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Parole abisse
chè dicenu pocu è tantu

Parole di A Filetta



Ultima revisione della pagina : 21/07/2009


Gli interviste :

- "Des hommes debout" : Jean-Claude Acquaviva e Danyel Waro per Mondomix             (novembre 2008)
- Benjamin Minimum per Mondomix (28 agosto 2008)
- RFI Musique 15 luglio 2008
- Tra Noi/L'Invitu Carubbu 12 giugno 2008
- Corsica maggio 2008
- Corse Matin 2 febbraio 2008
- Tra Noi 16 decembre 2007
- L'Invitu 19 settembre 2006
- Vincent Zanetti 15 settembre 2006
- Benjamin Minimum pour Mondomix (settembre 2006)


nouv
Una nuova intervista pubblicata da Mondomix 
 il : 28/08/2008

Jean-Claude Acquaviva e A Filetta festeggiano quest’anno trent’anni d’una carriera esemplare e i 20 anni delle « Rencontres Polyphoniques de Calvi » dal 9 al 13 settembre 2008. La loro visione del mondo è acuta.

Qual' è la situazione culturale della Corsica oggi?

Il minimo che possiamo dire è che la Corsica è in una situazione un poco paradossale. Notevoli sforzi sono stati compiuti in molti settori (letteratura, musica, teatro, cinema, arti visive, ecc ...), spesso anche con mezzi di fortuna, e ha portato ad una produzione abbastanza fenomenale data la bassa densità di popolazione di tutta l'isola. Purché non ci sono impotante spinte di frequentazione di luoghi di intrattenimento. Va detto che la mancanza di infrastrutture non ci facilita il compito e, in alcuni casi, è riuscito ad avviare l'entusiasmo di chi, per tre decenni, ha tentato di fare avanzare le cose. La Corsica continua ad andare avanti, ma un po 'come un filo! Temo che questo è così per un lungo periodo di tempo, perché i nostri corpi politiche nazionali e regionali non sembrano riconoscere che la cultura è anche un igiene sociale chi, tessando un legame, produce senso.

In che senso è questa situazione diversa del resto della Francia?

La Corsica ha mobilitato tutte le sue forze dagli anni ‘70 per salvare ciò che poteva essere ancora salvato. Per questo motivo, vi è una forma di attivismo culturale connesso al problema della "diffesa dell’identità". Cio chi spiega tanto entusiasmo, una tale forza, e anche chi traduca simultaneamente reale difficoltà di percezione di un mondo in cui abbiamo sempre qualche paura ad inserirci ... è l’appannaggio degli insulari?





 Qual è per voi la posta della difesa della lingua?

In realtà, noi, come creatori, non ci chiediamo il problema della sua difesa; la nostra lingua s’impone a noi, si devide nel nostro respiro. In quanto cittadino, naturalmente noi appoggiamo tutte le iniziative che possono rafforzare la sua pratica nella società corsa. Per fare questo, chiediamo ancora più modi per essere trasmessa, insegnata, rivelate arricchita. Noi siamo una vera e propria campagna per il riconoscimento e guardare sempre avanti a che la Francia ha deciso di ratificare la Carta europea sulle lingue minoritarie. Solo una co-ufficialtà potrebbe garantire a la nostra lingua una vera e propria capacità di essere reinvestita nello spazio pubblico. Essa deve riprendere il suo posto e non essere solo la lingua del canto o dal dramma.


Per voi, c'è un'etica da rispettare per fare evolvere le tradizioni ?

Abbiamo sempre detto che una tradizione ha significato solo per essere superata. Si tratta di un movimento, un incessante costruzione. L'unica etica che vale la pena, a mio parere, è di essere onesti con se stessi. E probabilmente perchè siamo instancabilmente ripetando: "è meglio desiderare di essere quel che difendiamo piuttosto che voler difendere quello che siamo !" Vi è un bello aforisma di René Char che amiamo citare: "i più pure colture sono seminate in un terreno che non esiste, eliminarono la gratitudine e non devono che alla primavera." Dio sa se siamo impegnati in nostro suolo, ma si potrebbe essere se non ci aspira a diventare la promessa della primavera?

Come la conoscenza delle tradizioni ci aiuta a considerare il mondo?

In primo luogo, perché voler sapere è cercare di capire. In secondo luogo, perché è illusorio e pericoloso pensare che le tradizioni si riferiscono soltanto alle radici; al di là del fatto che si differenziano per la nostra prassi, ci confondono nella stessa condizione umana.

"hè andatu u tempu à impachjà si in i libri
è di noi hè firmatu cio' chi' un erede pensa :
un andatu, un erta,
una fiarata intensa
è nant'à l'allusingà
una nivaghja immensa"

"è andato il tempo a perdersi nei libri
E di noi hè fermato cio 'che un erede pensa :
un sentiero, una rupe,
una fiammata intensa
e sulla pelle delle nostre illusioni
un'abbondante nevicata "

Le vostre canzoni fanno spesso riferimento ai religioso; quale posto e quale forma prende la spiritualità nella vostra vita?

Il repertorio polifonico tradizionale è in gran parte legato alle pratiche religiose. Perpetuandolo e estandolo mediante la creazione, gli attribuimo un posto importante nel nostro cammino e nelle nostre vite. Non credo che si dovrebbe vedere l'adesione al dogma. Per noi, la religione è tutto ciò che lega. E 'un modo per comprendere l'altro come una parte di noi stessi. Uno dei nostri brani, da un requiem creato nel 2004 al Festival di St Denis ( "Di Corsica riposu - Requiem pour deux regards"), dice: 
"figliolu d'ella, si' figliolu di meiu" / "perché sei il suo figlio , sei anche il mio. " Queste poche parole dicono più che lunghi discorsi su nostro disegno della relazione con l'Altro.


Come vede il ruolo della religione nella società contemporanea ? E giusto?
Ho sempre molte difficultà a capire come le religioni possono convivere con i valori che fondano e organizzano le nostre società : essere il migliore, essere un vincitore, sapere limitare la propria responsabilità in tutte le eventualità, concepire il benessere solo per se stesso o per la propria famiglia, il successo individuale, ecc. Questo probabilmente spiega perché molto spesso si vivono come un rifugio, un muro, provocando posizioni di ripiego, vale a dire l'esatto opposto di ciò che si suppone di professare. Da parte nostra e senza alcuna pretesa, diciamo, da molto tempo, che ci sembra che la vita è una di quelle battaglie da combattere dove occorre essere ne vinti ne vincitori, ma cresciuti, e noi siamo, come uomini, tutti i responsabili di tutto!

Nel vostro lavoro i testi hanno un posto preponderante, come si fa a scegliere?
Permettetemi di dire prima che vi sia un rischio significativo che nella nostra polifonia il suono prevale sul significato, perché l'armonia è una lingua con una forte personalità! Questo è probabilmente il motivo per cui attribuiamo tanta importanza al verbo, al suo significato e la sua musicalità che devono essere uno. Noi scriviamo molti dei testi cantati e detti durante i nostri concerti. Possiamo anche citare autori, quando sembra che ci illumini nostro canto. Le nostre scelte si svolgono in base ai nostri letture e sono guidati dai nostri gusti letterari.

Hai adattato un testo da Primo Levi in memoria della Shoah, che cosa ti ha portato a farlo?

E' sopratutto la verità di questo testo commovente che porta con sé tutti gli stigma dell'orrore, della sofferenza di chi ha vissuto e sofferto la barbarae. Primo Levi ha detto che se è impossibile capire, è necessario conoscere, perchè quello che fu potrebbe essere ancora; coscienze potrebbero nuovamente essere sedotte e oscurate. Anche I nostri !
Questa canzone è un grido ancora più irresistibile che le parole di Levi continua a non essere ascoltata, sempre e in tutti i luoghi ...

Vous avez créé un festival, "les rencontres de chants polyphoniques de Calvi"; quelles difficultés rencontrez-vous à perpétuer cet évènement ?
Ces rencontres sont un rendez-vous annuel de tout ce que la planète compte d'expressions vocales polyphoniques. Cet évènement fêtera en septembre prochain ses 20 ans. Les difficultés auxquelles nous sommes confrontées sont essentiellement d’ordres économiques et financiers : la programmation nécessite des moyens croissants dans la mesure où il faut toujours aller plus haut et surtout plus loin. Les budgets consacrés aux transports des artistes, notamment, sont de plus en plus lourds. Or, les aides publiques décroissent, et notre capacité d'accueil est limitée puisque nos lieux de concerts (une église et un oratoire) constituent des jauges très modestes. Nous ne disposons toujours pas de salles dignes de ce nom et sommes soumis au risque (pas toujours facile à assumer) d'une programmation de plein air... chacun sait que notre météo est "royale" mais pas toujours !!!  Enfin, le sponsoring privé est extrêmement faible. Pour le reste, Dieu merci, l'enthousiasme de dizaines de bénévoles assure à cette manifestation une belle vivacité et surtout lui confère une générosité louée par l'ensemble des artistes accueillis.

En quoi ce festival a influencé votre travail ?
Tout d'abord il nous a fait mieux appréhender notre propre tradition vocale en la replaçant dans sa matrice. Notre musique en est ressortie plus forte, plus confiante et surtout mieux assumée. La découverte d'autres sillons vocaux nous a naturellement incités à intégrer certaines influences ; le chant géorgien par exemple, dont nous disons volontiers qu'il nous aura appris à dire tendrement des choses puissantes et puissamment des choses tendres. En outre, chaque édition apporte son lot de "claques" musicales nous incitant à nous remettre au travail dès le départ de nos invités.

Aux rencontres, des traditions du monde entier se croisent; comment interfèrent-elles entre elles ?
Ce qui semble fort intéressant, c'est que passée la surprise de la découverte, les uns et les autres "s'ouvrent" totalement. Ces rencontres ont bâti leur réputation sur trois éléments essentiels :
- la qualité de l'accueil
- les artistes sont nos invités sur toute la semaine, même lorsque leur concert a lieu en tout début ou en fin de programme. C'est une façon de leur donner le temps et la disponibilité indispensables à l'écoute de l'autre. C'est évidemment plus lourd sur le plan financier et sur celui de la logistique, mais ça nous semble inhérent à toute notion de rencontre.
- nous aimons suivre les artistes dans leur trajectoire respective et faisons partager au public ce recul. Souvent, il nous semble constater que tel ou tel nous revient des années plus tard, nourri d'influences et de pratiques ici acquises. C'est une façon naturelle de redonner aux traditions l'opportunité d'une certaine "mobilité".


A Filetta fête ses trente ans ; qu'est-ce que cela signifie pour vous ?
30 ans c'est déjà un beau parcours. Le rêve se poursuit et continue à faire de nous de grands privilégiés. Ce qui explique cette longévité c'est probablement l'importance que nous avons toujours accordé à la capacité de chaque chanteur à s'abandonner au collectif sans jamais renoncer à sa propre personnalité. Sur ce plan nous avons la prétention d'affirmer que nous constituons une vraie demeure sociale ; un cocon bienveillant qui nous permet d'appréhender l'extérieur en toute sérénité. Un de nos amis, Pierre Baqué, vient de nous écrire une très belle lettre qui se termine par ces mots: "Vous chantez, et se crée autour de vous une chapelle qui nous abrite". N'allez pas croire que le fait de rapporter ces paroles soit le signe d'une grande immodestie, mais nous aimons tant l'idée de pouvoir contribuer un tant soit peu au bonheur de chaque être qui nous "prête" une oreille.

"votre enfer est pourtant le mien,
nous vivons sous le même règne
et lorsque vous saignez, je saigne
et je meurs dans vos mêmes liens
Quelle heure est-il ? quel temps fait-il ?
j'aurais tant aimé cependant
gagner pour vous, pour moi perdant
avoir été peut être utile"

 L. ARAGON


"Il vostro inferno è anche il mio,
viviamo sotto lo stesso regno
e quando sanguinate, sanguino io
e io muoio nei stessi legami 
Tuttavia, come mi sarebbe piaciuto
vincere per voi, per me perdente
forse essere stato utile "

  L. ARAGON

Entre l'intention de départ et votre existence actuelle, qu'est ce qui a changé ?
Lorsque le groupe a été créé j'avais 13 ans ! Il est évident que nous n'envisagions pas à l'époque que nous ferions de telles découvertes ! Notre préoccupation première était de participer à une sorte d'élan culturel qui était censé restituer à notre terre son vrai visage ; car qui pourrait nier aujourd'hui que la Corse a subi une réelle politique d'éradication de son identité depuis deux siècles ? Aujourd’hui ce mouvement a beaucoup mûri et est parvenu à s'extraire du piège de la réaction. Désormais nous ne nous comportons plus comme des enfants qui crieraient sans cesse " je veux parler !" ; aujourd'hui nous parlons !! Nous avons acquis aussi la conviction que la "défense" de toute identité passe par l'identité plus que par sa défense. Enfin, le fait d'avoir choisi, il y a 15 ans, de vivre du chant nous aura permis de nous consacrer pleinement à ce travail qui nous passionne encore et encore.


En pièce jointe, l'édito du dernier numéro de Mondomix. Comment vous fait-il réagir ?
Qu'il nous soit permis ici de féliciter Marc Benaïche pour cet édito qui emporte notre adhésion totale et inconditionnelle. Nous sommes outrés, révoltés, écœurés par l'hypocrisie de nos sociétés qui continuent à faire leur business en piétinant allègrement des populations entières et leurs droits fondamentaux. A nouveau nous l'affirmons : nous sommes tous responsables de tout. On écrase, on bafoue, on altère au nom de la sacro-sainte croissance; c'est indigne et dégueulasse ! De la même façon, on reconduit à nos frontières ceux-là même qu'on a spoliés, ruinés, niés, asservis et qui en sont réduits à risquer leur vie dans une embarcation de fortune ou dans le train d'atterrissage d'un avion pour sauver leur peau, et on a même le culot de leur dire "qu'on ne peut pas accueillir toute la misère du monde ! " ; quel courage ! Quelle générosité !
Pour avoir tourné un peu le monde, nous avons souvent été sidérés par la façon dont nous, les occidentaux, continuons à nous comporter ailleurs ; la parole de Césaire demeure d'une effrayante actualité...

Un disque, un livre, un film qui vous ont récemment marqué ?
Le dernier album de Gabriel Yacoub, "de la nature des choses" : une pure merveille. Je persiste à croire qu'il est parmi les meilleurs, sinon le meilleur chanteur français !
 

Benjamin MiNiMuM


 
A lire également, le récit de notre visite au Carubbu sur le site de nos amis de Tra Noi.
 
Jean-Claude Acquaviva
"Être plus que ce qu'on nous permet d'être"
("Corsica" de mai 2008)


À Filetta est un miracle. En trente ans d’une carrière qui se plaît à emprunter les chemins de traverse, la formation balanine a réussi le tour de force de mêler succès public, reconnaissance critique et excellence musicale, en Corse et ailleurs. Jean-Claude Acquaviva, charismatique et intransigeant leader d’A Filetta, nous ouvre les portes de ce groupe à nul autre pareil.

Conclusione

Lawrence: Julien è una domanda: si può cantare una canzone per lui?
 
Julien, probabilmente il più giovane fan di A Filetta!

Amici e cantare alcuni versi di Lettera a mamma, per la gioia di Julien e anche la nostra ...

Paghjella una U Carubu (A Filetta)
inviato da TraNoi



 
Leggi anche la storia della nostra visita a Carubbu sul sito dei nostri amici Tra Noi.
 
Jean-Claude Acquaviva
"Fatti di più di quello che abbiamo usato per essere"
( "Corsica" del maggio 2008)


A Filetta è un miracolo. In trenta anni di una carriera che ama prendere le vie attraverso la formazione balanine successo tour de force di miscelazione successo di pubblico, critica e riconoscimento musicale eccellenza, la Corsica e altrove. Jean-Claude Acquaviva, leader carismatico e intransigente della filettatura, abbiamo aperto le porte di questo gruppo come nessun altro.

