, Medea è un punto di svolta. In realtà, se si vuole, prima di
Medea, non vi è stato un lavoro che è stato per via orale. Con Medea,
c'è qualcosa che non è scritta, in quanto il cliente stesso non è mai
stato risolto, non è scritto, ma diventa ancor più determinata, più
iscritto. Abbiamo lavorato su melodie armonizzate. Esse sono state,
come nella tradizione orale, relativamente libero, sapevamo c'era una
tale linea melodica, relativamente libero e che attorno ad essa vi
erano blocchi armoniche, sapevamo che questa volta non vi è stato
l'accordo , così siamo andati a un altro e così via. Questa è fissata,
in qualche modo, ma non è scritto. Medea e dopo, abbiamo continuato a
fare le cose come Medea è stata, essa ha continuato a fare le cose come
abbiamo fatto prima di Medea, ovvero per via orale, ed è stato anche
qualcosa di scritto.
Donc Médée est une charnière, une pierre angulaire.
Et pour la petite anecdote, on a fixé Médée par l’écrit. Maintenant, si
vous l’entendez, vous ne reconnaissez absolument pas Médée. On n’a pas
la capacité de le fixer tel qu’on le chante. Simplement, pour prendre
des repères, pour s’assurer malgré tout qu’on est dans le respect de
certaines modulations, de la tonalité, on a plus ou moins, de façon
très simplifiée, on a écrit les grandes lignes de Médée avec les
harmonies. Mais si vous le faites jouer par un outil informatique, oui,
vous avez les harmonies qui vont revenir, mais vous ne reconnaissez
pas, parce que ce qu’on fait sur scène, on le fixe difficilement.
Pour répondre à votre question, comment a-t-on travaillé ?
On a travaillé sur une série de mélodies. D’ailleurs, ce qui a été pour
moi le plus passionnant dans ce travail, c’est d’avoir pour les quatre
chœurs des climats qui, évidemment, sont fonction de la dramaturgie, de
ce que dit le texte et de ce qu’il annonce.
Mais ce qui est intéressant, c’est que le premier chœur est
probablement celui qui est resté le plus proche du chant traditionnel ;
le deuxième, qui au niveau de l’idée même du texte de Sénèque, est
celui qui est à mon avis le texte le plus moderne, c’est justement
celui là qui dit « désormais l’ailleurs n’est plus ailleurs », c’est
celui qui est le plus en rupture avec tous les autres ; pour le
troisième, on revient à quelque chose qui est en partie traditionnel,
mais qui par contre, dans certains développements, est beaucoup plus
moderne que le second ; et le quatrième, c’est un chœur beaucoup plus
ramassé, c’est le seul chœur rythmique, le seul qui est mesuré en
quelque sorte, et c’est celui qui voulait donner le sentiment qu’on
arrivait à quelque chose qui paradoxalement, alors que ça devient
mesuré, est en train de s’affoler, de se déformer, c’est le moment de
la fureur de Médée, et c’est là où les voix deviennent sans doute les
plus folles.
Et ce qui a vraiment été passionnant, ça a été de travailler sur
certains thèmes qui existent dans le premier chœur, qui passent dans le
troisième, et qui passent dans le quatrième, des thèmes qui à chaque
fois sont harmonisés de façon différente et qui justement se déforment,
et arrivent à la fin avec ce qu’on a voulu être le chœur sans doute le
plus fou, le plus déstructuré, même si, encore une fois, sur le plan de
l’organisation rythmique c’est le seul qui est rythmé, qui est
rythmique, qui est mesuré.
Alors, comment s’est passé le travail avec les autres ? Dès lors qu’il
y avait ces choses là qui étaient établies, fixées, il y a eu tout un
travail de mémorisation, de maillage, pour faire en sorte qu’on passe
d’une harmonie à l’autre, chacun tenant compte de la façon dont les
autres développent.
Così Medea è un cardine, una pietra miliare.
E per l'aneddoto, che è stato fissato da Medea iscritto. Ora, se si
sente, non si riconoscono Medea. Se non hanno la possibilità di
impostare come cantare. Semplicemente, cuscinetti a prendere, per
garantire che siamo ancora in conformità con alcune modulazioni di
tono, si è più o meno, molto semplificato, abbiamo scritto una bozza di
Medea con armonie . Ma se si gioca con uno strumento, questo sì, avete
le armonie che tornare indietro, ma non si riconoscono, perché quello
che facciamo sul palco, è la difficoltà.
Per rispondere alla sua domanda, come ha lavorato?
Abbiamo lavorato su una serie di melodie. Inoltre, ciò che è stato per
me più emozionante di questo lavoro è quello di avere cori per tutti e
quattro i climi che, ovviamente, dipende dal dramma di ciò che il testo
dice e ciò che ha annunciato.
Ma ciò che è interessante è che il primo coro è probabilmente quello
che è rimasto più vicino alla canzone tradizionale, il secondo, alla
stessa idea del testo di Seneca, è che a mio avviso, la la più moderna
del testo, è proprio quello che ha detto "ora è anche più altrove", è
uno che è più in contrasto con tutti gli altri, per il terzo, è fino a
qualcosa di è in parte tradizionale, ma contro chi, in alcuni sviluppi,
è molto più moderna rispetto al secondo e il quarto è un coro raccolto
molto di più, è l'unico coro ritmica, l'unico che viene misurata in
alcuni modo, ed è colui che ha voluto dare la sensazione che qualcosa è
successo che, paradossalmente, mentre è misurata, è in fase di panico,
di falsare, è il momento di furia di Medea e questo è dove i voti sono
probabilmente i più folli.
E ciò che è stato davvero emozionante, è stato lavorare su alcuni temi
che esistono nel primo coro, che passa al terzo, quarto e nel passare,
ogni volta che le questioni sono armonizzate in modi diversi e che solo
diventare distorta, e arrivare alla fine con quello che abbiamo voluto
essere il coro probabilmente il più pazzo, più strutturata, anche se,
ancora una volta, in termini di organizzazione ritmica è l'unica che è
ritmico, che è il ritmo, che viene misurata.
Quindi, come ha lavorato con gli altri? Da quando è stato queste cose
che sono state, insieme, vi è stato un bel ricordo, la messa in rete,
in modo da trascorrere una armonia di un altro, ciascuno tenendo conto
delle sviluppare come gli altri.
C’est pour ça que Médée a mis beaucoup de temps à mûrir. C’est pour ça
que, quand on écoute nous les premiers enregistrements de Médée,
aujourd’hui ils sont extrêmement différents parce qu’il y a plein de
choses qui ont évolué et notamment il a fallu attendre d’avoir une
respiration commune dans le texte, dans le verbe, et cela a pris
beaucoup de temps.
Alors aujourd’hui les gens qui nous entendent chanter viennent nous
voir en disant : « mais comment faites-vous, vous n’avez aucun repère
rythmique, vous êtes ensemble sur le plan harmonique, avec des
frottements, avec des choses qui modulent, comment faites-vous sans
repères ? » Eh bien, c’est la mémoire, c’est dix ans de
pratique commune qui font qu’on arrive à mémoriser les choses de cette
façon là.
On l’a dit, Médée c’est un peu une pierre angulaire dans l’existence
d’A Filetta. Pour vous compositeur, bien sûr vous avez continué à
composer, vous avez composé avant, vous avez composé après, mais tout
de même, la barre est montée très haut, comment vivez-vous l’après
Médée ? Parce que, encore une fois, l’ailleurs n’est plus ailleurs.
Maintenant, où allez vous chercher l’ailleurs, parce que vous avez
cette soif là ?
Vous savez, ce qui est délicat pour nous, c’est que Médée, comme vous
le disiez, est une pierre angulaire, une sorte de passage. Et c’est
vrai qu’on a été à l’aise dans le passage, et ce qui nous fait un peu
peur pour l’après, d’ailleurs ça s’est vérifié, puisque on a beaucoup
travaillé après, on a composé plein de choses, mais on a fait des
choses qui sont devenues sans doute, pour l’instant, pour ce qui a été
produit, des choses qui seraient plus proches d’une forme de musique
classique contemporaine que véritablement de ce qu’on a produit avec
Médée.
Bruno Coulais disait de Médée : « c’est un OVNI », c’est quelque chose
d’assez inclassable, parce que ça module beaucoup plus que la musique
traditionnelle, mais en même temps, c’est sur des fonctionnements de la
musique traditionnelle. Ce sont des harmonies plus modernes, mais on y
retrouve quand même les éléments essentiels de la musique
traditionnelle. Médée est une musique qui est vraiment celle qui nous
permet de sortir de la tradition, mais qui reste quand même enracinée,
amarrée en quelque sorte à la tradition, même si on s’en éloigne, même
si on y a intégré des choses nouvelles, il y a toujours un contact.
Ce que l’on a fait par la suite, on a fait des choses qui, à mon sens,
sortent beaucoup plus des sentiers de la tradition. Alors, ce n’est pas
qu’on le regrette, car quand on compose, on n’a pas à se poser le
problème de savoir où on va et si on est dans des routes jalonnées,
mais en même temps, on peut très bien accéder à un type de musique dans
lequel on peut ne pas être du tout reconnu.
Parce qu’on n’est pas des classiques, on n’est pas des chanteurs de
musique contemporaine, on n’en a pas la formation, les qualités, par
contre je pense qu’on peut dire des choses dans un langage qui
s’éloigne de celui de la tradition, on peut faire valoir des choses au
niveau notamment de la façon de vivre le chant ensemble, de continuer à
le tisser ensemble, ça, ça me semble important.
Je crois que la différence fondamentale entre un groupe comme nous et
un chœur classique quel qu’il soit , c’est que le chœur classique
fonctionne par rapport à quelque chose d’écrit : il y a des pupitres,
c’est réglé très souvent par quelqu’un d’extérieur, etc. Nous, on ne
peut pas fonctionner comme ça, nous, on est obligés d’être les uns dans
les autres, de s’abandonner les uns aux autres, ça, ça ne pourra pas
changer.
Par contre, on sera amenés, et on a été amenés, à faire des choses plus
mesurées, qui s’approchent plus d’une certaine forme de musique
contemporaine. Alors, est ce que les gens vont comprendre ? Nous mêmes,
on est toujours dans l’interrogation, évidemment, quand on fait quelque
chose : quand on faisait Médée, on se disait : « est-ce qu’on ne
s’éloigne pas trop ? Est ce qu’on a le droit de digresser ainsi ?
Est-ce qu’il ne faut pas revenir à des choses plus simples, faire des
choses plus accessibles ? » et puis finalement, on est sortis de Médée
avec la satisfaction d’avoir fait quelque chose qui correspond à notre
personnalité, à notre façon de voir la musique et son évolution en
Corse et ailleurs.
Pour en revenir à votre question, c’est un peu notre interrogation.
Après, il y a aussi le fait qu’on avance dans l’âge, on avance dans la
musique, on avance dans le contact ; on a beaucoup travaillé avec Bruno
Coulais, c’est évident qu’ensuite il y a des influences, la musique
écrite beaucoup plus, est ce qu’on sera capables à l’avenir de
continuer à produire une musique qui soit autant un OVNI que Médée ? Je
n’ai pas la réponse.
Et enfin, une interview pour RFI Musique :
Les polyphonies colorées d’A Filetta
Nouvel album Bracanà
Paris
15/07/2008 -
Le nouvel album d’A Filetta, Bracanà parcourt les multiples facettes
artistiques de ce combo de chanteurs fondé il y a tout juste 30 ans.
Toujours partant pour rencontrer leurs frères chanteurs à travers le
monde, A Filetta s’impose comme un des groupes les plus excitants de
l’île de Beauté. Interview de Jean-Claude Acquiva, un homme qui a
choisi sa voix.
I
RFI Musique : Ce nouvel album s’intitule Bracanà. Quel est le sens de
ce mot corse ?
Jean-Claude Acquaviva : Il a deux significations : "bariolé" et
"changer de couleur à l’approche de la maturité". "Bariolé" correspond
bien à ce nouvel album, à ces 14 chants métissés. "Bracanà", on le dit
du pelage d’un animal. Cet album est tout sauf uniforme. On y retrouve
des chants liturgiques chrétiens, des chants géorgiens, des monodies
traditionnelles, des créations dont une, Liberata, à la mémoire de
Pierre Griffi, un héros de la Résistance en Corse. Ce morceau sert de
générique à un téléfilm sur la Resistance sur l’île durant la Seconde
Guerre mondiale. Treblinka parle d’espoir, du souffle de vie au cœur de
l’horreur, 1901 de l’exil à travers les destins de frères géorgiens.
L’Invitu est extrait de notre création autour du Médée de Sénèque.
C’est un disque ouvert, en fait. Mais "bracanà" se dit aussi d’un fruit
qui change de couleur en mûrissant. C’est aussi ça un peu le reflet de
notre parcours sur ces 10 dernières années durant lesquelles nous avons
beaucoup tourné et provoqué beaucoup de rencontres. Ce parcours
atypique nous a conduits vers d’autres traditions polyphoniques tout
autour de la Méditerranée, mais aussi plus largement dans le monde, en
Asie, en Afrique. On ne sort pas indemne de tout ça. Forcément notre
répertoire évolue. Chaque album est différent. Heureusement d’ailleurs,
en 30 ans de carrière, ça serait vite ennuyeux pour nous, comme pour le
public.
Que regard portez-vous sur ces 30 ans d’activité ?
Tout d’abord, j’ai vraiment la sensation que ces 30 années sont passées
en quelques heures seulement… Il n’y a ni frustration, ni amertume.
Aucune routine ne s’est installée. Nous n’avons jamais raisonné en
termes de développement de carrière. Nous avons plutôt évolué au gré de
rencontres, de nos rêves et de nos surprises. C’est probablement ce qui
explique notre longévité. Pour nous, l’important est d’avancer, et
d’avancer ensemble. Nous avons la même façon de voir la vie. On adhère
à la même démarche. Ça passe par une grande rigueur dans le travail,
rigueur qui ne nie pas pour autant la personnalité de chacun. C’est ce
qui nous permet de nous renouveler, en invitant par exemple des plus
jeunes à nous rejoindre.
Quelques souvenirs forts au fil de ces 30 ans ?
Beaucoup de tournées nous ont marqués par la qualité des échanges. Dans
le Caucase par exemple ou dans la Géorgie de l’après-guerre civile. En
Afrique, nous avons été impressionnés par ce que nous avons vu et par
l’accueil du public, pas forcément celui des organisateurs. Les
Rencontres Polyphoniques que nous co-organisons à Calvi, depuis 20 ans
sont aussi des moments forts.
Quelques mauvais souvenirs, aussi ?
Pas tant que ça. Bien sûr quelques galères souvent liées à de mauvaises
conditions scéniques ou lorsque nous avons inauguré un festival en
Hollande et que nous avons joué devant un parterre vide, ou dans des
villages qui semblaient désertés. Aujourd’hui, on en rigole. Les vrais
coups durs sont liés à la disparition de proches.
Quelles perspectives pour le chant corse ?
Il y a 30 ans quand on a commencé, c’était assez exotique. Même en
Corse. En fait, il a des vagues. L’intérêt pour notre travail et pour
les musiques que nos défendons en général croît ou décroît en fonction
de raisons qui nous sont parfois totalement étrangères. Le boum des
Voix Bulgares a provoqué un temps un regain d’intérêt pour les
traditions vocales. Forcément les difficultés que traverse l’industrie
du disque ne sont pas sans conséquence sur notre développement. Il y a
quelques années, nous étions plus souvent conviés sur des plateaux
télés. Maintenant moins. Notre musique n’a pas fondamentalement changé.
La télé, si.
Comment imaginez-vous votre avenir musical ?
On ne se projette pas … Impossible de dire ce qu'il en sera dans 5 ou
10 ans. Je sais juste que l’on continuera à faire entendre notre voix,
parce qu’on a des choses à dire, parce que notre volonté est intacte,
notre enthousiasme et nos rêves aussi. Nous continuerons à produire
tant qu’il y aura de l’envie, du souffle et de l’entrain. Quant à la
musique, elle continuera ! C’est comme la vie, on ne se pose pas la
question de pourquoi on vit. On vit, point barre !
A plus court terme, quels sont vos projets ?
Des projets de rencontres évidemment. En septembre, lors des prochaines
Rencontres Polyphoniques, nous allons travailler avec Danyel Waro. Nous
donnerons un concert dans la foulée et nous nous retrouverons pour
Africolor en décembre. C’est un extraordinaire personnage, un militant
de l’humanité et de la "batarcité". Sinon, nous travaillons avec des
musiciens de jazz tel le trompettiste Paolo Fresu ou le bandonéoniste
Daniel di Bonaventura. Nous avons aussi collaboré avec le guitariste
portugais Jorge Fernando et avec Yves Duteil sur son dernier album.
Des envies de collaborations autres ?
On aimerait bien travailler avec Gabriel Yacoub ou Gianmaria Testa. Ce
qui nous intéresse dans ces rencontres et dans la musique de manière
générale, ce n’est pas l’idée du but à atteindre mais plutôt celle de
l’épanouissement au quotidien. Il est clair qu’avec l’arrivée de la
world, nombreux sont ceux qui ont cru aux vertus du métissage. Mais le
métissage pour qu’il soit réussi doit être l’aboutissement naturel
d’une rencontre.
Vous avez travaillé pour le monde de l’image, le théâtre, l’opéra ou la
danse… est-ce aussi une façon de contourner la crise du disque ?
Dans les faits, c’est peut-être ça… Mais nous, on n’a sollicité
personne. Ce sont plutôt Bruno Coulais ou Sidi Larbi Cherkaoui (le
chorégraphe : ndlr) qui sont venus à nous. Il n’y avait rien de
calculé, pas de volonté de dire : "on va faire ça pour contourner la
crise du disque…". Il est indéniable que ces collaborations nous ont
ouvert de nouveaux publics.
Les mots de Jean-Claude Acquaviva
U lamentu di Ghjesù
Photo : Françoise COULOMB - 7 septembre 2005, Calvi
La tradition
Dès lors que l'on a des racines, on n'a pas besoin de prouver qu'on y
est fidèle.Toutes les traditions n'ont de sens que dans la mesure où
elles évoluent. Elles évoluent naturellement depuis toujours, ne
serait-ce que par la communication, par les civilisations qui se
succèdent, se croisent où s'entrechoquent et quelque fois se déchirent.
De là naît une culture. Si l'on doit faire une analyse du chant
polyphonique traditionnel on ferait le constat qu'il est endémique,
c'est un chant qui manifestement a des origines ailleurs où il a été
influencé. Il faut replacer ce chant dans une perspective d'ouverture
sur le monde, il ne faut pas faire du suivisme et se mettre dans les
pas d'une musique dominante. Si notre musique est ouverte, tant mieux !
Elle doit le demeurer pour continuer à être le reflet d'une communauté
qui vit, avance et évolue.
Quand on est issu de la tradition orale, avoir des racines, c'est en
même temps extraordinaire et terriblement handicapant, parce que dès
que l'on sort du chemin, de la tradition, on se pose sans cesse la
question : "ai-je le droit de sortir du chemin ?" Nous avons pris ce
droit il y a plus de 20 ans, et ce qui nous rassure et nous comble,
c'est que le public nous accepte tels que nous sommes et qu'il comprend
bien notre démarche.
La tradition n'a de sens que si elle continue d'être le reflet d'une
communauté qui avance.
La langue
Se focaliser sur la défense de la langue, c'est se tromper de combat.
La langue, si elle n'est pas celle du pain, du jour, du repas, du
coucher, ce n'est pas la peine de se battre pour elle. Ce qui est
important, c'est d'essayer de vivre par la langue et non pas de faire
vivre la langue. Dans ce sens-là, on se considère toujours comme des
gens militants. Pas des militants qui se posent en défenseurs d'un
sanctuaire. Un sanctuaire, ça sent déjà la mort. Notre musique, c'est
tout sauf quelque chose de proche de la mort.
A Filetta
En octobre 1978, naissait le groupe A Filetta. A l'époque nous ne
savions pas et d'ailleurs, nous ne savons toujours pas, s'il s'agissait
du rêve d'une esquisse ou de l'esquisse d'un rêve. L'esquisse d'une
demeure à jamais ouverte où pourraient venir trouver refuge, les âmes
entremêlées, qui dans leur quête d'éternité, tissent et retissent les
fils de ce vieux partage qu'est le chant.Le rêve d'un navire sans
pavillon, parti de nulle part sillonner l'ailleurs où des phares
immémoriaux pourraient peut-être un jour lui dire : " c'est là, parmi
vous, dans l'éphémère partagé que sont les étendues éternellement
heureuses. "
Vingt ans aux côtés de tous ceux qui ont la conviction que la vie est
de ces batailles à mener dont il ne faille sortir ni vainqueur ni
vaincu, mais grandi.
Et, s'il fallait, au terme de ces quelques années que subsiste une
empreinte et une seule, nous souhaiterions vraiment que ce soit celle
de voyageurs dont la seule préoccupation serait de ne rien vouloir
altérer.Il faut être ce que nous sommes et l'être pleinement et ne pas
chercher ni à plaire, ni à complaire; il ne faut pas tricher avec cela.
Nous sommes un vieux groupe de jeunes chanteurs.
"A Filetta a constitué un cocon où l'on s'épanouit quelquefois à l'abri
des vicissitudes d'un quotidien agité par les soubresauts de nos
sociétés du tout-marchand où seule compte la capacité à être plus fort
que l'autre pour mieux l'écraser. Enfin, A Filetta a également été une
vraie école du partage, du travail et de l'exigence envers soi-même."
(source : A Pian' d'Avretu")
Chanter
Chanter c'est, aussi et peut-être surtout, dire tendrement des choses
puissantes et puissamment des choses tendres.Notre chant est de pierre
et d'eau. Dans ses plis et replis, dans ses arcanes, il épouse les
contours de l'âme de ce rocher tumultueux qui nous a engendrés.
Notre chant est un chant qui consacre la mémoire, il est aussi un chant
qui prône l’ouverture, l’accès à l’autre. Surtout, il traduit le besoin
profond de n’être que ce que nous sommes, mais à l’être pleinement,
sans complexes, en authenticité et généreusement. Pas en essayant d’en
faire un sanctuaire. Le sanctuaire, cela sent déjà la mort.
La polyphonie
La pratique de la polyphonie est absolument liée à l'établissement d'un
lien social. C'est peut-être ce qui explique sa force et le fait
qu'elle ait trouvé une nouvelle raison d'exister. Pratiquer cette
musique, tenter de lui donner un prolongement, c'est pour nous caresser
l'espoir de rapporter les clameurs nées du campement de quelques
nomades dans ce désert qu'est le temps.Au-delà de l’aspect technique,
la polyphonie est une musique de partage, qui ne se conçoit que dans la
complicité. Il faut bien se connaître, beaucoup d’échanges sur le plan
humain pour que cela fonctionne. Pour qu’il y ait une cohésion entre
plusieurs voix, il faut qu’il y ait du sens à travers ce qui est
chanté. C’est une musique qui contribue à créer des rêves collectifs.
La Corse
Je considère que le problème corse est spécifique, comme le problème de
n’importe quelle micro-région l’est. Parce qu’il y a des raisons, une
histoire, une géographie, propre. Mais, j’ai toujours pensé qu’il n’est
qu’une toute petite partie d’un grand problème universel qui tient à la
répartition des richesses, à la justice, à l’équité, au respect. Du
plus petit de la chaîne au plus haut, respectons la vie dans ce qu’elle
a de sacré, donnons à chacun les moyens de vivre dignement. Il faudra
bien trouver un jour ou l’autre les solutions du développement.
La vraie Corse est pour moi la Corse avec toutes ses composantes. Les
meurtres, les attentats, les rivalités font aussi partie de la Corse et
il ne faut pas évacuer cela. Mais, tout à côté il y a des gens qui
progressent, qui produisent, qui travaillent, qui essaient que cette
terre aille de l’avant. De cela on ne parle pas, ou très peu.
Le problème corse n’est pas un problème local, il est mondial. Comme
beaucoup d’autres territoires dans le monde, face à la mondialisation,
la Corse doit garder sa spécificité et sa culture. Le vrai enjeu est là.
Un Continental qui change de département n’a pas le sentiment de partir
de chez lui. Un Corse qui part de Corse s’arrache. Cela a eu une
influence très forte sur cette volonté de maintenir, de cultiver.
Sur une île on peut avoir l’impression que tout s’arrête : même la
terre ferme !
La violence
La France a eu en Corse une politique violente, elle a essayé
d’éradiquer tout ce qui faisait la spécificité des Corses au niveau de
la langue, de la littérature. La France, par des lois douanières
assassines, a essayé de mettre complètement par terre l’économie corse.
Cela fait aussi partie de l’histoire de France. Aujourd’hui, cela se
traduit par une violence qui a été en partie légitime et une violence
qui, en grande partie, a dérivé pour des tas de raisons, pour des choix
qui ont été faits ou pas. Parce que la clandestinité a pris le pas sur
le reste et l’on sait qu’une violence clandestine est incontrôlable.
Sous couvert d’une violence clandestine, des bandes armées se
constituent, elles se partagent des secteurs. On est donc arrivé à des
dérives avec, malheureusement, des gens sincères qui se sont faits
flinguer sur le terrain et des gens douteux qui ont fait leurs
affaires. Aujourd’hui, on en est là.
J'ai toujours considéré que la violence clandestine était une erreur
originelle. Non seulement elle permet toutes les dérives, mais elle
entame notre capacité citoyenne à prendre en charge nos responsabilités
et donc notre devenir. Enfin, elle porte en elle les germes de
l'arbitraire.
L'engagement
Le chant a été pendant longtemps, dès la fin des années 60 et depuis le
phénomène revendicatif très fort, une parole militante. Il a été le
moyen de faire passer des idées. Le mouvement autonomiste s’est
beaucoup appuyé sur les chanteurs. Aujourd’hui, nous sommes capables de
dire avec notre langage et notre musique ce que les peuples de la terre
disent avec leur langue et leur musique. Je ne pense pas que si on en
était resté à quatre paroles chantées de façon militaire, on aurait
fait progresser notre terre comme elle a progressé. Car, quoi qu’on en
dise, durant les trente dernières années, on a fait un sacré bond en
avant, même si nous qui vivons la Corse au quotidien, nous avons
toujours le sentiment que les choses n’avancent pas. Les premières
années ont été militantes jusqu’aux années 80, puis tout cela est
devenu plus universel. On a donné à l’universel nos couleurs
spécifiques. Le terme militant renvoie à une idée de combat pour... Je
préfère l'appeler associatif, bénévole, naturel.Toute harmonie est
inaccessible dès lors que l'on ignore l'Autre dans sa spécificité, dans
son tempérament, dans son essence, mais aussi dans ses failles, ses
insuffisances, ses souffrances.
Le monde
Nous considérons que nous vivons dans un monde qui ne peut qu’aller
dans le mur. Quand 10 % des gens de la planète se répartissent 98 % des
richesses, cela ne peut pas tenir. C’est non seulement injuste, mais
invivable.
Le racisme
Il me semble aussi dangereux de montrer la Corse du doigt (comme étant
raciste) que d'affirmer la main sur le coeur que les Corses ne sont
absolument pas racistes.
L'identité
L’identité ne se décrète pas, elle ne se projette pas, elle se dévide
dans le souffle des hommes, et la sauvegarde de l’identité passe par
l’identité plus que par la sauvegarde.
En conclusion...
"Produire du sens, tisser du lien, restaurer le respect, accepter de se
construire aussi dans l’altérité".
Vu sur le site CafeBabelcom, le site européen
http://cafebabel.com/fr/
Un grand merci à Carole de me l'avoir signalé.
Jean-Claude Acquaviva, racine corse
Adriano Farano - Paris - 14.11.2006 Traduction : Gilles Pansu
Chanteur et leader du groupe de polyphonie corse ‘A filetta’,
Jean-Claude Acquaviva, 41 ans, disserte sur son dernier album, les
femmes de l’île de Beauté et la France jacobine. Le charisme de mon
invité transparaît dans ses yeux gris acier qui m'accueillent au matin
d’une limpide matinée d’automne parisienne. Mais c’est avec sa voix,
grave et hiératique, que Jean-Claude Acquaviva a su mener son groupe,
‘A filetta’ aux sommets de l'art de la polyphonie corse. Un timbre a
cappella qui, mêlé à celui des six autres membres du groupe, a conquis
le public de l'auditorium de l'Institut du Monde Arabe, le soir avant
que je le rencontre.
N'oublie jamais la fougère
La salle parisienne n'était pourtant pas à la hauteur des performances
acoustiques de la petite église de village où j'ai entendu pour la
première fois chanter ‘A filetta’. « C'est vrai », admet Jean-Claude
Acquaviva « des concerts comme celui de Rogliano [au Cap corse] nous
permettent de conserver un lien avec notre terre. » L’homme parle
corse, une langue largement compréhensible pour moi qui suis Italien.
’A Filetta’ cherche à préserver la simplicité qui existait lors de la
formation du groupe en 1978 par " des amateurs." Parmi les membres de
la première heure, des "instituteurs ou des bergers" et Jean-Claude
Acquaviva, 13 ans à l’époque. "Nous avons payé de notre poche notre
premier voyage à l'étranger, dans la Sardaigne voisine", se souvient-il
en souriant. "On ne demandait rien de plus".
En 1994, l’heure du choix sonne. "Nous étions face à une alternative,"
explique Acquaviva : "Continuer à nous amuser ou prendre les choses au
sérieux. Nous avons pris la voie professionnelle, portés par l'envie de
nous réaliser, avec l'aide du compositeur Bruno Coulais et du metteur
en scène Jean-Yves Lazennec".
A une condition : rester fidèle à leur nom. En corse, "filetta"
signifie "fougère", une plante très répandue sur l’île de Beauté et
"difficile à arracher car dotée de racines qui se développent à
l'horizontale", souligne Acquaviva, joignant le geste à la parole.
"D’ailleurs quand un corse quitte l'île et oublie ses racines, on dit :
‘s'è scordatu di a filetta’ [il a oublié la fougère]".
De l'innovation mais pas de pop
Pour Jean-Claude Acquaviva, la musique corse doit être à l'avant-garde.
"Nous voulons être aussi populaires que les autres genres musicaux,
sinon autant nous mettre au musée. Nos collègues qui s'opposent aux
innovations me rappellent les damnés de ‘l'Enfer’ de Dante qui furent
condamnés à marcher la tête à l'envers et à pleurer par derrière. Pour
autant, il ne faut pas perdre l'authenticité de la musique corse",
martèle t-il. Référence implicite à ‘I Muvrini’, autre groupe de
polyphonie corse très connu, qui a mélangé les chants traditionnels
avec des sonorités pop et des fonds sonores instrumentaux.
Le discours d’Acquaviva vaut aussi pour la politique. "On nous accuse
d'avoir oublié notre engagement des premières années en faveur de
l'indépendance de la Corse", explique Acquaviva avant d’enfoncer le
clou. "En réalité, nous sommes encore plus militants qu'avant."
Une Corse "annexée par la France"
Mais quel rapport entre la question corse et le dernier album d' ‘A
filetta’ intitulé Médée ?
"Le thème des femmes, " explique Acquaviva, qui cite même le poète
Sénèque en introduction d'une de ses chanson : ‘Nulle force au monde,
ni ouragan, ni incendie ou machine de guerre n'a la violence d'une
femme abandonnée, ni sa force ou sa haine’. "Je vois chez Médée la même
force que chez les femmes corses qui sont descendues dans la rue dans
les années 90 pour protester contre la violence des indépendantistes."
Une violence avec laquelle Acquaviva confesse entretenir des liens
ambigus. "Nous condamnons les crimes de sang commis par les
‘clandestins’. Mais on ne peut pas se contenter de condamner", glisse
t-il avant de reprendre d'un ton sérieux, en français cette fois :
"Qu'on le veuille ou non, la violence clandestine naît de l'injustice.
Je ne suis pas pour l'indépendance, mais il ne faut pas oublier un fait
historique irréfutable : la Corse a été annexée par la France. Et c'est
une terre beaucoup plus italienne que française."
"Nous, par exemple, " poursuit-il - en s'adressant à moi en corse –
"nous pouvons nous comprendre. Le problème est que notre île subit trop
d'injustices de la part de la France : les élections sont truquées, on
ne vote pas librement. Et à chaque fois qu'on veut augmenter le niveau
d'autonomie se déclenche une sorte de cordon immunitaire qui va
préserver une centralisation imposée par Paris."
Mais quel lien avec Médée ?
"Comme l'héroïne d'Euripide et de Sénèque, la Corse a subi une
injustice de la part de la France." Par amour pour Jason, Médée trahit
son père et sa patrie puis se voit abandonnée par son amant dont elle
se venge en tuant les deux fils qu'elle avait eu de lui. "Comme dans la
tragédie antique, le pacte a été violé", lance Acquaviva avec une
gestuelle toute méditerranéenne.
Pour le chanteur compositeur, l’injustice pourrait être réparée grâce à
l'Europe. Acquaviva, sceptique sur la Constitution européenne qu'il
estime "trop libérale", considère que "la Corse a tout à perdre si les
Etats nations reprennent le dessus. Car l'Europe est caractérisée par
une notion que la France ne peut absolument pas concevoir : la
décentralisation".
Pour 'A Filetta', l'Europe constitue surtout une occasion de dialogue
artistique. "Dans le cadre du programme européen ‘Interreg’, [qui
soutient des projets entre régions européennes] nous avons essayé de
confronter les différents visages de Médée dans la tradition
européenne. Le spectacle a été mis en scène par le napolitain Orlando
Furioso, avec des actrices sardes, des musiciens du conservatoire de
Livourne en Toscane, et la composition du Français Bruno Coulais."
En outre, « chaque année à Calvi, nous organisons une rencontre avec
des groupes polyphoniques du monde entier ».
Et de qui se sentent-ils les plus proches?
"Curieusement pas de nos voisins sardes, car leur chant est trop
aseptisé", dit-il avec précaution. "J'adore les Géorgiens, qui nous ont
enseigné à chanter de façon puissante avec tendresse et de façon tendre
avec puissance", explique Acquaviva. Une énergie qui, dans les
crescendos d’’A Filetta’ rappelle ainsi le vacarme tendre et fracassant
de la mer de Corse.
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Quel
est pour vous l'enjeu de la défense de la langue ?
A
vrai dire, nous ne nous posons pas, en tant que créateurs, le problème
de sa défense ; notre langue s'impose à nous, se dévide dans notre
souffle. En tant que citoyen, évidemment nous soutenons toutes les
démarches qui consistent à renforcer sa pratique au sein de la société
corse. Pour cela nous revendiquons toujours plus de moyens pour qu'elle
puisse être transmise, enseignée, divulguée, enrichie. Nous militons
pour une vraie reconnaissance et attendons toujours aussi impatiemment
que la France se décide à ratifier la charte européenne sur les langues
minoritaires. Seule une co-officialité est de nature à assurer à notre
langue une réelle capacité à être réinvestie dans l'espace public. Elle
doit reprendre toute sa place et ne doit pas être uniquement la langue
du chant ou du théâtre.
Pour vous
existe-t-il une éthique à respecter pour faire
évoluer les traditions ?
Nous
avons toujours affirmé qu'une tradition n'a de sens que pour être
dépassée. Elle constitue un mouvement ; une édification incessante. La
seule éthique qui vaille consiste à mon avis, à être sincère envers
soi-même. C’est sans doute ce qui nous fait répéter sans relâche :
"mieux vaut désirer être ce que l'on défend que vouloir défendre ce que
l'on est !". Il y a un très bel aphorisme de René Char que
nous aimons
citer : "les plus pures récoltes sont semées dans un sol qui n'existe
pas ; elles éliminent la gratitude et ne doivent qu'au printemps"; Dieu
sait si nous sommes attachés à notre sol mais pourrions-nous le
demeurer si nous n'aspirions pas à devenir la promesse d'un printemps ?
En quoi la connaissance des traditions aide-t-elle à
envisager le monde ?
Tout
d'abord parce que vouloir connaître c'est essayer de comprendre.
Ensuite parce qu'il est illusoire et dangereux de penser que les
traditions ne renvoient qu'à des racines ; au delà du fait qu'elles
nous distinguent dans nos pratiques, elles nous confondent dans une
même condition d'homme.
"hè andatu u tempu à impachjà si in i libri
è di noi hè firmatu cio' chi' un erede pensa :
un andatu, un erta,
una fiarata intensa
è nant'à l'allusingà
una nivaghja immensa"
"notre temps s'est fourvoyé dans des livres
et leurs pages beiges
et de nous ne demeure que la pensée d'un héritier :
un chemin étroit, une falaise,
un immense brasier
et sur la peau de nos illusions
d'abondantes chutes de neige"
Vos chants se réfèrent souvent au religieux; quelle place
et quelle forme prend la spiritualité dans votre vie ?
Le
répertoire polyphonique traditionnel est en grande partie lié aux
pratiques religieuses. En le perpétuant et en le prolongeant par le
truchement de la création, on lui accorde une place importante dans
notre parcours et dans nos vies. Je ne pense pas qu'il faille y voir
une adhésion au dogme. Pour nous, le religieux est avant tout ce qui
relie. C'est une façon d'appréhender l'autre comme une partie de
nous-mêmes. Un de nos chants issu d'un requiem créé en 2004 au festival
de St Denis ("Di Corsica riposu - Requiem pour deux regards") dit
"figliolu d'ellu, si' figliolu di meiu"/ "parce que tu es son fils, tu
es aussi le mien". A eux seuls, ces quelques mots en disent beaucoup
plus que de longs discours, sur notre conception du rapport à l'autre.
Comment voyez-vous le rôle du religieux dans la société
contemporaine et est-il juste ?
J'ai
toujours beaucoup de mal à comprendre comment les religions peuvent
s'accommoder de valeurs qui fondent et organisent nos sociétés modernes
: être le meilleur, être un gagnant, savoir circonscrire ses
responsabilités en toutes éventualités, ne concevoir le bien-être que
pour soi ou les siens, la réussite individuelle...etc. C'est sans doute
ce qui explique que très souvent elles ne se vivent que comme un
refuge, un rempart, occasionnant des postures de repli, c'est à dire
l'exact contraire de ce qu'elles sont censées professer. Pour notre
part et sans prétention aucune, nous disons depuis fort longtemps qu'il
nous semble que la vie est de ces batailles à mener dont il ne faille
sortir ni vainqueur ni vaincu, mais grandi, et que nous sommes en tant
qu'hommes, tous responsables de tout !
Dans votre travail les textes ont une place
prépondérante; comment les choisissez vous ?
Disons
tout d'abord qu'il existe un risque non négligeable dans nos
polyphonies que le son prenne le pas sur le sens car l'harmonie est un
langage à forte personnalité ! C’est sans doute la raison pour laquelle
nous attachons tant d'importance au verbe, à son sens et sa musicalité
qui ne doivent faire qu'un. Nous écrivons une grande partie des textes
chantés et dits durant nos concerts. Il nous arrive aussi de citer des
auteurs quand ils nous semblent éclairer notre propos chanté. Nos choix
s'opèrent au gré de nos lectures et sont guidés par nos goûts
littéraires.
Vous avez adapté un texte de Primo Levi en mémoire de la
Shoah; qu'est-ce qui vous a poussé à le faire ?
C'est
avant tout la vérité de ce texte poignant qui porte en lui tous les
stigmates de l'horreur, de la souffrance de qui a vécu et enduré la
barbarie. Primo Levi dit que s'il est impossible de comprendre, il est
nécessaire de savoir car ce qui fut pourrait être encore ; les
consciences à nouveau pourraient être séduites et obscurcies. Les
nôtres aussi !
Ce chant est un cri d'autant plus irrépressible que
la parole de Levi continue à n'être pas entendue toujours et en tous
lieux...
Vous avez créé un festival, "les rencontres
de chants polyphoniques de Calvi"; quelles difficultés rencontrez-vous
à perpétuer cet évènement ?
Ces rencontres sont un
rendez-vous annuel de tout ce que la planète compte d'expressions
vocales polyphoniques. Cet évènement fêtera en septembre prochain ses
20 ans. Les difficultés auxquelles nous sommes confrontées sont
essentiellement d’ordres économiques et financiers : la programmation
nécessite des moyens croissants dans la mesure où il faut toujours
aller plus haut et surtout plus loin. Les budgets consacrés aux
transports des artistes, notamment, sont de plus en plus lourds. Or,
les aides publiques décroissent, et notre capacité d'accueil est
limitée puisque nos lieux de concerts (une église et un oratoire)
constituent des jauges très modestes. Nous ne disposons toujours pas de
salles dignes de ce nom et sommes soumis au risque (pas toujours facile
à assumer) d'une programmation de plein air... chacun sait que notre
météo est "royale" mais pas toujours !!! Enfin, le sponsoring
privé
est extrêmement faible. Pour le reste, Dieu merci, l'enthousiasme de
dizaines de bénévoles assure à cette manifestation une belle vivacité
et surtout lui confère une générosité louée par l'ensemble des artistes
accueillis.
En quoi ce festival a influencé votre travail ?
Tout
d'abord il nous a fait mieux appréhender notre propre tradition vocale
en la replaçant dans sa matrice. Notre musique en est ressortie plus
forte, plus confiante et surtout mieux assumée. La découverte d'autres
sillons vocaux nous a naturellement incités à intégrer certaines
influences ; le chant géorgien par exemple, dont nous disons volontiers
qu'il nous aura appris à dire tendrement des choses puissantes et
puissamment des choses tendres. En outre, chaque édition apporte son
lot de "claques" musicales nous incitant à nous remettre au travail dès
le départ de nos invités.
Aux rencontres, des traditions du monde entier se
croisent; comment interfèrent-elles entre elles ?
Ce
qui semble fort intéressant, c'est que passée la surprise de la
découverte, les uns et les autres "s'ouvrent" totalement. Ces
rencontres ont bâti leur réputation sur trois éléments essentiels :
- la qualité de l'accueil
-
les artistes sont nos invités sur toute la semaine, même lorsque leur
concert a lieu en tout début ou en fin de programme. C'est une façon de
leur donner le temps et la disponibilité indispensables à l'écoute de
l'autre. C'est évidemment plus lourd sur le plan financier et sur celui
de la logistique, mais ça nous semble inhérent à toute notion de
rencontre.
- nous aimons suivre les artistes dans leur trajectoire
respective et faisons partager au public ce recul. Souvent, il nous
semble constater que tel ou tel nous revient des années plus tard,
nourri d'influences et de pratiques ici acquises. C'est une façon
naturelle de redonner aux traditions l'opportunité d'une certaine
"mobilité".
A Filetta fête ses trente ans ; qu'est-ce que cela
signifie pour vous ?
30
ans c'est déjà un beau parcours. Le rêve se poursuit et continue à
faire de nous de grands privilégiés. Ce qui explique cette longévité
c'est probablement l'importance que nous avons toujours accordé à la
capacité de chaque chanteur à s'abandonner au collectif sans jamais
renoncer à sa propre personnalité. Sur ce plan nous avons la prétention
d'affirmer que nous constituons une vraie demeure sociale ; un cocon
bienveillant qui nous permet d'appréhender l'extérieur en toute
sérénité. Un de nos amis, Pierre Baqué, vient de nous écrire une très
belle lettre qui se termine par ces mots: "Vous chantez, et se crée
autour de vous une chapelle qui nous abrite". N'allez pas croire que le
fait de rapporter ces paroles soit le signe d'une grande immodestie,
mais nous aimons tant l'idée de pouvoir contribuer un tant soit peu au
bonheur de chaque être qui nous "prête" une oreille.
"votre enfer est pourtant le mien,
nous vivons sous le même règne
et lorsque vous saignez, je saigne
et je meurs dans vos mêmes liens
Quelle heure est-il ? quel temps fait-il ?
j'aurais tant aimé cependant
gagner pour vous, pour moi perdant
avoir été peut être utile"
L. ARAGON
Entre l'intention de départ et votre existence actuelle,
qu'est ce qui a changé ?
Lorsque
le groupe a été créé j'avais 13 ans ! Il est évident que nous
n'envisagions pas à l'époque que nous ferions de telles découvertes !
Notre préoccupation première était de participer à une sorte d'élan
culturel qui était censé restituer à notre terre son vrai visage ; car
qui pourrait nier aujourd'hui que la Corse a subi une réelle politique
d'éradication de son identité depuis deux siècles ? Aujourd’hui ce
mouvement a beaucoup mûri et est parvenu à s'extraire du piège de la
réaction. Désormais nous ne nous comportons plus comme des enfants qui
crieraient sans cesse " je veux parler !" ; aujourd'hui nous parlons !!
Nous avons acquis aussi la conviction que la "défense" de toute
identité passe par l'identité plus que par sa défense. Enfin, le fait
d'avoir choisi, il y a 15 ans, de vivre du chant nous aura permis de
nous consacrer pleinement à ce travail qui nous passionne encore et
encore.
En pièce jointe, l'édito du dernier numéro de Mondomix.
Comment vous fait-il réagir ?
Qu'il
nous soit permis ici de féliciter Marc Benaïche pour cet édito qui
emporte notre adhésion totale et inconditionnelle. Nous sommes outrés,
révoltés, écœurés par l'hypocrisie de nos sociétés qui continuent à
faire leur business en piétinant allègrement des populations entières
et leurs droits fondamentaux. A nouveau nous l'affirmons : nous sommes
tous responsables de tout. On écrase, on bafoue, on altère au nom de la
sacro-sainte croissance; c'est indigne et dégueulasse ! De la même
façon, on reconduit à nos frontières ceux-là même qu'on a spoliés,
ruinés, niés, asservis et qui en sont réduits à risquer leur vie dans
une embarcation de fortune ou dans le train d'atterrissage d'un avion
pour sauver leur peau, et on a même le culot de leur dire "qu'on ne
peut pas accueillir toute la misère du monde ! " ; quel courage !
Quelle générosité !
Pour avoir tourné un peu le monde, nous avons
souvent été sidérés par la façon dont nous, les occidentaux, continuons
à nous comporter ailleurs ; la parole de Césaire demeure d'une
effrayante actualité...
Un disque, un livre, un film qui vous ont récemment
marqué ?
Le
dernier album de Gabriel Yacoub, "de la nature des choses" : une pure
merveille. Je persiste à croire qu'il est parmi les meilleurs, sinon le
meilleur chanteur français !
Benjamin MiNiMuM
Esclusiva
: Intervista al "Carubbu"
In questo 12
giugno 2008, insieme con i nostri amici olandesi di Tra Noi,
Laurent e Suzan e il loro figlio Julian, e Joelle e Jean-Paul Pillot,
eravamo glii ospiti di A Filetta al Carubbu. Dopo un pasto
molto conviviale,
Jean, Paul e Jose si sono dati alle nostre domande.
Sulla terrazza
del Carubbu...
Suzan,
Laurent, Julien, Anne Marie, Maxime e la sua figlia, Jean-Paul e
Joëlle
Gli 30 anni di A Filetta
Jean-Claude
Casanova
: Si celebrerà presto (anche se
non ci sarà la
commemorazione ufficiale) i 30 anni di A Filetta. La mia domanda è un
po
' per Jean, dal momento che sei uno dei creatori del gruppo.
In primo
luogo, qual è la tua valutazione di questi 30 anni ? Ci sono cose che
ti dispiace aver fatto, o cose che ti dispiace non aver fatto durante
questi 30 anni?
Jean
Sicurani
La
domanda è per tutti. No, non abbiamo
rimpianti.
Abbiamo sempre assumatto quel che abbiamo fatto, non solo assumatto,
ma preso un sacco di divertimento da farlo. Siamo sempre stati
in
perfetta
armonia nei vari progetti. Anche se inizialmente non eravamo tutti
convinti della fondatezza dei singoli progetti, alla fine si siamo
trovati tutti cresciuti.
E 'stato un percorso molto bello, e spero che si protrae per alcuni anni,
anche se gli anni stanno cominciando a dare! I progetti che non abbiamo
fatto? Abbiamo fatto un sacco di cose, sicuramente molte cose da fare,
vedremo, è il tempo che ci consentirà di andare avanti.
Jean (Foto: Anne-Marie Casanova)
JC : J’avais donc prévu de commencer par un bilan, puis des questions
sur votre nouveau CD Bracanà et sur A Filetta aujourd’hui, ensuite les
projets et enfin les prochaines rencontres, mais nous en avons déjà
parlé avec Valérie.
1901
Laurent Lohez : Alors, passons à Bracanà. Une question sur 1901. Je
suppose que Tao est mort maintenant. Sur quoi se base la
chanson, sur des récits ?
Jean : C’est quelqu’un que j’ai connu, puisqu’il habitait Calvi.
L’histoire de la chanson est liée à la rencontre avec les chanteurs
géorgiens, mais surtout avec l’amour et la passion que l’on partage
avec Jean Temir, un des fils de Tao qui était géorgien. Le chant a été
composé à la mémoire de Tao et du père de Cathy Antonini qui est ma
tante par alliance. Son père était géorgien du Caucase. Tao est venu et
a vécu en Corse. Le père de Cathy a été exilé en France, pas en Corse,
mais elle a fait souche en Corse, s’est mariée avec un de mes oncles,
elle a eu des enfants, a toujours vécu ici.
JC:
Avevo previsto di iniziare con una rassegna, poi domande sul nuovo
CD Bracanà e su A Filetta oggi , quindi i progetti e poi le
prossime
Rencontres, ma ne abbiamo già parlato con Valerie.
1901
Laurent Lohez: Quindi girare Bracanà. Una domanda sul 1901. Suppongo
che il Tao è morto subito. Che canzone è basata su storie?
Giovanni: si tratta di qualcuno che ho conosciuto dal vissuto Calvi. La
storia della canzone è legata alla riunione con il georgiano cantanti,
ma con l'amore e la passione che condividiamo con Jean Temir, un figlio
del Tao è stato georgiano. La canzone è stata composta in memoria del
Tao e il padre di Cathy Antonini è mia zia dal matrimonio. Suo padre
era un georgiano dal Caucaso. Tao è vissuto e in Corsica. Cathy's padre
era in esilio in Francia, non in Corsica, ma ha radici in Corsica, era
sposata con uno dei miei zii, aveva figli, ha sempre vissuto qui.
C’est donc cet amour à la fois pour ce pays qu’on a découvert à travers
les chanteurs géorgiens et aussi physiquement puisque nous y sommes
allés chanter plusieurs fois. Et personnellement, c’est un des plus
beaux souvenirs de rencontres avec un groupe humain, les chanteurs et
leur terre. L’accueil que nous avons eu là bas, ça a été vraiment
quelque chose que je ne saurais même pas décrire, tellement c’était
fort. Ils nous ont donné tout leur cœur, et ça ne se mesure pas,
c’était vraiment très puissant.
C’est donc un hommage à cette terre, à ces deux personnes que tous
n’ont pas forcément connues mais qui ont donné des enfants à la terre
corse, c’est la fusion de ces deux terres à travers ce chant et l’amour
pour l’humain avant tout. Bracanà
JC : Je voudrais revenir sur la genèse de Bracanà. D’après nos
différentes conversations, vous avez un peu changé d’idée en cours de
route. Il y avait notamment des morceaux de Bruno Coulais à l’origine ?
José Filippi : On avait déjà enregistré le disque l’an
dernier, et on n’était pas contents de la prise de son, du son
d’ensemble. On avait opté pour une prise de son individuelle, voix par
voix, et au mixage, on s’est rendu compte que ce n’était pas le bon
choix, ça manquait de cohésion, de vie. On a décidé de réenregistrer et
aussi d’enlever les chants de Bruno Coulais.
Quindi, questo amore sia per questo paese abbiamo scoperto attraverso
il georgiano cantanti e fisicamente, dato che è andato a cantare a più
riprese. E personalmente, è uno dei migliori ricordi di incontri con un
gruppo di persone, cantanti e la loro terra. La reception vi abbiamo
ottenuto, è stato davvero qualcosa che non può nemmeno descrivere, così
è stato davvero buono. Essi ci ha dato tutto il loro cuore, e non è
misurabile, è stato davvero molto potente.
Si tratta quindi di un omaggio a questa terra, queste due persone che
non hanno necessariamente conoscere, ma che ha dato alla terra corse
dei bambini, è la fusione di questi due terreni attraverso questa
canzone e l'amore prima per l'uomo. Bracanà
JC: vorrei tornare alla genesi di Bracanà. Dal nostro varie
conversazioni, lei ha appena cambiato la sua mente di rotta. Sono
incluse le canzoni di Bruno Coulais per l'origine?
José Filippi: Abbiamo già registrato il disco dello scorso anno, e non
siamo stati felici con il suono, il suono. Abbiamo optato per una
persona della sua voce con la voce, e la miscelazione, si è reso conto
che questa non era la scelta giusta, è privo di coesione, la vita. Si è
deciso di ri-registrare e rimuovere le canzoni di Bruno Coulais.
José (photo : Anne Marie Casanova)
Paul Giansily : Pour se consacrer plus tard à l’enregistrement des
musiques de Bruno. Cela nous semblait beaucoup plus cohérent que
d’intégrer deux morceaux qui tombent un peu comme un cheveu sur la
soupe.
JC : C’est un peu la même chose en concert : on aime beaucoup ces
chants, mais après les chants de la Passion, il y a toujours un
passage, une sorte de relâchement...
Paul : Aussi bien en qualité qu’en tension.
JC : Je ne dirais pas en qualité, au contraire, une partie du public
apprécie même presque davantage, c’est là que les applaudissements sont
les plus forts. Cette partie du concert donne peut être une dynamique
supplémentaire, mais ça crée une rupture de ton. Je préfère un concert
plus homogène. Mais effectivement, comme le dit Jean-Paul, souvent le
public démarrait après Le lac.
Paolo Giansily: Per concentrarsi sulle ultime registrazione di musica
da Bruno. Ciò sembra molto più coerente di integrare le due tracce che
rientrano un po 'come un capello sulla minestra.
JC: E 'la stessa in concerto: ama queste canzoni, ma dopo il canto
della Passione, vi è sempre un modo, una sorta di liberazione ...
Paolo: sia la qualità e la tensione.
JC: Non vorrei dire, al contrario, da parte del pubblico apprezza quasi
più, che è dove gli applausi è il più forte. Questa parte del concerto
può essere un ulteriore dinamica, ma crea una rottura nel tono. Io
preferisco un concerto più omogenea. Ma in realtà, come Giovanni Paolo,
il pubblico spesso è iniziata dopo il lago.
José : On le ressent nous aussi. On est concentrés du début à la fin,
mais quand on aborde les chants de Bruno, ça fait non pas un
relâchement, mais comme une récréation.
JC : Finalement, sur Bracanà il y a seulement deux créations nouvelles,
1901 et Treblinka, et pourtant, même si on connaissait les chants du
Via Crucis, on sent une grande innovation dans ce disque. Je ne sais
pas à quoi ça tient. Peut être une étape supplémentaire ?
Paul : Tout simplement parce que ça n’avait pas été fixé.
JC : Oui, mais je les avais déjà entendus plusieurs fois, et j’ai
l’impression que vous avez encore franchi une étape dans votre parcours.
José : Comme le dit Paul, c’est parce que les chants n’avaient pas été
fixés. Au niveau de l’écriture, ils ne sont pas plus
difficiles que les précédents. On n’a pas trouvé de différence.
Jean : Je suis un peu d’accord avec ce que tu dis. Même si les chants
n’ont pas été fixés ou figés sur un disque, depuis le moment où tu les
as entendus pour la première fois, ils ont évolué, et nous aussi. En
peu de temps
José : C’est pareil pour les chœurs de Médée. En 1997 ils étaient très
différents de maintenant.
José: Si sente troppo. E 'concentrato dall'inizio alla fine, ma quando
si tratta di canzoni di Bruno, non è una liberazione, ma come una
ricreazione.
JC: Infine, per quanto riguarda Bracanà ci sono solo due nuove
creazioni, Treblinka e nel 1901, ancora, anche se sapevamo che le
canzoni della Via Crucis, si sente una grande innovazione nel disco.
Non so che cosa ci vuole. Può essere un ulteriore passo avanti?
Paolo: Solo perché non era stata impostata.
JC: Sì, ma avevo già sentito più volte, e credo che lei abbia fatto un
passo nel vostro viaggio.
José: Come dice Paolo, perché le canzoni non erano stati fissati. In
termini di scrittura, che non sono più difficile di quelli precedenti.
Abbiamo trovato alcuna differenza.
Giovanni: Sono un po 'd'accordo con quello che lei dice. Anche se le
canzoni non sono state congelate o fisso su un disco, dal momento in
cui hai sentito come per la prima volta si sono evolute, e anche noi.
Presto
José: E 'lo stesso per il coro della Medea. Nel 1997 sono stati molto
diversi da ora.
L'Invitu
JC : Justement, pourquoi avoir réenregistré un extrait de L’Invitu
Paul : On n’est pas entièrement convaincus par l’enregistrement de
Médée. On n’est pas très satisfaits. La prise de son, notre
interprétation aussi, très pincée, ne nous convient pas du tout. On
pense même à le réenregistrer.
Jean : Personnellement, je considère que c’est l’œuvre majeure. Ca ne
me gêne pas du tout qu’on retrouve des bribes dans différents albums,
comme dans Intantu.
Paul : Ça représente notre parcours des dix dernières d’années, il
avait tout à fait sa place dans le disque.
JC : Ce n’était pas du tout une critique, au contraire ! D’ailleurs, au
dernier concert à l’Européen, j’ai trouvé que le fait peut être de n’en
avoir qu’un extrait lui a donné plus de force.
Paul : Ça demande tellement d’implication, d’énergie…
Lode à una simpatica zitella
Laurent : Une question sur la monodie de Jean-Luc à propos de sa mère,
composée par un poète sur sa mère. Quels sont ses sentiments quand il
le chante ?
Il Invitu
JC: Esattamente, perché hanno resaved un estratto da Il Invitu
Paolo: Non è del tutto convinto dalla registrazione di Medea. Noi non
siamo molto soddisfatti. Il suono, anche la nostra interpretazione,
pizzico, non funzionano affatto. Riteniamo anche di ri-registrazione.
Giovanni: Personalmente, ritengo che i grandi lavori. Non mi disagi a
tutti i frammenti trovati in diversi album, come nel Intantu.
Paolo: E 'il nostro cammino degli ultimi dieci anni, è stato un bel
posto nel disco.
JC: Non era una critica, al contrario! Infatti, l'ultimo concerto in
Europa, ho scoperto che non deve essere estratto con un diede più
forza.
Paolo: Mi domanda tanto coinvolgimento, l'energia ...
Lode in una simpatica Zitelle
Lorenzo: Una domanda sulla monodia Jean-Luc su sua madre, scritta da un
poeta a sua madre. Quali sono i suoi sentimenti quando si canta?
Laurent, Jean, Paul et José
Paul : Ce n’est pas une chanson créée pour sa mère, c’est une chanson
que Pampasgiolu a reprise et a chantée pour sa mère. Pour Jean-Luc,
c’est personnel, je ne peux pas répondre pour lui. Je suppose que s’il
a souhaité l’enregistrer, c’est que ça avait de l’importance à ses yeux.
José : Jean-Luc, c’est quelqu’un qui a vécu dans ce milieu, avec les
poètes, son père chantait…
JC : Il a encore beaucoup de monodies en réserve ?
Paul : Oui. Sa mère enregistrait beaucoup les chanteurs. On a des
versions originales chantées par Pampasgiolu. Ils se côtoyaient à
l’époque.
Treblinka
JC : Treblinka a été composé en très peu de temps, d’après les
conversations que j’ai pu avoir avec vous.
José : Ca a été composé ici au Carubbu, très rapidement.
JC : La mélodie, je veux bien. Mais tout ce que vous avez fait autour,
l’apport de chacun ?
José : Les paroles sont de Jean-Yves Acquaviva. Un jour Jean-Claude
arrive et dit : j’ai peut être un thème pour ce chant. Il s’est mis au
piano, a commencé à jouer le thème. On s’est mis tous autour du piano,
chacun a apporté, on avait pensé à des bourdons…
Paolo: Non è una canzone scritta per sua madre, è una canzone che ha
preso Pampasgiolu e cantato per sua madre. Per Jean-Luc è, non posso
rispondere per lui. Suppongo che se voleva registrare è che è stato
importante per lui.
José: Jean-Luc è qualcuno che ha vissuto in questo ambiente, con i
poeti, il suo padre ha cantato ...
JC: Non c'è molto di più in riserva Monodies?
Paolo: Sì. Sua madre ha mostrato grandi cantanti. E 'stata la versione
originale cantata da Pampasgiolu. Essi strofinata al momento.
Treblinka
JC: Treblinka era composta in un arco di tempo molto breve, dopo le
conversazioni che ho avuto con voi.
Jose: E 'stato composto da Carubbu, molto rapidamente.
JC: La melodia, voglio. Ma quello che hai attorno, il contributo di
ciascuno?
José: Le parole sono di Jean-Yves Acquaviva. Un giorno, Jean-Claude
viene e dice: io possa essere un tema di questo brano. E 'iniziato al
pianoforte e cominciò a suonare il tema. Siamo andati in giro per il
pianoforte, ciascuno ha fatto, si è pensato di bombi ...
JC : Justement, le bourdon ! C’est très novateur, unique dans ce que
vous faires, non ?
Jean : Il est à bouche fermée.
JC : Oui, à bouche fermée, mais il a un son très particulier.
José : ca n’a pas été une recherche particulière. C’est venu…
JC : Qui le chante, d’ailleurs ?
José : Il y a Max qui fait la voix la plus grave, Jean, Ceccé et moi
faisons un bourdon. Ceccé alterne entre le bourdon et une autre voix.
Paul : il y a le bourdon aigu, aussi.
JC : Oui, le bourdon aigu ! Vers la fin, avec Jean-Luc ...
José : Il y a Jean-Luc qui fait des dissonances sur l’avant dernier
couplet.
Jean : A un moment donné, on change tous. Tu ne changes pas, toi ?
José : Eu, ùn cambiu micca. Moi, je change juste sur la fin en voix
plus haute, à l’octave du bourdon. Mais c’est vrai que ça a été créé
sur 2-3 jours. On cherchait un morceau supplémentaire.
JC : Et après, vous l’avez travaillé longtemps ?
José : Non, il a été fixé très vite. Techniquement, il n’est pas
tellement difficile. Il n’est pas difficile à mettre en place, du moins.
JC : Il y a effectivement des chants où il y a 7 voix différentes,
comme le Benedictus.
JC: Esattamente, il fuco! E 'molto innovativo, unico in ciò che si fa,
giusto?
Giovanni: Si è chiusa la bocca.
JC: Sì, la bocca chiusa, ma è molto particolare.
José: ca non è stata di ricerca specifici. E 'venuto ...
JC: Chi canta, comunque?
Jose: C'è la voce di Max è il più grave, Giovanni, e fare uno bumblebee
Cecca. Cecca alterna tra il drone e un altro voto.
Paolo: non vi è l'acuta fuco, troppo.
JC: Sì, il fuco acuta! Verso la fine, con Jean-Luc ...
José: Si tratta di Jean-Luc, che è il penultimo dissonanza coppie.
Jean: Ad un certo punto, si cambia tutto. Se non cambierà, si?
José: UE, ONU cambiu Micca. Ho appena cambiare il fine più alto nel
voto, con il fuco di ottava. Ma è vero che è stato creato, nel giro di
2-3 giorni. E 'stato un po' guardando oltre.
JC: E dopo aver lavorato a lungo?
José: No, non è stato fissato in tempi molto brevi. Tecnicamente, non è
così difficile. Non è difficile da attuare, almeno.
JC: Ci sono canzoni in cui ci sono 7 voci diverse, come il Benedictus.
José : Tu as le Benedictus, le Dies Irae où il y a 7 voix vraiment
distinctes. Après, le chant varie selon les concerts comme les autres
chants, mais il n’est pas difficile. On est plus ou moins faux ou
justes…
Laurent : Vous l’aviez essayé à tâtons à Utrecht sur le piano qui se
trouvait dans la salle. Suzan l’a enregistré sur son téléphone portable
!
La religion
Laurent : A propos de Beati, il est tiré directement de la Bible ?
Paul : Oui, des Béatitudes. Il n’est pas intégral, mais il est tiré des
Béatitudes.
Laurent : Votre source d’inspiration, c’est essentiellement la Bible
pour le Chemin de Croix ? Y a-t-il d’autres sources d’inspiration ?
Paul : Il y a U Sipolcru, que l’on a repris, et U cantu di l’acqua, qui
sont des compositions de Jean-Claude. Toutes les autres créations sont
sur des textes liturgiques.
Jean : Vous êtes croyants, pratiquants ? Car là, vous avez les
mécréants du groupe !
Paul : On suit la philosophie, on essaie de la suivre, mais tout ce
qu’on nous raconte…
José : La religion catholique fait partie de notre culture. On dépasse
la religion, mais on a le fonds, l’éducation, même inconsciemment. On a
vécu là-dedans.
Paul : Il y a des gens qui, à la fin des concerts, nous demandent : "à
quel ordre appartenez-vous ? Vous devez être très croyants !". En fait,
la philosophie, on y adhère, mais ç’aurait été pareil avec une autre
religion : le respect de l’autre….
José: Hai il Benedictus, il Dies irae, che ci sono 7 veramente distinta
voce. Dopo la canzone varia concerti come gli altri brani, ma non è
difficile. È più o meno giusto o sbagliato ...
Lawrence: Lei aveva cercato di grope a Utrecht il pianoforte che era
nella stanza. Suzan ha registrato il suo telefono cellulare!
Religione
Lorenzo: A proposito di Beati, è tratto direttamente dalla Bibbia?
Paolo: Sì, le Beatitudini. Non è pieno, ma si basa sulle Beatitudini.
Lorenzo: La tua fonte di ispirazione, è essenzialmente la Bibbia per la
Via Crucis? Esistono altre fonti di ispirazione?
Paolo: Ci sono Sipolcru U, che è stato preso e U cantu di l'acqua, che
sono le composizioni di Jean-Claude. Tutti gli altri modelli sono in
testi liturgici.
Giovanni: Siete credenti, seguaci? Perché qui si ha il gruppo di
miscredenti!
Paolo: Seguiamo la filosofia, noi cerchiamo di seguire, ma tutto ciò
che dice ...
José: La religione cattolica è parte della nostra cultura. Essa va
oltre la religione, ma ha i fondi, l'istruzione, anche inconsciamente.
Abbiamo vissuto lì.
Paolo: Ci sono persone che, alla fine del concerto, ci domandiamo:
"Come faccio a ordinare? È necessario essere molto religiosi." In
realtà, la filosofia, che aderisce, ma sarebbe stato lo stesso con
un'altra
Jean, Paul et José
Le travail du groupe
JC : Avez-vous évolué dans votre façon de travailler, notamment les
arrangements des chants ? Lors d’un concert récent, vous avez chanté U
Lamentu di Ghjesù et des nouvelles compositions. Maintenant je trouve
qu’il y a un gouffre entre le traditionnel et ce que vous faites
maintenant. Est-ce différent dans votre façon de les aborder ?
José : Je vais te dire : que ce soit un chant traditionnel qu’on chante
depuis 20 ou 30 ans, pour moi il n’y a aucune différence. Chaque note
est une bataille permanente. Même sur un chant qu’on a l’habitude de
chanter, si tu relâches un tant soit peu, on tombe à côté….
JC : Je ne parlais pas tant au niveau de l’expression que plutôt au
niveau de la technique, du travail de chaque voix…
José : Non, et ça s’est vérifié à chaque fois : que ce soit sur une
création récente ou un chant que l’on chante depuis 30 ans, si tu
laisses aller un tant soit peu, si tu dis : « on le connaît », on peut
se planter, même quand il n’y a pas besoin de technique. A chaque fois
ça s’est vérifié. Un de nos premiers concerts de cette année à Calvi a
été désastreux. Parce qu’on s’est dit : ce sont des chants qui
commencent à être rodés, et puis, non. On a fait Sumiglia, on l’a
complètement estropié, car il faut sans cesse revenir sur le chant.
C’est pour ça que les chants évoluent. Les chants de Médée, le Dies
Irae, Benedictus, Treblinka, vont être chantés différemment dans 2-3
ans.
Il gruppo di lavoro
JC: Hai cambiato il tuo modo di lavorare, compresi gli accordi di
canzoni? In un recente concerto, si cantava U Lamentu di Ghjesù e nuove
composizioni. Ora trovo c'è un abisso tra il tradizionale e quello che
fai ora. E 'diverso il modo in ci si avvicina a loro?
José: ti dico: che si tratti di una canzone che canta per 20 o 30 anni,
per me non c'è differenza. Ogni nota è una battaglia in corso. Anche su
una canzone che abbiamo usato a cantare, se si rilascia un po ', spetta
al lato ....
JC: Io non parlo a livello sia l'espressione, piuttosto che al lavoro
tecnico ogni voce ...
José: No, è stato controllato e ogni volta che, se su una nuova
costituzione o di una canzone che viene cantato per 30 anni, se si
lascia andare un po ', se lei dice: "noi sappiamo "possono essere
piantati, anche quando non vi è alcuna necessità tecnica. Ogni volta
che è stato controllato. Uno dei nostri primi concerti di quest'anno a
Calvi è stato disastroso. Perché abbiamo detto, queste sono le canzoni
che iniziano a essere eseguito, e poi no. E 'stato Sumiglia, è stato
completamente paralizzato, come egli deve tornare a cantare. Ecco
perché le canzoni evolvere. Canzoni di Medea, il Dies irae, Benedictus,
Treblinka saranno cantate in modo diverso in 2-3 anni.
Paul : Et l’arrivée de nouveaux chanteurs a fait que notre technique a
changé.
José : On avait l’habitude de faire des bourdons à trois, Jean, Max et
moi. Quand Ceccè est arrivé, l’apport d’une nouvelle voix nous a
déstabilisés. On n’arrivait plus à retrouver notre équilibre. Il
fallait que cette voix s’intègre, qu’on prenne l’habitude de chanter à
quatre. Ça change complètement, c’est déstabilisant. Pendant un certain
temps, c’est une voix qui arrive en plus, et il faut s’y habituer.
JC : De même, nous vous connaissions moins bien à l’époque, mais quand
Jean-Luc est arrivé, j’imagine que ça a dû modifier la place de Paul
dans le groupe ?
José : Franchement, je ne pense pas.
Jean : Paul est resté pratiquement la seule voix aiguë. Il chantait
très peu en seconda, le plus souvent en terza, et il l’est
resté. C’est Paul la voix la plus haute, et de temps en temps
Jean-Claude, pas Jean-Luc. Jean-Luc chante plus en seconda.
José : Paul, l’arrivée de Jean Luc t’a perturbé ?
JC : Non, je n'ai pas dit perturbé, mais changé la façon de te placer ?
Paul : Oui, l’arrivée de Jean-Luc a profondément changé ma manière de
chanter.
JC : Ah !
Paolo: E l'arrivo di un nuovo cantante che ha cambiato la nostra
tecnologia.
José: E 'stata l'abitudine di bombi a tre, Giovanni, Max e me. Quando
sono arrivati Cecca, che fornisce una nuova voce ha destabilizzato. Non
riesco più a trovare il nostro equilibrio. E 'stata questa voce che è,
abbiamo l'abitudine di cantare a quattro. Si cambia completamente, è
destabilizzante. Per un po 'di tempo, è una voce che proviene oltre e
dobbiamo abituarci ad esso.
JC: Inoltre, sappiamo meno al momento, ma quando Jean-Luc venuto, penso
che ha dovuto cambiare il luogo di Paolo nella band?
José: Francamente, non credo tanto.
Jean Paul è rimasta praticamente l'unica voce. Ha cantato molto poco
nella seconda, soprattutto in terza, e lui è rimasto. Questa è la voce
di Paolo elevato, e di volta in volta Jean-Claude, Jean-Luc non.
Jean-Luc canta più in pochi secondi.
José: Paolo, l'arrivo di Jean Luc è sconvolto?
JC: No, non ho detto sconvolto, ma cambiato il tuo modo di investire?
Paolo: Sì, l'arrivo di Jean-Luc ha profondamente cambiato il mio modo
di cantare.
JC: Ah!
José : On a dit le contraire !
Jean : Pas sa place, sa manière de chanter.
JC : Il faut dire qu'à l’époque, on vous connaissait beaucoup moins, et
les enregistrements étaient moins fouillés, on avait aussi plus de mal
à identifier les voix ….
José : C’est par rapport à l’écriture. Quand tu as sept voix
différentes avec aucune voix leader, comme dans Benedictus ou Dies
Irae, évidemment, à un moment donné, tu entends toutes les voix.