Trente ans de carrière, ça se fête ?
On s’est posé la question, on a réfléchi à un événement exceptionnel, un concert où l’on aurait fait appel à tous ceux qui ont pris part, au fil des décennies, à l’aventure d’A Filetta. Mais nous avons renoncé. Le groupe est tellement pris par ses activités, on dépense une telle énergie dans les projets en cours, qu’on n’aurait pas trouvé le temps d’organiser tout ça dignement, et on ne voulait surtout pas proposer au public quelque chose de bâclé. C’est un peu triste, certes, mais la vie continue, et le groupe avance.      

Trenta anni di carriera, per festeggiare qualcosa?
E 'stato chiesto, è stato considerato un evento eccezionale, un concerto dove ci avrebbe fatto appello a tutti coloro che hanno preso parte, nel corso dei decenni, con l'avventura di una rete. Ma abbiamo dovuto rinunciare. Il gruppo era così preso dalla sua attività, quali l'energia spesa in progetti in corso che potrebbero non aver trovato il tempo di organizzare il tutto con dignità, e soprattutto non offrire al pubblico qualcosa slapdash . E 'un po' triste, ma la vita va avanti, e il gruppo anticipo.

Pas de bilan non plus, alors ?
Une chose est sûre, ces trente ans sont passés à une vitesse incroyable. On le dit souvent sur scène, sans démagogie, à aucun moment, on n’a le sentiment que la routine s’est installée. Pour nous, chaque concert est une aventure, voire une lutte. A Filetta est un peu dans la situation d’un montagnard qui devrait gravir tous les sommets de la planète. Il y en a toujours un autre à escalader. Nous sommes en permanence à la recherche d’un équilibre qui semble perpétuellement accessible, mais se dérobe encore et toujours.

Mais avec une carrière aussi riche, que reste-il à accomplir ?
Tout reste à faire. J’aimerais par exemple développer un répertoire philharmonique. On a aussi l’envie de monter un long métrage d’animation pour les enfants. Et puis on veut continuer à partir à la rencontre des musiques d’ailleurs. Si demain on nous appelle pour un concert dans les temples d’Angkor ou au Groenland, on part sans réfléchir. Repousser les limites, faire des choses dans des conditions extravagantes, c’est toujours passionnant.

On a l’impression qu’il y a deux parties distinctes dans la carrière d’A Filetta…
Effectivement. Au début, on tournait, on faisait des disques, mais plus ou moins en dilettante. En 1994, tout a changé. Devant les opportunités qui se présentaient, conséquence de notre disponibilité, on a décidé de devenir des professionnels tout en donnant libre cours à nos envies. Ensuite tout est allé plus vite. Et lorsque je me penche sur notre parcours depuis cette époque, je me dis qu’on a réalisé quelque chose d’exceptionnel.

Non equilibrio sia, allora?
Una cosa è certa, questi trent'anni sono passati ad una velocità incredibile. È spesso in scena, senza demagogia, in nessun momento abbiamo la sensazione che la routine è stato installato. Per noi, ogni concerto è un avventura, anche una lotta. Una rete è un po 'nella situazione di una montagna che dovrebbero salire tutte le vette del pianeta. C'è sempre un altro a salire. Siamo sempre alla ricerca di un equilibrio che sembra sempre accessibili, ma ruba.

Ma con una carriera così ricca che resta da fare?
Tutto resta ancora da fare. I quali sviluppare una directory Filarmonica. E 'stato anche il desiderio di montare un film d'animazione per i bambini. E poi vogliamo continuare a scoprire la musica al di là. Se domani ci chiamano per un concerto in templi di Angkor in Groenlandia, che è senza pensare. Superare i limiti, fare le cose in termini stravagante, è sempre eccitante.

Sembra che ci sono due parti distinte: nella carriera di una rete ...
Sicuramente. In un primo momento, si è rivelato, abbiamo fatto i record, ma più o meno dilettante. Nel 1994, tutto è cambiato. Di fronte alle opportunità che si presentano come una conseguenza della nostra disponibilità, abbiamo deciso di diventare professionista e dando libero sfogo ai nostri desideri. Poi tutto è andato più veloce. E quando io guardo al nostro corso da allora penso che abbiamo realizzato qualcosa di unico.

Cet emballement vous a-t-il étonné ?
Je pense que si l’on a duré autant, c’est qu’on n’a jamais rien planifié. Aujourd’hui encore, je continue de ne pas me projeter dans le futur. Tout est affaire de rencontres, de coups de cœur artistiques, de sollicitations. Je n’ai aucune idée de ce qu’on fera dans deux ans. Un plan de carrière nécessite des concessions, du calcul, la mise en place d’une stratégie. Très peu pour moi.

Ce qui ne facilite pas les relations avec les maisons de disques…
On a travaillé avec une dizaine de maisons de disques, ça a toujours foiré. Je ne veux pas qu’on me dise « emprunte cette voie, tu toucheras beaucoup de monde ». Si cela nécessite de faire une croix sur mes convictions profondes, artistiques et humaines, pas question. Virgin, la dernière en date, était prête à mettre de gros moyens sur nous, mais voulait qu’on fasse des duos, avec Axelle Red ou Souchon. Il est hors de question que j’aille voir Axelle Red en lui disant « viens chanter avec moi, tu vas me faire vendre quelques disques en plus ». C’est indigne ! Aujourd’hui on a presque du mal à trouver une maison de disques, et paradoxalement, on fait le plein partout où l’on passe. Ce qui nous convient très bien au final. Alors évidemment on n’a pas la notoriété pour passer au 20 heures, mais on visite des pays extraordinaires, on s’enrichit humainement, et ce sont des moments d’émotion, de partage qui n’ont pas de prix, dans la vie d’un homme.

Questo entusiasmo ha sorpreso?
Credo che se è durata, tuttavia, è che non abbiamo mai previsto nulla. Anche oggi, ancora non mi aspetto in futuro. Si tratta di incontri, cuore pulsante delle esigenze artistiche. Non ho idea di cosa siamo riusciti a fare in due anni. Un piano di carriera richiede concessioni dal calcolo, l'attuazione di una strategia. Molto poco per me.

Che cosa distingue i rapporti con i record ...
Abbiamo lavorato con una dozzina di grandi imprese, che è sempre giusto. Non voglio dire di me "che andare via, si tocca molte persone." Se si richiede di fare una croce sul mio credenze, delle arti e delle scienze umane, senza dubbio. Vergine, la più recente, è stato pronto a mettere pesanti su di noi, ma volevo fare duetti con Axelle Red o Souchon. Non c'è dubbio che vedo Axelle Red, dicendo: "Vieni con me cantare, hai intenzione di vendere più di me a pochi dischi." E 'indegno! Oggi è quasi difficile trovare una casa discografica, e paradossalmente, è pieno, ovunque andiamo. Questo ci si adatta molto bene alla fine. Così, ovviamente, non è stato conosciuto per passare a 20 ore, ma per visitare lo straordinario paese è arricchito umana ed è momenti di emozione, di condivisione che sono inestimabile nella vita un uomo.
A Filetta est à l’aise dans de nombreux styles musicaux. Y en a-t-il un que vous privilégiez ?
Il n’y a pas, pour moi, de musique plus ou moins noble. Il y a des chansons de Léo Ferré qui sont des monuments. Mais rien n’est plus beau que ne pas se cantonner à un format, ne pas se poser la question de l’adhésion du public, de ne pas se demander s’il va s’ennuyer. Ce genre de considérations, ça me gave. Il faut faire confiance au public. C’est à force de lui donner des choses formatées qu’il finit par s’en contenter. Je prends autant de plaisir à écrire une chanson de trois minutes qu’un ch ? ur de vingt minutes ou un requiem. Mais comme la tendance est à la musique courte, j’ai envie de faire le contraire.

Votre rigueur dans le travail, et dans vos prestations, vous ont toujours démarqué du tout venant de la production insulaire.
En la matière, en Corse, je pense qu’il y a confusion des genres. L’ethno-musicologue italienne Giovanna Marini dit que le chant populaire a au départ une fonction de rite, lors du labour, des cérémonies mortuaires par exemple. C’est un langage qui accompagne les moments de la vie. La scène, c’est autre chose. D’autant qu’il y a un public en face qui a payé son entrée. Du coup, on n’est plus dans l’instantané, dans le spontané. On est à la recherche d’une efficacité artistique, notion dont le rite est totalement dénué. On est dans le reflet du rite, mais plus dans le rite.

A Filetta è comodo in molti stili musicali. Y c'è uno che preferisci?
Vi è, per me, la musica più o meno nobili. Ci sono canzoni di Léo Ferré che sono monumenti. Ma niente è più bello che non si limita ad un formato, non la questione del sostegno pubblico, non chiedo se sarà annoiarsi. Tali considerazioni, che mi ha dato. Abbiamo bisogno di fiducia del pubblico. E 'per forzare le cose che lui ha formattato da fare. Prendo molto piacere di scrivere una canzone tre minuti a ch? ur venti minuti o un requiem. Ma, come la tendenza è a corto di musica, voglio fare il contrario.

Il tuo rigore nel lavoro, le prestazioni e la tua, hai sempre a tutta la produzione di tutta l'isola.
Il soggetto, in Corsica, penso che ci sia confusione di generi. L'etno-musicologo italiano Giovanna Marini ha detto che la canzone era in origine un rito nel corso del lavoro, cerimonie di sepoltura, per esempio. È un linguaggio che accompagna i momenti della vita. La scena è qualcosa di diverso. Soprattutto vi è un volto pubblico che ha pagato la sua strada. Quindi, non siamo più nel istantanea, nella spontanea. Siamo alla ricerca di un efficace concetto artistico, che è totalmente privo di rito. Si tratta di una riflessione del rituale, ma di più nel rito.

On vous fait parfois le reproche d’écrire dans une langue peu accessible…
Et moi je réponds qu’on ne comprend pas toujours tout chez Pessoa, Mallarmé ou Aragon. Ce que je veux dire, c’est que chacun a ses codes, une façon d’écrire, des choses qui résonnent en lui et qui sont très puissantes. Je suis un amoureux de René Char, mais ce n’est pas toujours facile à comprendre, ni même à cerner. Pourtant c’est une langue fabuleuse, une explosion de couleurs et de sentiments. Moi-même, lorsque je lis les poésies de Filippini, je suis admiratif, c’est splendide et cela me touche d’autant plus que je suis loin de manier la langue comme lui. Mais ce n’est pas pour cela que je suis un raté ou que la langue que j’utilise n’est pas digne d’intérêt. Il me semble qu’il faut impérativement distinguer le travail pédagogique et l’œuvre artistique. L’artistique ne doit pas avoir un rôle pédagogique. On ne peut se poser la question, en art, de savoir si l’on sera toujours compris.

Autre caractéristique frappante, l’absence chez A Filetta de la nostalgie qui anime une grande part des artistes corses…
La nostalgie est une forme boiteuse de la mémoire. On extrait quelque chose de son contexte, on ne veut retenir que ce qui nous semble bon. Cela traduit une incapacité totale à demeurer dans le temps présent. Et sur le plan du chant, c’est pareil. Avec ce risque de se figer, de légitimer le danger qui pourrait résider dans toute forme d’ouverture. Il est sain qu’il y ait des gens qui se posent en gardiens, mais cela n’exclut pas qu’il existe d’autres qui bousculent la tradition. Je suis triste lorsque j’entends des gens dire qu’il ne faut pas toucher à quelque chose parce que nos anciens nous l’ont laissé comme cela. C’est contraire à toute dynamique de vie.

È a volte accusato di scrivere in una lingua inaccessibile ...
E dico che non include tutto quanto è in Pessoa, Mallarmé o Aragona. Quello che voglio dire è che ognuno ha i suoi codici, il modo di scrivere, le cose che risuonano in lui e sono molto potenti. Sono un amante di René Char, ma non è sempre facile da capire, o anche da definire. Eppure si tratta di un linguaggio meraviglioso, un'esplosione di colori e sensazioni. Io, quando ho letto le poesie Filippini, mi ammirando questa bella e mi tocca ancora di più che non maneggiare il linguaggio come lui. Ma non è questo il motivo per cui io sono un fallimento, o che io uso la lingua non è utile. Mi sembra che è indispensabile per distinguere il lavoro di insegnamento e del lavoro artistico. L'arte non ha un ruolo educativo. Non si può porre la domanda, in arte, sia che si tratti sempre capito.

Un altro aspetto che colpisce, l'assenza di un filo di nostalgia che spinge molto di artisti corso ...
Nostalgia è una forma di cattiva memoria. Qualcosa è estratta dal suo contesto, non conservano che ciò che sembra buono. Ciò riflette l'incapacità di restare in questo momento. E in termini di cantare la stessa cosa. Con il rischio di congelamento, di legittimare il pericolo potrebbe trovarsi in qualsiasi forma di apertura. E 'salutare che ci sono persone che si pongono come guardie, ma questo non esclude che vi siano altre persone che disturbano la tradizione. Sono triste quando sento dire "non toccare nulla perché i nostri predecessori ci hanno lasciato così. Ciò è contrario a qualsiasi vita competenze.

Que pensez-vous de la profusion de chanteurs et de groupes corses ?
Il ne faut surtout pas empêcher les gens qui veulent s’exprimer de le faire. Pour autant, il y a un vrai problème, c’est que personne ne fait de distinction qualitative entre les groupes. C’est un mauvais service à rendre aux artistes que de mettre tout le monde sur le même plan. On doit faire des choix, que ce soit les programmateurs radio et télé ou les gens qui par leurs subventions alimente une grande partie de la production. On ne peut pas dire en permanence que tout est bon parce que si tout est bon, rien n’est bon. Nulle part cela ne fonctionne comme ça. Ce n’est pas un discours élitiste. Je ne dis pas qu’il faut éliminer les mauvais. Nos premiers disques musicalement étaient des calamités. Et si on ne nous avait pas laissé le temps de progresser, aujourd’hui sans doute, nous ne serions plus là. C’est pour cette raison que lors du premier disque d’un groupe, il faut qu’il y ait des gens qui donnent leur avis, sincèrement. C’est l’unique façon de progresser.

En Corse, la critique n’existe donc pas ?
Soit on ne dit pas grand-chose pour ne pas dire ce qui fâche, soit on tombe dans le propos dithyrambique dès que l’artiste est un peu connu. C’est d’autant plus gênant qu’on nous encense quand on fait une merde, mais en revanche on assassine sans raison ce qui vient de l’extérieur. Moi, je souffre lorsque je lis les comptes-rendus de journalistes qui sont venus, ou pas d’ailleurs, à un spectacle, et qui font un commentaire où ils se contentent de nous resservir le communiqué de presse. Je pense qu’on gagnerait tous à un peu de sincérité et de critique, y compris ceux qui seront critiqués à un moment ou à un autre.
Sébastien Bonifay
Che cosa pensa della ricchezza dei cantanti e gruppi di corsi?
Non impedire alle persone che vogliono parlare di farlo. Tuttavia, vi è un vero problema è che nessuno fa una distinzione qualitativa tra i gruppi. Si tratta di un cattivo servizio a tutti gli artisti che mettono sullo stesso piano. Dobbiamo fare delle scelte, se i programmatori radiofonici e televisivi e le persone che con la loro sovvenzioni alimenta gran parte della produzione. Non si può dire in ogni momento che tutto è buono, perché se tutto ciò che è buono, nulla di buono. Nowhere ha così. Questo non è un discorso elitario. Non sto dicendo che dobbiamo eliminare il male. Le nostre prime registrazioni sono state musicalmente calamità. E se noi non ci permettono ora di andare avanti, forse oggi non è più lì. Questo è il motivo per cui al primo record di un gruppo, non vi devono essere le persone che forniscono il loro parere sinceramente. E 'l'unica strada da percorrere.

In Corsica, non vi è alcuna critica?
O non molto non vuol dire che in collera, o cadere nella rave su quando l'artista non è noto. Questo è particolarmente fastidioso quando si loda si prende una merda, ma d'altro canto omicidi senza ragione che viene da fuori. Soffro quando leggo i conti di giornalisti che si sono o meno, inoltre, a uno spettacolo, e fare un commento che ci riutilizzati solo il comunicato stampa. Penso che siamo tutti un po 'di guadagno candore e la critica, compresi quelli che saranno criticato in una sola volta o in un altro.
Sébastien Bonifay

Jean-Claude Acquaviva
"Être ce que l'on défend et pas défendre ce que l'on est"
(Corse Matin du 2 février 2008)


Photo Pierre-Antoine Fournil pour Corse Matin
Comment votre répertoire a-t-il évolué en 30 ans ?
Notre éclosion a été portée par le Riacquistu et le souci de propager des choses issues de notre patrimoine qui se perdaient. Aujourd'hui, dans une continuité naturelle, c'est à la création nourrie de toutes nos rencontres que nous devons l'essentiel de notre répertoire.
Et de toutes ces rencontres, laquelle a été, disons, la plus marquante ?
La Géorgie et le chœur de Tbilissi avec lequel nous avons multiplié les échanges au début des années 90. Il y a deux chants géorgiens dans notre nouvel album et, là-bas, des chants corses ont été enregistrés en géorgien.
Ces fusions culturelles avec les autres galvanisent votre propre sens créatif ?
Même de façon inconsciente, une rencontre enrichissante et sincère laisse des empreintes indélébiles et les influences affleurent nos mots, notre musique, nos harmonies.
Que disent de vous les publics étrangers ?
L'accueil est partout chaleureux car il n'existe pas de pays qui ne manifeste un intérêt pour l'art vocal, en raison de sa dimension intemporelle, et ne ressente une fascination pour le travail des voix. Ce mélange d'enthousiasme et de curiosité est plus flagrant en Allemagne, en Autriche ou en Scandinavie que dans les pays méditerranéens un peu moins captifs à cette forme d'exotisme qu'on peut représenter ailleurs.
Come funziona la directory è cambiato in 30 anni?
Il focolaio è stato portato dal Riacquistu e il desiderio di diffondere le cose dal nostro patrimonio che si perde. Oggi, in una naturale continuità di alimentazione per la creazione di tutte le nostre riunioni che abbiamo la maggior parte del nostro repertorio.
E tutti questi incontri, che è stato, ad esempio, la più eclatante?
Tbilisi, Georgia e coro con il quale abbiamo un aumento degli scambi nei primi anni'90. Ci sono due canzoni georgiano nel nostro nuovo album e là, le canzoni sono state registrate corso in Georgia.
Queste fusioni con altri culturale galvanizzare la propria creatività?
Anche inconsciamente, un sincero e proficuo incontro lascia indelebili le impressioni e le influenze affleurent nostre parole, la nostra musica, le nostre armonie.
Che dire è un pubblico straniero?
L'accoglienza è calda ovunque perché non vi è nessun paese che non manifestano un interesse per l'arte vocale, a causa della sua dimensione senza tempo, e non sentire un fascino per il lavoro votazione. Questa miscela di entusiasmo e la curiosità è più evidente in Germania, Austria e Scandinavia nei paesi del Mediterraneo un po 'meno vincolato a questa forma di esotismo può essere visualizzata altrove.
L'ouverture prochaine en Corse d'un Centre d'art polyphonique ?
Sartène, Pigna. Il faut à la fois des outils culturels et les moyens de les faire fonctionner. Tout ce qui est de nature à désenclaver est une excellente chose. Contrairement à ce que certains pensent, la protection n'est pas la meilleure solution. Il ne faut pas défendre ce que l'on est, mais être ce que l'on défend.
Même si le chant est devenu moins revendicatif, vous vous sentez toujours politiquement investi ?
Paradoxalement, t'éloigner de la chanson-tract te rend plus puissant dans le message que tu veux délivrer. Le moyen d'exprimer le mieux ton amour indéfectible pour la Corse, sa langue, sa littérature, sa poésie, c'est de décomplexer ta musique, de la faire vivre au contact de celle des autres. Mettre un terme à ce processsus de greffes est une posture dangereuse qui conduit à sa propre sanctuarisation. Et un sanctuaire exhale toujours un petit parfum de mort.
Votre sentiment sur l'énième crise que traverse la Corse ctuellement ?
Le sentiment qu'on a la tête à l'envers. Il faut donnner à la Corse les moyens de produire des Corses et ne pas s'entêter à croire que ce sont les Corses qui font la Corse en ayant une idée statique de ce que nous sommes. Les choses sont en perpétuel mouvement. Arrêter leur cours est une illusion qui peut avoir des répercussions très graves sur le plan éthique, comme l'exclusion.

Comment peut-on l'éviter ?
En enracinant l'idée que tout progrès ne peut être la conséquence que du travail, du respect, de la rigueur, de notre capacité de résister dans l'intelligence, l'honnêteté et le dialogue. C'est l'histoire universelle qui nous enseigne que rien ne se gagne par la force.
Propos recueillis par J.M. Raffaelli
L'apertura in Corsica uno polifoniche centro d'arte?
Sartène Pigna. Abbiamo bisogno sia di strumenti culturali e le modalità per farli funzionare. Tutto ciò che è probabile l'apertura è una buona cosa. Contrariamente a quanto alcuni credono, la protezione non è la soluzione migliore. Non dobbiamo riposare per ciò che siamo, ma ciò che è l'acronimo di.
Anche se la canzone è diventata meno esigente, non si è ancora politicamente investito?
Paradossalmente, il brano tratto t'éloigner ti rende più forte il messaggio che si desidera realizzare. Il modo migliore per esprimere la vostra incrollabile amore per la Corsica, la lingua, la letteratura, la poesia è décomplexé musica, far vivere il contatto con gli altri. Porre fine alle code di trapianto è un pericoloso postura che porta al proprio santuario. Un santuario e ancora emana un profumo di morte.
I vostri sentimenti su un'altra crisi in Corsica ctuellement?
Senti che il rialzo. Abbiamo bisogno di Corsica donnne modi per produrre corsi e non ostinato a credere che i corsi che la Corsica con una statica idea di ciò che siamo. Le cose sono in continua evoluzione. Stop loro corso è un'illusione che può avere gravi ripercussioni sulle implicazioni etiche, come l'esclusione.

Come può essere evitato?
Percorsi l'idea che il progresso non può essere il risultato di tale lavoro, il rispetto, la disciplina, la nostra capacità di resistere in intelligenza, l'onestà e il dialogo. Questo mondo è la storia ci insegna che nulla può essere raggiunto con la forza.
Intervista di J. M. Raffaelli

Exclusif : L'interview réalisée par nos amis néerlandais de "Tra Noi"

Pour présenter "Tra Noi", rien de mieux que de laisser la parole aux principaux intéressés : Laurent, Suzan, Christina et Martijn.
"Nous sommes deux couples d'amis : Laurent et Suzan Lohez et Christina et Martijn La Feber. Nous vivons aux Pays-Bas. Laurent est un Français expatrié. Tout comme vous, nous sommes fans d'A Filetta. (...) Très vite, nous nous sommes aperçus que la plupart des informations concernant A Filetta étaient uniquement en français. Afin de pallier cette frustration, et plus encore pour permettre de faire découvrir A Filetta aux Néerlandophones, nous avons décidé de leur consacrer un site internet. Après avoir pris contact avec Sabine Grenard, et avec son consentement, nous nous sommes mis à l´ouvrage."
Et TRA NOI (www.tra-noi.nl) est né le 7 octobre 2007 !


L'interview avec A Filetta réalisée le 16 decembre 2007

C'est vendredi 16 decembre et Tra Noi assiste au concert d'A Filetta à l'église St Pierre d'Utrecht. Pendant la tournée d'A Filetta aux Pays-Bas, Laurent a l'honneur de lire en néerlandais les textes que Jean-Claude Acquaviva dit en corse et en français pour introduire les chants.
L'église est pleine, et les hommes arrivent. Tout est silencieux, comme si nous ne pouvions plus respirer. Les premiers sons tiennent leur promesse, c'est superbe. Ils chantent plusieurs chants qui figureront sur le nouvel album de 2008, des chants de Medée, du Requiem, des films Liberata et Himalaya l'enfance d'un chef. L'acoustique est excellente, et le public est manifestement touché. A Filetta a trouvé sa place. Après une ovation ils reviennent pour un dernier chant.


Nous aidons Valèrie pour la vente de CD, et c'est beau de voir l'enthousiasme du public et pour beaucoup un CD n'est pas suffisant. Ce qu'il a entendu, il veut le retenir. Après que le groupe ait discuté avec plusieurs fans, nous allons au restaurant. Et là, sur la jolie place de l'église St Pierre, Suzan demande à A Filetta de bien vouloir chanter "Sub Tuum". José et Maxime qui marchaient en tête sont rappelés, il fait froid, les hommes se mettent en cercle et sortent les oreilles du bonnet. C'est un moment magique, là sur cette place, dans le froid, c'est sublime ! Quel cadeau !

Esclusiva: intervista effettuata dai nostri amici olandesi di "Tra Noi"

Per presentare "Tra Noi", niente di meglio che lasciare la parola ai principali soggetti interessati: Lawrence, Susan, Christina e Martijn.
"Ci sono due coppie di amici: Susan Lawrence e Christina Lohez e Martijn La Feber. Noi viviamo nei Paesi Bassi. Laurent è un francese espatriati. Come lei, ci sono tifosi di una rete. (...) Ben presto, ci siamo resi conto che la maggior parte delle informazioni su A Filetta sono stati solo in francese. Per evitare questa frustrazione, e di più per aiutare a scoprire la Filetta olandese, abbiamo deciso di dedicare un sito web. Dopo Sabine Grenard hanno contattato, e con il suo consenso, abbiamo iniziato a lavorare ".
E TRA NOI (www.tra-noi.nl) è nato il 7 ottobre 2007!


Intervista con A Filetta completato il 16 dicembre 2007

E 'Venerdì 16 dicembre e Tra Noi Filetta frequenta un concerto a Saint-Pierre d'Utrecht. Durante il tour Filetta Nei Paesi Bassi, Lawrence ha l'onore di leggere testi in lingua olandese che Jean-Claude Acquaviva detto in francese e la Corsica per introdurre i brani.
La chiesa è piena, e gli uomini arrivano. Tutto è silenzio, come se non poteva più respirare. I primi suoni a mantenere la promessa, è superba. Essi cantano canzoni diverse che appaiono sul nuovo album 2008, canzoni di Medea, il Requiem, filmati e Liberata Himalaya l'Enfance di un cuoco. Il suono è eccellente, e il pubblico è ovviamente influenzata. Thread trovato il suo posto. Una standing ovation dopo ritornare per un ultimo brano.


Noi aiutiamo Valerie a vendere CD, ed è bello vedere l'entusiasmo del pubblico e per molti un CD non è sufficiente. Che cosa ha sentito, si vuole ricordare. Dopo che il gruppo ha parlato con molti tifosi, andiamo al ristorante. E lì, sulla bella piazza di San Pietro, Susan chiede gentilmente cantare A Filetta "Sub tuum. Jose e Maxime piedi alla testa sono ricordato, è il freddo, gli uomini messi in cerchio e lasciare il tappo le orecchie. Si tratta di un momento magico, qui in questa piazza, al freddo, è sublime! Che regalo


Après nous crions: "MANGER !" et nous nous mettons en route. Maxime a le plan en main et nous guide, Paul et Ceccè s'amusent et essayent de retenir les cyclistes qui passent, le reste du groupe discute. L'ambiance est decontractée, ce fut un beau concert.

Au restaurant nous commandons beaucoup de pizzas "A Filetta" avec une bière et nous commençons l'interview. Laurent et Jean-Claude accoudés l'un à l'autre entament la discussion. Les uns écoutent et les autres discutent entre eux.

La première question est de Christina. Cela concerne la juste traduction d'un texte (Christina retranscrit les textes en poèsie neérlandaise.) Il s'agit du chant "Caracolu di brame" d'Intantu. Jean-Claude s'asseoit et donne sa traduction. Pour lui aussi, c'est difficile et il a recours à ses mains pour s'expliquer :

Jean-Claude Acquaviva : Il est difficile à traduire. Ce texte est à l'origine ecrit en corse, par mon frère Marcellu. Le corse est une langue tres imagée et quand tu la traduis en français, tu perds quelquefois les effets recherchés.

Tra Noi : Quels sont tes poètes préférés ?

JC : Borgès, René Char, Aragon et Primo Levi sont les poètes que je cite le plus.

Au grand plaisir de Christina, Pessoa et Paul Eluard figurent aussi sur la liste.
Tra Noi : La polyphonie est-elle reservée aux hommes ?

Dopo gridiamo: "Mangia!" e ci sarà messo in moto. Maxime una cartina in mano e ci guida, Paolo e Cecca giocare e cercare di ricordare i ciclisti che trascorrono il resto del gruppo di discussione. L'atmosfera è rilassata, è stato un bel concerto.

Nel ristorante abbiamo per lotti di pizza "A Filetta" con una birra e iniziamo l'intervista. Laurent e Jean-Claude pendente l'uno con l'altro iniziare la discussione. Ascolta gli uni agli altri e discutere.

La prima questione è Christina. Questo riguarda il diritto di traduzione di un testo (Christina testi trascritti in olandese poesia.) Questo è il brano "Caracolu di lastra" di Intantu. Jean-Claude si siede e dà la sua traduzione. Anche per lui, è difficile e che usa le mani per spiegare:

Jean-Claude Acquaviva: E 'difficile da tradurre. Questo testo è scritto originariamente in corso, il mio fratello Marcellu. Il corso di lingua è molto colorata e quando si traduce in francese, a volte si perde l'effetto desiderato.

Tra Noi: Quali sono i tuoi poeti preferiti?

JC: Borges, René Char, Aragona e Primo Levi sono i poeti cito più.

Per la gioia di Christina, Pessoa e Paul Eluard sono sulla lista.
Tra Noi: La polifonia è riservato per gli uomini?

JC : La polyphonie se pratiquait à l'époque des travaux dans les champs. De fait, les hommes chantaient entre eux parce qu'ils travaillaient entre eux. Il n'y a pas de polyphonie mixte parce que, esthétiquement, son architecture est telle que si tu mêles des voix de tessitures différentes, tu annules les effets harmoniques. Si tu fais chanter ensemble des hommes et des femmes, ils ne chantent pas dans les mêmes registres. Tu élargis donc les registres, le spectre et tu n'obtiens plus du tout le même son. Naturellement les hommes chantaient ensemble, les femmes chantaient ensemble mais pas en polyphonie, tout simplement parce qu'il est difficile de trouver un espacement des voix suffisament important. Généralement il est difficile de trouver soit des basses ou des voix qui montent suffisamment. C'est un problème de tessiture. Si les hommes et les femmes ne chantent pas ensemble, c'est donc lié à l'organisation même de la société, une explication purement esthétique et musicale. Cependant dans les 20 à 30 dernières années, il y a des groupes d'hommes et de femmes qui ont composé mais à la fin ils ne chantent pas de la même façon. Ce n'est pas une explication scientifique mais ce sont des éléments suffisants qui peuvent justifier pourquoi cela n'existe pas.

Tra Noi : Comment s'effectue la création d'un programme pour une tournée? Qui décide d'inclure tel ou tel chant ?

JC : Cela dépend de beaucoup de choses. On en discute ensemble. Très souvent c'est lié aux nouveautés, à ce que l'on a envie de chanter, à l'équilibre du programme. Pour donner un exemple concret, sur le programme de la tournée Néerlandaise, on a intégré un certain nombre de chants du nouvel album que l'on enregistrera en janvier. Cela permet de les rôder mais aussi de les faire mûrir. De la création à la maturité, il y a beaucoup de travail.

Tra Noi : Avez-vous des endroits préférés pour chanter ? Y a t-il une salle où vous voudriez retourner ?