J-Paul : Et aussi à force d’écouter on est plus attentif à chaque voix.
Paul : Et on ne chantait pas tous en même temps, on doublait les
basses.
José : Les voix se fondaient, c’est beaucoup au niveau de l’écriture
AM: En quoi as-tu changé ta manière ?
Paul : Ma voix s’est affinée. Si je prends les enregistrements jusqu’à
Passione, c’est une autre manière de placer ma voix.
José : Ce n’est pas lié à l’arrivée de Jean-Luc.
Jean : C’est lié au travail.
Paul : Et aussi sa manière de chanter m’a influencé.
Jean : Jean-Luc a une très belle voix, mais il lui a fallu pas mal de
temps avant de trouver sa place, plus que Ceccè.
José : C’est lui qui a la plus belle voix dans le groupe, mais il a eu
du mal à trouver sa place.
Jean : Il y avait les cinq qui étions tout le temps, et quand
Jean-Luc chantait, tu entendais Jean Luc et les autres. C’était
flagrant. Ça a mis réellement beaucoup de temps avant d’atteindre la
cohésion.
José : Il faut que ça mûrisse, il faut du temps.
Jean : C’est nous qui lui avons apporté beaucoup !
José : Surtout Paul. Paul a une voix magnifique et je lui dis toujours
que si j’avais une voix comme la sienne, je ferais une carrière solo.
José: E 'stato l'opposto!
John: No luogo, il suo modo di cantare.
JC: Va detto che, al momento, si sapeva molto di meno, e le
registrazioni sono state meno cercato, inoltre, è stato più difficile
individuare le voci ....
José: E 'in relazione alla scrittura. Quando si dispone di sette voti
senza voti diversi leader, o come in Dies irae Benedictus,
naturalmente, a un certo punto, si sente tutte le voci.
J Paolo: Altro per forza di ascoltare con più attenzione a ciascuna
voce.
Paolo: E noi non cantare tutti allo stesso tempo, raddoppiando il
basso.
José: I voti sono stati basati, è molto in forma scritta
AM: Che cosa hai cambiato il tuo modo?
Paolo: La mia voce è stata perfezionata. Se prendo le registrazioni
Passione di un altro modo per mettere la mia voce.
Jose: Questa non è legata all'arrivo di Jean-Luc.
Giovanni: Questo è legato al lavoro.
Paolo: E anche il modo in cui mi ha influenzato di cantare.
Jean: Jean-Luc ha una bella voce, ma ha preso un po 'di tempo prima di
trovare il suo posto, più di Cecca.
José: E 'lui che ha la più bella voce del gruppo, ma ha avuto problemi
a trovare il suo posto.
Giovanni: Ci sono state cinque che sono stati tutto il tempo e, quando
Jean-Luc canto, si sente di Jean Luc e altri. Era palese. È davvero
molto tempo per realizzare la coesione.
José: È maturo, ci vuole tempo.
Giovanni: E 'che ci hanno fatto un sacco!
José: Particolarmente Paolo. Paolo ha una bella voce e dico sempre che
se avessi una voce come la sua, vorrei fare una carriera da solista.
JC : Vous tous. D’ailleurs, on entend bien chacun de vous dans Si di mè.
José : Il y a des voix plus ou moins belles, pour pouvoir chanter
seuls. Jean-Luc et Paul ont une belle voix, les autres…
JC : Mais si ! Pourquoi nos amis ont-ils choisi de s’appeler « Tra noi
», d’après toi ?
José : On privilégie le fait de chanter ensemble, de trouver un certain
équilibre entre nous. Jamais on n’a recruté quelqu’un parce qu’il avait
une belle voix. Cela n’a jamais été un critère de recrutement.
JC : C’est même l’inverse qui s’est produit, non ? Certains
sont partis, même s’ils avaient une très belle voix !
José : Exactement.
Paul : Même si on est en très bons termes, mais ils n’ont pas réussi à
se fondre dans le groupe, à trouver leur place. Ils l’ont ressenti
eux-mêmes.
José : C’est dur la vie de couple, et la vie de groupe avec 6 autres,
c’est multiplié par 7 ! Chacun a sa façon de voir les choses, sa
personnalité, ça se joue à peu de choses...
Laurent : Comment ça se passe en répétition quand vous n’êtes pas
d’accord ?
José : Ça se produit parfois, on ne dit rien, mais on sent que ça ne va
pas, il faut en parler, on s’engueule, on remet tout à plat et ça
repart. Il faut en passer par là.
JC: Tutti voi. Inoltre, si intende a ciascuno di voi in Si Di Me.
Jose: Ci sono voci più o meno belle, a cantare da solo. Jean-Luc e
Paolo hanno una bella voce, altro ...
JC: Ma sì! Perché i nostri amici hanno scelto di essere chiamata "Tra
noi", secondo voi?
José: Si sottolinea l'atto di cantare insieme, di trovare un equilibrio
tra di noi. Vi è mai assunto qualcuno perché aveva una bella voce.
Questo non è mai stato un criterio di assunzione.
JC: Questo è accaduto il contrario, giusto? Alcuni si sono spinti anche
se aveva una bella voce!
José: Sì.
Paolo: Anche se è in ottime condizioni, ma non si fondono con il gruppo
a trovare il loro posto. Essi si sentivano.
José: E 'dura la vita di coppia, di gruppo e di vivere con gli altri 6,
è moltiplicato per 7! Ognuno ha il proprio modo di vedere le cose, la
sua personalità, si è giocato con poco ...
Lorenzo: Come succede quando si prova in disaccordo?
José: Succede a volte, non dice nulla, ma riteniamo che non funziona, è
importante parlarne s'engueule mette tutto piatto e defunti. Si deve
passare attraverso essa.
José, Suzan et Jean-Claude
Cuntrastu
Laurent : Sur Cuntrastu, pourquoi avoir choisi uniquement la
voix de Jean-Luc et pas Jean-Luc et une autre voix pour renforcer le
jeu entre homme et femme ?
Jean : On a évoqué la possibilité de le faire, soit avec Paul soit avec
Jean-Claude, et on a abandonné l’idée. On a été un peu pris par le
temps, et ça nous a semblé plus juste de laisser la voix de Jean Luc
dans un premier temps, mais on y a pensé.
José : De plus, Jean Luc a vraiment baigné là dedans, il était le mieux
placé.
Jean : La prochaine fois… C’est vrai que le chant s’y prêtait bien, ça
ne m’aurait pas déplu, ça aurait été intéressant. Ce sera pour un autre
CD. Au départ il devait y avoir juste une monodie, puis nous avons
décidé d’en mettre deux, nous avons été pris par le temps. Mais c’est
une idée à retenir.
Cuntrastu
Lorenzo: Il Cuntrastu, perché solo scegliere la voce di Jean-Luc e
Jean-Luc e un'altra voce di rafforzare l'interazione tra l'uomo e la
donna?
Giovanni: Si è parlato della possibilità di farlo, o con Paolo o
Jean-Claude, e abbiamo abbandonato l'idea. E 'stato un po' presi da
tempo, ed è sembrato più opportuno lasciare che la voce di Jean Luc
come un primo passo, ma è il pensiero.
José: E, Jean Luc realmente immersi in là, è stato il migliore.
Giovanni: La prossima volta ... E 'vero che la canzone si presta bene,
non sarebbe scontento, sarebbe stato interessante. Questo sarà un altro
CD. Inizialmente ci dovrebbe essere solo una monodia, e quindi abbiamo
deciso di mettere due, ci sono state prese da tempo. Ma è qualcosa da
ricordare.
Tradition et création
JC : Avez-vous envisagé un jour, pour un concert, de ne chanter que des
créations et de ne plus chanter un seul chant traditionnel, ou
tenez-vous à garder le lien avec la tradition ?
José : On n’en est pas loin. Tu enlèves la paghjella et la monodie, et
on y est !
Jean : On n’y pense pas vraiment, mais il n’y a pas de tabou.
Paul : On n’a pas envie de le faire, on n’a pas envie d’enlever les
chants traditionnels, parce qu’on en a besoin. Ils ont leur intérêt,
c’est un peu comme une initiation, pour montrer d’où on vient et
jusqu’où on souhaite aller.
Jean : Et certains de nos chants qui datent un peu sont presque des
traditionnels. D’ailleurs certains chants considérés comme
traditionnels, comme la messe de Sermanu, ne sont pas si anciens. Le
Tantum Ergo a été composé en 1957. Aujourd’hui il fait partie de la
tradition. Les purs et durs vont le revendiquer comme tel. Et c’est ça,
la tradition, quelque chose qui se perpétue, qui évolue.
Laurent : Dernière question sur Bracanà : Treblinka. De quand
date le texte de Jean-Yves ?
Paul : Je ne crois pas qu’il soit très ancien.
Tradizione e la creazione
JC: Avete considerato un giorno per un concerto, non come creazioni
cantare e non cantare una sola canzone, o di mantenere il legame con la
tradizione?
José: non siamo lontani. Si rimuove il paghjella e monodia, e non c'è!
Giovanni: Non pensa veramente, ma non ci sono tabù.
Paolo: Non volevamo fare, non vogliamo togliere le canzoni, perché sono
necessarie. Essi hanno il loro interesse è un po 'come una introduzione
alla mostra che si stanno venendo da lontano e come si desidera andare.
Giovanni: E alcuni dei nostri brani che risalgono a quasi un po 'di
tradizionale. Inoltre, alcuni brani considerati tradizionali, come la
massa Sermanu non sono così vecchio. Il Tantum Ergo è stato composto
nel 1957. Oggi è parte della tradizione. La linea dura si domanda come
tale. E questa è la tradizione, qualcosa che continua, che sta
cambiando.
Lawrence: Ultima domanda sul Bracanà: Treblinka. Quando è nato il testo
di Jean-Yves?
Paolo: non credo che sia molto vecchio.
Les projets
JC : Il faudrait revenir sur chaque chant, mais venons-en à
vos projets.
Jean, Paul et José : Valérie !
Valérie : Vous ne les connaissez pas, vos projets ?
Jean : Demain, on chante avec Daniele di Bonaventura, deux ou trois
chants qu’on a déjà faits avec lui pour Culomba.
JC : Quelque chose de prévu avec Paolo Fresu ?
José : Un projet différent de ce qu’on a déjà fait, une création
commune avec lui et Daniele, au printemps prochain.
JC : Personnellement je trouve qu’il y a des choses qui fonctionnent
très bien, d’autres un peu moins.
Jean : Par exemple ?
JC : Liberata, j’en ai un très grand souvenir, Himalaya, Le Lac, aussi.
Rex, par contre, le mélange est plus difficile. Les avis étaient
partagés dans le public. Il y a aussi le fait qu’on est tellement
habitués à entendre vos chants a cappella que les entendre avec
instruments c’est presque un sacrilège…
Danyèl Waro ?
Paul : Ce sera une rencontre, pas une création. Jean-Claude a travaillé
sur les arrangements de 5 chants, lui deux ou trois chants.
JC : On devrait le voir aux Rencontres puis à Montreuil ?
Paul : Oui. On souhaite aussi enregistrer rapidement le Requiem pour le
sortir l’an prochain.
Progetti
JC: E 'andata e ritorno per ogni canzone, ma cerchiamo di ottenere i
vostri progetti.
Giovanni, Paolo e Jose: Valérie!
Valerie: Se non conosci i tuoi piani?
Giovanni: Domani, cantando con Daniele di Bonaventura, due o tre
canzoni che abbiamo già fatto con lui Culomba.
JC: Qualcosa con Paolo Fresu previsto?
José: un progetto diverso da quello che era già una realizzazione in
comune con lui e Daniele, la prossima primavera.
JC: Personalmente penso che ci sono cose che funzionano molto bene,
altri meno.
Giovanni: Per esempio?
JC: Liberata, ho un grande ricordo, Himalaya, Lago, troppo. Rex, per
contro, la miscela è più difficile. I pareri sono divisi fra il
pubblico. E 'anche il fatto che siamo così abituati a sentire le vostre
canzoni a cappella con l'audizione di strumenti è quasi un sacrilegio
...
Danyel Waro?
Paolo: Sarà un incontro, non una creazione. Jean-Claude ha lavorato
sulle modalità di 5 canzoni, un paio o tre canzoni.
JC: Si dovrebbe quindi vedere la riunione di Montreuil?
Paolo: Sì. Si vuole anche salvare il Requiem per il rilascio del
prossimo anno.
JC : Actuellement, vous travaillez sur de nouvelles créations ?
Paul : Non. Il y a un projet embryonnaire sur La Grammaire de
l'imagination, encore rien de précis. Ce sera peut-être une grosse
surprise.
Jean : Pour le moment, on a un certain nombre de choses à fixer, à
stabiliser, donc pour le moment pas de nouvelles créations. Mais il y a
aura le travail avec Paolo Fresu, qui va demander un gros travail de
création à Jean-Claude. C’est prévu pour le printemps prochain, donc il
faut y songer maintenant.
JC : Et le travail sur les textes de Ghjuvan-Teramu Rocchi ?
Paul : Oui, c’était une éventualité, mais il n’y a rien de concret pour
l’instant.
Il y a tellement de choses... Déjà, il faut amener à terme nos projets
et faire vivre ce répertoire. C’est comme le Requiem : c’est difficile
de faire vivre ce répertoire, de lui donner un prolongement, de le
faire tourner, c’est hyper compliqué. Avec Danyel Waro, on fera peut
être deux concerts avec lui et ça va s’arrêter là. Ou alors il aura
envie de continuer, il y aura un prolongement.
Jean : Mais ça va nécessiter moins de travail. C’est plus léger.
Un "live" ?
JC : Ce qu’on aimerait bien, c’est un live, un CD ou un DVD. De ce
point de vue, le dernier CD est très bien enregistré, c’est presque un
live. Mais souvent le disque, c’est plus froid que ne peut l’être un
concert. Vous y pensez ?
JC: In questo momento si sta lavorando su nuove creazioni?
Paolo: Not. Vi è un progetto embrionale sulla grammatica della
fantasia, ma niente di specifico. Questa può essere una grande
sorpresa.
Giovanni: Finora, abbiamo un certo numero di cose da correggere,
stabilizzare, quindi per ora non nuove creazioni. Ma ci sarà lavorare
con Paolo Fresu, che richiederà un grande lavoro di creazione di
Jean-Claude. E 'prevista per la prossima primavera, quindi deve essere
considerato ora.
JC: E il lavoro sui testi di Ghjuvan-Teramu Rocchi?
Paolo: Sì, è una possibilità, ma non c'è ancora niente di concreto.
Ci sono così tante cose ... Già, è necessario portare avanti i nostri
progetti e vivere questa directory. E 'come Requiem: è difficile vivere
questa directory, dare una proroga del termine è super complicato. Con
Danyel Waro, ci saranno due concerti con lui e si ferma qui. Oppure si
vuole continuare, ci sarà una proroga.
Giovanni: Ma che richiedono meno lavoro. E 'più leggero.
Un "live"?
JC: Cosa vorremmo è un live CD o DVD. Da questo punto di vista,
l'ultimo CD è molto ben registrato, è quasi vivi. Ma spesso il disco è
più fredda non può essere un concerto. Voi pensate?
Paul : C’est très compliqué, ça demande de gros moyens, un ingénieur du
son. L’acoustique est différente selon qu’on est dans une salle ou une
église, etc.
Jean : On a souvent évoqué ça sur un spectacle comme Médée.
Paul : Déjà, on est rarement satisfait de nos enregistrements
; alors, un live…
Jean : C’est figé. L’erreur, si elle y est, elle reste !
Laurent : Vous préférez chanter pour un public ou pour fixer
les choses sur un CD ?
Paul : Les deux sont importants. Mais laisser une trace, ce
n’est pas primordial, le plus important c’est d’aller à la rencontre du
public. C’est ça l’essentiel. Les musiciens classiques n’ont jamais
enregistré…
On est souvent plus satisfaits des souvenirs de rencontres que des
disques.
Jean : Les CD, on les oublie vite. On les réécoute rarement.
JC : Les premiers, vous les réécoutez ?
Paul : Non !
Jean : Il y en a un, Una tarra ci hè, que je réécoute avec plaisir.
JC : Nous aussi, c’est un de nos préférés parmi les anciens.
Paul : On est toujours critiques, on n’arrive pas à écouter comme si
c’était un disque de quelqu’un d’autre.
JC : Justement, qu’est-ce que vous écoutez d’autre comme musique ?
Paul : De tout. Tous les styles : variété, classique, rock, hard rock.
Aussi bien la variété d’il y a 20-30 ans que ce qui se fait maintenant,
la musique classique, les musiques du monde….
Paolo: E 'molto complicato, che richiede grandi, un ingegnere del
suono. Il suono è diverso a seconda se ci si trova in una stanza o una
chiesa, ecc.
Giovanni: E 'stato spesso detto che in una mostra, come Medea.
Paolo: Già, ci sono raramente soddisfatti con i nostri record, in modo
da vivere ...
Giovanni: Questo è stato risolto. L'errore, se lo è, rimane!
Lawrence: Volete cantare per un pubblico o per fissare le cose su un
CD?
Paolo: Entrambi sono importanti. Ma lasciare una traccia, non è
essenziale, la cosa più importante è di andare al pubblico. Questo è
essenziale. Musicisti classici hanno sempre registrato ...
La gente tende ad essere più soddisfatti con i ricordi di incontri
dischi.
Giovanni: CD, sono rapidamente dimenticati. Essi raramente ascoltare.
JC: In primo luogo, si ascolta?
Paolo: No!
Giovanni: Non vi è uno, Una TARRA ci lui, ho ascoltato con piacere.
JC: Anche noi, è uno dei nostri preferiti tra i vecchi.
Paolo: E 'sempre critica, non è possibile ascoltare, come se si
trattasse di un disco da qualcun altro.
JC: Esattamente, che cosa ascoltare altra musica?
Paolo: Tutto. Tutti gli stili: varietà, classica, rock, hard rock.
Entrambe le serie di 20-30 anni fa, che ciò che viene fatto adesso,
musica classica, musica del mondo ....
Jean : Moi, un peu la même chose, moins de variété que Paul. De toute
façon, en tournée on sait ce qu’il écoute, il chante ! Il est assez
éclectique dans ses choix. Avant, j’écoutais beaucoup de musique
traditionnelle dite ethnique, maintenant plus de classique J’ai eu ma
phase hard rock aussi, mon fils en joue, j’aime beaucoup le rock. On
est ouvert à toutes les musiques.
JC : Et le jazz ?
Jean : Il y a très peu d’amateurs de jazz dans le groupe
José : Je ne suis pas très fan...
JC : Et pourtant dans votre phrasé vous avez quelque chose du jazz.
Jean : J’écoute quelques groupes vocaux
José : Mon seul concert de jazz que j’ai apprécié, c’est pendant notre
deuxième séjour en Géorgie, on avait vu Michel Petrucciani, et là je
m’étais régalé.
Jean : Cela ne fait pas partie de notre univers. Et pourtant une de nos
premières collaborations avec d’autres artistes, c’était avec
Jean-Louis Longnon. Peut être qu’on ne connaît pas assez, c’est
dommage.
JC : Alors, votre rencontre avec Jaume et Fresu a dû être un choc ?
José : Non, ça s’est fait naturellement, sans aucune difficulté.
Jean : Il y a eu le choc, mais dans le bon sens du terme : le choc du
plaisir de la rencontre, pas le choc de styles qui se
confrontaient. Il n’y a pas eu confrontation.
Effectivement, il y a peut être quelque chose à chercher. Apparemment,
ça se fait sans qu’on l’ait cherché, mais ça s’est fait naturellement,
de façon complètement naturelle avec Paolo Fresu et Daniele di
Bonaventura, qui n’est pas un jazzman mais qui en joue.
AM : Rien avec Bruno Coulais ?
Paul : Non, rien de précis pour le moment.
AM : Et au théâtre avec Orlando ?
Jean : Une reprise de la Médée que vous aviez vue à l’Oratoire. Un
petit projet Interreg, ça plaît à Valérie !
Giovanni: Io, lo stesso, in una minore varietà di Paolo. In ogni caso,
il tour si conosce ciò che ascolta, canta! E 'piuttosto eclettico nelle
sue scelte. Prima ho ascoltato molti cosiddetti tradizionali di musica
etnica, classica fase più ho avuto la mia roccia dura troppo, mio
figlio gioca, mi piace il rock. Si è aperto a tutta la musica.
JC: E il jazz?
Giovanni: Ci sono pochi gli appassionati di jazz del gruppo
José: io non sono molto fan ...
JC: E ancora nel suo fraseggio avete qualcosa al jazz.
Giovanni: Ho ascoltare alcuni gruppi vocali
José: Il mio unico concerto jazz che mi sono divertito, è stato durante
il nostro secondo soggiorno in Georgia, abbiamo visto Michel
Petrucciani, e io mi sono divertito.
Giovanni: Questo non è parte del nostro universo. Ma una delle nostre
prime collaborazioni con altri artisti, si è con Jean-Louis Longnon.
Forse non si conosce abbastanza, è un vero peccato.
JC: Allora, il vostro incontro con Jaume Fresu e doveva essere uno
shock?
José: No, è stato, naturalmente, senza alcuna difficoltà.
Giovanni: Si è scossa, ma nel senso del termine: lo choc del piacere di
incontrare, non lo scontro di stili che si trovano di fronte. Non c'è
stato confronto.
Infatti, ci può essere qualcosa da cercare. Apparentemente, non è che
egli aveva cercato, ma è stato, naturalmente, completamente naturale,
con Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura, che non è un Jazzman, ma che
svolge.
AM: Nulla con Bruno Coulais?
Paolo: No, nulla di specifico ancora.
AM: E il teatro con Orlando?
Giovanni: Un replay della Medea che si visualizza in Oratorio. Un
piccolo progetto Interreg piace Valérie!
La Corse et sa musique
Suzan : Quel genre de musique écouter pour découvrir la Corse ?
(Paul, Jean et José éclatent de rire)
Paul : Pas la peine de se polluer les oreilles avec de la musique :
regarder, écouter, sentir…. Après, ça suscitera peut-être certaines
émotions, ça donnera peut être envie d’écouter de la musique.
Jean : Tu t'attendais à ce qu’on parle de musiques autres que celles
d’A Filetta ? C’est difficile ! Paul : L'autre jour, ma fille écoutait
Thomas Dutronc, elle disait : « ce n’est pas un disque corse, mais
c’est un bon disque pour découvrir la Corse »
Jean : J’aime bien Ange Lanzalavi, une bonne musique.
José : Il y a les frères Vincenti.
Jean : C’est plus pour des Corses, mais pour quelqu’un qui vient pour
découvrir la Corse…. C’est très beau, mais… Non, je crois que c’est A
Filetta ! (rires) Tous les groupes apportent quelque chose. I Muvrini,
Canta u Populu Corsu, certains groupes de polyphonie…
La Corsica e la sua musica
Suzan: Che tipo di musica da ascoltare per scoprire la Corsica?
(Paolo, Giovanni e José scoppiare a ridere)
Paolo: Non c'è bisogno di inquinare le orecchie con la musica:
guardare, ascoltare, sentire .... Dopo di che, potrebbe suscitare
qualche emozione, è ansioso di ascoltare la musica.
Giovanni: ci si aspetta di parlare di ciò che la musica diverso da A
Filetta? E 'difficile! Paolo: L'altro giorno mia figlia è stato
l'ascolto di Thomas Dutronc, ha detto: "Questo non è un disco corse, ma
è un buon disco per scoprire la Corsica"
Giovanni: Mi piace Angel Lanzalavi, buona musica.
José: Ci sono i fratelli Vincenti.
Giovanni: E 'di corsi, ma per qualcuno che viene a scoprire la Corsica
.... E 'molto bello, ma ... No, credo che sia una rete! (ride) Tutti i
gruppi di portare qualcosa. I Muvrini, Canta u Populu Corsu alcuni
gruppi di polifonia ...
Laurent, Joëlle, Jean-Paul et Jean
L'écriture
Laurent : Jean-Claude encourageait les autres membres à écrire. Où en
êtes-vous ?
Paul : J’essaie d’apprendre l’alphabet, j’ai commencé le
coloriage !
José : On n’ose pas se lancer.
Jean : José a écrit quelques pièces sur ordinateur.
José : Non, je n’ose pas.
Jean : C’est dommage, il a des compétences.
José : J'avais composé pour Sonnii zitellini
Les musiques de films
J-P : Et Max and Co ?
José : Il est sorti, mais on intervient très peu. Comme souvent avec la
musique de film, on enregistre beaucoup et il y a beaucoup de
coupes. Le film est sorti en même temps qu’Asterix, et je ne
sais pas si ça a marché.
JC : En tout cas il paraît qu’il y a un passage hilarant…
José : Ah oui !
JP : Marco Polo n’a jamais été enregistré.
José : On faisait deux chants de Marco Polo en concert.
Jean : Ce fera peut être partie d’un disque
Paul : Et les chants de Vidocq. Il y a matière à faire un disque.
JC : J’aimerais bien que vous enregistriez Himalaya sans orchestre.
Laurent :A propos de Don Juan, vous avez vu le film ? Vous avez aimé ?
Jean : Oui.
Paul : Il y a des longueurs, c’est sûr.
José : C’était nouveau pour moi, la bande originale.
JC : Pour moi le film le plus réussi du point de vue de l'adéquation
entre la musique et l'image, c’est Himalaya.
José : Sur Le peuple migrateur, il y avait beaucoup plus de musique, et
ça a été coupé. Le producteur a enlevé des tas de musique, ils ont eu
peur que la musique prenne le pas sur l’image.
Scrittura
Lawrence: Jean-Claude incoraggiato altri a scrivere. Dove ti trovi?
Paolo: Sto cercando di imparare l'alfabeto, ho iniziato a colorare!
José: non abbiamo il coraggio di gettare.
Jean: José ha scritto più pezzi sul computer.
José: No, non oso.
Giovanni: E 'una vergogna, che ha le competenze.
José: ho composto per Sonnii zitellini
Il film
J-P: E Max e Co?
José: E 'venuto fuori, ma abbiamo parlato molto poco. Come spesso film
con la musica, vi è una partita e ci sono un sacco di tagli. Il film è
stato rilasciato contemporaneamente qu'Asterix, e non so se ha
funzionato.
JC: In ogni caso, sembra che vi sia un passaggio hilarious ...
José: Yeah!
JP: Marco Polo, non è mai stato registrato.
José: Al momento di effettuare due canzoni da "Marco Polo" in concerto.
Giovanni: Questo farà parte di un disco
Paolo: E le canzoni di Vidocq. C'è materiale per un disco.
JC: vorrei che lei Himalaya registro senza l'orchestra.
Lorenzo: A proposito di Don Giovanni, hai visto il film? Ti è piaciuto?
Giovanni: Sì.
Paolo: Ci sono longueurs, sicuramente.
Jose: Si è nuovo per me, la colonna sonora.
JC: Per me il film di maggior successo in termini di abbinamento di
musica e immagine è Himalaya.
José: Sulla migrazione di persone si è un po 'di più la musica, ed è
stato tagliato. Il produttore ha eliminato un sacco di musica, avevano
paura che la musica ha la precedenza sul l'immagine.
Conclusion
Laurent : Julien a une demande : pouvez vous chanter une chanson pour
lui ?
Julien, probablement le plus jeune fan d'A Filetta !
Et nos amis entonnent quelques couplets de Lettera à Mamma, pour le
plus grand plaisir de Julien et aussi le nôtre…
Paghjella a U Carubu (A Filetta)
envoyé par TraNoi
JC :
J’avais donc prévu de commencer par un
bilan, puis des
questions sur votre nouveau CD Bracanà
et sur A Filetta
aujourd’hui, ensuite les projets et enfin les prochaines rencontres,
mais nous en
avons déjà parlé avec Valérie.
1901
Laurent Lohez
: Alors, passons à
Bracanà.
Une question
sur 1901. Je suppose que Tao est
mort maintenant. Sur quoi se
base la chanson, sur des récits ?
Jean :
C’est quelqu’un que
j’ai connu, puisqu’il habitait Calvi. L’histoire de la chanson est
liée à la rencontre avec les chanteurs géorgiens, mais surtout avec
l’amour et la passion que l’on partage avec Jean Temir, un des fils de
Tao
qui était géorgien. Le chant a été composé à la
mémoire de Tao et du père de Cathy Antonini qui est ma tante par
alliance.
Son père était géorgien du Caucase. Tao est venu et a vécu en
Corse. Le père de Cathy a été exilé en France, pas en Corse,
mais elle a fait souche en Corse, s’est mariée avec un de mes oncles,
elle a
eu des enfants, a toujours vécu ici.
C’est donc cet amour à la fois pour ce pays qu’on a découvert
à travers les chanteurs géorgiens et aussi physiquement puisque nous y
sommes allés chanter plusieurs fois. Et personnellement, c’est un des
plus
beaux souvenirs de rencontres avec un groupe humain, les chanteurs et
leur terre.
L’accueil que nous avons eu là bas, ça a été vraiment
quelque chose que je ne saurais même pas décrire, tellement
c’était fort. Ils nous ont donné tout leur cœur, et ça
ne se mesure pas, c’était vraiment très puissant.
C’est donc un hommage à cette terre, à ces deux personnes que tous
n’ont pas forcément connues mais qui ont donné des enfants à
la terre corse, c’est la fusion de ces deux terres à travers ce chant
et
l’amour pour l’humain avant tout. Bracanà
JC : Je
voudrais revenir sur la
genèse de Bracanà.
D’après nos
différentes conversations, vous avez un peu changé d’idée en
cours de route. Il y avait notamment des morceaux de Bruno Coulais à
l’origine ?
José Filippi
: On
avait déjà enregistré le disque l’an dernier, et on
n’était pas contents de la prise de son, du son d’ensemble. On avait
opté pour une prise de son individuelle, voix par voix, et au mixage,
on
s’est rendu compte que ce n’était pas le bon choix, ça manquait
de cohésion, de vie. On a décidé de réenregistrer et aussi
d’enlever les chants de Bruno Coulais.
José (photo
: Anne Marie
Casanova)
Paul Giansily
: Pour se consacrer plus tard
à l’enregistrement des musiques de Bruno. Cela nous semblait beaucoup
plus
cohérent que d’intégrer deux morceaux qui tombent un peu comme un
cheveu sur la soupe.
JC :
C’est un peu la même chose
en concert : on aime beaucoup ces chants, mais après les
chants de la
Passion, il y a toujours un passage, une sorte de relâchement...
Paul : Aussi bien en qualité qu’en tension.
JC :
Je ne dirais pas en qualité, au
contraire, une partie du public apprécie même presque davantage, c’est
là que les applaudissements sont les plus forts. Cette partie du
concert donne
peut être une dynamique supplémentaire, mais ça crée une
rupture de ton. Je préfère un concert plus homogène. Mais
effectivement, comme le dit Jean-Paul, souvent le public démarrait
après
Le lac.
José :
On le ressent nous aussi. On
est concentrés du début à la fin, mais quand on aborde les chants de
Bruno, ça fait non pas un relâchement, mais comme une
récréation.
JC : Finalement, sur Bracanà
il y a seulement deux
créations nouvelles, 1901
et Treblinka,
et pourtant, même si on connaissait les
chants du Via Crucis,
on sent une grande
innovation dans ce disque. Je ne sais pas à quoi ça tient. Peut être
une étape supplémentaire ?
Paul :
Tout simplement parce que ça
n’avait pas été fixé.
JC :
Oui, mais je les avais
déjà entendus plusieurs fois, et j’ai l’impression que vous
avez encore franchi une étape dans votre parcours.
José :
Comme le dit Paul, c’est
parce que les chants n’avaient pas été fixés. Au niveau
de l’écriture, ils ne sont pas plus
difficiles que les
précédents. On n’a pas trouvé de différence.
Jean :
Je suis un peu d’accord avec ce
que tu dis. Même si les chants n’ont pas été fixés ou
figés sur un disque, depuis le moment où tu les as entendus pour la
première fois, ils ont évolué, et nous aussi. En peu de
temps
José :
C’est pareil pour les
chœurs de Médée. En 1997 ils étaient très
différents de maintenant.
L'Invitu
JC :
Justement, pourquoi avoir
réenregistré un extrait de L’Invitu
Paul :
On n’est pas entièrement
convaincus par l’enregistrement de Médée. On n’est pas
très satisfaits. La prise de son, notre interprétation aussi, très
pincée, ne nous convient pas du tout. On pense même à le
réenregistrer.
Jean :
Personnellement, je considère
que c’est l’œuvre majeure. Ca ne me gêne pas du tout qu’on
retrouve des bribes dans différents albums, comme dans Intantu.
Paul : Ça
représente
notre parcours des dix dernières d’années, il avait tout à
fait sa place dans le disque.
JC :
Ce n’était pas du tout une
critique, au contraire ! D’ailleurs, au dernier concert à
l’Européen, j’ai trouvé que le fait peut être de
n’en avoir qu’un extrait lui a donné plus de force.
Paul :
Ça demande tellement
d’implication, d’énergie…
Lode à una simpatica
zitella
Laurent :
Une question sur la monodie de
Jean-Luc à propos de sa mère, composée par un poète sur sa
mère. Quels sont ses sentiments quand il le chante ?
Laurent, Jean, Paul et José
Paul :
Ce n’est pas une chanson
créée pour sa mère, c’est une chanson que Pampasgiolu a
reprise et a chantée pour sa mère. Pour Jean-Luc, c’est personnel, je
ne peux pas répondre pour lui. Je suppose que s’il a souhaité
l’enregistrer, c’est que ça avait de l’importance à ses
yeux.
José :
Jean-Luc, c’est
quelqu’un qui a vécu dans ce milieu, avec les poètes, son père
chantait…
JC :
Il a encore beaucoup de monodies en
réserve ?
Paul :
Oui. Sa mère enregistrait
beaucoup les chanteurs. On a des versions originales chantées par
Pampasgiolu. Ils
se côtoyaient à l’époque.
Treblinka
JC :
Treblinka a
été composé en très
peu de temps, d’après les conversations que j’ai pu avoir avec
vous.
José :
Ca a été
composé ici au Carubbu, très rapidement.
JC :
La mélodie, je veux bien. Mais
tout ce que vous avez fait autour, l’apport de chacun ?
José : Les paroles sont de Jean-Yves Acquaviva.
Un jour Jean-Claude
arrive et dit : j’ai peut être un thème pour ce chant. Il
s’est mis au piano, a commencé à jouer le thème. On
s’est mis tous autour du piano, chacun a apporté, on avait pensé
à des bourdons…
JC :
Justement, le bourdon !
C’est très novateur, unique dans ce que vous faires, non ?
Jean :
Il est à bouche
fermée.
JC :
Oui, à bouche fermée,
mais il a un son très particulier.
José : ca n’a pas été une recherche
particulière. C’est venu…
JC :
Qui le chante,
d’ailleurs ?
José :
Il y a Max qui fait la voix la
plus grave, Jean, Ceccé et moi faisons un bourdon. Ceccé alterne entre
le
bourdon et une autre voix.
Paul :
il y a le bourdon aigu, aussi.
JC :
Oui, le bourdon aigu ! Vers la fin,
avec Jean-Luc ...
José :
Il y a Jean-Luc qui fait des
dissonances sur l’avant dernier couplet.
Jean : A un
moment donné, on change tous.
Tu ne changes pas, toi ?
José :
Eu, ùn cambiu micca.
Moi, je change juste sur la fin
en voix plus haute, à l’octave du bourdon. Mais c’est vrai que
ça a été créé sur 2-3 jours. On cherchait un morceau
supplémentaire.
JC :
Et après, vous l’avez
travaillé longtemps ?
José :
Non, il a été
fixé très vite. Techniquement, il n’est pas tellement difficile. Il
n’est pas difficile à mettre en place, du moins.
JC :
Il y a effectivement des chants
où il y a 7 voix différentes, comme le Benedictus.
José :
Tu as le Benedictus,
le Dies
Irae où il y a 7 voix vraiment distinctes. Après, le chant
varie
selon les concerts comme les autres chants, mais il n’est pas
difficile. On est
plus ou moins faux ou justes…
Laurent :
Vous l’aviez essayé
à tâtons à Utrecht sur le piano qui se trouvait dans la salle. Suzan
l’a enregistré sur son téléphone portable !
La
religion
Laurent :
A propos de Beati,
il est tiré directement de la
Bible ?
Paul :
Oui, des Béatitudes. Il
n’est pas intégral, mais il est tiré des Béatitudes.
Laurent :
Votre source d’inspiration,
c’est essentiellement la Bible pour le Chemin de Croix ? Y
a-t-il
d’autres sources d’inspiration ?
Paul :
Il y a U Sipolcru,
que l’on a repris, et U
cantu di l’acqua, qui sont des compositions de
Jean-Claude. Toutes les autres créations sont sur des textes
liturgiques.
Jean : Vous
êtes croyants,
pratiquants ? Car là, vous avez les mécréants du
groupe !
Paul :
On suit la philosophie, on essaie de
la suivre, mais tout ce qu’on nous raconte…
José :
La religion catholique fait
partie de notre culture. On dépasse la religion, mais on a le fonds,
l’éducation, même inconsciemment. On a vécu
là-dedans.
Paul : Il y
a des gens qui, à la fin des
concerts, nous demandent : "à quel ordre
appartenez-vous ? Vous devez
être très croyants !". En fait, la philosophie, on y adhère,
mais ç’aurait été pareil avec une autre religion : le
respect de l’autre….
Jean, Paul et
José
Le
travail du groupe
JC :
Avez-vous évolué dans
votre façon de travailler, notamment les arrangements des
chants ? Lors
d’un concert récent, vous avez chanté U Lamentu di Ghjesù
et des nouvelles compositions.
Maintenant je trouve qu’il y a un gouffre entre le traditionnel et ce
que vous
faites maintenant. Est-ce différent dans votre façon de les
aborder ?
José :
Je vais te dire : que ce
soit un chant traditionnel qu’on chante depuis 20 ou 30 ans, pour moi
il n’y
a aucune différence. Chaque note est une bataille permanente. Même sur
un
chant qu’on a l’habitude de chanter, si tu relâches un tant soit peu,
on tombe à côté….
JC : Je ne parlais pas tant au niveau de l’expression que
plutôt au
niveau de la technique, du travail de chaque voix…
José :
Non, et ça s’est
vérifié à chaque fois : que ce soit sur une création
récente ou un chant que l’on chante depuis 30 ans, si tu laisses aller
un
tant soit peu, si tu dis : « on le connaît », on peut
se
planter, même quand il n’y a pas besoin de technique. A chaque fois ça
s’est vérifié. Un de nos premiers concerts de cette année
à Calvi a été désastreux. Parce qu’on s’est
dit : ce sont des chants qui commencent à être rodés, et puis,
non. On a fait Sumiglia,
on l’a
complètement estropié, car il faut sans cesse revenir sur le chant.
C’est pour ça que les chants évoluent. Les chants de
Médée, le Dies Irae,
Benedictus,
Treblinka,
vont être chantés
différemment dans 2-3 ans.
Paul : Et
l’arrivée de nouveaux
chanteurs a fait que notre technique a changé.
José :
On avait l’habitude de
faire des bourdons à trois, Jean, Max et moi. Quand Ceccè est
arrivé, l’apport d’une nouvelle voix nous a
déstabilisés. On n’arrivait plus à retrouver notre
équilibre. Il fallait que cette voix s’intègre, qu’on prenne
l’habitude de chanter à quatre. Ça change complètement,
c’est déstabilisant. Pendant un certain temps, c’est une voix qui
arrive en plus, et il faut s’y habituer.
JC :
De même, nous vous
connaissions moins bien à l’époque, mais quand Jean-Luc est
arrivé, j’imagine que ça a dû modifier la place de Paul dans le
groupe ?
José :
Franchement, je ne pense
pas.
Jean :
Paul est resté pratiquement la
seule voix aiguë. Il chantait très peu en seconda, le plus souvent en
terza,
et il l’est resté. C’est Paul la
voix la plus
haute, et de temps en temps Jean-Claude, pas Jean-Luc. Jean-Luc chante
plus en
seconda.
José :
Paul, l’arrivée
de Jean Luc t’a perturbé ?
JC :
Non, je n'ai pas
dit perturbé, mais changé la façon de te placer ?
Paul :
Oui, l’arrivée de
Jean-Luc a profondément changé ma manière de chanter.
JC :
Ah !
José :
On a dit le
contraire !
Jean : Pas
sa place, sa manière de
chanter.
JC :
Il faut dire qu'à
l’époque, on vous connaissait beaucoup moins, et les enregistrements
étaient moins fouillés, on avait aussi plus de mal à identifier les
voix ….
José :
C’est par rapport
à l’écriture. Quand tu as sept voix différentes avec aucune
voix leader, comme dans Benedictus
ou
Dies Irae,
évidemment, à un moment
donné, tu entends toutes les voix.
J-Paul :
Et aussi à force
d’écouter on est plus attentif à chaque voix.
Paul : Et on
ne chantait pas tous en même
temps, on doublait les basses.
José : Les voix se fondaient, c’est beaucoup au
niveau de
l’écriture
AM:
En quoi as-tu changé ta
manière ?
Paul : Ma
voix s’est affinée. Si je
prends les enregistrements jusqu’à Passione,
c’est une autre
manière de placer ma voix.
José :
Ce n’est pas lié
à l’arrivée de Jean-Luc.
Jean : C’est lié au travail.
Paul : Et
aussi sa manière de chanter
m’a influencé.
Jean :
Jean-Luc a une très belle voix,
mais il lui a fallu pas mal de temps avant de trouver sa place, plus
que
Ceccè.
José :
C’est lui qui a la plus
belle voix dans le groupe, mais il a eu du mal à trouver sa place.
Jean : Il y avait les cinq qui étions tout le
temps, et quand
Jean-Luc chantait, tu entendais Jean Luc et les autres. C’était
flagrant.
Ça a mis réellement beaucoup de temps avant d’atteindre la
cohésion.
José :
Il faut que ça
mûrisse, il faut du temps.
Jean : C’est
nous qui lui avons
apporté beaucoup !
José :
Surtout Paul. Paul a une voix
magnifique et je lui dis toujours que si j’avais une voix comme la
sienne, je
ferais une carrière solo.
JC :
Vous tous. D’ailleurs,
on entend bien chacun de vous dans Si di mè.
José :
Il y a des voix plus ou moins
belles, pour pouvoir chanter seuls. Jean-Luc et Paul ont une belle
voix, les
autres…
JC :
Mais si ! Pourquoi nos amis
ont-ils choisi de s’appeler « Tra noi »,
d’après toi ?
José : On
privilégie le fait de
chanter ensemble, de trouver un certain équilibre entre nous. Jamais on
n’a
recruté quelqu’un parce qu’il avait une belle voix. Cela n’a
jamais été un critère de recrutement.
JC : C’est même l’inverse qui s’est produit, non
?
Certains sont partis, même s’ils avaient une très belle
voix !
José :
Exactement.
Paul :
Même si on est en très
bons termes, mais ils n’ont pas réussi à se fondre dans le groupe,
à trouver leur place. Ils l’ont ressenti eux-mêmes.
José :
C’est dur la vie de
couple, et la vie de groupe avec 6 autres, c’est multiplié par
7 !
Chacun a sa façon de voir les choses, sa personnalité, ça se joue
à peu de choses...
Laurent :
Comment ça se passe en
répétition quand vous n’êtes pas d’accord ?
José :
Ça se produit parfois,
on ne dit rien, mais on sent que ça ne va pas, il faut en parler, on
s’engueule, on remet tout à plat et ça repart. Il faut en passer par
là.
José, Suzan
et Jean-Claude
Cuntrastu
Laurent
: Sur Cuntrastu,
pourquoi avoir choisi uniquement la voix de
Jean-Luc et pas Jean-Luc et une autre voix pour renforcer le jeu entre
homme et
femme ?
Jean : On a
évoqué la
possibilité de le faire, soit avec Paul soit avec Jean-Claude, et on a
abandonné l’idée. On a été un peu pris par le temps, et
ça nous a semblé plus juste de laisser la voix de Jean Luc dans un
premier
temps, mais on y a pensé.
José :
De plus, Jean Luc a vraiment
baigné là dedans, il était le mieux placé.
Jean :
La prochaine fois… C’est
vrai que le chant s’y prêtait bien, ça ne m’aurait pas
déplu, ça aurait été intéressant. Ce sera pour un
autre CD. Au départ il devait y avoir juste une monodie, puis nous
avons
décidé d’en mettre deux, nous avons été pris par le
temps. Mais c’est une idée à retenir.
Tradition
et création
JC :
Avez-vous envisagé
un jour, pour un concert, de ne chanter que des créations et de ne plus
chanter un
seul chant traditionnel, ou tenez-vous à garder le lien avec la
tradition ?
José : On n’en est pas loin. Tu enlèves la
paghjella et
la monodie, et on y est !
Jean :
On n’y pense pas vraiment, mais
il n’y a pas de tabou.
Paul :
On n’a pas envie de le faire,
on n’a pas envie d’enlever les chants traditionnels, parce qu’on en a
besoin. Ils ont leur intérêt, c’est un peu comme une initiation, pour
montrer d’où on vient et jusqu’où on souhaite aller.
Jean :
Et certains de nos chants qui datent
un peu sont presque des traditionnels. D’ailleurs certains chants
considérés comme traditionnels, comme la messe de Sermanu, ne sont pas
si
anciens. Le Tantum Ergo
a été
composé en 1957. Aujourd’hui il fait partie de la tradition. Les purs
et
durs vont le revendiquer comme tel. Et c’est ça, la tradition, quelque
chose
qui se perpétue, qui évolue.
Laurent :
Dernière question sur
Bracanà :
Treblinka.
De quand date le texte de
Jean-Yves ?
Paul :
Je ne crois pas qu’il soit
très ancien.
Les
projets
JC :
Il faudrait revenir
sur chaque chant, mais venons-en à vos projets.
Jean, Paul et José :
Valérie !
Valérie :
Vous ne les connaissez pas,
vos projets ?
Jean :
Demain, on chante avec Daniele di
Bonaventura, deux ou trois chants qu’on a déjà faits avec lui pour
Culomba.
JC :
Quelque chose de prévu avec
Paolo Fresu ?
José :
Un projet différent de
ce qu’on a déjà fait, une création commune avec lui et
Daniele, au printemps prochain.
JC :
Personnellement je trouve
qu’il y a des choses qui fonctionnent très bien, d’autres un peu
moins.
Jean : Par exemple ?
JC : Liberata,
j’en ai un
très grand souvenir, Himalaya, Le
Lac,
aussi. Rex,
par contre, le mélange est
plus difficile. Les avis étaient partagés dans le public. Il y a aussi
le
fait qu’on est tellement habitués à entendre vos chants a cappella
que les entendre avec instruments c’est presque un sacrilège…
Danyèl Waro ?
Paul : Ce
sera une rencontre, pas une
création. Jean-Claude a travaillé sur les arrangements de 5 chants, lui
deux ou trois chants.
JC : On
devrait le voir aux Rencontres puis
à Montreuil ?
Paul : Oui. On souhaite aussi enregistrer
rapidement le Requiem
pour le sortir l’an prochain.
JC : Actuellement, vous travaillez sur de
nouvelles créations ?
Paul : Non. Il y a un projet embryonnaire sur La Grammaire de l'imagination,
encore rien de précis.
Ce sera peut-être une grosse surprise.
Jean : Pour le moment, on a un certain nombre de choses à
fixer, à
stabiliser, donc pour le moment pas de nouvelles créations. Mais il y a
aura le
travail avec Paolo Fresu, qui va demander un gros travail de création à
Jean-Claude. C’est prévu pour le printemps prochain, donc il faut y
songer
maintenant.
JC : Et le travail sur les textes de
Ghjuvan-Teramu Rocchi ?
Paul : Oui, c’était une éventualité, mais il
n’y a rien de concret pour l’instant.
Il y a tellement de choses... Déjà, il faut amener à terme nos
projets et faire vivre ce répertoire. C’est comme le Requiem :
c’est difficile de faire vivre ce
répertoire, de lui donner un prolongement, de le faire tourner, c’est
hyper
compliqué. Avec Danyel Waro, on fera peut être deux concerts avec lui
et
ça va s’arrêter là. Ou alors il aura envie de continuer, il y
aura un prolongement.
Jean : Mais ça va nécessiter moins de travail. C’est plus
léger.
Un "live" ?
JC : Ce
qu’on aimerait bien, c’est un live, un CD ou un DVD. De ce point de
vue, le
dernier CD est très bien enregistré, c’est presque un live. Mais
souvent le disque, c’est plus froid que ne peut l’être un concert. Vous
y pensez ?
Paul : C’est très
compliqué, ça
demande de gros moyens, un ingénieur du son. L’acoustique est
différente selon qu’on est dans une salle ou une église, etc.
Jean : On a souvent évoqué ça sur un spectacle comme
Médée.
Paul
: Déjà, on est rarement
satisfait de nos enregistrements ; alors, un live…
Jean : C’est
figé. L’erreur,
si elle y est, elle reste !
Laurent
: Vous préférez
chanter pour un public ou pour fixer les choses sur un CD ?
Paul : Les deux sont importants. Mais laisser
une trace, ce n’est pas
primordial, le plus important c’est d’aller à la rencontre du public.
C’est ça l’essentiel. Les musiciens classiques n’ont jamais
enregistré…
On est souvent plus satisfaits des souvenirs de rencontres que des
disques.
Jean : Les
CD, on les oublie vite. On les
réécoute rarement.
JC : Les premiers, vous les réécoutez ?
Paul : Non !
Jean :
Il y en a un, Una tarra ci
hè, que je
réécoute avec plaisir.
JC :
Nous aussi, c’est un de nos
préférés parmi les anciens.
Paul : On est toujours critiques, on n’arrive pas à
écouter
comme si c’était un disque de quelqu’un d’autre.
JC :
Justement, qu’est-ce que vous
écoutez d’autre comme musique ?
Paul : De
tout. Tous les styles :
variété, classique, rock, hard rock. Aussi bien la variété
d’il y a 20-30 ans que ce qui se fait maintenant, la musique classique,
les
musiques du monde….
Jean : Moi, un peu la même chose, moins de
variété que
Paul. De toute façon, en tournée on sait ce qu’il écoute, il
chante ! Il est assez éclectique dans ses choix. Avant,
j’écoutais beaucoup de musique traditionnelle dite ethnique, maintenant
plus
de classique J’ai eu ma phase hard rock aussi, mon fils en joue, j’aime
beaucoup le rock. On est ouvert à toutes les musiques.
JC : Et le jazz ?
Jean : Il y a très peu d’amateurs de jazz dans le groupe
José : Je ne suis pas très fan...
JC : Et pourtant dans votre phrasé vous avez
quelque chose du jazz.
Jean : J’écoute quelques groupes vocaux
José : Mon seul concert de jazz que j’ai
apprécié,
c’est pendant notre deuxième séjour en Géorgie, on avait vu
Michel Petrucciani, et là je m’étais régalé.
Jean : Cela ne fait pas partie de notre univers. Et
pourtant une de nos
premières collaborations avec d’autres artistes, c’était avec
Jean-Louis Longnon. Peut être qu’on ne connaît pas assez, c’est
dommage.
JC : Alors, votre rencontre avec Jaume et Fresu a
dû être un
choc ?
José : Non,
ça s’est fait
naturellement, sans aucune difficulté.
Jean : Il y a eu le choc, mais dans le bon sens du
terme : le choc du plaisir
de la rencontre, pas le choc de
styles qui se confrontaient. Il
n’y a pas eu confrontation.
Effectivement, il y a peut être quelque chose à chercher. Apparemment,
ça se fait sans qu’on l’ait cherché, mais ça s’est
fait naturellement, de façon complètement naturelle avec Paolo Fresu et
Daniele di Bonaventura, qui n’est pas un jazzman mais qui en joue.
AM : Rien avec Bruno Coulais ?
Paul :
Non, rien de précis pour le
moment.
AM : Et au théâtre avec Orlando ?
Jean : Une
reprise de la Médée que
vous aviez vue à l’Oratoire. Un petit projet Interreg, ça plaît
à Valérie !
La Corse et sa
musique
Suzan : Quel genre de musique écouter pour
découvrir la
Corse ?
(Paul, Jean et José éclatent de rire)
Paul :
Pas la peine de se polluer les
oreilles avec de la musique : regarder, écouter, sentir….
Après, ça suscitera peut-être certaines émotions, ça
donnera peut être envie d’écouter de la musique.
Jean : Tu t'attendais à ce qu’on parle de
musiques autres que
celles d’A Filetta ? C’est difficile ! Paul :
L'autre jour, ma fille écoutait Thomas
Dutronc, elle disait : « ce n’est pas un disque corse, mais
c’est
un bon disque pour découvrir la Corse »
Jean : J’aime bien Ange Lanzalavi, une bonne
musique.
José :
Il y a les
frères Vincenti.
Jean
: C’est plus pour des Corses,
mais pour quelqu’un qui vient pour découvrir la Corse…. C’est
très beau, mais… Non, je crois que c’est A Filetta ! (rires)
Tous les groupes apportent quelque chose. I Muvrini, Canta u Populu
Corsu, certains
groupes de polyphonie…
Laurent, Joëlle, Jean-Paul et
Jean
L'écriture
Laurent :
Jean-Claude encourageait les autres
membres à écrire. Où en êtes-vous ?
Paul
: J’essaie d’apprendre
l’alphabet, j’ai commencé le coloriage !
José :
On n’ose pas se
lancer.
Jean :
José a écrit quelques
pièces sur ordinateur.
José : Non, je n’ose pas.
Jean : C’est dommage, il a des compétences.
José :
J'avais composé pour
Sonnii zitellini
Les musiques de films
J-P : Et Max and
Co ?
José : Il est sorti, mais on intervient très peu. Comme
souvent avec
la musique de film, on enregistre beaucoup et il y a beaucoup de
coupes. Le film est sorti en même
temps qu’Asterix, et je
ne sais pas si ça a marché.
JC : En tout cas il paraît qu’il y a un passage hilarant…
José : Ah
oui !
JP : Marco Polo
n’a jamais été enregistré.
José : On faisait deux chants de Marco Polo en concert.
Jean : Ce fera peut être partie d’un disque
Paul : Et les chants de Vidocq.
Il y a matière à
faire un disque.
JC :
J’aimerais bien que vous
enregistriez Himalaya
sans
orchestre.
Laurent :A propos de Don
Juan, vous avez vu le film ? Vous avez
aimé ?
Jean : Oui.
Paul : Il y a des longueurs, c’est sûr.
José : C’était nouveau pour moi, la bande originale.
JC : Pour moi le film le plus réussi du point de vue de
l'adéquation
entre la musique et l'image, c’est Himalaya.
José : Sur Le
peuple migrateur, il y avait beaucoup plus de musique, et
ça a
été coupé. Le producteur a enlevé des tas de musique, ils ont
eu peur que la musique prenne le pas sur l’image.
Conclusion
Laurent : Julien a une demande : pouvez
vous chanter une chanson pour
lui ?
Julien,
probablement le
plus jeune fan d'A Filetta !
Et nos amis entonnent quelques couplets de Lettera
à Mamma, pour le plus grand plaisir de Julien et aussi le
nôtre…
A lire également, le récit
de notre visite au Carubbu
sur le site de nos amis de Tra Noi.
Jean-Claude
Acquaviva
"Être plus que ce qu'on nous
permet
d'être"
("Corsica" de mai 2008)
À Filetta est un miracle. En trente ans d’une carrière qui se
plaît à emprunter les chemins de traverse, la formation balanine a
réussi le tour de force de mêler succès public, reconnaissance
critique et excellence musicale, en Corse et ailleurs. Jean-Claude
Acquaviva,
charismatique et intransigeant leader d’A Filetta, nous ouvre les
portes de ce
groupe à nul autre pareil.
Trente
ans de carrière, ça se
fête ?
On s’est posé la
question, on a
réfléchi à un événement exceptionnel, un concert
où l’on aurait fait appel à tous ceux qui ont pris part, au fil des
décennies, à l’aventure d’A Filetta. Mais nous avons
renoncé. Le groupe est tellement pris par ses activités, on dépense
une telle énergie dans les projets en cours, qu’on n’aurait pas
trouvé le temps d’organiser tout ça dignement, et on ne voulait
surtout pas proposer au public quelque chose de bâclé. C’est un peu
triste, certes, mais la vie continue, et le groupe avance.
|
|
Pas de bilan non plus,
alors ?
Une chose est sûre,
ces trente ans sont
passés à une vitesse incroyable. On le dit souvent sur scène, sans
démagogie, à aucun moment, on n’a le sentiment que la routine
s’est installée. Pour nous, chaque concert est une aventure, voire une
lutte. A Filetta est un peu dans la situation d’un montagnard qui
devrait gravir
tous les sommets de la planète. Il y en a toujours un autre à
escalader.
Nous sommes en permanence à la recherche d’un équilibre qui semble
perpétuellement accessible, mais se dérobe encore et
toujours.
Mais avec une carrière
aussi riche, que reste-il
à accomplir ?
Tout reste à faire.
J’aimerais par
exemple développer un répertoire philharmonique. On a aussi l’envie
de monter un long métrage d’animation pour les enfants. Et puis on veut
continuer à partir à la rencontre des musiques d’ailleurs. Si demain
on nous appelle pour un concert dans les temples d’Angkor ou au
Groenland, on part
sans réfléchir. Repousser les limites, faire des choses dans des
conditions
extravagantes, c’est toujours passionnant.
On a l’impression qu’il y
a deux parties
distinctes dans la carrière d’A Filetta…
Effectivement. Au
début, on tournait, on
faisait des disques, mais plus ou moins en dilettante. En 1994, tout a
changé.
Devant les opportunités qui se présentaient, conséquence de notre
disponibilité, on a décidé de devenir des professionnels tout en
donnant libre cours à nos envies. Ensuite tout est allé plus vite. Et
lorsque je me penche sur notre parcours depuis cette époque, je me dis
qu’on
a réalisé quelque chose d’exceptionnel.
Cet emballement vous
a-t-il étonné
?
Je pense que si l’on a
duré autant,
c’est qu’on n’a jamais rien planifié. Aujourd’hui encore,
je continue de ne pas me projeter dans le futur. Tout est affaire de
rencontres, de coups
de cœur artistiques, de sollicitations. Je n’ai aucune idée de ce
qu’on fera dans deux ans. Un plan de carrière nécessite des
concessions, du calcul, la mise en place d’une stratégie. Très peu
pour moi.
Ce qui ne facilite pas
les relations avec les maisons de
disques…
On a travaillé avec
une dizaine de maisons de
disques, ça a toujours foiré. Je ne veux pas qu’on me dise «
emprunte cette voie, tu toucheras beaucoup de monde ». Si cela
nécessite de
faire une croix sur mes convictions profondes, artistiques et humaines,
pas question.
Virgin, la dernière en date, était prête à mettre de gros
moyens sur nous, mais voulait qu’on fasse des duos, avec Axelle Red ou
Souchon. Il
est hors de question que j’aille voir Axelle Red en lui disant « viens
chanter avec moi, tu vas me faire vendre quelques disques en plus ».
C’est
indigne ! Aujourd’hui on a presque du mal à trouver une maison de
disques,
et paradoxalement, on fait le plein partout où l’on passe. Ce qui nous
convient très bien au final. Alors évidemment on n’a pas la
notoriété pour passer au 20 heures, mais on visite des pays
extraordinaires, on s’enrichit humainement, et ce sont des moments
d’émotion, de partage qui n’ont pas de prix, dans la vie d’un
homme.
A Filetta est à l’aise
dans de nombreux
styles musicaux. Y en a-t-il un que vous privilégiez ?
Il n’y a pas, pour
moi, de musique plus ou
moins noble. Il y a des chansons de Léo Ferré qui sont des monuments.
Mais
rien n’est plus beau que ne pas se cantonner à un format, ne pas se
poser la
question de l’adhésion du public, de ne pas se demander s’il va
s’ennuyer. Ce genre de considérations, ça me gave. Il faut faire
confiance au public. C’est à force de lui donner des choses formatées
qu’il finit par s’en contenter. Je prends autant de plaisir à
écrire une chanson de trois minutes qu’un ch ? ur de vingt minutes ou
un
requiem. Mais comme la tendance est à la musique courte, j’ai envie de
faire
le contraire.
Votre rigueur dans le
travail, et dans vos prestations,
vous ont toujours démarqué du tout venant de la production
insulaire.
En la matière, en
Corse, je pense qu’il
y a confusion des genres. L’ethno-musicologue italienne Giovanna Marini
dit que le
chant populaire a au départ une fonction de rite, lors du labour, des
cérémonies mortuaires par exemple. C’est un langage qui accompagne
les moments de la vie. La scène, c’est autre chose. D’autant
qu’il y a un public en face qui a payé son entrée. Du coup, on
n’est plus dans l’instantané, dans le spontané. On est à
la recherche d’une efficacité artistique, notion dont le rite est
totalement
dénué. On est dans le reflet du rite, mais plus dans le
rite.
On vous fait parfois le
reproche d’écrire
dans une langue peu accessible…
Et moi je réponds
qu’on ne comprend pas
toujours tout chez Pessoa, Mallarmé ou Aragon. Ce que je veux dire,
c’est
que chacun a ses codes, une façon d’écrire, des choses qui
résonnent en lui et qui sont très puissantes. Je suis un amoureux de
René Char, mais ce n’est pas toujours facile à comprendre, ni
même à cerner. Pourtant c’est une langue fabuleuse, une explosion de
couleurs et de sentiments. Moi-même, lorsque je lis les poésies de
Filippini, je suis admiratif, c’est splendide et cela me touche
d’autant plus
que je suis loin de manier la langue comme lui. Mais ce n’est pas pour
cela que je
suis un raté ou que la langue que j’utilise n’est pas digne
d’intérêt. Il me semble qu’il faut impérativement
distinguer le travail pédagogique et l’œuvre artistique.
L’artistique ne doit pas avoir un rôle pédagogique. On ne peut se
poser la question, en art, de savoir si l’on sera toujours
compris.
Autre caractéristique
frappante, l’absence
chez A Filetta de la nostalgie qui anime une grande part des artistes
corses…
La nostalgie est une
forme boiteuse de la
mémoire. On extrait quelque chose de son contexte, on ne veut retenir
que ce qui
nous semble bon. Cela traduit une incapacité totale à demeurer dans le
temps présent. Et sur le plan du chant, c’est pareil. Avec ce risque de
se
figer, de légitimer le danger qui pourrait résider dans toute forme
d’ouverture. Il est sain qu’il y ait des gens qui se posent en
gardiens, mais
cela n’exclut pas qu’il existe d’autres qui bousculent la tradition. Je
suis triste lorsque j’entends des gens dire qu’il ne faut pas toucher
à quelque chose parce que nos anciens nous l’ont laissé comme cela.
C’est contraire à toute dynamique de vie.
Que pensez-vous de la
profusion de chanteurs et de
groupes corses ?
Il ne faut surtout pas
empêcher les gens qui
veulent s’exprimer de le faire. Pour autant, il y a un vrai problème,
c’est que personne ne fait de distinction qualitative entre les
groupes.
C’est un mauvais service à rendre aux artistes que de mettre tout le
monde
sur le même plan. On doit faire des choix, que ce soit les
programmateurs radio et
télé ou les gens qui par leurs subventions alimente une grande partie
de la
production. On ne peut pas dire en permanence que tout est bon parce
que si tout est bon,
rien n’est bon. Nulle part cela ne fonctionne comme ça. Ce n’est pas
un discours élitiste. Je ne dis pas qu’il faut éliminer les mauvais.
Nos premiers disques musicalement étaient des calamités. Et si on ne
nous
avait pas laissé le temps de progresser, aujourd’hui sans doute, nous
ne
serions plus là. C’est pour cette raison que lors du premier disque
d’un groupe, il faut qu’il y ait des gens qui donnent leur avis,
sincèrement. C’est l’unique façon de
progresser.
En Corse, la critique
n’existe donc pas
?
Soit on ne dit pas
grand-chose pour ne pas dire ce
qui fâche, soit on tombe dans le propos dithyrambique dès que
l’artiste est un peu connu. C’est d’autant plus gênant
qu’on nous encense quand on fait une merde, mais en revanche on
assassine sans
raison ce qui vient de l’extérieur. Moi, je souffre lorsque je lis les
comptes-rendus de journalistes qui sont venus, ou pas d’ailleurs, à un
spectacle, et qui font un commentaire où ils se contentent de nous
resservir le
communiqué de presse. Je pense qu’on gagnerait tous à un peu de
sincérité et de critique, y compris ceux qui seront critiqués
à un moment ou à un autre.
Sébastien
Bonifay
Jean-Claude
Acquaviva
"Être ce que l'on défend et pas défendre ce
que l'on
est"
(Corse
Matin du 2 février
2008)
Photo
Pierre-Antoine Fournil pour Corse
Matin
Comment
votre
répertoire a-t-il
évolué en 30 ans ?
Notre éclosion a été portée par le Riacquistu et le
souci de propager des choses issues de notre patrimoine qui se
perdaient. Aujourd'hui,
dans une continuité naturelle, c'est à la création nourrie de toutes
nos rencontres que nous devons l'essentiel de notre répertoire.
Et de toutes
ces
rencontres, laquelle a été, disons, la plus marquante
?
La
Géorgie et le
chœur de Tbilissi avec lequel nous avons multiplié les échanges au
début des années 90. Il y a deux chants géorgiens dans notre nouvel
album et, là-bas, des chants corses ont été enregistrés en
géorgien.
Ces
fusions culturelles avec les autres galvanisent votre propre sens
créatif
?
Même de
façon inconsciente, une rencontre enrichissante et sincère laisse des
empreintes indélébiles et les influences affleurent nos mots, notre
musique, nos harmonies.
Que
disent de vous les publics étrangers ?
L'accueil est partout chaleureux car il n'existe pas de pays qui ne
manifeste un
intérêt pour l'art vocal, en raison de sa dimension intemporelle, et ne
ressente une fascination pour le travail des voix. Ce mélange
d'enthousiasme et de
curiosité est plus flagrant en Allemagne, en Autriche ou en Scandinavie
que dans
les pays méditerranéens un peu moins captifs à cette forme
d'exotisme qu'on peut représenter ailleurs.
L'ouverture
prochaine en Corse d'un Centre
d'art polyphonique ?
Sartène, Pigna. Il faut à la fois des outils culturels et les moyens de
les
faire fonctionner. Tout ce qui est de nature à désenclaver est une
excellente chose. Contrairement à ce que certains pensent, la
protection n'est pas
la meilleure solution. Il ne faut pas
défendre ce que l'on est, mais
être ce que l'on défend.
Même
si le chant est devenu moins
revendicatif, vous vous sentez toujours politiquement investi ?
Paradoxalement,
t'éloigner de la chanson-tract te rend plus puissant dans le message
que tu veux
délivrer. Le moyen d'exprimer le mieux ton amour indéfectible pour la
Corse, sa langue, sa littérature, sa poésie, c'est de décomplexer ta
musique, de la faire vivre au contact de celle des autres. Mettre un
terme à ce
processsus de greffes est une posture dangereuse qui conduit à sa
propre
sanctuarisation. Et un sanctuaire exhale toujours un petit parfum de
mort.
Votre
sentiment sur l'énième
crise que traverse la Corse ctuellement ?
Le sentiment qu'on a la tête
à l'envers. Il faut donnner à la Corse les moyens de produire des
Corses et
ne pas s'entêter à croire que ce sont les Corses qui font la Corse en
ayant
une idée statique de ce que nous sommes. Les choses sont en perpétuel
mouvement. Arrêter leur cours est une illusion qui peut avoir des
répercussions très graves sur le plan éthique, comme
l'exclusion.
Comment peut-on l'éviter ?
En
enracinant l'idée que tout
progrès ne peut être la conséquence que du travail, du respect, de la
rigueur, de notre capacité de résister dans l'intelligence,
l'honnêteté et le dialogue. C'est l'histoire universelle qui nous
enseigne
que rien ne se gagne par la force.
Propos
recueillis
par J.M. Raffaelli
Exclusif
: L'interview
réalisée par nos amis
néerlandais de "Tra Noi"
Pour
présenter "Tra Noi",
rien de mieux que de laisser la parole aux principaux intéressés :
Laurent,
Suzan, Christina et Martijn.
"Nous
sommes deux couples d'amis :
Laurent et Suzan Lohez et
Christina et Martijn La Feber. Nous vivons aux Pays-Bas. Laurent est un
Français
expatrié. Tout comme vous, nous sommes fans d'A Filetta. (...) Très
vite,
nous nous sommes aperçus que la plupart des informations concernant A
Filetta
étaient uniquement en français. Afin de pallier cette frustration, et
plus
encore pour permettre de faire découvrir A Filetta aux Néerlandophones,
nous avons décidé de leur consacrer un site internet. Après avoir
pris contact avec Sabine Grenard, et avec son consentement, nous nous
sommes mis à
l´ouvrage."
Et TRA NOI (www.tra-noi.nl)
est né le 7
octobre 2007 !
L'interview avec A Filetta réalisée le 16 decembre 2007
C'est vendredi 16 decembre et Tra Noi assiste au concert d'A Filetta à
l'église St Pierre d'Utrecht. Pendant la tournée d'A Filetta aux
Pays-Bas,
Laurent a l'honneur de lire en néerlandais les textes que Jean-Claude
Acquaviva
dit en corse et en français pour introduire les chants.
L'église est pleine, et les hommes arrivent. Tout est silencieux, comme
si nous ne
pouvions plus respirer. Les premiers sons tiennent leur promesse, c'est
superbe. Ils
chantent plusieurs chants qui figureront sur le nouvel album de 2008,
des chants de
Medée, du Requiem, des films Liberata
et Himalaya
l'enfance d'un chef. L'acoustique est excellente, et le
public est manifestement
touché. A Filetta a trouvé sa place. Après une ovation ils
reviennent pour un dernier chant.
Nous aidons Valèrie pour la vente de CD, et c'est beau de voir
l'enthousiasme du
public et pour beaucoup un CD n'est pas suffisant. Ce qu'il a entendu,
il veut le
retenir. Après que le groupe ait discuté avec plusieurs fans, nous
allons
au restaurant. Et là, sur la jolie place de l'église St Pierre, Suzan
demande à A Filetta de bien vouloir chanter "Sub Tuum".
José et
Maxime qui marchaient en tête sont rappelés, il fait froid, les hommes
se
mettent en cercle et sortent les oreilles du bonnet. C'est un moment
magique, là
sur cette place, dans le froid, c'est sublime ! Quel cadeau !
Après nous crions: "MANGER !" et nous nous mettons en route. Maxime a
le plan en
main et nous guide, Paul et Ceccè s'amusent et essayent de retenir les
cyclistes
qui passent, le reste du groupe discute. L'ambiance est decontractée,
ce fut un
beau concert.
Au restaurant nous commandons beaucoup de pizzas "A Filetta" avec une
bière et
nous commençons l'interview. Laurent et Jean-Claude accoudés l'un à
l'autre entament la discussion. Les uns écoutent et les autres
discutent entre
eux.
La première question est de Christina. Cela concerne la juste
traduction d'un
texte (Christina retranscrit les textes en poèsie neérlandaise.) Il
s'agit
du chant "Caracolu di brame" d'Intantu. Jean-Claude
s'asseoit et donne sa
traduction. Pour lui aussi, c'est difficile et il a recours à ses mains
pour
s'expliquer :
Jean-Claude Acquaviva : Il est difficile à
traduire. Ce texte est à l'origine ecrit en corse, par mon frère
Marcellu.
Le corse est une langue tres imagée et quand tu la traduis en français,
tu
perds quelquefois les effets recherchés.
Tra Noi : Quels sont
tes poètes préférés
?
JC : Borgès, René Char, Aragon
et Primo Levi sont
les poètes que je cite le plus.
Au grand plaisir de
Christina, Pessoa et Paul Eluard
figurent aussi sur la liste.
Tra Noi :
La polyphonie est-elle
reservée aux hommes ?
JC : La polyphonie se pratiquait à l'époque
des travaux dans
les champs. De fait, les hommes chantaient entre eux parce qu'ils
travaillaient entre
eux. Il n'y a pas de polyphonie mixte parce que, esthétiquement, son
architecture
est telle que si tu mêles des voix de tessitures différentes, tu
annules les
effets harmoniques. Si tu fais chanter ensemble des hommes et des
femmes, ils ne chantent
pas dans les mêmes registres. Tu élargis donc les registres, le spectre
et
tu n'obtiens plus du tout le même son. Naturellement les hommes
chantaient
ensemble, les femmes chantaient ensemble mais pas en polyphonie, tout
simplement parce
qu'il est difficile de trouver un espacement des voix suffisament
important.