JC : Pas spécialement. On aime beaucoup certaines acoustiques. Certaines sont plus adaptées à ce que l'on fait. On n'aime pas trop les grandes salles car notre chant est plus intimiste et on a besoin de le faire porter par une sono puissante. Ce n'est plus en rapport avec ce que l'on fait. On n'aime pas non plus chanter dans de grandes églises. Il y a un son qui tourne et cela porte à confusion. Pour nous, la salle idéale : c'est une église de 300 à 400 places, ou encore une petite salle avec une bonne sono. A ce moment là, tu as une bonne relation avec le public qui n'est pas altérée.

JC: La polifonia è stato praticato al momento del lavoro nei campi. In realtà, gli uomini sono stati il canto, perché ha lavorato con gli altri. Non vi è alcun polifonia mista perché, esteticamente, la sua architettura è tale che se la votazione Meles tessituras di diversi effetti di rimuovere armoniche. Se si fa tutto il canto gli uomini e le donne, non cantare nello stesso record. È pertanto ampliato registri, lo spettro e si ottiene lo stesso a tutti i suoni. Naturalmente gli uomini cantavano insieme, cantato insieme alle donne, ma non in polifonia, semplicemente perché è difficile trovare uno spazio sufficiente di voti. In genere è difficile trovare sia basso, oppure voci che si innalzano a sufficienza. Si tratta di un problema della gamma. Se gli uomini e le donne non cantare insieme, è quindi legata alla organizzazione della società, una spiegazione puramente estetico e musicale. Ma all'interno di 20 a 30 anni, vi sono gruppi di uomini e donne che hanno fatto, ma alla fine non si cantano le stesse modalità. Questa non è una spiegazione scientifica, ma è sufficiente la prova che possono giustificare il motivo per cui essa non esiste.

Tra Noi: Come è la creazione di un programma per un tour? Chi ha deciso di includere una determinata canzone?

JC: Dipende da molte cose. Discutiamo insieme. Molto spesso è legata alle nuove, che vogliamo cantare, il saldo del programma. Per dare un esempio concreto, il programma del tour olandese, che ha incorporato un certo numero di canzoni del nuovo album che abbiamo registrato nel mese di gennaio. Ciò permette loro di muoversi, ma anche per farli maturare. Dalla creazione alla maturità, c'è un sacco di lavoro.

Tra Noi: Avete luoghi preferiti a cantare? C'è una stanza in cui si vorrebbe tornare?

JC: Non particolarmente. Si ama alcuni acustico. Alcuni sono più adatte a ciò che facciamo. Non ci piacciono le grandi sale, perché la nostra voce è più intimo e abbiamo bisogno di concentrare un potente suono. Questo è più in linea con ciò che facciamo. Noi non cantare nelle grandi chiese. Vi è un suono che si trasforma, e questo è molto fuorviante. Per noi, la camera ideale è una chiesa di 300 a 400 posti a sedere, o una piccola stanza con un buon suono. A quel tempo, si ha un buon rapporto con il pubblico che non è alterata.

Tra Noi : Beaucoup de gens sont très attirés par A Filetta, son harmonie, sa passion, sa superbe musique, ses textes. Pour moi (Suzan), vous êtes sept anges. Ce que vous faîtes est bon pour le coeur, ça vous touche, ça vous embrasse. Comment est-ce que d'être adulé et de pourtant rester simple Corse ?

JC : Alors d'abord, ça nous fait plaisir qu'elle ait cette vision de nous. Il faut qu'elle sache que cette vision n'est, pour nous, en aucun cas, une volonté de construire cette image. A ce propos, je citerais André Malraux : " L'homme n'est ni ange ni bête. A vouloir faire l'ange, il fait la bête."

Ce qui est important pour nous, c'est deux choses : Un, c'est d'être toujours critique envers nous-mêmes. Le jour où l'on commencera à dire : " ce que l'on fait c'est bien ", là, ça sera terminé. Ca veut dire que l'on commencera à dégringoler. Notre démarche c'est la recherche perpétuelle d'un équilibre que l'on sait que l'on n'atteindra jamais, mais l'important c'est de le chercher. Deux : C'est de toujours rester humble. Nous sommes pleinement conscients que sans celui qui nous écoute, on n'est absolument rien. C'est une certitude. Parce que nous avons un chant qui n'a de sens que pour être entendu. Nous sommes intimement persuadés qu'un collectif, ça existe, qu'une façon de penser les choses les uns avec les autres, les uns par les autres, les uns face aux autres. C'est la façon dont fonctionne notre musique. C'est cette image là, si tu veux, que nous sommes contents de montrer. Et cela n'est possible que si tu as des gens qui nous ont suivis et qui nous ont permis de vivre cette aventure de laquelle sont exclus le rapport économique, le rapport hiérarchique. Et ça, dans notre monde actuel, cela n'existe plus nulle part.

Quelquefois les gens disent : " oui, mais le rapport économique, forcément que vous le vivez puisque vous vendez des concerts, des disques... ". Je le reconnais. Mais nous avons eu la chance de trouver un public qui nous suit et de ne pas être obligés de faire de concessions sur le plan artistique. Nous ne nous sommes jamais retrouvés dans une situation de dire : " bon, allez, il faut qu'on s'arrange un peu, qu'on fasse un truc qui va bien fonctionner. " Ce que l'on fait, on le fait. C'est difficile. Ce n'est pas toujours facile à faire entendre, à faire écouter et pourtant on a un public. Et c'est grâce à ce public, et parce qu'il y a des gens comme vous, que l'on peut continuer. A partir de là, tu ne peux être qu'humble.

Tra Noi: Molte persone sono molto attratti da filettare, armonia, passione, grande musica, il testo. Per me (Susan), vi sono sette angeli. Che cosa potete fare è buono per il cuore, tocca a voi, vi abbraccia. Come è come essere adorato e ancora rimanere semplice Corsica?

JC: Allora in primo luogo, siamo lieti che abbia questa visione di noi. Lei deve sapere che questa visione è per noi, in ogni caso, un desiderio di costruire questa immagine. Qui cito André Malraux: «L'uomo non è né angelo né bestia. Cercando di fare l'angelo, è la bestia."

Quello che è importante per noi è di due cose: uno è quello di essere sempre critico nei confronti di noi stessi. La giornata si cominceranno a dire: "quello che abbiamo fatto è stato buono", allora è finito. Ciò significa che si comincerà a piombino. Il nostro approccio è la ricerca di un equilibrio che sappiamo non potrà mai raggiungere, ma la cosa più importante è quello di scaricarlo. Due: E 'di rimanere umili. Siamo pienamente consapevoli del fatto che nessuno che ci ascolta, non vi è assolutamente nulla. Si tratta di una certezza. Perché abbiamo una canzone che ha senso solo di essere ascoltati. Siamo fermamente convinti che un contratto collettivo, non esiste, un modo di pensare le cose gli uni con gli altri, gli uni contro gli altri, di fronte a vicenda. Ecco come la nostra musica. Questa immagine è, se volete, siamo lieti di mostrare. E questo è possibile solo se si hanno le persone che ci hanno sostenuto e ci ha permesso di vivere questa avventura che sono esclusi per la relazione economica, il rapporto di segnalazione. E che, nel mondo di oggi, non esiste più da nessuna parte.

A volte la gente dice: "Sì, ma la relazione economica, ovviamente, come si vive, perché si stanno vendendo concerti, CD ...". Lo ammetto. Ma siamo stati fortunati a trovare un pubblico che ci segue e non essere costretti a fare concessioni sulla artistico. Non abbiamo mai messo in una posizione tale da poter dire: "Bene, va ', abbiamo organizzato un po', fate qualcosa che funziona bene." Che cosa facciamo, lo facciamo . E 'difficile. Non è sempre facile da ascoltare, per ascoltare, eppure abbiamo un pubblico. Ed è proprio grazie a questo pubblico, e perché ci sono persone come te che si possa continuare. Da lì, non è possibile qu'humble.

Tra Noi : A la fin de la dernière présentation que fait Laurent, il annonce qu'il y aura la possibilité d'acheter des CD à la fin du concert. Cela a fait beaucoup rire la salle. Comment l'avez-vous vécu ?

JC : Hier déjà, les gens ont ri. On y a repensé et on pense qu'ils ont du rire parce que cela venait à la suite de la dernière introduction. Ca nous a aussi fait rire, tout simplement. A ce propos, on a reçu cette année, à Calvi pour les Rencontres, Giovanna Marini. Une chanteuse populaire italienne qui a fait un travail fantastique sur les voix. C'est une dame qui a entre 65 et 70 ans. Elle fait ses concerts avec trois autres chanteuses. Pendant les concerts, elle parle et amuse beaucoup le public. Et à la fin des concerts, elle dit : " voilà, je vais vous expliquer. Nous, on fait des CD et les maisons de production les fabriquent mais ne veulent pas les vendre. Alors nos CD prennent la poussière, on est obligés de les nettoyer. Alors pour ne plus avoir à le faire, on vend nos disques nous-mêmes ". Et alors elle va dans les coulisses, revient avec des cartons de CD, se met au-devant de la scène, et elle les vend. Son agent dit que depuis qu'elle fait ça, elle vend des quantités de disques incroyables. Nous, il est exclu qu'on fasse la même chose. On n'oserait jamais le faire. On en rit beaucoup parce que sur cette tournée, c'est la seule où l'on annonce que l'on vend des CD. Jamais, jamais avant on ne l'avait fait. Pour en revenir à ta question, on en a beaucoup ri mais cela ne nous a pas gêné.
Maxime : Tu disais : " ... l'altruisme, et le don de soi, ... il y a des disques à acheter à la fin du concert." Et tout ça sur le même ton. C'était poétique ! (rires)
Tra Noi: Al termine della presentazione fatta da Lawrence, egli annuncia che egli sarà in grado di acquistare i CD, alla fine del concerto. Questo è stato molto ridere camera. Come sei venuto a vivere?

JC: già ieri, la gente si mise a ridere. E 'stato ridisegnato e pensiamo che hanno a ridere, perché è venuto a seguito degli ultimi introduzione. Ca ridere anche noi, semplicemente. A questo proposito, abbiamo ricevuto questo anno, a Calvi per Incontro, Giovanna Marini. Un popolare cantante italiano che ha svolto un ottimo lavoro sulla voce. Questa è una signora che è tra i 65 ei 70 anni. Ha fatto il suo concerto con altri tre cantanti. Durante i concerti, si parla e divertire il pubblico molto. E alla fine di concerti, ha detto, "qui, ti dico. Possiamo fare CD e produzione di case di produzione, ma non si vuole vendere. CD Quindi, la nostra polvere, siamo obbligati a pulito. Così, per non farlo, noi vendiamo i nostri dati noi stessi. " E poi si va di nuovo dietro le quinte con scatole di CD, è nella parte anteriore del palco, e si vende. Il suo agente ha detto che, dal momento che lei ha fatto, si vende incredibile quantità di dischi. Noi, non è che facciamo la stessa cosa. E non sarebbe mai farlo. Abbiamo riso molto, perché in questo tour è l'unico in cui abbiamo annunciato che vendono CD. Mai, mai prima abbiamo mai avuto. Per tornare alla tua domanda, si rideva molto, ma questo non ha ostacolato.
Maxim: Lei ha detto: "... l'altruismo e abnegazione, ... ci sono ad acquistare i dischi alla fine del concerto." E tutto questo sullo stesso tono. E 'stato poetica! (ride)
Suzan : C'était vraiment marrant, et ça a porté ses fruits.
Tra Noi : Après bientôt trente ans d'existence, ressentez-vous quelquefois que la passion s'amoindrit ? Que faites-vous pour raviver la flamme ?

JC : Ecoute, honnêtement, nous n'avons pas l'impression que la passion s'estompe. Sans doute cela arrivera un jour mais jusqu'ici nous ne l'avons pas encore ressenti. Sans doute parce que l'on fait extrémement de choses différentes. Ce qui est important, pour un groupe comme le nôtre, c'est de ne pas avoir un plan de carrière. On est toujours resté ouverts aux autres, sur leurs capacités à nous proposer des choses et vice-versa. Cela nous fait avancer chaque fois, cela nous enrichit. C'est ce qui s'est passé avec Bruno Coulais quand on a commencé à faire de la musique de film. Depuis, nous en avons fait beaucoup. Nous avons rencontré beaucoup de musiciens. C'est d'ailleurs avec l'un d'eux que nous avons fait le Requiem. Nous avons présenté Bruno Coulais à Orlando Furioso, metteur en scène napolitain, et depuis ils ont fait beaucoup de choses ensemble. Ce n'est pas une fuite en avant, cela se fait très naturellement. En fait, on a sans cesse un sentiment de nouveau, d'inédit.
Tra Noi : Christina voudrait que Jean-Claude décrive A Filetta en un mot.

JC : Alors ... (Jean-Claude s'interrompt, réflèchit, rigole, veut reprendre sa phrase mais Christina est stricte et lui dit "UN mot"). Un mot... Ca veut dire que je bavarde trop...

Laurent : C'est plutôt parce que nous avons beaucoup de questions et que si nous les posons toutes, nous y sommes jusqu'au petit-déjeuner.
Suzan : Un mot pour décrire A Filetta, ce serait ...A Filetta ?

JC : Ce sont DEUX mots. Un mot ...(Jean-Claude regarde très concentré), un mot ... ce serait ... (nous rions), ce serait ... (nous rions à nouveau), un mot qui doit ouvrir à d'autres choses, parce qu'un mot c'est trop difficile. Je pense que, selon moi, il y a une chose primordiale ...
(nous rions encore)
Susan: E 'stato veramente divertente, e che ha dato i suoi frutti.
Tra Noi: Dopo quasi trenta anni di esistenza, a volte sento che la passione si è ridotto? Cosa fare per ravvivare la fiamma?

JC: Guarda, onestamente, non abbiamo la sensazione che la passione si affievolisce. Senza dubbio, si verificherà un giorno, ma finora non abbiamo ancora sperimentato. Forse perché si tratta di cose molto diverse. Quello che è importante per un gruppo come il nostro non è quello di avere un piano di carriera. Si è sempre rimasto aperto agli altri, la loro capacità di suggerire le cose e viceversa. Ci siamo trasferiti ogni tempo, ci arricchisce. Questo è ciò che è accaduto con Bruno Coulais, quando abbiamo iniziato a fare musica per film. Da allora abbiamo fatto molto. Abbiamo incontrato molti musicisti. E 'stato con uno di loro che abbiamo fatto il Requiem. Abbiamo presentato Bruno Coulais Orlando Furioso, regista napoletano, e dato che essi hanno fatto molte cose insieme. Questo non è un volo prima, questo è fatto molto, naturalmente. In realtà, si è costantemente un senso di nuovo, inedito.
Tra Noi: Christina vuole Jean-Claude A Filetta descrivere in una sola parola.

JC: Allora ... (Jean-Claude si ferma, pensa, ride, vuole riprendere la sua frase, ma Christina è rigoroso e ha dichiarato: "Una parola"). Una parola ... Ciò significa che anche io chiacchieroni ...

Laurent: È piuttosto perché abbiamo molte domande e che, se noi siamo in tutto calo fino a colazione.
Suzan: Una parola per descrivere filettare, sarebbe ... A Filetta?

JC: Ecco due parole. Una parola ... (Jean-Claude sembra molto concentrato), una parola ... questo sarebbe ... (si ride), che sarebbe ... (si ride di nuovo), una parola che deve aprirsi ad altre cose, perché è una parola troppo difficile. Credo che, a mio parere, vi è qualcosa di importante ...
(abbiamo ancora ridere)

Christina : Non, UN mot !

JC : Un mot ... (nous rions), un mot, je dirais SINCERITE, parce que c'est un mot qui couvre plusieurs aspects.

Suzan : Un mot n'est pas suffisant.

JC : (soulagé) voilà, absolument.

Tra Noi : Ce qui nous manque en tant que fans d'A Filetta c'est un DVD Live. Est-ce dans les plans ?

JC : On y a déjà pensé, mais pas spécifiquement pour un concert général. Il y a un certain nombre de répertoires qui gagneraient à être enregistrés live. Par exemple, les choeurs de Medée. On se dit maintenant qu'on aurait dû le les faire en live et peut-être en DVD. Parce que cela aurait eu une sincérité plus importante. Quand on a enregistré Médée, on s'est focalisé sur un certain nombre de choses et à l'arrivée on se rend compte que ce n'est pas l'essentiel. Et le CD ne rend pas ce qu'il aurait pu donner en live. Pour revenir à ta question, on y pense de plus en plus. On sait aussi que le CD, c'est quelque chose de beaucoup plus froid. Dans notre façon de chanter, il y a des choses qui parlent plus lorsque l'on écoute un disque. Mais on se pose la question : Est-ce qu'avec un DVD, le concert est-il le même qu'en concert ? Je n'en suis pas si persuadé.

Tra Noi : Sans aucune limite, quel serait le rêve le plus fou que vous souhaiteriez réaliser ?

JC : Je ne sais pas si je ferais un voeu pour A Filetta. Je ferais un voeu pour la planète. Cela peut paraître prétentieux, mais je dis que le voeu que je formulerais, c'est que notre façon de fonctionner en groupe, dans la musique, puisse servir d'exemple. Ce que je veux dire, c'est que j'aimerais voir dans notre société un respect mutuel mais aussi une complémentarité, une solidarité... Qu'on ait besoin des uns et des autres, que l'on soit les uns par les autres, que cette façon de fonctionner puisse se retrouver ailleurs dans la société. C'est à mon sens ce que l'on a de plus cher à donner.

Christina: Non una parola!

JC: Una parola ... (si ride), una parola, vorrei dire la sincerità, perché è una parola che copre diversi aspetti.

Suzan: Una parola non è sufficiente.

JC: (esonerato), che è, assolutamente.

Tra Noi: Che cosa ci manca, come fan di A Filetta è un Live DVD. E 'nei piani?

JC: E 'già pensato, ma non specifica per un concerto generale. Ci sono un certo numero di directory che possono essere registrati dal vivo. Ad esempio, il coro della Medea. Diciamo che ora dobbiamo far vivere e magari su DVD. Perché aveva una maggiore sincerità. Quando ci è stato Medea, ci siamo concentrati su un certo numero di cose e finire vi rendete conto che questo non è essenziale. E il CD non fare ciò che egli avrebbe potuto vivere. Per tornare alla tua domanda, si pensa sempre di più. Sappiamo anche che il CD è una cosa che è molto più freddo. A nostro modo di cantare, ci sono cose che parlano di più quando si ascolta un disco. Ma ci chiediamo: è questo un DVD, il concerto è la stessa in concerto? Io non sono così convinto.

Tra Noi: Senza alcun limite, quale sarebbe il sogno più folle che si desidera raggiungere?

JC: Non so se ho il desiderio di una rete. Vorrei esprimere un desiderio per il pianeta. Questo può sembrare pretenzioso, ma dico che spero che questo approccio è che il nostro modo di lavorare in gruppo, nella musica, può servire come un esempio. Quello che voglio dire è che io vedo nella nostra società con il rispetto reciproco, ma anche una complementarietà, la solidarietà ... Abbiamo bisogno di ogni altro, se gli uni con gli altri, che questa funzione può essere trovato altrove nella società. E 'il mio senso che abbiamo più a dare.

Tra Noi : Une question à propos du groupe en lui-même, sur sa complémentarité, sa solidarité, comment l'expliques-tu ?

JC : C'est tout simple. Si tu veux, A Filetta ne s'est pas constitué que sur des éléments esthétiques, musicaux ou artistiques. La création du groupe remonte à 1978. Petit à petit, les gens qui ont intégré le groupe, sont des gens qui ont cotoyé pendant quelques temps le groupe. Il y avait une sorte de période d'approche si l'on peut dire, et à un moment donné ils ont intégré la structure. C'est-à-dire qu'ils ont fait l'expérience de la proximité sentimentale et philosophique.
Du groupe d'origine, il n'y a que Jean et moi. Après Paul est venu. Il était au lycée avec moi, on se connaissait mais il ne chantait pas. Il était lui-même ami d'un de mes amis d'ecole qui aimait chanter. Petit à petit, il a intégré le groupe. On s'est trouvé des envies communes, le fait de vouloir construire ensemble. Si tu prends les autres, c'est exactement la même chose. José s'occupait avec l'un des fondateurs d'A Filetta d'une école de chant à l'Île Rousse. Au bout d'un moment, il a naturellement intégré le groupe. Maxime, c'est la même chose. Il chantait beaucoup de messes, dans les confréries. Et à un moment donné, il y a eu une sorte d'osmose qui s'est faite et il est entré dans le groupe. Jean-Luc, c'est pareil. Quand il était tout petit, il venait à des ateliers de chant. Il est venu chanter 2-3 fois avec nous pour Passione, pour ce que l'on faisait à Calvi. Naturellement il a intégré le groupe. Céccé, mon neveu, il y a la proximité familiale mais aussi le fait qu'on a fait un concert à Calvi, où l'on avait intégré d'autres chanteurs. Il a répété et chanté avec nous...

Entre temps les pizzas, desserts et les cafés sont consommés, nous aimerions poser nos questions jusqu'au petit-déjeuner, mais la realité veut que les hommes partent demain pour Anvers, et vu qu'il est minuit nous nous disons au revoir...
Propos reproduits avec l'aimable autorisation de Tra Noi.
Tra Noi: Una domanda sul gruppo stesso, sulla sua complementarità, la solidarietà, come si fa a spiegare?

JC: E 'così semplice. Se lo si desidera, filettare non ha dimostrato che su questioni estetiche, musicali o artistiche. La creazione del gruppo risale al 1978. A poco a poco, le persone che si sono uniti al gruppo, sono persone che hanno un po 'di tempo per il gruppo cotoyé. Vi è stata una sorta di periodo di approccio, per così dire, e ad un certo punto hanno struttura integrata. Vale a dire che hanno vissuto emozionale e filosofico nelle vicinanze.
Dal gruppo originario, solo Giovanni e me. Dopo è venuto Paolo. Era a scuola con me, ma lui non sapeva cantare. Era un mio amico di scuola gli amici che amava cantare. A poco a poco, è entrato a far parte del gruppo. E 'stato il comune desiderio, la voglia di costruire insieme. Se si prendono le altre, è esattamente la stessa cosa. José trattare con uno dei fondatori di una scuola di canto Filetta uno in Ile Rousse. Dopo un po 'di tempo, naturalmente, ha aderito al gruppo. Maxime è la stessa cosa. Ha cantato un sacco di Messe in confraternite. E a un certo punto, non vi è stata una sorta di osmosi, che è stato fatto ed è entrato nel gruppo. Jean-Luc, c'est pareil. Quando era poco, è venuto a cantare workshop. Egli è venuto a cantare con noi 2-3 volte per passione, per quello che abbiamo fatto a Calvi. Naturalmente, è entrato a far parte del gruppo. Cecca, mia nipote, non vi è un parente stretto, ma anche il fatto abbiamo fatto un concerto a Calvi, dove aveva inserito altri cantanti. Egli ha ripetuto e cantato con noi ...

Nel frattempo, la pizza, dolci e caffè sono consumati, vorremmo chiedere alle nostre domande fino a colazione, ma la realtà è che gli uomini sono Parto domani per Anversa, e dal momento che è mezzanotte, diciamo addio .. .
Chi riprodotto con permesso Tra Noi.

Entretien au Carubbu avec A Filetta

Ce 19 septembre 2006, A Filetta au grand complet nous reçoit dans la cuisine du Carubbu. Jean-Luc et Ceccè sont aux fourneaux, et le groupe (sans José, parti entre temps chercher son fils à l’école), déjeune tout en répondant à nos questions.
Intervista con A Filetta a Carubbu

Questo 19 settembre 2006, in piena filettante ci accoglie in cucina di Carubbu. Jean-Luc e Cecca sono i forni, e il gruppo (senza partito José frattempo cercare suo figlio a scuola), il pranzo, mentre la risposta alle nostre domande.

 
U Carubbu     
La boîte à lettres d'A Filetta

Les XVIIIes Rencontres

L'invitu (Pierre, Jean-Claude, Pascale et Anne Marie Casanova et Françoise Coulomb) : Tout d’abord, quel bilan tire A Filetta de ces 18es Rencontres qui viennent de s'achever, quel est votre sentiment sur leur déroulement, et que souhaiteriez-vous éventuellement voir évoluer ?

Jean-Claude Acquaviva : Il y a plein de choses à dire, on pourrait d’ailleurs les uns et les autres dire des choses différentes. A mon avis, je pense que ces Rencontres, au niveau de la programmation, ont été peut-être une des meilleures éditions, dans la mesure où la programmation était très cohérente. Nous avons quelques regrets évidemment, notamment sur le final, sur le fait de ne pas avoir pu maintenir ce qui était prévu à l’extérieur. On a aussi quelques doutes sur le concert de Bastia ; non pas sur Faiz Ali Faiz, car c’était géant, mais à Bastia il y a un problème d’adéquation.

L'invitu : Nous aussi, nous en avons parlé entre nous, nous avons le même sentiment.

J.C.A. : Le lieu n’est pas adapté, mais c’est le seul qui soit acceptable sur Bastia. Le théâtre n’est pas utilisable, il est fermé à cette période de l’année, en plus il va être fermé pour travaux. Cela va rendre les choses encore plus difficiles, quand bien même on aurait eu envie d’avoir le théâtre. Donc sur Bastia, on a quand même un doute sur la façon dont ça se déroule.

Il XVIII Rencontres

Il invitu (Pierre, Jean-Claude, e Anne Marie Pascale Casanova e Françoise Coulomb): Prima di tutto, ciò che richiama questi Filetta Un 18es Rencontres che appena concluso, che cosa sono le tue sensazioni sulle loro prestazioni, e che si sarebbe forse vedere il cambiamento?

Jean-Claude Acquaviva: Ci sono molte cose da dire, si potrebbe anche dire di loro due cose diverse. A mio parere, credo che questi incontri, a livello programmatico, è stata forse una delle migliori edizioni, dal momento che la programmazione è stata molto coerente. Noi, ovviamente, avere qualche rammarico, soprattutto nel finale, il fatto di non essere stato in grado di mantenere ciò che è stato pianificato fuori. Ha anche alcuni dubbi circa il concerto Bastia; non Faiz Ali Faiz, perché è stato enorme, ma Bastia vi è un problema di adeguatezza.

Il invitu: Anche noi abbiamo parlato di noi, hanno la stessa sensazione.

J.C.A. : Il luogo non è adatto, ma è l'unico accettabile Bastia. Il teatro non è utilizzabile, si è chiusa in questo periodo dell'anno, inoltre, sarà chiuso per le riparazioni. Ciò renderà le cose ancora più difficili, anche se avrebbe voluto il teatro. Quindi, a Bastia, si è ancora in dubbio su come si svolge.

 
Jean-Claude Acquaviva répond aux questions de L'invitu

Sur le reste, on en parlait encore ce matin entre nous, il y a quand même un rééquilibrage à trouver entre la polyphonie et les voix. Cette année, il y avait relativement peu de polyphonies, mais ça s’explique par le fait que la polyphonie, en 18 éditions, je ne veux pas dire qu’on a fait le tour, mais on a beaucoup programmé de choses, et on est dans la difficulté chaque année de proposer des choses qui soient, je ne veux pas dire inédites, mais nouvelles, qui amènent quelque chose.
On avait déjà par le passé émis l’idée selon laquelle, au lieu d’avoir cette préoccupation sur chaque année de faire des choses nouvelles, ce serait bien que les Rencontres deviennent la vitrine de quelques artistes qu’on pourrait suivre dans leur évolution, dans leur trajectoire. Cela nous aurait permis de reprogrammer certains artistes. Encore faut-il que ces artistes aient une trajectoire, c’est ça le problème. Malheureusement, par exemple les Géorgiens sont venus 7 ou 8 fois, chaque fois ils ont donné le même répertoire. Et là on bloque quelque part.
Donc, grosso modo la fréquentation est bonne, en hausse, mis à part Bastia. La programmation sur le plan artistique me semblait très cohérente, il y a eu de très belles choses, mais il y a quand même ce déséquilibre polyphonies / voix solistes et il y a également, mais justement ça passe par un meilleur équilibre polyphonies/solistes, des choses à simplifier sur le plan technique : ce qui serait bien, l’idéal, ce serait de programmer la Cathédrale et l’Oratoire sans sonorisation, et qu’on fasse ce qui est à sonoriser en extérieur. Et il faudrait qu’on ait un endroit où l’on puisse se replier en cas d’intempéries, qui puisse accueillir un concert sonorisé. Sinon, ce n’est pas jouable. C’est trop difficile, sur le plan technique c’est lourd, c’est compliqué, parce qu’il faut faire les balances, et quand on fait les balances plus personne ne fait rien autour, etc.
Del resto, abbiamo parlato questa mattina di nuovo tra noi c'è ancora un punto di equilibrio tra polifonia e voce. Questo anno, vi è stato relativamente poco polifonia, ma è perché la polifonia, in 18 edizioni, non sto dicendo che ha fatto il giro, ma con un sacco di cose previste, e è in difficoltà di ogni anno, a proporre le cose che sono, non mi riferisco di nuovo, ma quelli nuovi che mettono qualcosa.
E 'stato già suggerito in passato che, invece di avere questa preoccupazione, ogni anno a fare cose nuove, sarebbe bello che le riunioni diventano la vetrina di alcuni artisti che hanno potuto seguire nella loro evoluzione, nel loro percorso. Ciò avrebbe permesso di rinegoziare alcuni artisti. È inoltre necessario che questi artisti hanno una traccia, questo è il problema. Purtroppo, tali georgiani è 7 o 8 volte, ogni volta che ha la stessa directory. E qui che si blocca in qualche modo.
Quindi, circa la partecipazione è buona, fino, al di là da Bastia. Programmazione nelle arti sembrato molto coerente, non vi sono state molto belle cose, ma non vi è questo squilibrio polifonie / solista e voce, ma solo attraverso un migliore equilibrio polifonie / solisti, cose da semplificare il livello tecnico: ciò che è buono, l'ideale sarebbe quello di programmare la Cattedrale Oratorio e senza suono, e facciamo ciò che è suono all'aperto. E sarebbe stato un luogo in cui è possibile ritiro in caso di condizioni atmosferiche inclementi, che può ospitare un concerto il sistema audio. Altrimenti non è riproducibile. E 'troppo difficile, tecnicamente è pesante, è complicato, perché a fare le scale, e quando il saldo è nessuno attorno a non fare nulla, ecc.

Et enfin, dernière remarque : avec le recul, nous pensons que ce n’était pas une bonne idée de programmer les extraits de Marco Polo dans le cadre du final : c’était presque un spectacle de théâtre, une création. C’est trop lourd, on n’a pas la tête à ça, on n’a pas le temps de travailler dans des conditions de confort satisfaisantes, et ça nous a emboucané la fin des Rencontres. Jusqu’au dernier moment, on fait, on ne fait pas, on programme, on ne programme pas, on répète, on fait un filage puis on ne le fait plus, on le fait mais on n’a pas le temps parce qu’on ne fait pas les balances, parce que quand vous allez faire les balances ça commence à l’Oratoire, etc.
Tout ça, c’est à repenser…

L'invitu : Mais c’est quand même lié à la météo ?

Absolument, il faut anticiper maintenant sur la météo.