Généralement il est difficile de trouver soit des basses ou des voix
qui
montent suffisamment. C'est un problème de tessiture. Si les hommes et
les femmes
ne chantent pas ensemble, c'est donc lié à l'organisation même de la
société, une explication purement esthétique et musicale. Cependant
dans les 20 à 30 dernières années, il y a des groupes d'hommes et de
femmes qui ont composé mais à la fin ils ne chantent pas de la même
façon. Ce n'est pas une explication scientifique mais ce sont des
éléments suffisants qui peuvent justifier pourquoi cela n'existe pas.
Tra Noi :
Comment s'effectue la
création d'un programme pour une tournée? Qui décide d'inclure tel
ou tel chant ?
JC : Cela dépend de beaucoup de choses. On en
discute ensemble. Très
souvent c'est lié aux nouveautés, à ce que l'on a envie de chanter,
à l'équilibre du programme. Pour donner un exemple concret, sur le
programme de la tournée Néerlandaise, on a intégré un certain
nombre de chants du nouvel album que l'on enregistrera en janvier. Cela
permet de les
rôder mais aussi de les faire mûrir. De la création à la
maturité, il y a beaucoup de travail.
Tra Noi : Avez-vous des
endroits préférés pour
chanter ? Y a t-il une salle où vous voudriez retourner ?
JC : Pas spécialement. On aime beaucoup certaines
acoustiques. Certaines
sont plus adaptées à ce que l'on fait. On n'aime pas trop les grandes
salles car notre chant est plus intimiste et on a besoin de le faire
porter par une sono
puissante. Ce n'est plus en rapport avec ce que l'on fait. On n'aime
pas non plus chanter
dans de grandes églises. Il y a un son qui tourne et cela porte à
confusion. Pour nous, la salle idéale : c'est une église de 300 à
400 places, ou encore une petite salle avec une bonne sono. A ce moment
là, tu as
une bonne relation avec le public qui n'est pas altérée.
Tra Noi : Beaucoup de
gens sont très attirés par A
Filetta, son harmonie, sa passion, sa superbe musique, ses textes. Pour
moi (Suzan), vous
êtes sept anges. Ce que vous faîtes est bon pour le coeur, ça vous
touche, ça vous embrasse. Comment est-ce que d'être adulé et de
pourtant rester simple Corse ?
JC : Alors d'abord, ça nous fait plaisir qu'elle ait
cette vision de nous.
Il faut qu'elle sache que cette vision n'est, pour nous, en aucun cas,
une volonté
de construire cette image. A ce propos, je citerais André Malraux : "
L'homme
n'est ni ange ni bête. A vouloir faire l'ange, il fait la bête."
Ce qui est important pour nous, c'est deux choses : Un, c'est d'être
toujours
critique envers nous-mêmes. Le jour où l'on commencera à dire : " ce
que l'on fait c'est bien ", là, ça sera terminé. Ca veut dire que
l'on commencera à dégringoler. Notre démarche c'est la recherche
perpétuelle d'un équilibre que l'on sait que l'on n'atteindra jamais,
mais
l'important c'est de le chercher. Deux : C'est de toujours rester
humble. Nous sommes
pleinement conscients que sans celui qui nous écoute, on n'est
absolument rien.
C'est une certitude. Parce que nous avons un chant qui n'a de sens que
pour être
entendu. Nous sommes intimement persuadés qu'un collectif, ça existe,
qu'une façon de penser les choses les uns avec les autres, les uns par
les autres,
les uns face aux autres. C'est la façon dont fonctionne notre musique.
C'est cette
image là, si tu veux, que nous sommes contents de montrer. Et cela
n'est possible
que si tu as des gens qui nous ont suivis et qui nous ont permis de
vivre cette aventure
de laquelle sont exclus le rapport économique, le rapport hiérarchique.
Et
ça, dans notre monde actuel, cela n'existe plus nulle part.
Quelquefois les gens disent : " oui, mais le rapport économique,
forcément
que vous le vivez puisque vous vendez des concerts, des disques... ".
Je le reconnais.
Mais nous avons eu la chance de trouver un public qui nous suit et de
ne pas être
obligés de faire de concessions sur le plan artistique. Nous ne nous
sommes jamais
retrouvés dans une situation de dire : " bon, allez, il faut qu'on
s'arrange un
peu, qu'on fasse un truc qui va bien fonctionner. " Ce que l'on fait,
on le fait. C'est
difficile. Ce n'est pas toujours facile à faire entendre, à faire
écouter et pourtant on a un public. Et c'est grâce à ce public, et
parce qu'il y a des gens comme vous, que l'on peut continuer. A partir
de là, tu
ne peux être qu'humble.
Tra Noi : A la fin de la dernière présentation que fait
Laurent, il
annonce qu'il y aura la possibilité d'acheter des CD à la fin du
concert.
Cela a fait beaucoup rire la salle. Comment l'avez-vous vécu ?
JC : Hier déjà, les gens ont ri. On y a repensé et
on pense
qu'ils ont du rire parce que cela venait à la suite de la dernière
introduction. Ca nous a aussi fait rire, tout simplement. A ce propos,
on a reçu
cette année, à Calvi pour les Rencontres, Giovanna Marini. Une
chanteuse
populaire italienne qui a fait un travail fantastique sur les voix.
C'est une dame qui a
entre 65 et 70 ans. Elle fait ses concerts avec trois autres
chanteuses. Pendant les
concerts, elle parle et amuse beaucoup le public. Et à la fin des
concerts, elle
dit : " voilà, je vais vous expliquer. Nous, on fait des CD et les
maisons de
production les fabriquent mais ne veulent pas les vendre. Alors nos CD
prennent la
poussière, on est obligés de les nettoyer. Alors pour ne plus avoir
à le faire, on vend nos disques nous-mêmes ". Et alors elle va dans les
coulisses, revient avec des cartons de CD, se met au-devant de la
scène, et elle
les vend. Son agent dit que depuis qu'elle fait ça, elle vend des
quantités
de disques incroyables. Nous, il est exclu qu'on fasse la même chose.
On n'oserait
jamais le faire. On en rit beaucoup parce que sur cette tournée, c'est
la seule
où l'on annonce que l'on vend des CD. Jamais, jamais avant on ne
l'avait fait.
Pour en revenir à ta question, on en a beaucoup ri mais cela ne nous a
pas
gêné.
Maxime : Tu disais : " ... l'altruisme, et le don de
soi, ... il y a des disques
à acheter à la fin du concert." Et tout ça sur le même ton.
C'était poétique ! (rires)
Suzan
: C'était
vraiment marrant, et ça a porté ses fruits.
Tra
Noi : Après
bientôt trente ans d'existence, ressentez-vous quelquefois que la
passion
s'amoindrit ? Que faites-vous pour raviver la flamme ?
JC : Ecoute, honnêtement, nous n'avons pas
l'impression que la passion
s'estompe. Sans doute cela arrivera un jour mais jusqu'ici nous ne
l'avons pas encore
ressenti. Sans doute parce que l'on fait extrémement de choses
différentes.
Ce qui est important, pour un groupe comme le nôtre, c'est de ne pas
avoir un plan
de carrière. On est toujours resté ouverts aux autres, sur leurs
capacités à nous proposer des choses et vice-versa. Cela nous fait
avancer
chaque fois, cela nous enrichit. C'est ce qui s'est passé avec Bruno
Coulais quand
on a commencé à faire de la musique de film. Depuis, nous en avons fait
beaucoup. Nous avons rencontré beaucoup de musiciens. C'est d'ailleurs
avec l'un
d'eux que nous avons fait le Requiem. Nous avons présenté Bruno Coulais
à Orlando Furioso, metteur en scène napolitain, et depuis ils ont fait
beaucoup de choses ensemble. Ce n'est pas une fuite en avant, cela se
fait très
naturellement. En fait, on a sans cesse un sentiment de nouveau,
d'inédit.
Tra
Noi :
Christina voudrait que
Jean-Claude décrive A Filetta en un mot.
JC : Alors ... (Jean-Claude s'interrompt, réflèchit,
rigole, veut
reprendre sa phrase mais Christina est stricte et lui dit "UN mot"). Un
mot... Ca veut
dire que je bavarde trop...
Laurent : C'est plutôt
parce que nous avons beaucoup de questions
et que si nous les posons toutes, nous y sommes jusqu'au petit-déjeuner.
Suzan : Un mot pour décrire A Filetta, ce serait
...A Filetta
?
JC : Ce sont DEUX mots. Un mot ...(Jean-Claude
regarde très
concentré), un mot ... ce serait ... (nous rions), ce serait ... (nous
rions
à nouveau), un mot qui doit ouvrir à d'autres choses, parce qu'un mot
c'est
trop difficile. Je pense que, selon moi, il y a une chose primordiale
...
(nous
rions encore)
Christina : Non, UN mot !
JC : Un mot ... (nous rions), un mot, je dirais
SINCERITE, parce que c'est un mot
qui couvre plusieurs aspects.
Suzan : Un mot n'est pas suffisant.
JC : (soulagé) voilà, absolument.
Tra
Noi : Ce
qui nous manque en tant que fans d'A Filetta c'est un DVD Live.
Est-ce dans les plans ?
JC : On y a déjà pensé, mais pas spécifiquement pour
un concert général. Il y a un certain nombre de répertoires qui
gagneraient à être enregistrés live. Par exemple, les choeurs de
Medée. On se dit maintenant qu'on aurait dû le les faire en live et
peut-être en DVD. Parce que cela aurait eu une sincérité plus
importante. Quand on a enregistré Médée, on s'est focalisé
sur un certain nombre de choses et à l'arrivée on se rend compte que ce
n'est pas l'essentiel. Et le CD ne rend pas ce qu'il aurait pu donner
en live. Pour
revenir à ta question, on y pense de plus en plus. On sait aussi que le
CD, c'est
quelque chose de beaucoup plus froid. Dans notre façon de chanter, il y
a des
choses qui parlent plus lorsque l'on écoute un disque. Mais on se pose
la question
: Est-ce qu'avec un DVD, le concert est-il le même qu'en concert ? Je
n'en suis pas
si persuadé.
Tra Noi : Sans aucune
limite, quel serait le rêve le plus fou que
vous souhaiteriez réaliser ?
JC : Je ne sais pas si je ferais un voeu pour A
Filetta. Je ferais un voeu pour la
planète. Cela peut paraître prétentieux, mais je dis que le voeu que
je formulerais, c'est que notre façon de fonctionner en groupe, dans la
musique,
puisse servir d'exemple. Ce que je veux dire, c'est que j'aimerais voir
dans notre
société un respect mutuel mais aussi une complémentarité, une
solidarité... Qu'on ait besoin des uns et des autres, que l'on soit les
uns par
les autres, que cette façon de fonctionner puisse se retrouver ailleurs
dans la
société. C'est à mon sens ce que l'on a de plus cher à
donner.
Tra Noi : Une question
à propos du groupe en lui-même, sur
sa complémentarité, sa solidarité, comment l'expliques-tu
?
JC : C'est tout simple. Si tu veux, A Filetta ne s'est pas
constitué que sur
des éléments esthétiques, musicaux ou artistiques. La
création du groupe remonte à 1978. Petit à petit, les gens qui ont
intégré le groupe, sont des gens qui ont cotoyé pendant quelques
temps le groupe. Il y avait une sorte de période d'approche si l'on
peut dire, et
à un moment donné ils ont intégré la structure.
C'est-à-dire qu'ils ont fait l'expérience de la proximité
sentimentale et philosophique.
Du groupe d'origine, il n'y a que Jean et moi. Après Paul est venu. Il
était au lycée avec moi, on se connaissait mais il ne chantait pas. Il
était lui-même ami d'un de mes amis d'ecole qui aimait chanter. Petit
à petit, il a intégré le groupe. On s'est trouvé des envies
communes, le fait de vouloir construire ensemble. Si tu prends les
autres, c'est
exactement la même chose. José s'occupait avec l'un des fondateurs d'A
Filetta d'une école de chant à l'Île Rousse. Au bout d'un moment, il
a naturellement intégré le groupe. Maxime, c'est la même chose. Il
chantait beaucoup de messes, dans les confréries. Et à un moment
donné, il y a eu une sorte d'osmose qui s'est faite et il est entré
dans le
groupe. Jean-Luc, c'est pareil. Quand il était tout petit, il venait à
des
ateliers de chant. Il est venu chanter 2-3 fois avec nous pour Passione,
pour ce
que l'on faisait à Calvi. Naturellement il a intégré le groupe.
Céccé, mon neveu, il y a la proximité familiale mais aussi le fait
qu'on a fait un concert à Calvi, où l'on avait intégré
d'autres chanteurs. Il a répété et chanté avec
nous...
Entre temps les pizzas,
desserts et les cafés
sont consommés, nous aimerions poser nos questions jusqu'au
petit-déjeuner,
mais la realité veut que les hommes partent demain pour Anvers, et vu
qu'il est
minuit nous nous disons au revoir...
Propos
reproduits avec
l'aimable autorisation de Tra
Noi.
Entretien
au Carubbu
avec A Filetta
Ce 19 septembre 2006, A Filetta au grand complet nous reçoit
dans la cuisine du
Carubbu. Jean-Luc et Ceccè sont aux fourneaux, et le groupe (sans José,
parti entre temps chercher son fils à l’école), déjeune tout
en répondant à nos questions.
U
Carubbu |
La
boîte à lettres d'A
Filetta
|
Les XVIIIes Rencontres
L'invitu (Pierre, Jean-Claude, Pascale et Anne
Marie Casanova et Françoise
Coulomb) : Tout d’abord, quel bilan tire A Filetta de ces 18es
Rencontres qui
viennent de s'achever, quel est votre sentiment sur leur déroulement,
et que
souhaiteriez-vous éventuellement voir évoluer ?
Jean-Claude Acquaviva : Il y a plein de
choses à dire, on pourrait
d’ailleurs les uns et les autres dire des choses différentes. A mon
avis, je
pense que ces Rencontres, au niveau de la programmation, ont été
peut-être une des meilleures éditions, dans la mesure où la
programmation était très cohérente. Nous avons quelques regrets
évidemment, notamment sur le final, sur le fait de ne pas avoir pu
maintenir ce
qui était prévu à l’extérieur. On a aussi quelques
doutes sur le concert de Bastia ; non pas sur Faiz Ali Faiz,
car
c’était géant, mais à Bastia il y a un problème
d’adéquation.
L'invitu : Nous aussi, nous en avons parlé entre nous,
nous avons le
même sentiment.
J.C.A. : Le lieu n’est pas adapté, mais c’est le
seul qui soit
acceptable sur Bastia. Le théâtre n’est pas utilisable, il est
fermé à cette période de l’année, en plus il va
être fermé pour travaux. Cela va rendre les choses encore plus
difficiles,
quand bien même on aurait eu envie d’avoir le théâtre. Donc sur
Bastia, on a quand même un doute sur la façon dont ça se
déroule.
Jean-Claude
Acquaviva répond aux questions de
L'invitu
Sur le reste, on en parlait encore ce matin entre nous, il y a quand
même un
rééquilibrage à trouver entre la polyphonie et les voix. Cette
année, il y avait relativement peu de polyphonies, mais ça s’explique
par le fait que la polyphonie, en 18 éditions, je ne veux pas dire
qu’on a
fait le tour, mais on a beaucoup programmé de choses, et on est dans la
difficulté chaque année de proposer des choses qui soient, je ne veux
pas
dire inédites, mais nouvelles, qui amènent quelque chose.
On
avait déjà par le passé
émis l’idée selon laquelle, au lieu d’avoir cette
préoccupation sur chaque année de faire des choses nouvelles, ce serait
bien que les Rencontres deviennent la vitrine de quelques artistes
qu’on pourrait
suivre dans leur évolution, dans leur trajectoire. Cela nous aurait
permis de
reprogrammer certains artistes. Encore faut-il que ces artistes aient
une trajectoire,
c’est ça le problème. Malheureusement, par exemple les
Géorgiens sont venus 7 ou 8 fois, chaque fois ils ont donné le même
répertoire. Et là on bloque quelque part.
Donc,
grosso modo la
fréquentation est bonne, en
hausse, mis à part Bastia. La programmation sur le plan artistique me
semblait
très cohérente, il y a eu de très belles choses, mais il y a quand
même ce déséquilibre polyphonies / voix solistes et il y a
également, mais justement ça passe par un meilleur équilibre
polyphonies/solistes, des choses à simplifier sur le plan
technique : ce qui
serait bien, l’idéal, ce serait de programmer la Cathédrale et
l’Oratoire sans sonorisation, et qu’on fasse ce qui est à sonoriser en
extérieur. Et il faudrait qu’on ait un endroit où l’on puisse
se replier en cas d’intempéries, qui puisse accueillir un concert
sonorisé. Sinon, ce n’est pas jouable. C’est trop difficile, sur le
plan technique c’est lourd, c’est compliqué, parce qu’il faut
faire les balances, et quand on fait les balances plus personne ne fait
rien autour,
etc.
Et
enfin, dernière
remarque : avec le recul,
nous pensons que ce n’était pas une bonne idée de programmer les
extraits de Marco Polo dans le cadre du final : c’était
presque un
spectacle de théâtre, une création. C’est trop lourd, on
n’a pas la tête à ça, on n’a pas le temps de travailler
dans des conditions de confort satisfaisantes, et ça nous a emboucané
la
fin des Rencontres. Jusqu’au dernier moment, on fait, on ne fait pas,
on programme,
on ne programme pas, on répète, on fait un filage puis on ne le fait
plus,
on le fait mais on n’a pas le temps parce qu’on ne fait pas les
balances,
parce que quand vous allez faire les balances ça commence à
l’Oratoire, etc.
Tout ça, c’est à repenser…
L'invitu :
Mais c’est quand même
lié à la météo ?
Absolument, il faut anticiper maintenant sur la météo.
L'invitu :
Effectivement, deux années
de suite perturbées par les intempéries, ça risque de se reproduire
encore. Mais tout se recoupe : s’il y avait eu une
salle…
Le problème, c’est ce qu’on disait ce matin, c’est que
le final des Rencontres, c’est avant tout, du moins en grande partie,
le site.
Donc, effectivement, si on avait une salle en dehors de la citadelle,
le repli serait
possible, mais c’est sûr que le final ne serait plus le final qu’on a
pensé. C’est la raison pour laquelle il faut, soit penser un final dans
le
lieu, avec une solution de repli qui soit en quelque sorte un
pis-aller, ou alors il faut
repenser les choses en sacrifiant certaines choses, en disant
« on fait le
final avec tel artiste, on sait que ce n’est pas faisable là haut, on
sait
qu’on risque des problèmes d’intempéries", à ce moment
là, on le fait dans un lieu adapté. Mais ce n’est plus le final tel
qu’on le pensait.
L'invitu
: Pour nous, ce ne seraient plus les
Rencontres, parce que ça a du sens de tous vous revoir à la fin, et
à cet endroit là, tout est cohérent.
Il y a un problème de croissance, du fait que beaucoup de concerts
étaient
saturés, le concert de Médée, des concerts de
18h…
L'invitu : Les concerts de 18 heures saturés, c’est
nouveau
?
Pas sur les groupes corses. Evidemment c’est bien que les groupes
corses aient de
l’audience, qu’ils attirent du monde, mais ça traduit une chose,
c’est que le public d’ici ne suit pas beaucoup. Le public venant de
l’extérieur est intéressé par la polyphonie corse, ce qui est
légitime…
Mais pas que ça, c’est un apprentissage avec vous, une
découverte…
Le fait est que les concerts de chant corse ont toujours fait le plein,
les 18 h aussi,
et ce n’est pas le cas de tous les spectacles. Ceci dit, sur le plan de
la
fréquentation il n’y a pas grand chose à dire, ça fonctionne,
il y a une fidélisation, des gens qui reviennent, c’est très
bien.
Là, je vous donne vraiment des éléments de
l’intérieur…
Qu'en pensent les artistes invités, quel retour avez-vous de
leur
part ?
C’est variable : il y a des artistes qui arrivent et qui
repartent vraiment
enrichis par les Rencontres, et puis il y en a qui arrivent et qui
passent un peu
à travers. Cela arrive. Il y a des gens qui ne comprennent pas
forcément.
Il y en a eu dans le passé, je pense que cette année aussi, tout le
monde
n’a pas vécu les Rencontres de la même façon. Il y a des gens
qui se disent « bon, là je suis vraiment dans un moment de
communion », il y a quelque chose qui se passe, et il y a des
gens qui
arrivent, qui participent et qui repartent, c’est tous les ans comme
ça.
Qui choisit les artistes ?
Cette année, en grande partie c’est Valérie qui a fait la
programmation. Pendant longtemps on a toujours travaillé en écoutant
les
uns les autres. C’est Jean-Témir* qui arrive en disant
« j’ai eu un contact, il faut écouter tel ou tel
artiste », on se fait envoyer des disques, etc. Le problème,
c’est qu’à un moment donné il y a un problème de
croissance des activités, pas seulement des Rencontres, d’U Svegliu en
général. Nous A Filetta, sur les Rencontres nous jouons un peu le
rôle d’accueil, mais on n’a pas de rôle logistique…
* Jean-Témir Kerefoff est le président d'U Svegliu Calvese
Paul : On va chercher les artistes aussi…
JC : Oui, pendant longtemps on
l’a fait, mais on n’y arrive
plus, et là cette année je dirais que la plus grosse partie de la
programmation c’est Valérie qui l’a faite, évidemment elle nous
la soumet, mais le travail de recherche, de repérage, c’est elle qui
l’a fait. Sinon, ça peut être quelque chose de collectif, on va se
passer des enregistrements…
Et Accentonic, quel est son rôle ?
Accentonic n’est là que parce que A Filetta est là et parce
qu’il y a des artistes qui sont chez Accentonic, sinon Accentonic n’a
pas un
rôle dans les Rencontres (*).
(*) Précision à la demande de Sabine : Accentonic n’est aucunement le
tourneur de Julia Sarr, il s’agit de Mad Minute Music. Sabine Grenard
est agent en
free-lance (sous le régime d’intemittent du spectacle) et en
collaboration
avec plusieurs agences de tournées qui ont un rôle uniquement
administratif
(contrats, fiches de paies). Ainsi A Filetta et Warsaw Village Band
avec
Accentonic.
(Jean-Claude n’a toujours pas mangé une bouchée de ses
pâtes. Nous décidons de solliciter un autre membre du groupe).
Le
groupe
Ceccè, comment s’est faite ton intégration dans le groupe, et
comment vis-tu la double appartenance avec U Fiatu Muntese, n’est-ce
pas trop
difficile ?
Ceccè : Non, il a fallu que j’assure les
concerts d’U
Fiatu de cet été, c’était logique, mais cela ne m’a pas
posé de difficultés.
Et l’intégration dans ce « vieux groupe de
jeunes » ?
C : Avec que
des vieux, on ne sait pas comment
faire ! (rires)
Ce qui nous épate, c‘est que l’arrivée de quelqu’un
soit naturelle...
Max : On le connaît depuis longtemps, déjà.
Oui, vous l’avez jaugé, jugé… En tant que spectateurs, on a
toujours la crainte que quelque chose coince, mais c’est incroyable, on
sent
qu’il y a une harmonie, une osmose qui se fait.
|
J. C. : Je pense, sans vouloir lui
envoyer des fleurs, que c’est
lié à son tempérament. C’est quelqu’un qui est
très vite à l’aise avec le monde, pas seulement avec nous, même
par rapport à sa génération, je le vois quand je suis à
Ile-Rousse avec lui, moi qui ai 20 ans de plus que lui, il est beaucoup
plus à
l’aise que moi. Il a une facilité à être avec les autres, il
s’est très vite adapté avec nous. Ce n’est pas facile
d’entrer dans un groupe, surtout un groupe soudé depuis des décennies
comme il l’est. Sur le plan artistique, il n’a pas eu de difficulté
particulières, sur le plan de l’intégration il a été
très vite à l’aise…
A part les
chaussures marron !
Les chaussures marron à Nanterre ! (rires)
Parlons un peu de la genèse du groupe. Quelles sont les
racines musicales de
chacun ? Est-ce que dans vos familles il y avait une tradition
du chant, une
tradition musicale ? Ou est-ce que vous êtes venus au chant
plus tard, par
l’école ou en intégrant le groupe ?
C’est très différent selon les individus. Il y en a qui sont issus de
familles ayant des traditions de chant : Jean-Luc a son père
qui est berger
dans le Marzulinu et qui chante très bien, il a une voix naturelle
comme lui, tout
petit il est là dedans.
|
Les autres, non. Il y a des influences
différentes, certains sont venus
au
chant au moment du lycée ou du collège par la polyphonie proprement
dite,
d’autres faisaient de la musique. Cela a été très
différent. Paul a commencé à chanter avec nous quand on était
ensemble au lycée. Il dit toujours que les premiers temps il n’aimait
pas du
tout ce chant…
Paul : Quand j’écoutais un disque de polyphonie, je
zappais. Ca
s’est fait tout à fait pas hasard : je les écoutais dans mon
fauteuil et à un moment donné Jean-Claude m’a dit :
« ça ne te dirait pas d’essayer de
chanter ? »
Et tu as essayé...
Jean-Luc : S’il avait pu tenir sa
langue !
(rires)
Paul : Il m’a proposé et je me
suis
accroché.
Tu ne chantais pas du tout avant ?
Paul : Non, je chantais
comme ça, j’aimais
bien la musique, mais c’est tout.
JC :
On était au lycée
ensemble. C’était une époque où tout le monde apprenait
à chanter. Il y a plein de gens qui ont appris à chanter, ils ne sont
pas
tous devenus chanteurs. Mais on était à la récréation, on
chantait, chacun essayait d’apprendre. On était en train de travailler,
et
lui il était là ; je lui ai dit « tu ne veux pas
faire
quelque chose ? Essaie !» A l’époque il
était
passionné de Polnareff, mais la polyphonie c’était pas son truc. Et
après, une fois qu’il a commencé, c’était lui qui
était acharné. A la fin de chaque cours il venait nous chercher pour
qu’on fasse des répétitions.
Cela
rejoint une autre
question : Quels sont vos goûts musicaux autres que la
polyphonie ?
Paul : Mike Brant, Johnny Hallyday. Sur le
rappel de Médée
à Paris, je le fais ! (rires)
JC : C’est très divers. Les influences sont
multiples. il y a
ceux qui aiment la musique vocale, le classique, la musique
électronique, les
musiques dites urbaines, c’est très divers. On n’a probablement pas
les mêmes disques.
Paul : Il m’est arrivé de parler mal avec
des spectateurs qui
m’ont dit : « Nous on n’écoute que de la
polyphonie ». Je les ai regardés et j’ai dit « Eh
bien, je vous plains ! »
C’est aussi ça les Rencontres, des univers musicaux très
variés qui s’interpellent.
Ce qui est intéressant, c’est que, en ayant des origines musicales
différentes, des passions musicales différentes, on se retrouve là
où on se retrouve. Je vois qu’au delà de ce qu’on fait et de la
façon dont on le fait, en adhérant à quelque chose, il est rare
qu’à la sortie d’un concert, sans même avoir pu discuter, on ait
des avis très différents sur ce qu’on a entendu. En ayant pourtant a
priori des goûts qui peuvent être très différents, il y a des
choses qui nous interpellent, on est souvent assez d’accord.
Une même famille de goûts, une même sensibilité ?
Voilà, une même sensibilité, c’est important, parce
que sinon, artistiquement, il y a des choses qui ne passent pas, qui ne
fonctionnent pas.
Dans le groupe, il y a eu bien d’autres chanteurs qui sont passés, ils
ne
sont pas tous restés pour ces raisons là. Il y avait des gens qui
chantaient superbement bien, Maxime Merlandi qui chante avec Rassegna
et Barbara Furtuna,
chante très bien, mais il n’a pas pu rester dans le groupe. Ce n’est
pas du tout le groupe qui l’a écarté, je pense qu’il avait du
mal à trouver sa place, alors même que c’était un super
interprète.
Cela a été la même chose avec Stéphane Casalta ou avec
Felì. On ne peut pas dire que c’est parce que c’étaient des
personnalités musicales fortes : dans le groupe il y a de
fortes
personnalités musicales. Le problème n’est pas là, le
problème c’est d’arriver à fonctionner en osmose avec les
autres. Il y a des gens qui n’y arrivent pas, ça se voit même dans les
comportements en dehors de la scène. Nous, et c’est en même temps
fantastique et lourd, parce qu’on a un comportement, un instinct
grégaire,
c’est en même temps quelquefois difficile à gérer, car il y a
un risque d’étouffement, mais je pense que c’est ce qui fait
qu’on dure, et surtout qu’on a un projet artistique qui me semble
cohérent…
Que vous avancez...
Qu’on avance sur un chemin…
On sent vraiment ce que tu dis sur le DVD de Don Kent. D’ailleurs,
beaucoup de gens
ont découvert A Filetta grâce à ce DVD.
Françoise : J’avais mis la télé tout en lisant un
bouquin, et quand le film a commencé, le bouquin m’est tombé des
mains, physiquement, c’est un truc de fou.
Pierre : On peut citer l’exemple d’Ursula, qui n’écoutait
quasiment pas de musique. Elle tombe sur ce film sur Arte et depuis
elle vient aux
Rencontres...
Françoise : Il n’y a pas seulement le chant, il y aussi tout
ce que
vous véhiculez...
Il y a aussi le fait que – c’est pour ça que ce DVD a
été important même pour nous - jusque là, on n’a pas
forcément l’occasion de parler comme on le fait avec vous ou comme on
l’a fait avec Don Kent quand il a fait cette captation. Quand on fait
une
émission, on ne peut évoquer un truc que très rapidement, et je le
disais l’autre jour avec Vincent Zanetti, ça fait du bien de faire des
interviews comme ça, parce qu'on a parlé pendant presque une heure de
notre
travail, et j’avais vraiment l’impression moi-même de découvrir
des choses sur nous, alors que les trois-quarts du temps, on est face à
des gens
qui, sans être inintéressants, souvent n’ont pas le temps ou pas le
recul nécessaire. Je crois que ce qui a été bien pour ce DVD,
c’est que Don Kent y a mis le temps, sur presque deux ans, et les
moyens : il
est revenu nous filmer 7 ou 8 fois dans des endroits très différents et
en
espaçant ses venues : entre chaque rendez-vous il revoyait ce
qu’il
avait filmé, et puis il a donné la parole à tout le monde, ça
aussi, c’est une qualité…
On sent beaucoup de choses de vos relations, c’est ça qui est
bouleversant dans ce film, ce qui passe entre vous. On parlait de
tribu, c’est
exactement ça, ça va bien au-delà du chant. Et ce que vous rendez
sur scène, on le sent aussi dans vos paroles sur le DVD.
Depuis une quinzaine d’années, les créations prennent de plus en plus
d’importance. Est-ce que tu es le seul à composer dans le
groupe ?
A écrire, à composer pour le groupe, oui, mais je suis sûr
qu’il y a parmi eux des gens qui peuvent le faire. Les choses se sont
structurées comme ça parce que j’ai commencé à
écrire des chansons tout jeune, et après j’ai continué. Mais
je sais que José, par exemple, a écrit des chansons quand on a fait
l’album pour les enfants. Il est capable d’écrire des chansons. Je
pense que d’autres aussi parmi le groupe peuvent le faire. Ils ne le
font pas, de
la même façon qu’ils parlent peu, parce que moi je parle et que
c’est plus simple. Je ne vais pas non plus avoir un discours qui
consiste à
dire que tout le monde peut tout faire, peut-être qu’il y a des gens
qui
n’ont aucune inspiration, je n’en sais rien. Mais je suis persuadé
que, parmi eux, il y a des gens capables d’écrire.
La création, l'écriture
Comment se passe
l’écriture ? quel est le point
de départ ? Ce qui nous frappe, c’est qu’il y a une certaine
complexité dans l’écriture, il y a à la fois des
mélodies qui sont superbes, mais il y a surtout des harmonies très
fortes.
Composer directement sur l’harmonie, ça ne semble pas évident, enfin
tu vas nous le dire, dans quel ordre cela se passe t-il ? On a
la sensation
qu’il y a des moments, dans les morceaux, où les harmonies sont
tellement
fortes qu’on ne sait pas trop comment on peut composer ça, est-ce un
ajout
progressif ou as tu ces harmonies en tête dès le
début ?
En fait, ce qu’il faut bien comprendre, c’est que ce n’est pas
monolithique, il n’y a pas une façon unique de procéder. Je disais
à Vincent Zanetti que Médée pour nous était un moment
important, c’est une espèce de pierre angulaire, de charnière, de
passage en quelque sorte. Avant Médée je dirais, tout était de
composition orale ; avec Médée, on est dans quelque chose qui
est plus
complet, qui commence à être quelque chose de plus écrit, mais qui en
même temps n’est pas écrit, n’est pas fixé : il
n’y a pas une rythmique particulière, il n’y a pas une partition de
Médée. Ensuite après Médée, il y a d’autres
choses, notamment des choses très écrites. Mais après
Médée, il y a aussi des choses qui continuent à être entre les
deux, des choses qui continuent à être orales.
Les choses ne sont pas chronologiques, ce n’est pas quelqu’un qui ne
savait
pas la musique qui a appris la musique et qui après avoir appris a fait
autrement.
Alors, comment ça fonctionne ? Soit c’est très vite écrit
– quand je dis écrit, je veux dire « pensé »,
et ce sont des choses qui de cette façon là bougeront peu. Soit il y a
des
choses qui vivent, qui se modifient. Cela a été le cas de
Médée par exemple, dans laquelle il y a eu des apports harmoniques
constants. D’abord, en cours de route des choses nous semblaient
incomplètes, inachevées, des moments avaient des résolutions qui
nous semblaient trop évidentes par rapport à ce qu’on était en
train de chanter, petit à petit des choses sont devenues plus abouties
sans doute,
plus complexes, il y a eu des apports successifs.
Après, il y a des choses très pratiques aussi. Par exemple Ceccè est
rentré dans le groupe l’an dernier, on a dit qu’il allait travailler
sur le répertoire ; tout ce qui est figé, écrit, pas de
problème, on lui donne une partition, il va l’apprendre. Le
répertoire traditionnel, les créations pas trop compliquées à
mémoriser, ça va, mais Médée, comment on fait ?
c’est compliqué, il faut qu’il mémorise quelque chose qui
n’est pas écrit, on peut difficilement lui donner un cadre dans lequel
il va
très vite s’insérer. Donc pour Médée, sur pratiquement
tout le chant, j’ai écrit une septième voix.
C’est bien ce qu’il nous semblait, mais nous avons posé la
question
à José, qui nous a répondu en blaguant. Cela nous a frappés
sur U Casticu, il ne faisait pas le bourdon, et avant il le faisait. Il
nous a dit 'je
n’avais pas envie de le faire !'
Mais ça, c’est pour d’autres raisons. Avec José, il y a un
petit problème tout bête : José a un vibrato naturel et quand
vous faites un bourdon et qu’au milieu de 6 voix vous mettez un
vibrato, ça
fout un bronx pas possible. On a l’impression de ne plus savoir où se
trouve
la note. Avec José, on a essayé à plusieurs reprises, il y arrive
difficilement. Il a une voix qui oscille comme ça (JC nous montre en
chantant)
Quand il fait un bourdon avec d’autres voix plus droites, sans vibrato,
ça
rend les choses compliquées, du coup on ne sait plus trop où on en est.
C’est la raison pour laquelle il a dit : « si ça pose
problème, il vaut mieux que je ne le fasse pas et que je ne rentre
qu’après » Ça explique que José ne soit plus sur le
bourdon. Mais il reviendra (rires)
Quand vous faites les premiers essais sur ce qui est écrit, est-ce que
chacun
apporte son idée sur la façon de la faire ?
C’est difficile. Par le passé, il a pu y avoir des choses qui
ont
été amenées, qui ont pu enrichir. Souvent elles émanaient de
Jean Antonelli, parce qu’il était guitariste, qu’il avait une approche
de l’harmonie, mais sinon c’est difficile pour un chanteur qui n’a pas
– je ne dirai pas une connaissance de l’harmonie, parce que moi je n’ai
pas la connaissance de l’harmonie – mais une approche de l’harmonie,
c’est difficile…
Il ne peut pas y avoir quelque chose de spontané ?
C’est plus compliqué que ça ; ça peut se faire, mais
ça se fait peu. Quand il y a un truc qui commence à être fixé,
pensé comme il est au départ, c’est difficile d’y ajouter des
choses sans lui faire prendre une autre direction.
On va faire une création à l’Aghja avec des musiciens de jazz, on va
leur donner des choses, ils vont probablement faire des propositions
qui vont faire
changer les harmonies, et ça peut être difficile qu’on soit dans un
travail où chacun puisse dire « moi je propose qu’on fasse
ça »
Maintenant, attention, je parle d’écriture. Quand tu prends tous les
mélismes que fait Jean Luc par exemple, c’est lui qui les fait, ce
n’est pas écrit. Bien sûr chacun amène ses trucs, par exemple
sur les voix de basse, ils vont à un moment donné dire « nous
naturellement, on timbre comme ça, on dit oui, c’est bien, on fait
comme
ça, tu as raison, on développe ci, on développe
ça ». Mais les notes qui y sont, elles sont ce qu’elles
sont.
C’était vrai au début quand vous étiez un peu en
apprentissage de vos voix, mais maintenant tu les connais toutes…
Absolument, il y a ça, et aussi le fait qu’on est passés
à une musique plus complexe, plus élaborée. Et j’ai
évolué sur certains trucs, et tout le monde n’a pas forcément
le même rythme d’évolution, ça ne leur enlève rien, ce
n’est pas prétentieux ce que je dis. C’est difficile si tu arrives
avec un truc de dire « moi je vois les choses
différemment" ; ou
bien tu as conscience de ce qui était proposé et effectivement, tu peux
trouver des choses qui vont, mais le problème, c’est qu’ils
n’ont pas forcément le travail sur l’harmonie qui permet de le
faire.
Moi, j’ai fait beaucoup de chemin parce que j’ai beaucoup travaillé
sur les compositions de Bruno. Il est probable que si eux avaient fait
ce travail,
s’ils avaient été comme moi avec Bruno, ils pourraient le faire.
J’ai été un peu l’interface, et effectivement j’ai appris
plein de choses dans le travail avec Bruno. Et le fait que c’est moi
qui ai
été l’interface fait qu’il y a certaines choses qui me viennent
sans doute plus naturellement.
Tu dis que tu ne connais pas l’harmonie, mais quand on écoute un chant
comme
Rex, où dans la deuxième moitié notamment il n’y a pas de
mélodie, c’est uniquement fondé sur des harmonies ?
Oui, quand je dis que je ne connais pas l’harmonie, ça veut dire
l’harmonie telle que tu l’apprends au Conservatoire, qui a des règles
d’écriture…
Tu ne les écris pas, tu les sens ?
Je les sens, je les écris, en faisant probablement des fautes
d’orthographe
harmonique !
Mais tu les sens d’abord ? Est-ce que ce n’est pas mieux
justement ? Est-ce que ça ne laisse pas plus de
liberté ?
Je n’en sais rien. Moi, ce qui me gêne dans cette approche des choses,
et
j’ai souvent eu la discussion avec Bruno ou avec Jean-Michel Gianelli,
qui sont des
gens qui maîtrisent l’écriture , quand je leur dis que je veux
me
former, ils me disent « non, surtout pas, ne te forme
pas ». Ils
ont peut-être raison, peut-être que je fais des choses qui actuellement
sont
interdites par l’harmonie classique et que je ne ferais plus si j’avais
une
formation académique, ça c’est évident, mais en même
temps c’est terriblement frustrant pour moi, à un moment donné, de
faire des choses et ne pas être sûr de pouvoir les assumer.
Tu penses que ça limite ce que tu pourrais faire, de ne pas connaître
la
technique ?
Je ne sais pas si ça limite.
Je disais « limiter » dans le sens
« oser ».
Quand tu es dans un cadre écrit, tu t’astreins à rester dans les
canons et tu dois perdre un peu l’idée de tenter des choses. Peut être
que tu tentes naturellement des choses que tu t’interdirais si tu
connaissais les
règles.
Peut être, mais c’est difficile. Quand on est ensemble, on se
régale. Mais dans notre évolution, par exemple demain on va travailler
avec
des musiciens de jazz.
Nous, en tant que bloc, on n’a pas de problème de langage entre
nous ;
on n’a pas de formation harmonique, on est d’accord sur le son, sur ce
que
ça doit donner, on doit opérer de petits réglages, mais on n’a
pas de problème de langage entre nous.
Si demain, on travaille avec un quatuor à cordes, on a un problème,
parce
que le type du quatuor va nous dire « attendez, là, je ne
comprends
pas ». Ce qui est écrit n’est pas… je ne vais pas dire
qu’il n’est pas juste, ce n’est pas que c’est faux, que ça
ne peut pas se faire, mais ce n’est pas dans la règle, et quelquefois
c’est mal écrit, mal formulé. Du coup, pour moi c’est
frustrant.
Par exemple depuis qu’on travaille avec Bruno, je suis passionné de
musique
classique, j’ai travaillé des morceaux pour orchestre. Chjarura de Si di
mè, c’est une partition d’orchestre que j’avais
écrite, mais je ne l’ai montrée qu’à Bruno. Et Bruno
m’a dit « on prend ça, on coupe ça, ça fait une
chanson superbe ».et on l’a gardée telle quelle. Mais on
n’a pu le faire que parce que Bruno a vu ça, l’a pris et est
allé l’enregistrer à Sofia. Moi, si demain je vais discuter avec des
musiciens classiques, j’aurais peur de ne pas être
crédible.
Tu as peur de ne pas avoir de légitimité, alors que tu peux
témoigner de tout ce que tu as fait ?
Cela ne suffit pas !
Tu as beaucoup appris à côtoyer des gens qui ont le dogme, mais eux
aussi
pourraient beaucoup apprendre avec toi.
Oui, mais c’est bon dans une relation comme avec Bruno. Je ne
dis pas
qu’il a appris des choses de nous, mais il dit qu’il voit les choses
différemment quelquefois, on a modifié un tant soit peu sa façon de
percevoir la musique. C’est bon dans le relationnel quand on établit
une
relation de confiance avec des musiciens, mais si demain je me présente
devant un
orchestre de 50 musiciens, je ne tiens pas le choc.
Je ne comprends pas que tu sois si radical dans cette affirmation, car
tu peux
témoigner de choses concrètes…
Ce n’est pas comme ça que ça fonctionne !Il y a
plein
de festivals qui pourraient nous programmer et qui ne nous programment
pas parce que nous
ne sommes pas des classiques, parce que nous n’avons pas la formation.
Pourtant je
suis persuadé qu’il y a des choses qui pourraient s’intégrer
dans un festival de musique classique. Simplement un festival de
musique classique ne
programme que de la musique classique, des gens qui travaillent sur un
type de
répertoire..
Vous ouvrez plein de portes, plein de chemins entre les genres…
Le problème, c’est que ça fonctionne sur une partie du
public, et pas sur tous. Vous avez des gens qui sont dans la recherche
de quelque chose
d’inaltéré, qui ne comprennent pas forcément notre
démarche. Il nous est arrivé qu’un compositeur de Nice m’a dit
"je ne comprends pas pourquoi vous avez écrit 5 voix pour Médée,
avec trois voix on dit suffisamment de choses".
Ce ne sont pas des musiciens, ce sont des ayatollahs !
Dans les orchestres, il y en a, des ayatollahs !
Paul : Et en Corse aussi !
JC : D’ailleurs posez la question à Bruno. C’est un rapport de
forces perpétuel.
Ça rappelle Prova d’orchestra !
C’est pour ça que ça nous pose problème. Quand on a
fait la Grammaire avec les musiciens, j’ai écrit toutes les parties
instrumentales – on l’a fait parce que ce sont des musiciens qu’on
connaît, ils disent « t’emmerde pas, on s’en fout, que tu
écrives un mi bémol ou un ré dièse, c’est
pareil »» mais il y a des musiciens qui auraient dit
« attendez, celui-là, il a un problème, où voulez vous
aller ? » mais je ne peux pas lui dire ce que je veux
faire, je
l’ai écrit comme ça, je ne peux pas lui dire « parce que
là, il y a telle résolution, telle basse qui justifie telle note», je
ne peux pas le dire. Pour en revenir à ce que tu disais sur l’harmonie,
je
ne fais des choses que pour nous aussi, pour des gens qui sont proches
de nous, sinon je
n’oserais jamais faire un truc pour un chœur.
Comment s’est faite l’avancée vers la dissonance ?
C’est lié à plein de choses, à ce que
j’écoute, à ce qui me plaît, à ce que j’ai pu voir
de ce que faisait Bruno, à ce que j’ai pu entendre dans divers
registres. Ce
peut être quand vous écoutez Faiz Ali Faiz ou les symphonies
de
Mahler, il y a des choses qui sont, je ne vais pas dire puisées, mais
qu’il
me semble entendre dans des endroits très différents, pour des raisons
très différentes, dans des sites très différents,
etc.
Pour finir sur l’écriture, il y a aussi l’écriture du texte, tu
en as écrit un certain nombre, tu ne penses pas à éditer tes
textes ?
Il y a longtemps que j’écris, depuis 1983-84, ça fait plus
de 20 ans, et je n’ai jamais rien publié. Maintenant j’en ressens le
besoin, non pas seulement pour les publier, car je les utilise, je les
chante, mais parce
qu’à un moment donné, pour passer à autre chose, je pense
qu’on a besoin de s’en défaire. C’est d’ailleurs ce qui
nous pose problème sur le plan des répertoires musicaux : on a
des
répertoires qui s’entrechoquent maintenant, on n’a pas le temps de les
faire sortir et on ne continue à produire que parce qu’on est
sollicités. La Grammaire, je l’ai faite parce
qu’Orlando me
l’a demandé. On travaille souvent dans l’urgence. Le Requiem,
je n’aurais jamais eu l’idée de dire « je vais faire un
Requiem », j’avais commencé à faire des choses, mais
jamais dans l’idée de faire un Requiem.
Par exemple l’Ecclésiaste, tu l’avais écrit avant,
non ?
L’Ecclésiaste et le Meditate ont été
écrits
avant, pour des spectacles de la Passion à Calvi, et je les ai repris
pour le
Requiem.
Et aussi Figliolu d’ella, peut être ?
Et Figliolu d’Ella, absolument, qui n’était écrit que pour deux
voix pour la Passion à Calvi.
Oui, des voix de femmes, d’ailleurs.
Et quand on a pensé à travailler sur le Requiem, j’ai repris le
Figliolu d’ella parce que le thème, le chant me semblait intéressant
à développer, et surtout ce que dit le chant : le thème
Figliolu d’ella, sì figliolu di meiu me semblait important, me semblait
être la première des choses à dire quand quelqu’un s’en
va. Il y avait donc ces trois chants repris de choses antérieures. Mais
pour en
revenir à ce que je disais, s’il n’y avait pas eu la demande de
Jean-Pierre Le Pavec, il n’y aurait jamais eu de Requiem. Et s’il n’y
avait pas eu la demande de Jean-Yves Lazennec, il n’y aurait jamais eu
Médée.
Mais c’est très frustrant pour nous, parce qu’il y a des bijoux qui
sortent, puis un deuxième bijou arrive, et il y en a qui ne sortent pas
surtout !
Il y en a qui ne sortiront pas !
Mais ceux qu’on a entendus une fois, on voudrait pouvoir les réentendre
!
Tiens, question que l’on voulait poser plus tard mais je te la
pose
maintenant : au Final, dans ce que vous avez chanté, il y
avait un chant
géorgien…
Oui, Allilo.
Un extrait du Requiem ?
Non, de Marco Polo, il y avait deux extraits de Marco Polo
Vous aviez déjà chanté le premier en concert ?
Oui, à Nanterre on l’a loupé, celui-là !
Mais là, il n’était pas loupé ! Nous avons
été frustrés, car en montant à la Cathédrale Jean-Luc
répétait avec Marie Kobayashi, et vous ne l’avez pas
chanté ! Tiens, d’ailleurs, qui aurait
fait Marco Polo à
la place de Guillaume Depardieu ?
Quand, samedi ? On ne devait pas faire Marco Polo. Il y avait
quelques extraits , sa
voix sur la bande …
Si ça avait eu lieu à Nice ?
C’est Daniel Mesguich. Ceci dit, heureusement que ça ne se fait pas en
octobre, parce qu'on avait le théâtre le matin à 10 heures pour la
représentation l’après-midi ! Pour monter les décors,
mettre le son, répéter avec l’orchestre…
Le
travail du chant
Une question à laquelle tout le monde pourra répondre, puisque c’est
sur le travail individuel du chant. Comment se fait votre travail
individuel ?
Comment s’est fait progressivement le placement de votre voix, comment
cela
continue-t-il d’évoluer au sein du groupe, le timbre... A
l’écoute du DVD de Don Kent, on apprend par exemple que Bruno Coulais
vous
faisait aller beaucoup plus dans l’aigu ou dans le grave, donc ça
continue
d’évoluer constamment. Comment chacun ressent-il ça, travaille-t-il
ça ?
Jean-Luc :
Quand on travaille sur une
partition, on a chacun notre voix, qu’on travaille à la maison. On n’a
pas de méthode de travail particulière, on a une voix qu’on doit
apprendre, et ce sont les compositions qui font aller plus loin. Quand
on fait un truc
avec Bruno, à chaque fois il fait monter un peu plus les basses, il
fait descendre
dans le grave les aigus et inversement, ce qui fait qu’on évolue
Max : la méthode particulière, c’est de
travailler sur
ordinateur.
Jean-Luc : Pour les partitions écrites (celles de
Bruno, Si di Mè,
pas Médée ni les chants traditionnels), on a un logiciel qui lit la
partition, les 7 voix, on peut mettre 6 voix en piano et la 7e,
la
nôtre, en trombone, on fait jouer à l’ordinateur, ça permet
d’entendre ta voix, tu peux même couper les autres voix et ne laisser
que la
tienne, ralentir le tempo, l’accélérer, ça permet de
travailler en précision sur ta voix à la maison. Quand on
travaille
sur une musique de film de Bruno on fait comme ça, on travaille 3 ou 4
jours
à la maison, on déchiffre bien notre voix, et une fois qu’on la
connaît suffisamment, on se retrouve tous ensemble et on essaie de
faire
fonctionner tous ensemble les voix que l’on a appris individuellement.
Ca
c’est pour les partitions.
A Filetta en
répétition, 21/08/2005
(photo : Jean-Jacques Filippi)
Et quand ce n’est pas écrit ?
On tâtonne ! On travaille ensemble.
Vous enregistrez vos répétitions ?
Pas assez...
Donc à chaque fois vous repartez un peu à zéro ?
C’est la mémoire.
Avec tous les chants que vous avez appris, ça ne se percute pas un
peu ?
Jean-Luc : Au contraire, c’est ce qui permet d’entretenir la
mémoire. Plus tu en apprends, plus tu peux en apprendre.
J.C. : Attention, même ceux qu’on a fixé sur
ordinateur on les
apprend par cœur. Quand on a fait Marco Polo avec Bruno, on est obligé.
Ce
n’est pas forcément le cas d’autres musiciens qui travaillent avec
Bruno, ils ont leur partition, et ce qui est terrible, c’est qu’on se
rend
compte justement que pour le coup tu ne mémorises rien. Ils jouent mais
ils sont
dans le cirage. Il peut arriver qu'ils se trompent, mais ils continuent
imperturbablement. Nous, à la limite, avec notre façon de fonctionner,
on
essaierait de rattraper, eux même pas.
Ça veut dire qu’ils n’écoutent pas ce qu’il
jouent ?
Justement, ça veut bien dire que c’est la façon dont on les
forme.
C’est de la mécanique !
On les forme à être en place et à jouer. Très souvent, les
problèmes viennent du fait qu’il n’y a pas de chef qui leur donne un
départ. Donc ils ne savent pas, ils ne comptent pas. Nous, quand on
faisait
Himalaya, on comptait 27 mesures avant de rentrer sur Le Lac.
Quand vous dites
ça à un musicien, il rigole ! 27 mesures, c’est un
truc de
fou. Il dit, attendez, on va vous faire signe ! Le musicien
est là, il
attend, tac, et il joue sa partie.
Mais ils n écoutent pas ?
J.C. :
C’est comme
ça. Attention, le problème, ce n’est pas parce que ce ne sont pas de
bons musiciens, c’est parce qu’on les a formés à jouer comme
ça. On leur demande d’interpréter une partition, on ne leur demande
pas d’écouter ce que fait le pupitre d’à côté.
Alors que nous, c’est exactement l’inverse. C’est pour ça
qu’il y a beaucoup de musiciens qui ne trouvent pas leur compte au sein
de
l’orchestre. Il y a plein de gens qui sont malheureux dans les
orchestres.
C’est très militaire, en fait !
Bien sûr.
L'émotion
Cela nous amène naturellement à la question suivante, il y a quelque
chose
qui revient constamment dans la bouche des spectateurs, mais aussi dans
les interviews,
c’est l’émotion que l’on ressent à l’écoute
de vos chants. Il y a quelque chose de particulier qui se passe. Est-ce
que vous le
ressentez ? Comment l'expliquez-vous ?
On en parlait avec Vincent Zanetti. On a souvent eu des gens qui sont
venus nous voir en
fin de spectacle, des gens qui étaient émus au point de ne pas pouvoir
parler. On n’a pas d’explication, mais j’ai une idée là
dessus, elle vaut ce qu’elle vaut, moi je pense qu'ils ne sont pas émus
par
une esthétique, par des harmonies ou par une architecture. Ce qu’ils
reprennent en pleine tête, je pense que – et c’est pour ça que
la liaison est bonne par rapport au fonctionnement – on est un corps
composé
de divers individus qui ont chacun sa personnalité et qui réussissent
à former un corps. Je pense que l’idée est là : nos
sociétés modernes ont dans leur production, leur organisation, tout
conçu de façon pyramidale et individuelle, et en cloisonnant les
responsabilités. Pour tout, et on le voit quand il arrive une
catastrophe, on
essaie de remonter tout de suite la chaîne des responsabilités, parce
que
c’est organisé comme ça. On dit : « Untel fait
ça, il ne fait que ça, il a bien fait ce qu’il devait
faire ».
Nous, en tant que corps, on ne peut pas fonctionner comme ça. On est un
corps qui
ne fonctionne que quand tout le monde contribue à le faire fonctionner,
et
contribue en prenant à sa charge tout le corps. Il y a un vrai
collectif qui est
une sorte de cocon, et je crois qu’on renvoie cette image à des gens
qui
naturellement ont besoin de ça. Je ne vais pas faire le philosophe,
mais je pense
que l’homme à l’état de nature a besoin de ça, de savoir
qu’il fait partie d’un tout, qu’il s’insère dans un
ensemble et qu’il est en même temps acteur de son propre rôle et aussi
acteur d’une partie du rôle des autres. Et ce système ne fonctionne
que dans la mesure où on s’abandonne au collectif tout en gardant
chacun sa
personnalité. C’est un collectif qui s’enrichit de l’abandon de
tout le monde, mais qui n’impose à personne d’abandonner sa
personnalité.
Et je crois que c’est ça qui frappe les gens : quand ils
écoutent par exemple les chœurs de Médée,, les gens se disent
« mais comment ils peuvent chanter ensemble des choses qui ne
sont pas
mesurées, ils n’ont pas de repères, qui fait quoi, qui commande
quoi », et là il n’y a pas de réponse.
Et d’ailleurs, j’analyse les choses comme ça, parce qu’on le
voit bien, très souvent les individus modernes que nous sommes ont des
problèmes avec le collectif, avec le groupe. A chaque fois qu’il arrive
quelqu’un ici, une équipe de télé, des journalistes, des
représentants des institutions etc., ils demandent qui est le
responsable.
C’est ça le problème. Notre musique est aux antipodes de ça.
Et ça existe à l’état naturel, parce qu’on en a besoin,
je ne pense pas qu’on soit fait pour ne jouer que son rôle et ne pas
regarder
les autres et surtout dire "moi, je fais ce que j’ai à faire, que les
autres
en fassent autant". Nous on ne peut pas fonctionner comme ça.
Tu as raison de signaler ça, car une grande partie de l’émotion,
c’est ça. L’aspect fusionnel que vous donnez est bouleversant. Mais
ça ne suffirait pas à expliquer l’émotion. On est ému
parce que c’est beau ce que vous faites. C’est indissociable.
Je pense que c’est beau parce que c’est fusionnel. Ce n’est pas beau
parce que intrinsèquement c’est beau. Parce qu'on a fait des choses qui
ne
sont pas belles non plus !
Tout à l’heure on parlait d’harmonie, c’est vrai qu’il
y a des moments dans votre musique qui sont écrits de telle manière que
c’est beau, ça touche. Ensuite il y a ce côté fusionnel qui
fait qu’il y a un corps, une interprétation parce que vous êtes
ensemble et que vous donnez énormément.
Tu sais, il faudrait faire un test. Il faudrait prendre un chœur
classique et lui
faire chanter un de nos chants. Ce serait intéressant de voir comment
les gens
réagissent à ça.
Ce qui fait la différence, c’est l’émotion, le
côté tactile. Vous vous touchez, on sent une amitié entre
vous.
Absolument, c’est pour ça qu’à mon sens, ça vient de
là, ce n’est pas ce qu’on chante.
Le point de départ c’est ça. Mais ce que vous chantez,
c’est important !
Je ne dis pas que ce n’est pas important, ce que je veux dire c’est que
après, tu aimes ou tu n’aimes pas, tu adhères ou tu
n’adhères pas. Quand j’écoute de la musique classique, je
préfère les symphonies de Mahler à celles de Beethoven.
Françoise : Il y une alchimie : c’est physique et
relationnel.Tu pourrais
dire qu’il y a une peuplade d’hurluberlus qui sont fous d’A Filetta,
mais quand tu vois à côté de toi des gens que tu ne connais pas
être émus aux larmes … ma fille était aux Rencontres
pour la première fois, eh bien Diane vendredi soir, quand vous avez
chanté,
elle pleurait !
Pierre : La première fois qu’on vous a entendus, pareil, et ça
remonte à 1993, ce n’était pas le même répertoire.
F : C’est intergénérationnel, c’est incroyable,
l’effet que vous faites c’est … comme le chocolat !
Moi, j’ai eu le même type de sensation lorsque j’ai entendu chanter les
Georgiens pour la première fois. C’est la même chose, parce que je
pense que c’est là-dessus qu’on se ressemble avec les Georgiens,
au-delà de l’aspect polyphonique, des ressemblances sur le plan de
l’harmonie, on est pareils sur le rapport entre nous et sur le rapport
avec le
public.
Et c’est pour ça qu’on aime aussi vous voir, ce contact direct
avec
ce que vous êtes
C’est un courant qui
passe, ça rentre par
les pores.
Encore une fois parce qu’au delà du fait qu’on dit des choses avec
notre esthétique, il y a le fait qu’on est comme un corps, avec tout ce
que
cela a de fragile, de déséquilibré, de vivant, de tension, alors
qu’on n’a pas ce sentiment là quand on voit un chœur
classique.
Et vous ne donnez pas un spectacle.
On peut être touché par de belles harmonies, la voix de l’ange, mais
chaque fois que j’ai vu des chœurs classiques chanter, il y a quelque
chose
qui ne se passe pas, ça n’empêche pas qu’ils puissent faire des
choses qu’on leur envie souvent...
On n’est pas dans la technique avec vous, on est dans le sentiment,
dans
l’être, dans l’humain…
Donner
du sens
Ca amène encore naturellement la
question suivante :
qu'est-ce que tu veux dire quand tu parles du sens, de la recherche du
sens mais pas
d’un sens ?
Oui, quand je dis du sens et pas un sens, c’est que justement, trop
souvent on
cherche un sens aux choses, c’est à dire que soit on cherche un sens en
se
donnant une direction, en se projetant et en disant « c’est là
qu’on va », et à mon avis, ça ne peut pas fonctionner
comme ça, on n’a jamais dit : « on va faire ci, on va faire
ça, on a tel projet, on va aller à tel endroit… » Ce
qu’on fait, ça ne peut pas se planifier, c’est fait de
rencontres.
Il n’y a pas de stratégie.
Absolument, il y a des rencontres qui nous ont modelés, changés,
transformés, qui ont fait qu’au fil de ces rencontres on a un profil
nouveau
à chaque fois. A mon avis, c’est la définition même de
l’identité qui n’a de sens que dans la mesure où elle est en
perpétuelle édification, sinon c’est quoi l’identité, ce
que tu es maintenant, dans deux heures tu ne le seras plus, par la
force des choses. Donc
c’est une illusion de dire que je vais camper sur la tradition, c’est
un peu
ça qui me gêne dans le discours sur la défense de
l’identité, qui a mon sens, ne tient pas. C’est contraire à
toute idée de vie, et quand je dis "du sens", c’est aussi le fait que
si on
n’intègre pas le fait que chacun d’entre nous est multiple, que non
seulement on est un groupe constitué d’individus qui sont eux mêmes
multiples, donner du sens à ce qu’on fait, c’est éviter de
demander à chacun de n'être que lui et de rester ce qu’il est, ce qui
de toutes façons dans la vie n’est pas possible ; c’est pour ça
que je dis "il faut donner du sens et pas un sens", et c’est la raison
pour
laquelle notre musique est variée, et c’est ce qui vous la fait
apprécier.
Moi, je ne vais pas dire « je ne vais faire des choses que
dans la mesure
où elles sont en rapport avec ce que j’ai été à un
moment donné ». De toutes façons, ce qui s’arrête se
défait ; le jour où on s’arrête, on commence à
dégringoler, et c’est applicable partout, y compris dans la technique.
Le
jour où on s’arrête d’être exigeant, d’aller
au-dessus, fatalement on commence à redescendre, car les forces sont
contraires
!
L'accompagnement instrumental
Avant le final, petite question subsidiaire sur les
instruments, que vous avez
abandonnés, est-ce définitif ?
Paul : Pour moi, oui, le tambour à contre
temps !
JC : On a eu cette discussion aux Rencontres sur le
problème des
instruments. Mon sentiment, c’est que la Corse, en tout cas le
mouvement culturel
corse depuis le début des années 70, a un gros problème avec les
instruments. Cela me semble évident. Autant on avait une tradition
orale
très puissante, des voix, une science de la voix, de la pratique
vocale, autant
sur le plan de l’instrument, avec du recul, je ne vois pas quel groupe
depuis le
début des années 70 a réussi quelque chose sur le plan instrumental.
Je suis très catégorique, les gens qui réussissent sont très
souvent ceux qui sont en rupture avec le mouvement identitaire, ils
sont dans un autre
registre. Vous avez de superbes musiciens en Corse, mais vous ne les
trouvez pas dans les
groupes. C’est lié au fait que Canta u Populu Corsu en commençant, a
donné un style, c’est celui de Jean-Paul Poletti, la guitare
arpégée, et tout le monde lui a emboîté le pas, nous y
compris, et que ça ne fait pas une ossature instrumentale, un chant
techniquement
cohérent. Je voyais sur ces Rencontres, et je le leur ai dit
d’ailleurs,
Rassegna, techniquement c’est très en place, aucun problème. Je
voyais Julia Sarr et le guitariste, on aime ou on n’aime pas, mais la
guitare avait
de la dimension ; si vous écoutez des groupes corses, il y a une espèce
de
bouillie instrumentale.
On a la sensation que les instruments, notamment la guitare,
retombent constamment sur
les mêmes schémas...
Absolument, on est bien d’accord, mais c’est parce que
d’abord, peut être que le mariage avec les voix polyphoniques n’est pas
si évident que ça, et deuxièmement parce qu'on a toujours fait pour
l’instrument ce qu’on faisait pour les voix, en ne tenant pas compte du
fait
qu’il y avait une tradition pour les voix mais pas pour les
instruments, et
qu’on n’a pas d’instrumentistes. Le peu d’instrumentistes
qu’on a, ce sont des gens qui, à un moment donné, se sont mis
à jouer de la guitare ; on s’accompagne, mais à mon avis c’est
insuffisant.
De tous les gens qui jouent, pour moi - c’est peut-être
excessif ce que
je dis - il y en a un seul qui a une réelle dimension sur le plan de
l’accompagnement, c’est Jérôme Ciosi, il utilise une guitare
comme un guitariste, c’est un vrai guitariste, il a une formation
classique, il
sait de quoi il parle.
Les autres, il y a beaucoup de choses maladroites, mal conçues. Moi, il
y a des
choses que j’ai comprises en évoluant dans le chant. Par exemple, la
guitare
arpégée, systématiquement faire un arpège de guitare en
accompagnement, vous ramenez l’unité de temps à sa valeur la plus
petite ! A un moment donné, (il chante la partie de guitare)
ça fige
les choses, d’abord ça donne une orientation…
Pour en revenir à ta question, à un moment donné on a pris
conscience du fait qu’on n'était pas des instrumentistes, pas à
l’aise dans ce domaine et même si on a pu faire des choses qui avaient
un
intérêt – je le disais à Bruno Allary de Rassegna – qui
me disait "pour moi, votre disque Una
Tarra ci
Hè est superbe, je l’écoute…"
C’est notre avis aussi !
Sans doute, mais moi, quand je réécoute les parties instrumentales, je
me
dis que ce n’est pas ça. Bon, les parties vocales non plus
(rires).
Avec le recul, on n’est pas content de ce qu’on a fait.
Ca fait partie d'une progression.
Absolument, on fera sans doute des choses avec instrumentation, mais
avec des musiciens.
On ne fait pas un rejet de ce qui pourrait être une instrumentation de
type
traditionnel : si demain on nous donnait les musiciens, des syriens qui
sont venus il y a
3 ou 4 ans, aucun problème, on peut faire des choses avec, même dans
des
registres très différents, mais faire ce que l’on a fait avec les
moyens du bord, moi guitariste alors que même si j’ai fait un peu de
guitare
classique je ne suis pas instrumentiste, c’est insuffisant. Et après,
il y a
toute une énergie que l’on n’a plus dans le chant parce qu’on
n’est pas à l’aise.
(pendant ce temps, Max, Jean-Luc, Paul et Jean se sont emparés de nos
appareils
photos et « font les japonais », mitraillent dans
tous les sens, se
photographient mutuellement en faisant des grimaces)
Les projets
La dernière question, vos projets. Il y en
a certains dont on a
entendu parler, d’autres pas. Il y a la création avec Paolo Fresu, le
dessin
animé (Max and co), y a t il à côté de ça une
création genre Requiem ou Médée dans les cartons ?
Il y a plusieurs choses. Il y a le travail à l’Aghja avec les
musiciens de jazz, c’est une rencontre ; ce n’est pas une
création à proprement parler, on arrive avec des choses, eux arrivent
avec
les leurs, on va essayer de mettre en place une rencontre mais ça ne
sera pas une
création ex nihilo ; en 4 jours on ne va pas produire un
répertoire
d’une heure et quart, ce n’est pas possible.
Après cette rencontre avec des
musiciens de jazz, dans
l’ordre on doit travailler avec des musiciens toscans, l’orchestre de
Livourne, et deux actrices sardes dans le cadre d’un projet : un
nouveau
Médée. Enfin, ce sera notre Médée, avec deux actrices et un
orchestre. Bruno Coulais doit écrire des choses sensées non pas jouer
sur
nous, mais opérer un maillage entre une musique de facture classique
telle que
peut l’écrire Bruno, et nos chants. Cela doit se faire impérativement
avant l’été 2007, c’est très court.
Dans la foulée, on doit
travailler sur une création
d’Orlando sur une Colomba qui doit se faire au théâtre de Bastia le 5
mai. Ceci dit, Orlando ne veut pas a priori que ce soit quelque chose
de
complètement créé : il dit qu’on est dans
l’évocation, même s’il ne va pas reprendre le texte de
Mérimée, mais il veut qu’on utilise plus un fond traditionnel
qu’on pourrait actualiser, qu’on pourrait remodeler, mais pas de
création proprement dite.
Ensuite, il y a avec
Orlando et Bruno la création d’un nouvel opéra pour enfants au mois
de juin à Nice avec le cirque Grüss. Bruno doit écrire des parties
pour nous, il pense utiliser beaucoup les chevaux.
Et
il y a également le projet dont je vous parlais l’autre soir à Bastia
avec le centre culturel Una Volta, un travail sur les quartiers anciens
de
Bastia.
Et pour les 30 ans d’A Filetta ?
Pas pour l’instant, on a évoqué la possibilité de faire une
grande salle sur Paris parce qu’on ne l’a jamais fait, mais pour
l’instant rien n’est arrêté, et on ne sait pas trop dans quelle
formule le faire : on ne va pas faire Si di mè, on ne va pas
faire un
Requiem, on ne peut pas faire un peu de tout, c’est difficile.
Et les CD « de rattrapage » ?
Il était prévu de faire sortir la Grammaire de l’imagination
cette année ,
mais on a dû reporter, ça sortira fin 2007.
Pas un DVD du spectacle ?
Non, c’est trop difficile. L’idéal, ce serait de faire un
vrai travail d’animation, mais c’est trop cher. On va essayer de faire
un CD
avec un beau livret . Ou bien un livre avec un CD ?
Ce qui est sûr,
c’est qu’on était dans l’idée de faire la Grammaire en
version bilingue, voire trilingue, c’est à dire de faire trois versions
du
texte, en italien, en français et en corse, parce qu’on pensait que
même sur le plan pédagogique ça pourrait être très bien
de voir comment on passe d’une langue à l’autre. C’est en
projet.
Le Requiem ?
Le Requiem, on disait que ce qui serait bien, c'est de l’enregistrer
fin 2007.
L’idée, c’est de le reprendre petit à petit, de travailler
chant par chant, et de le sortir fin 2007 ; ça aurait été bien
été 2007.
Et puis ? Il y a des chants qui n’ont jamais été
enregistrés !
Tout le Salve Regina, tout le Via Crucis, ça aussi c’est renvoyé aux
calendes calvaises !
Et In Memoriam ?
Jean-Luc : C’est fini ! Non, on va le refaire en
décembre 2007 en
Belgique. La théâtre de Monte-Carlo avait l’exclusivité pendant
deux ans ; à partir de janvier 2007, si Larbi veut le reprendre, il
peut le faire
avec un autre ballet.
C’était magnifique !
Vous l’avez vu en entier ?
Non, la version courte à Monaco en août...
L’intégralité du spectacle c’est très cohérent.
La version courte est cohérente aussi, mais il y a des raccourcis. Ce
qu’on
avait fait fin 2004, c’était…
Ca ne doit pas sortir en DVD ?
Non, ils vont l’intégrer à leurs éléments de presse,
mais je crois que Cherkaoui ne voudrait pas qu’il soit présenté en
extrait, ça perd de sa force, mais il a écrit quelque chose de
magnifique.
On espère travailler encore avec lui, il a envie de travailler encore
avec
nous.
En plus quand on répétait là bas en 2004, on travaillait dans le
gymnase avec les danseurs, il est lui-même danseur, il vient de la
danse plus hip
hop, moderne, on voyait la façon dont ça évoluait. Avec les danseurs
classiques, il disait "c’est extraordinaire, je peux utiliser des
choses classiques
que moi je ne saurais pas faire", par contre, quand il demandait des
choses aux
classiques, lui c’est un acrobate, on dirait une boule de chewing-gum,
pour eux
c’était difficile, on aurait dit qu’ils étaient anguleux, alors
que lui, les mouvements, il roulait, on aurait dit les bêtes que tu
touches, qui se
mettent en boule !
Des chenilles ?
Oui, c'est ça ! C’est impressionnant, tu as l’impression qu’il
est complètement désarticulé !
F: Je
l’ai vu dans un ballet avec un
chorégraphe pakistanais, "Zéro degré", un duo, et à un moment
donné il danse sur la tête, c’est incroyable !
Donc, on suivait toutes les répétitions et à la fin, il disait aux
danseurs : "c’est bon, vous pouvez y aller", et à nous il disait "vous,
vous
restez ici", et il se mettait à chanter avec nous, il connaissait tous
les chants
par cœur, il disait "faites-moi celui là, montrez moi la
terza…"
Dans ce ballet il chantait aussi un chant yiddish, il chante
bien !