L'invitu : Effectivement, deux années de suite perturbées par les intempéries, ça risque de se reproduire encore. Mais tout se recoupe : s’il  y avait eu une salle…

Le problème, c’est ce qu’on disait ce matin, c’est que le final des Rencontres, c’est avant tout, du moins en grande partie, le site. Donc, effectivement, si on avait une salle en dehors de la citadelle, le repli serait possible, mais c’est sûr que le final ne serait plus le final qu’on a pensé. C’est la raison pour laquelle il faut, soit penser un final dans le lieu, avec une solution de repli qui soit en quelque sorte un pis-aller, ou alors il faut repenser les choses en sacrifiant certaines choses, en disant « on fait le final avec tel artiste, on sait que ce n’est pas faisable là haut, on sait qu’on risque des problèmes d’intempéries", à ce moment là, on le fait dans un lieu adapté. Mais ce n’est plus le final tel qu’on le pensait.
E infine, ultimo punto: con il senno di poi, noi riteniamo che questa non era una buona idea per il calendario estratti da Marco Polo, sotto la finale: è stato quasi un teatro di produzione, una creazione. E 'troppo pesante, non a testa, non c'è tempo per lavorare in condizioni di buon comfort, ed è stato alla fine emboucané Incontro. Fino all'ultimo momento, che facciamo, non lo faremo, il programma, non è in grado di programmare, ripeto, vi è una filatura e poi fare di più, ma sul fatto che non hanno tempo, perché non equilibrio, perché quando si sta per equilibrio inizia a l'Oratorio, ecc.
Tutto questo è a ripensare ...

Il invitu: Ma è ancora legata al meteo?

Certamente, ora dobbiamo anticipare il tempo.

Il invitu: infatti, due anni in una fila colpite dalle intemperie, potrebbe verificarsi nuovamente. Ma tutto è coperto, se ci fosse una stanza ...

Il problema è quello che ha detto questa mattina è che la riunione finale, che è al di sopra di tutti, almeno in gran parte, il sito. Quindi, in realtà, se abbiamo avuto una stanza al di fuori della cittadella, il calo sarebbe possibile, ma è certo che il finale sarebbe quella finale pensiero. Questo è il motivo per cui dobbiamo pensare sia un posto, con una soluzione di ripiego, che è una sorta di ripiego, o abbiamo bisogno di ripensare le cose da sacrificare alcune cose, dicendo: "è finale con questo artista, sappiamo che questo non è fattibile lassù, sappiamo che il rischio di problemi di tempo, in quel momento, lo facciamo in un posto adatto. Ma questo non è più finale come pensavamo.

L'invitu : Pour nous, ce ne seraient plus les Rencontres, parce que ça a du sens de tous vous revoir à la fin, et à cet endroit là, tout est cohérent.

Il y a un problème de croissance, du fait que beaucoup de concerts étaient saturés, le concert de Médée, des concerts de 18h…

L'invitu : Les concerts de 18 heures saturés, c’est nouveau ?

Pas sur les groupes corses. Evidemment c’est bien que les groupes corses aient de l’audience, qu’ils attirent du monde, mais ça traduit une chose, c’est que le public d’ici ne suit pas beaucoup. Le public venant de l’extérieur est intéressé par la polyphonie corse, ce qui est légitime…

Mais pas que ça, c’est un apprentissage avec vous, une découverte…

Le fait est que les concerts de chant corse ont toujours fait le plein, les 18 h aussi, et ce n’est pas le cas de tous les spectacles. Ceci dit, sur le plan de la fréquentation il n’y a pas grand chose à dire, ça fonctionne, il y a une fidélisation, des gens qui reviennent, c’est très bien.
Là, je vous donne vraiment des éléments de l’intérieur…

Qu'en pensent les artistes invités, quel retour avez-vous de leur part ?

C’est variable : il y a des artistes qui arrivent et qui repartent vraiment enrichis par les Rencontres, et puis il y en a qui arrivent et qui passent un peu à travers. Cela arrive. Il y a des gens qui ne comprennent pas forcément. Il y en a eu dans le passé, je pense que cette année aussi, tout le monde n’a pas vécu les Rencontres de la même façon. Il y a des gens qui se disent « bon, là je suis vraiment dans un moment de communion », il y a quelque chose qui se passe, et il y a des gens qui arrivent, qui participent et qui repartent, c’est tous les ans comme ça.

Qui choisit les artistes ?

Cette année, en grande partie c’est Valérie qui a fait la programmation. Pendant longtemps on a toujours travaillé en écoutant les uns les autres. C’est Jean-Témir* qui arrive en disant « j’ai eu un contact, il faut écouter tel ou tel artiste », on se fait envoyer des disques, etc. Le problème, c’est qu’à un moment donné il y a un problème de croissance des activités, pas seulement des Rencontres, d’U Svegliu en général. Nous A Filetta, sur les Rencontres nous jouons un peu le rôle d’accueil, mais on n’a pas de rôle logistique…
Il invitu: Per noi, questo sarebbe più riunioni, perché ha un significato nuovo a tutti voi, alla fine, e in questo luogo esiste, tutto è coerente.

Vi è un problema crescente, come molti concerti sono saturi, le prestazioni di Medea, concerti 18h ...

Il invitu: Concerti per 18 ore saturi, è di nuovo?

Non per gruppi di corso. Ovviamente è che i gruppi sono corsi di udienza, che attirano il mondo, ma che riflette una cosa da parte del pubblico non molto. Il pubblico da fuori è interessata nel corso della polifonia, che è legittimo ...

Ma non è che l'apprendimento con voi, una scoperta ...

Il fatto è che il corso di canto concerti sono sempre state piene, anche le 18 ore, e questo non è il caso per tutti gli spettacoli. Tuttavia, in termini di partecipazione, non c'è molto da dire, funziona, non vi è una lealtà, persone che ritornano, che è bene.
Ecco, io vi do reale oggetti all'interno ...

Che cosa gli ospiti artisti, come ha fatto a tornare da loro?

Esso varia: ci sono artisti che vengono e lasciare davvero arricchiti da Popolo, e poi ci sono quelli che vengono a trascorrere un po 'attraverso. Che succede. Ci sono persone che non lo fanno. Ci sono stati in passato, credo che questo anno, non tutti hanno vissuto personali nello stesso modo. Ci sono persone che dicono "Bene, sto davvero in un momento di comunione," vi è qualcosa che accade, e ci sono persone che, partecipando e ritorno è tutto l'anno quello.

Chi sceglie gli artisti?

Questo anno, gran parte del quale è fatto Valérie programmazione. Per anni si è sempre in ascolto gli uni agli altri. Jean-Temir * venuta a dire "ho avuto un contatto, è necessario ascoltare un determinato artista, è inviare dischi, ecc. Il problema è che a un certo punto vi è un problema di crescita non solo delle Riunioni, U Svegliu in generale. Filetta siamo sulla riunione che abbiamo appena svolgere il ruolo di host, ma non ha alcun ruolo della logistica ...

* Jean-Témir Kerefoff est le président d'U Svegliu Calvese

Paul : On va chercher les artistes aussi…
JC :  Oui, pendant longtemps on l’a fait, mais on n’y arrive plus, et là cette année je dirais que la plus grosse partie de la programmation c’est Valérie qui l’a faite, évidemment elle nous la soumet, mais le travail de recherche, de repérage, c’est elle qui l’a fait. Sinon, ça peut être quelque chose de collectif, on va se passer des enregistrements…

Et Accentonic, quel est son rôle ?

Accentonic n’est là que parce que A Filetta est là et parce qu’il y a des artistes qui sont chez Accentonic, sinon Accentonic n’a pas un rôle dans les Rencontres (*).

(*) Précision à la demande de Sabine : Accentonic n’est aucunement le tourneur de Julia Sarr, il s’agit de Mad Minute Music. Sabine Grenard est agent en free-lance (sous le régime d’intemittent du spectacle) et en collaboration avec plusieurs agences de tournées qui ont un rôle uniquement administratif (contrats, fiches de paies). Ainsi A Filetta et Warsaw Village Band avec Accentonic.

(Jean-Claude n’a toujours pas mangé une bouchée de ses pâtes. Nous décidons de solliciter un autre membre du groupe).

Le groupe

Ceccè, comment s’est faite ton intégration dans le groupe, et comment vis-tu la double appartenance avec U Fiatu Muntese, n’est-ce pas trop difficile ?

Ceccè : Non, il a fallu que j’assure les concerts d’U Fiatu de cet été, c’était logique, mais cela ne m’a pas posé de difficultés.

Et l’intégration dans ce « vieux groupe de jeunes » ?

C : Avec que des vieux, on ne sait pas comment faire ! (rires)

Ce qui nous épate, c‘est que l’arrivée de quelqu’un soit naturelle...

Max : On le connaît depuis longtemps, déjà.

Oui, vous l’avez jaugé, jugé… En tant que spectateurs, on a toujours la crainte que quelque chose coince, mais c’est incroyable, on sent qu’il y a une harmonie, une osmose qui se fait.

Paolo: E sarà per gli artisti ...
JC: Sì, per lungo tempo abbiamo fatto, ma non vi era più, e allora questo anno vorrei dire che la maggior parte della programmazione si è Valerie che hanno fatto il corso ci sono, ma la ricerca di lavoro, il recupero, che si è. In caso contrario, potrebbe essere qualcosa di collettivo, ci permetterà di trascorrere un record ...

E Accentonic, qual è il suo ruolo?

Accentonic è solo perché vi è una netta e perché ci sono artisti che sono al Accentonic altrimenti Accentonic non ha alcun ruolo nelle riunioni (*).

(*) Precisione, su richiesta di Sabine: Accentonic non è il tornitore Julia Sarr, questo è Mad Minute Musica. Sabine Grenard agente è free-lance (o sotto intemittent mostra) e in collaborazione con diverse agenzie di viaggio che hanno solo un ruolo amministrativo (contratti, salari record). Quindi A e Filetta Varsavia Village Band Accentonic.

(Jean-Claude non ha mangiato un boccone di pasta. Abbiamo deciso di chiedere a un altro membro del gruppo).

Il gruppo

Cecca, come è stata la sua integrazione nel gruppo, e come si fa a doppia adesione con U Fiatu Muntese, non è troppo difficile?

Cecca: No, è stato necessario per assicurare che la U Fiatu concerti di questa estate, è stato logico, ma non ha posto alcuna difficoltà.

E l'integrazione in questo "vecchio gruppo giovanile?

C: Con l'età, non sa come! (ride)

Che cosa ci ha stupito è che quando qualcuno è naturale ...

Max: Sappiamo di lui molto tempo fa.

Sì, hai misurato, considerato ... Come uno spettatore, è sempre stato il timore che qualcosa è inceppata, ma è incredibile, riteniamo che non vi è un armonia, l'armonia che è.

 
J. C. : Je pense, sans vouloir lui envoyer des fleurs, que c’est lié à son tempérament. C’est quelqu’un qui est très vite à l’aise avec le monde, pas seulement avec nous, même par rapport à sa génération, je le vois quand je suis à Ile-Rousse avec lui, moi qui ai 20 ans de plus que lui, il est beaucoup plus à l’aise que moi. Il a une facilité à être avec les autres, il s’est très vite adapté avec nous. Ce n’est pas facile d’entrer dans un groupe, surtout un groupe soudé depuis des décennies comme il l’est. Sur le plan artistique, il n’a pas eu de difficulté particulières, sur le plan de l’intégration il a été très vite à l’aise…
A part les chaussures marron !

Les chaussures marron à Nanterre ! (rires)

Parlons un peu de la genèse du groupe. Quelles sont les racines musicales de chacun ? Est-ce que dans vos familles il y avait une tradition du chant, une tradition musicale ? Ou est-ce que vous êtes venus au chant plus tard, par l’école ou en intégrant le groupe ?

C’est très différent selon les individus. Il y en a qui sont issus de familles ayant des traditions de chant : Jean-Luc a son père qui est berger dans le Marzulinu et qui chante très bien, il a une voix naturelle comme lui, tout petit il est là dedans.
J. C. : Penso che, senza voler inviare fiori, che è legato al suo temperamento. È qualcuno che è molto rapidamente a suo agio con il mondo, non solo con noi, anche nella sua generazione, lo vedo quando sono in Ile Rousse con lui, dal momento che ho 20 anni che egli è molto più confortevole rispetto a me. E 'facile essere con gli altri, egli si è adattato molto rapidamente con noi. Non è facile entrare in un gruppo, in particolare ad un gruppo caratterizzato da decenni, come è. Il lato artistico, non vi era alcuna particolare difficoltà, in termini di integrazione è stato rapidamente a suo agio ...
Oltre alle scarpe marrone!

Brown scarpe a Nanterre! (ride)

Let's talk un po 'circa la genesi del gruppo. Quali sono le radici musicali di ciascuno? La vostra famiglia vi era una tradizione di canto, una tradizione musicale? O è che si è venuto a cantare più tardi, dalla scuola o integrando il gruppo?

Questo è molto diverso a seconda del singolo individuo. Ci sono coloro che provengono da famiglie con le tradizioni della canzone: Jean-Luc ha il suo padre, che è il pastore in Marzulinu e canta molto bene, ha una voce naturale, come lui, è molto piccola lì.

Les autres, non. Il y a des influences différentes, certains sont venus au chant au moment du lycée ou du collège par la polyphonie proprement dite, d’autres faisaient de la musique. Cela a été très différent. Paul a commencé à chanter avec nous quand on était ensemble au lycée. Il dit toujours que les premiers temps il n’aimait pas du tout ce chant…

Paul : Quand j’écoutais un disque de polyphonie, je zappais. Ca s’est fait tout à fait pas hasard : je les écoutais dans mon fauteuil et à un moment donné Jean-Claude m’a dit : « ça ne te dirait pas d’essayer de chanter ? »

Et tu as essayé...

Jean-Luc : S’il avait pu tenir sa langue ! (rires)
Paul : Il m’a proposé et je me suis accroché.

Tu ne chantais pas du tout avant ?

Paul : Non, je chantais comme ça, j’aimais bien la musique, mais c’est tout.
JC : On était au lycée ensemble. C’était une époque où tout le monde apprenait à chanter. Il y a plein de gens qui ont appris à chanter, ils ne sont pas tous devenus chanteurs. Mais on était à la récréation, on chantait, chacun essayait d’apprendre. On était en train de travailler, et lui il était là ; je lui ai dit « tu ne veux pas faire quelque chose ?  Essaie !» A l’époque il était passionné de Polnareff, mais la polyphonie c’était pas son truc. Et après, une fois qu’il a commencé, c’était lui qui était acharné. A la fin de chaque cours il venait nous chercher pour qu’on fasse des répétitions.
Gli altri non lo fanno. Ci sono diverse influenze, alcuni venuti a cantare a scuola o attraverso la polifonia stessa, altri sono stati fare musica. Questo è stato molto diverso. Paolo ha iniziato a cantare con noi quando eravamo insieme in collegio. Lui dice sempre che la prima volta egli non piace questa canzone a tutti i ...

Paolo: Quando ho ascoltato un disco di polifonia, ho Zappas. Non è stato abbastanza casuale: ero nel mio posto di ascolto e di Jean-Claude ha detto, "sembra che non provi a cantare? "

E hai provato ...

Jean-Luc: Se fosse stato in grado di tenere la lingua! (ride)
Paolo: Egli mi ha offerto e sono collegati.

Se non a tutti prima di cantare?

Paolo: No, ho cantato come quella, mi piaceva la musica, ma questo è tutto.
JC: Siamo stati a scuola insieme. E 'stato un momento in cui tutti hanno imparato a cantare. Ci sono molte persone che hanno imparato a cantare, non tutti diventare cantanti. Ma è stato al gioco, che ha cantato, ciascuno cercando di imparare. E 'stata di lavoro, e lui era lì, gli ho detto "non si vuole fare qualcosa? Prova! "Al momento è stato appassionato Polnareff, polifonia, ma non era la sua cosa. E poi una volta avviato, è stato colui che è stato duro. Alla fine di ogni corso è venuto a noi in cerca di fare le prove.

Cela rejoint une autre question : Quels sont vos goûts musicaux autres que la polyphonie ?