Je sais qu’il chante bien ! et il a une grâce ! Il
est
impressionnant.
Jean-Luc donne le signal du départ. Il ne nous restait plus qu'à
remercier
chaleureusement Jean-Claude, Jean-Luc, Max, Ceccè, Paul et Jean pour
leur accueil
et pour cet entretien passionnant qui a duré près de deux heures, dans
une
ambiance chaleureuse et détendue.
Autre
interview,
celle réalisée par Benjamin MiNiMuM pour MONDOMIX à Calvi en
septembre 2006
Les motivations
à l'origine d'A Filetta,
réalité et caricature des
traditions
musicales corses
Ecoutez, les motivations étaient celles partagées par un certain nombre
de
jeunes groupes en corse. A la fin des années 70, il y a une volonté de
se
mettre en marche pour contribuer à sauvegarder un patrimoine. Notamment
un
patrimoine oral qui est en train pratiquement de disparaître. Pour des
raisons
historiques, économiques, la Corse se vidant à partir de la fin de la
première guerre mondiale de sa substance vive, en tout cas dans
l’intérieur de l'île, il y a tout un patrimoine oral, une culture
orale, toute une tradition de choses chantées, sacrées et profanes, qui
est
en train de disparaître.
Et il a fallu attendre la fin des années 70 pour qu‘apparaisse une
sorte de
sursaut, identitaire si on veut, qui a fait que nous, comme d’autres,
on
s’est engagés pour contribuer, dans un premier temps, à la sauvegarde
de ce patrimoine oral.
Et puis après, très vite s’est imposée à nous
l’idée, le besoin, la nécessité, d’essayer de prolonger
cette tradition, notamment par la création, par des apports nouveaux eu
égard aux relations que nous tissions déjà avec d’autres
traditions orales, d’autres musiques, d’autres musiciens, d’autres
compositeurs.
Et ce avec une conscience européenne, méditerranéenne ou
mondiale ?
En tout cas, ce qui est sûr, c’est qu’au départ c’est un
réflexe de survie. Donc la première phase, c’est celle qui consiste
à dire « faisons quelque chose pour nous ».
Ensuite, très vite on se rend compte qu’il est illusoire de penser
restaurer
un patrimoine en le coupant du reste du monde. ça veut dire que pour
nous, il est
clair que la tradition n’a de sens que dans la mesure où elle continue
de
refléter un peuple qui vit et qui avance. Et ce peuple qui vit et qui
avance, il
vit et avance tout simplement parce qu’il est au contact d’autres
peuples,
d’autres musiques, d’autres traditions orales, qui peuvent être
d’ailleurs quelquefois très éloignées de la nôtre, mais
qui de toutes façons nous marquent, laissent une empreinte.
On ne sort jamais indemne d’une rencontre avec d’autres musiciens, et
ce qui
nous intéresse, c’est de faire en sorte que notre musique soit en même
temps une musique vivante, qui intègre des influences, et qu’elle
continue
à ressembler à ce que nous sommes depuis longtemps.
Et je crois qu’il y a comme ça quelque chose qui se crée
indéniablement ces 25 ou 30 dernières années, qui
s’éloigne de la tradition originelle. Quand je dis originelle, le terme
n’est même pas approprié, parce que le repère que nous avons
par rapport à la tradition remonte au plus à 50 ans, ce n’est pas les
origines, mais c’est ce qui nous est resté au fond, c’est ce
qui
restait de vivant au moment où nous mêmes nous sommes mis en
marche.
Ces traditions semblent être assez fortes, voire même un peu figées,
on en a souvent l’image d’une caricature quand on est à
l’extérieur, que d’une réalité. Quelles sont pour vous
les réalités de ces traditions, de ces pratiques culturelles et
musicales ?
Nous nous rendons compte en ce moment qu’il y a un retour de bâton qui
est en
partie consécutif à une espèce d’emballement des media
à la fin des années 80.
Pour nous, il y a indéniablement le phénomène du Mystère des
voix bulgares qui a attiré la lumière des projecteurs sur cette
tradition,
et le regard que les media avaient sur cette tradition dans les années
90 a
été de dire « il y a des choses toujours vivantes, un
patrimoine
puissant, etc. »
Et maintenant, cet éclairage médiatique a forcément suscité
des vocations, des bonnes et des mauvaises : en 15
ans se sont
créés 70 groupes, et aujourd’hui l’image que l’on
renvoie, ce n’est pas l’image d’une dynamique.
En effet très souvent, malheureusement, les nouvelles générations de
groupes ont été finalement des copies de ce que faisaient les premiers
groupes, et du coup, pour celui qui est à l’extérieur, il se dit
« finalement ça ne bouge pas tant que ça ».
En réalité, ça bouge énormément. Quand vous pensez
qu’à la fin des années 70, les groupes de la première
génération, I Muvrini, Canta u populu corsu, I Chjami
aghjalesi,
Tavagna, nous, nous chantions tous le même répertoire traditionnel,
aujourd’hui on a pris des routes véritablement différentes :
les
Muvrini sont dans une démarche qui est beaucoup plus large, d’une forme
de
variété corse , nous, nous avons fait de la création polyphonique,
quelquefois en digressant largement par rapport à la tradition
originelle, vous
avez des groupes qui on travaillé vraiment sur le retour à la
tradition, il
y en a qui ont fait de la chanson, il y en a qui sont allés chercher
des
influences multiples en Méditerranée, etc.
Donc je pense que ça bouge, c’est une musique qui est bien vivante et
qui
propose des formes vraiment très diversifiées. Mais malheureusement, je
crois que le regard des media sur cette tradition qui était un peu
découverte à la fin des années 90, au bout de 10 ans, les media
n’ont pas forcément fait le travail d’investigation pour voir ce qui
se passait au fond, et pour voir comment au fond cette musique évoluait.
Je pense qu’elle évolue dans le bon sens dans la mesure où il y a des
métissages importants, il y a une ouverture sur le monde qui est assez
exceptionnelle pour des insulaires, contrairement à ce qu’on peut
penser, il
y a beaucoup de festivals, de rencontres qui ont été crées, beaucoup
de chanteurs qui ont dit « à un moment donné, on a besoin de
remettre notre chant dans sa matrice », ça veut dire d’aller
comprendre d’où on vient, ça veut dire déjà que
l’on a dépassé le stade où on considérait qu’on
était seuls et uniques, qu’on était nés ici et que
c’était un chant endémique qui n’avait rien à voir avec
les autres, ce qui a été un moment donné la tentation, je crois que
ça, on l’a dépassé.
Est- ce que ça bouge assez vite,
pas assez vite, je crois qu’en tout cas il y a un phénomène culturel
puissant, un phénomène associatif extrêmement dynamique, il y a
beaucoup de choses qui se sont développées dans des répertoires
extrêmement différents, avec des groupes qui sont quelquefois allés
à la conquête des publics extérieurs. Je pense que c’est
plutôt le signe d’une bonne vitalité.
Tradition du
chant et évolution de la langue
Je suis rarement venu ici, je n’ai assisté au premier concert et
fréquenté un public corse qu’hier, et il y a un truc qui m’a
surpris, c’est que, en attendant le spectacle dans la file d’attente,
les
gens se sont mis à chanter très spontanément, symptôme
d’une sorte de réflexe, alors que partout ailleurs en France, le chant
est
complètement tabou. Aujourd’hui le chant est très quotidien,
très vivant ?
On peut discuter du déplacement de ce chant. A l’origine – encore une
fois je ne peux me référer qu’à des origines récentes
– il est évident que jusqu’aux années 20
c’était un chant qui accompagnait un certain nombre de rituels ou des
travaux. Ces rituels ou ces travaux ont quelquefois disparu :
il y avait le chant du
battage du blé, il y avait le chant du labeur, des chants qui
rythmaient la vie
paysanne, et évidemment les campagnes se dépeuplant, cette musique
n’avait plus de raison d’être.
Aujourd’hui, cette musique s’est déplacée, elle est
chantée dans d’autres contextes : elle est chantée dans les
cours de recréation au collège ou au lycée, dans le cadre de
confréries. Il y a un renouveau des confréries, de gens qui sont des
laïcs, mais très en rapport avec la parole de l’Eglise.
Aujourd’hui, ce chant n’est plus le reflet direct d’une activité
économique ou sociale, en tout cas économique, mais il est resté
socialement très fort : il y a un besoin indéniable
de se
retrouver, d’être ensemble, de se reconnaître les uns les autres par
rapport à son village, à sa région d’origine, et en ce sens le
chant est extrêmement puissant.
Ce qui est vrai, c’est que c’est probablement l’un des seuls endroits
de France où il y a un chant qui est resté puissant. La tradition
chantée, mis à part en Bretagne, est largement en recul, c’est
évident. Il y a pourtant des choses superbes. Moi, je suis un passionné
du
travail qui avait été réalisé par Malicorne, par Gabriel
Yacoub que j’adore, et c’est vrai que c’est un phénomène
qui n’a pas pris ailleurs la puissance qu’il a pris ici.
B
ien sûr, il y a des tas de gens - avec qui d’ailleurs on est en
contact -
que ce soit le Corou de Berra, que ce soit le travail qui a été
accompli
par Manu Théron, par le Cor de la Plana, etc. ce sont vraiment des gens
qui font
un travail remarquable, mais on n’a pas le sentiment qu’il y a un
phénomène très puissant, alors qu’ici, par rapport à la
démographie que nous avons, par rapport à la vie culturelle que nous
avons,
c’est vrai que c’est un chant qui est extrêmement fort, qui est
enraciné et qui surtout a retrouvé une fonction sociale.
Le chant est intimement lié à la langue . Cette
langue a
telle évolué avec le temps ?
Cette langue a évolué, elle continue à évoluer. C’est
une langue latine restée relativement proche de certains dialectes
italiens,
notamment le toscan. C’est une langue sur laquelle il y a eu tout un
travail de
fait, car il faut savoir que c’est une langue qui n’a réellement eu un
statut de langue – revendiqué, puisqu’elle n’a toujours pas ce
statut de langue - qu’à partir du moment où la Corse est devenue
française.
C'est-à-dire que si la Corse était restée dans le giron de
l’Italie, probablement qu’aujourd’hui le corse serait un dialecte comme
il existe d’autres dialectes italiens. ça ne pose pas forcément
problème, en sens inverse on n’aurait peut être pas eu non plus le
travail qui a été fait, notamment l’écrit de cette langue,
parce que justement on n’aurait peut être pas eu conscience que
c’était une langue qui a eu une histoire, une production littéraire
et poétique importante, depuis la fin du XIXe début du XXe siècle,
c’est-à-dire au moment où justement naît en Corse une
revendication identitaire, des revendications par rapport à l’Etat
central
pour être reconnus en tant que tels, pour avoir des statuts de gestion
proches de
l’autonomie…
C’est le phénomène nationaliste entre guillemets, après la
politique a fait qu’il y a eu des radicalisations, et qu’il ne faut pas
aujourd’hui faire un amalgame complet : il y a des gens qui
sont
d’obédience nationaliste qui sont des gens modérés, vous avez
des nationalistes radicaux, vous avez des gens qui ne sont absolument
pas nationalistes
mais chez qui le sentiment corsiste ou autonomiste reste très puissant,
et je
crois que tout ça a contribué à faire en sorte que cette langue
évolue, bouge, et surtout qu’elle commence à s’adapter, parce
que pendant longtemps elle a été une langue extrêmement paysanne, qui
n’existait que dans l’oralité.
Aujourd’hui, il y a quand même une production écrite importante,
même si malheureusement on constate que plus le temps passe, plus le
lectorat
diminue par rapport au début des années 70. Je discutais avec un
éditeur qui me disait « quand on sortait un bouquin de poésie
corse en 1975, on en vendait 1500 ; aujourd’hui, on en vend
250 »
ça veut dire qu’il y a un affaiblissement malgré tout, malgré
les efforts…
C’est un phénomène général, même en France le
lectorat diminue.
Absolument, il me disait par ailleurs qu’en vendant 250 ou
300
exemplaires d’une édition d’un bouquin de poésie, il
était pratiquement le premier vendeur en France, parce que la poésie en
France est en recul total, ce qui est évidemment dommage…
Les rencontres
polyphoniques de Calvi, les
rencontres avec d'autres cultures
Le choix d’A Filetta s’est fait avec une ouverture
vers
l’extérieur. Un des symptômes en est ce festival. Comment est
née cette idée ? Est ce une volonté culturelle,
politique ?
Les choses se font quelquefois de façon extrêmement
naturelle.
Nous existons depuis 1978.
Entre 78 et la fin des années 80, nous étions un groupe amateur, nous
avions chacun notre profession à côté, et en 1987 je crois, nous
sommes invités par des chanteurs sardes à participer à ce
qu’ils appelaient « una rassegna di canto sacro
popolare »,
un rassemblement : ce sont des confréries qui invitent des
confréries.
Pendant longtemps, c’est resté à l’échelon de la
Sardaigne, puis à un moment donné, la Sardaigne s’est ouverte sur
l’extérieur et a commencé à inviter des confréries, des
chanteurs comme nous, venus de Corse, de Grèce, et lors de notre
première
rencontre avec ces chanteurs sardes, en rentrant on s’est dit que nous,
ce serait
bien qu’on ait la même démarche, c’est à dire qu’on
se remette en relation avec des traditions polyphoniques, des
traditions vocales qui
existent, qui ont le même réflexe de survie que le nôtre, et il
faudrait qu’on mette tout ça en synergie, qu’on puisse à
nouveau se rencontrer, qu’on puisse mieux se connaître soi même, car on
sait pertinemment, encore une fois, que notre musique n’est pas
endémique,
elle est née de la rencontre de tas de courants.
Et dès 1988, nous avons créé le premières Rencontres, qui
étaient juste un échange corso sarde. Et puis à la fin, on a dit
« il faut qu’on aille plus loin, il n’y a pas de raison, il
faut
s’ouvrir sur le reste du monde. » Dans un premier temps, sur
la
Méditerranée, parce que c’est probablement ceux qui nous sont le plus
proches sur le plan culturel et linguistique, mais en tout cas, on
peut, et très
vite en 2 3 ans, c’est devenu un festival international en ce sens
qu’on a
reçu aussi bien des gens de Sibérie que d’Amérique du nord,
d’Amérique du sud, d’Afrique du sud, d’Asie, etc.
Je crois qu’on part avant tout d‘un besoin, c’est tout simple, un
besoin de se dire : « qu’est ce qu’on est, qui on
est, dans
quel monde on se situe, qu’est ce qu’on a à dire aux autres et
qu’est ce qu’on a à approprier des autres ? ». A
partir de là, la machine est partie, et c’est bien que ce soit comme
ça, parce que si c’était précédé d’un
objectif politique… c’est une philosophie politique, mais politique au
bon
sens du terme, il n’y a pas de stratégie derrière, il y a simplement
un besoin irrépressible de dire « on est une partie de ce
monde qui va
vite, qui change, qui évolue, nous mêmes on est appelés à
évoluer, qu’est ce qu’on va devenir, qu’est ce qu’on est
par rapport aux autres, qu’est ce que les autres sont par rapport à
nous,
qu’est ce que nous on est chez les autres, et qu’est ce que les autres
sont
chez nous ? »
Je crois que c’est important, y compris dans la musique, d’avoir cette
démarche, pour se débarrasser encore une fois de l’illusion que
l’identité c’est quelque chose de figé, et quelque chose qui
n’a de sens que pour être protégé. Quand on commence à
parler de protection de l’identité, pour moi il y a un danger. Nous
avons
toujours défendu le discours qui consiste à dire :
« une
identité vit quand on commence à s’en affranchir » et je
crois que ce qui est important, c’est cette capacité à sortir de soi
même et à prendre du recul sur soi même, et à prendre
conscience du fait que c’est une construction perpétuelle. Car sinon,
il y a
le risque de se dire : « on ne bouge plus, on est ce
qu’on
est », on s’impose à l’autre ou on se coupe de
l’autre et je crois que c’est le pire des chemins à
suivre.
Au fur et à mesure des années, des rencontres de ce festival, il y a
des
liens particuliers et inattendus qui se sont créés ?
Il y a eu des liens très puissants avec la Georgie, avec la
Sardaigne
toute proche, des liens avec l’Albanie, mais quelquefois aussi avec des
chanteurs
venus de très loin, on a été surpris de découvrir des
techniques vocales très proches des nôtres chez des sibériens, chez
des zoulous, sans aller chercher d’explications historiques de courants
de
peuplement, etc., ce qui est sûr, la première idée, c’est que
nous sommes tous, à la base, des hommes en prise aux mêmes
difficultés, qui avons la même nécessité de survivre, de
vivre, de se développer, etc., et que tout ça a produit un certain
nombre
de choses qui font du sens. Et qui est un sens commun. Et après il y a
probablement eu des courants de peuplement qui expliquent que, par
exemple, nous ayons
une polyphonie très proche de celle du Caucase. Physiquement, les
Georgiens nous
ressemblent beaucoup, la géographie de la Georgie, du Caucase, est très
proche de celle de la Corse Ce n’est peut être pas un hasard que les
uns et
les autres aient produit le même type de tradition, le même type de
chant,
par rapport à la nécessité de vivre dans un environnement qui est ce
qu’il est.
Bruno
Coulais, Medea, la
multiplicité des projets, les disques et l'esprit d'A Filetta
Au delà de ces rapports de peuples, il y a aussi des rencontres
humaines
extrêmement importantes dans l’histoire d’A Filetta, comment ne pas
parler de Bruno Coulais ?
Bruno Coulais fait partie des musiciens qui auront marqué
notre
parcours, et qui continuent à le marquer d’ailleurs. Nous l’avons
rencontré après avoir créé Médée. Il est
attentif à ce que nous produisons, et il a dès le départ envie de
travailler avec nous sur la bande originale de Don Juan, et très vite
se
crée avec lui un climat d’amitié, de confiance, qui fait qu’on
est très désireux les uns et les autres de continuer à se
surprendre. Il nous invite sur ses musiques, nous, nous le sollicitons
pour venir nous
épauler sur telle ou telle musiques à nous.
C’est vraiment un plaisir de travailler avec un musicien pareil, parce
qu’il
a un côté très caméléon au bon sens du terme, il le
revendique, il dit : « moi, j’aime bien être très
sensible à ce que j’ai autour de moi », pour écrire des
choses qui deviennent des choses qui par ailleurs lui sont très
personnelles.
Quand il a écrit Himalaya
l’enfance
d’un chef, à aucun moment il n’a voulu écrire de la
musique tibétaine, mais aujourd'hui, les tibétains ou du moins en Inde,
je
sais que les gens revendiquent cette musique comme étant la leur, parce
que Bruno
a su, tout en écrivant des choses qui lui sont très personnelles, faire
en
sorte qu’il y ait des éléments qui viennent à la surface et
qui donnent le sentiment qu’on est dans une musique d’inspiration
tibétaine.
Vous parliez de Don Juan, Médée, dont je voudrais bien connaître la
genèse, ce qu’on peut remarquer c’est une volonté de
réunir la tradition orale due chant corse et les grands textes ?
C’est aussi un peu un hasard, c’est la rencontre avec Jean-Yves
Lazennec qui
vient nous dire « j’ai aimé ce que vous faites,
j’aime bien l’idée que vous puissiez être la réminiscence
de ce qu’a pu être le chœur antique » et c’est lui qui
nous propose la tragédie Médée de Sénèque, ce
n’est pas nous qui faisons la démarche de travailler sur ce texte
là.
Ce qui est sûr, c’est qu’en cours de route on se rend compte à
quel point c’est un texte qui nous touche, qui nous est
proche, qui est une
partie d e notre histoire, de la Méditerranée, y compris de la Corse.
Il y
a comme ça pour nous l’opportunité de passer à un format
largement différent de ce qu’a été notre tradition orale
jusqu’à présent, qui avait un format chanson avec des strophes.
Dès lors qu’on s’attaque à un texte qui a une métrique
qui est ce qu’elle est, qui a des développements qui sont ce qu’ils
sont, on est obligé de penser une musique qui a une architecture
musicale autre,
et je crois que ça nous fait sortir de nous.
Et c’est très bien, parce que ça nous a fait sortir de nous et en
même temps, ça nous a aussi fait nous rapprocher d’autres courants,
notamment la musique géorgienne ou la musique albanaise ou la musique
grecque, qui
étaient des musiques dont on sentait vraiment qu’elle étaient des
musiques sœurs, jumelles quelquefois, et Médée aujourd'hui,
c’est le visage de ce qu’est A Filetta aujourd'hui : un groupe
qui,
indéniablement, est enraciné ici, mais en même temps qui est
allé à la quête d’une identité partagée avec
d’autres, bien au delà de la Méditerranée.
Pour nous, Médée c’est vraiment un tournant. Avant
Médée, on faisait de la tradition orale ; après, on a fait
beaucoup de choses écrites aussi, notamment après la rencontre avec
Bruno
Coulais ; et entre les deux, Médée c’est une sorte de passage,
qui nous fait passer de l’oralité à l’écrit. Mais dans
Médée, on n’est pas encore dans l’écrit. C’est la
raison pour laquelle Bruno Coulais dit que c’est un OVNI. C’est quelque
chose
d’assez inclassable.
Quels sont les repères chronologiques, en quelle année a
démarré cette rencontre, la démarche de
Médée ?
La rencontre avec Lazennec, c’est en 1995, on a produit
Médée en 1997, et on rencontre Bruno à la première de
Médée en novembre 1997. Et on enregistre Don Juan en janvier 1998. Donc
c’est allé vraiment très très vite. Depuis, il y a eu plein de
choses, on a fait un opéra pour enfants, le Robin et Marion à Nice, on
a
fait du théâtre musical, on a repris le Don Juan avec Orlando Forioso
qui a
mis en scène le Marco Polo. Depuis on a fait plein de choses au
théâtre, des créations musicales avec des chœurs bulgares, on a
fait dix ou douze musiques de films, on est en train de travailler à la
musique
d’un dessin animé qui devrait sortir en 2007 : « Max
and
co », un dessin animé complètement loufoque, une production
anglaise et suisse me semble t-il.
L’histoire se déroule dans une usine de tapettes à mouches. Il y a
une espèce de patron infâme, qui est un crapaud qui s’appelle Rodolfo,
et Bruno a écrit des choses complètement décalées,
complètement déjantées, qu’on interprète en polyphonie
sur des musiques très festives. Donc avec Bruno, on a fait plein de
choses, et
parmi ces choses, le Marco Polo qu’on a fait cet hiver avec Orlando
Forioso sur un
texte superbe qu’il a écrit, que Bruno a mis en musique, avec la
participation d’un tibétain qui est l’acteur d’Himalaya
l’enfance d’un chef, avec Marie Kobayashi avec laquelle nous avons
chanté sur Don Juan en 1997, avec laquelle nous avons travaillé sur
d’autres musiques. Marco Polo a été donné pour la
première fois cet hiver, ici à Calvi, puis ça a été
présenté à Bastia, puis à la biennale de Venise avec
Guillaume Depardieu. ça a bien fonctionné, et ça doit être
repris à partir de la fin du mois d’octobre.
Et il y a un projet de disque, de DVD ?
En tout cas, on espère, on croise les doigts pour que ça se fasse,
parce
que, malheureusement ou heureusement, en tout cas on a un rythme de
travail qui est
tellement important qu’on est sans cesse en retard sur la production.
On a
enregistré Médée en 2005, il sort en 2006, il a été
créé en 1997, et depuis 1997 on a créé : un Chemin de
Croix, une Passion, un Requiem, un travail sur des textes de Rodari
avec Orlando sur
« la Grammaire de l’imagination », qu’on a donné
ici même l’an dernier ; on a créé un répertoire de
chansons, on a créé un opéra pour enfants que Bruno a écrit,
le Robin et Marion, qui n’est pas enregistré. Il a composé une
œuvre pour nous et un quartette bulgare, ce n’est pas enregistré.
Nous-mêmes, on a créé plein de choses, on est en résidence le
mois prochain pour travailler avec des musiciens de jazz sur de
nouvelles
créations, et en fait, tout ça est emmaganisé, on compose, on
travaille, on avance, mais sur le plan de la discographie, ça ne suit
pas, tout
simplement parce qu’on manque de temps, parce qu’on manque de moyens,
parce
qu’on n’a pas toujours trouvé les partenaires qui fonçaient, et
que c’est difficile.
Et le point commun entre toutes ces créations ?
Les rencontres humaines et l’envie de travailler ensemble,
c’est
évident. Sinon, ça n’a pas de sens. D’abord, nous mêmes a
Filetta, c’est ça : l’envie d’être ensemble, le
besoin très fort de parler d’une même voix . Cela ne veut pas dire
être monolithique, ça veut dire respecter les personnalités de
chacun, mais vraiment de dire « on est ensemble, notre destin
est commun, on
est sur la même barque, on est sur la même île,on est dans le
même monde », et à un moment donné, ce qui guide tous ces
travaux, c’est effectivement le besoin impérieux de se sentir
entourés, de se sentir aimés, appréciés, et soi même
d’avoir à l’égard des autres de la sympathie, de l’amour
et l’ envie de leur faire partager et de le leur dire.
Une forte relation avec le spirituel donc ?
Sur le plan purement religieux, même si on est issus d’une
tradition religieuse très puissante, on n’est pas forcément tous les
dimanches à l’église. Mais déjà, ce qui est sûr,
c’est que culturellement nous sommes très portés sur le
répertoire religieux, et quand je dis religieux, c’est justement au
sens
premier du religieux, c’est à dire qui relie, le sentiment
d’appartenance à une communauté, et d’être ensemble dans
des moments bons ou pas bons, difficiles ou joyeux à vivre, et je crois
que
ça fait partie de notre façon de penser la musique, et c’est notre
façon de la développer aussi dans nos créations, dans nos
compositions et dans notre rapport aux autres musiciens.Hors
dogmes ?Absolument, hors dogmes, car si on rentre
là-dedans c’est
la négation même de toute forme d’ouverture.
© Benjamin MiNiMuM
Vous pouvez écouter cet entretien à l'adresse suivante :
http://www.a-filetta.mondomix.com/fr/itw3275.htm
Vincent Zanetti
Enfin, une interview réalisée par Vincent Zanetti le 15 septembre 2006
à l'occasion de la 18e édition des Rencontres chants polyphoniques de
Calvi.
De Sénèque à A
Filetta...
Vincent Zanetti : En 1995, le metteur en scène breton
Jean-Yves Lazennec
demande au groupe polyphonique corse a Filetta de créer la musique des
chœurs de Médée, la tragédie dédiée par
l’auteur latin Sénèque au personnage de Jason, symbole par excellence
de la découverte de l’autre, avec tous les ravissements et tous les
troubles
que cela implique.
Un peu plus de 10 ans plus tard, A Filetta publie aujourd'hui
sur disque la
dernière version de ces quatre chœurs.
Et de la même façon qu’après le voyage de Jason,
l’ailleurs n’est plus vraiment ailleurs, on peut dire sans se tromper
qu’après le Médée d’A Filetta, le chant polyphonique
corse ne sera jamais plus le même.
Rencontre avec l’auteur de cette musique inspirée, celui qui a
même
été jusqu’à traduire en langue corse le texte latin de
Sénèque pour pouvoir le chanter dans une langue vivante et si
évidemment prédestinée au mariage de la polyphonie et de la
tragédie antique. Cet aède corse, c’est Jean-Claude Acquaviva.
Jean-Claude Acquaviva, dans vos spectacles, et
notamment dans la
présentation de Médée, pièce qui date tout de même de
1997 et qui sort maintenant en 2006, donc 9 ans plus tard en disque,
mais que vous avez
chanté ici à Calvi dans les Rencontres polyphoniques, vous avez cette
phrase dans la présentation qui résume presque tout :
« L’ailleurs n’est plus ailleurs », directement
citée du texte de Sénèque que vous avez traduit du latin en langue
corse. C’est largement autobiographique, Médée ?
Jean-Claude Acquaviva : Oui, je pense que c’est
autobiographique, je crois que
pour nous A Filetta, Médée correspond vraiment à un moment
fondamental dans notre trajectoire. Nous avons toujours dit que c’était
un
moment extrêmement important : d’abord c’est le moment où
sans doute par hasard, par nécessité aussi, on se met à penser les
choses dans des formats qui ne sont pas les formats
traditionnels ;
Et aussi, on revient à l’importance du texte, du verbe, de la parole,
jusqu’ici notre tradition orale est faite de chants qui sont souvent
très
courts, de vers souvent octosyllabiques, de poèmes très courts, de
strophes
qui sont reprises, etc. Et là, lorsque le metteur en scène nous demande
de
produire une musique pour ce chœur, on est face à un texte dont la
métrique n’est absolument pas régulière, on se trouve face
à un texte qui est très long, à partir duquel on ne peut pas
créer un e musique comme on l’aurait fait dans la tradition, en
disant : « on met en musique les 4 premiers vers, et
puis après on
répète ».
Cette difficulté par rapport au texte nous amène à essayer de
concevoir une musique qui nous dépasse nous-mêmes, qui dépasse notre
propre tradition.
Et en même temps, Médée arrive effectivement à un moment
où nous avons déjà pratiquement 10 ans de rencontres de chants
polyphoniques, où nous sommes en plein échange avec les chants
géorgiens, le Caucase, où nous sommes en plein développement par
rapport au théâtre, à la musique de théâtre, en tout cas
aux Passions qu’on joue à Calvi…
Donc Médée, c’est la musique qui arrive et qui fait qu’A
Filetta devient A Filetta, je crois que c’est clair.
Jusque là, on n’aurait pas forcément pu nous distinguer des autres
groupes polyphoniques, on chantait une tradition orale comme
d’autres :
Tavagna, nous, les Chjami Aghjalesi, Canta U Populu Corsu, tous les
groupes de Corse
travaillaient sur le même répertoire polyphonique, on avait à peu
près tous les mêmes repères, les mêmes répertoires
polyphoniques. Médée arrive à un moment qui est tel qu’on a un
bagage qui est ce qu’il est, qui fait qu’on a une idée de notre
musique qui a beaucoup évolué depuis 1987, et ça produit une musique
qui ensuite va nous permettre justement, à mon avis, d’aller plus loin
encore, d’aller sur des choses plus osées, plus contemporaines, plus
modernes, notamment sur le plan des harmonies, avec le Requiem, les
Chemins de Croix ici.
Nous avons produit des choses qui du coup s‘éloignent encore plus de la
tradition, sans doute, mais qui proposent des pistes de
prolongement.
Pour nous, Médée est un tournant. En fait, si vous voulez, avant
Médée, il y avait un travail qui n’était qu’oral. Avec
Médée, il y a quelque chose qui n’est pas écrit, puisque la
partition proprement dite n’a jamais été fixée, n’est
pas écrite, mais qui devient quand même plus fixé, plus écrit.
On a travaillé sur des mélodies harmonisées. Elles étaient,
comme dans la tradition orale, relativement libres : on savait
qu’il y avait
telle ligne mélodique, relativement libre et qu’autour de ça il y
avait des blocs harmoniques ; on savait qu’à tel moment on
était
sur tel accord, on allait vers tel autre, etc. C’est fixé en quelque
sorte,
mais ce n’est pas écrit. Et après Médée, on a
continué à faire des choses comme on faisait Médée, on a
continué à faire des choses comme on faisait avant Médée,
c’est-à-dire complètement orales, et on a fait aussi des choses
complètement écrites.
Donc Médée est une charnière, une pierre angulaire.
Et pour la petite anecdote, on a fixé Médée par
l’écrit. Maintenant, si vous l’entendez, vous ne reconnaissez
absolument pas Médée. On n’a pas la capacité de le fixer tel
qu’on le chante. Simplement, pour prendre des repères, pour s’assurer
malgré tout qu’on est dans le respect de certaines modulations, de la
tonalité, on a plus ou moins, de façon très simplifiée, on a
écrit les grandes lignes de Médée avec les harmonies. Mais si vous
le faites jouer par un outil informatique, oui, vous avez les harmonies
qui vont revenir,
mais vous ne reconnaissez pas, parce que ce qu’on fait sur scène, on le
fixe
difficilement.
Pour répondre à votre question, comment
a-t-on travaillé ?
On a travaillé sur une série de mélodies. D’ailleurs, ce qui a
été pour moi le plus passionnant dans ce travail, c’est d’avoir
pour les quatre chœurs des climats qui, évidemment, sont fonction de la
dramaturgie, de ce que dit le texte et de ce qu’il annonce.
Mais ce qui est intéressant, c’est que le premier chœur est
probablement celui qui est resté le plus proche du chant
traditionnel ; le
deuxième, qui au niveau de l’idée même du texte de
Sénèque, est celui qui est à mon avis le texte le plus moderne,
c’est justement celui là qui dit « désormais
l’ailleurs n’est plus ailleurs », c’est celui qui est le
plus en rupture avec tous les autres ; pour le troisième, on
revient à
quelque chose qui est en partie traditionnel, mais qui par contre, dans
certains
développements, est beaucoup plus moderne que le second ; et
le
quatrième, c’est un chœur beaucoup plus ramassé, c’est le
seul chœur rythmique, le seul qui est mesuré en quelque sorte, et
c’est celui qui voulait donner le sentiment qu’on arrivait à quelque
chose qui paradoxalement, alors que ça devient mesuré, est en train de
s’affoler, de se déformer, c’est le moment de la fureur de
Médée, et c’est là où les voix deviennent sans doute
les plus folles.
Et ce qui a vraiment été passionnant, ça a été de
travailler sur certains thèmes qui existent dans le premier chœur, qui
passent dans le troisième, et qui passent dans le quatrième, des
thèmes qui à chaque fois sont harmonisés de façon
différente et qui justement se déforment, et arrivent à la fin avec
ce qu’on a voulu être le chœur sans doute le plus fou, le plus
déstructuré, même si, encore une fois, sur le plan de
l’organisation rythmique c’est le seul qui est rythmé, qui est
rythmique, qui est mesuré.
Alors, comment s’est passé le travail avec les autres ? Dès
lors
qu’il y avait ces choses là qui étaient établies,
fixées, il y a eu tout un travail de mémorisation, de maillage, pour
faire
en sorte qu’on passe d’une harmonie à l’autre, chacun tenant
compte de la façon dont les autres développent.
C’est pour ça que Médée a mis beaucoup de temps à
mûrir. C’est pour ça que, quand on écoute nous les premiers
enregistrements de Médée, aujourd’hui ils sont extrêmement
différents parce qu’il y a plein de choses qui ont évolué et
notamment il a fallu attendre d’avoir une respiration commune dans le
texte, dans
le verbe, et cela a pris beaucoup de temps.
Alors aujourd’hui les gens qui nous entendent chanter viennent nous
voir en
disant : « mais comment faites-vous, vous n’avez
aucun
repère rythmique, vous êtes ensemble sur le plan harmonique, avec des
frottements, avec des choses qui modulent, comment faites-vous sans
repères ? » Eh bien, c’est la mémoire,
c’est dix ans de pratique commune qui font qu’on arrive à
mémoriser les choses de cette façon là.
On l’a dit, Médée c’est un peu une pierre angulaire dans
l’existence d’A Filetta. Pour vous compositeur, bien sûr vous avez
continué à composer, vous avez composé avant, vous avez
composé après, mais tout de même, la barre est montée
très haut, comment vivez-vous l’après Médée ?
Parce que, encore une fois, l’ailleurs n’est plus ailleurs. Maintenant,
où allez vous chercher l’ailleurs, parce que vous avez cette soif
là ?
Vous savez, ce qui est délicat pour nous, c’est que Médée,
comme vous le disiez, est une pierre angulaire, une sorte de passage.
Et c’est vrai
qu’on a été à l’aise dans le passage, et ce qui nous
fait un peu peur pour l’après, d’ailleurs ça s’est
vérifié, puisque on a beaucoup travaillé après, on a
composé plein de choses, mais on a fait des choses qui sont devenues
sans doute,
pour l’instant, pour ce qui a été produit, des choses qui seraient
plus proches d’une forme de musique classique contemporaine que
véritablement de ce qu’on a produit avec Médée.
Bruno Coulais disait de Médée : « c’est un
OVNI », c’est quelque chose d’assez inclassable, parce que
ça module beaucoup plus que la musique traditionnelle, mais en même
temps,
c’est sur des fonctionnements de la musique traditionnelle. Ce sont des
harmonies
plus modernes, mais on y retrouve quand même les éléments essentiels
de la musique traditionnelle. Médée est une musique qui est vraiment
celle
qui nous permet de sortir de la tradition, mais qui reste quand même
enracinée, amarrée en quelque sorte à la tradition, même si on
s’en éloigne, même si on y a intégré des choses
nouvelles, il y a toujours un contact.
Ce que l’on a fait par la suite, on a fait des choses qui, à mon sens,
sortent beaucoup plus des sentiers de la tradition. Alors, ce n’est pas
qu’on
le regrette, car quand on compose, on n’a pas à se poser le problème
de savoir où on va et si on est dans des routes jalonnées, mais en
même temps, on peut très bien accéder à un type de musique
dans lequel on peut ne pas être du tout reconnu.
Parce qu’on n’est pas des classiques, on n’est pas des chanteurs de
musique contemporaine, on n’en a pas la formation, les qualités, par
contre
je pense qu’on peut dire des choses dans un langage qui s’éloigne de
celui de la tradition, on peut faire valoir des choses au niveau
notamment de la
façon de vivre le chant ensemble, de continuer à le tisser ensemble,
ça, ça me semble important.
Je crois que la différence fondamentale entre un groupe comme nous et
un
chœur classique quel qu’il soit , c’est que le chœur classique
fonctionne par rapport à quelque chose d’écrit : il y a des
pupitres, c’est réglé très souvent par quelqu’un
d’extérieur, etc. Nous, on ne peut pas fonctionner comme ça, nous, on
est obligés d’être les uns dans les autres, de s’abandonner les
uns aux autres, ça, ça ne pourra pas changer.
Par contre, on sera amenés, et on a été amenés, à
faire des choses plus mesurées, qui s’approchent plus d’une certaine
forme de musique contemporaine. Alors, est ce que les gens vont
comprendre ? Nous
mêmes, on est toujours dans l’interrogation, évidemment, quand on fait
quelque chose : quand on faisait Médée, on se
disait :
« est-ce qu’on ne s’éloigne pas trop ? Est ce
qu’on a le droit de digresser ainsi ? Est-ce qu’il ne faut pas
revenir
à des choses plus simples, faire des choses plus
accessibles ? »
et puis finalement, on est sortis de Médée avec la satisfaction
d’avoir fait quelque chose qui correspond à notre personnalité,
à notre façon de voir la musique et son évolution en Corse et
ailleurs.
Pour en revenir à votre question, c’est un peu notre interrogation.
Après, il y a aussi le fait qu’on avance dans l’âge, on avance
dans la musique, on avance dans le contact ; on a beaucoup
travaillé avec
Bruno Coulais, c’est évident qu’ensuite il y a des influences, la
musique écrite beaucoup plus, est ce qu’on sera capables à
l’avenir de continuer à produire une musique qui soit autant un OVNI
que
Médée ? Je n’ai pas la réponse.
Et
enfin, une
interview pour RFI Musique :
Les polyphonies colorées d’A
Filetta
Nouvel album Bracanà
Paris
15/07/2008
-
Le nouvel
album d’A Filetta, Bracanà
parcourt les multiples facettes artistiques de ce combo de chanteurs
fondé il y a tout juste 30 ans. Toujours partant pour rencontrer leurs
frères chanteurs à travers le monde, A Filetta s’impose comme un des
groupes les plus excitants de l’île de Beauté. Interview de Jean-Claude
Acquiva, un homme qui a choisi sa voix.
RFI Musique : Ce
nouvel album s’intitule Bracanà.
Quel est le sens de ce mot corse ?
Jean-Claude Acquaviva : Il
a deux significations : "bariolé" et "changer de couleur à
l’approche
de la maturité". "Bariolé" correspond bien à ce nouvel album, à ces 14
chants métissés. "Bracanà", on le dit du pelage d’un animal. Cet album
est
tout sauf uniforme. On y retrouve des chants liturgiques chrétiens, des
chants géorgiens, des monodies traditionnelles, des créations dont une,
Liberata, à la mémoire de Pierre Griffi, un héros de
la
Résistance en Corse. Ce morceau sert de générique à un téléfilm sur la
Resistance sur l’île durant la Seconde Guerre mondiale. Treblinka
parle d’espoir, du souffle de vie au cœur de l’horreur, 1901
de l’exil à travers les destins de frères géorgiens. L’Invitu
est extrait de notre création autour du Médée
de Sénèque. C’est un disque ouvert, en fait. Mais "bracanà" se dit
aussi d’un fruit qui change de couleur en mûrissant. C’est aussi ça un
peu le reflet de notre parcours sur ces 10 dernières années durant
lesquelles nous avons beaucoup tourné et provoqué beaucoup de
rencontres. Ce parcours atypique nous a conduits vers d’autres
traditions polyphoniques tout autour de la Méditerranée, mais aussi
plus largement dans le monde, en Asie, en Afrique. On ne sort pas
indemne de tout ça. Forcément notre répertoire évolue. Chaque album est
différent. Heureusement d’ailleurs, en 30 ans de carrière, ça serait
vite ennuyeux pour nous, comme pour le public.
|
Que
regard portez-vous sur ces 30 ans d’activité ?
Tout
d’abord, j’ai vraiment la sensation que ces 30 années sont passées en
quelques heures seulement… Il n’y a ni frustration, ni amertume. Aucune
routine ne s’est installée. Nous n’avons jamais raisonné en termes de
développement de carrière. Nous avons plutôt évolué au gré de
rencontres, de nos rêves et de nos surprises. C’est probablement ce qui
explique notre longévité. Pour nous, l’important est d’avancer, et
d’avancer ensemble. Nous avons la même façon de voir la vie. On adhère
à la même démarche. Ça passe par une grande rigueur dans le travail,
rigueur qui ne nie pas pour autant la personnalité de chacun. C’est ce
qui nous permet de nous renouveler, en invitant par exemple des plus
jeunes à nous rejoindre. |
Quelques souvenirs
forts au fil de ces 30
ans ?
Beaucoup
de tournées nous ont marqués par la qualité des échanges. Dans le
Caucase par exemple ou dans la Géorgie de l’après-guerre civile. En
Afrique, nous avons été impressionnés par ce que nous avons vu et par
l’accueil du public, pas forcément celui des organisateurs. Les
Rencontres Polyphoniques que nous co-organisons à Calvi, depuis 20 ans
sont aussi des moments forts.
Quelques mauvais souvenirs, aussi ?
Pas
tant que ça. Bien sûr quelques galères souvent liées à de mauvaises
conditions scéniques ou lorsque nous avons inauguré un festival en
Hollande et que nous avons joué devant un parterre vide, ou dans des
villages qui semblaient désertés. Aujourd’hui, on en rigole. Les vrais
coups durs sont liés à la disparition de proches.
Quelles perspectives
pour le chant
corse ?
Il
y a 30 ans quand on a commencé, c’était assez exotique. Même en Corse.
En fait, il a des vagues. L’intérêt pour notre travail et pour les
musiques que nos défendons en général croît ou décroît en fonction de
raisons qui nous sont parfois totalement étrangères. Le boum des Voix
Bulgares a provoqué un temps un regain d’intérêt pour les traditions
vocales. Forcément les difficultés que traverse l’industrie du disque
ne sont pas sans conséquence sur notre développement. Il y a quelques
années, nous étions plus souvent conviés sur des plateaux télés.
Maintenant moins. Notre musique n’a pas fondamentalement changé. La
télé, si.
Comment
imaginez-vous votre avenir
musical ?
On
ne se projette pas … Impossible de dire ce qu'il en sera dans 5 ou 10
ans. Je sais juste que l’on continuera à faire entendre notre voix,
parce qu’on a des choses à dire, parce que notre volonté est intacte,
notre enthousiasme et nos rêves aussi. Nous continuerons à produire
tant qu’il y aura de l’envie, du souffle et de l’entrain. Quant à la
musique, elle continuera ! C’est comme la vie, on ne se pose
pas la
question de pourquoi on vit. On vit, point barre !
A plus court terme, quels sont vos projets ?
Des
projets de rencontres évidemment. En septembre, lors des prochaines
Rencontres Polyphoniques, nous allons travailler avec Danyel Waro. Nous
donnerons un concert dans la foulée et nous nous retrouverons pour
Africolor en décembre. C’est un extraordinaire personnage, un militant
de l’humanité et de la "batarcité". Sinon, nous travaillons avec des
musiciens de jazz tel le trompettiste Paolo Fresu ou le bandonéoniste
Daniel di Bonaventura. Nous avons aussi collaboré avec le guitariste
portugais Jorge Fernando et avec Yves Duteil sur son dernier album.
Des envies de collaborations autres ?
On
aimerait bien travailler avec Gabriel Yacoub ou Gianmaria Testa. Ce qui
nous intéresse dans ces rencontres et dans la musique de manière
générale, ce n’est pas l’idée du but à atteindre mais plutôt celle de
l’épanouissement au quotidien. Il est clair qu’avec l’arrivée de la world,
nombreux sont ceux qui ont cru aux vertus du métissage. Mais le
métissage pour qu’il soit réussi doit être l’aboutissement naturel
d’une rencontre.
Vous avez travaillé pour le monde de
l’image, le théâtre, l’opéra ou la danse… est-ce aussi une façon de
contourner la crise du disque ?
Dans les faits, c’est
peut-être ça… Mais nous, on n’a sollicité personne. Ce sont plutôt
Bruno Coulais ou Sidi Larbi Cherkaoui (le chorégraphe : ndlr) qui sont
venus à nous. Il n’y avait rien de calculé, pas de volonté de dire : "on
va faire ça pour contourner la crise du disque…". Il est
indéniable que ces collaborations nous ont ouvert de nouveaux publics.
Les
mots de Jean-Claude
Acquaviva
U
lamentu di Ghjesù
Photo : Françoise
COULOMB - 7 septembre 2005, Calvi
La
tradition
Dès lors que l'on a des racines, on n'a pas besoin de prouver qu'on y
est
fidèle.Toutes les traditions n'ont de sens que dans la mesure où elles
évoluent. Elles évoluent naturellement depuis toujours, ne serait-ce
que
par la communication, par les civilisations qui se succèdent, se
croisent
où s'entrechoquent et quelque fois se déchirent. De là naît
une culture. Si l'on doit faire une analyse du chant polyphonique
traditionnel on ferait
le constat qu'il est endémique, c'est un chant qui manifestement a des
origines
ailleurs où il a été influencé. Il faut replacer ce chant
dans une perspective d'ouverture sur le monde, il ne faut pas faire du
suivisme et se
mettre dans les pas d'une musique dominante. Si notre musique est
ouverte, tant mieux !
Elle doit le demeurer pour continuer à être le reflet d'une
communauté qui vit, avance et évolue.
Quand on est issu de la tradition orale, avoir des racines, c'est en
même temps
extraordinaire et terriblement handicapant, parce que dès que l'on sort
du chemin,
de la tradition, on se pose sans cesse la question : "ai-je le droit de
sortir du chemin
?" Nous avons pris ce droit il y a plus de 20 ans, et ce qui nous
rassure et nous comble,
c'est que le public nous accepte tels que nous sommes et qu'il comprend
bien notre
démarche.
La tradition n'a de sens que si elle continue d'être le reflet d'une
communauté qui avance.
La
langue
Se focaliser sur la défense de la langue, c'est se tromper de combat.
La langue,
si elle n'est pas celle du pain, du jour, du repas, du coucher, ce
n'est pas la peine de
se battre pour elle. Ce qui est important, c'est d'essayer de vivre par
la langue et non
pas de faire vivre la langue. Dans ce sens-là, on se considère toujours
comme des gens militants. Pas des militants qui se posent en défenseurs
d'un
sanctuaire. Un sanctuaire, ça sent déjà la mort. Notre musique,
c'est tout sauf quelque chose de proche de la mort.
A Filetta
En octobre 1978, naissait le groupe A Filetta. A l'époque nous ne
savions pas et
d'ailleurs, nous ne savons toujours pas, s'il s'agissait du rêve d'une
esquisse ou
de l'esquisse d'un rêve. L'esquisse d'une demeure à jamais ouverte où
pourraient venir trouver refuge, les âmes entremêlées, qui dans leur
quête d'éternité, tissent et retissent les fils de ce vieux partage
qu'est le chant.Le rêve d'un navire sans pavillon, parti de nulle part
sillonner
l'ailleurs où des phares immémoriaux pourraient peut-être un jour lui
dire : " c'est là, parmi vous, dans l'éphémère partagé
que sont les étendues éternellement heureuses. "
Vingt ans aux côtés de tous ceux qui ont la conviction que la vie est
de ces
batailles à mener dont il ne faille sortir ni vainqueur ni vaincu, mais
grandi.
Et, s'il fallait, au terme de ces quelques années que subsiste une
empreinte et
une seule, nous souhaiterions vraiment que ce soit celle de voyageurs
dont la seule
préoccupation serait de ne rien vouloir altérer.Il faut être ce que
nous sommes et l'être pleinement et ne pas chercher ni à plaire, ni à
complaire; il ne faut pas tricher avec cela.
Nous sommes un vieux groupe de jeunes chanteurs.
"A Filetta a constitué un cocon où l'on s'épanouit quelquefois
à l'abri des vicissitudes d'un quotidien agité par les soubresauts de
nos
sociétés du tout-marchand où seule compte la capacité
à être plus fort que l'autre pour mieux l'écraser. Enfin, A Filetta a
également été une vraie école du partage, du travail et de
l'exigence envers soi-même." (source : A Pian' d'Avretu")
Chanter
Chanter c'est, aussi et peut-être surtout, dire tendrement
des choses
puissantes et puissamment des choses tendres.Notre chant est de pierre
et d'eau. Dans ses
plis et replis, dans ses arcanes, il épouse les contours de l'âme de ce
rocher tumultueux qui nous a engendrés.
Notre chant est un chant qui consacre la mémoire, il est aussi un chant
qui
prône l’ouverture, l’accès à l’autre. Surtout, il
traduit le besoin profond de n’être que ce que nous sommes, mais à
l’être pleinement, sans complexes, en authenticité et
généreusement. Pas en essayant d’en faire un sanctuaire. Le
sanctuaire, cela sent déjà la mort.
La
polyphonie
La pratique de la polyphonie est absolument liée à
l'établissement d'un lien social. C'est peut-être ce qui explique sa
force
et le fait qu'elle ait trouvé une nouvelle raison d'exister. Pratiquer
cette
musique, tenter de lui donner un prolongement, c'est pour nous caresser
l'espoir de
rapporter les clameurs nées du campement de quelques nomades dans ce
désert
qu'est le temps.Au-delà de l’aspect technique, la polyphonie est une
musique
de partage, qui ne se conçoit que dans la complicité. Il faut bien se
connaître, beaucoup d’échanges sur le plan humain pour que cela
fonctionne. Pour qu’il y ait une cohésion entre plusieurs voix, il faut
qu’il y ait du sens à travers ce qui est chanté. C’est une
musique qui contribue à créer des rêves collectifs.
La Corse
Je considère que le problème corse est spécifique, comme le
problème de n’importe quelle micro-région l’est. Parce
qu’il y a des raisons, une histoire, une géographie, propre. Mais,
j’ai toujours pensé qu’il n’est qu’une toute petite partie
d’un grand problème universel qui tient à la répartition des
richesses, à la justice, à l’équité, au respect. Du
plus petit de la chaîne au plus haut, respectons la vie dans ce qu’elle
a de
sacré, donnons à chacun les moyens de vivre dignement. Il faudra bien
trouver un jour ou l’autre les solutions du développement.
La vraie Corse est pour moi la Corse avec toutes ses composantes. Les
meurtres, les
attentats, les rivalités font aussi partie de la Corse et il ne faut
pas
évacuer cela. Mais, tout à côté il y a des gens qui
progressent, qui produisent, qui travaillent, qui essaient que cette
terre aille de
l’avant. De cela on ne parle pas, ou très peu.
Le problème corse n’est pas un problème local, il est mondial. Comme
beaucoup d’autres territoires dans le monde, face à la mondialisation,
la
Corse doit garder sa spécificité et sa culture. Le vrai enjeu est
là.
Un Continental qui change de département n’a pas le sentiment de partir
de
chez lui. Un Corse qui part de Corse s’arrache. Cela a eu une influence
très
forte sur cette volonté de maintenir, de cultiver.
Sur une île on peut avoir l’impression que tout s’arrête :
même la terre ferme !
La violence
La France a eu en Corse une politique violente, elle a essayé
d’éradiquer tout ce qui faisait la spécificité des Corses au
niveau de la langue, de la littérature. La France, par des lois
douanières
assassines, a essayé de mettre complètement par terre
l’économie corse. Cela fait aussi partie de l’histoire de France.
Aujourd’hui, cela se traduit par une violence qui a été en partie
légitime et une violence qui, en grande partie, a dérivé pour des
tas de raisons, pour des choix qui ont été faits ou pas. Parce que la
clandestinité a pris le pas sur le reste et l’on sait qu’une violence
clandestine est incontrôlable. Sous couvert d’une violence clandestine,
des
bandes armées se constituent, elles se partagent des secteurs. On est
donc
arrivé à des dérives avec, malheureusement, des gens sincères
qui se sont faits flinguer sur le terrain et des gens douteux qui ont
fait leurs
affaires. Aujourd’hui, on en est là.
J'ai toujours considéré que la violence clandestine était une erreur
originelle. Non seulement elle permet toutes les dérives, mais elle
entame notre
capacité citoyenne à prendre en charge nos responsabilités et donc
notre devenir. Enfin, elle porte en elle les germes de l'arbitraire.
L'engagement
Le chant a été pendant longtemps, dès la fin des
années 60 et depuis le phénomène revendicatif très fort, une
parole militante. Il a été le moyen de faire passer des idées. Le
mouvement autonomiste s’est beaucoup appuyé sur les chanteurs.
Aujourd’hui, nous sommes capables de dire avec notre langage et notre
musique ce
que les peuples de la terre disent avec leur langue et leur musique. Je
ne pense pas que
si on en était resté à quatre paroles chantées de
façon militaire, on aurait fait progresser notre terre comme elle a
progressé. Car, quoi qu’on en dise, durant les trente dernières
années, on a fait un sacré bond en avant, même si nous qui vivons la
Corse au quotidien, nous avons toujours le sentiment que les choses
n’avancent pas.
Les premières années ont été militantes jusqu’aux
années 80, puis tout cela est devenu plus universel. On a donné à
l’universel nos couleurs spécifiques. Le terme militant renvoie à une
idée de combat pour... Je préfère l'appeler associatif,
bénévole, naturel.Toute harmonie est inaccessible dès lors que l'on
ignore l'Autre dans sa spécificité, dans son tempérament, dans son
essence, mais aussi dans ses failles, ses insuffisances, ses
souffrances.
Le monde
Nous considérons que nous vivons dans un monde qui ne peut qu’aller
dans le
mur. Quand 10 % des gens de la planète se répartissent 98 % des
richesses,
cela ne peut pas tenir. C’est non seulement injuste, mais invivable.
Le racisme
Il me semble aussi dangereux de montrer la Corse
du doigt (comme étant raciste) que d'affirmer la main sur le coeur que
les Corses
ne sont absolument pas racistes.
L'identité
L’identité ne se
décrète pas, elle ne se projette pas, elle se dévide dans le souffle
des hommes, et la sauvegarde de l’identité passe par l’identité
plus que par la sauvegarde.
En conclusion...
"Produire du sens, tisser du lien, restaurer le respect, accepter de se
construire aussi
dans l’altérité".
Vu
sur le site
CafeBabelcom, le site européen
http://cafebabel.com/fr/
Un grand merci à Carole de me l'avoir signalé.
I 30-anni di A Filetta
Jean-Claude
Casanova: Si celebranno presto (anche se non ci sarà una commemorazione
ufficiale) i 30 anni di A Filetta. La mia domanda si rivolta un po' a
Jean, dal momento che tu sei uno dei creatori del gruppo. In primo
luogo, qual è la tua valutazione di questi 30 anni ? Ci sono cose che
ti dispiace d’aver fatto, o cose che ti dispiace di non aver fatto
durante questi 30 anni?
Jean (photo : Anne Marie Casanova)
Jean
Sicurani: La domanda si rivolge a tutti. No, non abbiamo rimpianti.
Abbiamo sempre assumato quel che abbiamo fatto, e non solo assumato, ma
abbiamo preso un sacco di divertimento nel farlo. Siamo sempre stati in
perfetta armonia nei vari progetti. Anche se inizialmente non eravamo
tutti convinti della fondatezza dei singoli progetti, alla fine ci
trovemo tutti cresciuti.
E 'stata un bel percorso, e spero
che si protrae per alcuni anni, anche se gli anni stanno cominciando a
dare! I progetti che non abbiamo fatto? Abbiamo fatto un sacco di cose,
ma sicuramente abbiamo molte cose da fare, vedremo, è il tempo che ci
consentirà di andare avanti.
Jean (Foto: Anne-Marie Casanova)
JC:
Avevo previsto di iniziare con una rassegna, poi domande sul vostro
nuovo CD e Bracanà e su A Filetta oggi, quindi i progetti e le prossime
Incontri, ma ne abbiamo già parlato con Valerie.
1901
Laurent
Lohez: Quindi passamo a Bracanà. Una domanda su 1901. Suppongo che Tao
è morto subito. Su che cosa è basata la canzone, storie?
Jean:
si tratta di qualcuno che ho conosciuto, ha vissuto a Calvi. La storia
della canzone è legata all’incontro con i cantanti georgiani, ma
sopratutto con l'amore e la passione che condividiamo con Jean Temir,
un figlio del Tao chi era georgiano. La canzone è stata composta in
memoria di Tao e del padre di Cathy Antonini, chi è la mia zia dal
matrimonio. Suo padre era un georgiano dal Caucaso. Tao è venuto ed ha
vissuto in Corsica. Il padre di Cathy era in esilio in Francia, non in
Corsica, ma ha fondato una famiglia in Corsica, s’e sposata con uno dei
miei zii, ha avuto figli, ed ha sempre vissuto qui.
Quindi,
è questo amore per questo paese che abbiamo scoperto attraverso i
cantanti georgiani, e anche fisicamente, dato che siamo andati a
cantarci a più riprese. E personalmente, è uno dei migliori ricordi di
incontri con un gruppo umano, i cantanti e la loro terra. L’accoglienza
che abbiamo ottenuto, è stato davvero qualcosa che non si può nemmeno
descrivere, così era forte. Essi ci hanno dato tutto il loro cuore, e
non è misurabile, è stato davvero molto potente.
Si tratta
quindi di un omaggio a questa terra, a queste due persone che non
abbiamo necessariamente conosciute, ma che hanno dato bambini alla
terra corsa ; è la fusione di questi due terre attraverso questa
canzone e l'amore prima per l'umano.
Bracanà
JC:
vorrei tornare alla genesi di Bracanà. Nelle varie conversazioni con
voi, sembra che avete cambiato un po’ idee in camino. Erano incluse
canzoni di Bruno Coulais a l’inizio?
José Filippi: Abbiamo
già registrato il disco nello scorso anno, e non eravamo contenti con
il suono. Avevamo optato per una registrazione individuale, cioè voce a
voce, e al mix, si è reso conto che questa non era la scelta giusta :
mancava di coesione, di vita. Abbiamo deciso di ri-registrare e
rimuovere le canzoni di Bruno Coulais.
José (foto : Anne Marie Casanova)
JC
: Je ne dirais pas en qualité, au contraire, une partie du public
apprécie même presque davantage, c’est là que les applaudissements sont
les plus forts. Cette partie du concert donne peut être une dynamique
supplémentaire, mais ça crée une rupture de ton. Je préfère un concert
plus homogène. Mais effectivement, comme le dit Jean-Paul, souvent le
public démarrait après Le lac.
Paolo Giansily: Per
concentrarsi più tardi alla registrazione delle musiche di Bruno. Ciò
sembrava molto più coerente che di integrare due brani che vengono un
po 'come un capello sulla minestra.
JC: E 'lo stesso in
concerto: ci pianciano molto queste canzoni, ma dopo il canto della
Passione, vi è sempre un momento, una sorta di liberazione ...
Paolo: sia in qualità che in tensione.
JC:
Non direi in qualità, anzi, perchè una parte del pubblico apprezza
quasi più, è dove gli applausi sono i più forti. Questa parte del
concerto può dare una dinamica in più, ma è vero che crea una rottura
nel tono. Io preferisco un concerto più omogeneo. Ma in realtà, come lo
dice Paul, il pubblico spesso iniziata dopo il lago.
José:
Anche noi lo rissentiamo ??. Siamo concentrati dall'inizio alla fine,
ma quando si tratta di canzoni di Bruno, non è una liberazione, ma come
una ricreazione.
JC: Infine, per quanto riguarda Bracanà
ci sono solo due nuove creazioni, 1901 e Treblinka, e, purtroppo, anche
se conoscevamo i canti della Via Crucis, si sente una grande
innovazione nel disco. Non so la spiegazione. Può essere un ulteriore
passo avanti?
Paul: Solo perché questo materiale non era stata fissato.
JC: Sì, ma l’avevo già sentito più volte, e credo che abbiate fatto un
passo nel vostro percorso.
José:
Come lo dice Paul, sarà perché le canzoni non erano stati fissati. In
termini di scrittura, non sono più difficili di quelli precedenti.
Abbiamo trovato alcuna differenza.
Jean: Sono un po 'd'accordo
con quello che dici tu Anche se le canzoni non sono state fissate su un
disco, dal momento in cui hai sentito per la prima volta, hanno
evoluto, e anche noi. E in poco tempo.
José: E 'lo stesso per i cori della Medea. Nel 1997 erano molto diversi
da ora.
L'Invitu
JC: Esattamente, perché avete ri-registrato un estratto da L’Invitu ?
Paul:
Non eravamo del tutto convinti dalla registrazione di Medea. Noi non
siamo molto soddisfatti. Il suono, anche la nostra interpretazione, «
molto pizzicata », non funzionano affatto. Riteniamo anche di
ri-registrarla.
jean: Personalmente, ritengo che è l’opera maggiore. Non mi disagi che
si trova frammenti in diversi album, come in Intantu.
Paul: E 'il nostro cammino degli ultimi dieci anni, e aveva tutto il
suo posto nel disco.
JC:
Non era una critica, al contrario! Infatti, all'ultimo concerto
all’Europeen, ho scoperto che non deve essere estratto con un diede più
forza.
Paul: Mi domanda tanto coinvolgimento, l'energia ...
Lode in una simpatica Zitelle
Lorenzo: Una domanda sulla monodia scritta da un poeta a sua madre.
Quali sono i suoi sentimenti quando la canta?
Laurent, Jean, Paul et José
Treblinka
JC : Treblinka a été composé en très peu de temps, d’après les
conversations que j’ai pu avoir avec vous.
José : Ca a été composé ici au Carubbu, très rapidement.
JC : La mélodie, je veux bien. Mais tout ce que vous avez fait autour,
l’apport de chacun ?
José
: Les paroles sont de Jean-Yves Acquaviva. Un jour Jean-Claude arrive
et dit : j’ai peut être un thème pour ce chant. Il s’est mis au piano,
a commencé à jouer le thème. On s’est mis tous autour du piano, chacun
a apporté, on avait pensé à des bourdons…
Paolo: Non è una
canzone scritta per sua madre, è una canzone che Pampasgiolu ha ripresa
e cantata per sua madre. Per Jean-Luc è personale, non posso rispondere
per lui. Suppongo che se la voleva registrare, è che è stato importante
per lui.
José: Jean-Luc è qualcuno che ha vissuto in questo ambiente, con i
poeti, il suo padre era cantante ...
JC: Ci sono ancora molto monodie in riserva ?
Paolo:
Sì. Sua madre registrava molto i cantanti. Abbiamo versioni originali
cantate da Pampasgiolu. Essi strofinata al momento.
Treblinka
JC: Treblinka era composta in un arco di tempo molto breve, dopo le
conversazioni che ho avuto con voi.
Jose: E 'stato composto al Carubbu, molto rapidamente.
JC: Per la melodia, lo credo. Ma tutto quello che avate fatto attorno,
il contributo di ciascuno?
José:
Le parole sono di Jean-Yves Acquaviva. Un giorno, Jean-Claude viene e
dice: io posso essere un tema di questo brano. Ha iniziato al
pianoforte e cominciò a suonare il tema. Siamo andati in giro per il
pianoforte, ciascuno ha fatto, si è pensato di bordoni...
JC: Esattamente, il bordone! E 'molto innovativo, unico in ciò che
fate, giusto?
Giovanni: E’ a bocca chiusa.
JC: Sì, a bocca chiusa, ma è molto particolare.
José: Non è stata ricerca specifici. E 'venuto ...
JC: Chi lo canta, comunque?
Jose: C'è Max chi fa la voce la più bassa, jean, ceccè ed io faccimo il
bordone. Ceccè alterna tra il drone e un altra voce.
Paul: C’è anche il bordone alto.
JC: Sì, il bordone alto! Verso la fine, con Jean-Luc ...
José: C’è Jean-Luc chi canta dissonanze sul penultimo coppie.
Jean: Ad un certo punto, si cambia tutto. Tu non cambierà, si?
José:
Eu, ùn cambiu micca (Io, non cambio) Ho appena da cambiare verso il
fine con una voce più alta, all’ottava del bordone. Ma è vero che è
stato creato nel giro di 2-3 giorni. Cercavamo un brano di più.
JC: E dopo, avete lavorato a lungo?
José: No, è stato fissato in tempi molto brevi. Tecnicamente, non è
così difficile. Non è difficile da attuare, almeno.
JC: Ci sono canzoni in cui ci sono 7 voci diverse, come il Benedictus.
José:
Hai il Benedictus, il Dies irae, in cui ci sono 7 veramente distinti
voci. Dopo, la canzone varia secondo gli concerti come gli altri brani,
ma non è difficile. Siamo più o meno falsi o giusti ...
Laurent: Avete lo cercato di grope a Utrecht sul pianoforte che era
nella stanza. Suzan ha registrato sul suo cellulare!
La religione
Laurent: A proposito di Beati, è tratto direttamente dalla Bibbia?
Paul: Sì, le Beatitudini. Non è intero, ma si basa sulle Beatitudini.
Laurent: La vostra fonte di ispirazione, è essenzialmente la Bibbia per
la Via Crucis? Esistono altre fonti di ispirazione?
Paul:
Ci sono U Sipolcru, che è stato ripreso e U cantu di l'acqua, che sono
le composizioni di Jean-Claude. Tutti gli altri creazioni sono basati
su testi liturgici.
Jean: Siete credenti, seguaci? Perché qui si ha il gruppo di
miscredenti!
Paul: Seguiamo la filosofia, cerchiamo di seguirla, ma tutto ciò che
dice ...
José:
La religione cattolica è parte della nostra cultura. Essa va oltre la
religione, ma ha i fondi, l'istruzione, anche inconsciamente. Abbiamo
vissuto lì.
Paul: Ci sono persone che, alla fine del concerto,
ci domandiamo: "A quale congregazione appartenete ? Siate probabilmente
molto religiosi." In realtà, la filosofia, ci aderiamo, ma sarebbe
stato lo stesso con un'altra religione : il respetto di l’Altro…
Jean, Paul et José
Il lavoro del gruppo
JC:
Avete cambiato il vostro modo di lavorare, compresi gli arrangiamenti
di canzoni? In un recente concerto, avete cantato U Lamentu di Ghjesù e
nuove composizioni. Ora trovo che c'è un abisso tra il tradizionale e
quello che fate ora. E 'diverso nel modo in ci si avvicina a loro?
José:
ti dico: che si tratti di una canzone che cantiamo da 20 o 30 anni, per
me non c'è differenza. Ogni nota è una battaglia permanente. Anche su
una canzone che abbiamo usato a cantare, se si rilascia un po ', spetta
al lato ....
JC: Io non parlo a livello sia l'espressione, piuttosto a livello
tecnico, del lavoro di ogni voce ...
José:
No, ed è stato lo stesso ad ogni volta : che sia su una nuova creazione
o su una canzone che viene cantata da 30 anni, se si lascia andare un
po ', se dici: "lo conosciamo", si puo’ sbagliare, anche quando non vi
è alcuna necessità tecnica. Ogni volta che è stato cosi’. Uno dei
nostri primi concerti di quest'anno a Calvi è stato disastroso. Perché
abbiamo detto, « queste canzoni, iniziano ad essere eseguito ??, e poi
no. Abbiamo cantato Sumiglia; è stato completamente stroppiato, perchè
bisogna sempre tornare al canto. Ecco perché le canzoni evolverono. I
Canti di Medea, il Dies irae, Benedictus, Treblinka saranno cantati in
modo diverso in 2-3 anni.
Paolo: E l'arrivo di un nuovo cantante ha cambiato la nostra tecnica.
José:
Avevamo l'abitudine di fare bordoni a tre, Jean, Max ed io. Quando è
arrivato Ceccè, la voce in più ci ha destabilizzati. Non riuscivamo più
a trovare il nostro equilibrio. Bisognava che questa voce si integra,
che prendiamo l'abitudine di cantare a quattro. Si cambia
completamente, è destabilizzante. Per un po 'di tempo, è una voce che
viene in più e dobbiamo abituarci ad essa.
JC: Inoltre, vi
conosciavamo meno a questo momento, ma quando Jean-Luc è venuto, penso
che ha dovuto cambiare il posto di Paul nel gruppo?
José: Francamente, non credo tanto.
Jean
Paul è rimasto praticamente l'unica voce alta. Cantava poco in seconda,
soprattutto in terza, e ci è rimasto. E’ la voce di Paul la voce la più
alta, e di volta in volta Jean-Claude, non Jean-Luc. Jean-Luc canta più
in seconda.
José: Paul, l'arrivo di Jean Luc t’hà sconvolto?
JC: No, non ho detto sconvolto, ma cambiato il tuo modo di piazzarti?
Paolo: Sì, l'arrivo di Jean-Luc ha profondamente cambiato il mio modo
di cantare.
JC: Ah!
José: Abbiamo riposto l'opposto!
John: Non il suo posto, il suo modo di cantare.
JC:
Va detto che, all’epoca, si sapeva molto di meno, e le registrazioni
sono state meno cercate, inoltre, è stato più difficile individuare le
voci ....
José: E 'in relazione alla scrittura. Quando si
dispone di sette voci senza voce leader, come in Dies irae o
Benedictus, naturalmente, a un certo punto, si sente tutte le voci.
J Paul: E anche, per forza di ascoltare con più attenzione a ciascuna
voce.
Paul: E noi non cantavamo tutti allo stesso tempo, raddoppiavamo i
bassi.
José: I voci si mescolavano, è molto in forma scritta
AM: In che cosa hai cambiato il tuo modo?
Paul: La mia voce s’è stata perfezionata. Se prendo le registrazioni
fin’a Passione, è un modo diverso di mettere la mia voce.
Jose: Questo non è legato all'arrivo di Jean-Luc.
Giovanni: Questo è legato al lavoro.
Paolo: E anche il suo modo di cantare m’ha influenzato.
Jean: Jean-Luc ha una bella voce, ma ha preso un po 'di tempo prima di
trovare il suo posto, più di Ceccè.
José: E 'lui che ha la più bella voce del gruppo, ma ha avuto problemi
a trovare il suo posto.
Giovanni:
Eravamo i cinque che eramo li’ tutto il tempo e, quando Jean-Luc
cantava, si senteva Jean Luc e gli altri. Era palese. Ha davvero molto
tempo per realizzare la coesione.
José: È maturo, ci vuole tempo.
Giovanni: E 'che ci hanno fatto un sacco!
José:
Particolarmente Paul. Paul ha una bella voce e dico sempre che se
avessi una voce come la sua, vorrei fare una carriera da solista.
José
: Ça se produit parfois, on ne dit rien, mais on sent que ça ne va pas,
il faut en parler, on s’engueule, on remet tout à plat et ça repart. Il
faut en passer par là.
JC: Tutti voi. Inoltre, si intende a ciascuno di voi in Si Di Me.
Jose: Ci sono voci più o meno belle, per potere cantare da solo.
Jean-Luc e Paul hanno una bella voce, gli altri ...
JC: Ma sì! Perché i nostri amici hanno scelto di chiamarsi "Tra noi",
secondo te?
José:
Si sottolinea l'atto di cantare insieme, di trovare un equilibrio tra
di noi. Vi è mai assunto qualcuno perché aveva una bella voce. Questo
non è mai stato un criterio di assunzione.