Paul : Mike Brant, Johnny Hallyday. Sur le rappel de Médée à Paris, je le fais ! (rires)
JC : C’est très divers. Les influences sont multiples. il y a ceux qui aiment la musique vocale, le classique, la musique électronique, les musiques dites urbaines, c’est très divers. On n’a probablement pas les mêmes disques.
Paul : Il m’est arrivé de parler mal avec des spectateurs qui m’ont dit : « Nous on n’écoute que de la polyphonie ». Je les ai regardés et j’ai dit « Eh bien, je vous plains ! »

C’est aussi ça les Rencontres, des univers musicaux très variés qui s’interpellent.

Ce qui est intéressant, c’est que, en ayant des origines musicales différentes, des passions musicales différentes, on se retrouve là où on se retrouve. Je vois qu’au delà de ce qu’on fait et de la façon dont on le fait, en adhérant à quelque chose, il est rare qu’à la sortie d’un concert, sans même avoir pu discuter, on ait des avis très différents sur ce qu’on a entendu. En ayant pourtant a priori des goûts qui peuvent être très différents, il y a des choses qui nous interpellent, on est souvent assez d’accord.

Une même famille de goûts, une même sensibilité ?

Voilà, une même sensibilité, c’est important, parce que sinon, artistiquement, il y a des choses qui ne passent pas, qui ne fonctionnent pas. Dans le groupe, il y a eu bien d’autres chanteurs qui sont passés, ils ne sont pas tous restés pour ces raisons là. Il y avait des gens qui chantaient superbement bien, Maxime Merlandi qui chante avec Rassegna et Barbara Furtuna, chante très bien, mais il n’a pas pu rester dans le groupe. Ce n’est pas du tout le groupe qui l’a écarté, je pense qu’il avait du mal à trouver sa place, alors même que c’était un super interprète.
Cela a été la même chose avec Stéphane Casalta ou avec Felì. On ne peut pas dire que c’est parce que c’étaient des personnalités musicales fortes : dans le groupe il y a de fortes personnalités musicales. Le problème n’est pas là, le problème c’est d’arriver à fonctionner en osmose avec les autres. Il y a des gens qui n’y arrivent pas, ça se voit même dans les comportements en dehors de la scène. Nous, et c’est en même temps fantastique et lourd, parce qu’on a un comportement, un instinct grégaire, c’est en même temps quelquefois difficile à gérer, car il y a un risque d’étouffement, mais je pense que c’est ce qui fait qu’on dure, et surtout qu’on a un projet artistique qui me semble cohérent…

Que vous avancez...

Qu’on avance sur un chemin…

Questo si collega a un'altra domanda: Quali sono i tuoi gusti musicali diversi dalla polifonia?

Paolo: Mike Brant, Johnny Hallyday. Il punto di Medea a Parigi, I do! (ride)
JC: E 'molto diverse. Le influenze sono molteplici. ci sono quelli che amano la musica vocale, classica, musica elettronica, la cosiddetta musica urbana è molto diversificata. Ci è stato probabilmente non è la stessa dei dischi.
Paolo: Ho difficoltà a parlare con gli spettatori che ha detto: "Siamo l'ascolto di polifonia. Ho guardato e ho detto "Beh, mi dispiace per voi! "

E 'anche l'incontro di universi musicali molto diverse che s'interpellent.

Ma la cosa interessante è che, avendo diversi background musicali, le diverse passioni musicali, siamo dove ci troviamo. Vedo che al di là di ciò che facciamo e come lo facciamo, da qualcosa che unisce, è raro che il rilascio di un concerto, senza nemmeno essere in grado di discutere, ci sono pareri molto diverse prospettive su ciò che abbiamo ascoltato. Eppure, dopo aver, a priori, che possono variare i gusti, ci sono cose che ci sfida, spesso è molto d'accordo.

La stessa famiglia di sapori, la stessa sensibilità?

Cioè, la stessa sensibilità è importante, perché se così non fosse, artisticamente, ci sono cose che non sono, che cosa non è così. Nel gruppo, ci sono stati molti altri cantanti che hanno fatto, non sono conservati per tutti questi motivi vi. Ci sono persone che hanno cantato superbamente, Maxime Merland Rassegna con il canto e Barbara Furtuna, canta molto bene, ma non riusciva a rimanere nel gruppo. Questo non è il gruppo che ha respinto, penso di aver problemi a trovare il suo posto, anche se è stato un super esecutore.
Questo è stato lo stesso con Stéphane Casalta o feli. Non possiamo dire che è stato perché sono stati una forte personalità musicale: Nel gruppo vi è una forte personalità musicale. Questo non è il problema, il problema di cercare di operare in armonia con gli altri. Ci sono persone che non si mostra anche nel comportamento al di fuori della scena. Noi, ed è anche grande e pesante, perché abbiamo un problema, una mandria istinto, a volte è anche difficile da gestire perché non vi è un rischio di soffocamento, ma penso che 'è che ciò che rende difficile, e soprattutto abbiamo un progetto artistico che, a mio avviso è coerente ...

Sia che tu vai ...

Come fare progressi su un percorso ...

On sent vraiment ce que tu dis sur le DVD de Don Kent. D’ailleurs, beaucoup de gens ont découvert A Filetta grâce à ce DVD.
Françoise : J’avais mis la télé tout en lisant un bouquin, et quand le film a commencé, le bouquin m’est tombé des mains, physiquement, c’est un truc de fou.
Pierre : On peut citer l’exemple d’Ursula, qui n’écoutait quasiment pas de musique. Elle tombe sur ce film sur Arte et depuis elle vient aux Rencontres...
Françoise : Il n’y a pas seulement le chant, il y aussi tout ce que vous véhiculez...

Il y a aussi le fait que – c’est pour ça que ce DVD a été important même pour nous - jusque là, on n’a pas forcément l’occasion de parler comme on le fait avec vous ou comme on l’a fait avec Don Kent quand il a fait cette captation. Quand on fait une émission, on ne peut évoquer un truc que très rapidement, et je le disais l’autre jour avec Vincent Zanetti, ça fait du bien de faire des interviews comme ça, parce qu'on a parlé pendant presque une heure de notre travail, et j’avais vraiment l’impression moi-même de découvrir des choses sur nous, alors que les trois-quarts du temps, on est face à des gens qui, sans être inintéressants, souvent n’ont pas le temps ou pas le recul nécessaire. Je crois que ce qui a été bien pour ce DVD, c’est que Don Kent y a mis le temps, sur presque deux ans, et les moyens : il est revenu nous filmer 7 ou 8 fois dans des endroits très différents et en espaçant ses venues : entre chaque rendez-vous il revoyait ce qu’il avait filmé, et puis il a donné la parole à tout le monde, ça aussi, c’est une qualité…
E 'veramente ciò che si sente dire sul DVD da Don Kent. Infatti, molte persone hanno scoperto A Filetta attraverso questo DVD.
Françoise: ho messo il televisore durante la lettura di un libro, e quando il film è iniziato, ho abbandonato il libro mani, fisicamente, è una cosa folle.
Pietro: Un esempio di Ursula, che hanno ascoltato quasi niente musica. Essa rientra in questo film su Arte e poiché si tratta di riunione ...
Françoise: Non è solo il canto, c'è anche tutto il veicolo ...

Vi è anche il fatto che - questo è il motivo per cui questo DVD è stata molto importante per noi - fino ad allora, non era necessariamente la possibilità di parlare, come viene fatto con voi o come abbiamo fatto con Don Kent quando ha fatto la cattura. Quando si effettua una presentazione, non siamo in grado di citare una cosa molto velocemente, e io ho detto l'altro giorno, con Vincent Zanetti, ci si sente bene fare interviste come quella, perché abbiamo parlato per quasi un'ora il nostro lavoro, e mi sento a scoprire cose su di noi, in modo che i tre quarti del tempo, abbiamo a che fare con persone che, pur non priva di interesse, che spesso non hanno il tempo o non il senno di poi. Credo che ciò che è buono per questo DVD è che Don Kent è messo il tempo in quasi due anni, e come ne è venuto abbiamo sparare 7 o 8 volte in luoghi molto diversi e la loro spaziatura sedi: tra ogni appuntamento ha visto quello che ha filmato, e poi dà la parola a tutti, che è anche una qualità ...

On sent beaucoup de choses de vos relations, c’est ça qui est bouleversant dans ce film, ce qui passe entre vous. On parlait de tribu, c’est exactement ça, ça va bien au-delà du chant. Et ce que vous rendez sur scène, on le sent aussi dans vos paroles sur le DVD.
Depuis une quinzaine d’années, les créations prennent de plus en plus d’importance. Est-ce que tu es le seul à composer dans le groupe ?

A écrire, à composer pour le groupe, oui, mais je suis sûr qu’il y a parmi eux des gens qui peuvent le faire. Les choses se sont structurées comme ça parce que j’ai commencé à écrire des chansons tout jeune, et après j’ai continué. Mais je sais que José, par exemple, a écrit des chansons quand on a fait l’album pour les enfants. Il est capable d’écrire des chansons. Je pense que d’autres aussi parmi le groupe peuvent le faire. Ils ne le font pas, de la même façon qu’ils parlent peu, parce que moi je parle et que c’est plus simple. Je ne vais pas non plus avoir un discours qui consiste à dire que tout le monde peut tout faire, peut-être qu’il y a des gens qui n’ont aucune inspiration, je n’en sais rien. Mais je suis persuadé que, parmi eux, il y a des gens capables d’écrire.

La création, l'écriture

Comment se passe l’écriture ? quel est le point de départ ? Ce qui nous frappe, c’est qu’il y a une certaine complexité dans l’écriture, il y a à la fois des mélodies qui sont superbes, mais il y a surtout des harmonies très fortes. Composer directement sur l’harmonie, ça ne semble pas évident, enfin tu vas nous le dire, dans quel ordre cela se passe t-il ? On a la sensation qu’il y a des moments, dans les morceaux, où les harmonies sont tellement fortes qu’on ne sait pas trop comment on peut composer ça, est-ce un ajout progressif ou as tu ces harmonies en tête dès le début ?

En fait, ce qu’il faut bien comprendre, c’est que ce n’est pas monolithique, il n’y a pas une façon unique de procéder. Je disais à Vincent Zanetti que Médée pour nous était un moment important, c’est une espèce de pierre angulaire, de charnière, de passage en quelque sorte. Avant Médée je dirais, tout était de composition orale ; avec Médée, on est dans quelque chose qui est plus complet, qui commence à être quelque chose de plus écrit, mais qui en même temps n’est pas écrit, n’est pas fixé : il n’y a pas une rythmique particulière, il n’y a pas une partition de Médée. Ensuite après Médée, il y a d’autres choses, notamment des choses très écrites. Mais après Médée, il y a aussi des choses qui continuent à être entre les deux, des choses qui continuent à être orales.
Les choses ne sont pas chronologiques, ce n’est pas quelqu’un qui ne savait pas la musique qui a appris la musique et qui après avoir appris a fait autrement.
Alors, comment ça fonctionne ? Soit c’est très vite écrit – quand je dis écrit, je veux dire « pensé », et ce sont des choses qui de cette façon là bougeront peu. Soit il y a des choses qui vivent, qui se modifient. Cela a été le cas de Médée par exemple, dans laquelle il y a eu des apports harmoniques constants. D’abord, en cours de route des choses nous semblaient incomplètes, inachevées, des moments avaient des résolutions qui nous semblaient trop évidentes par rapport à ce qu’on était en train de chanter, petit à petit des choses sont devenues plus abouties sans doute, plus complexes, il y a eu des apports successifs.
Après, il y a des choses très pratiques aussi. Par exemple Ceccè est rentré dans le groupe l’an dernier, on a dit qu’il allait travailler sur le répertoire ; tout ce qui est figé, écrit, pas de problème, on lui donne une partition, il va l’apprendre. Le répertoire traditionnel, les créations pas trop compliquées à mémoriser, ça va, mais Médée, comment on fait ? c’est compliqué, il faut qu’il mémorise quelque chose qui n’est pas écrit, on peut difficilement lui donner un cadre dans lequel il va très vite s’insérer. Donc pour Médée, sur pratiquement tout le chant, j’ai écrit une septième voix.
Abbiamo inviato un sacco di vostri rapporti, che è quello che è sconvolgente in questo film, che passa tra voi. Si è parlato di tribù, è esattamente questo, va ben al di là di canto. E che cosa si va in scena, si sente anche nelle tue parole sul DVD.
Per quindici anni, le creazioni stanno diventando sempre più importante. E 'che tu sei il solo compositore nel gruppo?

Per scrivere, a comporre per il gruppo, ma sono certo che ci sono persone tra di loro che possono farlo. Cose che sono state strutturate come, perché ho iniziato a scrivere canzoni molto presto, e dopo ho continuato. Ma so che Jose, per esempio, ha scritto canzoni quando abbiamo fatto l'album per i bambini. E 'in grado di scrivere canzoni. Credo che gli altri nel gruppo può fare. Essi non, nello stesso modo in cui parla poco, perché mi parla ed è più semplice. Non ho un discorso che vale a dire che tutti possono fare tutto, forse ci sono persone che non hanno alcuna ispirazione, non so. Ma io sono convinto che tra loro ci sono persone in grado di scrivere.

Creazione, la scrittura

Come funziona la scrittura? qual è il punto? Che cosa ci colpisce è che ci sia una certa complessità nella scrittura, non vi sia melodie sono belle, ma la messa a fuoco è molto forte armonie. Direttamente sul quadrante armonia, non sembra evidente, si potrà finalmente dire ciò che per noi in questo sta succedendo? Ti senti ci sono momenti in cui le armonie canzoni sono talmente forti che non sanno come chiamarlo, è presente inoltre uno o progressivo come le armonie in testa fin dall'inizio ?

In effetti, è importante capire è che non è monolitico, non è unico modo di procedere. Ho detto che Vincent Medea Zanetti per noi è stato un momento importante è una sorta di pietra, a cerniera, si è trasferito in qualche modo. Medea prima vorrei dire che è stato tutto orale composizione, con Medea, è qualcosa che è più completo, a partire da scrivere qualcosa di più, ma allo stesso tempo non è scritta, non è fisso Non vi è alcun particolare ritmo, non vi è alcuna partizione di Medea. Poi dopo Medea, ci sono altre cose, comprese le cose per iscritto. Ma dopo Medea, ci sono anche cose che continuano ad essere tra le due cose che continuano ad essere orale.
Le cose non sono cronologico, non qualcuno che non conosce la musica era la musica e dopo aver appreso altrimenti.
Così come funziona? Essere scritto molto rapidamente - quando dico iscritto, voglio dire, "pensiero", e sono cose che in questo modo piccola candela. O ci sono esseri viventi che stanno cambiando. Questo è stato il caso di Medea, per esempio, dove ci sono stati costanti ingresso armoniche. In primo luogo, dal modo in cui le cose sembravano incompleto, incompiuto, e il tempo che aveva risoluzioni troppo evidente rispetto a quello che stava andando a cantare, a poco a poco le cose sono diventate più di successo, senza dubbio, più complesse, ci sono stati successivi.
Dopo di che, ci sono cose molto concrete, anche. Ad esempio Cecca restituito al gruppo lo scorso anno, si è impegnata a lavorare sulla directory, tutto ciò che è bloccato, dice, non c'è problema, si dà un punteggio, si impara. Il repertorio tradizionale, creazioni non troppo complicato da ricordare, è in corso, ma Medea, come facciamo? è complicato, si deve ricordare qualcosa che non è scritto, è difficile dare un quadro entro il quale ha rapidamente in forma. Quindi, per Medea, praticamente su ogni canzone, ho scritto un settimo voto.

C’est bien ce qu’il nous semblait, mais nous avons posé la question à José, qui nous a répondu en blaguant. Cela nous a frappés sur U Casticu, il ne faisait pas le bourdon, et avant il le faisait. Il nous a dit 'je n’avais pas envie de le faire !'