JC: E’ accaduto il contrario, giusto? Alcuni si sono spinti anche se
avevano una bella voce!
José: esatto.
Paull:
Anche se siamo in ottime condizioni, ma non hanno riuscito a fondersi
nel gruppo, a trovare il loro posto. Essi si sentivano.
José: E
'dura la vita di coppia, e la vita di gruppo con gli altri 6, è
moltiplicato per 7! Ognuno ha il proprio modo di vedere le cose, la sua
personalità, si gioca con poco ...
Laurent: Come succede quando si prova in disaccordo?
José:
Succede a volte, non dice nulla, ma riteniamo che non funziona, è
importante parlarne s'engueule mette tutto piatto e defunti. Si deve
passare attraverso essa.
José, Suzan et Jean-Claude
Cuntrastu
Laurent:
Su Cuntrastu, perché avete scelto solo la voce di Jean-Luc e
non
Jean-Luc con un'altra voce per rafforzare l'interazione tra l'uomo e la
donna?
jeani: ne abbiamo parlato tra noi della possibilità di
farlo, o con Paul o con Jean-Claude, e abbiamo abbandonato l'idea. Non
avevamo molto tempo, ed è sembrato più opportuno lasciare la voce di
Jean Luc come un primo passo, ma ci abbiamo pensato.
José: E, Jean Luc realmente immersi in là, è stato il migliore.
Giovanni:
La prossima volta ... E 'vero che la canzone si presta bene, non
sarebbe scontento, sarebbe stato interessante. Questo sarà un altro CD.
Inizialmente ci dovrebbe essere solo una monodia, e quindi abbiamo
deciso di mettere due, ci sono state prese dal tempo. Ma è qualcosa da
ricordare.
Tradizione e la creazione
JC: Avete
considerato un giorno per un concerto, di cantare solo creazioni e di
non cantare un solo canto tradizionale, o tenete a mantenere il legame
con la tradizione?
José: Non ne siamo lontani. Se rimuovi la paghjella e la monodia, ci
siamo!
jean: Non ci pensamo veramente, ma non ci sono tabù.
Paul:
Non volevamo farlo, non vogliamo togliere i canti tradizionali, perché
sono necessari. Essi hanno il loro interesse, è un po 'come una
introduzione, per mostrare da dove siamo e dove si desidera andare.
jean:
E alcuni dei nostri brani che risalgono sono quasi tradizionali.
Inoltre, alcuni brani considerati tradizionali, come la messa di
Sermanu, non sono così vecchi. Il Tantum Ergo è stato composto nel
1957. Oggi fa parte della tradizione. La linea dura si domanda come
tale. E questa è la tradizione, qualcosa che continua, che sta
cambiando.
Lawrence: Ultima domanda sul Bracanà: Treblinka. Quando è nato il testo
di Jean-Yves?
Paolo: non credo che sia molto vecchio.
Les projets
JC : Il faudrait revenir sur chaque chant, mais venons-en à
vos projets.
Jean, Paul et José : Valérie !
Valérie : Vous ne les connaissez pas, vos projets ?
Jean : Demain, on chante avec Daniele di Bonaventura, deux ou trois
chants qu’on a déjà faits avec lui pour Culomba.
JC : Quelque chose de prévu avec Paolo Fresu ?
José : Un projet différent de ce qu’on a déjà fait, une création
commune avec lui et Daniele, au printemps prochain.
JC : Personnellement je trouve qu’il y a des choses qui fonctionnent
très bien, d’autres un peu moins.
Jean : Par exemple ?
JC
: Liberata, j’en ai un très grand souvenir, Himalaya, Le Lac, aussi.
Rex, par contre, le mélange est plus difficile. Les avis étaient
partagés dans le public. Il y a aussi le fait qu’on est tellement
habitués à entendre vos chants a cappella que les entendre avec
instruments c’est presque un sacrilège…
Danyèl Waro ?
Paul :
Ce sera une rencontre, pas une création. Jean-Claude a travaillé sur
les arrangements de 5 chants, lui deux ou trois chants.
JC : On devrait le voir aux Rencontres puis à Montreuil ?
Paul : Oui. On souhaite aussi enregistrer rapidement le Requiem pour le
sortir l’an prochain.
i Progetti
JC: Bisognerebbe fermarsi ad ogni canzone, ma cerchiamo di ottenere i
vostri progetti.
jean, Paolo e Jose: Valérie!
Valerie: Non conoscete i vostri piani?
Giovanni: Domani, cantiamo con Daniele di Bonaventura, due o tre
canzoni che abbiamo già fatto con lui per Culomba.
JC: Qualcosa con Paolo Fresu è previsto?
José: un progetto diverso da quello che era già una realizzazione in
comune con lui e Daniele, la prossima primavera.
JC: Personalmente penso che ci sono cose che funzionano molto bene,
altri meno.
Giovanni: Per esempio?
JC:
Liberata, ho un grande ricordo, Himalaya, Le Lac, troppo. Rex, per
contro, la miscela è più difficile. I pareri sono divisi fra il
pubblico. E 'anche il fatto che siamo così abituati a sentire le vostre
canzoni a cappella che udirle con strumenti è quasi un sacrilegio ...
Danyel Waro?
Paolo: Sarà un incontro, non una creazione. Jean-Claude ha lavorato
sulle modalità di 5 canzoni, un paio o tre canzoni.
JC: Si dovrebbe quindi vedere la riunione di Montreuil?
Paolo: Sì. Si vuole anche salvare il Requiem per il rilascio del
prossimo anno.
JC : Actuellement, vous travaillez sur de nouvelles créations ?
Paul
: Non. Il y a un projet embryonnaire sur La Grammaire de l'imagination,
encore rien de précis. Ce sera peut-être une grosse surprise.
Jean
: Pour le moment, on a un certain nombre de choses à fixer, à
stabiliser, donc pour le moment pas de nouvelles créations. Mais il y a
aura le travail avec Paolo Fresu, qui va demander un gros travail de
création à Jean-Claude. C’est prévu pour le printemps prochain, donc il
faut y songer maintenant.
JC : Et le travail sur les textes de Ghjuvan-Teramu Rocchi ?
Paul : Oui, c’était une éventualité, mais il n’y a rien de concret pour
l’instant.
Il
y a tellement de choses... Déjà, il faut amener à terme nos projets et
faire vivre ce répertoire. C’est comme le Requiem : c’est difficile de
faire vivre ce répertoire, de lui donner un prolongement, de le faire
tourner, c’est hyper compliqué. Avec Danyel Waro, on fera peut être
deux concerts avec lui et ça va s’arrêter là. Ou alors il aura envie de
continuer, il y aura un prolongement.
Jean : Mais ça va nécessiter moins de travail. C’est plus léger.
Un "live" ?
JC
: Ce qu’on aimerait bien, c’est un live, un CD ou un DVD. De ce point
de vue, le dernier CD est très bien enregistré, c’est presque un live.
Mais souvent le disque, c’est plus froid que ne peut l’être un concert.
Vous y pensez ?
JC: In questo momento si sta lavorando su nuove creazioni?
Paolo:
Not. Vi è un progetto embrionale sulla grammatica della fantasia, ma
niente di specifico. Questa può essere una grande sorpresa.
Giovanni:
Finora, abbiamo un certo numero di cose da correggere, stabilizzare,
quindi per ora non nuove creazioni. Ma ci sarà lavorare con Paolo
Fresu, che richiederà un grande lavoro di creazione di Jean-Claude. E
'prevista per la prossima primavera, quindi deve essere considerato
ora.
JC: E il lavoro sui testi di Ghjuvan-Teramu Rocchi?
Paolo: Sì, è una possibilità, ma non c'è ancora niente di concreto.
Ci
sono così tante cose ... Già, è necessario portare avanti i nostri
progetti e vivere questa directory. E 'come Requiem: è difficile vivere
questa directory, dare una proroga del termine è super complicato. Con
Danyel Waro, ci saranno due concerti con lui e si ferma qui. Oppure si
vuole continuare, ci sarà una proroga.
Giovanni: Ma che richiedono meno lavoro. E 'più leggero.
Un "live"?
JC:
Cosa vorremmo è un live CD o DVD. Da questo punto di vista, l'ultimo CD
è molto ben registrato, è quasi vivi. Ma spesso il disco è più fredda
non può essere un concerto. Voi pensate?
Paul : C’est très
compliqué, ça demande de gros moyens, un ingénieur du son. L’acoustique
est différente selon qu’on est dans une salle ou une église, etc.
Jean : On a souvent évoqué ça sur un spectacle comme Médée.
Paul : Déjà, on est rarement satisfait de nos enregistrements
; alors, un live…
Jean : C’est figé. L’erreur, si elle y est, elle reste !
Laurent : Vous préférez chanter pour un public ou pour fixer
les choses sur un CD ?
Paul
: Les deux sont importants. Mais laisser une trace, ce n’est
pas
primordial, le plus important c’est d’aller à la rencontre du public.
C’est ça l’essentiel. Les musiciens classiques n’ont jamais enregistré…
On est souvent plus satisfaits des souvenirs de rencontres que des
disques.
Jean : Les CD, on les oublie vite. On les réécoute rarement.
JC : Les premiers, vous les réécoutez ?
Paul : Non !
Jean : Il y en a un, Una tarra ci hè, que je réécoute avec plaisir.
JC : Nous aussi, c’est un de nos préférés parmi les anciens.
Paul : On est toujours critiques, on n’arrive pas à écouter comme si
c’était un disque de quelqu’un d’autre.
JC : Justement, qu’est-ce que vous écoutez d’autre comme musique ?
Paul
: De tout. Tous les styles : variété, classique, rock, hard rock. Aussi
bien la variété d’il y a 20-30 ans que ce qui se fait maintenant, la
musique classique, les musiques du monde….
Paolo: E 'molto
complicato, che richiede grandi, un ingegnere del suono. Il suono è
diverso a seconda se ci si trova in una stanza o una chiesa, ecc.
Giovanni: E 'stato spesso detto che in una mostra, come Medea.
Paolo: Già, ci sono raramente soddisfatti con i nostri record, in modo
da vivere ...
Giovanni: Questo è stato risolto. L'errore, se lo è, rimane!
Lawrence: Volete cantare per un pubblico o per fissare le cose su un
CD?
Paolo:
Entrambi sono importanti. Ma lasciare una traccia, non è essenziale, la
cosa più importante è di andare al pubblico. Questo è essenziale.
Musicisti classici hanno sempre registrato ...
La gente tende ad essere più soddisfatti con i ricordi di incontri
dischi.
Giovanni: CD, sono rapidamente dimenticati. Essi raramente ascoltare.
JC: In primo luogo, si ascolta?
Paolo: No!
Giovanni: Non vi è uno, Una TARRA ci lui, ho ascoltato con piacere.
JC: Anche noi, è uno dei nostri preferiti tra i vecchi.
Paolo: E 'sempre critica, non è possibile ascoltare, come se si
trattasse di un disco da qualcun altro.
JC: Esattamente, che cosa ascoltare altra musica?
Paolo:
Tutto. Tutti gli stili: varietà, classica, rock, hard rock. Entrambe le
serie di 20-30 anni fa, che ciò che viene fatto adesso, musica
classica, musica del mondo ....
Jean : Moi, un peu la même
chose, moins de variété que Paul. De toute façon, en tournée on sait ce
qu’il écoute, il chante ! Il est assez éclectique dans ses choix.
Avant, j’écoutais beaucoup de musique traditionnelle dite ethnique,
maintenant plus de classique J’ai eu ma phase hard rock aussi, mon fils
en joue, j’aime beaucoup le rock. On est ouvert à toutes les musiques.
JC : Et le jazz ?
Jean : Il y a très peu d’amateurs de jazz dans le groupe
José : Je ne suis pas très fan...
JC : Et pourtant dans votre phrasé vous avez quelque chose du jazz.
Jean : J’écoute quelques groupes vocaux
José
: Mon seul concert de jazz que j’ai apprécié, c’est pendant notre
deuxième séjour en Géorgie, on avait vu Michel Petrucciani, et là je
m’étais régalé.
Jean : Cela ne fait pas partie de notre univers.
Et pourtant une de nos premières collaborations avec d’autres artistes,
c’était avec Jean-Louis Longnon. Peut être qu’on ne connaît pas assez,
c’est dommage.
JC : Alors, votre rencontre avec Jaume et Fresu a dû être un choc ?
José : Non, ça s’est fait naturellement, sans aucune difficulté.
Jean
: Il y a eu le choc, mais dans le bon sens du terme : le choc du
plaisir de la rencontre, pas le choc de styles qui se
confrontaient. Il n’y a pas eu confrontation.
Effectivement, il y
a peut être quelque chose à chercher. Apparemment, ça se fait sans
qu’on l’ait cherché, mais ça s’est fait naturellement, de façon
complètement naturelle avec Paolo Fresu et Daniele di Bonaventura, qui
n’est pas un jazzman mais qui en joue.
AM : Rien avec Bruno Coulais ?
Paul : Non, rien de précis pour le moment.
AM : Et au théâtre avec Orlando ?
Jean : Une reprise de la Médée que vous aviez vue à l’Oratoire. Un
petit projet Interreg, ça plaît à Valérie !
Giovanni:
Io, lo stesso, in una minore varietà di Paolo. In ogni caso, il tour si
conosce ciò che ascolta, canta! E 'piuttosto eclettico nelle sue
scelte. Prima ho ascoltato molti cosiddetti tradizionali di musica
etnica, classica fase più ho avuto la mia roccia dura troppo, mio
figlio gioca, mi piace il rock. Si è aperto a tutta la musica.
JC: E il jazz?
Giovanni: Ci sono pochi gli appassionati di jazz del gruppo
José: io non sono molto fan ...
JC: E ancora nel suo fraseggio avete qualcosa al jazz.
Giovanni: Ho ascoltare alcuni gruppi vocali
José:
Il mio unico concerto jazz che mi sono divertito, è stato durante il
nostro secondo soggiorno in Georgia, abbiamo visto Michel Petrucciani,
e io mi sono divertito.
Giovanni: Questo non è parte del nostro
universo. Ma una delle nostre prime collaborazioni con altri artisti,
si è con Jean-Louis Longnon. Forse non si conosce abbastanza, è un vero
peccato.
JC: Allora, il vostro incontro con Jaume Fresu e doveva essere uno
shock?
José: No, è stato, naturalmente, senza alcuna difficoltà.
Giovanni:
Si è scossa, ma nel senso del termine: lo choc del piacere di
incontrare, non lo scontro di stili che si trovano di fronte. Non c'è
stato confronto.
Infatti, ci può essere qualcosa da cercare.
Apparentemente, non è che egli aveva cercato, ma è stato, naturalmente,
completamente naturale, con Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura, che
non è un Jazzman, ma che svolge.
AM: Nulla con Bruno Coulais?
Paolo: No, nulla di specifico ancora.
AM: E il teatro con Orlando?
Giovanni: Un replay della Medea che si visualizza in Oratorio. Un
piccolo progetto Interreg piace Valérie!
La Corse et sa musique
Suzan : Quel genre de musique écouter pour découvrir la Corse ?
(Paul, Jean et José éclatent de rire)
Paul
: Pas la peine de se polluer les oreilles avec de la musique :
regarder, écouter, sentir…. Après, ça suscitera peut-être certaines
émotions, ça donnera peut être envie d’écouter de la musique.
Jean
: Tu t'attendais à ce qu’on parle de musiques autres que celles d’A
Filetta ? C’est difficile ! Paul : L'autre jour, ma fille écoutait
Thomas Dutronc, elle disait : « ce n’est pas un disque corse, mais
c’est un bon disque pour découvrir la Corse »
Jean : J’aime bien Ange Lanzalavi, une bonne musique.
José : Il y a les frères Vincenti.
Jean
: C’est plus pour des Corses, mais pour quelqu’un qui vient pour
découvrir la Corse…. C’est très beau, mais… Non, je crois que c’est A
Filetta ! (rires) Tous les groupes apportent quelque chose. I Muvrini,
Canta u Populu Corsu, certains groupes de polyphonie…
La Corsica e la sua musica
Suzan: Che tipo di musica da ascoltare per scoprire la Corsica?
(Paolo, Giovanni e José scoppiare a ridere)
Paolo:
Non c'è bisogno di inquinare le orecchie con la musica: guardare,
ascoltare, sentire .... Dopo di che, potrebbe suscitare qualche
emozione, è ansioso di ascoltare la musica.
Giovanni: ci si
aspetta di parlare di ciò che la musica diverso da A Filetta? E
'difficile! Paolo: L'altro giorno mia figlia è stato l'ascolto di
Thomas Dutronc, ha detto: "Questo non è un disco corse, ma è un buon
disco per scoprire la Corsica"
Giovanni: Mi piace Angel Lanzalavi, buona musica.
José: Ci sono i fratelli Vincenti.
Giovanni:
E 'di corsi, ma per qualcuno che viene a scoprire la Corsica .... E
'molto bello, ma ... No, credo che sia una rete! (ride) Tutti i gruppi
di portare qualcosa. I Muvrini, Canta u Populu Corsu alcuni gruppi di
polifonia ...
Laurent, Joëlle, Jean-Paul et Jean
L'écriture
Laurent : Jean-Claude encourageait les autres membres à écrire. Où en
êtes-vous ?
Paul : J’essaie d’apprendre l’alphabet, j’ai commencé le
coloriage !
José : On n’ose pas se lancer.
Jean : José a écrit quelques pièces sur ordinateur.
José : Non, je n’ose pas.
Jean : C’est dommage, il a des compétences.
José : J'avais composé pour Sonnii zitellini
Les musiques de films
J-P : Et Max and Co ?
José
: Il est sorti, mais on intervient très peu. Comme souvent avec la
musique de film, on enregistre beaucoup et il y a beaucoup de
coupes. Le film est sorti en même temps qu’Asterix, et je ne
sais
pas si ça a marché.
JC : En tout cas il paraît qu’il y a un passage hilarant…
José : Ah oui !
JP : Marco Polo n’a jamais été enregistré.
José : On faisait deux chants de Marco Polo en concert.
Jean : Ce fera peut être partie d’un disque
Paul : Et les chants de Vidocq. Il y a matière à faire un disque.
JC : J’aimerais bien que vous enregistriez Himalaya sans orchestre.
Laurent :A propos de Don Juan, vous avez vu le film ? Vous avez aimé ?
Jean : Oui.
Paul : Il y a des longueurs, c’est sûr.
José : C’était nouveau pour moi, la bande originale.
JC : Pour moi le film le plus réussi du point de vue de l'adéquation
entre la musique et l'image, c’est Himalaya.
José
: Sur Le peuple migrateur, il y avait beaucoup plus de musique, et ça a
été coupé. Le producteur a enlevé des tas de musique, ils ont eu peur
que la musique prenne le pas sur l’image.
Scrittura
Lawrence: Jean-Claude incoraggiato altri a scrivere. Dove ti trovi?
Paolo: Sto cercando di imparare l'alfabeto, ho iniziato a colorare!
José: non abbiamo il coraggio di gettare.
Jean: José ha scritto più pezzi sul computer.
José: No, non oso.
Giovanni: E 'una vergogna, che ha le competenze.
José: ho composto per Sonnii zitellini
Il film
J-P: E Max e Co?
José:
E 'venuto fuori, ma abbiamo parlato molto poco. Come spesso film con la
musica, vi è una partita e ci sono un sacco di tagli. Il film è stato
rilasciato contemporaneamente qu'Asterix, e non so se ha funzionato.
JC: In ogni caso, sembra che vi sia un passaggio hilarious ...
José: Yeah!
JP: Marco Polo, non è mai stato registrato.
José: Al momento di effettuare due canzoni da "Marco Polo" in concerto.
Giovanni: Questo farà parte di un disco
Paolo: E le canzoni di Vidocq. C'è materiale per un disco.
JC: vorrei che lei Himalaya registro senza l'orchestra.
Lorenzo: A proposito di Don Giovanni, hai visto il film? Ti è piaciuto?
Giovanni: Sì.
Paolo: Ci sono longueurs, sicuramente.
Jose: Si è nuovo per me, la colonna sonora.
JC: Per me il film di maggior successo in termini di abbinamento di
musica e immagine è Himalaya.
José:
Sulla migrazione di persone si è un po 'di più la musica, ed è stato
tagliato. Il produttore ha eliminato un sacco di musica, avevano paura
che la musica ha la precedenza sul l'immagine.
Conclusion
Laurent : Julien a une demande : pouvez vous chanter une chanson pour
lui ?
Julien, probablement le plus jeune fan d'A Filetta !
Et nos amis entonnent quelques couplets de Lettera à Mamma, pour le
plus grand plaisir de Julien et aussi le nôtre…
Paghjella a U Carubu (A Filetta)
envoyé par TraNoi
A lire également, le récit de notre visite au Carubbu sur le site de
nos amis de Tra Noi.
Jean-Claude Acquaviva
"Être plus que ce qu'on nous permet d'être"
("Corsica" de mai 2008)
À
Filetta est un miracle. En trente ans d’une carrière qui se plaît à
emprunter les chemins de traverse, la formation balanine a réussi le
tour de force de mêler succès public, reconnaissance critique et
excellence musicale, en Corse et ailleurs. Jean-Claude Acquaviva,
charismatique et intransigeant leader d’A Filetta, nous ouvre les
portes de ce groupe à nul autre pareil.
Conclusione
Lawrence: Julien è una domanda: si può cantare una canzone per lui?
Julien, probabilmente il più giovane fan di A Filetta!
Amici e cantare alcuni versi di Lettera a mamma, per la gioia di Julien
e anche la nostra ...
Paghjella una U Carubu (A Filetta)
inviato da TraNoi
Leggi anche la storia della nostra visita a Carubbu sul sito dei nostri
amici Tra Noi.
Jean-Claude Acquaviva
"Fatti di più di quello che abbiamo usato per essere"
( "Corsica" del maggio 2008)
A
Filetta è un miracolo. In trenta anni di una carriera che ama prendere
le vie attraverso la formazione balanine successo tour de force di
miscelazione successo di pubblico, critica e riconoscimento musicale
eccellenza, la Corsica e altrove. Jean-Claude Acquaviva, leader
carismatico e intransigente della filettatura, abbiamo aperto le porte
di questo gruppo come nessun altro.
Trente ans de carrière, ça se fête ?
On
s’est posé la question, on a réfléchi à un événement exceptionnel, un
concert où l’on aurait fait appel à tous ceux qui ont pris part, au fil
des décennies, à l’aventure d’A Filetta. Mais nous avons renoncé. Le
groupe est tellement pris par ses activités, on dépense une telle
énergie dans les projets en cours, qu’on n’aurait pas trouvé le temps
d’organiser tout ça dignement, et on ne voulait surtout pas proposer au
public quelque chose de bâclé. C’est un peu triste, certes, mais la vie
continue, et le groupe avance.
Trenta anni di carriera, per festeggiare qualcosa?
E
'stato chiesto, è stato considerato un evento eccezionale, un concerto
dove ci avrebbe fatto appello a tutti coloro che hanno preso parte, nel
corso dei decenni, con l'avventura di una rete. Ma abbiamo dovuto
rinunciare. Il gruppo era così preso dalla sua attività, quali
l'energia spesa in progetti in corso che potrebbero non aver trovato il
tempo di organizzare il tutto con dignità, e soprattutto non offrire al
pubblico qualcosa slapdash . E 'un po' triste, ma la vita va avanti, e
il gruppo anticipo.
Pas de bilan non plus, alors ?
Une
chose est sûre, ces trente ans sont passés à une vitesse incroyable. On
le dit souvent sur scène, sans démagogie, à aucun moment, on n’a le
sentiment que la routine s’est installée. Pour nous, chaque concert est
une aventure, voire une lutte. A Filetta est un peu dans la situation
d’un montagnard qui devrait gravir tous les sommets de la planète. Il y
en a toujours un autre à escalader. Nous sommes en permanence à la
recherche d’un équilibre qui semble perpétuellement accessible, mais se
dérobe encore et toujours.
Mais avec une carrière aussi riche, que reste-il à accomplir ?
Tout
reste à faire. J’aimerais par exemple développer un répertoire
philharmonique. On a aussi l’envie de monter un long métrage
d’animation pour les enfants. Et puis on veut continuer à partir à la
rencontre des musiques d’ailleurs. Si demain on nous appelle pour un
concert dans les temples d’Angkor ou au Groenland, on part sans
réfléchir. Repousser les limites, faire des choses dans des conditions
extravagantes, c’est toujours passionnant.
On a l’impression qu’il y a deux parties distinctes dans la carrière
d’A Filetta…
Effectivement.
Au début, on tournait, on faisait des disques, mais plus ou moins en
dilettante. En 1994, tout a changé. Devant les opportunités qui se
présentaient, conséquence de notre disponibilité, on a décidé de
devenir des professionnels tout en donnant libre cours à nos envies.
Ensuite tout est allé plus vite. Et lorsque je me penche sur notre
parcours depuis cette époque, je me dis qu’on a réalisé quelque chose
d’exceptionnel.
Non equilibrio sia, allora?
Una cosa è
certa, questi trent'anni sono passati ad una velocità incredibile. È
spesso in scena, senza demagogia, in nessun momento abbiamo la
sensazione che la routine è stato installato. Per noi, ogni concerto è
un avventura, anche una lotta. Una rete è un po 'nella situazione di
una montagna che dovrebbero salire tutte le vette del pianeta. C'è
sempre un altro a salire. Siamo sempre alla ricerca di un equilibrio
che sembra sempre accessibili, ma ruba.
Ma con una carriera così ricca che resta da fare?
Tutto
resta ancora da fare. I quali sviluppare una directory Filarmonica. E
'stato anche il desiderio di montare un film d'animazione per i
bambini. E poi vogliamo continuare a scoprire la musica al di là. Se
domani ci chiamano per un concerto in templi di Angkor in Groenlandia,
che è senza pensare. Superare i limiti, fare le cose in termini
stravagante, è sempre eccitante.
Sembra che ci sono due parti distinte: nella carriera di una rete ...
Sicuramente.
In un primo momento, si è rivelato, abbiamo fatto i record, ma più o
meno dilettante. Nel 1994, tutto è cambiato. Di fronte alle opportunità
che si presentano come una conseguenza della nostra disponibilità,
abbiamo deciso di diventare professionista e dando libero sfogo ai
nostri desideri. Poi tutto è andato più veloce. E quando io guardo al
nostro corso da allora penso che abbiamo realizzato qualcosa di unico.
Cet emballement vous a-t-il étonné ?
Je
pense que si l’on a duré autant, c’est qu’on n’a jamais rien planifié.
Aujourd’hui encore, je continue de ne pas me projeter dans le futur.
Tout est affaire de rencontres, de coups de cœur artistiques, de
sollicitations. Je n’ai aucune idée de ce qu’on fera dans deux ans. Un
plan de carrière nécessite des concessions, du calcul, la mise en place
d’une stratégie. Très peu pour moi.
Ce qui ne facilite pas les relations avec les maisons de disques…
On
a travaillé avec une dizaine de maisons de disques, ça a toujours
foiré. Je ne veux pas qu’on me dise « emprunte cette voie, tu toucheras
beaucoup de monde ». Si cela nécessite de faire une croix sur mes
convictions profondes, artistiques et humaines, pas question. Virgin,
la dernière en date, était prête à mettre de gros moyens sur nous, mais
voulait qu’on fasse des duos, avec Axelle Red ou Souchon. Il est hors
de question que j’aille voir Axelle Red en lui disant « viens chanter
avec moi, tu vas me faire vendre quelques disques en plus ». C’est
indigne ! Aujourd’hui on a presque du mal à trouver une maison de
disques, et paradoxalement, on fait le plein partout où l’on passe. Ce
qui nous convient très bien au final. Alors évidemment on n’a pas la
notoriété pour passer au 20 heures, mais on visite des pays
extraordinaires, on s’enrichit humainement, et ce sont des moments
d’émotion, de partage qui n’ont pas de prix, dans la vie d’un homme.
Questo entusiasmo ha sorpreso?
Credo
che se è durata, tuttavia, è che non abbiamo mai previsto nulla. Anche
oggi, ancora non mi aspetto in futuro. Si tratta di incontri, cuore
pulsante delle esigenze artistiche. Non ho idea di cosa siamo riusciti
a fare in due anni. Un piano di carriera richiede concessioni dal
calcolo, l'attuazione di una strategia. Molto poco per me.
Che cosa distingue i rapporti con i record ...
Abbiamo
lavorato con una dozzina di grandi imprese, che è sempre giusto. Non
voglio dire di me "che andare via, si tocca molte persone." Se si
richiede di fare una croce sul mio credenze, delle arti e delle scienze
umane, senza dubbio. Vergine, la più recente, è stato pronto a mettere
pesanti su di noi, ma volevo fare duetti con Axelle Red o Souchon. Non
c'è dubbio che vedo Axelle Red, dicendo: "Vieni con me cantare, hai
intenzione di vendere più di me a pochi dischi." E 'indegno! Oggi è
quasi difficile trovare una casa discografica, e paradossalmente, è
pieno, ovunque andiamo. Questo ci si adatta molto bene alla fine. Così,
ovviamente, non è stato conosciuto per passare a 20 ore, ma per
visitare lo straordinario paese è arricchito umana ed è momenti di
emozione, di condivisione che sono inestimabile nella vita un uomo.
A Filetta est à l’aise dans de nombreux styles musicaux. Y en a-t-il un
que vous privilégiez ?
Il
n’y a pas, pour moi, de musique plus ou moins noble. Il y a des
chansons de Léo Ferré qui sont des monuments. Mais rien n’est plus beau
que ne pas se cantonner à un format, ne pas se poser la question de
l’adhésion du public, de ne pas se demander s’il va s’ennuyer. Ce genre
de considérations, ça me gave. Il faut faire confiance au public. C’est
à force de lui donner des choses formatées qu’il finit par s’en
contenter. Je prends autant de plaisir à écrire une chanson de trois
minutes qu’un ch ? ur de vingt minutes ou un requiem. Mais comme la
tendance est à la musique courte, j’ai envie de faire le contraire.
Votre rigueur dans le travail, et dans vos prestations, vous ont
toujours démarqué du tout venant de la production insulaire.
En
la matière, en Corse, je pense qu’il y a confusion des genres.
L’ethno-musicologue italienne Giovanna Marini dit que le chant
populaire a au départ une fonction de rite, lors du labour, des
cérémonies mortuaires par exemple. C’est un langage qui accompagne les
moments de la vie. La scène, c’est autre chose. D’autant qu’il y a un
public en face qui a payé son entrée. Du coup, on n’est plus dans
l’instantané, dans le spontané. On est à la recherche d’une efficacité
artistique, notion dont le rite est totalement dénué. On est dans le
reflet du rite, mais plus dans le rite.
A Filetta è comodo in molti stili musicali. Y c'è uno che preferisci?
Vi
è, per me, la musica più o meno nobili. Ci sono canzoni di Léo Ferré
che sono monumenti. Ma niente è più bello che non si limita ad un
formato, non la questione del sostegno pubblico, non chiedo se sarà
annoiarsi. Tali considerazioni, che mi ha dato. Abbiamo bisogno di
fiducia del pubblico. E 'per forzare le cose che lui ha formattato da
fare. Prendo molto piacere di scrivere una canzone tre minuti a ch? ur
venti minuti o un requiem. Ma, come la tendenza è a corto di musica,
voglio fare il contrario.
Il tuo rigore nel lavoro, le prestazioni e la tua, hai sempre a tutta
la produzione di tutta l'isola.
Il
soggetto, in Corsica, penso che ci sia confusione di generi.
L'etno-musicologo italiano Giovanna Marini ha detto che la canzone era
in origine un rito nel corso del lavoro, cerimonie di sepoltura, per
esempio. È un linguaggio che accompagna i momenti della vita. La scena
è qualcosa di diverso. Soprattutto vi è un volto pubblico che ha pagato
la sua strada. Quindi, non siamo più nel istantanea, nella spontanea.
Siamo alla ricerca di un efficace concetto artistico, che è totalmente
privo di rito. Si tratta di una riflessione del rituale, ma di più nel
rito.
On vous fait parfois le reproche d’écrire dans une langue peu
accessible…
Et
moi je réponds qu’on ne comprend pas toujours tout chez Pessoa,
Mallarmé ou Aragon. Ce que je veux dire, c’est que chacun a ses codes,
une façon d’écrire, des choses qui résonnent en lui et qui sont très
puissantes. Je suis un amoureux de René Char, mais ce n’est pas
toujours facile à comprendre, ni même à cerner. Pourtant c’est une
langue fabuleuse, une explosion de couleurs et de sentiments. Moi-même,
lorsque je lis les poésies de Filippini, je suis admiratif, c’est
splendide et cela me touche d’autant plus que je suis loin de manier la
langue comme lui. Mais ce n’est pas pour cela que je suis un raté ou
que la langue que j’utilise n’est pas digne d’intérêt. Il me semble
qu’il faut impérativement distinguer le travail pédagogique et l’œuvre
artistique. L’artistique ne doit pas avoir un rôle pédagogique. On ne
peut se poser la question, en art, de savoir si l’on sera toujours
compris.
Autre caractéristique frappante, l’absence chez A Filetta de la
nostalgie qui anime une grande part des artistes corses…
La
nostalgie est une forme boiteuse de la mémoire. On extrait quelque
chose de son contexte, on ne veut retenir que ce qui nous semble bon.
Cela traduit une incapacité totale à demeurer dans le temps présent. Et
sur le plan du chant, c’est pareil. Avec ce risque de se figer, de
légitimer le danger qui pourrait résider dans toute forme d’ouverture.
Il est sain qu’il y ait des gens qui se posent en gardiens, mais cela
n’exclut pas qu’il existe d’autres qui bousculent la tradition. Je suis
triste lorsque j’entends des gens dire qu’il ne faut pas toucher à
quelque chose parce que nos anciens nous l’ont laissé comme cela. C’est
contraire à toute dynamique de vie.
È a volte accusato di scrivere in una lingua inaccessibile ...
E
dico che non include tutto quanto è in Pessoa, Mallarmé o Aragona.
Quello che voglio dire è che ognuno ha i suoi codici, il modo di
scrivere, le cose che risuonano in lui e sono molto potenti. Sono un
amante di René Char, ma non è sempre facile da capire, o anche da
definire. Eppure si tratta di un linguaggio meraviglioso, un'esplosione
di colori e sensazioni. Io, quando ho letto le poesie Filippini, mi
ammirando questa bella e mi tocca ancora di più che non maneggiare il
linguaggio come lui. Ma non è questo il motivo per cui io sono un
fallimento, o che io uso la lingua non è utile. Mi sembra che è
indispensabile per distinguere il lavoro di insegnamento e del lavoro
artistico. L'arte non ha un ruolo educativo. Non si può porre la
domanda, in arte, sia che si tratti sempre capito.
Un altro aspetto che colpisce, l'assenza di un filo di nostalgia che
spinge molto di artisti corso ...
Nostalgia
è una forma di cattiva memoria. Qualcosa è estratta dal suo contesto,
non conservano che ciò che sembra buono. Ciò riflette l'incapacità di
restare in questo momento. E in termini di cantare la stessa cosa. Con
il rischio di congelamento, di legittimare il pericolo potrebbe
trovarsi in qualsiasi forma di apertura. E 'salutare che ci sono
persone che si pongono come guardie, ma questo non esclude che vi siano
altre persone che disturbano la tradizione. Sono triste quando sento
dire "non toccare nulla perché i nostri predecessori ci hanno lasciato
così. Ciò è contrario a qualsiasi vita competenze.
Que pensez-vous de la profusion de chanteurs et de groupes corses ?
Il
ne faut surtout pas empêcher les gens qui veulent s’exprimer de le
faire. Pour autant, il y a un vrai problème, c’est que personne ne fait
de distinction qualitative entre les groupes. C’est un mauvais service
à rendre aux artistes que de mettre tout le monde sur le même plan. On
doit faire des choix, que ce soit les programmateurs radio et télé ou
les gens qui par leurs subventions alimente une grande partie de la
production. On ne peut pas dire en permanence que tout est bon parce
que si tout est bon, rien n’est bon. Nulle part cela ne fonctionne
comme ça. Ce n’est pas un discours élitiste. Je ne dis pas qu’il faut
éliminer les mauvais. Nos premiers disques musicalement étaient des
calamités. Et si on ne nous avait pas laissé le temps de progresser,
aujourd’hui sans doute, nous ne serions plus là. C’est pour cette
raison que lors du premier disque d’un groupe, il faut qu’il y ait des
gens qui donnent leur avis, sincèrement. C’est l’unique façon de
progresser.
En Corse, la critique n’existe donc pas ?
Soit
on ne dit pas grand-chose pour ne pas dire ce qui fâche, soit on tombe
dans le propos dithyrambique dès que l’artiste est un peu connu. C’est
d’autant plus gênant qu’on nous encense quand on fait une merde, mais
en revanche on assassine sans raison ce qui vient de l’extérieur. Moi,
je souffre lorsque je lis les comptes-rendus de journalistes qui sont
venus, ou pas d’ailleurs, à un spectacle, et qui font un commentaire où
ils se contentent de nous resservir le communiqué de presse. Je pense
qu’on gagnerait tous à un peu de sincérité et de critique, y compris
ceux qui seront critiqués à un moment ou à un autre.
Sébastien Bonifay
Che cosa pensa della ricchezza dei cantanti e gruppi di corsi?
Non
impedire alle persone che vogliono parlare di farlo. Tuttavia, vi è un
vero problema è che nessuno fa una distinzione qualitativa tra i
gruppi. Si tratta di un cattivo servizio a tutti gli artisti che
mettono sullo stesso piano. Dobbiamo fare delle scelte, se i
programmatori radiofonici e televisivi e le persone che con la loro
sovvenzioni alimenta gran parte della produzione. Non si può dire in
ogni momento che tutto è buono, perché se tutto ciò che è buono, nulla
di buono. Nowhere ha così. Questo non è un discorso elitario. Non sto
dicendo che dobbiamo eliminare il male. Le nostre prime registrazioni
sono state musicalmente calamità. E se noi non ci permettono ora di
andare avanti, forse oggi non è più lì. Questo è il motivo per cui al
primo record di un gruppo, non vi devono essere le persone che
forniscono il loro parere sinceramente. E 'l'unica strada da
percorrere.
In Corsica, non vi è alcuna critica?
O
non molto non vuol dire che in collera, o cadere nella rave su quando
l'artista non è noto. Questo è particolarmente fastidioso quando si
loda si prende una merda, ma d'altro canto omicidi senza ragione che
viene da fuori. Soffro quando leggo i conti di giornalisti che si sono
o meno, inoltre, a uno spettacolo, e fare un commento che ci
riutilizzati solo il comunicato stampa. Penso che siamo tutti un po 'di
guadagno candore e la critica, compresi quelli che saranno criticato in
una sola volta o in un altro.
Sébastien Bonifay
Jean-Claude Acquaviva
"Être ce que l'on défend et pas défendre ce que l'on est"
(Corse Matin du 2 février 2008)
Photo Pierre-Antoine Fournil pour Corse Matin
Comment votre répertoire a-t-il évolué en 30 ans ?
Notre
éclosion a été portée par le Riacquistu et le souci de propager des
choses issues de notre patrimoine qui se perdaient. Aujourd'hui, dans
une continuité naturelle, c'est à la création nourrie de toutes nos
rencontres que nous devons l'essentiel de notre répertoire.
Et de toutes ces rencontres, laquelle a été, disons, la plus marquante ?
La
Géorgie et le chœur de Tbilissi avec lequel nous avons multiplié les
échanges au début des années 90. Il y a deux chants géorgiens dans
notre nouvel album et, là-bas, des chants corses ont été enregistrés en
géorgien.
Ces fusions culturelles avec les autres galvanisent votre propre sens
créatif ?
Même
de façon inconsciente, une rencontre enrichissante et sincère laisse
des empreintes indélébiles et les influences affleurent nos mots, notre
musique, nos harmonies.
Que disent de vous les publics étrangers ?
L'accueil
est partout chaleureux car il n'existe pas de pays qui ne manifeste un
intérêt pour l'art vocal, en raison de sa dimension intemporelle, et ne
ressente une fascination pour le travail des voix. Ce mélange
d'enthousiasme et de curiosité est plus flagrant en Allemagne, en
Autriche ou en Scandinavie que dans les pays méditerranéens un peu
moins captifs à cette forme d'exotisme qu'on peut représenter ailleurs.
Come funziona la directory è cambiato in 30 anni?
Il
focolaio è stato portato dal Riacquistu e il desiderio di diffondere le
cose dal nostro patrimonio che si perde. Oggi, in una naturale
continuità di alimentazione per la creazione di tutte le nostre
riunioni che abbiamo la maggior parte del nostro repertorio.
E tutti questi incontri, che è stato, ad esempio, la più eclatante?
Tbilisi,
Georgia e coro con il quale abbiamo un aumento degli scambi nei primi
anni'90. Ci sono due canzoni georgiano nel nostro nuovo album e là, le
canzoni sono state registrate corso in Georgia.
Queste fusioni con altri culturale galvanizzare la propria creatività?
Anche
inconsciamente, un sincero e proficuo incontro lascia indelebili le
impressioni e le influenze affleurent nostre parole, la nostra musica,
le nostre armonie.
Che dire è un pubblico straniero?
L'accoglienza
è calda ovunque perché non vi è nessun paese che non manifestano un
interesse per l'arte vocale, a causa della sua dimensione senza tempo,
e non sentire un fascino per il lavoro votazione. Questa miscela di
entusiasmo e la curiosità è più evidente in Germania, Austria e
Scandinavia nei paesi del Mediterraneo un po 'meno vincolato a questa
forma di esotismo può essere visualizzata altrove.
L'ouverture prochaine en Corse d'un Centre d'art polyphonique ?
Sartène,
Pigna. Il faut à la fois des outils culturels et les moyens de les
faire fonctionner. Tout ce qui est de nature à désenclaver est une
excellente chose. Contrairement à ce que certains pensent, la
protection n'est pas la meilleure solution. Il ne faut pas défendre ce
que l'on est, mais être ce que l'on défend.
Même si le chant est devenu moins revendicatif, vous vous sentez
toujours politiquement investi ?
Paradoxalement,
t'éloigner de la chanson-tract te rend plus puissant dans le message
que tu veux délivrer. Le moyen d'exprimer le mieux ton amour
indéfectible pour la Corse, sa langue, sa littérature, sa poésie, c'est
de décomplexer ta musique, de la faire vivre au contact de celle des
autres. Mettre un terme à ce processsus de greffes est une posture
dangereuse qui conduit à sa propre sanctuarisation. Et un sanctuaire
exhale toujours un petit parfum de mort.
Votre sentiment sur l'énième crise que traverse la Corse ctuellement ?
Le
sentiment qu'on a la tête à l'envers. Il faut donnner à la Corse les
moyens de produire des Corses et ne pas s'entêter à croire que ce sont
les Corses qui font la Corse en ayant une idée statique de ce que nous
sommes. Les choses sont en perpétuel mouvement. Arrêter leur cours est
une illusion qui peut avoir des répercussions très graves sur le plan
éthique, comme l'exclusion.
Comment peut-on l'éviter ?
En
enracinant l'idée que tout progrès ne peut être la conséquence que du
travail, du respect, de la rigueur, de notre capacité de résister dans
l'intelligence, l'honnêteté et le dialogue. C'est l'histoire
universelle qui nous enseigne que rien ne se gagne par la force.
Propos recueillis par J.M. Raffaelli
L'apertura in Corsica uno polifoniche centro d'arte?
Sartène
Pigna. Abbiamo bisogno sia di strumenti culturali e le modalità per
farli funzionare. Tutto ciò che è probabile l'apertura è una buona
cosa. Contrariamente a quanto alcuni credono, la protezione non è la
soluzione migliore. Non dobbiamo riposare per ciò che siamo, ma ciò che
è l'acronimo di.
Anche se la canzone è diventata meno esigente, non si è ancora
politicamente investito?
Paradossalmente,
il brano tratto t'éloigner ti rende più forte il messaggio che si
desidera realizzare. Il modo migliore per esprimere la vostra
incrollabile amore per la Corsica, la lingua, la letteratura, la poesia
è décomplexé musica, far vivere il contatto con gli altri. Porre fine
alle code di trapianto è un pericoloso postura che porta al proprio
santuario. Un santuario e ancora emana un profumo di morte.
I vostri sentimenti su un'altra crisi in Corsica ctuellement?
Senti
che il rialzo. Abbiamo bisogno di Corsica donnne modi per produrre
corsi e non ostinato a credere che i corsi che la Corsica con una
statica idea di ciò che siamo. Le cose sono in continua evoluzione.
Stop loro corso è un'illusione che può avere gravi ripercussioni sulle
implicazioni etiche, come l'esclusione.
Come può essere evitato?
Percorsi
l'idea che il progresso non può essere il risultato di tale lavoro, il
rispetto, la disciplina, la nostra capacità di resistere in
intelligenza, l'onestà e il dialogo. Questo mondo è la storia ci
insegna che nulla può essere raggiunto con la forza.
Intervista di J. M. Raffaelli
Exclusif : L'interview réalisée par nos amis néerlandais de "Tra Noi"
Pour
présenter "Tra Noi", rien de mieux que de laisser la parole aux
principaux intéressés : Laurent, Suzan, Christina et Martijn.
"Nous
sommes deux couples d'amis : Laurent et Suzan Lohez et Christina et
Martijn La Feber. Nous vivons aux Pays-Bas. Laurent est un Français
expatrié. Tout comme vous, nous sommes fans d'A Filetta. (...) Très
vite, nous nous sommes aperçus que la plupart des informations
concernant A Filetta étaient uniquement en français. Afin de pallier
cette frustration, et plus encore pour permettre de faire découvrir A
Filetta aux Néerlandophones, nous avons décidé de leur consacrer un
site internet. Après avoir pris contact avec Sabine Grenard, et avec
son consentement, nous nous sommes mis à l´ouvrage."
Et TRA NOI (www.tra-noi.nl) est né le 7 octobre 2007 !
L'interview avec A Filetta réalisée le 16 decembre 2007
C'est
vendredi 16 decembre et Tra Noi assiste au concert d'A Filetta à
l'église St Pierre d'Utrecht. Pendant la tournée d'A Filetta aux
Pays-Bas, Laurent a l'honneur de lire en néerlandais les textes que
Jean-Claude Acquaviva dit en corse et en français pour introduire les
chants.
L'église est pleine, et les hommes arrivent. Tout est
silencieux, comme si nous ne pouvions plus respirer. Les premiers sons
tiennent leur promesse, c'est superbe. Ils chantent plusieurs chants
qui figureront sur le nouvel album de 2008, des chants de Medée, du
Requiem, des films Liberata et Himalaya l'enfance d'un chef.
L'acoustique est excellente, et le public est manifestement touché. A
Filetta a trouvé sa place. Après une ovation ils reviennent pour un
dernier chant.
Nous aidons Valèrie pour la vente de
CD, et c'est beau de voir l'enthousiasme du public et pour beaucoup un
CD n'est pas suffisant. Ce qu'il a entendu, il veut le retenir. Après
que le groupe ait discuté avec plusieurs fans, nous allons au
restaurant. Et là, sur la jolie place de l'église St Pierre, Suzan
demande à A Filetta de bien vouloir chanter "Sub Tuum". José et Maxime
qui marchaient en tête sont rappelés, il fait froid, les hommes se
mettent en cercle et sortent les oreilles du bonnet. C'est un moment
magique, là sur cette place, dans le froid, c'est sublime ! Quel cadeau
!
Esclusiva: intervista effettuata dai nostri amici olandesi di "Tra Noi"
Per
presentare "Tra Noi", niente di meglio che lasciare la parola ai
principali soggetti interessati: Lawrence, Susan, Christina e Martijn.
"Ci
sono due coppie di amici: Susan Lawrence e Christina Lohez e Martijn La
Feber. Noi viviamo nei Paesi Bassi. Laurent è un francese espatriati.
Come lei, ci sono tifosi di una rete. (...) Ben presto, ci siamo resi
conto che la maggior parte delle informazioni su A Filetta sono stati
solo in francese. Per evitare questa frustrazione, e di più per aiutare
a scoprire la Filetta olandese, abbiamo deciso di dedicare un sito web.
Dopo Sabine Grenard hanno contattato, e con il suo consenso, abbiamo
iniziato a lavorare ".
E TRA NOI (www.tra-noi.nl) è nato il 7 ottobre 2007!
Intervista con A Filetta completato il 16 dicembre 2007
E
'Venerdì 16 dicembre e Tra Noi Filetta frequenta un concerto a
Saint-Pierre d'Utrecht. Durante il tour Filetta Nei Paesi Bassi,
Lawrence ha l'onore di leggere testi in lingua olandese che Jean-Claude
Acquaviva detto in francese e la Corsica per introdurre i brani.
La
chiesa è piena, e gli uomini arrivano. Tutto è silenzio, come se non
poteva più respirare. I primi suoni a mantenere la promessa, è superba.
Essi cantano canzoni diverse che appaiono sul nuovo album 2008, canzoni
di Medea, il Requiem, filmati e Liberata Himalaya l'Enfance di un
cuoco. Il suono è eccellente, e il pubblico è ovviamente influenzata.
Thread trovato il suo posto. Una standing ovation dopo ritornare per un
ultimo brano.
Noi aiutiamo Valerie a vendere CD, ed
è bello vedere l'entusiasmo del pubblico e per molti un CD non è
sufficiente. Che cosa ha sentito, si vuole ricordare. Dopo che il
gruppo ha parlato con molti tifosi, andiamo al ristorante. E lì, sulla
bella piazza di San Pietro, Susan chiede gentilmente cantare A Filetta
"Sub tuum. Jose e Maxime piedi alla testa sono ricordato, è il freddo,
gli uomini messi in cerchio e lasciare il tappo le orecchie. Si tratta
di un momento magico, qui in questa piazza, al freddo, è sublime! Che
regalo
Après nous crions: "MANGER !" et nous nous
mettons en route. Maxime a le plan en main et nous guide, Paul et Ceccè
s'amusent et essayent de retenir les cyclistes qui passent, le reste du
groupe discute. L'ambiance est decontractée, ce fut un beau concert.
Au
restaurant nous commandons beaucoup de pizzas "A Filetta" avec une
bière et nous commençons l'interview. Laurent et Jean-Claude accoudés
l'un à l'autre entament la discussion. Les uns écoutent et les autres
discutent entre eux.
La première question est de Christina.
Cela concerne la juste traduction d'un texte (Christina retranscrit les
textes en poèsie neérlandaise.) Il s'agit du chant "Caracolu di brame"
d'Intantu. Jean-Claude s'asseoit et donne sa traduction. Pour lui
aussi, c'est difficile et il a recours à ses mains pour s'expliquer :
Jean-Claude
Acquaviva : Il est difficile à traduire. Ce texte est à l'origine ecrit
en corse, par mon frère Marcellu. Le corse est une langue tres imagée
et quand tu la traduis en français, tu perds quelquefois les effets
recherchés.
Tra Noi : Quels sont tes poètes préférés ?
JC : Borgès, René Char, Aragon et Primo Levi sont les poètes que je
cite le plus.
Au grand plaisir de Christina, Pessoa et Paul Eluard figurent aussi sur
la liste.
Tra Noi : La polyphonie est-elle reservée aux hommes ?
Dopo
gridiamo: "Mangia!" e ci sarà messo in moto. Maxime una cartina in mano
e ci guida, Paolo e Cecca giocare e cercare di ricordare i ciclisti che
trascorrono il resto del gruppo di discussione. L'atmosfera è
rilassata, è stato un bel concerto.
Nel ristorante abbiamo
per lotti di pizza "A Filetta" con una birra e iniziamo l'intervista.
Laurent e Jean-Claude pendente l'uno con l'altro iniziare la
discussione. Ascolta gli uni agli altri e discutere.
La
prima questione è Christina. Questo riguarda il diritto di traduzione
di un testo (Christina testi trascritti in olandese poesia.) Questo è
il brano "Caracolu di lastra" di Intantu. Jean-Claude si siede e dà la
sua traduzione. Anche per lui, è difficile e che usa le mani per
spiegare:
Jean-Claude Acquaviva: E 'difficile da tradurre.
Questo testo è scritto originariamente in corso, il mio fratello
Marcellu. Il corso di lingua è molto colorata e quando si traduce in
francese, a volte si perde l'effetto desiderato.
Tra Noi: Quali sono i tuoi poeti preferiti?
JC: Borges, René Char, Aragona e Primo Levi sono i poeti cito più.
Per la gioia di Christina, Pessoa e Paul Eluard sono sulla lista.
Tra Noi: La polifonia è riservato per gli uomini?
JC
: La polyphonie se pratiquait à l'époque des travaux dans les champs.
De fait, les hommes chantaient entre eux parce qu'ils travaillaient
entre eux. Il n'y a pas de polyphonie mixte parce que, esthétiquement,
son architecture est telle que si tu mêles des voix de tessitures
différentes, tu annules les effets harmoniques. Si tu fais chanter
ensemble des hommes et des femmes, ils ne chantent pas dans les mêmes
registres. Tu élargis donc les registres, le spectre et tu n'obtiens
plus du tout le même son. Naturellement les hommes chantaient ensemble,
les femmes chantaient ensemble mais pas en polyphonie, tout simplement
parce qu'il est difficile de trouver un espacement des voix suffisament
important. Généralement il est difficile de trouver soit des basses ou
des voix qui montent suffisamment. C'est un problème de tessiture. Si
les hommes et les femmes ne chantent pas ensemble, c'est donc lié à
l'organisation même de la société, une explication purement esthétique
et musicale. Cependant dans les 20 à 30 dernières années, il y a des
groupes d'hommes et de femmes qui ont composé mais à la fin ils ne
chantent pas de la même façon. Ce n'est pas une explication
scientifique mais ce sont des éléments suffisants qui peuvent justifier
pourquoi cela n'existe pas.
Tra Noi : Comment s'effectue la création d'un programme pour une
tournée? Qui décide d'inclure tel ou tel chant ?
JC
: Cela dépend de beaucoup de choses. On en discute ensemble. Très
souvent c'est lié aux nouveautés, à ce que l'on a envie de chanter, à
l'équilibre du programme. Pour donner un exemple concret, sur le
programme de la tournée Néerlandaise, on a intégré un certain nombre de
chants du nouvel album que l'on enregistrera en janvier. Cela permet de
les rôder mais aussi de les faire mûrir. De la création à la maturité,
il y a beaucoup de travail.
Tra Noi : Avez-vous des endroits préférés pour chanter ? Y a t-il une
salle où vous voudriez retourner ?
JC
: Pas spécialement. On aime beaucoup certaines acoustiques. Certaines
sont plus adaptées à ce que l'on fait. On n'aime pas trop les grandes
salles car notre chant est plus intimiste et on a besoin de le faire
porter par une sono puissante. Ce n'est plus en rapport avec ce que
l'on fait. On n'aime pas non plus chanter dans de grandes églises. Il y
a un son qui tourne et cela porte à confusion. Pour nous, la salle
idéale : c'est une église de 300 à 400 places, ou encore une petite
salle avec une bonne sono. A ce moment là, tu as une bonne relation
avec le public qui n'est pas altérée.
JC: La polifonia è
stato praticato al momento del lavoro nei campi. In realtà, gli uomini
sono stati il canto, perché ha lavorato con gli altri. Non vi è alcun
polifonia mista perché, esteticamente, la sua architettura è tale che
se la votazione Meles tessituras di diversi effetti di rimuovere
armoniche. Se si fa tutto il canto gli uomini e le donne, non cantare
nello stesso record. È pertanto ampliato registri, lo spettro e si
ottiene lo stesso a tutti i suoni. Naturalmente gli uomini cantavano
insieme, cantato insieme alle donne, ma non in polifonia, semplicemente
perché è difficile trovare uno spazio sufficiente di voti. In genere è
difficile trovare sia basso, oppure voci che si innalzano a
sufficienza. Si tratta di un problema della gamma. Se gli uomini e le
donne non cantare insieme, è quindi legata alla organizzazione della
società, una spiegazione puramente estetico e musicale. Ma all'interno
di 20 a 30 anni, vi sono gruppi di uomini e donne che hanno fatto, ma
alla fine non si cantano le stesse modalità. Questa non è una
spiegazione scientifica, ma è sufficiente la prova che possono
giustificare il motivo per cui essa non esiste.
Tra Noi: Come è la creazione di un programma per un tour? Chi ha deciso
di includere una determinata canzone?
JC:
Dipende da molte cose. Discutiamo insieme. Molto spesso è legata alle
nuove, che vogliamo cantare, il saldo del programma. Per dare un
esempio concreto, il programma del tour olandese, che ha incorporato un
certo numero di canzoni del nuovo album che abbiamo registrato nel mese
di gennaio. Ciò permette loro di muoversi, ma anche per farli maturare.
Dalla creazione alla maturità, c'è un sacco di lavoro.
Tra Noi: Avete luoghi preferiti a cantare? C'è una stanza in cui si
vorrebbe tornare?
JC:
Non particolarmente. Si ama alcuni acustico. Alcuni sono più adatte a
ciò che facciamo. Non ci piacciono le grandi sale, perché la nostra
voce è più intimo e abbiamo bisogno di concentrare un potente suono.
Questo è più in linea con ciò che facciamo. Noi non cantare nelle
grandi chiese. Vi è un suono che si trasforma, e questo è molto
fuorviante. Per noi, la camera ideale è una chiesa di 300 a 400 posti a
sedere, o una piccola stanza con un buon suono. A quel tempo, si ha un
buon rapporto con il pubblico che non è alterata.
Tra Noi :
Beaucoup de gens sont très attirés par A Filetta, son harmonie, sa
passion, sa superbe musique, ses textes. Pour moi (Suzan), vous êtes
sept anges. Ce que vous faîtes est bon pour le coeur, ça vous touche,
ça vous embrasse. Comment est-ce que d'être adulé et de pourtant rester
simple Corse ?
JC : Alors d'abord, ça nous fait plaisir
qu'elle ait cette vision de nous. Il faut qu'elle sache que cette
vision n'est, pour nous, en aucun cas, une volonté de construire cette
image. A ce propos, je citerais André Malraux : " L'homme n'est ni ange
ni bête. A vouloir faire l'ange, il fait la bête."
Ce qui
est important pour nous, c'est deux choses : Un, c'est d'être toujours
critique envers nous-mêmes. Le jour où l'on commencera à dire : " ce
que l'on fait c'est bien ", là, ça sera terminé. Ca veut dire que l'on
commencera à dégringoler. Notre démarche c'est la recherche perpétuelle
d'un équilibre que l'on sait que l'on n'atteindra jamais, mais
l'important c'est de le chercher. Deux : C'est de toujours rester
humble. Nous sommes pleinement conscients que sans celui qui nous
écoute, on n'est absolument rien. C'est une certitude. Parce que nous
avons un chant qui n'a de sens que pour être entendu. Nous sommes
intimement persuadés qu'un collectif, ça existe, qu'une façon de penser
les choses les uns avec les autres, les uns par les autres, les uns
face aux autres. C'est la façon dont fonctionne notre musique. C'est
cette image là, si tu veux, que nous sommes contents de montrer. Et
cela n'est possible que si tu as des gens qui nous ont suivis et qui
nous ont permis de vivre cette aventure de laquelle sont exclus le
rapport économique, le rapport hiérarchique. Et ça, dans notre monde
actuel, cela n'existe plus nulle part.
Quelquefois les gens
disent : " oui, mais le rapport économique, forcément que vous le vivez
puisque vous vendez des concerts, des disques... ". Je le reconnais.
Mais nous avons eu la chance de trouver un public qui nous suit et de
ne pas être obligés de faire de concessions sur le plan artistique.
Nous ne nous sommes jamais retrouvés dans une situation de dire : "
bon, allez, il faut qu'on s'arrange un peu, qu'on fasse un truc qui va
bien fonctionner. " Ce que l'on fait, on le fait. C'est difficile. Ce
n'est pas toujours facile à faire entendre, à faire écouter et pourtant
on a un public. Et c'est grâce à ce public, et parce qu'il y a des gens
comme vous, que l'on peut continuer. A partir de là, tu ne peux être
qu'humble.
Tra Noi: Molte persone sono molto attratti da
filettare, armonia, passione, grande musica, il testo. Per me (Susan),
vi sono sette angeli. Che cosa potete fare è buono per il cuore, tocca
a voi, vi abbraccia. Come è come essere adorato e ancora rimanere
semplice Corsica?
JC: Allora in primo luogo, siamo lieti
che abbia questa visione di noi. Lei deve sapere che questa visione è
per noi, in ogni caso, un desiderio di costruire questa immagine. Qui
cito André Malraux: «L'uomo non è né angelo né bestia. Cercando di fare
l'angelo, è la bestia."
Quello che è importante per noi è
di due cose: uno è quello di essere sempre critico nei confronti di noi
stessi. La giornata si cominceranno a dire: "quello che abbiamo fatto è
stato buono", allora è finito. Ciò significa che si comincerà a
piombino. Il nostro approccio è la ricerca di un equilibrio che
sappiamo non potrà mai raggiungere, ma la cosa più importante è quello
di scaricarlo. Due: E 'di rimanere umili. Siamo pienamente consapevoli
del fatto che nessuno che ci ascolta, non vi è assolutamente nulla. Si
tratta di una certezza. Perché abbiamo una canzone che ha senso solo di
essere ascoltati. Siamo fermamente convinti che un contratto
collettivo, non esiste, un modo di pensare le cose gli uni con gli
altri, gli uni contro gli altri, di fronte a vicenda. Ecco come la
nostra musica. Questa immagine è, se volete, siamo lieti di mostrare. E
questo è possibile solo se si hanno le persone che ci hanno sostenuto e
ci ha permesso di vivere questa avventura che sono esclusi per la
relazione economica, il rapporto di segnalazione. E che, nel mondo di
oggi, non esiste più da nessuna parte.
A volte la gente
dice: "Sì, ma la relazione economica, ovviamente, come si vive, perché
si stanno vendendo concerti, CD ...". Lo ammetto. Ma siamo stati
fortunati a trovare un pubblico che ci segue e non essere costretti a
fare concessioni sulla artistico. Non abbiamo mai messo in una
posizione tale da poter dire: "Bene, va ', abbiamo organizzato un po',
fate qualcosa che funziona bene." Che cosa facciamo, lo facciamo . E
'difficile. Non è sempre facile da ascoltare, per ascoltare, eppure
abbiamo un pubblico. Ed è proprio grazie a questo pubblico, e perché ci
sono persone come te che si possa continuare. Da lì, non è possibile
qu'humble.
Tra Noi : A la fin de la dernière présentation
que fait Laurent, il annonce qu'il y aura la possibilité d'acheter des
CD à la fin du concert. Cela a fait beaucoup rire la salle. Comment
l'avez-vous vécu ?
JC : Hier déjà, les gens ont ri. On y a
repensé et on pense qu'ils ont du rire parce que cela venait à la suite
de la dernière introduction. Ca nous a aussi fait rire, tout
simplement. A ce propos, on a reçu cette année, à Calvi pour les
Rencontres, Giovanna Marini. Une chanteuse populaire italienne qui a
fait un travail fantastique sur les voix. C'est une dame qui a entre 65
et 70 ans. Elle fait ses concerts avec trois autres chanteuses. Pendant
les concerts, elle parle et amuse beaucoup le public. Et à la fin des
concerts, elle dit : " voilà, je vais vous expliquer. Nous, on fait des
CD et les maisons de production les fabriquent mais ne veulent pas les
vendre. Alors nos CD prennent la poussière, on est obligés de les
nettoyer. Alors pour ne plus avoir à le faire, on vend nos disques
nous-mêmes ". Et alors elle va dans les coulisses, revient avec des
cartons de CD, se met au-devant de la scène, et elle les vend. Son
agent dit que depuis qu'elle fait ça, elle vend des quantités de
disques incroyables. Nous, il est exclu qu'on fasse la même chose. On
n'oserait jamais le faire. On en rit beaucoup parce que sur cette
tournée, c'est la seule où l'on annonce que l'on vend des CD. Jamais,
jamais avant on ne l'avait fait. Pour en revenir à ta question, on en a
beaucoup ri mais cela ne nous a pas gêné.
Maxime : Tu disais : "
... l'altruisme, et le don de soi, ... il y a des disques à acheter à
la fin du concert." Et tout ça sur le même ton. C'était poétique !
(rires)
Tra Noi: Al termine della presentazione fatta da Lawrence,
egli annuncia che egli sarà in grado di acquistare i CD, alla fine del
concerto. Questo è stato molto ridere camera. Come sei venuto a vivere?
JC: già ieri, la gente si mise a ridere. E 'stato
ridisegnato e pensiamo che hanno a ridere, perché è venuto a seguito
degli ultimi introduzione. Ca ridere anche noi, semplicemente. A questo
proposito, abbiamo ricevuto questo anno, a Calvi per Incontro, Giovanna
Marini. Un popolare cantante italiano che ha svolto un ottimo lavoro
sulla voce. Questa è una signora che è tra i 65 ei 70 anni. Ha fatto il
suo concerto con altri tre cantanti. Durante i concerti, si parla e
divertire il pubblico molto. E alla fine di concerti, ha detto, "qui,
ti dico. Possiamo fare CD e produzione di case di produzione, ma non si
vuole vendere. CD Quindi, la nostra polvere, siamo obbligati a pulito.
Così, per non farlo, noi vendiamo i nostri dati noi stessi. " E poi si
va di nuovo dietro le quinte con scatole di CD, è nella parte anteriore
del palco, e si vende. Il suo agente ha detto che, dal momento che lei
ha fatto, si vende incredibile quantità di dischi. Noi, non è che
facciamo la stessa cosa. E non sarebbe mai farlo. Abbiamo riso molto,
perché in questo tour è l'unico in cui abbiamo annunciato che vendono
CD. Mai, mai prima abbiamo mai avuto. Per tornare alla tua domanda, si
rideva molto, ma questo non ha ostacolato.
Maxim: Lei ha detto:
"... l'altruismo e abnegazione, ... ci sono ad acquistare i dischi alla
fine del concerto." E tutto questo sullo stesso tono. E 'stato poetica!
(ride)
Suzan : C'était vraiment marrant, et ça a porté ses fruits.
Tra
Noi : Après bientôt trente ans d'existence, ressentez-vous quelquefois
que la passion s'amoindrit ? Que faites-vous pour raviver la flamme ?
JC
: Ecoute, honnêtement, nous n'avons pas l'impression que la passion
s'estompe. Sans doute cela arrivera un jour mais jusqu'ici nous ne
l'avons pas encore ressenti. Sans doute parce que l'on fait extrémement
de choses différentes. Ce qui est important, pour un groupe comme le
nôtre, c'est de ne pas avoir un plan de carrière. On est toujours resté
ouverts aux autres, sur leurs capacités à nous proposer des choses et
vice-versa. Cela nous fait avancer chaque fois, cela nous enrichit.
C'est ce qui s'est passé avec Bruno Coulais quand on a commencé à faire
de la musique de film. Depuis, nous en avons fait beaucoup. Nous avons
rencontré beaucoup de musiciens. C'est d'ailleurs avec l'un d'eux que
nous avons fait le Requiem. Nous avons présenté Bruno Coulais à Orlando
Furioso, metteur en scène napolitain, et depuis ils ont fait beaucoup
de choses ensemble. Ce n'est pas une fuite en avant, cela se fait très
naturellement. En fait, on a sans cesse un sentiment de nouveau,
d'inédit.
Tra Noi : Christina voudrait que Jean-Claude décrive A Filetta en un
mot.
JC
: Alors ... (Jean-Claude s'interrompt, réflèchit, rigole, veut
reprendre sa phrase mais Christina est stricte et lui dit "UN mot"). Un
mot... Ca veut dire que je bavarde trop...
Laurent : C'est
plutôt parce que nous avons beaucoup de questions et que si nous les
posons toutes, nous y sommes jusqu'au petit-déjeuner.
Suzan : Un mot pour décrire A Filetta, ce serait ...A Filetta ?
JC
: Ce sont DEUX mots. Un mot ...(Jean-Claude regarde très concentré), un
mot ... ce serait ... (nous rions), ce serait ... (nous rions à
nouveau), un mot qui doit ouvrir à d'autres choses, parce qu'un mot
c'est trop difficile. Je pense que, selon moi, il y a une chose
primordiale ...
(nous rions encore)
Susan: E 'stato veramente divertente, e che ha dato i suoi frutti.
Tra Noi: Dopo quasi trenta anni di esistenza, a volte sento che la
passione si è ridotto? Cosa fare per ravvivare la fiamma?
JC:
Guarda, onestamente, non abbiamo la sensazione che la passione si
affievolisce. Senza dubbio, si verificherà un giorno, ma finora non
abbiamo ancora sperimentato. Forse perché si tratta di cose molto
diverse. Quello che è importante per un gruppo come il nostro non è
quello di avere un piano di carriera. Si è sempre rimasto aperto agli
altri, la loro capacità di suggerire le cose e viceversa. Ci siamo
trasferiti ogni tempo, ci arricchisce. Questo è ciò che è accaduto con
Bruno Coulais, quando abbiamo iniziato a fare musica per film. Da
allora abbiamo fatto molto. Abbiamo incontrato molti musicisti. E
'stato con uno di loro che abbiamo fatto il Requiem. Abbiamo presentato
Bruno Coulais Orlando Furioso, regista napoletano, e dato che essi
hanno fatto molte cose insieme. Questo non è un volo prima, questo è
fatto molto, naturalmente. In realtà, si è costantemente un senso di
nuovo, inedito.
Tra Noi: Christina vuole Jean-Claude A Filetta descrivere in una sola
parola.
JC:
Allora ... (Jean-Claude si ferma, pensa, ride, vuole riprendere la sua
frase, ma Christina è rigoroso e ha dichiarato: "Una parola"). Una
parola ... Ciò significa che anche io chiacchieroni ...
Laurent: È piuttosto perché abbiamo molte domande e che, se noi siamo
in tutto calo fino a colazione.
Suzan: Una parola per descrivere filettare, sarebbe ... A Filetta?
JC:
Ecco due parole. Una parola ... (Jean-Claude sembra molto concentrato),
una parola ... questo sarebbe ... (si ride), che sarebbe ... (si ride
di nuovo), una parola che deve aprirsi ad altre cose, perché è una
parola troppo difficile. Credo che, a mio parere, vi è qualcosa di
importante ...
(abbiamo ancora ridere)
Christina : Non, UN mot !
JC : Un mot ... (nous rions), un mot, je dirais SINCERITE, parce que
c'est un mot qui couvre plusieurs aspects.
Suzan : Un mot n'est pas suffisant.
JC : (soulagé) voilà, absolument.
Tra Noi : Ce qui nous manque en tant que fans d'A Filetta c'est un DVD
Live. Est-ce dans les plans ?
JC
: On y a déjà pensé, mais pas spécifiquement pour un concert général.
Il y a un certain nombre de répertoires qui gagneraient à être
enregistrés live. Par exemple, les choeurs de Medée. On se dit
maintenant qu'on aurait dû le les faire en live et peut-être en DVD.
Parce que cela aurait eu une sincérité plus importante. Quand on a
enregistré Médée, on s'est focalisé sur un certain nombre de choses et
à l'arrivée on se rend compte que ce n'est pas l'essentiel. Et le CD ne
rend pas ce qu'il aurait pu donner en live. Pour revenir à ta question,
on y pense de plus en plus. On sait aussi que le CD, c'est quelque
chose de beaucoup plus froid. Dans notre façon de chanter, il y a des
choses qui parlent plus lorsque l'on écoute un disque. Mais on se pose
la question : Est-ce qu'avec un DVD, le concert est-il le même qu'en
concert ? Je n'en suis pas si persuadé.
Tra Noi : Sans aucune limite, quel serait le rêve le plus fou que vous
souhaiteriez réaliser ?
JC
: Je ne sais pas si je ferais un voeu pour A Filetta. Je ferais un voeu
pour la planète. Cela peut paraître prétentieux, mais je dis que le
voeu que je formulerais, c'est que notre façon de fonctionner en
groupe, dans la musique, puisse servir d'exemple. Ce que je veux dire,
c'est que j'aimerais voir dans notre société un respect mutuel mais
aussi une complémentarité, une solidarité... Qu'on ait besoin des uns
et des autres, que l'on soit les uns par les autres, que cette façon de
fonctionner puisse se retrouver ailleurs dans la société. C'est à mon
sens ce que l'on a de plus cher à donner.
Christina: Non una parola!
JC: Una parola ... (si ride), una parola, vorrei dire la sincerità,
perché è una parola che copre diversi aspetti.
Suzan: Una parola non è sufficiente.
JC: (esonerato), che è, assolutamente.
Tra Noi: Che cosa ci manca, come fan di A Filetta è un Live DVD. E 'nei
piani?
JC:
E 'già pensato, ma non specifica per un concerto generale. Ci sono un
certo numero di directory che possono essere registrati dal vivo. Ad
esempio, il coro della Medea. Diciamo che ora dobbiamo far vivere e
magari su DVD. Perché aveva una maggiore sincerità. Quando ci è stato
Medea, ci siamo concentrati su un certo numero di cose e finire vi
rendete conto che questo non è essenziale. E il CD non fare ciò che
egli avrebbe potuto vivere. Per tornare alla tua domanda, si pensa
sempre di più. Sappiamo anche che il CD è una cosa che è molto più
freddo. A nostro modo di cantare, ci sono cose che parlano di più
quando si ascolta un disco. Ma ci chiediamo: è questo un DVD, il
concerto è la stessa in concerto? Io non sono così convinto.
Tra Noi: Senza alcun limite, quale sarebbe il sogno più folle che si
desidera raggiungere?
JC:
Non so se ho il desiderio di una rete. Vorrei esprimere un desiderio
per il pianeta. Questo può sembrare pretenzioso, ma dico che spero che
questo approccio è che il nostro modo di lavorare in gruppo, nella
musica, può servire come un esempio. Quello che voglio dire è che io
vedo nella nostra società con il rispetto reciproco, ma anche una
complementarietà, la solidarietà ... Abbiamo bisogno di ogni altro, se
gli uni con gli altri, che questa funzione può essere trovato altrove
nella società. E 'il mio senso che abbiamo più a dare.
Tra Noi : Une question à propos du groupe en lui-même, sur sa
complémentarité, sa solidarité, comment l'expliques-tu ?
JC
: C'est tout simple. Si tu veux, A Filetta ne s'est pas constitué que
sur des éléments esthétiques, musicaux ou artistiques. La création du
groupe remonte à 1978. Petit à petit, les gens qui ont intégré le
groupe, sont des gens qui ont cotoyé pendant quelques temps le groupe.
Il y avait une sorte de période d'approche si l'on peut dire, et à un
moment donné ils ont intégré la structure. C'est-à-dire qu'ils ont fait
l'expérience de la proximité sentimentale et philosophique.
Du
groupe d'origine, il n'y a que Jean et moi. Après Paul est venu. Il
était au lycée avec moi, on se connaissait mais il ne chantait pas. Il
était lui-même ami d'un de mes amis d'ecole qui aimait chanter. Petit à
petit, il a intégré le groupe. On s'est trouvé des envies communes, le
fait de vouloir construire ensemble. Si tu prends les autres, c'est
exactement la même chose. José s'occupait avec l'un des fondateurs d'A
Filetta d'une école de chant à l'Île Rousse. Au bout d'un moment, il a
naturellement intégré le groupe. Maxime, c'est la même chose. Il
chantait beaucoup de messes, dans les confréries. Et à un moment donné,
il y a eu une sorte d'osmose qui s'est faite et il est entré dans le
groupe. Jean-Luc, c'est pareil. Quand il était tout petit, il venait à
des ateliers de chant. Il est venu chanter 2-3 fois avec nous pour
Passione, pour ce que l'on faisait à Calvi. Naturellement il a intégré
le groupe. Céccé, mon neveu, il y a la proximité familiale mais aussi
le fait qu'on a fait un concert à Calvi, où l'on avait intégré d'autres
chanteurs. Il a répété et chanté avec nous...
Entre temps
les pizzas, desserts et les cafés sont consommés, nous aimerions poser
nos questions jusqu'au petit-déjeuner, mais la realité veut que les
hommes partent demain pour Anvers, et vu qu'il est minuit nous nous
disons au revoir...
Propos reproduits avec l'aimable autorisation de Tra Noi.
Tra Noi: Una domanda sul gruppo stesso, sulla sua complementarità, la
solidarietà, come si fa a spiegare?
JC:
E 'così semplice. Se lo si desidera, filettare non ha dimostrato che su
questioni estetiche, musicali o artistiche. La creazione del gruppo
risale al 1978. A poco a poco, le persone che si sono uniti al gruppo,
sono persone che hanno un po 'di tempo per il gruppo cotoyé. Vi è stata
una sorta di periodo di approccio, per così dire, e ad un certo punto
hanno struttura integrata. Vale a dire che hanno vissuto emozionale e
filosofico nelle vicinanze.
Dal gruppo originario, solo Giovanni
e me. Dopo è venuto Paolo. Era a scuola con me, ma lui non sapeva
cantare. Era un mio amico di scuola gli amici che amava cantare. A poco
a poco, è entrato a far parte del gruppo. E 'stato il comune desiderio,
la voglia di costruire insieme. Se si prendono le altre, è esattamente
la stessa cosa. José trattare con uno dei fondatori di una scuola di
canto Filetta uno in Ile Rousse. Dopo un po 'di tempo, naturalmente, ha
aderito al gruppo. Maxime è la stessa cosa. Ha cantato un sacco di
Messe in confraternite. E a un certo punto, non vi è stata una sorta di
osmosi, che è stato fatto ed è entrato nel gruppo. Jean-Luc, c'est
pareil. Quando era poco, è venuto a cantare workshop. Egli è venuto a
cantare con noi 2-3 volte per passione, per quello che abbiamo fatto a
Calvi. Naturalmente, è entrato a far parte del gruppo. Cecca, mia
nipote, non vi è un parente stretto, ma anche il fatto abbiamo fatto un
concerto a Calvi, dove aveva inserito altri cantanti. Egli ha ripetuto
e cantato con noi ...
Nel frattempo, la pizza, dolci e
caffè sono consumati, vorremmo chiedere alle nostre domande fino a
colazione, ma la realtà è che gli uomini sono Parto domani per Anversa,
e dal momento che è mezzanotte, diciamo addio .. .
Chi riprodotto con permesso Tra Noi.
Entretien au Carubbu avec A Filetta
Ce
19 septembre 2006, A Filetta au grand complet nous reçoit dans la
cuisine du Carubbu. Jean-Luc et Ceccè sont aux fourneaux, et le groupe
(sans José, parti entre temps chercher son fils à l’école), déjeune
tout en répondant à nos questions.
Intervista con A Filetta a Carubbu
Questo
19 settembre 2006, in piena filettante ci accoglie in cucina di
Carubbu. Jean-Luc e Cecca sono i forni, e il gruppo (senza partito José
frattempo cercare suo figlio a scuola), il pranzo, mentre la risposta
alle nostre domande.
U Carubbu
La boîte à lettres d'A Filetta
Les XVIIIes Rencontres
L'invitu
(Pierre, Jean-Claude, Pascale et Anne Marie Casanova et Françoise
Coulomb) : Tout d’abord, quel bilan tire A Filetta de ces 18es
Rencontres qui viennent de s'achever, quel est votre sentiment sur leur
déroulement, et que souhaiteriez-vous éventuellement voir évoluer ?
Jean-Claude
Acquaviva : Il y a plein de choses à dire, on pourrait d’ailleurs les
uns et les autres dire des choses différentes. A mon avis, je pense que
ces Rencontres, au niveau de la programmation, ont été peut-être une
des meilleures éditions, dans la mesure où la programmation était très
cohérente. Nous avons quelques regrets évidemment, notamment sur le
final, sur le fait de ne pas avoir pu maintenir ce qui était prévu à
l’extérieur. On a aussi quelques doutes sur le concert de Bastia ; non
pas sur Faiz Ali Faiz, car c’était géant, mais à Bastia il y a un
problème d’adéquation.
L'invitu : Nous aussi, nous en avons parlé entre nous, nous avons le
même sentiment.
J.C.A.
: Le lieu n’est pas adapté, mais c’est le seul qui soit acceptable sur
Bastia. Le théâtre n’est pas utilisable, il est fermé à cette période
de l’année, en plus il va être fermé pour travaux. Cela va rendre les
choses encore plus difficiles, quand bien même on aurait eu envie
d’avoir le théâtre. Donc sur Bastia, on a quand même un doute sur la
façon dont ça se déroule.
Il XVIII Rencontres
Il
invitu (Pierre, Jean-Claude, e Anne Marie Pascale Casanova e Françoise
Coulomb): Prima di tutto, ciò che richiama questi Filetta Un 18es
Rencontres che appena concluso, che cosa sono le tue sensazioni sulle
loro prestazioni, e che si sarebbe forse vedere il cambiamento?
Jean-Claude
Acquaviva: Ci sono molte cose da dire, si potrebbe anche dire di loro
due cose diverse. A mio parere, credo che questi incontri, a livello
programmatico, è stata forse una delle migliori edizioni, dal momento
che la programmazione è stata molto coerente. Noi, ovviamente, avere
qualche rammarico, soprattutto nel finale, il fatto di non essere stato
in grado di mantenere ciò che è stato pianificato fuori. Ha anche
alcuni dubbi circa il concerto Bastia; non Faiz Ali Faiz, perché è
stato enorme, ma Bastia vi è un problema di adeguatezza.
Il invitu: Anche noi abbiamo parlato di noi, hanno la stessa
sensazione.
J.C.A.
: Il luogo non è adatto, ma è l'unico accettabile Bastia. Il teatro non
è utilizzabile, si è chiusa in questo periodo dell'anno, inoltre, sarà
chiuso per le riparazioni. Ciò renderà le cose ancora più difficili,
anche se avrebbe voluto il teatro. Quindi, a Bastia, si è ancora in
dubbio su come si svolge.
Jean-Claude Acquaviva répond aux questions de L'invitu
Sur
le reste, on en parlait encore ce matin entre nous, il y a quand même
un rééquilibrage à trouver entre la polyphonie et les voix. Cette
année, il y avait relativement peu de polyphonies, mais ça s’explique
par le fait que la polyphonie, en 18 éditions, je ne veux pas dire
qu’on a fait le tour, mais on a beaucoup programmé de choses, et on est
dans la difficulté chaque année de proposer des choses qui soient, je
ne veux pas dire inédites, mais nouvelles, qui amènent quelque chose.
On
avait déjà par le passé émis l’idée selon laquelle, au lieu d’avoir
cette préoccupation sur chaque année de faire des choses nouvelles, ce
serait bien que les Rencontres deviennent la vitrine de quelques
artistes qu’on pourrait suivre dans leur évolution, dans leur
trajectoire. Cela nous aurait permis de reprogrammer certains artistes.
Encore faut-il que ces artistes aient une trajectoire, c’est ça le
problème. Malheureusement, par exemple les Géorgiens sont venus 7 ou 8
fois, chaque fois ils ont donné le même répertoire. Et là on bloque
quelque part.
Donc, grosso modo la fréquentation est bonne, en
hausse, mis à part Bastia. La programmation sur le plan artistique me
semblait très cohérente, il y a eu de très belles choses, mais il y a
quand même ce déséquilibre polyphonies / voix solistes et il y a
également, mais justement ça passe par un meilleur équilibre
polyphonies/solistes, des choses à simplifier sur le plan technique :
ce qui serait bien, l’idéal, ce serait de programmer la Cathédrale et
l’Oratoire sans sonorisation, et qu’on fasse ce qui est à sonoriser en
extérieur. Et il faudrait qu’on ait un endroit où l’on puisse se
replier en cas d’intempéries, qui puisse accueillir un concert
sonorisé. Sinon, ce n’est pas jouable. C’est trop difficile, sur le
plan technique c’est lourd, c’est compliqué, parce qu’il faut faire les
balances, et quand on fait les balances plus personne ne fait rien
autour, etc.
Del resto, abbiamo parlato questa mattina di nuovo
tra noi c'è ancora un punto di equilibrio tra polifonia e voce. Questo
anno, vi è stato relativamente poco polifonia, ma è perché la
polifonia, in 18 edizioni, non sto dicendo che ha fatto il giro, ma con
un sacco di cose previste, e è in difficoltà di ogni anno, a proporre
le cose che sono, non mi riferisco di nuovo, ma quelli nuovi che
mettono qualcosa.
E 'stato già suggerito in passato che, invece
di avere questa preoccupazione, ogni anno a fare cose nuove, sarebbe
bello che le riunioni diventano la vetrina di alcuni artisti che hanno
potuto seguire nella loro evoluzione, nel loro percorso. Ciò avrebbe
permesso di rinegoziare alcuni artisti. È inoltre necessario che questi
artisti hanno una traccia, questo è il problema. Purtroppo, tali
georgiani è 7 o 8 volte, ogni volta che ha la stessa directory. E qui
che si blocca in qualche modo.
Quindi, circa la partecipazione è
buona, fino, al di là da Bastia. Programmazione nelle arti sembrato
molto coerente, non vi sono state molto belle cose, ma non vi è questo
squilibrio polifonie / solista e voce, ma solo attraverso un migliore
equilibrio polifonie / solisti, cose da semplificare il livello
tecnico: ciò che è buono, l'ideale sarebbe quello di programmare la
Cattedrale Oratorio e senza suono, e facciamo ciò che è suono
all'aperto. E sarebbe stato un luogo in cui è possibile ritiro in caso
di condizioni atmosferiche inclementi, che può ospitare un concerto il
sistema audio. Altrimenti non è riproducibile. E 'troppo difficile,
tecnicamente è pesante, è complicato, perché a fare le scale, e quando
il saldo è nessuno attorno a non fare nulla, ecc.
Et enfin,
dernière remarque : avec le recul, nous pensons que ce n’était pas une
bonne idée de programmer les extraits de Marco Polo dans le cadre du
final : c’était presque un spectacle de théâtre, une création. C’est
trop lourd, on n’a pas la tête à ça, on n’a pas le temps de travailler
dans des conditions de confort satisfaisantes, et ça nous a emboucané
la fin des Rencontres. Jusqu’au dernier moment, on fait, on ne fait
pas, on programme, on ne programme pas, on répète, on fait un filage
puis on ne le fait plus, on le fait mais on n’a pas le temps parce
qu’on ne fait pas les balances, parce que quand vous allez faire les
balances ça commence à l’Oratoire, etc.
Tout ça, c’est à repenser…
L'invitu : Mais c’est quand même lié à la météo ?
Absolument, il faut anticiper maintenant sur la météo.
L'invitu
: Effectivement, deux années de suite perturbées par les intempéries,
ça risque de se reproduire encore. Mais tout se recoupe :
s’il y
avait eu une salle…
Le problème, c’est ce qu’on disait ce
matin, c’est que le final des Rencontres, c’est avant tout, du moins en
grande partie, le site. Donc, effectivement, si on avait une salle en
dehors de la citadelle, le repli serait possible, mais c’est sûr que le
final ne serait plus le final qu’on a pensé. C’est la raison pour
laquelle il faut, soit penser un final dans le lieu, avec une solution
de repli qui soit en quelque sorte un pis-aller, ou alors il faut
repenser les choses en sacrifiant certaines choses, en disant « on fait
le final avec tel artiste, on sait que ce n’est pas faisable là haut,
on sait qu’on risque des problèmes d’intempéries", à ce moment là, on
le fait dans un lieu adapté. Mais ce n’est plus le final tel qu’on le
pensait.
E infine, ultimo punto: con il senno di poi, noi
riteniamo che questa non era una buona idea per il calendario estratti
da Marco Polo, sotto la finale: è stato quasi un teatro di produzione,
una creazione. E 'troppo pesante, non a testa, non c'è tempo per
lavorare in condizioni di buon comfort, ed è stato alla fine emboucané
Incontro. Fino all'ultimo momento, che facciamo, non lo faremo, il
programma, non è in grado di programmare, ripeto, vi è una filatura e
poi fare di più, ma sul fatto che non hanno tempo, perché non
equilibrio, perché quando si sta per equilibrio inizia a l'Oratorio,
ecc.
Tutto questo è a ripensare ...
Il invitu: Ma è ancora legata al meteo?
Certamente, ora dobbiamo anticipare il tempo.
Il
invitu: infatti, due anni in una fila colpite dalle intemperie,
potrebbe verificarsi nuovamente. Ma tutto è coperto, se ci fosse una
stanza ...
Il problema è quello che ha detto questa
mattina è che la riunione finale, che è al di sopra di tutti, almeno in
gran parte, il sito. Quindi, in realtà, se abbiamo avuto una stanza al
di fuori della cittadella, il calo sarebbe possibile, ma è certo che il
finale sarebbe quella finale pensiero. Questo è il motivo per cui
dobbiamo pensare sia un posto, con una soluzione di ripiego, che è una
sorta di ripiego, o abbiamo bisogno di ripensare le cose da sacrificare
alcune cose, dicendo: "è finale con questo artista, sappiamo che questo
non è fattibile lassù, sappiamo che il rischio di problemi di tempo, in
quel momento, lo facciamo in un posto adatto. Ma questo non è più
finale come pensavamo.
L'invitu : Pour nous, ce ne seraient
plus les Rencontres, parce que ça a du sens de tous vous revoir à la
fin, et à cet endroit là, tout est cohérent.
Il y a un problème de croissance, du fait que beaucoup de concerts
étaient saturés, le concert de Médée, des concerts de 18h…
L'invitu : Les concerts de 18 heures saturés, c’est nouveau ?
Pas
sur les groupes corses. Evidemment c’est bien que les groupes corses
aient de l’audience, qu’ils attirent du monde, mais ça traduit une
chose, c’est que le public d’ici ne suit pas beaucoup. Le public venant
de l’extérieur est intéressé par la polyphonie corse, ce qui est
légitime…
Mais pas que ça, c’est un apprentissage avec vous, une découverte…
Le
fait est que les concerts de chant corse ont toujours fait le plein,
les 18 h aussi, et ce n’est pas le cas de tous les spectacles. Ceci
dit, sur le plan de la fréquentation il n’y a pas grand chose à dire,
ça fonctionne, il y a une fidélisation, des gens qui reviennent, c’est
très bien.
Là, je vous donne vraiment des éléments de l’intérieur…
Qu'en pensent les artistes invités, quel retour avez-vous de leur part ?
C’est
variable : il y a des artistes qui arrivent et qui repartent vraiment
enrichis par les Rencontres, et puis il y en a qui arrivent et qui
passent un peu à travers. Cela arrive. Il y a des gens qui ne
comprennent pas forcément. Il y en a eu dans le passé, je pense que
cette année aussi, tout le monde n’a pas vécu les Rencontres de la même
façon. Il y a des gens qui se disent « bon, là je suis vraiment dans un
moment de communion », il y a quelque chose qui se passe, et il y a des
gens qui arrivent, qui participent et qui repartent, c’est tous les ans
comme ça.
Qui choisit les artistes ?
Cette année,
en grande partie c’est Valérie qui a fait la programmation. Pendant
longtemps on a toujours travaillé en écoutant les uns les autres. C’est
Jean-Témir* qui arrive en disant « j’ai eu un contact, il faut écouter
tel ou tel artiste », on se fait envoyer des disques, etc. Le problème,
c’est qu’à un moment donné il y a un problème de croissance des
activités, pas seulement des Rencontres, d’U Svegliu en général. Nous A
Filetta, sur les Rencontres nous jouons un peu le rôle d’accueil, mais
on n’a pas de rôle logistique…
Il invitu: Per noi, questo sarebbe
più riunioni, perché ha un significato nuovo a tutti voi, alla fine, e
in questo luogo esiste, tutto è coerente.
Vi è un problema crescente, come molti concerti sono saturi, le
prestazioni di Medea, concerti 18h ...
Il invitu: Concerti per 18 ore saturi, è di nuovo?
Non
per gruppi di corso. Ovviamente è che i gruppi sono corsi di udienza,
che attirano il mondo, ma che riflette una cosa da parte del pubblico
non molto. Il pubblico da fuori è interessata nel corso della
polifonia, che è legittimo ...
Ma non è che l'apprendimento con voi, una scoperta ...
Il
fatto è che il corso di canto concerti sono sempre state piene, anche
le 18 ore, e questo non è il caso per tutti gli spettacoli. Tuttavia,
in termini di partecipazione, non c'è molto da dire, funziona, non vi è
una lealtà, persone che ritornano, che è bene.
Ecco, io vi do reale oggetti all'interno ...
Che cosa gli ospiti artisti, come ha fatto a tornare da loro?
Esso
varia: ci sono artisti che vengono e lasciare davvero arricchiti da
Popolo, e poi ci sono quelli che vengono a trascorrere un po
'attraverso. Che succede. Ci sono persone che non lo fanno. Ci sono
stati in passato, credo che questo anno, non tutti hanno vissuto
personali nello stesso modo. Ci sono persone che dicono "Bene, sto
davvero in un momento di comunione," vi è qualcosa che accade, e ci
sono persone che, partecipando e ritorno è tutto l'anno quello.
Chi sceglie gli artisti?
Questo
anno, gran parte del quale è fatto Valérie programmazione. Per anni si
è sempre in ascolto gli uni agli altri. Jean-Temir * venuta a dire "ho
avuto un contatto, è necessario ascoltare un determinato artista, è
inviare dischi, ecc. Il problema è che a un certo punto vi è un
problema di crescita non solo delle Riunioni, U Svegliu in generale.
Filetta siamo sulla riunione che abbiamo appena svolgere il ruolo di
host, ma non ha alcun ruolo della logistica ...
* Jean-Témir Kerefoff est le président d'U Svegliu Calvese
Paul : On va chercher les artistes aussi…
JC
: Oui, pendant longtemps on l’a fait, mais on n’y arrive
plus, et
là cette année je dirais que la plus grosse partie de la programmation
c’est Valérie qui l’a faite, évidemment elle nous la soumet, mais le
travail de recherche, de repérage, c’est elle qui l’a fait. Sinon, ça
peut être quelque chose de collectif, on va se passer des
enregistrements…
Et Accentonic, quel est son rôle ?
Accentonic
n’est là que parce que A Filetta est là et parce qu’il y a des artistes
qui sont chez Accentonic, sinon Accentonic n’a pas un rôle dans les
Rencontres (*).
(*) Précision à la demande de Sabine :
Accentonic n’est aucunement le tourneur de Julia Sarr, il s’agit de Mad
Minute Music. Sabine Grenard est agent en free-lance (sous le régime
d’intemittent du spectacle) et en collaboration avec plusieurs agences
de tournées qui ont un rôle uniquement administratif (contrats, fiches
de paies). Ainsi A Filetta et Warsaw Village Band avec Accentonic.
(Jean-Claude n’a toujours pas mangé une bouchée de ses pâtes. Nous
décidons de solliciter un autre membre du groupe).
Le groupe
Ceccè,
comment s’est faite ton intégration dans le groupe, et comment vis-tu
la double appartenance avec U Fiatu Muntese, n’est-ce pas trop
difficile ?
Ceccè : Non, il a fallu que j’assure les
concerts d’U Fiatu de cet été, c’était logique, mais cela ne m’a pas
posé de difficultés.
Et l’intégration dans ce « vieux groupe de jeunes » ?
C : Avec que des vieux, on ne sait pas comment faire ! (rires)
Ce qui nous épate, c‘est que l’arrivée de quelqu’un soit naturelle...
Max : On le connaît depuis longtemps, déjà.
Oui,
vous l’avez jaugé, jugé… En tant que spectateurs, on a toujours la
crainte que quelque chose coince, mais c’est incroyable, on sent qu’il
y a une harmonie, une osmose qui se fait.
Paolo: E sarà per gli artisti ...
JC:
Sì, per lungo tempo abbiamo fatto, ma non vi era più, e allora questo
anno vorrei dire che la maggior parte della programmazione si è Valerie
che hanno fatto il corso ci sono, ma la ricerca di lavoro, il recupero,
che si è. In caso contrario, potrebbe essere qualcosa di collettivo, ci
permetterà di trascorrere un record ...
E Accentonic, qual è il suo ruolo?
Accentonic
è solo perché vi è una netta e perché ci sono artisti che sono al
Accentonic altrimenti Accentonic non ha alcun ruolo nelle riunioni (*).
(*) Precisione, su richiesta di Sabine: Accentonic non è il
tornitore Julia Sarr, questo è Mad Minute Musica. Sabine Grenard agente
è free-lance (o sotto intemittent mostra) e in collaborazione con
diverse agenzie di viaggio che hanno solo un ruolo amministrativo
(contratti, salari record). Quindi A e Filetta Varsavia Village Band
Accentonic.
(Jean-Claude non ha mangiato un boccone di pasta. Abbiamo deciso di
chiedere a un altro membro del gruppo).
Il gruppo
Cecca, come è stata la sua integrazione nel gruppo, e come si fa a
doppia adesione con U Fiatu Muntese, non è troppo difficile?
Cecca:
No, è stato necessario per assicurare che la U Fiatu concerti di questa
estate, è stato logico, ma non ha posto alcuna difficoltà.
E l'integrazione in questo "vecchio gruppo giovanile?
C: Con l'età, non sa come! (ride)
Che cosa ci ha stupito è che quando qualcuno è naturale ...
Max: Sappiamo di lui molto tempo fa.
Sì,
hai misurato, considerato ... Come uno spettatore, è sempre stato il
timore che qualcosa è inceppata, ma è incredibile, riteniamo che non vi
è un armonia, l'armonia che è.
J. C. : Je pense,
sans vouloir lui envoyer des fleurs, que c’est lié à son tempérament.
C’est quelqu’un qui est très vite à l’aise avec le monde, pas seulement
avec nous, même par rapport à sa génération, je le vois quand je suis à
Ile-Rousse avec lui, moi qui ai 20 ans de plus que lui, il est beaucoup
plus à l’aise que moi. Il a une facilité à être avec les autres, il
s’est très vite adapté avec nous. Ce n’est pas facile d’entrer dans un
groupe, surtout un groupe soudé depuis des décennies comme il l’est.
Sur le plan artistique, il n’a pas eu de difficulté particulières, sur
le plan de l’intégration il a été très vite à l’aise…
A part les chaussures marron !
Les chaussures marron à Nanterre ! (rires)
Parlons
un peu de la genèse du groupe. Quelles sont les racines musicales de
chacun ? Est-ce que dans vos familles il y avait une tradition du
chant, une tradition musicale ? Ou est-ce que vous êtes venus au chant
plus tard, par l’école ou en intégrant le groupe ?
C’est
très différent selon les individus. Il y en a qui sont issus de
familles ayant des traditions de chant : Jean-Luc a son père qui est
berger dans le Marzulinu et qui chante très bien, il a une voix
naturelle comme lui, tout petit il est là dedans.
J. C. : Penso
che, senza voler inviare fiori, che è legato al suo temperamento. È
qualcuno che è molto rapidamente a suo agio con il mondo, non solo con
noi, anche nella sua generazione, lo vedo quando sono in Ile Rousse con
lui, dal momento che ho 20 anni che egli è molto più confortevole
rispetto a me. E 'facile essere con gli altri, egli si è adattato molto
rapidamente con noi. Non è facile entrare in un gruppo, in particolare
ad un gruppo caratterizzato da decenni, come è. Il lato artistico, non
vi era alcuna particolare difficoltà, in termini di integrazione è
stato rapidamente a suo agio ...
Oltre alle scarpe marrone!
Brown scarpe a Nanterre! (ride)
Let's
talk un po 'circa la genesi del gruppo. Quali sono le radici musicali
di ciascuno? La vostra famiglia vi era una tradizione di canto, una
tradizione musicale? O è che si è venuto a cantare più tardi, dalla
scuola o integrando il gruppo?
Questo è molto diverso a
seconda del singolo individuo. Ci sono coloro che provengono da
famiglie con le tradizioni della canzone: Jean-Luc ha il suo padre, che
è il pastore in Marzulinu e canta molto bene, ha una voce naturale,
come lui, è molto piccola lì.
Les autres, non. Il y a des
influences différentes, certains sont venus au chant au moment du lycée
ou du collège par la polyphonie proprement dite, d’autres faisaient de
la musique. Cela a été très différent. Paul a commencé à chanter avec
nous quand on était ensemble au lycée. Il dit toujours que les premiers
temps il n’aimait pas du tout ce chant…
Paul : Quand
j’écoutais un disque de polyphonie, je zappais. Ca s’est fait tout à
fait pas hasard : je les écoutais dans mon fauteuil et à un moment
donné Jean-Claude m’a dit : « ça ne te dirait pas d’essayer de chanter
? »
Et tu as essayé...
Jean-Luc : S’il avait pu tenir sa langue ! (rires)
Paul : Il m’a proposé et je me suis accroché.
Tu ne chantais pas du tout avant ?
Paul : Non, je chantais comme ça, j’aimais bien la musique, mais c’est
tout.
JC
: On était au lycée ensemble. C’était une époque où tout le monde
apprenait à chanter. Il y a plein de gens qui ont appris à chanter, ils
ne sont pas tous devenus chanteurs. Mais on était à la récréation, on
chantait, chacun essayait d’apprendre. On était en train de travailler,
et lui il était là ; je lui ai dit « tu ne veux pas faire quelque chose
? Essaie !» A l’époque il était passionné de Polnareff, mais
la
polyphonie c’était pas son truc. Et après, une fois qu’il a commencé,
c’était lui qui était acharné. A la fin de chaque cours il venait nous
chercher pour qu’on fasse des répétitions.
Gli altri non lo fanno.
Ci sono diverse influenze, alcuni venuti a cantare a scuola o
attraverso la polifonia stessa, altri sono stati fare musica. Questo è
stato molto diverso. Paolo ha iniziato a cantare con noi quando eravamo
insieme in collegio. Lui dice sempre che la prima volta egli non piace
questa canzone a tutti i ...
Paolo: Quando ho ascoltato un
disco di polifonia, ho Zappas. Non è stato abbastanza casuale: ero nel
mio posto di ascolto e di Jean-Claude ha detto, "sembra che non provi a
cantare? "
E hai provato ...
Jean-Luc: Se fosse stato in grado di tenere la lingua! (ride)
Paolo: Egli mi ha offerto e sono collegati.
Se non a tutti prima di cantare?
Paolo: No, ho cantato come quella, mi piaceva la musica, ma questo è
tutto.
JC:
Siamo stati a scuola insieme. E 'stato un momento in cui tutti hanno
imparato a cantare. Ci sono molte persone che hanno imparato a cantare,
non tutti diventare cantanti. Ma è stato al gioco, che ha cantato,
ciascuno cercando di imparare. E 'stata di lavoro, e lui era lì, gli ho
detto "non si vuole fare qualcosa? Prova! "Al momento è stato
appassionato Polnareff, polifonia, ma non era la sua cosa. E poi una
volta avviato, è stato colui che è stato duro. Alla fine di ogni corso
è venuto a noi in cerca di fare le prove.
Cela rejoint une autre question : Quels sont vos goûts musicaux autres
que la polyphonie ?
Paul : Mike Brant, Johnny Hallyday. Sur le rappel de Médée à Paris, je
le fais ! (rires)
JC
: C’est très divers. Les influences sont multiples. il y a ceux qui
aiment la musique vocale, le classique, la musique électronique, les
musiques dites urbaines, c’est très divers. On n’a probablement pas les
mêmes disques.
Paul : Il m’est arrivé de parler mal avec des
spectateurs qui m’ont dit : « Nous on n’écoute que de la polyphonie ».
Je les ai regardés et j’ai dit « Eh bien, je vous plains ! »
C’est aussi ça les Rencontres, des univers musicaux très variés qui
s’interpellent.
Ce
qui est intéressant, c’est que, en ayant des origines musicales
différentes, des passions musicales différentes, on se retrouve là où
on se retrouve. Je vois qu’au delà de ce qu’on fait et de la façon dont
on le fait, en adhérant à quelque chose, il est rare qu’à la sortie
d’un concert, sans même avoir pu discuter, on ait des avis très
différents sur ce qu’on a entendu. En ayant pourtant a priori des goûts
qui peuvent être très différents, il y a des choses qui nous
interpellent, on est souvent assez d’accord.
Une même famille de goûts, une même sensibilité ?
Voilà,
une même sensibilité, c’est important, parce que sinon, artistiquement,
il y a des choses qui ne passent pas, qui ne fonctionnent pas. Dans le
groupe, il y a eu bien d’autres chanteurs qui sont passés, ils ne sont
pas tous restés pour ces raisons là. Il y avait des gens qui chantaient
superbement bien, Maxime Merlandi qui chante avec Rassegna et Barbara
Furtuna, chante très bien, mais il n’a pas pu rester dans le groupe. Ce
n’est pas du tout le groupe qui l’a écarté, je pense qu’il avait du mal
à trouver sa place, alors même que c’était un super interprète.
Cela
a été la même chose avec Stéphane Casalta ou avec Felì. On ne peut pas
dire que c’est parce que c’étaient des personnalités musicales fortes :
dans le groupe il y a de fortes personnalités musicales. Le problème
n’est pas là, le problème c’est d’arriver à fonctionner en osmose avec
les autres. Il y a des gens qui n’y arrivent pas, ça se voit même dans
les comportements en dehors de la scène. Nous, et c’est en même temps
fantastique et lourd, parce qu’on a un comportement, un instinct
grégaire, c’est en même temps quelquefois difficile à gérer, car il y a
un risque d’étouffement, mais je pense que c’est ce qui fait qu’on
dure, et surtout qu’on a un projet artistique qui me semble cohérent…
Que vous avancez...
Qu’on avance sur un chemin…
Questo si collega a un'altra domanda: Quali sono i tuoi gusti musicali
diversi dalla polifonia?
Paolo: Mike Brant, Johnny Hallyday. Il punto di Medea a Parigi, I do!
(ride)
JC:
E 'molto diverse. Le influenze sono molteplici. ci sono quelli che
amano la musica vocale, classica, musica elettronica, la cosiddetta
musica urbana è molto diversificata. Ci è stato probabilmente non è la
stessa dei dischi.
Paolo: Ho difficoltà a parlare con gli
spettatori che ha detto: "Siamo l'ascolto di polifonia. Ho guardato e
ho detto "Beh, mi dispiace per voi! "
E 'anche l'incontro di universi musicali molto diverse che
s'interpellent.
Ma
la cosa interessante è che, avendo diversi background musicali, le
diverse passioni musicali, siamo dove ci troviamo. Vedo che al di là di
ciò che facciamo e come lo facciamo, da qualcosa che unisce, è raro che
il rilascio di un concerto, senza nemmeno essere in grado di discutere,
ci sono pareri molto diverse prospettive su ciò che abbiamo ascoltato.
Eppure, dopo aver, a priori, che possono variare i gusti, ci sono cose
che ci sfida, spesso è molto d'accordo.
La stessa famiglia di sapori, la stessa sensibilità?
Cioè,
la stessa sensibilità è importante, perché se così non fosse,
artisticamente, ci sono cose che non sono, che cosa non è così. Nel
gruppo, ci sono stati molti altri cantanti che hanno fatto, non sono
conservati per tutti questi motivi vi. Ci sono persone che hanno
cantato superbamente, Maxime Merland Rassegna con il canto e Barbara
Furtuna, canta molto bene, ma non riusciva a rimanere nel gruppo.
Questo non è il gruppo che ha respinto, penso di aver problemi a
trovare il suo posto, anche se è stato un super esecutore.
Questo
è stato lo stesso con Stéphane Casalta o feli. Non possiamo dire che è
stato perché sono stati una forte personalità musicale: Nel gruppo vi è
una forte personalità musicale. Questo non è il problema, il problema
di cercare di operare in armonia con gli altri. Ci sono persone che non
si mostra anche nel comportamento al di fuori della scena. Noi, ed è
anche grande e pesante, perché abbiamo un problema, una mandria
istinto, a volte è anche difficile da gestire perché non vi è un
rischio di soffocamento, ma penso che 'è che ciò che rende difficile, e
soprattutto abbiamo un progetto artistico che, a mio avviso è coerente
...
Sia che tu vai ...
Come fare progressi su un percorso ...
On sent vraiment ce que tu dis sur le DVD de Don Kent. D’ailleurs,
beaucoup de gens ont découvert A Filetta grâce à ce DVD.
Françoise
: J’avais mis la télé tout en lisant un bouquin, et quand le film a
commencé, le bouquin m’est tombé des mains, physiquement, c’est un truc
de fou.
Pierre : On peut citer l’exemple d’Ursula, qui n’écoutait
quasiment pas de musique. Elle tombe sur ce film sur Arte et depuis
elle vient aux Rencontres...
Françoise : Il n’y a pas seulement le chant, il y aussi tout ce que
vous véhiculez...
Il
y a aussi le fait que – c’est pour ça que ce DVD a été important même
pour nous - jusque là, on n’a pas forcément l’occasion de parler comme
on le fait avec vous ou comme on l’a fait avec Don Kent quand il a fait
cette captation. Quand on fait une émission, on ne peut évoquer un truc
que très rapidement, et je le disais l’autre jour avec Vincent Zanetti,
ça fait du bien de faire des interviews comme ça, parce qu'on a parlé
pendant presque une heure de notre travail, et j’avais vraiment
l’impression moi-même de découvrir des choses sur nous, alors que les
trois-quarts du temps, on est face à des gens qui, sans être
inintéressants, souvent n’ont pas le temps ou pas le recul nécessaire.
Je crois que ce qui a été bien pour ce DVD, c’est que Don Kent y a mis
le temps, sur presque deux ans, et les moyens : il est revenu nous
filmer 7 ou 8 fois dans des endroits très différents et en espaçant ses
venues : entre chaque rendez-vous il revoyait ce qu’il avait filmé, et
puis il a donné la parole à tout le monde, ça aussi, c’est une qualité…
E 'veramente ciò che si sente dire sul DVD da Don Kent. Infatti, molte
persone hanno scoperto A Filetta attraverso questo DVD.
Françoise:
ho messo il televisore durante la lettura di un libro, e quando il film
è iniziato, ho abbandonato il libro mani, fisicamente, è una cosa
folle.
Pietro: Un esempio di Ursula, che hanno ascoltato quasi
niente musica. Essa rientra in questo film su Arte e poiché si tratta
di riunione ...
Françoise: Non è solo il canto, c'è anche tutto il veicolo ...
Vi
è anche il fatto che - questo è il motivo per cui questo DVD è stata
molto importante per noi - fino ad allora, non era necessariamente la
possibilità di parlare, come viene fatto con voi o come abbiamo fatto
con Don Kent quando ha fatto la cattura. Quando si effettua una
presentazione, non siamo in grado di citare una cosa molto velocemente,
e io ho detto l'altro giorno, con Vincent Zanetti, ci si sente bene
fare interviste come quella, perché abbiamo parlato per quasi un'ora il
nostro lavoro, e mi sento a scoprire cose su di noi, in modo che i tre
quarti del tempo, abbiamo a che fare con persone che, pur non priva di
interesse, che spesso non hanno il tempo o non il senno di poi. Credo
che ciò che è buono per questo DVD è che Don Kent è messo il tempo in
quasi due anni, e come ne è venuto abbiamo sparare 7 o 8 volte in
luoghi molto diversi e la loro spaziatura sedi: tra ogni appuntamento
ha visto quello che ha filmato, e poi dà la parola a tutti, che è anche
una qualità ...
On sent beaucoup de choses de vos relations,
c’est ça qui est bouleversant dans ce film, ce qui passe entre vous. On
parlait de tribu, c’est exactement ça, ça va bien au-delà du chant. Et
ce que vous rendez sur scène, on le sent aussi dans vos paroles sur le
DVD.
Depuis une quinzaine d’années, les créations prennent de plus
en plus d’importance. Est-ce que tu es le seul à composer dans le
groupe ?
A écrire, à composer pour le groupe, oui, mais je
suis sûr qu’il y a parmi eux des gens qui peuvent le faire. Les choses
se sont structurées comme ça parce que j’ai commencé à écrire des
chansons tout jeune, et après j’ai continué. Mais je sais que José, par
exemple, a écrit des chansons quand on a fait l’album pour les enfants.
Il est capable d’écrire des chansons. Je pense que d’autres aussi parmi
le groupe peuvent le faire. Ils ne le font pas, de la même façon qu’ils
parlent peu, parce que moi je parle et que c’est plus simple. Je ne
vais pas non plus avoir un discours qui consiste à dire que tout le
monde peut tout faire, peut-être qu’il y a des gens qui n’ont aucune
inspiration, je n’en sais rien. Mais je suis persuadé que, parmi eux,
il y a des gens capables d’écrire.
La création, l'écriture
Comment
se passe l’écriture ? quel est le point de départ ? Ce qui nous frappe,
c’est qu’il y a une certaine complexité dans l’écriture, il y a à la
fois des mélodies qui sont superbes, mais il y a surtout des harmonies
très fortes. Composer directement sur l’harmonie, ça ne semble pas
évident, enfin tu vas nous le dire, dans quel ordre cela se passe t-il
? On a la sensation qu’il y a des moments, dans les morceaux, où les
harmonies sont tellement fortes qu’on ne sait pas trop comment on peut
composer ça, est-ce un ajout progressif ou as tu ces harmonies en tête
dès le début ?
En fait, ce qu’il faut bien comprendre, c’est
que ce n’est pas monolithique, il n’y a pas une façon unique de
procéder. Je disais à Vincent Zanetti que Médée pour nous était un
moment important, c’est une espèce de pierre angulaire, de charnière,
de passage en quelque sorte. Avant Médée je dirais, tout était de
composition orale ; avec Médée, on est dans quelque chose qui est plus
complet, qui commence à être quelque chose de plus écrit, mais qui en
même temps n’est pas écrit, n’est pas fixé : il n’y a pas une rythmique
particulière, il n’y a pas une partition de Médée. Ensuite après Médée,
il y a d’autres choses, notamment des choses très écrites. Mais après
Médée, il y a aussi des choses qui continuent à être entre les deux,
des choses qui continuent à être orales.
Les choses ne sont pas
chronologiques, ce n’est pas quelqu’un qui ne savait pas la musique qui
a appris la musique et qui après avoir appris a fait autrement.
Alors,
comment ça fonctionne ? Soit c’est très vite écrit – quand je dis
écrit, je veux dire « pensé », et ce sont des choses qui de cette façon
là bougeront peu. Soit il y a des choses qui vivent, qui se modifient.
Cela a été le cas de Médée par exemple, dans laquelle il y a eu des
apports harmoniques constants. D’abord, en cours de route des choses
nous semblaient incomplètes, inachevées, des moments avaient des
résolutions qui nous semblaient trop évidentes par rapport à ce qu’on
était en train de chanter, petit à petit des choses sont devenues plus
abouties sans doute, plus complexes, il y a eu des apports successifs.
Après,
il y a des choses très pratiques aussi. Par exemple Ceccè est rentré
dans le groupe l’an dernier, on a dit qu’il allait travailler sur le
répertoire ; tout ce qui est figé, écrit, pas de problème, on lui donne
une partition, il va l’apprendre. Le répertoire traditionnel, les
créations pas trop compliquées à mémoriser, ça va, mais Médée, comment
on fait ? c’est compliqué, il faut qu’il mémorise quelque chose qui
n’est pas écrit, on peut difficilement lui donner un cadre dans lequel
il va très vite s’insérer. Donc pour Médée, sur pratiquement tout le
chant, j’ai écrit une septième voix.
Abbiamo inviato un sacco di
vostri rapporti, che è quello che è sconvolgente in questo film, che
passa tra voi. Si è parlato di tribù, è esattamente questo, va ben al
di là di canto. E che cosa si va in scena, si sente anche nelle tue
parole sul DVD.
Per quindici anni, le creazioni stanno diventando sempre più
importante. E 'che tu sei il solo compositore nel gruppo?
Per
scrivere, a comporre per il gruppo, ma sono certo che ci sono persone
tra di loro che possono farlo. Cose che sono state strutturate come,
perché ho iniziato a scrivere canzoni molto presto, e dopo ho
continuato. Ma so che Jose, per esempio, ha scritto canzoni quando
abbiamo fatto l'album per i bambini. E 'in grado di scrivere canzoni.
Credo che gli altri nel gruppo può fare. Essi non, nello stesso modo in
cui parla poco, perché mi parla ed è più semplice. Non ho un discorso
che vale a dire che tutti possono fare tutto, forse ci sono persone che
non hanno alcuna ispirazione, non so. Ma io sono convinto che tra loro
ci sono persone in grado di scrivere.
Creazione, la scrittura
Come
funziona la scrittura? qual è il punto? Che cosa ci colpisce è che ci
sia una certa complessità nella scrittura, non vi sia melodie sono
belle, ma la messa a fuoco è molto forte armonie. Direttamente sul
quadrante armonia, non sembra evidente, si potrà finalmente dire ciò
che per noi in questo sta succedendo? Ti senti ci sono momenti in cui
le armonie canzoni sono talmente forti che non sanno come chiamarlo, è
presente inoltre uno o progressivo come le armonie in testa fin
dall'inizio ?
In effetti, è importante capire è che non è
monolitico, non è unico modo di procedere. Ho detto che Vincent Medea
Zanetti per noi è stato un momento importante è una sorta di pietra, a
cerniera, si è trasferito in qualche modo. Medea prima vorrei dire che
è stato tutto orale composizione, con Medea, è qualcosa che è più
completo, a partire da scrivere qualcosa di più, ma allo stesso tempo
non è scritta, non è fisso Non vi è alcun particolare ritmo, non vi è
alcuna partizione di Medea. Poi dopo Medea, ci sono altre cose,
comprese le cose per iscritto. Ma dopo Medea, ci sono anche cose che
continuano ad essere tra le due cose che continuano ad essere orale.
Le cose non sono cronologico, non qualcuno che non conosce la musica
era la musica e dopo aver appreso altrimenti.
Così
come funziona? Essere scritto molto rapidamente - quando dico iscritto,
voglio dire, "pensiero", e sono cose che in questo modo piccola
candela. O ci sono esseri viventi che stanno cambiando. Questo è stato
il caso di Medea, per esempio, dove ci sono stati costanti ingresso
armoniche. In primo luogo, dal modo in cui le cose sembravano
incompleto, incompiuto, e il tempo che aveva risoluzioni troppo
evidente rispetto a quello che stava andando a cantare, a poco a poco
le cose sono diventate più di successo, senza dubbio, più complesse, ci
sono stati successivi.
Dopo di che, ci sono cose molto concrete,
anche. Ad esempio Cecca restituito al gruppo lo scorso anno, si è
impegnata a lavorare sulla directory, tutto ciò che è bloccato, dice,
non c'è problema, si dà un punteggio, si impara. Il repertorio
tradizionale, creazioni non troppo complicato da ricordare, è in corso,
ma Medea, come facciamo? è complicato, si deve ricordare qualcosa che
non è scritto, è difficile dare un quadro entro il quale ha rapidamente
in forma. Quindi, per Medea, praticamente su ogni canzone, ho scritto
un settimo voto.
C’est bien ce qu’il nous semblait, mais
nous avons posé la question à José, qui nous a répondu en blaguant.
Cela nous a frappés sur U Casticu, il ne faisait pas le bourdon, et
avant il le faisait. Il nous a dit 'je n’avais pas envie de le faire !'
Mais
ça, c’est pour d’autres raisons. Avec José, il y a un petit problème
tout bête : José a un vibrato naturel et quand vous faites un bourdon
et qu’au milieu de 6 voix vous mettez un vibrato, ça fout un bronx pas
possible. On a l’impression de ne plus savoir où se trouve la note.
Avec José, on a essayé à plusieurs reprises, il y arrive difficilement.
Il a une voix qui oscille comme ça (JC nous montre en chantant) Quand
il fait un bourdon avec d’autres voix plus droites, sans vibrato, ça
rend les choses compliquées, du coup on ne sait plus trop où on en est.
C’est la raison pour laquelle il a dit : « si ça pose problème, il vaut
mieux que je ne le fasse pas et que je ne rentre qu’après » Ça explique
que José ne soit plus sur le bourdon. Mais il reviendra (rires)
Quand vous faites les premiers essais sur ce qui est écrit, est-ce que
chacun apporte son idée sur la façon de la faire ?
C’est
difficile. Par le passé, il a pu y avoir des choses qui ont été
amenées, qui ont pu enrichir. Souvent elles émanaient de Jean
Antonelli, parce qu’il était guitariste, qu’il avait une approche de
l’harmonie, mais sinon c’est difficile pour un chanteur qui n’a pas –
je ne dirai pas une connaissance de l’harmonie, parce que moi je n’ai
pas la connaissance de l’harmonie – mais une approche de l’harmonie,
c’est difficile…
Il ne peut pas y avoir quelque chose de spontané ?
C’est
plus compliqué que ça ; ça peut se faire, mais ça se fait peu. Quand il
y a un truc qui commence à être fixé, pensé comme il est au départ,
c’est difficile d’y ajouter des choses sans lui faire prendre une autre
direction.
On va faire une création à l’Aghja avec des musiciens
de jazz, on va leur donner des choses, ils vont probablement faire des
propositions qui vont faire changer les harmonies, et ça peut être
difficile qu’on soit dans un travail où chacun puisse dire « moi je
propose qu’on fasse ça »
Maintenant, attention, je parle
d’écriture. Quand tu prends tous les mélismes que fait Jean Luc par
exemple, c’est lui qui les fait, ce n’est pas écrit. Bien sûr chacun
amène ses trucs, par exemple sur les voix de basse, ils vont à un
moment donné dire « nous naturellement, on timbre comme ça, on dit oui,
c’est bien, on fait comme ça, tu as raison, on développe ci, on
développe ça ». Mais les notes qui y sont, elles sont ce qu’elles sont.
Questo
è ciò che volevamo, ma abbiamo chiesto di José, che ha risposto con
scherzi. Questo ci ha colpito U Casticu, non è stata la campana, e
prima di lui. Egli ci ha detto 'io non volevo farlo! "
Ma
questo è per altri motivi. Con José, è un po 'sciocco problema: José ha
un vibrato naturale, e quando si effettua una bombo e la metà del 6
voti si inserisce un vibrato, ça főút un Bronx non è possibile. Sembra
non sapere dove si trova la nota. Con José, si è tentato più volte, è
difficilmente accade. Ha una voce che oscilla come quella (JC ci mostra
cantare) Quando si tratta di un bumblebee con le altre linee di voice
over, senza vibrato, rende le cose complicate, e quindi non sappiamo
dove siamo troppo. Questo è il motivo per cui egli ha detto: "se si
tratta di un problema, è meglio che non ho e che io non rientro fino a
quando" Si dice che José non è più il fuco. Ma in questo modo (ride)
Quando si esegue il primo test su ciò che è scritto, è che ognuno porta
la sua idea su come fare?
E
'difficile. In passato, vi possono essere state le cose che sono state
portate, che sono state arricchite. Spesso venivano da Jean Antonelli,
perché egli è stato un chitarrista, ha avuto un approccio per
l'armonia, ma è difficile per un cantante che non ha - non dirò una
conoscenza di armonia perché non ho le conoscenze di armonia - ma un
approccio di armonia, è difficile ...
Non ci può essere qualcosa di spontaneo?
E
'più complicata di quella che si può fare, ma è poco. Quando c'è
qualcosa che sta cominciando a essere fissato, come è stato pensato sin
dall'inizio, è difficile aggiungere cose senza di lui di prendere una
direzione diversa.
Noi faremo una creazione di Aghja con
musicisti jazz, si dà loro cose, che sono suscettibili di presentare
proposte che faranno le armonie, e può essere difficile se ci si trova
in un posto di lavoro in cui tutti possono dire "io propongo lo
facciamo"
Ora guarda, io parlo di scrittura. Quando si prendono
tutti i melismas fatto che Jean Luc ad esempio, egli fa, non iscritto.
Naturalmente tutti i loro trucchi porta, ad esempio sulla voce basso,
che ad un certo punto dice: "abbiamo naturalmente timbro così, diciamo
sì, va bene, si è così, hai ragione, è sviluppa, abbiamo lo sviluppo di
questo ". Ma ci sono le note, che sono quello che sono.
C’était vrai au début quand vous étiez un peu en apprentissage de vos
voix, mais maintenant tu les connais toutes…
Absolument,
il y a ça, et aussi le fait qu’on est passés à une musique plus
complexe, plus élaborée. Et j’ai évolué sur certains trucs, et tout le
monde n’a pas forcément le même rythme d’évolution, ça ne leur enlève
rien, ce n’est pas prétentieux ce que je dis. C’est difficile si tu
arrives avec un truc de dire « moi je vois les choses différemment" ;
ou bien tu as conscience de ce qui était proposé et effectivement, tu
peux trouver des choses qui vont, mais le problème, c’est qu’ils n’ont
pas forcément le travail sur l’harmonie qui permet de le faire.
Moi,
j’ai fait beaucoup de chemin parce que j’ai beaucoup travaillé sur les
compositions de Bruno. Il est probable que si eux avaient fait ce
travail, s’ils avaient été comme moi avec Bruno, ils pourraient le
faire. J’ai été un peu l’interface, et effectivement j’ai appris plein
de choses dans le travail avec Bruno. Et le fait que c’est moi qui ai
été l’interface fait qu’il y a certaines choses qui me viennent sans
doute plus naturellement.
Tu dis que tu ne connais pas
l’harmonie, mais quand on écoute un chant comme Rex, où dans la
deuxième moitié notamment il n’y a pas de mélodie, c’est uniquement
fondé sur des harmonies ?
Oui, quand je dis que je ne
connais pas l’harmonie, ça veut dire l’harmonie telle que tu l’apprends
au Conservatoire, qui a des règles d’écriture…
Tu ne les écris pas, tu les sens ?
Je les sens, je les écris, en faisant probablement des fautes
d’orthographe harmonique !
Mais tu les sens d’abord ? Est-ce que ce n’est pas mieux justement ?
Est-ce que ça ne laisse pas plus de liberté ?
Je
n’en sais rien. Moi, ce qui me gêne dans cette approche des choses, et
j’ai souvent eu la discussion avec Bruno ou avec Jean-Michel Gianelli,
qui sont des gens qui maîtrisent l’écriture , quand je leur dis que je
veux me former, ils me disent « non, surtout pas, ne te forme pas ».
Ils ont peut-être raison, peut-être que je fais des choses qui
actuellement sont interdites par l’harmonie classique et que je ne
ferais plus si j’avais une formation académique, ça c’est évident, mais
en même temps c’est terriblement frustrant pour moi, à un moment donné,
de faire des choses et ne pas être sûr de pouvoir les assumer.
Tu penses que ça limite ce que tu pourrais faire, de ne pas connaître
la technique ?
Je ne sais pas si ça limite.
Questo era vero all'inizio, quando siete stati un po 'di insegnamento
della tua voce, ma ora sapete tutti ...
Certamente,
vi è quello, e anche il fatto che siamo andati ad una musica più
complessa, più sviluppati. E ho cambiato alcune cose, e tutti non è
necessariamente lo stesso ritmo, che fa togliere tutto ciò che non è
pretenzioso quello che dico. E 'difficile, se si arriva con qualcosa da
dire "io vedo le cose in maniera diversa", o è a conoscenza di ciò che
è stato proposto ed efficace, è possibile trovare le cose che vanno, ma
il problema è che non necessariamente lavori in armonia che può fare.
Ho
percorso una lunga strada perché ho lavorato in molte composizioni di
Bruno. È probabile che se avessero fatto questo lavoro, se fosse stato,
come me, con Bruno, che potrebbe fare. Sono stato un po 'di
interfaccia, e ho imparato un sacco di lavoro con Bruno. E il fatto che
sono stato io che l'interfaccia è stata che ci sono alcune cose che
probabilmente più naturale.
Lei dice che non si conosce
l'armonia, ma quando si sente una canzone come Rex, dove nel secondo
semestre, in particolare, non vi è alcuna melodia, che è basato solo su
armonie?
Sì, quando dico che non conosco, l'armonia,
significa che l'armonia, come si impara che al Conservatorio, che ha
delle regole di scrittura ...
Se non scrivo, è senso?
Sento, scrivo, rendendo probabilmente armonica ortografia!
Ma voi prima senso? È solo questo non è meglio? Questo non lasciare più
libertà?
Non
lo so. Io, che mi disturba in questo approccio alle cose, e spesso ho
avuto la discussione con Bruno o con Jean-Michel Gianelli, che sono
persone che hanno padronanza della scrittura, quando dico loro che
voglio treno, mi dicono "no, non certo, non si forma." Essi possono
essere a destra, forse sto facendo le cose che sono attualmente vietata
dalla classica armonia e che vorrei, se mi è stato un accademico, che è
evidente, ma al tempo stesso è terribilmente frustrante per me, in un
dato momento di fare le cose e non essere in grado di assumersi le
loro.
Si pensa che i limiti che cosa potete fare, non conosco la tecnica?
Non so se tale limite.
Je
disais « limiter » dans le sens « oser ». Quand tu es dans un cadre
écrit, tu t’astreins à rester dans les canons et tu dois perdre un peu
l’idée de tenter des choses. Peut être que tu tentes naturellement des
choses que tu t’interdirais si tu connaissais les règles.
Peut
être, mais c’est difficile. Quand on est ensemble, on se régale. Mais
dans notre évolution, par exemple demain on va travailler avec des
musiciens de jazz.
Nous, en tant que bloc, on n’a pas de problème
de langage entre nous ; on n’a pas de formation harmonique, on est
d’accord sur le son, sur ce que ça doit donner, on doit opérer de
petits réglages, mais on n’a pas de problème de langage entre nous.
Si
demain, on travaille avec un quatuor à cordes, on a un problème, parce
que le type du quatuor va nous dire « attendez, là, je ne comprends pas
». Ce qui est écrit n’est pas… je ne vais pas dire qu’il n’est pas
juste, ce n’est pas que c’est faux, que ça ne peut pas se faire, mais
ce n’est pas dans la règle, et quelquefois c’est mal écrit, mal
formulé. Du coup, pour moi c’est frustrant.
Par exemple depuis
qu’on travaille avec Bruno, je suis passionné de musique classique,
j’ai travaillé des morceaux pour orchestre. Chjarura de Si di mè, c’est
une partition d’orchestre que j’avais écrite, mais je ne l’ai montrée
qu’à Bruno. Et Bruno m’a dit « on prend ça, on coupe ça, ça fait une
chanson superbe ».et on l’a gardée telle quelle. Mais on n’a pu le
faire que parce que Bruno a vu ça, l’a pris et est allé l’enregistrer à
Sofia. Moi, si demain je vais discuter avec des musiciens
classiques, j’aurais peur de ne pas être crédible.
Tu as peur de ne pas avoir de légitimité, alors que tu peux témoigner
de tout ce que tu as fait ?
Cela ne suffit pas !
Tu as beaucoup appris à côtoyer des gens qui ont le dogme, mais eux
aussi pourraient beaucoup apprendre avec toi.
Oui,
mais c’est bon dans une relation comme avec Bruno. Je ne dis pas qu’il
a appris des choses de nous, mais il dit qu’il voit les choses
différemment quelquefois, on a modifié un tant soit peu sa façon de
percevoir la musique. C’est bon dans le relationnel quand on établit
une relation de confiance avec des musiciens, mais si demain je me
présente devant un orchestre de 50 musiciens, je ne tiens pas le choc.
Je ne comprends pas que tu sois si radical dans cette affirmation, car
tu peux témoigner de choses concrètes…
Ce
n’est pas comme ça que ça fonctionne !Il y a plein de festivals qui
pourraient nous programmer et qui ne nous programment pas parce que
nous ne sommes pas des classiques, parce que nous n’avons pas la
formation. Pourtant je suis persuadé qu’il y a des choses qui
pourraient s’intégrer dans un festival de musique classique. Simplement
un festival de musique classique ne programme que de la musique
classique, des gens qui travaillent sur un type de répertoire..
Ho
detto "limite" per "osare". Quando sei in una scrittura, si t'astreins
di rimanere nel cannoni e si perde un po 'l'idea di cercare le cose.
Forse si tende naturalmente le cose che si possono negare se conosceva
le regole.
Forse, ma è difficile. Quando siamo insieme,
mangiato. Ma nella nostra evoluzione, per esempio, domani si lavora con
musicisti jazz.
Noi, come un blocco, non vi è alcun problema
linguistico tra noi, non vi è stata la formazione armonica, siamo
d'accordo sul suono, ciò che deve, dobbiamo fare piccoli aggiustamenti
ma non vi è alcun problema linguistico tra di noi.
Se domani,
stiamo lavorando con un quartetto d'archi, abbiamo un problema, perché
il tipo di quartetto dirà "aspettare qui, non capisco". Che cosa è
stato scritto non è ... non mi dire che non è giusto, non è che è falso
che non si può fare, ma non al regola, e talvolta è mal scritto, mal
formulato. Quindi per me è frustrante.
Ad esempio, dal momento
che stiamo lavorando con Bruno, io sono appassionato di musica
classica, ho lavorato su pezzi per orchestra. Si Chjarura di me, è una
partizione orchestra avevo scritto, ma mi hanno dimostrato che Bruno.
Bruno ha dichiarato: "ci è, tagliare, esso presenta una grande
canzone." Ed è stato mantenuto invariato. Ma non abbiamo potuto farlo
perché Bruno vide, lo prese e se ne andò per salvare Sofia. Me, se
domani voglio parlare con musicisti classici, temo di non essere
credibili.
Hai paura di non avere legittimità, puoi testimoniare a quello che
fate?
Che non è sufficiente!
Lei ha imparato a gestire le persone che hanno il dogma, ma anche loro
possono imparare molto con lei.
Sì,
ma è in un buon rapporto con Bruno. Non sto dicendo che ha imparato le
cose da noi, ma lui dice che vede le cose in maniera diversa a volte,
ha cambiato un po 'il suo modo di percepire la musica. E 'buono il
rapporto, quando si stabilisce un rapporto di fiducia con i musicisti,
ma se domani io davanti a un'orchestra di 50 musicisti, non voglio che
l'ammortizzatore.
Non capisco perché sei così radicale in questa dichiarazione, perché si
possa dimostrare qualcosa di concreto ...
Questo
non è il modo in cui funziona! Ci sono un sacco di festival che si
possa pianificare e programmare ciò che facciamo non perché non sono
tradizionali, perché non abbiamo alcuna formazione. Eppure sono sicuro
che ci sono cose che potrebbero rientrare in un festival di musica
classica. Basta un festival di musica classica programma di musica
classica, le persone che lavorano su un tipo di directory ..
Vous ouvrez plein de portes, plein de chemins entre les genres…
Le
problème, c’est que ça fonctionne sur une partie du public, et pas sur
tous. Vous avez des gens qui sont dans la recherche de quelque chose
d’inaltéré, qui ne comprennent pas forcément notre démarche. Il nous
est arrivé qu’un compositeur de Nice m’a dit "je ne comprends pas
pourquoi vous avez écrit 5 voix pour Médée, avec trois voix on dit
suffisamment de choses".
Ce ne sont pas des musiciens, ce sont des ayatollahs !
Dans les orchestres, il y en a, des ayatollahs !
Paul : Et en Corse aussi !
JC : D’ailleurs posez la question à Bruno. C’est un rapport de forces
perpétuel.
Ça rappelle Prova d’orchestra !
C’est
pour ça que ça nous pose problème. Quand on a fait la Grammaire avec
les musiciens, j’ai écrit toutes les parties instrumentales – on l’a
fait parce que ce sont des musiciens qu’on connaît, ils disent «
t’emmerde pas, on s’en fout, que tu écrives un mi bémol ou un ré dièse,
c’est pareil »» mais il y a des musiciens qui auraient dit « attendez,
celui-là, il a un problème, où voulez vous aller ? » mais je ne peux
pas lui dire ce que je veux faire, je l’ai écrit comme ça, je ne peux
pas lui dire « parce que là, il y a telle résolution, telle basse qui
justifie telle note», je ne peux pas le dire. Pour en revenir à ce que
tu disais sur l’harmonie, je ne fais des choses que pour nous aussi,
pour des gens qui sont proches de nous, sinon je n’oserais jamais faire
un truc pour un chœur.
Comment s’est faite l’avancée vers la dissonance ?
C’est
lié à plein de choses, à ce que j’écoute, à ce qui me plaît, à ce que
j’ai pu voir de ce que faisait Bruno, à ce que j’ai pu entendre dans
divers registres. Ce peut être quand vous écoutez Faiz Ali
Faiz
ou les symphonies de Mahler, il y a des choses qui sont, je ne vais pas
dire puisées, mais qu’il me semble entendre dans des endroits très
différents, pour des raisons très différentes, dans des sites très
différents, etc.
Pour finir sur l’écriture, il y a aussi
l’écriture du texte, tu en as écrit un certain nombre, tu ne
penses pas à éditer tes textes ?
Il y a longtemps que
j’écris, depuis 1983-84, ça fait plus de 20 ans, et je n’ai jamais rien
publié. Maintenant j’en ressens le besoin, non pas seulement pour les
publier, car je les utilise, je les chante, mais parce qu’à un moment
donné, pour passer à autre chose, je pense qu’on a besoin de s’en
défaire. C’est d’ailleurs ce qui nous pose problème sur le plan des
répertoires musicaux : on a des répertoires qui s’entrechoquent
maintenant, on n’a pas le temps de les faire sortir et on ne continue à
produire que parce qu’on est sollicités. La Grammaire, je l’ai faite
parce qu’Orlando me l’a demandé. On travaille souvent dans l’urgence.
Le Requiem, je n’aurais jamais eu l’idée de dire « je vais faire un
Requiem », j’avais commencé à faire des choses, mais jamais dans l’idée
de faire un Requiem.
Si apre un sacco di porte, un sacco di percorsi tra i sessi ...
Il
problema è che funziona su una parte del pubblico, e non tutti di loro.
Hai persone che sono in cerca di qualcosa di incontaminato, che non
necessariamente il nostro approccio. Siamo arrivati un compositore di
Nizza, ha dichiarato: "Non capisco il motivo per cui hai scritto 5 voti
Medea, con tre voti, basta dire le cose".
Essi non sono musicisti, sono ayatollah!
In orchestre, ci sono, l'ayatollah!
Paolo: E anche in Corsica!
JC: E per chiedere Bruno. Si tratta di un equilibrio di potere
perpetuo.
Si ricorda Prova d'orchestra!
Ecco
perché abbiamo sollevato la questione. Quando abbiamo fatto la
grammatica con i musicisti, ho scritto tutte le parti strumentali - è
stato fatto, perché sono musicisti si sa, si dice "t'emmerde pas, il
s'en főút, che E si scrive un piatto forte o D, è la stessa "" ma ci
sono musicisti che hanno detto di aspettare, questo, che ha un problema
in cui si desidera andare? "Ma non posso dirgli quello che voglio fare,
ho scritto così, non posso dire" perché non vi è una tale risoluzione,
come le note che giustificano tale basso ", non posso dire. Per tornare
a ciò che ha detto su armonia, fare le cose anche per noi, per le
persone che sono vicine a noi, altrimenti non sarebbe mai fare qualcosa
per un coro.
Come è il progresso verso la dissonanza?
Essa
è legata a molte cose, che io ascolto quello che mi piace, che ho
potuto vedere che cosa è stato Bruno, che ho sentito in diversi
registri. Questo può essere quando si ascolta Faiz Ali Faiz o le
sinfonie di Mahler, ci sono cose che sono, se non stabilito, ma posso
sentire in luoghi molto differenti, per ragioni molto diverse, in molto
diversi siti, ecc.
Infine, per quanto riguarda la
scrittura, è anche la scrittura del testo, hai scritto un numero, non
ci si pensa di modificare i vostri testi?
Un molto tempo
fa, che scrivo, poiché 1983-84, è più di 20 anni e non ho mai
pubblicato. Adesso sento il bisogno di pubblicare non solo, perché io
li uso, mi cantare, ma perché a un certo punto, per passare a qualcosa
di diverso, credo che abbiamo bisogno di disfarsi. Questo è ciò che
abbiamo un problema in termini di repertori musicali: uno scontro di
directory che ora non abbiamo tempo per farli uscire e continua a
produrre e perché è richiesto. Grammatica, qu'Orlando l'ho fatto perché
mi è stato chiesto. Spesso lavora in emergenza. Il Requiem, non ho mai
avuto l'idea di dire "farò un Requiem", ho iniziato a fare le cose, ma
mai l'idea di un Requiem.
Par exemple l’Ecclésiaste, tu l’avais écrit avant, non ?
L’Ecclésiaste
et le Meditate ont été écrits avant, pour des spectacles de la Passion
à Calvi, et je les ai repris pour le Requiem.
Et aussi Figliolu d’ella, peut être ?
Et Figliolu d’Ella, absolument, qui n’était écrit que pour deux voix
pour la Passion à Calvi.
Oui, des voix de femmes, d’ailleurs.
Et
quand on a pensé à travailler sur le Requiem, j’ai repris le Figliolu
d’ella parce que le thème, le chant me semblait intéressant à
développer, et surtout ce que dit le chant : le thème Figliolu d’ella,
sì figliolu di meiu me semblait important, me semblait être la première
des choses à dire quand quelqu’un s’en va. Il y avait donc ces trois
chants repris de choses antérieures. Mais pour en revenir à ce que je
disais, s’il n’y avait pas eu la demande de Jean-Pierre Le Pavec, il
n’y aurait jamais eu de Requiem. Et s’il n’y avait pas eu la demande de
Jean-Yves Lazennec, il n’y aurait jamais eu Médée.
Mais
c’est très frustrant pour nous, parce qu’il y a des bijoux qui sortent,
puis un deuxième bijou arrive, et il y en a qui ne sortent pas surtout !
Il y en a qui ne sortiront pas !
Mais ceux qu’on a entendus une fois, on voudrait pouvoir les réentendre
!
Tiens,
question que l’on voulait poser plus tard mais je te la pose maintenant
: au Final, dans ce que vous avez chanté, il y avait un chant géorgien…
Oui, Allilo.
Un extrait du Requiem ?
Non, de Marco Polo, il y avait deux extraits de Marco Polo
Vous aviez déjà chanté le premier en concert ?
Oui, à Nanterre on l’a loupé, celui-là !
Mais
là, il n’était pas loupé ! Nous avons été frustrés, car en montant à la
Cathédrale Jean-Luc répétait avec Marie Kobayashi, et vous ne l’avez
pas chanté ! Tiens, d’ailleurs, qui aurait fait Marco Polo à la place
de Guillaume Depardieu ?
Quand, samedi ? On ne devait pas faire Marco Polo. Il y avait quelques
extraits , sa voix sur la bande …
Si ça avait eu lieu à Nice ?
C’est
Daniel Mesguich. Ceci dit, heureusement que ça ne se fait pas en
octobre, parce qu'on avait le théâtre le matin à 10 heures pour la
représentation l’après-midi ! Pour monter les décors, mettre le son,
répéter avec l’orchestre…
Ecclesiaste per esempio, è scritto prima, no?
L'Ecclesiaste Meditate e sono stati scritti prima, per le prestazioni
della Passione a Calvi, e sono tornato al Requiem.
Più di Figliolu ella può essere?
E Figliolu Ella, assolutamente, che è stata scritta per due voci per la
Passione di Calvi.
Sì, le voci delle donne, comunque.
E
quando si è pensato di lavorare sul Requiem, ho preso la Figliolu ella
a causa del tema, la canzone sembrava interessante per lo sviluppo, e
soprattutto quello che la canzone: il tema della Figliolu ella, sì
figliolu di meiu sembrava importante per me sembrava di essere il primo
a dire le cose quando qualcuno lascia. Ci sono stati questi tre brani
tratti da precedenti cose. Ma per tornare a ciò che ho detto, se vi
fosse stata alcuna richiesta di Jean-Pierre Le PAVEC ci sarebbe mai
Requiem. E se non vi era stata alcuna richiesta da Jean-Yves Lazennec,
non vi sarebbe mai Medea.
Ma è molto frustrante per noi,
perché ci sono emergenti gioielli, poi un gioiello secondo caso, e ci
sono quelli che non escono in particolare!
Ci sono coloro che non!
Ma coloro che hanno ascoltato ancora una volta, saremo in grado di
sentire!
Qui,
la questione è stata di chiedere un secondo momento, ma mi pongono
l'ora: in fin dei conti, quello che ha cantato, non vi era una canzone
della Georgia ...
Sì, Allilo.
Un estratto del Requiem?
No, Marco Polo, ci sono stati due estratti da Marco Polo
Hai già cantato il primo concerto?
Sì, Nanterre che abbiamo perso uno!
Ma
vi è stato non perdere! Ci sono stati frustrati, perché l'importo
Cattedrale Jean-Luc ripetuta con Marie Kobayashi, e voi non cantare!
Qui, infatti, che sarebbe stato il posto di Marco Polo, Guillaume
Depardieu?
Quando Sabato? Non dovrebbe essere di Marco Polo. Ci sono stati alcuni
estratti, la sua voce sul nastro ...
Se si è svolta a Nizza?
Si
tratta di Daniel Mesguich. Tuttavia, per fortuna non si svolgerà nel
mese di ottobre, perché è stata la scena di mattina fino alle 10 ore
per la rappresentazione, nel pomeriggio! Per montare il set, salvare
l'audio, ripetere con l'orchestra ...
Le travail du chant
Une
question à laquelle tout le monde pourra répondre, puisque c’est sur le
travail individuel du chant. Comment se fait votre travail individuel ?
Comment s’est fait progressivement le placement de votre voix, comment
cela continue-t-il d’évoluer au sein du groupe, le timbre... A l’écoute
du DVD de Don Kent, on apprend par exemple que Bruno Coulais vous
faisait aller beaucoup plus dans l’aigu ou dans le grave, donc ça
continue d’évoluer constamment. Comment chacun ressent-il ça,
travaille-t-il ça ?
Jean-Luc : Quand on travaille sur une
partition, on a chacun notre voix, qu’on travaille à la maison. On n’a
pas de méthode de travail particulière, on a une voix qu’on doit
apprendre, et ce sont les compositions qui font aller plus loin. Quand
on fait un truc avec Bruno, à chaque fois il fait monter un peu plus
les basses, il fait descendre dans le grave les aigus et inversement,
ce qui fait qu’on évolue Max : la méthode particulière, c’est de
travailler sur ordinateur.
Jean-Luc : Pour les partitions écrites
(celles de Bruno, Si di Mè, pas Médée ni les chants traditionnels), on
a un logiciel qui lit la partition, les 7 voix, on peut mettre 6 voix
en piano et la 7e, la nôtre, en trombone, on fait jouer à l’ordinateur,
ça permet d’entendre ta voix, tu peux même couper les autres voix et ne
laisser que la tienne, ralentir le tempo, l’accélérer, ça permet de
travailler en précision sur ta voix à la maison. Quand on
travaille sur une musique de film de Bruno on fait comme ça,
on
travaille 3 ou 4 jours à la maison, on déchiffre bien notre voix, et
une fois qu’on la connaît suffisamment, on se retrouve tous ensemble et
on essaie de faire fonctionner tous ensemble les voix que l’on a appris
individuellement. Ca c’est pour les partitions.
A Filetta en répétition, 21/08/2005 (photo : Jean-Jacques Filippi)
Et quand ce n’est pas écrit ?
On tâtonne ! On travaille ensemble.
Vous enregistrez vos répétitions ?
Pas assez...
Donc à chaque fois vous repartez un peu à zéro ?
C’est la mémoire.
Avec tous les chants que vous avez appris, ça ne se percute pas un peu ?
Jean-Luc : Au contraire, c’est ce qui permet d’entretenir la mémoire.
Plus tu en apprends, plus tu peux en apprendre.
J.C.
: Attention, même ceux qu’on a fixé sur ordinateur on les apprend par
cœur. Quand on a fait Marco Polo avec Bruno, on est obligé. Ce n’est
pas forcément le cas d’autres musiciens qui travaillent avec Bruno, ils
ont leur partition, et ce qui est terrible, c’est qu’on se rend compte
justement que pour le coup tu ne mémorises rien. Ils jouent mais ils
sont dans le cirage. Il peut arriver qu'ils se trompent, mais ils
continuent imperturbablement. Nous, à la limite, avec notre façon de
fonctionner, on essaierait de rattraper, eux même pas.
Ça veut dire qu’ils n’écoutent pas ce qu’il jouent ?
Justement, ça veut bien dire que c’est la façon dont on les forme.
C’est de la mécanique !
On
les forme à être en place et à jouer. Très souvent, les problèmes
viennent du fait qu’il n’y a pas de chef qui leur donne un départ. Donc
ils ne savent pas, ils ne comptent pas. Nous, quand on faisait
Himalaya, on comptait 27 mesures avant de rentrer sur Le Lac.
Quand vous dites ça à un musicien, il rigole ! 27 mesures,
c’est
un truc de fou. Il dit, attendez, on va vous faire signe ! Le musicien
est là, il attend, tac, et il joue sa partie.
Mais ils n écoutent pas ?
J.C.
: C’est comme ça. Attention, le problème, ce n’est pas parce que ce ne
sont pas de bons musiciens, c’est parce qu’on les a formés à jouer
comme ça. On leur demande d’interpréter une partition, on ne leur
demande pas d’écouter ce que fait le pupitre d’à côté. Alors que nous,
c’est exactement l’inverse. C’est pour ça qu’il y a beaucoup de
musiciens qui ne trouvent pas leur compte au sein de l’orchestre. Il y
a plein de gens qui sont malheureux dans les orchestres.
C’est très militaire, en fait !
Bien sûr.
Lavoro canzone
Una
domanda che ognuno può rispondere, in quanto è il singolo brano. Come è
il vostro lavoro individuale? Come ha fatto il progressivo
posizionamento della vostra voce, le modalità che egli continua a
svilupparsi all'interno del gruppo, le campane ... Per ascoltare il DVD
da Don Kent, per esempio, sappiamo che Bruno Coulais si dovrebbe andare
molto più alti o bassi, in modo che continua ad evolvere costantemente.
Come tutti si sente che funziona vero?
Jean-Luc: Quando si
lavora su una partizione, si è tutti i nostri voti, stiamo lavorando a
casa. Non vi è alcun particolare metodo di lavoro, era una voce che
dobbiamo imparare, e quali sono le composizioni che sono di andare
oltre. Quando facciamo qualcosa con Bruno, quando ha sollevato un po
'più bassi, è il basso per le gravi acuti e viceversa, in modo da
evolvere Max: il metodo è quello di lavorare su computer.
Jean-Luc:
Per le partizioni scritta (quelle di Bruno, Si Di Me, non Medea o
tradizionali canzoni), è stato un programma che legge la partizione, 7
voti, siamo in grado di salvare 6 pianoforte e voce nella 7a, la il
nostro, il trombone, giocato sul computer, ti permette di ascoltare la
tua voce, è possibile anche nascondere le altre voci e non lasciare che
detengono, rallentando il ritmo, la velocità è alto, permette di
lavorare su di precisione la vostra voce a casa. Quando si lavora su un
film di Bruno cliente ci piace questo lavoro 3 o 4 giorni a casa, che
decodifica i nostri voti, e una volta che sappiamo abbastanza, siamo
tutti insieme e cercare di fare tutte le voci che sono sentito
individualmente. Questo è per le partizioni.
A Filetta in prova, 21/08/2005 (Foto: Jean-Jacques Filippi)
E quando non iscritto?
E gropes! Noi lavoriamo insieme.
Registrate il vostro prove?
Non basta ...
Così, ogni volta che si lascia un po 'zero?
E 'la memoria.
Con tutti i brani che hai imparato, non ha colpito un po '?
Jean-Luc: Al contrario, è ciò che permette di mantenere la memoria. Più
si impara, più si può imparare.
JC:
Se vuoi, anche quelle impostate sul computer impara dal cuore. Quando
fu Marco Polo, con Bruno, che è necessario. Questo non è
necessariamente il caso, con altri musicisti che lavorano con Bruno,
che hanno il loro cliente, e ciò che è terribile è che ci rendiamo
conto che solo l'esperienza vi ricordo nulla. Essi svolgono, ma sono in
cera. Può accadere che si sbagliano, ma continuano imperturbably. Noi,
al limite, con il nostro modo di lavorare, cerchiamo di recuperare il
ritardo, neppure loro.
Ciò significa che essi non ascoltare quello che essi svolgono?
Precisamente, si vuole dire che è il modo in cui forma.
E 'meccanica!
Si
treni a porre in essere e giocare. Molto spesso, i problemi vengono dal
fatto che non vi è leader che dà loro un inizio. Quindi, perché non
sanno, che non contano. Noi, quando siamo stati in Himalaya, ci sono
stati 27 passaggi prima di tornare sul lago. Quando si dice che per un
musicista, ride! 27 misure, qualcosa di pazzo. Egli ha detto di
attendere, che vi farà firmare! Il musicista è lì, in attesa, tac, e
svolge la sua parte.
Ma non ascoltare?
J.C.: E
'così. Attenzione, il problema non è perché non sono buoni musicisti,
perché sono stati addestrati a giocare così. Essi sono chiamati a
interpretare un cliente, chiediamo loro di non ascoltare quello che la
prossima scrivania. Mentre noi, che è esattamente il contrario. Ecco
perché ci sono molti musicisti che non possono ottenere in orchestra.
Ci sono un sacco di persone che sono infelici in orchestre.
E 'molto militare, in realtà!
Certamente.
L'émotion
Cela
nous amène naturellement à la question suivante, il y a quelque chose
qui revient constamment dans la bouche des spectateurs, mais aussi dans
les interviews, c’est l’émotion que l’on ressent à l’écoute de vos
chants. Il y a quelque chose de particulier qui se passe. Est-ce que
vous le ressentez ? Comment l'expliquez-vous ?
On en parlait
avec Vincent Zanetti. On a souvent eu des gens qui sont venus nous voir
en fin de spectacle, des gens qui étaient émus au point de ne pas
pouvoir parler. On n’a pas d’explication, mais j’ai une idée là dessus,
elle vaut ce qu’elle vaut, moi je pense qu'ils ne sont pas émus par une
esthétique, par des harmonies ou par une architecture. Ce qu’ils
reprennent en pleine tête, je pense que – et c’est pour ça que la
liaison est bonne par rapport au fonctionnement – on est un corps
composé de divers individus qui ont chacun sa personnalité et qui
réussissent à former un corps. Je pense que l’idée est là : nos
sociétés modernes ont dans leur production, leur organisation, tout
conçu de façon pyramidale et individuelle, et en cloisonnant les
responsabilités. Pour tout, et on le voit quand il arrive une
catastrophe, on essaie de remonter tout de suite la chaîne des
responsabilités, parce que c’est organisé comme ça. On dit : « Untel
fait ça, il ne fait que ça, il a bien fait ce qu’il devait faire ».
Nous,
en tant que corps, on ne peut pas fonctionner comme ça. On est un corps
qui ne fonctionne que quand tout le monde contribue à le faire
fonctionner, et contribue en prenant à sa charge tout le corps. Il y a
un vrai collectif qui est une sorte de cocon, et je crois qu’on renvoie
cette image à des gens qui naturellement ont besoin de ça. Je ne vais
pas faire le philosophe, mais je pense que l’homme à l’état de nature a
besoin de ça, de savoir qu’il fait partie d’un tout, qu’il s’insère
dans un ensemble et qu’il est en même temps acteur de son propre rôle
et aussi acteur d’une partie du rôle des autres. Et ce système ne
fonctionne que dans la mesure où on s’abandonne au collectif tout en
gardant chacun sa personnalité. C’est un collectif qui s’enrichit de
l’abandon de tout le monde, mais qui n’impose à personne d’abandonner
sa personnalité.
Et je crois que c’est ça qui frappe les
gens : quand ils écoutent par exemple les chœurs de Médée,, les gens se
disent « mais comment ils peuvent chanter ensemble des choses qui ne
sont pas mesurées, ils n’ont pas de repères, qui fait quoi, qui
commande quoi », et là il n’y a pas de réponse.
Et d’ailleurs,
j’analyse les choses comme ça, parce qu’on le voit bien, très souvent
les individus modernes que nous sommes ont des problèmes avec le
collectif, avec le groupe. A chaque fois qu’il arrive quelqu’un ici,
une équipe de télé, des journalistes, des représentants des
institutions etc., ils demandent qui est le responsable. C’est ça le
problème. Notre musique est aux antipodes de ça. Et ça existe à l’état
naturel, parce qu’on en a besoin, je ne pense pas qu’on soit fait pour
ne jouer que son rôle et ne pas regarder les autres et surtout dire
"moi, je fais ce que j’ai à faire, que les autres en fassent autant".
Nous on ne peut pas fonctionner comme ça.
Tu as raison de
signaler ça, car une grande partie de l’émotion, c’est ça. L’aspect
fusionnel que vous donnez est bouleversant. Mais ça ne suffirait pas à
expliquer l’émotion. On est ému parce que c’est beau ce que vous
faites. C’est indissociable.
Je pense que c’est beau parce
que c’est fusionnel. Ce n’est pas beau parce que intrinsèquement c’est
beau. Parce qu'on a fait des choses qui ne sont pas belles non plus !
Tout
à l’heure on parlait d’harmonie, c’est vrai qu’il y a des moments dans
votre musique qui sont écrits de telle manière que c’est beau, ça
touche. Ensuite il y a ce côté fusionnel qui fait qu’il y a un corps,
une interprétation parce que vous êtes ensemble et que vous donnez
énormément.
Tu sais, il faudrait faire un test. Il faudrait
prendre un chœur classique et lui faire chanter un de nos chants. Ce
serait intéressant de voir comment les gens réagissent à ça.
Ce qui fait la différence, c’est l’émotion, le côté tactile. Vous vous
touchez, on sent une amitié entre vous.
Absolument, c’est pour ça qu’à mon sens, ça vient de là, ce n’est pas
ce qu’on chante.
Emotion
Ciò
comporta naturalmente la questione, vi è qualcosa che è costantemente
in bocca di spettatori, ma anche nelle interviste, è l'emozione che ci
si sente ad ascoltare le vostre canzoni. Vi è qualcosa di speciale che
succede. Ti senti? Come si spiega?
Abbiamo parlato con
Vincenzo Zanetti. Abbiamo avuto spesso persone che sono venute a
trovarci alla fine dello spettacolo, le persone che sono state
trasferite, fino al punto di non essere in grado di parlare. Vi è stata
fornita alcuna spiegazione, ma ho una idea su questo, è ciò che vale la
pena, credo che non sono mossi da estetica, l'armonia con
l'architettura o. Essi riprendere in testa, penso - e questo è il
motivo per cui il collegamento è buona, rispetto al funzionamento - si
tratta di un organo composto da varie persone che hanno ciascuna la
propria personalità e che riescono a formare un corpo. Penso che l'idea
è questa: le nostre società moderne hanno nella loro produzione,
l'organizzazione, la piramide progettata e individuale, e le
responsabilità di partizionamento. Per tutto ciò, e lo vediamo quando
succede un disastro, cerchiamo di tornare immediatamente la catena di
responsabilità, perché è organizzato come questo. Essa ha detto:
"Smith, ha fatto, è proprio questo, egli ha fatto ciò che dovrebbero
fare".
Noi, come un corpo, non si può lavorare così. Vi è
un organismo che funziona solo quando ognuno contribuisce a rendere il
lavoro, e aiuta a prendere in mano tutto il corpo. Si tratta di un
partenariato che è una sorta di bozzolo, e penso che questo file si
riferisce a persone che, ovviamente, ne hanno bisogno. Non voglio fare
il filosofo, ma penso che l'uomo nello stato di natura, un bisogno,
sapendo che si tratta di parte di un tutto, essa fa parte di un insieme
e che è anche un attore nel suo ruolo di attore e di una parte del
ruolo degli altri. E questo sistema funziona solo in quanto abbandona
il gruppo, mantenendo tutti personalità. Si tratta di un collettivo che
si è arricchito l'abbandono da parte di tutto il mondo, ma non
rinunciare a nessuno la sua personalità.
E penso che ciò
che colpisce le persone quando sentono tali cori di Medea, e la gente
dice "ma come si può cantare tutte le cose che non sono misurati, non
hanno punti di riferimento chi fa che cosa, che cosa gli ordini, e non
vi è alcuna risposta.
E poi, mi piace analizzare le cose che,
perché vediamo molto spesso che la moderna individui abbiamo problemi
con il collettivo, con il gruppo. Ogni volta che qualcuno viene qui, un
gruppo di giornalisti televisivi, i rappresentanti delle altre
istituzioni. Essi chiedono che ne è responsabile. Questo è il problema.
La nostra musica è l'antitesi di tutto ciò. E che si verifica
naturalmente, perché abbiamo bisogno, non credo che ci può essere fatto
a svolgere il suo ruolo e non guardando gli altri e soprattutto di dire
"fare quello che ho hanno a che fare, che gli altri facciano lo stesso.
" Non siamo in grado di operare in questo modo.
Hai
ragione a sottolineare che, poiché gran parte delle emozioni, che è
giusto. La fusione è che si sta muovendo. Ma non sarebbe spiegare
l'emozione. Siamo felici perché è bello quello che fate. È
inseparabili.
Penso che è bello perché è fusional. Non è
bello perché è intrinsecamente bello. Perché abbiamo fatto le cose che
non sono né belle!
Poco fa abbiamo parlato di armonia, è
vero che ci sono momenti nella tua musica che è scritto in modo tale
che è bello, si tocca. Poi c'è questa parte che fusional fatto che vi
sia un corpo, un 'interpretazione perché siete insieme e si danno
enorme.
Sai, ci dovrebbe essere una prova. Sarebbe un
classico coro a cantare una delle nostre canzoni. Sarebbe interessante
vedere come la gente reagisce ad essa.
Che cosa fa la differenza è l'emozione, toccare il lato. Si tocca, si
sente uno di amicizia tra di voi.
Assolutamente, questo è il motivo per cui a mio parere, è da lì, questo
non è ciò che cantano.
Le point de départ c’est ça. Mais ce que vous chantez, c’est
important !
Je
ne dis pas que ce n’est pas important, ce que je veux dire c’est que
après, tu aimes ou tu n’aimes pas, tu adhères ou tu n’adhères pas.
Quand j’écoute de la musique classique, je préfère les symphonies de
Mahler à celles de Beethoven.
Françoise : Il y une alchimie
: c’est physique et relationnel.Tu pourrais dire qu’il y a une peuplade
d’hurluberlus qui sont fous d’A Filetta, mais quand tu vois à côté de
toi des gens que tu ne connais pas être émus aux larmes … ma
fille était aux Rencontres pour la première fois, eh bien Diane
vendredi soir, quand vous avez chanté, elle pleurait !
Pierre : La première fois qu’on vous a entendus, pareil, et ça remonte
à 1993, ce n’était pas le même répertoire.
F : C’est intergénérationnel, c’est incroyable, l’effet que vous faites
c’est … comme le chocolat !
Moi,
j’ai eu le même type de sensation lorsque j’ai entendu chanter les
Georgiens pour la première fois. C’est la même chose, parce que je
pense que c’est là-dessus qu’on se ressemble avec les Georgiens,
au-delà de l’aspect polyphonique, des ressemblances sur le plan de
l’harmonie, on est pareils sur le rapport entre nous et sur le rapport
avec le public.
Et c’est pour ça qu’on aime aussi vous voir, ce contact direct avec ce
que vous êtes
C’est un courant qui passe, ça rentre par les pores.
Encore
une fois parce qu’au delà du fait qu’on dit des choses avec notre
esthétique, il y a le fait qu’on est comme un corps, avec tout ce que
cela a de fragile, de déséquilibré, de vivant, de tension, alors qu’on
n’a pas ce sentiment là quand on voit un chœur classique.
Et vous ne donnez pas un spectacle.
On
peut être touché par de belles harmonies, la voix de l’ange, mais
chaque fois que j’ai vu des chœurs classiques chanter, il y a quelque
chose qui ne se passe pas, ça n’empêche pas qu’ils puissent faire des
choses qu’on leur envie souvent...
On n’est pas dans la technique avec vous, on est dans le sentiment,
dans l’être, dans l’humain…
Il punto di partenza è questo. Ma ciò che è importante cantare!
Non
sto dicendo che non è importante, quello che sto dicendo è che dopo che
ti piace o non ti piace o vi si unisce a voi non è così. Quando ascolto
musica classica, io preferisco la sinfonie di Mahler quelle di
Beethoven.
Françoise: Vi è un alchimia: è fisica e
relationnel.Tu potrebbe dire che c'è una tribù di manovelle che sono
pazzi per filettare, ma quando si vede accanto a te persone che non
conoscete fino alle lacrime ... mia figlia è stata nel corso della
riunione per la prima volta, beh, Diane Venerdì sera quando si cantava,
gridò!
Pietro: La prima volta che hai sentito, e questo risale al 1993, questa
non era la stessa directory.
F: E 'intergenerazionale, è sorprendente l'effetto che si fa ... come
il cioccolato!
Ho
avuto lo stesso tipo di sensazione quando ho sentito cantare i
georgiani per la prima volta. E 'la stessa cosa, perché penso che sia
superiore è simile a quella con i georgiani, in aggiunta alle
polifoniche somiglianze, in termini di armonia, è su tale il rapporto
tra noi e il rapporto con il pubblico.
Ed è per questo che ti amo anche vedere, questo contatto diretto con
ciò che si sta
Si tratta di una corrente che passa attraverso i pori.
Ancora
una volta a causa del fatto che al di là delle cose che diciamo con la
nostra estetica è il fatto che noi siamo come un corpo, con tutto ciò
che una fragile, sbilanciato, vivo, la tensione, quindi non abbiamo
questa sensazione, quando ci vediamo un classico coro.
E voi non danno una mostra.
Si
può essere toccato da belle armonie, la voce del angelo, ma quando ho
visto classica, canto corale, c'è qualcosa che non accade, non li si
può smettere di fare cose che spesso vogliono ...
Non è la tecnica con voi, siamo in un certo senso, in quanto, nel umani
...
Donner du sens
Ca
amène encore naturellement la question suivante : qu'est-ce que tu veux
dire quand tu parles du sens, de la recherche du sens mais pas d’un
sens ?
Oui, quand je dis du sens et pas un sens, c’est que
justement, trop souvent on cherche un sens aux choses, c’est à dire que
soit on cherche un sens en se donnant une direction, en se projetant et
en disant « c’est là qu’on va », et à mon avis, ça ne peut pas
fonctionner comme ça, on n’a jamais dit : « on va faire ci, on va faire
ça, on a tel projet, on va aller à tel endroit… » Ce qu’on fait, ça ne
peut pas se planifier, c’est fait de rencontres.
Il n’y a pas de stratégie.
Absolument,
il y a des rencontres qui nous ont modelés, changés, transformés, qui
ont fait qu’au fil de ces rencontres on a un profil nouveau à chaque
fois. A mon avis, c’est la définition même de l’identité qui n’a de
sens que dans la mesure où elle est en perpétuelle édification, sinon
c’est quoi l’identité, ce que tu es maintenant, dans deux heures tu ne
le seras plus, par la force des choses. Donc c’est une illusion de dire
que je vais camper sur la tradition, c’est un peu ça qui me gêne dans
le discours sur la défense de l’identité, qui a mon sens, ne tient pas.
C’est contraire à toute idée de vie, et quand je dis "du sens", c’est
aussi le fait que si on n’intègre pas le fait que chacun d’entre nous
est multiple, que non seulement on est un groupe constitué d’individus
qui sont eux mêmes multiples, donner du sens à ce qu’on fait, c’est
éviter de demander à chacun de n'être que lui et de rester ce qu’il
est, ce qui de toutes façons dans la vie n’est pas possible ; c’est
pour ça que je dis "il faut donner du sens et pas un sens", et c’est la
raison pour laquelle notre musique est variée, et c’est ce qui vous la
fait apprécier.
Moi, je ne vais pas dire « je ne vais faire
des choses que dans la mesure où elles sont en rapport avec ce que j’ai
été à un moment donné ». De toutes façons, ce qui s’arrête se défait ;
le jour où on s’arrête, on commence à dégringoler, et c’est applicable
partout, y compris dans la technique. Le jour où on s’arrête d’être
exigeant, d’aller au-dessus, fatalement on commence à redescendre, car
les forces sont contraires !
Dare un senso
Questo
porta naturalmente alla domanda: che cosa si intende quando si parla
certo senso, la ricerca di significato, ma priva di significato?
Sì,
quando dico che non ha senso e il senso è proprio che, troppo spesso
alla ricerca di un significato alle cose, vale a dire che è alla
ricerca di un significato in una direzione che, per la progettazione e
dice "Questo è dove", e, a mio parere, non può lavorare così, non
abbiamo mai detto, "lo faremo, lo faremo in un progetto, andremo in un
posto ... "Che cosa facciamo, non può piano, è riunioni.
Non vi è alcuna strategia.
Certamente,
ci sono incontri che abbiamo plasmato, cambiato, trasformato, che
hanno, nel corso di questi incontri che abbiamo un nuovo profilo di
volta in volta. A mio parere, la definizione stessa di identità che ha
senso solo nella misura in cui è costantemente edificio, altrimenti ciò
che è l'identità che vi trovate in due ore sarebbe meglio, con la forza
di circostanza. Quindi è una illusione di dire che mi bastone alla
tradizione, ma solo in mi disturba il discorso sulla difesa della
propria identità, che a mio avviso non è così. Ciò è contrario a
qualsiasi concetto di vita, e quando dico "che significa" è anche il
fatto che se uno non contesta il fatto che ciascuno di noi è
multiforme, che non solo è un gruppo è costituito da persone che sono a
loro volta di più, di dare un senso a ciò che facciamo non è chiedere a
tutti di essere e di rimanere solo lui quello che è, che in ogni caso
in La vita non è possibile, che è il motivo per cui dico "dobbiamo dare
un senso e non senso" ed è per questo che la nostra musica è varia, e
che si apprezzano .
Non dico 'non posso fare le cose come
sono legate a ciò che sono stato in una sola volta ". Comunque, ciò che
blocca i rigetti in mare il giorno in cui ci fermiamo, noi cominciamo a
piombino, e si applica in tutto il mondo, anche in tecnologia. La
giornata si smette di essere esigente, a salire, inevitabilmente si
avvia di nuovo, perché sono contro le forze!
L'accompagnement instrumental
Avant le final, petite question subsidiaire sur les instruments, que
vous avez abandonnés, est-ce définitif ?
Paul : Pour moi, oui, le tambour à contre temps !
JC
: On a eu cette discussion aux Rencontres sur le problème des
instruments. Mon sentiment, c’est que la Corse, en tout cas le
mouvement culturel corse depuis le début des années 70, a un gros
problème avec les instruments. Cela me semble évident. Autant on avait
une tradition orale très puissante, des voix, une science de la voix,
de la pratique vocale, autant sur le plan de l’instrument, avec du
recul, je ne vois pas quel groupe depuis le début des années 70 a
réussi quelque chose sur le plan instrumental. Je suis très
catégorique, les gens qui réussissent sont très souvent ceux qui sont
en rupture avec le mouvement identitaire, ils sont dans un autre
registre. Vous avez de superbes musiciens en Corse, mais vous ne les
trouvez pas dans les groupes. C’est lié au fait que Canta u Populu
Corsu en commençant, a donné un style, c’est celui de Jean-Paul
Poletti, la guitare arpégée, et tout le monde lui a emboîté le pas,
nous y compris, et que ça ne fait pas une ossature instrumentale, un
chant techniquement cohérent. Je voyais sur ces Rencontres, et je le
leur ai dit d’ailleurs, Rassegna, techniquement c’est très en place,
aucun problème. Je voyais Julia Sarr et le guitariste, on aime ou on
n’aime pas, mais la guitare avait de la dimension ; si vous écoutez des
groupes corses, il y a une espèce de bouillie instrumentale.
On a la sensation que les instruments, notamment la guitare, retombent
constamment sur les mêmes schémas...
Absolument,
on est bien d’accord, mais c’est parce que d’abord, peut être que le
mariage avec les voix polyphoniques n’est pas si évident que ça, et
deuxièmement parce qu'on a toujours fait pour l’instrument ce qu’on
faisait pour les voix, en ne tenant pas compte du fait qu’il y avait
une tradition pour les voix mais pas pour les instruments, et qu’on n’a
pas d’instrumentistes. Le peu d’instrumentistes qu’on a, ce sont des
gens qui, à un moment donné, se sont mis à jouer de la guitare ; on
s’accompagne, mais à mon avis c’est insuffisant.
De tous les gens
qui jouent, pour moi - c’est peut-être excessif ce que je dis
-
il y en a un seul qui a une réelle dimension sur le plan de
l’accompagnement, c’est Jérôme Ciosi, il utilise une guitare comme un
guitariste, c’est un vrai guitariste, il a une formation classique, il
sait de quoi il parle.
Les autres, il y a beaucoup de choses
maladroites, mal conçues. Moi, il y a des choses que j’ai comprises en
évoluant dans le chant. Par exemple, la guitare arpégée,
systématiquement faire un arpège de guitare en accompagnement, vous
ramenez l’unité de temps à sa valeur la plus petite ! A un moment
donné, (il chante la partie de guitare) ça fige les choses, d’abord ça
donne une orientation…
Pour en revenir à ta question, à un moment
donné on a pris conscience du fait qu’on n'était pas des
instrumentistes, pas à l’aise dans ce domaine et même si on a pu faire
des choses qui avaient un intérêt – je le disais à Bruno Allary de
Rassegna – qui me disait "pour moi, votre disque Una Tarra ci Hè est
superbe, je l’écoute…"
L'accompagnamento strumentale
Prima della finale, un piccolo punto sugli strumenti che si hanno
abbandonato, è permanente?
Paolo: Per me, sì, il tamburo contro il tempo!
JC:
Abbiamo avuto questa discussione nel corso di riunioni sul tema degli
strumenti. La mia sensazione è che la Corsica, in ogni caso, il
movimento culturale corsa fin dai primi anni'70, ha un grosso problema
con gli strumenti. Che sembra chiaro. Così come non vi è stata una
forte tradizione orale, le voci, una scienza della voce, pratica
vocale, sia in termini di strumento, con il senno di poi, non vedo
alcun gruppo fin dai primi anni'70 ha avuto successo qualcosa sulla
strumentale. Sono molto categorico, le persone che hanno successo sono
spesso coloro che sono di rottura con il movimento di identità, sono in
un altro registro. Hai grandi musicisti, in Corsica, ma non si riesce a
trovare nei gruppi. Ciò è dovuto al fatto che Canta u Populu Corsu
inizio, ha uno stile è quello di Jean-Paul Poletti, arpeggiated
chitarra, e ognuno di noi ha seguito l'esempio, noi compresi, e non fa
le ossa strumentali, un brano tecnicamente coerente. Ho visto su questi
incontri e che ho detto altrove, Rassegna, tecnicamente è molto alto,
nessun problema. Ho visto Julia Sarr e il chitarrista, il aime a ou
n'aime pas, ma la chitarra ha le dimensioni, se si ascolta corsi
gruppi, non vi è una specie di porridge strumentale.
E 'stata la sensazione che gli strumenti, tra cui la chitarra, in
costante calo sullo stesso pattern ...
Assolutamente,
stiamo bene, ma è dovuto al fatto che prima, forse il suo matrimonio
con il polifonica voci non è così ovvio come, e in secondo luogo,
perché abbiamo sempre fatto per lo strumento quello che abbiamo fatto
per la voce, non tenendo conto del fatto che non vi è una tradizione
per le voci, ma non per gli strumenti, e non abbiamo strumentisti. I
pochi giocatori che abbiamo, sono queste persone che, a un certo punto,
ha iniziato a suonare la chitarra e va, ma a mio parere è
insufficiente.
Di tutte le persone che suonano per me - forse
eccessivo quello che dico - non vi è uno che ha una dimensione reale in
termini di sostegno, è Girolamo Ciosi, si utilizza un chitarra come
chitarrista, è un vero chitarrista, ha di formazione classica, egli sa
di che parla.
Altri, ci sono molte cose scomode, mal progettato.
Me, ci sono cose che ho incluso nel movimento canzone. Ad esempio,
arpeggiated chitarra, su un arpeggio di chitarra di accompagnamento, è
l'unità di tempo di ritorno al valore inferiore! A un certo punto,
(egli canta la chitarra) che blocca le cose, in primo luogo che
fornisce una guida ...
Per tornare alla tua domanda, a un certo
punto ci siamo resi conto che non erano musicisti, non confortevoli in
questo settore e, anche se si potrebbe fare le cose che avevano un
interesse - I Bruno ha detto di Allary Rassegna - che ha detto "per me,
vostro hard Una TARRA Egli è meraviglioso, mi ascolti ..."
C’est notre avis aussi !
Sans
doute, mais moi, quand je réécoute les parties instrumentales, je me
dis que ce n’est pas ça. Bon, les parties vocales non plus
(rires). Avec le recul, on n’est pas content de ce qu’on a fait.
Ca fait partie d'une progression.
Absolument,
on fera sans doute des choses avec instrumentation, mais avec des
musiciens. On ne fait pas un rejet de ce qui pourrait être une
instrumentation de type traditionnel : si demain on nous donnait les
musiciens, des syriens qui sont venus il y a 3 ou 4 ans, aucun
problème, on peut faire des choses avec, même dans des registres très
différents, mais faire ce que l’on a fait avec les moyens du bord, moi
guitariste alors que même si j’ai fait un peu de guitare classique je
ne suis pas instrumentiste, c’est insuffisant. Et après, il y a toute
une énergie que l’on n’a plus dans le chant parce qu’on n’est pas à
l’aise.
(pendant ce temps, Max, Jean-Luc, Paul et Jean se
sont emparés de nos appareils photos et « font les japonais »,
mitraillent dans tous les sens, se photographient mutuellement en
faisant des grimaces)
Les projets
La dernière
question, vos projets. Il y en a certains dont on a entendu parler,
d’autres pas. Il y a la création avec Paolo Fresu, le dessin animé (Max
and co), y a t il à côté de ça une création genre Requiem ou Médée dans
les cartons ?
Il y a plusieurs choses. Il y a le travail à
l’Aghja avec les musiciens de jazz, c’est une rencontre ; ce n’est pas
une création à proprement parler, on arrive avec des choses, eux
arrivent avec les leurs, on va essayer de mettre en place une rencontre
mais ça ne sera pas une création ex nihilo ; en 4 jours on ne va pas
produire un répertoire d’une heure et quart, ce n’est pas possible.
Après
cette rencontre avec des musiciens de jazz, dans l’ordre on doit
travailler avec des musiciens toscans, l’orchestre de Livourne, et deux
actrices sardes dans le cadre d’un projet : un nouveau Médée. Enfin, ce
sera notre Médée, avec deux actrices et un orchestre. Bruno Coulais
doit écrire des choses sensées non pas jouer sur nous, mais opérer un
maillage entre une musique de facture classique telle que peut l’écrire
Bruno, et nos chants. Cela doit se faire impérativement avant l’été
2007, c’est très court.
Dans la foulée, on doit travailler sur une
création d’Orlando sur une Colomba qui doit se faire au théâtre de
Bastia le 5 mai. Ceci dit, Orlando ne veut pas a priori que ce soit
quelque chose de complètement créé : il dit qu’on est dans l’évocation,
même s’il ne va pas reprendre le texte de Mérimée, mais il veut qu’on
utilise plus un fond traditionnel qu’on pourrait actualiser, qu’on
pourrait remodeler, mais pas de création proprement dite.
Ensuite,
il y a avec Orlando et Bruno la création d’un nouvel opéra pour enfants
au mois de juin à Nice avec le cirque Grüss. Bruno doit écrire des
parties pour nous, il pense utiliser beaucoup les chevaux.
Et il y
a également le projet dont je vous parlais l’autre soir à Bastia avec
le centre culturel Una Volta, un travail sur les quartiers anciens de
Bastia.
E 'anche la nostra opinione!
Senza
dubbio, ma penso che quando sento le parti strumentali, mi dico che
questo non è vero. Bene, la voce sia (ride). Con il senno di poi, non è
felice con quello che abbiamo fatto.
E 'parte di una progressione.
Assolutamente,
noi probabilmente le cose con la strumentazione, ma con i musicisti.
Non si tratta di un rifiuto di ciò che potrebbe essere una
strumentazione tradizionale: se domani ci ha dato i musicisti, che è
venuto in Siria ci sono 3 o 4 anni, nessun problema, possiamo fare le
cose, anche in molto diverse segnalazioni, ma fare ciò che avete fatto
con i mezzi a portata di mano, mentre la mia chitarra, anche se ho
fatto un po 'di chitarra non mi uno strumentista, è insufficiente. E
poi vi è una energia che non è più il canto, perché non sono a proprio
agio.
(durante questo tempo, Max, Jean-Luc e Jean Paul ha
preso le nostre telecamere e reso i giapponesi "mitraillent in ogni
senso, fotografia reciprocamente a fare smorfie)
Progetti
L'ultima
domanda, i vostri progetti. Ci sono alcuni che sono sentiti, altri no.
Vi è la creazione, con Paolo Fresu, il cartone animato (Max e co), è
accanto ad essa una sorta creazione Requiem o Medea in cartoni?
Ci
sono molte cose. C'è lavoro per Aghja con musicisti jazz, è un
incontro, che non è un punto di vista strettamente parlando, si tratta
di cose, arrivano con la propria, si tenta di stabilire una riunione,
ma non sarà una creazione ex nihilo, in 4 giorni non produrre una
directory di un ora e un quarto, non è possibile.
Dopo questo
incontro con musicisti jazz in ordine ha bisogno di lavorare con
musicisti provenienti da Toscana, l'orchestra di Livorno, la Sardegna e
due attrici per il progetto: una nuova Medea. Infine, è la nostra
Medea, con due attori e l'orchestra. Bruno Coulais deve scrivere
qualcosa di sensato e non giocare su di noi, ma una maglia tra una
musica classica come Bruno possono scrivere, e le nostre canzoni.
Questo deve essere fatto entro l'estate del 2007 è molto breve.
In
questo processo, dobbiamo lavorare per la creazione di Orlando su una
colomba, che devono essere sul luogo di Bastia 5 maggio Detto questo,
Orlando non è a priori che si tratta di qualcosa di completamente
stabilito: si dice che nell'anno di riferimento, anche se non
riprodurre il testo di Mérimée, ma è di utilizzare più tradizionale
sfondo potremmo aggiornamento, si potrebbe rimodellare, ma non la
creazione stessa.
Poi c'è Orlando e Bruno, con la creazione di
una nuova opera per bambini in giugno a Nizza con il circo Gruss. Bruno
scrive parti per noi usare molti cavalli.
E c'è anche il progetto ho parlato l'altra notte a Bastia con il centro
c
Et pour les 30 ans d’A Filetta ?
Pas
pour l’instant, on a évoqué la possibilité de faire une grande salle
sur Paris parce qu’on ne l’a jamais fait, mais pour l’instant rien
n’est arrêté, et on ne sait pas trop dans quelle formule le faire : on
ne va pas faire Si di mè, on ne va pas faire un Requiem, on ne peut pas
faire un peu de tout, c’est difficile.
Et les CD « de rattrapage » ?
Il était prévu de faire sortir la Grammaire de l’imagination cette
année , mais on a dû reporter, ça sortira fin 2007.
Pas un DVD du spectacle ?
Non,
c’est trop difficile. L’idéal, ce serait de faire un vrai travail
d’animation, mais c’est trop cher. On va essayer de faire un CD avec un
beau livret . Ou bien un livre avec un CD ? Ce qui est sûr, c’est qu’on
était dans l’idée de faire la Grammaire en version bilingue, voire
trilingue, c’est à dire de faire trois versions du texte, en italien,
en français et en corse, parce qu’on pensait que même sur le plan
pédagogique ça pourrait être très bien de voir comment on passe d’une
langue à l’autre. C’est en projet.
Le Requiem ?
Le
Requiem, on disait que ce qui serait bien, c'est de l’enregistrer fin
2007. L’idée, c’est de le reprendre petit à petit, de travailler chant
par chant, et de le sortir fin 2007 ; ça aurait été bien été 2007.
Et puis ? Il y a des chants qui n’ont jamais été enregistrés !
Tout le Salve Regina, tout le Via Crucis, ça aussi c’est renvoyé aux
calendes calvaises !
Et In Memoriam ?
Jean-Luc
: C’est fini ! Non, on va le refaire en décembre 2007 en Belgique. La
théâtre de Monte-Carlo avait l’exclusivité pendant deux ans ; à partir
de janvier 2007, si Larbi veut le reprendre, il peut le faire avec un
autre ballet.
C’était magnifique !
Vous l’avez vu en entier ?
Non, la version courte à Monaco en août...
L’intégralité
du spectacle c’est très cohérent. La version courte est cohérente
aussi, mais il y a des raccourcis. Ce qu’on avait fait fin 2004,
c’était…
Ca ne doit pas sortir en DVD ?
Non, ils
vont l’intégrer à leurs éléments de presse, mais je crois que Cherkaoui
ne voudrait pas qu’il soit présenté en extrait, ça perd de sa force,
mais il a écrit quelque chose de magnifique. On espère travailler
encore avec lui, il a envie de travailler encore avec nous.
En
plus quand on répétait là bas en 2004, on travaillait dans le gymnase
avec les danseurs, il est lui-même danseur, il vient de la danse plus
hip hop, moderne, on voyait la façon dont ça évoluait. Avec les
danseurs classiques, il disait "c’est extraordinaire, je peux utiliser
des choses classiques que moi je ne saurais pas faire", par contre,
quand il demandait des choses aux classiques, lui c’est un acrobate, on
dirait une boule de chewing-gum, pour eux c’était difficile, on aurait
dit qu’ils étaient anguleux, alors que lui, les mouvements, il roulait,
on aurait dit les bêtes que tu touches, qui se mettent en boule !
E per 30 anni A Filetta?
Non
in questo momento, abbiamo parlato della possibilità di una grande
stanza a Parigi, perché non abbiamo mai fatto, ma per ora nulla si è
fermato, e non è chiaro in che modo la formula fare: non lo faremo Se
di me, non fare un Requiem, che non si può fare un po 'di tutto, è
difficile.
CD e "catch-up"?
Si prevede di lasciare la grammatica della fantasia di quest'anno, ma
ha dovuto essere rinviata, che uscirà fine del 2007.
Non è un DVD dello spettacolo?
No,
è troppo difficile. Idealmente, sarebbe un vero e proprio lavoro di
animazione, ma è troppo costoso. Cercheremo di fare un CD con un bel
libretto. O un libro con un CD? Quel che è certo è che l'idea era
quella di rendere la grammatica in un bilingue o trilingue, vale a dire
a realizzare tre versioni del testo, in italiano, francese e in
Corsica, a causa abbiamo pensato che, anche su un insegnamento che
potrebbe essere molto buona per vedere come si passa da una lingua
all'altra. È previsto.
Requiem?
Requiem, è
stato detto che ciò che sarebbe bello è quello di salvare la fine del
2007. L'idea è quella di tornare a lavorare gradualmente canzone
canzone, e l'uscita della fine del 2007, era stato nel 2007.
E poi? Ci sono canzoni che non sono mai stati registrati!
Tutto il Salve Regina, mentre la Via Crucis, si è anche fatto
riferimento alla Kalends calvaises!
E In Memoriam?
Jean-Luc:
Finito! No, ci sarà di nuovo nel dicembre 2007 in Belgio. La scena di
Monte Carlo in esclusiva per due anni a partire dal gennaio 2007, Larbi
vuole riprendere, si può fare con un altro balletto.
E 'stato magnifico!
Avete visto tutti?
No, una versione più breve a Monaco nel mese di agosto ...
L'intera
mostra è molto coerente. La versione corta è coerente, ma non ci sono
scorciatoie. Che cosa è stato fatto alla fine del 2004, è stato ...
Non è rilasciato su DVD?
No,
essi incorporano elementi di stampa, ma credo Cherkaoui non sarebbe
presentato in estratto, perde la sua forza, ma ha scritto qualcosa di
bello. Si spera di poter lavorare ancora con lui, lui voleva ancora a
lavorare con noi.
Inoltre, quando si è ripetuto nel 2004, ha
lavorato in palestra con i ballerini, si tratta di un ballerino, che ha
più di danza hip-hop, moderno, è possibile vedere come si è evoluta.
Con la classica ballerini, ha affermato che "è straordinario, posso
usare qualcosa di classico che non saprei come", per contro, quando ha
chiesto che le cose per i classici, è un acrobata, appare come una
palla gomme da masticare, è stato difficile per loro, ci hanno detto
che erano angolare, mentre i suoi movimenti, era in viaggio, si sarebbe
detto che gli animali si tocca, per essere messe in una palla!
Des chenilles ?
Oui, c'est ça ! C’est impressionnant, tu as l’impression qu’il est
complètement désarticulé !
F:
Je l’ai vu dans un ballet avec un chorégraphe pakistanais, "Zéro
degré", un duo, et à un moment donné il danse sur la tête, c’est
incroyable !
Donc, on suivait toutes les répétitions et à la
fin, il disait aux danseurs : "c’est bon, vous pouvez y aller", et à
nous il disait "vous, vous restez ici", et il se mettait à chanter avec
nous, il connaissait tous les chants par cœur, il disait "faites-moi
celui là, montrez moi la terza…"
Dans ce ballet il chantait aussi un chant yiddish, il chante bien !
Je sais qu’il chante bien ! et il a une grâce ! Il est impressionnant.
Jean-Luc
donne le signal du départ. Il ne nous restait plus qu'à remercier
chaleureusement Jean-Claude, Jean-Luc, Max, Ceccè, Paul et Jean pour
leur accueil et pour cet entretien passionnant qui a duré près de deux
heures, dans une ambiance chaleureuse et détendue.
Bruchi?
Sì, il gioco è fatto! E 'impressionante, si ha l'impressione che non è
completamente scollegato!
F:
Ho visto in un balletto coreografo con un pakistano, "zero", un duetto,
e ha ballato una sola volta sulla testa, è incredibile!
Quindi
abbiamo seguito tutte le prove e alla fine, ha detto il ballerini: "E
'buono, si può andare", e lui ci ha detto "voi, il vostro soggiorno
qui", e ha iniziato a cantare con noi egli conosceva tutte le canzoni a
memoria, ha affermato che "farmi questo, la terza mostra di me ..."
In questo balletto ha cantato una canzone yiddish, canta bene!
So che canta bene! ed è una grazia! E 'impressionante.
Jean-Luc
ha dato il segnale di partenza. Resta solo per noi a ringraziare
Jean-Claude, Jean-Luc, Max, Cecca, Paolo e Giovanni per la loro
ospitalità e per questo affascinante intervista, che è durato quasi due
ore in un ambiente caldo e rilassante.
Autre interview, celle réalisée par Benjamin MiNiMuM pour MONDOMIX à
Calvi en septembre 2006
Les motivations à l'origine d'A Filetta,
réalité et caricature des traditions musicales corses
Ecoutez,
les motivations étaient celles partagées par un certain nombre de
jeunes groupes en corse. A la fin des années 70, il y a une volonté de
se mettre en marche pour contribuer à sauvegarder un patrimoine.
Notamment un patrimoine oral qui est en train pratiquement de
disparaître. Pour des raisons historiques, économiques, la Corse se
vidant à partir de la fin de la première guerre mondiale de sa
substance vive, en tout cas dans l’intérieur de l'île, il y a tout un
patrimoine oral, une culture orale, toute une tradition de choses
chantées, sacrées et profanes, qui est en train de disparaître.
Et
il a fallu attendre la fin des années 70 pour qu‘apparaisse une sorte
de sursaut, identitaire si on veut, qui a fait que nous, comme
d’autres, on s’est engagés pour contribuer, dans un premier temps, à la
sauvegarde de ce patrimoine oral.
Et puis après, très vite s’est
imposée à nous l’idée, le besoin, la nécessité, d’essayer de prolonger
cette tradition, notamment par la création, par des apports nouveaux eu
égard aux relations que nous tissions déjà avec d’autres traditions
orales, d’autres musiques, d’autres musiciens, d’autres compositeurs.
Et ce avec une conscience européenne, méditerranéenne ou mondiale ?
En
tout cas, ce qui est sûr, c’est qu’au départ c’est un réflexe de
survie. Donc la première phase, c’est celle qui consiste à dire «
faisons quelque chose pour nous ».
Ensuite, très vite on se rend
compte qu’il est illusoire de penser restaurer un patrimoine en le
coupant du reste du monde. ça veut dire que pour nous, il est clair que
la tradition n’a de sens que dans la mesure où elle continue de
refléter un peuple qui vit et qui avance. Et ce peuple qui vit et qui
avance, il vit et avance tout simplement parce qu’il est au contact
d’autres peuples, d’autres musiques, d’autres traditions orales, qui
peuvent être d’ailleurs quelquefois très éloignées de la nôtre, mais
qui de toutes façons nous marquent, laissent une empreinte.
On ne
sort jamais indemne d’une rencontre avec d’autres musiciens, et ce qui
nous intéresse, c’est de faire en sorte que notre musique soit en même
temps une musique vivante, qui intègre des influences, et qu’elle
continue à ressembler à ce que nous sommes depuis longtemps.
Et je
crois qu’il y a comme ça quelque chose qui se crée indéniablement ces
25 ou 30 dernières années, qui s’éloigne de la tradition originelle.
Quand je dis originelle, le terme n’est même pas approprié, parce que
le repère que nous avons par rapport à la tradition remonte au plus à
50 ans, ce n’est pas les origines, mais c’est ce qui nous est resté au
fond, c’est ce qui restait de vivant au moment où nous mêmes
nous
sommes mis en marche.
Un'altra intervista, uno di Benjamin minima per MONDOMIX a Calvi nel
settembre 2006
Le motivazioni per l'origine di filettatura,
realtà e la caricatura di tradizioni musicali corsi
Ascolta,
le motivazioni sono quelle condivise da un numero di gruppi di giovani
in Corsica. Alla fine di 70 anni, vi è il desiderio di iniziare a
contribuire a preservare il patrimonio. Comprensivo di un patrimonio
orale che è stato praticamente eliminato. Per ragioni storiche,
economiche, svuotamento Corsica a partire dalla fine della Prima Guerra
Mondiale grave della sua sostanza, almeno per l'allestimento interno di
tutta l'isola, non vi è un patrimonio orale, una cultura orale,
qualsiasi una tradizione di cantare le cose, sacro e profano, che è
rapidamente scomparendo.
E non è stato fino alla fine della 70
provenienti da uno scoppio di identità, se si vuole, il che significa
che noi, come altri, si è impegnata a contribuire, in una prima fase,
la la salvaguardia di questo patrimonio orale.
E poi, molto
rapidamente è diventato per noi l'idea, la necessità, la necessità di
cercare di estendere tale tradizione, compresa la creazione di input
dato i rapporti già tissions di altre tradizioni orali, altra musica,
altri musicisti, compositori.
E con un europeo, mediterraneo o globale?
In
ogni caso, ciò che è certo è che inizialmente si tratta di un riflesso
di sopravvivenza. Quindi la prima fase, vale a dire "fare qualcosa per
noi."
Poi, molto rapidamente si rende conto che è illusorio
pensare di ripristinare un patrimonio nel taglio di tutto il mondo. che
significa per noi, è chiaro che la tradizione ha senso solo nella
misura in cui continua a riflettere le persone che vivono e si
spostano. E le persone che vivono e si spostano, vive e anticipo
semplicemente perché è in contatto con altri popoli, altre musiche,
altre tradizioni orali, che possono anche essere a volte molto distanti
dalla nostra ma comunque ci lascia un marchio marchio.
E 'mai
esce illeso da un incontro con altri musicisti, e ciò che ci interessa
è quello di garantire che la nostra musica è anche una musica dal vivo
che incorpora influenze, e continua a guardare a ciò che sono da lungo
tempo.
E penso che ci sia qualcosa come questo che crea il 25 o
30 anni, che si discosta dalla tradizione originale. Quando dico
originale, il termine non è appropriato, perché il punto di riferimento
che, rispetto alla tradizione risale a più di 50 anni non è l'origine,
ma ciò che è rimasto fondamentalmente questo è ancora vivo quando noi
stessi abbiamo attivato.
Ces traditions semblent être assez
fortes, voire même un peu figées, on en a souvent l’image d’une
caricature quand on est à l’extérieur, que d’une réalité. Quelles sont
pour vous les réalités de ces traditions, de ces pratiques culturelles
et musicales ?
Nous nous rendons compte en ce moment qu’il y
a un retour de bâton qui est en partie consécutif à une espèce
d’emballement des media à la fin des années 80.
Pour nous, il y a
indéniablement le phénomène du Mystère des voix bulgares qui a attiré
la lumière des projecteurs sur cette tradition, et le regard que les
media avaient sur cette tradition dans les années 90 a été de dire « il
y a des choses toujours vivantes, un patrimoine puissant, etc. »
Et
maintenant, cet éclairage médiatique a forcément suscité des vocations,
des bonnes et des mauvaises : en 15 ans se sont créés 70
groupes,
et aujourd’hui l’image que l’on renvoie, ce n’est pas l’image d’une
dynamique.
En effet très souvent, malheureusement, les nouvelles
générations de groupes ont été finalement des copies de ce que
faisaient les premiers groupes, et du coup, pour celui qui est à
l’extérieur, il se dit « finalement ça ne bouge pas tant que ça ».
En
réalité, ça bouge énormément. Quand vous pensez qu’à la fin des années
70, les groupes de la première génération, I Muvrini, Canta u
populu corsu, I Chjami aghjalesi, Tavagna, nous, nous chantions tous le
même répertoire traditionnel, aujourd’hui on a pris des routes
véritablement différentes : les Muvrini sont dans une démarche qui est
beaucoup plus large, d’une forme de variété corse , nous, nous avons
fait de la création polyphonique, quelquefois en digressant largement
par rapport à la tradition originelle, vous avez des groupes qui on
travaillé vraiment sur le retour à la tradition, il y en a qui ont fait
de la chanson, il y en a qui sont allés chercher des influences
multiples en Méditerranée, etc.
Queste tradizioni sembrano essere
abbastanza forte, anche un po 'congelati, è stato spesso l'immagine di
un cartone animato quando ci si trova all'estero, come una realtà.
Quali sono le realtà di queste tradizioni, le pratiche culturali e
musicali?
Ci rendiamo conto in questo momento vi è una
reazione che è in parte dovuto ad una sorta di eccitazione dei media
alla fine di 80 anni.
Per noi, è senza dubbio il fenomeno del
Mistero delle voci bulgare che ha i riflettori su questa tradizione, e
la vista che i media su questa tradizione ha avuto in 90 anni è stato
quello di dire "alcune cose sono ancora in vita, potente del
patrimonio, ecc. "
Ed ora che la luce ha inevitabilmente
attirato i media vocazioni, il bene e il male in 15 anni sono stati
creati 70 gruppi, e oggi l'immagine sul retro, non l'immagine del
slancio.
Infatti, molto spesso, purtroppo, la nuova generazione
di gruppi di copie sono state infine di ciò che furono i primi gruppi,
e così, per chi è fuori, ha affermato che "in ultima analisi, è che non
si muove molto .
In realtà, si muove molto. Quando si pensa che
alla fine di 70 anni, gruppi di prima generazione, I Muvrini, Canta u
Populu Corsu, mi chjama aghjalesi, Tavagna, noi tutti lo stesso
repertorio cantato, oggi abbiamo preso veramente le diverse vie: la
Muvrini sono in un processo che è molto più ampia forma di una serie di
corse, abbiamo fatto la creazione polifoniche a volte divagando
ampiamente rispetto a quella originaria tradizione, sono i gruppi che
si abbiamo lavorato molto sul ritorno alla tradizione, ci sono coloro
che hanno fatto la canzone, ci sono quelli che si sono recati in cerca
di influenza nel Mediterraneo, ecc
Donc je pense que ça
bouge, c’est une musique qui est bien vivante et qui propose des formes
vraiment très diversifiées. Mais malheureusement, je crois que le
regard des media sur cette tradition qui était un peu découverte à la
fin des années 90, au bout de 10 ans, les media n’ont pas forcément
fait le travail d’investigation pour voir ce qui se passait au fond, et
pour voir comment au fond cette musique évoluait.
Je pense
qu’elle évolue dans le bon sens dans la mesure où il y a des métissages
importants, il y a une ouverture sur le monde qui est assez
exceptionnelle pour des insulaires, contrairement à ce qu’on peut
penser, il y a beaucoup de festivals, de rencontres qui ont été crées,
beaucoup de chanteurs qui ont dit « à un moment donné, on a besoin de
remettre notre chant dans sa matrice », ça veut dire d’aller comprendre
d’où on vient, ça veut dire déjà que l’on a dépassé le stade où on
considérait qu’on était seuls et uniques, qu’on était nés ici et que
c’était un chant endémique qui n’avait rien à voir avec les autres, ce
qui a été un moment donné la tentation, je crois que ça, on l’a
dépassé.
Est- ce que ça bouge assez vite, pas assez vite,
je crois qu’en tout cas il y a un phénomène culturel puissant, un
phénomène associatif extrêmement dynamique, il y a beaucoup de choses
qui se sont développées dans des répertoires extrêmement différents,
avec des groupes qui sont quelquefois allés à la conquête des publics
extérieurs. Je pense que c’est plutôt le signe d’une bonne vitalité.
Tradition du chant et évolution de la langue
Je
suis rarement venu ici, je n’ai assisté au premier concert et fréquenté
un public corse qu’hier, et il y a un truc qui m’a surpris, c’est que,
en attendant le spectacle dans la file d’attente, les gens se sont mis
à chanter très spontanément, symptôme d’une sorte de réflexe, alors que
partout ailleurs en France, le chant est complètement tabou.
Aujourd’hui le chant est très quotidien, très vivant ?
On
peut discuter du déplacement de ce chant. A l’origine – encore une fois
je ne peux me référer qu’à des origines récentes – il est évident que
jusqu’aux années 20 c’était un chant qui accompagnait un
certain
nombre de rituels ou des travaux. Ces rituels ou ces travaux ont
quelquefois disparu : il y avait le chant du battage du blé, il y avait
le chant du labeur, des chants qui rythmaient la vie paysanne, et
évidemment les campagnes se dépeuplant, cette musique n’avait plus de
raison d’être.
Pertanto, ritengo che si muove, è musica che
è vivo e che offre molto diverse forme. Ma, purtroppo, credo che gli
occhi dei media su questa tradizione che è stato scoperto solo nel
tardo anni'90, dopo 10 anni, i mass media, non può aver fatto il lavoro
di indagine per vedere cosa stava succedendo responsabile, e come
responsabile della musica evoluta.
Penso che si stia
muovendo nella giusta direzione, nella misura in cui esiste un notevole
miscelazione, vi è l'apertura al mondo che è del tutto eccezionale per
l'isola, al contrario di quanto si potrebbe pensare, ci sono molti
festival, incontri che sono stati creati, molti cantanti che hanno
detto "a un certo punto, abbiamo bisogno di mettere la nostra canzone,
nella sua matrice, significa andare a capire chi proviene, ciò
significa che già abbiamo superato la fase in cui abbiamo sentito ci
sono stati solo e unico, siamo nati qui e una canzone che è stata
endemica non avevano nulla a che fare con gli altri, che era un tempo
la tentazione, a mio avviso, è stato superato.
La mossa è
abbastanza veloce, non abbastanza veloce, credo che in ogni caso vi è
un potente fenomeno culturale, un fenomeno estremamente dinamico
associatif, ci sono molte cose che si sono sviluppati in modi molto
diversi registri, con gruppi che sono a volte è andato a conquistare un
pubblico straniero. Penso che sia piuttosto un segno di buona vitalità.
La tradizione della canzone e l'evoluzione del linguaggio
Io
vengo qui raramente, ho frequentato il primo concerto e il pubblico ha
partecipato ad un corso di ieri, e c'è qualcosa che mi ha sorpreso è
che, fino alla mostra nella coda, la gente ha iniziato a cantare molto
spontaneamente, sintomatiche di una sorta di riflesso, mentre altrove
in Francia, la canzone è completamente tabù. Oggi la canzone è molto
quotidiana, molto vivo?
Possiamo discutere la circolazione
di questo brano. In principio - ancora una volta non posso fare
riferimento alla recente origine - è chiaro che fino a 20 anni è stata
una canzone che ha accompagnato una serie di riti e di lavoro. Questi
rituali di lavoro o, talvolta, è scomparso: non vi è stato il canto la
trebbiatura del grano, non vi è stato il canto del lavoro, canzoni che
punteggiano la vita contadina, e ovviamente è depopulating campagna,
questa musica non aveva alcun motivo essere.
Aujourd’hui,
cette musique s’est déplacée, elle est chantée dans d’autres contextes
: elle est chantée dans les cours de recréation au collège ou au lycée,
dans le cadre de confréries. Il y a un renouveau des confréries, de
gens qui sont des laïcs, mais très en rapport avec la parole de
l’Eglise.
Aujourd’hui, ce chant n’est plus le reflet direct d’une
activité économique ou sociale, en tout cas économique, mais il est
resté socialement très fort : il y a un besoin indéniable de
se
retrouver, d’être ensemble, de se reconnaître les uns les autres par
rapport à son village, à sa région d’origine, et en ce sens le chant
est extrêmement puissant.
Ce qui est vrai, c’est que c’est
probablement l’un des seuls endroits de France où il y a un chant qui
est resté puissant. La tradition chantée, mis à part en Bretagne, est
largement en recul, c’est évident. Il y a pourtant des choses superbes.
Moi, je suis un passionné du travail qui avait été réalisé par
Malicorne, par Gabriel Yacoub que j’adore, et c’est vrai que c’est un
phénomène qui n’a pas pris ailleurs la puissance qu’il a pris ici.
B
ien
sûr, il y a des tas de gens - avec qui d’ailleurs on est en contact -
que ce soit le Corou de Berra, que ce soit le travail qui a été
accompli par Manu Théron, par le Cor de la Plana, etc. ce sont vraiment
des gens qui font un travail remarquable, mais on n’a pas le sentiment
qu’il y a un phénomène très puissant, alors qu’ici, par rapport à la
démographie que nous avons, par rapport à la vie culturelle que nous
avons, c’est vrai que c’est un chant qui est extrêmement fort, qui est
enraciné et qui surtout a retrouvé une fonction sociale.
Le chant est intimement lié à la langue . Cette langue a
telle évolué avec le temps ?
Cette
langue a évolué, elle continue à évoluer. C’est une langue latine
restée relativement proche de certains dialectes italiens, notamment le
toscan. C’est une langue sur laquelle il y a eu tout un travail de
fait, car il faut savoir que c’est une langue qui n’a réellement eu un
statut de langue – revendiqué, puisqu’elle n’a toujours pas ce statut
de langue - qu’à partir du moment où la Corse est devenue française.
C'est-à-dire
que si la Corse était restée dans le giron de l’Italie, probablement
qu’aujourd’hui le corse serait un dialecte comme il existe d’autres
dialectes italiens. ça ne pose pas forcément problème, en sens inverse
on n’aurait peut être pas eu non plus le travail qui a été fait,
notamment l’écrit de cette langue, parce que justement on n’aurait peut
être pas eu conscience que c’était une langue qui a eu une histoire,
une production littéraire et poétique importante, depuis la fin du XIXe
début du XXe siècle, c’est-à-dire au moment où justement naît en Corse
une revendication identitaire, des revendications par rapport à l’Etat
central pour être reconnus en tant que tels, pour avoir des statuts de
gestion proches de l’autonomie…
Oggi, questa musica
spostato, è cantato in altri contesti: è cantato nel parco giochi a
scuola o in un college, come parte di confraternite. Vi è una ripresa
del corporazioni, le persone che sono laici, ma molto rilevanti per la
parola della Chiesa.
Oggi, questa canzone è un riflesso diretto
di una attività economica o sociale, almeno economicamente,
socialmente, ma è rimasto molto forte: vi è un innegabile bisogno di
incontrarsi, di stare insieme, a riconoscere l'altro in relazione al
suo villaggio, la sua regione d'origine, e in tal senso il brano è
estremamente potente.
Ciò che è vero è che è probabilmente
uno dei pochi luoghi in Francia, dove vi è una canzone che è rimasta
forte. La tradizione di canto, oltre a in Bretagna, è in gran parte il
senno di poi, ovviamente. Ha cose belle. Sono appassionato di lavoro
che era stato diretto da Malicorne da Gabriel Yacoub amo, ed è vero che
si tratta di un fenomeno che non ha adottato al di fuori del potere che
ha preso qui.
B
ien naturalmente, ci sono un sacco di
persone - con le quali siamo in contatto anche - se il Corou de Berra,
se il lavoro è stato fatto da Manu Theron, da Cor de la Plana, ecc.
erano persone reali facendo un ottimo lavoro, ma non ha la sensazione
che vi sia un fenomeno molto potente, che, rispetto alla demografia
abbiamo, rispetto alla vita culturale che si sono è vero, è una canzone
che è molto forte, che affonda le sue radici e ha trovato una
particolare funzione sociale.
La canzone è strettamente legata alla lingua. Che tale lingua si è
evoluta nel tempo?
Questo
linguaggio si è evoluto, continua ad evolvere. Si tratta di una lingua
latina rimasta relativamente vicino ad alcuni dialetti italiani,
specialmente in Toscana. Si tratta di una lingua in cui vi è stato
fatto molto lavoro, perché dovete sapere che si tratta di un linguaggio
che è stato realmente lo status di una lingua - ha affermato, non è
ancora stato lingua - solo quando Corsica divenne francese.
Vale
a dire se la Corsica è rimasta nel seno d'Italia, che probabilmente
sarebbe un corso di dialetto ci sono altri dialetti italiani. non ne
consegue necessariamente problema nella direzione opposta ci sarebbe
stato nessun lavoro è stato fatto, compresa la scrittura di questa
lingua, proprio perché non ci sarebbe forse stato a conoscenza del
fatto che essa è un linguaggio che ha avuto una storia, uno letterario
e poetico importante, dal momento che alla fine del XIX all'inizio del
ventesimo secolo, vale a dire al momento giusto è nato in Corsica, una
rivendicazione di identità, i crediti in relazione alla 'centrale dello
Stato per essere riconosciuto come tale, dello statuto per la gestione
di chiudere l'autonomia ...
C’est le phénomène nationaliste
entre guillemets, après la politique a fait qu’il y a eu des
radicalisations, et qu’il ne faut pas aujourd’hui faire un amalgame
complet : il y a des gens qui sont d’obédience nationaliste qui sont
des gens modérés, vous avez des nationalistes radicaux, vous avez des
gens qui ne sont absolument pas nationalistes mais chez qui le
sentiment corsiste ou autonomiste reste très puissant, et je crois que
tout ça a contribué à faire en sorte que cette langue évolue, bouge, et
surtout qu’elle commence à s’adapter, parce que pendant longtemps elle
a été une langue extrêmement paysanne, qui n’existait que dans
l’oralité.
Aujourd’hui, il y a quand même une production
écrite importante, même si malheureusement on constate que plus le
temps passe, plus le lectorat diminue par rapport au début des années
70. Je discutais avec un éditeur qui me disait « quand on sortait un
bouquin de poésie corse en 1975, on en vendait 1500 ; aujourd’hui, on
en vend 250 » ça veut dire qu’il y a un affaiblissement malgré tout,
malgré les efforts…
C’est un phénomène général, même en France le lectorat diminue.
Absolument,
il me disait par ailleurs qu’en vendant 250 ou 300 exemplaires d’une
édition d’un bouquin de poésie, il était pratiquement le premier
vendeur en France, parce que la poésie en France est en recul total, ce
qui est évidemment dommage…
Les rencontres polyphoniques de Calvi, les rencontres avec d'autres
cultures
Le
choix d’A Filetta s’est fait avec une ouverture vers l’extérieur. Un
des symptômes en est ce festival. Comment est née cette idée ? Est ce
une volonté culturelle, politique ?
Les choses se font quelquefois de façon extrêmement naturelle. Nous
existons depuis 1978.
Entre
78 et la fin des années 80, nous étions un groupe amateur, nous avions
chacun notre profession à côté, et en 1987 je crois, nous sommes
invités par des chanteurs sardes à participer à ce qu’ils appelaient «
una rassegna di canto sacro popolare », un rassemblement : ce sont des
confréries qui invitent des confréries.
Pendant longtemps,
c’est resté à l’échelon de la Sardaigne, puis à un moment donné, la
Sardaigne s’est ouverte sur l’extérieur et a commencé à inviter des
confréries, des chanteurs comme nous, venus de Corse, de Grèce, et lors
de notre première rencontre avec ces chanteurs sardes, en rentrant on
s’est dit que nous, ce serait bien qu’on ait la même démarche, c’est à
dire qu’on se remette en relation avec des traditions polyphoniques,
des traditions vocales qui existent, qui ont le même réflexe de survie
que le nôtre, et il faudrait qu’on mette tout ça en synergie, qu’on
puisse à nouveau se rencontrer, qu’on puisse mieux se connaître soi
même, car on sait pertinemment, encore une fois, que notre musique
n’est pas endémique, elle est née de la rencontre de tas de
courants.
Questo è il fenomeno del nazionalismo tra
virgolette, dopo la politica è stata che ci sono stati radicali, e non
dovrebbe ora fare una miscela completa: ci sono persone che sono
seguaci di nazionalismo che sono moderata persone, si sono nazionalisti
radicali, che si sono persone che non sono nazionalisti, ma che si
sentono corsiste di autonomia è molto potente e credo che tutti hanno
contribuito a garantire che il linguaggio si evolve, si muove, e, in
particolare, che inizia ad adattarsi, perché è stata a lungo un
paysanne lingua, che esisteva solo nella tradizione orale.
Oggi,
vi è ancora un notevole iscritto, anche se, purtroppo, che si trova più
il tempo passa, i lettori è diminuito rispetto ai primi anni'70. Sono
stato a parlare con un editore che ha detto "quando ci è venuto fuori
un libro di poesia Corsica nel 1975, ha venduto nel 1500, e oggi si
vende 250" significa che vi è ancora un indebolimento, nonostante gli
sforzi ...
Si tratta di un fenomeno generale, anche in Francia declina lettori.
Assolutamente,
ho anche detto che con la vendita di 250 o 300 copie di una edizione di
un libro di poesia, è stato quasi il primo venditore in Francia, perché
la poesia in Francia è in declino totale, che è ovviamente dommage ...
Incontri polifonici Calvi, l'incontro con altre culture
A
Filetta La scelta è stata fatta con una apertura verso l'esterno. Un
sintomo è la festa. Come ha fatto questa idea? Si tratta di un
desiderio di politica culturale?
Le cose sono a volte estremamente naturali. Esistiamo dal 1978.
Tra
il 78 e 80 anni di ritardo, siamo stati uno amatoriali gruppo, ognuno
di noi faccia la nostra professione, e nel 1987, credo, siamo invitati
da cantanti sardo a partecipare a quello che chiama "una rassegna di
canto sacro popolare, una raccolta: sono invitanti confraternite
confraternite.
Per un lungo periodo di tempo, è rimasto a
livello di Sardegna, poi a un certo punto, la Sardegna ha aperto verso
l'esterno e ha iniziato a invitare corporazioni, cantanti come noi, di
Corsica, Grecia e durante il nostro primo incontro con questi cantanti
sardo tornato abbiamo detto, anche se ci sarebbe lo stesso approccio,
vale a dire che tornare in contatto con le tradizioni polifoniche
vocale tradizioni che esistono, che hanno la stessa sopravvivenza di
riflesso il nostro, e dobbiamo mettere tutto questo insieme, siamo in
grado di soddisfare ancora una volta, siamo in grado di conoscere se
stessi, dal momento che sa, ancora una volta, che la nostra musica non
è endemica, è nato dalla riunione di heap correnti.
Et dès 1988,
nous avons créé le premières Rencontres, qui étaient juste un échange
corso sarde. Et puis à la fin, on a dit « il faut qu’on aille plus
loin, il n’y a pas de raison, il faut s’ouvrir sur le reste du monde. »
Dans un premier temps, sur la Méditerranée, parce que c’est
probablement ceux qui nous sont le plus proches sur le plan culturel et
linguistique, mais en tout cas, on peut, et très vite en 2 3 ans, c’est
devenu un festival international en ce sens qu’on a reçu aussi bien des
gens de Sibérie que d’Amérique du nord, d’Amérique du sud, d’Afrique du
sud, d’Asie, etc.
Je crois qu’on part avant tout d‘un
besoin, c’est tout simple, un besoin de se dire : « qu’est ce qu’on
est, qui on est, dans quel monde on se situe, qu’est ce qu’on a à dire
aux autres et qu’est ce qu’on a à approprier des autres ? ». A partir
de là, la machine est partie, et c’est bien que ce soit comme ça, parce
que si c’était précédé d’un objectif politique… c’est une philosophie
politique, mais politique au bon sens du terme, il n’y a pas de
stratégie derrière, il y a simplement un besoin irrépressible de dire «
on est une partie de ce monde qui va vite, qui change, qui évolue, nous
mêmes on est appelés à évoluer, qu’est ce qu’on va devenir, qu’est ce
qu’on est par rapport aux autres, qu’est ce que les autres sont par
rapport à nous, qu’est ce que nous on est chez les autres, et qu’est ce
que les autres sont chez nous ? »
Je crois que c’est important, y
compris dans la musique, d’avoir cette démarche, pour se débarrasser
encore une fois de l’illusion que l’identité c’est quelque chose de
figé, et quelque chose qui n’a de sens que pour être protégé. Quand on
commence à parler de protection de l’identité, pour moi il y a un
danger. Nous avons toujours défendu le discours qui consiste à dire : «
une identité vit quand on commence à s’en affranchir » et je crois que
ce qui est important, c’est cette capacité à sortir de soi même et à
prendre du recul sur soi même, et à prendre conscience du fait que
c’est une construction perpétuelle. Car sinon, il y a le risque de se
dire : « on ne bouge plus, on est ce qu’on est », on s’impose à l’autre
ou on se coupe de l’autre et je crois que c’est le pire des
chemins à suivre.
Au fur et à mesure des années, des rencontres de ce festival, il y a
des liens particuliers et inattendus qui se sont créés ?
Il
y a eu des liens très puissants avec la Georgie, avec la Sardaigne
toute proche, des liens avec l’Albanie, mais quelquefois aussi avec des
chanteurs venus de très loin, on a été surpris de découvrir des
techniques vocales très proches des nôtres chez des sibériens, chez des
zoulous, sans aller chercher d’explications historiques de courants de
peuplement, etc., ce qui est sûr, la première idée, c’est que nous
sommes tous, à la base, des hommes en prise aux mêmes difficultés, qui
avons la même nécessité de survivre, de vivre, de se développer, etc.,
et que tout ça a produit un certain nombre de choses qui font du sens.
Et qui est un sens commun. Et après il y a probablement eu des courants
de peuplement qui expliquent que, par exemple, nous ayons une
polyphonie très proche de celle du Caucase. Physiquement, les Georgiens
nous ressemblent beaucoup, la géographie de la Georgie, du Caucase, est
très proche de celle de la Corse Ce n’est peut être pas un hasard que
les uns et les autres aient produit le même type de tradition, le même
type de chant, par rapport à la nécessité de vivre dans un
environnement qui est ce qu’il est.
E dal 1988, abbiamo
istituito il primo incontro, che è stato solo uno scambio sarde corso.
E poi alla fine, abbiamo detto "abbiamo bisogno di andare oltre, non vi
è alcun motivo che dovrebbe aprire il mondo. "Come primo passo, sul
Mediterraneo, è probabilmente perché coloro che sono più vicini alla
diversità culturale e linguistica, ma in ogni caso, noi possiamo, e
molto rapidamente in 2 3 anni, è diventato un festival internazionale,
nel senso che ha anche ricevuto un sacco di gente dalla Siberia al Nord
America, Sud America, Sud Africa, in Asia, ecc.
Penso che
abbiamo una necessità soprattutto è semplicemente una necessità di dire
"quello che è, chi siamo, quale tipo di mondo che si trovano, che cosa
dobbiamo dire agli altri quello che abbiamo e per caso, le altre? . Da
lì, la macchina è una delle parti, ed è che è così, perché se è stato
preceduto da un obiettivo politico ... è una filosofia politica, ma il
buon senso politico, è strategia non è dietro di esso è semplicemente
un insopprimibile bisogno di dire "è una parte di questo mondo che si
muove velocemente, modificando, in evoluzione, si evolverà anche noi,
che cosa stiamo andando divenire, che cosa è che rispetto agli altri,
quello che gli altri sono, rispetto a noi, ciò che noi siamo in altri,
e quello che gli altri sono in noi? "
Penso che questo sia
importante, compresa la musica, per questo, per liberarsi, ancora una
volta, l'illusione che l'identità è qualcosa di fisso, e qualcosa che
ha il che significa che deve essere tutelato. Quando si comincia a
parlare di proteggere l'identità, per me non vi è un pericolo. Abbiamo
sempre difeso il discorso vale a dire, "una vita di identità quando si
comincerà a superarli e penso che ciò che è importante è la capacità di
uscire da se stessi e di prendere su se stesso Allo stesso modo, e
rendersi conto che si tratta di un perenne costruzione. In caso
contrario, vi è un rischio per dire: "non si sposti, è ciò che siamo",
si applica agli altri o una tazza di un altro, e credo che la peggiore
percorso da seguire.
Nel corso degli anni, le riunioni di questo festival, ci sono
collegamenti inattesi che vengono creati?
Ci
sono stati molto forti legami con la Georgia, con la Sardegna vicino
legami con l'Albania, ma anche a volte con i cantanti da lontano, siamo
stati sorpresi di apprendere le tecniche vocali molto vicino al nostro
in Siberian tra i Zulus, non cercare spiegazioni storiche degli attuali
insediamenti, ecc., che è sicuro, la prima idea è che siamo tutti, in
base agli uomini che le stesse difficoltà, che hanno la stessa
necessità per sopravvivere, a vivere, crescere, e così via. e che tutto
questo ha prodotto una serie di cose che fanno senso. E questo è un
senso comune. E poi vi è probabilmente il motivo per cui posizione
attuale, per esempio, abbiamo un rapporto molto stretto polifonia del
Caucaso. Fisicamente, molti georgiani sono come noi, la geografia della
Georgia, del Caucaso, è molto vicina a quella della Corsica Questo non
è forse un caso che entrambe le parti hanno prodotto lo stesso tipo di
tradizione, la stessa tipo di canzone, rispetto alla necessità di
vivere in un ambiente che è quello che è.
Bruno Coulais, Medea, la multiplicité des projets, les disques et
l'esprit d'A Filetta
Au
delà de ces rapports de peuples, il y a aussi des rencontres humaines
extrêmement importantes dans l’histoire d’A Filetta, comment ne pas
parler de Bruno Coulais ?
Bruno Coulais fait partie des
musiciens qui auront marqué notre parcours, et qui continuent à le
marquer d’ailleurs. Nous l’avons rencontré après avoir créé Médée. Il
est attentif à ce que nous produisons, et il a dès le départ envie de
travailler avec nous sur la bande originale de Don Juan, et très vite
se crée avec lui un climat d’amitié, de confiance, qui fait qu’on est
très désireux les uns et les autres de continuer à se surprendre. Il
nous invite sur ses musiques, nous, nous le sollicitons pour venir nous
épauler sur telle ou telle musiques à nous.
C’est vraiment un
plaisir de travailler avec un musicien pareil, parce qu’il a un côté
très caméléon au bon sens du terme, il le revendique, il dit : « moi,
j’aime bien être très sensible à ce que j’ai autour de moi », pour
écrire des choses qui deviennent des choses qui par ailleurs lui sont
très personnelles.
Quand il a écrit Himalaya l’enfance d’un chef,
à aucun moment il n’a voulu écrire de la musique tibétaine, mais
aujourd'hui, les tibétains ou du moins en Inde, je sais que les gens
revendiquent cette musique comme étant la leur, parce que Bruno a su,
tout en écrivant des choses qui lui sont très personnelles, faire en
sorte qu’il y ait des éléments qui viennent à la surface et qui donnent
le sentiment qu’on est dans une musique d’inspiration tibétaine.
Vous
parliez de Don Juan, Médée, dont je voudrais bien connaître la genèse,
ce qu’on peut remarquer c’est une volonté de réunir la tradition orale
due chant corse et les grands textes ?
C’est aussi un peu un
hasard, c’est la rencontre avec Jean-Yves Lazennec qui vient nous
dire « j’ai aimé ce que vous faites, j’aime bien l’idée que
vous
puissiez être la réminiscence de ce qu’a pu être le chœur antique » et
c’est lui qui nous propose la tragédie Médée de Sénèque, ce n’est pas
nous qui faisons la démarche de travailler sur ce texte là.
Ce qui
est sûr, c’est qu’en cours de route on se rend compte à quel point
c’est un texte qui nous touche, qui nous est proche, qui est
une
partie d e notre histoire, de la Méditerranée, y compris de la Corse.
Il y a comme ça pour nous l’opportunité de passer à un format largement
différent de ce qu’a été notre tradition orale jusqu’à présent, qui
avait un format chanson avec des strophes. Dès lors qu’on s’attaque à
un texte qui a une métrique qui est ce qu’elle est, qui a des
développements qui sont ce qu’ils sont, on est obligé de penser une
musique qui a une architecture musicale autre, et je crois que ça nous
fait sortir de nous.
Et c’est très bien, parce que ça nous a fait
sortir de nous et en même temps, ça nous a aussi fait nous rapprocher
d’autres courants, notamment la musique géorgienne ou la musique
albanaise ou la musique grecque, qui étaient des musiques dont on
sentait vraiment qu’elle étaient des musiques sœurs, jumelles
quelquefois, et Médée aujourd'hui, c’est le visage de ce qu’est A
Filetta aujourd'hui : un groupe qui, indéniablement, est enraciné ici,
mais en même temps qui est allé à la quête d’une identité partagée avec
d’autres, bien au delà de la Méditerranée.
Pour nous, Médée c’est
vraiment un tournant. Avant Médée, on faisait de la tradition orale ;
après, on a fait beaucoup de choses écrites aussi, notamment après la
rencontre avec Bruno Coulais ; et entre les deux, Médée c’est une sorte
de passage, qui nous fait passer de l’oralité à l’écrit. Mais dans
Médée, on n’est pas encore dans l’écrit. C’est la raison pour laquelle
Bruno Coulais dit que c’est un OVNI. C’est quelque chose d’assez
inclassable.
Bruno Coulais, Medea, la molteplicità di progetti, documentazione e lo
spirito di A Filetta
Al
di là di queste relazioni delle persone, ci sono anche incontri
estremamente importante nella storia della filettatura, come si può non
citare Bruno Coulais?
Bruno Coulais è uno dei musicisti
che hanno segnato il nostro cammino, e continuano a marchio altrove.
Abbiamo incontrato lui, dopo la creazione di Medea. Egli è attento a
ciò che noi produciamo, e che ha fin dall'inizio a collaborare con noi
per la colonna sonora di Don Juan, e molto rapidamente con lui crea un
clima di amicizia, di fiducia, che ci sono ansiosi di ogni altro per
continuare ad essere sorpreso. Essa ci invita alla sua musica, a noi,
ci chiedono di venire a sostenerci in questa o quella musica per noi.
E
'veramente un piacere lavorare con un musicista, perché ha un
camaleonte il buon senso, egli afferma, egli ha detto: "Io, mi piace
essere molto sensibile a ciò che ho sono intorno a me ", di scrivere le
cose che sono cose che sono anche molto personali.
Quando ha
scritto l'Himalaya Enfance di un cuoco, in qualsiasi momento, ha scelto
di scrivere la musica del Tibet, ma oggi il Tibet, o almeno in India,
so che sostengono questa musica come loro, perché Bruno ha, mentre per
iscritto le cose che sono molto personali, al fine di garantire che non
vi sono elementi che vengono alla superficie e dare l'impressione che
ci troviamo in una musica di ispirazione tibetano.
Lei
parla di Don Giovanni, Medea, che vorrei conoscere la storia, possiamo
vedere che cosa è la volontà di rispettare la tradizione orale a causa
corso canto e la grande?
E 'anche un po' di fortuna,
l'incontro con Jean-Yves Lazennec solo dire "io amo quello che fai, mi
piace l'idea che si può essere di simile a ciò è stato il coro "e ci
offre la tragedia Medea di Seneca, non è che ci rendono il processo di
lavoro su di esso vi.
Quel che è certo è che il modo in cui si
rendono conto di quanto è un testo che tocca a noi, vicino a noi, che è
una parte della nostra storia, il Mediterraneo, tra cui Corsica. E
'come per noi l'opportunità di passare ad un formato molto diverso di
quello che la nostra tradizione orale fino ad ora, era una canzone con
una serie di formato. Quando si affronta un testo che è un parametro
che è quello che è, che gli sviluppi che sono quello che sono, siamo
obbligati a credere che la musica ha una diversa architettura musicale,
e Penso che ci fa uscire da noi.
E questo va bene, perché ci ha
portato fuori di noi stessi e allo stesso tempo, essa ha anche reso più
vicino a noi altre scuole, compresi la musica e la musica georgiano
greco albanese o musica, che sono stati la musica ci è sembrato
veramente musica sorelle, gemelli talvolta Medea e oggi è la faccia di
quello che un Filetta oggi: un gruppo che, senza dubbio, è radicata
qui, ma allo stesso tempo è andato alla ricerca di una identità
condivisa con altri, al di là del Mediterraneo.
Per noi, Medea è
veramente un punto di svolta. Prima di Medea, che era la tradizione
orale, dopo che è stato scritto molte cose troppo, soprattutto dopo
l'incontro con Bruno Coulais, e tra Medea è una sorta di passaggio,
abbiamo passato la orali e scritte. Ma Medea, non è ancora iscritto.
Ecco perché Bruno Coulais diceva che era un UFO. Questo è qualcosa di
molto unclassifiable.
Quels sont les repères chronologiques, en quelle année a démarré cette
rencontre, la démarche de Médée ?
La
rencontre avec Lazennec, c’est en 1995, on a produit Médée en 1997, et
on rencontre Bruno à la première de Médée en novembre 1997. Et on
enregistre Don Juan en janvier 1998. Donc c’est allé vraiment très très
vite. Depuis, il y a eu plein de choses, on a fait un opéra pour
enfants, le Robin et Marion à Nice, on a fait du théâtre musical, on a
repris le Don Juan avec Orlando Forioso qui a mis en scène le Marco
Polo. Depuis on a fait plein de choses au théâtre, des créations
musicales avec des chœurs bulgares, on a fait dix ou douze musiques de
films, on est en train de travailler à la musique d’un dessin animé qui
devrait sortir en 2007 : « Max and co », un dessin animé complètement
loufoque, une production anglaise et suisse me semble t-il.
L’histoire
se déroule dans une usine de tapettes à mouches. Il y a une espèce de
patron infâme, qui est un crapaud qui s’appelle Rodolfo, et Bruno a
écrit des choses complètement décalées, complètement déjantées, qu’on
interprète en polyphonie sur des musiques très festives. Donc avec
Bruno, on a fait plein de choses, et parmi ces choses, le Marco Polo
qu’on a fait cet hiver avec Orlando Forioso sur un texte superbe qu’il
a écrit, que Bruno a mis en musique, avec la participation d’un
tibétain qui est l’acteur d’Himalaya l’enfance d’un chef, avec Marie
Kobayashi avec laquelle nous avons chanté sur Don Juan en 1997, avec
laquelle nous avons travaillé sur d’autres musiques. Marco Polo a été
donné pour la première fois cet hiver, ici à Calvi, puis ça a été
présenté à Bastia, puis à la biennale de Venise avec Guillaume
Depardieu. ça a bien fonctionné, et ça doit être repris à partir de la
fin du mois d’octobre.
Et il y a un projet de disque, de DVD ?
En
tout cas, on espère, on croise les doigts pour que ça se fasse, parce
que, malheureusement ou heureusement, en tout cas on a un rythme de
travail qui est tellement important qu’on est sans cesse en retard sur
la production. On a enregistré Médée en 2005, il sort en 2006, il a été
créé en 1997, et depuis 1997 on a créé : un Chemin de Croix, une
Passion, un Requiem, un travail sur des textes de Rodari avec Orlando
sur « la Grammaire de l’imagination », qu’on a donné ici même l’an
dernier ; on a créé un répertoire de chansons, on a créé un opéra pour
enfants que Bruno a écrit, le Robin et Marion, qui n’est pas
enregistré. Il a composé une œuvre pour nous et un quartette bulgare,
ce n’est pas enregistré. Nous-mêmes, on a créé plein de choses, on est
en résidence le mois prochain pour travailler avec des musiciens de
jazz sur de nouvelles créations, et en fait, tout ça est emmaganisé, on
compose, on travaille, on avance, mais sur le plan de la discographie,
ça ne suit pas, tout simplement parce qu’on manque de temps, parce
qu’on manque de moyens, parce qu’on n’a pas toujours trouvé les
partenaires qui fonçaient, et que c’est difficile.
Quali sono le tappe fondamentali, quale anno ha iniziato l'incontro, il
processo di Medea?
L'incontro
con Lazennec, è stato nel 1995, Medea è stata prodotta nel 1997, Bruno
e trovato il primo di Medea, nel novembre 1997. E ci è stato don Juan
nel gennaio 1998. Così è andata veramente veloce. Da allora ci sono
stati un sacco di cose, si è un'opera per bambini, Robin e Marion a
Nizza, è stato teatro musicale, ha assunto con il Don Juan di Orlando
Forioso, che ha diretto il programma Marco Polo. Poiché si trattava di
un sacco di cose in teatro, la musica con cori provenienti dalla
Bulgaria, era dieci o dodici colonne sonore, in questo momento stiamo
lavorando per la musica di un cartone animato che dovrebbe essere
pubblicato nel 2007: "Max e co ', uno completamente zany cartoon,
prodotto dalla svizzera in lingua inglese e mi sembra ci.
La
storia si svolge in una fabbrica finocchi volare. Vi è una sorta di
male boss, un rospo di nome Rodolfo, e Bruno dice qualcosa di
completamente scaglionati, completamente pazzo, che interprete sulla
musica polifonica molto festosa. Quindi, con Bruno, è stato pieno di
cose, e tra queste cose, il Marco Polo abbiamo fatto questo inverno con
un superbo Orlando Forioso testo che dice che Bruno è stato messo in
musica, con la partecipazione di un tibetano che è l'attore Himalaya
l'infanzia di un leader, con Marie Kobayashi con cui abbiamo cantato
sul Don Giovanni nel 1997, con la quale abbiamo lavorato sulla musica
di altri. Marco Polo è stato dato per la prima volta questo inverno,
qui a Calvi, poi è stato presentato a Bastia e poi alla Biennale di
Venezia con Guillaume Depardieu. ha funzionato bene, e deve essere
ripresa a partire dalla fine di ottobre.
E vi è un disco DVD?
Comunque,
speriamo le dita incrociate per la sua accada, perché, per fortuna o
purtroppo, almeno abbiamo un ritmo di lavoro che è così importante che
noi siamo costantemente dietro alla produzione. Medea è stata
registrata nel 2005, ha pubblicato nel 2006, è stato istituito nel 1997
e dal 1997 è stato creato: una Via Crucis, una passione, un Requiem, un
lavoro su testi di Rodari Orlando sulla grammatica della fantasia,
"abbiamo dato qui l'anno scorso abbiamo creato un repertorio di
canzoni, ha creato un'opera per i bambini che Bruno ha scritto, Robin e
Marion, che non è registrato. Ha composto un lavoro per noi e un
quartetto di Bulgaria, questo non viene registrato. Noi stessi, abbiamo
creato un sacco di cose, non vi è nel prossimo mese di soggiorno a
lavorare con musicisti jazz sulle nuove creazioni, in realtà, tutto è
emmaganisé, si compone, funziona, si sostiene, ma termini di
discografia, non solo perché la mancanza di tempo, perché ci mancano i
mezzi, perché non abbiamo sempre trovato dei partner che buio, ed è
difficile .
Et le point commun entre toutes ces créations ?
Les
rencontres humaines et l’envie de travailler ensemble, c’est évident.
Sinon, ça n’a pas de sens. D’abord, nous mêmes a Filetta, c’est ça :
l’envie d’être ensemble, le besoin très fort de parler d’une même voix
. Cela ne veut pas dire être monolithique, ça veut dire respecter les
personnalités de chacun, mais vraiment de dire « on est ensemble, notre
destin est commun, on est sur la même barque, on est sur la même île,on
est dans le même monde », et à un moment donné, ce qui guide tous ces
travaux, c’est effectivement le besoin impérieux de se sentir entourés,
de se sentir aimés, appréciés, et soi même d’avoir à l’égard des autres
de la sympathie, de l’amour et l’ envie de leur faire partager et de le
leur dire.
Une forte relation avec le spirituel donc ?
Sur
le plan purement religieux, même si on est issus d’une tradition
religieuse très puissante, on n’est pas forcément tous les dimanches à
l’église. Mais déjà, ce qui est sûr, c’est que culturellement nous
sommes très portés sur le répertoire religieux, et quand je dis
religieux, c’est justement au sens premier du religieux, c’est à dire
qui relie, le sentiment d’appartenance à une communauté, et d’être
ensemble dans des moments bons ou pas bons, difficiles ou joyeux à
vivre, et je crois que ça fait partie de notre façon de penser la
musique, et c’est notre façon de la développer aussi dans nos
créations, dans nos compositions et dans notre rapport aux autres
musiciens.Hors dogmes ?Absolument, hors dogmes, car si on rentre
là-dedans c’est la négation même de toute forme d’ouverture.
© Benjamin MiNiMuM
Vous pouvez écouter cet entretien à l'adresse suivante :
http://www.a-filetta.mondomix.com/fr/itw3275.htm
E il filo conduttore comune tra tutte queste creazioni?
Gli
incontri e il desiderio di lavorare insieme è ovvio. In caso contrario,
non ha senso. In primo luogo, una Filetta di noi è questa: il desiderio
di stare insieme, molto forte necessità di parlare con una sola voce.
Ciò non significa essere monolitico, significa rispettare la
personalità di ciascuno, ma in realtà a dire "stiamo insieme, il nostro
comune destino, siamo sulla stessa barca, siamo sulla stessa isola, che
si trovano nella stessa mondo "e ad un certo punto, che guida tutto
questo lavoro, questo è il bisogno di sentirsi circondato, di sentirsi
amato, apprezzato, e così essi hanno nei confronti degli altri di
simpatia , l'amore e il desiderio di condividere e dire loro.
Un forte legame spirituale con essa?
Sulla
natura meramente religiosa, anche se si tratta di una tradizione
religiosa molto forte, non è necessariamente ogni Domenica in chiesa.
Ma già, quello che è certo è che culturalmente siamo molto concentrata
sul repertorio religiosa, e quando dico religiosi, è proprio il senso
della religione, cioè la sensazione di collegamento appartenenza ad una
comunità e di stare insieme nella buona o cattiva, gioiose o difficili
da vivere, e credo che sia parte del nostro modo di pensare la musica,
e questo è il nostro modo di sviluppare anche in le nostre creazioni
nel nostro composizioni e nella nostra relazione ad altri dogmi
musiciens.Hors? Certamente, al di là del dogma, perché se andiamo vi è
la negazione di qualsiasi forma di apertura.
© Benjamin MINIMI
È possibile ascoltare in questa intervista:
http://www.a-filetta.mondomix.com/fr/itw3275.htm
Vincent Zanetti
Enfin,
une interview réalisée par Vincent Zanetti le 15 septembre 2006 à
l'occasion de la 18e édition des Rencontres chants polyphoniques de
Calvi.
De Sénèque à A Filetta...
Vincent Zanetti
: En 1995, le metteur en scène breton Jean-Yves Lazennec demande au
groupe polyphonique corse a Filetta de créer la musique des chœurs de
Médée, la tragédie dédiée par l’auteur latin Sénèque au personnage de
Jason, symbole par excellence de la découverte de l’autre, avec tous
les ravissements et tous les troubles que cela implique.
Un peu plus de 10 ans plus tard, A Filetta publie aujourd'hui sur
disque la dernière version de ces quatre chœurs.
Et
de la même façon qu’après le voyage de Jason, l’ailleurs n’est plus
vraiment ailleurs, on peut dire sans se tromper qu’après le Médée d’A
Filetta, le chant polyphonique corse ne sera jamais plus le même.
Rencontre
avec l’auteur de cette musique inspirée, celui qui a même été jusqu’à
traduire en langue corse le texte latin de Sénèque pour pouvoir le
chanter dans une langue vivante et si évidemment prédestinée au mariage
de la polyphonie et de la tragédie antique. Cet aède corse, c’est
Jean-Claude Acquaviva.
Jean-Claude Acquaviva, dans vos
spectacles, et notamment dans la présentation de Médée, pièce qui date
tout de même de 1997 et qui sort maintenant en 2006, donc 9 ans plus
tard en disque, mais que vous avez chanté ici à Calvi dans les
Rencontres polyphoniques, vous avez cette phrase dans la présentation
qui résume presque tout : « L’ailleurs n’est plus ailleurs »,
directement citée du texte de Sénèque que vous avez traduit du latin en
langue corse. C’est largement autobiographique, Médée ?
Jean-Claude
Acquaviva : Oui, je pense que c’est autobiographique, je crois que pour
nous A Filetta, Médée correspond vraiment à un moment fondamental dans
notre trajectoire. Nous avons toujours dit que c’était un moment
extrêmement important : d’abord c’est le moment où sans doute par
hasard, par nécessité aussi, on se met à penser les choses dans des
formats qui ne sont pas les formats traditionnels ;
Et aussi, on
revient à l’importance du texte, du verbe, de la parole, jusqu’ici
notre tradition orale est faite de chants qui sont souvent très courts,
de vers souvent octosyllabiques, de poèmes très courts, de strophes qui
sont reprises, etc. Et là, lorsque le metteur en scène nous demande de
produire une musique pour ce chœur, on est face à un texte dont la
métrique n’est absolument pas régulière, on se trouve face à un texte
qui est très long, à partir duquel on ne peut pas créer un e musique
comme on l’aurait fait dans la tradition, en disant : « on met en
musique les 4 premiers vers, et puis après on répète ».
Cette
difficulté par rapport au texte nous amène à essayer de concevoir une
musique qui nous dépasse nous-mêmes, qui dépasse notre propre tradition.
Infine, un intervista con Vincent Zanetti il 15 settembre 2006 presso
la 18a edizione dei Rencontres de Calvi canzoni.
A Filetta Seneca ...
Vincent
Zanetti: Nel 1995, il regista Jean-Yves bretone Lazennec chiede il
gruppo ha Filetta corso creare musica cori polifonici di Medea, la
tragedia dedicato dall'autore latino Seneca personaggio di Jason, il
simbolo per eccellenza della scoperta degli altri, con tutte le
raptures e tutti i problemi che comporta.
Poco più di 10 anni più tardi, filettatura pubblicato oggi l'ultima
versione del disco di quattro cori.
E
subito dopo il viaggio di Giasone, l'aggiunta non è, inoltre, è sicuro
di dire che, dopo Medea filettando, corso di canto polifonico non sarà
più lo stesso.
Incontra l'autore di questa musica ispirata, che
è stata quella di tradurre il corso di lingua del testo in latino di
Seneca per essere in grado di cantare in una lingua e quindi,
ovviamente, destinato per il matrimonio e la polifonia antica tragedia.
Questo corso bardo, Jean-Claude Acquaviva.
Jean-Claude
Acquaviva, nella vostra mostra, in particolare nella presentazione di
Medea, un gioco che ancora data dal 1997 e in uscita nel 2006, quindi 9
anni più tardi, a guidare, ma hai cantato qui a Calvi Polifoniche
riunioni, lei ha questa frase nella presentazione che riassume quasi
tutto: "L'aggiunta è anche" citato direttamente dal testo di Seneca che
tradotto dal latino in lingua corsa. Essa è in gran parte
autobiografico, Medea?
Jean-Claude Acquaviva: Sì, credo
che sia autobiografico, credo che per noi Filetta, Medea è davvero un
momento critico nella nostra carriera. Abbiamo sempre detto che si è
trattato di un momento estremamente importante: è la prima volta,
probabilmente per caso, per necessità, anche noi cominciamo a pensare
le cose in formati che non sono formati tradizionali;
E inoltre,
spetta l'importanza del testo, parola, discorso, finora la nostra
tradizione orale è fatto di canzoni, che sono spesso molto brevi,
spesso octosyllabiques versi, poesie brevi, una serie di cui sono
indicati , ecc. E poi, quando il regista ci chiede di produrre musica
per il coro, ci troviamo di fronte a un testo in cui il parametro non è
regolare, ci troviamo di fronte a un testo che è molto lunga, da cui
non può creare un messaggio e la musica come avremmo fatto, nella
tradizione, dicendo: "non c'è la musica nei primi 4 versi, e poi
ripetere.
Questa difficoltà con il testo ci porta a cercare di
sviluppare una musica che ci superare noi stessi, al di là della nostra
propria tradizione.
Et en même temps, Médée arrive
effectivement à un moment où nous avons déjà pratiquement 10 ans de
rencontres de chants polyphoniques, où nous sommes en plein échange
avec les chants géorgiens, le Caucase, où nous sommes en plein
développement par rapport au théâtre, à la musique de théâtre, en tout
cas aux Passions qu’on joue à Calvi…
Donc Médée, c’est la musique qui arrive et qui fait qu’A Filetta
devient A Filetta, je crois que c’est clair.
Jusque
là, on n’aurait pas forcément pu nous distinguer des autres groupes
polyphoniques, on chantait une tradition orale comme d’autres :
Tavagna, nous, les Chjami Aghjalesi, Canta U Populu Corsu, tous les
groupes de Corse travaillaient sur le même répertoire polyphonique, on
avait à peu près tous les mêmes repères, les mêmes répertoires
polyphoniques. Médée arrive à un moment qui est tel qu’on a un bagage
qui est ce qu’il est, qui fait qu’on a une idée de notre musique qui a
beaucoup évolué depuis 1987, et ça produit une musique qui ensuite va
nous permettre justement, à mon avis, d’aller plus loin encore, d’aller
sur des choses plus osées, plus contemporaines, plus modernes,
notamment sur le plan des harmonies, avec le Requiem, les Chemins de
Croix ici. Nous avons produit des choses qui du coup s‘éloignent encore
plus de la tradition, sans doute, mais qui proposent des
pistes
de prolongement.
Pour nous, Médée est un tournant. En fait, si
vous voulez, avant Médée, il y avait un travail qui n’était qu’oral.
Avec Médée, il y a quelque chose qui n’est pas écrit, puisque la
partition proprement dite n’a jamais été fixée, n’est pas écrite, mais
qui devient quand même plus fixé, plus écrit. On a travaillé sur des
mélodies harmonisées. Elles étaient, comme dans la tradition orale,
relativement libres : on savait qu’il y avait telle ligne mélodique,
relativement libre et qu’autour de ça il y avait des blocs harmoniques
; on savait qu’à tel moment on était sur tel accord, on allait vers tel
autre, etc. C’est fixé en quelque sorte, mais ce n’est pas écrit. Et
après Médée, on a continué à faire des choses comme on faisait Médée,
on a continué à faire des choses comme on faisait avant Médée,
c’est-à-dire complètement orales, et on a fait aussi des choses
complètement écrites.
E allo stesso tempo, Medea
effettivamente accade in un momento in cui abbiamo quasi 10 anni di
riunioni di brani, dove siamo nel commercio con i brani della Georgia,
del Caucaso, dove siamo in fase di rapida crescita, rispetto al teatro,
musica teatro, almeno ci gioco la Passioni a Calvi ...
Quindi, Medea, la musica è una realtà e il fatto che diventa Filetta
threading, credo che sia chiaro.
Fino
ad allora, non è necessariamente in grado di distinguerli dagli altri
gruppi di canto polifonico è una tradizione orale Tavagna come altri,
abbiamo la chjama Aghjalesi, Canta U Populu Corsu Corsica tutti i
gruppi di lavoro sulla stessa directory Polyfoniche, abbiamo avuto più
o meno lo stesso di marchi, la stessa directory polifonici. Medea
giunge in un momento che è tale che un fondo che è quello che è uno che
ha un'idea della nostra musica si è evoluta dal 1987, e produce una
musica che poi ci permettono giustamente, a mio parere, di andare
oltre, di andare su cose più audaci, più contemporaneo, più moderna, in
particolare nel armonie, con il Requiem, la Via Crucis qui. Abbiamo
prodotto cose che soffiano via ancor più della tradizione, senza
dubbio, ma che offrono possibilità di proroga.
Per noi, Medea è
un punto di svolta. In realtà, se si vuole, prima di Medea, non vi è
stato un lavoro che è stato per via orale. Con Medea, c'è qualcosa che
non è scritta, in quanto il cliente stesso non è mai stato risolto, non
è scritto, ma diventa ancor più determinata, più iscritto. Abbiamo
lavorato su melodie armonizzate. Esse sono state, come nella tradizione
orale, relativamente libero, sapevamo c'era una tale linea melodica,
relativamente libero e che attorno ad essa vi erano blocchi armoniche,
sapevamo che questa volta non vi è stato l'accordo , così siamo andati
a un altro e così via. Questa è fissata, in qualche modo, ma non è
scritto. Medea e dopo, abbiamo continuato a fare le cose come Medea è
stata, essa ha continuato a fare le cose come abbiamo fatto prima di
Medea, ovvero per via orale, ed è stato anche qualcosa di scritto.
Donc Médée est une charnière, une pierre angulaire.
Et
pour la petite anecdote, on a fixé Médée par l’écrit. Maintenant, si
vous l’entendez, vous ne reconnaissez absolument pas Médée. On n’a pas
la capacité de le fixer tel qu’on le chante. Simplement, pour prendre
des repères, pour s’assurer malgré tout qu’on est dans le respect de
certaines modulations, de la tonalité, on a plus ou moins, de façon
très simplifiée, on a écrit les grandes lignes de Médée avec les
harmonies. Mais si vous le faites jouer par un outil informatique, oui,
vous avez les harmonies qui vont revenir, mais vous ne reconnaissez
pas, parce que ce qu’on fait sur scène, on le fixe difficilement.
Pour répondre à votre question, comment a-t-on travaillé ?
On
a travaillé sur une série de mélodies. D’ailleurs, ce qui a été pour
moi le plus passionnant dans ce travail, c’est d’avoir pour les quatre
chœurs des climats qui, évidemment, sont fonction de la dramaturgie, de
ce que dit le texte et de ce qu’il annonce.
Mais ce qui est
intéressant, c’est que le premier chœur est probablement celui qui est
resté le plus proche du chant traditionnel ; le deuxième, qui au niveau
de l’idée même du texte de Sénèque, est celui qui est à mon avis le
texte le plus moderne, c’est justement celui là qui dit « désormais
l’ailleurs n’est plus ailleurs », c’est celui qui est le plus en
rupture avec tous les autres ; pour le troisième, on revient à quelque
chose qui est en partie traditionnel, mais qui par contre, dans
certains développements, est beaucoup plus moderne que le second ; et
le quatrième, c’est un chœur beaucoup plus ramassé, c’est le seul chœur
rythmique, le seul qui est mesuré en quelque sorte, et c’est celui qui
voulait donner le sentiment qu’on arrivait à quelque chose qui
paradoxalement, alors que ça devient mesuré, est en train de s’affoler,
de se déformer, c’est le moment de la fureur de Médée, et c’est là où
les voix deviennent sans doute les plus folles.
Et ce qui a
vraiment été passionnant, ça a été de travailler sur certains thèmes
qui existent dans le premier chœur, qui passent dans le troisième, et
qui passent dans le quatrième, des thèmes qui à chaque fois sont
harmonisés de façon différente et qui justement se déforment, et
arrivent à la fin avec ce qu’on a voulu être le chœur sans doute le
plus fou, le plus déstructuré, même si, encore une fois, sur le plan de
l’organisation rythmique c’est le seul qui est rythmé, qui est
rythmique, qui est mesuré.
Alors, comment s’est passé le
travail avec les autres ? Dès lors qu’il y avait ces choses là qui
étaient établies, fixées, il y a eu tout un travail de mémorisation, de
maillage, pour faire en sorte qu’on passe d’une harmonie à l’autre,
chacun tenant compte de la façon dont les autres développent.
Così Medea è un cardine, una pietra miliare.
E
per l'aneddoto, che è stato fissato da Medea iscritto. Ora, se si
sente, non si riconoscono Medea. Se non hanno la possibilità di
impostare come cantare. Semplicemente, cuscinetti a prendere, per
garantire che siamo ancora in conformità con alcune modulazioni di
tono, si è più o meno, molto semplificato, abbiamo scritto una bozza di
Medea con armonie . Ma se si gioca con uno strumento, questo sì, avete
le armonie che tornare indietro, ma non si riconoscono, perché quello
che facciamo sul palco, è la difficoltà.
Per rispondere alla sua domanda, come ha lavorato?
Abbiamo
lavorato su una serie di melodie. Inoltre, ciò che è stato per me più
emozionante di questo lavoro è quello di avere cori per tutti e quattro
i climi che, ovviamente, dipende dal dramma di ciò che il testo dice e
ciò che ha annunciato.
Ma ciò che è interessante è che il primo
coro è probabilmente quello che è rimasto più vicino alla canzone
tradizionale, il secondo, alla stessa idea del testo di Seneca, è che a
mio avviso, la la più moderna del testo, è proprio quello che ha detto
"ora è anche più altrove", è uno che è più in contrasto con tutti gli
altri, per il terzo, è fino a qualcosa di è in parte tradizionale, ma
contro chi, in alcuni sviluppi, è molto più moderna rispetto al secondo
e il quarto è un coro raccolto molto di più, è l'unico coro ritmica,
l'unico che viene misurata in alcuni modo, ed è colui che ha voluto
dare la sensazione che qualcosa è successo che, paradossalmente, mentre
è misurata, è in fase di panico, di falsare, è il momento di furia di
Medea e questo è dove i voti sono probabilmente i più folli.
E
ciò che è stato davvero emozionante, è stato lavorare su alcuni temi
che esistono nel primo coro, che passa al terzo, quarto e nel passare,
ogni volta che le questioni sono armonizzate in modi diversi e che solo
diventare distorta, e arrivare alla fine con quello che abbiamo voluto
essere il coro probabilmente il più pazzo, più strutturata, anche se,
ancora una volta, in termini di organizzazione ritmica è l'unica che è
ritmico, che è il ritmo, che viene misurata.
Quindi, come
ha lavorato con gli altri? Da quando è stato queste cose che sono
state, insieme, vi è stato un bel ricordo, la messa in rete, in modo da
trascorrere una armonia di un altro, ciascuno tenendo conto delle
sviluppare come gli altri.
C’est pour ça que Médée a mis
beaucoup de temps à mûrir. C’est pour ça que, quand on écoute nous les
premiers enregistrements de Médée, aujourd’hui ils sont extrêmement
différents parce qu’il y a plein de choses qui ont évolué et notamment
il a fallu attendre d’avoir une respiration commune dans le texte, dans
le verbe, et cela a pris beaucoup de temps.
Alors aujourd’hui les
gens qui nous entendent chanter viennent nous voir en disant : « mais
comment faites-vous, vous n’avez aucun repère rythmique, vous êtes
ensemble sur le plan harmonique, avec des frottements, avec des choses
qui modulent, comment faites-vous sans repères ? » Eh bien, c’est la
mémoire, c’est dix ans de pratique commune qui font qu’on
arrive
à mémoriser les choses de cette façon là.
On l’a dit, Médée
c’est un peu une pierre angulaire dans l’existence d’A Filetta. Pour
vous compositeur, bien sûr vous avez continué à composer, vous avez
composé avant, vous avez composé après, mais tout de même, la barre est
montée très haut, comment vivez-vous l’après Médée ? Parce que, encore
une fois, l’ailleurs n’est plus ailleurs. Maintenant, où allez vous
chercher l’ailleurs, parce que vous avez cette soif là ?
Vous
savez, ce qui est délicat pour nous, c’est que Médée, comme vous le
disiez, est une pierre angulaire, une sorte de passage. Et c’est vrai
qu’on a été à l’aise dans le passage, et ce qui nous fait un peu peur
pour l’après, d’ailleurs ça s’est vérifié, puisque on a beaucoup
travaillé après, on a composé plein de choses, mais on a fait des
choses qui sont devenues sans doute, pour l’instant, pour ce qui a été
produit, des choses qui seraient plus proches d’une forme de musique
classique contemporaine que véritablement de ce qu’on a produit avec
Médée.
Bruno Coulais disait de Médée : « c’est un OVNI », c’est
quelque chose d’assez inclassable, parce que ça module beaucoup plus
que la musique traditionnelle, mais en même temps, c’est sur des
fonctionnements de la musique traditionnelle. Ce sont des harmonies
plus modernes, mais on y retrouve quand même les éléments essentiels de
la musique traditionnelle. Médée est une musique qui est vraiment celle
qui nous permet de sortir de la tradition, mais qui reste quand même
enracinée, amarrée en quelque sorte à la tradition, même si on s’en
éloigne, même si on y a intégré des choses nouvelles, il y a toujours
un contact.
Ce que l’on a fait par la suite, on a fait des
choses qui, à mon sens, sortent beaucoup plus des sentiers de la
tradition. Alors, ce n’est pas qu’on le regrette, car quand on compose,
on n’a pas à se poser le problème de savoir où on va et si on est dans
des routes jalonnées, mais en même temps, on peut très bien accéder à
un type de musique dans lequel on peut ne pas être du tout reconnu.
Parce
qu’on n’est pas des classiques, on n’est pas des chanteurs de musique
contemporaine, on n’en a pas la formation, les qualités, par contre je
pense qu’on peut dire des choses dans un langage qui s’éloigne de celui
de la tradition, on peut faire valoir des choses au niveau notamment de
la façon de vivre le chant ensemble, de continuer à le tisser ensemble,
ça, ça me semble important.
Je crois que la différence
fondamentale entre un groupe comme nous et un chœur classique quel
qu’il soit , c’est que le chœur classique fonctionne par rapport à
quelque chose d’écrit : il y a des pupitres, c’est réglé très souvent
par quelqu’un d’extérieur, etc. Nous, on ne peut pas fonctionner comme
ça, nous, on est obligés d’être les uns dans les autres, de
s’abandonner les uns aux autres, ça, ça ne pourra pas changer.
Par
contre, on sera amenés, et on a été amenés, à faire des choses plus
mesurées, qui s’approchent plus d’une certaine forme de musique
contemporaine. Alors, est ce que les gens vont comprendre ? Nous mêmes,
on est toujours dans l’interrogation, évidemment, quand on fait quelque
chose : quand on faisait Médée, on se disait : « est-ce qu’on ne
s’éloigne pas trop ? Est ce qu’on a le droit de digresser ainsi ?
Est-ce qu’il ne faut pas revenir à des choses plus simples, faire des
choses plus accessibles ? » et puis finalement, on est sortis de Médée
avec la satisfaction d’avoir fait quelque chose qui correspond à notre
personnalité, à notre façon de voir la musique et son évolution en
Corse et ailleurs.
Pour en revenir à votre question, c’est
un peu notre interrogation. Après, il y a aussi le fait qu’on avance
dans l’âge, on avance dans la musique, on avance dans le contact ; on a
beaucoup travaillé avec Bruno Coulais, c’est évident qu’ensuite il y a
des influences, la musique écrite beaucoup plus, est ce qu’on sera
capables à l’avenir de continuer à produire une musique qui soit autant
un OVNI que Médée ? Je n’ai pas la réponse.
Et enfin, une interview pour RFI Musique :
Les polyphonies colorées d’A Filetta
Nouvel album Bracanà
Paris
15/07/2008 -
Le
nouvel album d’A Filetta, Bracanà parcourt les multiples facettes
artistiques de ce combo de chanteurs fondé il y a tout juste 30 ans.
Toujours partant pour rencontrer leurs frères chanteurs à travers le
monde, A Filetta s’impose comme un des groupes les plus excitants de
l’île de Beauté. Interview de Jean-Claude Acquiva, un homme qui a
choisi sa voix.
I
RFI Musique : Ce nouvel album s’intitule Bracanà. Quel est le sens de
ce mot corse ?
Jean-Claude
Acquaviva : Il a deux significations : "bariolé" et "changer de couleur
à l’approche de la maturité". "Bariolé" correspond bien à ce nouvel
album, à ces 14 chants métissés. "Bracanà", on le dit du pelage d’un
animal. Cet album est tout sauf uniforme. On y retrouve des chants
liturgiques chrétiens, des chants géorgiens, des monodies
traditionnelles, des créations dont une, Liberata, à la mémoire de
Pierre Griffi, un héros de la Résistance en Corse. Ce morceau sert de
générique à un téléfilm sur la Resistance sur l’île durant la Seconde
Guerre mondiale. Treblinka parle d’espoir, du souffle de vie au cœur de
l’horreur, 1901 de l’exil à travers les destins de frères géorgiens.
L’Invitu est extrait de notre création autour du Médée de Sénèque.
C’est un disque ouvert, en fait. Mais "bracanà" se dit aussi d’un fruit
qui change de couleur en mûrissant. C’est aussi ça un peu le reflet de
notre parcours sur ces 10 dernières années durant lesquelles nous avons
beaucoup tourné et provoqué beaucoup de rencontres. Ce parcours
atypique nous a conduits vers d’autres traditions polyphoniques tout
autour de la Méditerranée, mais aussi plus largement dans le monde, en
Asie, en Afrique. On ne sort pas indemne de tout ça. Forcément notre
répertoire évolue. Chaque album est différent. Heureusement d’ailleurs,
en 30 ans de carrière, ça serait vite ennuyeux pour nous, comme pour le
public.
Que regard portez-vous sur ces 30 ans d’activité ?
Tout
d’abord, j’ai vraiment la sensation que ces 30 années sont passées en
quelques heures seulement… Il n’y a ni frustration, ni amertume. Aucune
routine ne s’est installée. Nous n’avons jamais raisonné en termes de
développement de carrière. Nous avons plutôt évolué au gré de
rencontres, de nos rêves et de nos surprises. C’est probablement ce qui
explique notre longévité. Pour nous, l’important est d’avancer, et
d’avancer ensemble. Nous avons la même façon de voir la vie. On adhère
à la même démarche. Ça passe par une grande rigueur dans le travail,
rigueur qui ne nie pas pour autant la personnalité de chacun. C’est ce
qui nous permet de nous renouveler, en invitant par exemple des plus
jeunes à nous rejoindre.
Quelques souvenirs forts au fil de ces 30 ans ?
Beaucoup
de tournées nous ont marqués par la qualité des échanges. Dans le
Caucase par exemple ou dans la Géorgie de l’après-guerre civile. En
Afrique, nous avons été impressionnés par ce que nous avons vu et par
l’accueil du public, pas forcément celui des organisateurs. Les
Rencontres Polyphoniques que nous co-organisons à Calvi, depuis 20 ans
sont aussi des moments forts.
Quelques mauvais souvenirs, aussi ?
Pas
tant que ça. Bien sûr quelques galères souvent liées à de mauvaises
conditions scéniques ou lorsque nous avons inauguré un festival en
Hollande et que nous avons joué devant un parterre vide, ou dans des
villages qui semblaient désertés. Aujourd’hui, on en rigole. Les vrais
coups durs sont liés à la disparition de proches.
Quelles perspectives pour le chant corse ?
Il
y a 30 ans quand on a commencé, c’était assez exotique. Même en Corse.
En fait, il a des vagues. L’intérêt pour notre travail et pour les
musiques que nos défendons en général croît ou décroît en fonction de
raisons qui nous sont parfois totalement étrangères. Le boum des Voix
Bulgares a provoqué un temps un regain d’intérêt pour les traditions
vocales. Forcément les difficultés que traverse l’industrie du disque
ne sont pas sans conséquence sur notre développement. Il y a quelques
années, nous étions plus souvent conviés sur des plateaux télés.
Maintenant moins. Notre musique n’a pas fondamentalement changé. La
télé, si.
Comment imaginez-vous votre avenir musical ?
On
ne se projette pas … Impossible de dire ce qu'il en sera dans 5 ou 10
ans. Je sais juste que l’on continuera à faire entendre notre voix,
parce qu’on a des choses à dire, parce que notre volonté est intacte,
notre enthousiasme et nos rêves aussi. Nous continuerons à produire
tant qu’il y aura de l’envie, du souffle et de l’entrain. Quant à la
musique, elle continuera ! C’est comme la vie, on ne se pose pas la
question de pourquoi on vit. On vit, point barre !
A plus court terme, quels sont vos projets ?
Des
projets de rencontres évidemment. En septembre, lors des prochaines
Rencontres Polyphoniques, nous allons travailler avec Danyel Waro. Nous
donnerons un concert dans la foulée et nous nous retrouverons pour
Africolor en décembre. C’est un extraordinaire personnage, un militant
de l’humanité et de la "batarcité". Sinon, nous travaillons avec des
musiciens de jazz tel le trompettiste Paolo Fresu ou le bandonéoniste
Daniel di Bonaventura. Nous avons aussi collaboré avec le guitariste
portugais Jorge Fernando et avec Yves Duteil sur son dernier album.
Des envies de collaborations autres ?
On
aimerait bien travailler avec Gabriel Yacoub ou Gianmaria Testa. Ce qui
nous intéresse dans ces rencontres et dans la musique de manière
générale, ce n’est pas l’idée du but à atteindre mais plutôt celle de
l’épanouissement au quotidien. Il est clair qu’avec l’arrivée de la
world, nombreux sont ceux qui ont cru aux vertus du métissage. Mais le
métissage pour qu’il soit réussi doit être l’aboutissement naturel
d’une rencontre.
Vous avez travaillé pour le monde de
l’image, le théâtre, l’opéra ou la danse… est-ce aussi une façon de
contourner la crise du disque ?
Dans les faits, c’est peut-être
ça… Mais nous, on n’a sollicité personne. Ce sont plutôt Bruno Coulais
ou Sidi Larbi Cherkaoui (le chorégraphe : ndlr) qui sont venus à nous.
Il n’y avait rien de calculé, pas de volonté de dire : "on va faire ça
pour contourner la crise du disque…". Il est indéniable que ces
collaborations nous ont ouvert de nouveaux publics.
Les mots de Jean-Claude Acquaviva
U lamentu di Ghjesù
Photo : Françoise COULOMB - 7 septembre 2005, Calvi
La tradition
Dès
lors que l'on a des racines, on n'a pas besoin de prouver qu'on y est
fidèle.Toutes les traditions n'ont de sens que dans la mesure où elles
évoluent. Elles évoluent naturellement depuis toujours, ne serait-ce
que par la communication, par les civilisations qui se succèdent, se
croisent où s'entrechoquent et quelque fois se déchirent. De là naît
une culture. Si l'on doit faire une analyse du chant polyphonique
traditionnel on ferait le constat qu'il est endémique, c'est un chant
qui manifestement a des origines ailleurs où il a été influencé. Il
faut replacer ce chant dans une perspective d'ouverture sur le monde,
il ne faut pas faire du suivisme et se mettre dans les pas d'une
musique dominante. Si notre musique est ouverte, tant mieux ! Elle doit
le demeurer pour continuer à être le reflet d'une communauté qui vit,
avance et évolue.
Quand on est issu de la tradition orale,
avoir des racines, c'est en même temps extraordinaire et terriblement
handicapant, parce que dès que l'on sort du chemin, de la tradition, on
se pose sans cesse la question : "ai-je le droit de sortir du chemin ?"
Nous avons pris ce droit il y a plus de 20 ans, et ce qui nous rassure
et nous comble, c'est que le public nous accepte tels que nous sommes
et qu'il comprend bien notre démarche.
La tradition n'a de sens que si elle continue d'être le reflet d'une
communauté qui avance.
La langue
Se
focaliser sur la défense de la langue, c'est se tromper de combat. La
langue, si elle n'est pas celle du pain, du jour, du repas, du coucher,
ce n'est pas la peine de se battre pour elle. Ce qui est important,
c'est d'essayer de vivre par la langue et non pas de faire vivre la
langue. Dans ce sens-là, on se considère toujours comme des gens
militants. Pas des militants qui se posent en défenseurs d'un
sanctuaire. Un sanctuaire, ça sent déjà la mort. Notre musique, c'est
tout sauf quelque chose de proche de la mort.
A Filetta
En
octobre 1978, naissait le groupe A Filetta. A l'époque nous ne savions
pas et d'ailleurs, nous ne savons toujours pas, s'il s'agissait du rêve
d'une esquisse ou de l'esquisse d'un rêve. L'esquisse d'une demeure à
jamais ouverte où pourraient venir trouver refuge, les âmes
entremêlées, qui dans leur quête d'éternité, tissent et retissent les
fils de ce vieux partage qu'est le chant.Le rêve d'un navire sans
pavillon, parti de nulle part sillonner l'ailleurs où des phares
immémoriaux pourraient peut-être un jour lui dire : " c'est là, parmi
vous, dans l'éphémère partagé que sont les étendues éternellement
heureuses. "
Vingt ans aux côtés de tous ceux qui ont la
conviction que la vie est de ces batailles à mener dont il ne faille
sortir ni vainqueur ni vaincu, mais grandi.
Et, s'il
fallait, au terme de ces quelques années que subsiste une empreinte et
une seule, nous souhaiterions vraiment que ce soit celle de voyageurs
dont la seule préoccupation serait de ne rien vouloir altérer.Il faut
être ce que nous sommes et l'être pleinement et ne pas chercher ni à
plaire, ni à complaire; il ne faut pas tricher avec cela.
Nous sommes un vieux groupe de jeunes chanteurs.
"A
Filetta a constitué un cocon où l'on s'épanouit quelquefois à l'abri
des vicissitudes d'un quotidien agité par les soubresauts de nos
sociétés du tout-marchand où seule compte la capacité à être plus fort
que l'autre pour mieux l'écraser. Enfin, A Filetta a également été une
vraie école du partage, du travail et de l'exigence envers soi-même."
(source : A Pian' d'Avretu")
Chanter
Chanter
c'est, aussi et peut-être surtout, dire tendrement des choses
puissantes et puissamment des choses tendres.Notre chant est de pierre
et d'eau. Dans ses plis et replis, dans ses arcanes, il épouse les
contours de l'âme de ce rocher tumultueux qui nous a engendrés.
Notre
chant est un chant qui consacre la mémoire, il est aussi un chant qui
prône l’ouverture, l’accès à l’autre. Surtout, il traduit le besoin
profond de n’être que ce que nous sommes, mais à l’être pleinement,
sans complexes, en authenticité et généreusement. Pas en essayant d’en
faire un sanctuaire. Le sanctuaire, cela sent déjà la mort.
La polyphonie
La
pratique de la polyphonie est absolument liée à l'établissement d'un
lien social. C'est peut-être ce qui explique sa force et le fait
qu'elle ait trouvé une nouvelle raison d'exister. Pratiquer cette
musique, tenter de lui donner un prolongement, c'est pour nous caresser
l'espoir de rapporter les clameurs nées du campement de quelques
nomades dans ce désert qu'est le temps.Au-delà de l’aspect technique,
la polyphonie est une musique de partage, qui ne se conçoit que dans la
complicité. Il faut bien se connaître, beaucoup d’échanges sur le plan
humain pour que cela fonctionne. Pour qu’il y ait une cohésion entre
plusieurs voix, il faut qu’il y ait du sens à travers ce qui est
chanté. C’est une musique qui contribue à créer des rêves collectifs.
La Corse
Je
considère que le problème corse est spécifique, comme le problème de
n’importe quelle micro-région l’est. Parce qu’il y a des raisons, une
histoire, une géographie, propre. Mais, j’ai toujours pensé qu’il n’est
qu’une toute petite partie d’un grand problème universel qui tient à la
répartition des richesses, à la justice, à l’équité, au respect. Du
plus petit de la chaîne au plus haut, respectons la vie dans ce qu’elle
a de sacré, donnons à chacun les moyens de vivre dignement. Il faudra
bien trouver un jour ou l’autre les solutions du développement.
La
vraie Corse est pour moi la Corse avec toutes ses composantes. Les
meurtres, les attentats, les rivalités font aussi partie de la Corse et
il ne faut pas évacuer cela. Mais, tout à côté il y a des gens qui
progressent, qui produisent, qui travaillent, qui essaient que cette
terre aille de l’avant. De cela on ne parle pas, ou très peu.
Le
problème corse n’est pas un problème local, il est mondial. Comme
beaucoup d’autres territoires dans le monde, face à la mondialisation,
la Corse doit garder sa spécificité et sa culture. Le vrai enjeu est là.
Un
Continental qui change de département n’a pas le sentiment de partir de
chez lui. Un Corse qui part de Corse s’arrache. Cela a eu une influence
très forte sur cette volonté de maintenir, de cultiver.
Sur une île on peut avoir l’impression que tout s’arrête : même la
terre ferme !
La violence
La
France a eu en Corse une politique violente, elle a essayé d’éradiquer
tout ce qui faisait la spécificité des Corses au niveau de la langue,
de la littérature. La France, par des lois douanières assassines, a
essayé de mettre complètement par terre l’économie corse. Cela fait
aussi partie de l’histoire de France. Aujourd’hui, cela se traduit par
une violence qui a été en partie légitime et une violence qui, en
grande partie, a dérivé pour des tas de raisons, pour des choix qui ont
été faits ou pas. Parce que la clandestinité a pris le pas sur le reste
et l’on sait qu’une violence clandestine est incontrôlable. Sous
couvert d’une violence clandestine, des bandes armées se constituent,
elles se partagent des secteurs. On est donc arrivé à des dérives avec,
malheureusement, des gens sincères qui se sont faits flinguer sur le
terrain et des gens douteux qui ont fait leurs affaires. Aujourd’hui,
on en est là.
J'ai toujours considéré que la violence
clandestine était une erreur originelle. Non seulement elle permet
toutes les dérives, mais elle entame notre capacité citoyenne à prendre
en charge nos responsabilités et donc notre devenir. Enfin, elle porte
en elle les germes de l'arbitraire.
L'engagement
Le
chant a été pendant longtemps, dès la fin des années 60 et depuis le
phénomène revendicatif très fort, une parole militante. Il a été le
moyen de faire passer des idées. Le mouvement autonomiste s’est
beaucoup appuyé sur les chanteurs. Aujourd’hui, nous sommes capables de
dire avec notre langage et notre musique ce que les peuples de la terre
disent avec leur langue et leur musique. Je ne pense pas que si on en
était resté à quatre paroles chantées de façon militaire, on aurait
fait progresser notre terre comme elle a progressé. Car, quoi qu’on en
dise, durant les trente dernières années, on a fait un sacré bond en
avant, même si nous qui vivons la Corse au quotidien, nous avons
toujours le sentiment que les choses n’avancent pas. Les premières
années ont été militantes jusqu’aux années 80, puis tout cela est
devenu plus universel. On a donné à l’universel nos couleurs
spécifiques. Le terme militant renvoie à une idée de combat pour... Je
préfère l'appeler associatif, bénévole, naturel.Toute harmonie est
inaccessible dès lors que l'on ignore l'Autre dans sa spécificité, dans
son tempérament, dans son essence, mais aussi dans ses failles, ses
insuffisances, ses souffrances.
Le monde
Nous
considérons que nous vivons dans un monde qui ne peut qu’aller dans le
mur. Quand 10 % des gens de la planète se répartissent 98 % des
richesses, cela ne peut pas tenir. C’est non seulement injuste, mais
invivable.
Le racisme
Il me semble aussi
dangereux de montrer la Corse du doigt (comme étant raciste) que
d'affirmer la main sur le coeur que les Corses ne sont absolument pas
racistes.
L'identité
L’identité ne se décrète
pas, elle ne se projette pas, elle se dévide dans le souffle des
hommes, et la sauvegarde de l’identité passe par l’identité plus que
par la sauvegarde.
En conclusion...
"Produire du sens, tisser du lien, restaurer le respect, accepter de se
construire aussi dans l’altérité".
Vu sur le site CafeBabelcom, le site européen
http://cafebabel.com/fr/
Un grand merci à Carole de me l'avoir signalé.
Jean-Claude Acquaviva, racine corse
Adriano Farano - Paris - 14.11.2006 Traduction : Gilles Pansu
Chanteur
et leader du groupe de polyphonie corse ‘A filetta’, Jean-Claude
Acquaviva, 41 ans, disserte sur son dernier album, les femmes de l’île
de Beauté et la France jacobine. Le charisme de mon invité transparaît
dans ses yeux gris acier qui m'accueillent au matin d’une limpide
matinée d’automne parisienne. Mais c’est avec sa voix, grave et
hiératique, que Jean-Claude Acquaviva a su mener son groupe, ‘A
filetta’ aux sommets de l'art de la polyphonie corse. Un timbre a
cappella qui, mêlé à celui des six autres membres du groupe, a conquis
le public de l'auditorium de l'Institut du Monde Arabe, le soir avant
que je le rencontre.
N'oublie jamais la fougère
La
salle parisienne n'était pourtant pas à la hauteur des performances
acoustiques de la petite église de village où j'ai entendu pour la
première fois chanter ‘A filetta’. « C'est vrai », admet Jean-Claude
Acquaviva « des concerts comme celui de Rogliano [au Cap corse] nous
permettent de conserver un lien avec notre terre. » L’homme parle
corse, une langue largement compréhensible pour moi qui suis Italien.
’A
Filetta’ cherche à préserver la simplicité qui existait lors de la
formation du groupe en 1978 par " des amateurs." Parmi les membres de
la première heure, des "instituteurs ou des bergers" et Jean-Claude
Acquaviva, 13 ans à l’époque. "Nous avons payé de notre poche notre
premier voyage à l'étranger, dans la Sardaigne voisine", se souvient-il
en souriant. "On ne demandait rien de plus".
En 1994, l’heure du
choix sonne. "Nous étions face à une alternative," explique Acquaviva :
"Continuer à nous amuser ou prendre les choses au sérieux. Nous avons
pris la voie professionnelle, portés par l'envie de nous réaliser, avec
l'aide du compositeur Bruno Coulais et du metteur en scène Jean-Yves
Lazennec".
A une condition : rester fidèle à leur nom. En corse,
"filetta" signifie "fougère", une plante très répandue sur l’île de
Beauté et "difficile à arracher car dotée de racines qui se développent
à l'horizontale", souligne Acquaviva, joignant le geste à la parole.
"D’ailleurs quand un corse quitte l'île et oublie ses racines, on dit :
‘s'è scordatu di a filetta’ [il a oublié la fougère]".
De l'innovation mais pas de pop
Pour
Jean-Claude Acquaviva, la musique corse doit être à l'avant-garde.
"Nous voulons être aussi populaires que les autres genres musicaux,
sinon autant nous mettre au musée. Nos collègues qui s'opposent aux
innovations me rappellent les damnés de ‘l'Enfer’ de Dante qui furent
condamnés à marcher la tête à l'envers et à pleurer par derrière. Pour
autant, il ne faut pas perdre l'authenticité de la musique corse",
martèle t-il. Référence implicite à ‘I Muvrini’, autre groupe de
polyphonie corse très connu, qui a mélangé les chants traditionnels
avec des sonorités pop et des fonds sonores instrumentaux.
Le
discours d’Acquaviva vaut aussi pour la politique. "On nous accuse
d'avoir oublié notre engagement des premières années en faveur de
l'indépendance de la Corse", explique Acquaviva avant d’enfoncer le
clou. "En réalité, nous sommes encore plus militants qu'avant."
Une Corse "annexée par la France"
Mais quel rapport entre la question corse et le dernier album d' ‘A
filetta’ intitulé Médée ?
"Le
thème des femmes, " explique Acquaviva, qui cite même le poète Sénèque
en introduction d'une de ses chanson : ‘Nulle force au monde, ni
ouragan, ni incendie ou machine de guerre n'a la violence d'une femme
abandonnée, ni sa force ou sa haine’. "Je vois chez Médée la même force
que chez les femmes corses qui sont descendues dans la rue dans les
années 90 pour protester contre la violence des indépendantistes."
Une
violence avec laquelle Acquaviva confesse entretenir des liens ambigus.
"Nous condamnons les crimes de sang commis par les ‘clandestins’. Mais
on ne peut pas se contenter de condamner", glisse t-il avant de
reprendre d'un ton sérieux, en français cette fois : "Qu'on le veuille
ou non, la violence clandestine naît de l'injustice. Je ne suis pas
pour l'indépendance, mais il ne faut pas oublier un fait historique
irréfutable : la Corse a été annexée par la France. Et c'est une terre
beaucoup plus italienne que française."
"Nous, par exemple,
" poursuit-il - en s'adressant à moi en corse – "nous pouvons nous
comprendre. Le problème est que notre île subit trop d'injustices de la
part de la France : les élections sont truquées, on ne vote pas
librement. Et à chaque fois qu'on veut augmenter le niveau d'autonomie
se déclenche une sorte de cordon immunitaire qui va préserver une
centralisation imposée par Paris."
Mais quel lien avec Médée ?
"Comme
l'héroïne d'Euripide et de Sénèque, la Corse a subi une injustice de la
part de la France." Par amour pour Jason, Médée trahit son père et sa
patrie puis se voit abandonnée par son amant dont elle se venge en
tuant les deux fils qu'elle avait eu de lui. "Comme dans la tragédie
antique, le pacte a été violé", lance Acquaviva avec une gestuelle
toute méditerranéenne.
Pour le chanteur compositeur,
l’injustice pourrait être réparée grâce à l'Europe. Acquaviva,
sceptique sur la Constitution européenne qu'il estime "trop libérale",
considère que "la Corse a tout à perdre si les Etats nations reprennent
le dessus. Car l'Europe est caractérisée par une notion que la France
ne peut absolument pas concevoir : la décentralisation".
Pour
'A Filetta', l'Europe constitue surtout une occasion de dialogue
artistique. "Dans le cadre du programme européen ‘Interreg’, [qui
soutient des projets entre régions européennes] nous avons essayé de
confronter les différents visages de Médée dans la tradition
européenne. Le spectacle a été mis en scène par le napolitain Orlando
Furioso, avec des actrices sardes, des musiciens du conservatoire de
Livourne en Toscane, et la composition du Français Bruno Coulais."
En outre, « chaque année à Calvi, nous organisons une rencontre avec
des groupes polyphoniques du monde entier ».
Et de qui se sentent-ils les plus proches?
"Curieusement
pas de nos voisins sardes, car leur chant est trop aseptisé", dit-il
avec précaution. "J'adore les Géorgiens, qui nous ont enseigné à
chanter de façon puissante avec tendresse et de façon tendre avec
puissance", explique Acquaviva. Une énergie qui, dans les crescendos
d’’A Filetta’ rappelle ainsi le vacarme tendre et fracassant de la mer
de Corse.
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Jean-Claude
Acquaviva, racine corse
Adriano Farano - Paris - 14.11.2006 Traduction : Gilles Pansu
Chanteur et leader du groupe de polyphonie corse ‘A filetta’,
Jean-Claude
Acquaviva, 41 ans, disserte sur son dernier album, les femmes de l’île
de
Beauté et la France jacobine. Le charisme de mon invité transparaît
dans ses yeux gris acier qui m'accueillent au matin d’une limpide
matinée
d’automne parisienne. Mais c’est avec sa voix, grave et hiératique,
que Jean-Claude Acquaviva a su mener son groupe, ‘A filetta’ aux
sommets de
l'art de la polyphonie corse. Un timbre a cappella qui, mêlé à celui
des six autres membres du groupe, a conquis le public de l'auditorium
de l'Institut du
Monde Arabe, le soir avant que je le rencontre.
N'oublie jamais la fougère
La salle parisienne n'était pourtant pas à la hauteur des performances
acoustiques de la petite église de village où j'ai entendu pour la
première fois chanter ‘A filetta’. « C'est vrai », admet
Jean-Claude Acquaviva « des concerts comme celui de Rogliano [au Cap
corse] nous
permettent de conserver un lien avec notre terre. » L’homme parle
corse, une
langue largement compréhensible pour moi qui suis Italien.
’A Filetta’ cherche à préserver la simplicité qui
existait lors de la formation du groupe en 1978 par " des amateurs."
Parmi les membres de
la première heure, des "instituteurs ou des bergers" et Jean-Claude
Acquaviva, 13
ans à l’époque. "Nous avons payé de notre poche notre premier
voyage à l'étranger, dans la Sardaigne voisine", se souvient-il en
souriant. "On ne demandait rien de plus".
En 1994, l’heure du choix sonne. "Nous étions face à une
alternative," explique Acquaviva : "Continuer à nous amuser ou prendre
les choses
au sérieux. Nous avons pris la voie professionnelle, portés par l'envie
de
nous réaliser, avec l'aide du compositeur Bruno Coulais et du metteur
en
scène Jean-Yves Lazennec".
A une condition : rester fidèle à leur nom. En corse, "filetta"
signifie
"fougère", une plante très répandue sur l’île de
Beauté et "difficile à arracher car dotée de racines qui se
développent à l'horizontale", souligne Acquaviva, joignant le geste
à la parole. "D’ailleurs quand un corse quitte l'île et oublie ses
racines, on dit : ‘s'è scordatu di a filetta’ [il a oublié la
fougère]".
De l'innovation mais pas
de pop
Pour Jean-Claude Acquaviva, la musique corse doit être à l'avant-garde.
"Nous voulons être aussi populaires que les autres genres musicaux,
sinon autant
nous mettre au musée. Nos collègues qui s'opposent aux innovations me
rappellent les damnés de ‘l'Enfer’ de Dante qui furent
condamnés à marcher la tête à l'envers et à pleurer par
derrière. Pour autant, il ne faut pas perdre l'authenticité de la
musique
corse", martèle t-il. Référence implicite à ‘I
Muvrini’, autre groupe de polyphonie corse très connu, qui a
mélangé les chants traditionnels avec des sonorités pop et des fonds
sonores instrumentaux.
Le discours d’Acquaviva vaut aussi pour la politique. "On nous accuse
d'avoir
oublié notre engagement des premières années en faveur de
l'indépendance de la Corse", explique Acquaviva avant d’enfoncer le
clou.
"En réalité, nous sommes encore plus militants qu'avant."
Une Corse "annexée par la
France"
Mais quel rapport entre la question corse et le dernier album d' ‘A
filetta’
intitulé Médée
?
"Le thème des femmes, " explique Acquaviva, qui cite même le poète
Sénèque en introduction d'une de ses chanson : ‘Nulle force au monde,
ni ouragan, ni incendie ou machine de guerre n'a la violence d'une
femme
abandonnée, ni sa force ou sa haine’. "Je vois chez Médée la
même force que chez les femmes corses qui sont descendues dans la rue
dans les
années 90 pour protester contre la violence des indépendantistes."
Une violence avec laquelle Acquaviva confesse entretenir des liens
ambigus. "Nous
condamnons les crimes de sang commis par les ‘clandestins’. Mais on ne
peut
pas se contenter de condamner", glisse t-il avant de reprendre d'un ton
sérieux,
en français cette fois : "Qu'on le veuille ou non, la violence
clandestine
naît de l'injustice. Je ne suis pas pour l'indépendance, mais il ne
faut pas
oublier un fait historique irréfutable : la Corse a été
annexée par la France. Et c'est une terre beaucoup plus italienne que
française."
"Nous, par exemple, " poursuit-il - en s'adressant à moi en corse –
"nous
pouvons nous comprendre. Le problème est que notre île subit trop
d'injustices de la part de la France : les élections sont truquées, on
ne
vote pas librement. Et à chaque fois qu'on veut augmenter le niveau
d'autonomie se
déclenche une sorte de cordon immunitaire qui va préserver une
centralisation imposée par Paris."
Mais quel lien avec Médée ?
"Comme l'héroïne d'Euripide et de Sénèque, la Corse a subi une
injustice de la part de la France." Par amour pour Jason, Médée trahit
son
père et sa patrie puis se voit abandonnée par son amant dont elle se
venge
en tuant les deux fils qu'elle avait eu de lui. "Comme dans la tragédie
antique,
le pacte a été violé", lance Acquaviva avec une gestuelle toute
méditerranéenne.
Pour le chanteur compositeur, l’injustice pourrait être réparée
grâce à l'Europe. Acquaviva, sceptique sur la Constitution européenne
qu'il estime "trop libérale", considère que "la Corse a tout à
perdre si les Etats nations reprennent le dessus. Car l'Europe est
caractérisée par une notion que la France ne peut absolument pas
concevoir
: la décentralisation".
Pour 'A Filetta', l'Europe constitue surtout une occasion de dialogue
artistique. "Dans
le cadre du programme européen ‘Interreg’, [qui soutient des projets
entre régions européennes] nous avons essayé de confronter les
différents visages de Médée dans la tradition européenne. Le
spectacle a été mis en scène par le napolitain Orlando Furioso, avec
des actrices sardes, des musiciens du conservatoire de Livourne en
Toscane, et la
composition du Français Bruno Coulais."
En outre, « chaque année à Calvi, nous organisons une rencontre avec
des groupes polyphoniques du monde entier ».
Et de qui se sentent-ils les plus proches?
"Curieusement pas de nos voisins sardes, car leur chant est trop
aseptisé", dit-il
avec précaution. "J'adore les Géorgiens, qui nous ont enseigné
à chanter de façon puissante avec tendresse et de façon tendre avec
puissance", explique Acquaviva. Une énergie qui, dans les crescendos
d’’A Filetta’ rappelle ainsi le vacarme tendre et fracassant de la mer
de Corse.
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