Mais ça, c’est pour d’autres raisons. Avec José, il y a un petit problème tout bête : José a un vibrato naturel et quand vous faites un bourdon et qu’au milieu de 6 voix vous mettez un vibrato, ça fout un bronx pas possible. On a l’impression de ne plus savoir où se trouve la note. Avec José, on a essayé à plusieurs reprises, il y arrive difficilement. Il a une voix qui oscille comme ça (JC nous montre en chantant) Quand il fait un bourdon avec d’autres voix plus droites, sans vibrato, ça rend les choses compliquées, du coup on ne sait plus trop où on en est. C’est la raison pour laquelle il a dit : « si ça pose problème, il vaut mieux que je ne le fasse pas et que je ne rentre qu’après » Ça explique que José ne soit plus sur le bourdon. Mais il reviendra (rires)

Quand vous faites les premiers essais sur ce qui est écrit, est-ce que chacun apporte son idée sur la façon de la faire ?

C’est difficile. Par le passé, il a pu y avoir des choses qui ont été amenées, qui ont pu enrichir. Souvent elles émanaient de Jean Antonelli, parce qu’il était guitariste, qu’il avait une approche de l’harmonie, mais sinon c’est difficile pour un chanteur qui n’a pas – je ne dirai pas une connaissance de l’harmonie, parce que moi je n’ai pas la connaissance de l’harmonie – mais une approche de l’harmonie, c’est difficile…

Il ne peut pas y avoir quelque chose de spontané ?

C’est plus compliqué que ça ; ça peut se faire, mais ça se fait peu. Quand il y a un truc qui commence à être fixé, pensé comme il est au départ, c’est difficile d’y ajouter des choses sans lui faire prendre une autre direction.
On va faire une création à l’Aghja avec des musiciens de jazz, on va leur donner des choses, ils vont probablement faire des propositions qui vont faire changer les harmonies, et ça peut être difficile qu’on soit dans un travail où chacun puisse dire « moi je propose qu’on fasse ça »
Maintenant, attention, je parle d’écriture. Quand tu prends tous les mélismes que fait Jean Luc par exemple, c’est lui qui les fait, ce n’est pas écrit. Bien sûr chacun amène ses trucs, par exemple sur les voix de basse, ils vont à un moment donné dire « nous naturellement, on timbre comme ça, on dit oui, c’est bien, on fait comme ça, tu as raison, on développe ci, on développe ça ». Mais les notes qui y sont, elles sont ce qu’elles sont.

Questo è ciò che volevamo, ma abbiamo chiesto di José, che ha risposto con scherzi. Questo ci ha colpito U Casticu, non è stata la campana, e prima di lui. Egli ci ha detto 'io non volevo farlo! "

Ma questo è per altri motivi. Con José, è un po 'sciocco problema: José ha un vibrato naturale, e quando si effettua una bombo e la metà del 6 voti si inserisce un vibrato, ça főút un Bronx non è possibile. Sembra non sapere dove si trova la nota. Con José, si è tentato più volte, è difficilmente accade. Ha una voce che oscilla come quella (JC ci mostra cantare) Quando si tratta di un bumblebee con le altre linee di voice over, senza vibrato, rende le cose complicate, e quindi non sappiamo dove siamo troppo. Questo è il motivo per cui egli ha detto: "se si tratta di un problema, è meglio che non ho e che io non rientro fino a quando" Si dice che José non è più il fuco. Ma in questo modo (ride)

Quando si esegue il primo test su ciò che è scritto, è che ognuno porta la sua idea su come fare?

E 'difficile. In passato, vi possono essere state le cose che sono state portate, che sono state arricchite. Spesso venivano da Jean Antonelli, perché egli è stato un chitarrista, ha avuto un approccio per l'armonia, ma è difficile per un cantante che non ha - non dirò una conoscenza di armonia perché non ho le conoscenze di armonia - ma un approccio di armonia, è difficile ...

Non ci può essere qualcosa di spontaneo?

E 'più complicata di quella che si può fare, ma è poco. Quando c'è qualcosa che sta cominciando a essere fissato, come è stato pensato sin dall'inizio, è difficile aggiungere cose senza di lui di prendere una direzione diversa.
Noi faremo una creazione di Aghja con musicisti jazz, si dà loro cose, che sono suscettibili di presentare proposte che faranno le armonie, e può essere difficile se ci si trova in un posto di lavoro in cui tutti possono dire "io propongo lo facciamo"
Ora guarda, io parlo di scrittura. Quando si prendono tutti i melismas fatto che Jean Luc ad esempio, egli fa, non iscritto. Naturalmente tutti i loro trucchi porta, ad esempio sulla voce basso, che ad un certo punto dice: "abbiamo naturalmente timbro così, diciamo sì, va bene, si è così, hai ragione, è sviluppa, abbiamo lo sviluppo di questo ". Ma ci sono le note, che sono quello che sono.

C’était vrai au début quand vous étiez un peu en apprentissage de vos voix, mais maintenant tu les connais toutes…

Absolument, il y a ça, et aussi le fait qu’on est passés à une musique plus complexe, plus élaborée. Et j’ai évolué sur certains trucs, et tout le monde n’a pas forcément le même rythme d’évolution, ça ne leur enlève rien, ce n’est pas prétentieux ce que je dis. C’est difficile si tu arrives avec un truc de dire « moi je vois les choses différemment" ; ou bien tu as conscience de ce qui était proposé et effectivement, tu peux trouver des choses qui vont, mais le problème, c’est qu’ils n’ont pas forcément le travail sur l’harmonie qui permet de le faire.
Moi, j’ai fait beaucoup de chemin parce que j’ai beaucoup travaillé sur les compositions de Bruno. Il est probable que si eux avaient fait ce travail, s’ils avaient été comme moi avec Bruno, ils pourraient le faire. J’ai été un peu l’interface, et effectivement j’ai appris plein de choses dans le travail avec Bruno. Et le fait que c’est moi qui ai été l’interface fait qu’il y a certaines choses qui me viennent sans doute plus naturellement.

Tu dis que tu ne connais pas l’harmonie, mais quand on écoute un chant comme Rex, où dans la deuxième moitié notamment il n’y a pas de mélodie, c’est uniquement fondé sur des harmonies ?

Oui, quand je dis que je ne connais pas l’harmonie, ça veut dire l’harmonie telle que tu l’apprends au Conservatoire, qui a des règles d’écriture…

Tu ne les écris pas, tu les sens ?

Je les sens, je les écris, en faisant probablement des fautes d’orthographe harmonique !

Mais tu les sens d’abord ? Est-ce que ce n’est pas mieux justement ? Est-ce que ça ne laisse pas plus de liberté ?

Je n’en sais rien. Moi, ce qui me gêne dans cette approche des choses, et j’ai souvent eu la discussion avec Bruno ou avec Jean-Michel Gianelli, qui sont des gens qui maîtrisent l’écriture , quand je leur dis que je veux me former, ils me disent « non, surtout pas, ne te forme pas ». Ils ont peut-être raison, peut-être que je fais des choses qui actuellement sont interdites par l’harmonie classique et que je ne ferais plus si j’avais une formation académique, ça c’est évident, mais en même temps c’est terriblement frustrant pour moi, à un moment donné, de faire des choses et ne pas être sûr de pouvoir les assumer.

Tu penses que ça limite ce que tu pourrais faire, de ne pas connaître la technique ?

Je ne sais pas si ça limite.

Questo era vero all'inizio, quando siete stati un po 'di insegnamento della tua voce, ma ora sapete tutti ...

Certamente, vi è quello, e anche il fatto che siamo andati ad una musica più complessa, più sviluppati. E ho cambiato alcune cose, e tutti non è necessariamente lo stesso ritmo, che fa togliere tutto ciò che non è pretenzioso quello che dico. E 'difficile, se si arriva con qualcosa da dire "io vedo le cose in maniera diversa", o è a conoscenza di ciò che è stato proposto ed efficace, è possibile trovare le cose che vanno, ma il problema è che non necessariamente lavori in armonia che può fare.
Ho percorso una lunga strada perché ho lavorato in molte composizioni di Bruno. È probabile che se avessero fatto questo lavoro, se fosse stato, come me, con Bruno, che potrebbe fare. Sono stato un po 'di interfaccia, e ho imparato un sacco di lavoro con Bruno. E il fatto che sono stato io che l'interfaccia è stata che ci sono alcune cose che probabilmente più naturale.

Lei dice che non si conosce l'armonia, ma quando si sente una canzone come Rex, dove nel secondo semestre, in particolare, non vi è alcuna melodia, che è basato solo su armonie?

Sì, quando dico che non conosco, l'armonia, significa che l'armonia, come si impara che al Conservatorio, che ha delle regole di scrittura ...

Se non scrivo, è senso?

Sento, scrivo, rendendo probabilmente armonica ortografia!

Ma voi prima senso? È solo questo non è meglio? Questo non lasciare più libertà?

Non lo so. Io, che mi disturba in questo approccio alle cose, e spesso ho avuto la discussione con Bruno o con Jean-Michel Gianelli, che sono persone che hanno padronanza della scrittura, quando dico loro che voglio treno, mi dicono "no, non certo, non si forma." Essi possono essere a destra, forse sto facendo le cose che sono attualmente vietata dalla classica armonia e che vorrei, se mi è stato un accademico, che è evidente, ma al tempo stesso è terribilmente frustrante per me, in un dato momento di fare le cose e non essere in grado di assumersi le loro.

Si pensa che i limiti che cosa potete fare, non conosco la tecnica?

Non so se tale limite.

Je disais « limiter » dans le sens « oser ». Quand tu es dans un cadre écrit, tu t’astreins à rester dans les canons et tu dois perdre un peu l’idée de tenter des choses. Peut être que tu tentes naturellement des choses que tu t’interdirais si tu connaissais les règles.

Peut être, mais c’est difficile. Quand on est ensemble, on se régale. Mais dans notre évolution, par exemple demain on va travailler avec des musiciens de jazz.
Nous, en tant que bloc, on n’a pas de problème de langage entre nous ; on n’a pas de formation harmonique, on est d’accord sur le son, sur ce que ça doit donner, on doit opérer de petits réglages, mais on n’a pas de problème de langage entre nous.
Si demain, on travaille avec un quatuor à cordes, on a un problème, parce que le type du quatuor va nous dire « attendez, là, je ne comprends pas ». Ce qui est écrit n’est pas… je ne vais pas dire qu’il n’est pas juste, ce n’est pas que c’est faux, que ça ne peut pas se faire, mais ce n’est pas dans la règle, et quelquefois c’est mal écrit, mal formulé. Du coup, pour moi c’est frustrant.
Par exemple depuis qu’on travaille avec Bruno, je suis passionné de musique classique, j’ai travaillé des morceaux pour orchestre. Chjarura de Si di mè, c’est une partition d’orchestre que j’avais écrite, mais je ne l’ai montrée qu’à Bruno. Et Bruno m’a dit « on prend ça, on coupe ça, ça fait une chanson superbe ».et on l’a gardée telle quelle. Mais on n’a pu le faire que parce que Bruno a vu ça, l’a pris et est allé l’enregistrer à Sofia. Moi, si demain je vais discuter avec des musiciens classiques,  j’aurais peur de ne pas être crédible.

Tu as peur de ne pas avoir de légitimité, alors que tu peux témoigner de tout ce que tu as fait ?

Cela ne suffit pas !

Tu as beaucoup appris à côtoyer des gens qui ont le dogme, mais eux aussi pourraient beaucoup apprendre avec toi.

Oui, mais c’est bon dans une relation comme avec Bruno. Je ne dis pas qu’il a appris des choses de nous, mais il dit qu’il voit les choses différemment quelquefois, on a modifié un tant soit peu sa façon de percevoir la musique. C’est bon dans le relationnel quand on établit une relation de confiance avec des musiciens, mais si demain je me présente devant un orchestre de 50 musiciens, je ne tiens pas le choc.

Je ne comprends pas que tu sois si radical dans cette affirmation, car tu peux témoigner de choses concrètes…

Ce n’est pas comme ça que ça fonctionne !Il y a plein de festivals qui pourraient nous programmer et qui ne nous programment pas parce que nous ne sommes pas des classiques, parce que nous n’avons pas la formation. Pourtant je suis persuadé qu’il y a des choses qui pourraient s’intégrer dans un festival de musique classique. Simplement un festival de musique classique ne programme que de la musique classique, des gens qui travaillent sur un type de répertoire..

Ho detto "limite" per "osare". Quando sei in una scrittura, si t'astreins di rimanere nel cannoni e si perde un po 'l'idea di cercare le cose. Forse si tende naturalmente le cose che si possono negare se conosceva le regole.

Forse, ma è difficile. Quando siamo insieme, mangiato. Ma nella nostra evoluzione, per esempio, domani si lavora con musicisti jazz.
Noi, come un blocco, non vi è alcun problema linguistico tra noi, non vi è stata la formazione armonica, siamo d'accordo sul suono, ciò che deve, dobbiamo fare piccoli aggiustamenti ma non vi è alcun problema linguistico tra di noi.
Se domani, stiamo lavorando con un quartetto d'archi, abbiamo un problema, perché il tipo di quartetto dirà "aspettare qui, non capisco". Che cosa è stato scritto non è ... non mi dire che non è giusto, non è che è falso che non si può fare, ma non al regola, e talvolta è mal scritto, mal formulato. Quindi per me è frustrante.
Ad esempio, dal momento che stiamo lavorando con Bruno, io sono appassionato di musica classica, ho lavorato su pezzi per orchestra. Si Chjarura di me, è una partizione orchestra avevo scritto, ma mi hanno dimostrato che Bruno. Bruno ha dichiarato: "ci è, tagliare, esso presenta una grande canzone." Ed è stato mantenuto invariato. Ma non abbiamo potuto farlo perché Bruno vide, lo prese e se ne andò per salvare Sofia. Me, se domani voglio parlare con musicisti classici, temo di non essere credibili.

Hai paura di non avere legittimità, puoi testimoniare a quello che fate?

Che non è sufficiente!

Lei ha imparato a gestire le persone che hanno il dogma, ma anche loro possono imparare molto con lei.

Sì, ma è in un buon rapporto con Bruno. Non sto dicendo che ha imparato le cose da noi, ma lui dice che vede le cose in maniera diversa a volte, ha cambiato un po 'il suo modo di percepire la musica. E 'buono il rapporto, quando si stabilisce un rapporto di fiducia con i musicisti, ma se domani io davanti a un'orchestra di 50 musicisti, non voglio che l'ammortizzatore.

Non capisco perché sei così radicale in questa dichiarazione, perché si possa dimostrare qualcosa di concreto ...

Questo non è il modo in cui funziona! Ci sono un sacco di festival che si possa pianificare e programmare ciò che facciamo non perché non sono tradizionali, perché non abbiamo alcuna formazione. Eppure sono sicuro che ci sono cose che potrebbero rientrare in un festival di musica classica. Basta un festival di musica classica programma di musica classica, le persone che lavorano su un tipo di directory ..

Vous ouvrez plein de portes, plein de chemins entre les genres…

Le problème, c’est que ça fonctionne sur une partie du public, et pas sur tous. Vous avez des gens qui sont dans la recherche de quelque chose d’inaltéré, qui ne comprennent pas forcément notre démarche. Il nous est arrivé qu’un compositeur de Nice m’a dit "je ne comprends pas pourquoi vous avez écrit 5 voix pour Médée, avec trois voix on dit suffisamment de choses".

Ce ne sont pas des musiciens, ce sont des ayatollahs !

Dans les orchestres, il y en a, des ayatollahs !
Paul : Et en Corse aussi !
JC : D’ailleurs posez la question à Bruno. C’est un rapport de forces perpétuel.

Ça rappelle Prova d’orchestra !

C’est pour ça que ça nous pose problème. Quand on a fait la Grammaire avec les musiciens, j’ai écrit toutes les parties instrumentales – on l’a fait parce que ce sont des musiciens qu’on connaît, ils disent « t’emmerde pas, on s’en fout, que tu écrives un mi bémol ou un ré dièse, c’est pareil »» mais il y a des musiciens qui auraient dit « attendez, celui-là, il a un problème, où voulez vous aller ? » mais je ne peux pas lui dire ce que je veux faire, je l’ai écrit comme ça, je ne peux pas lui dire « parce que là, il y a telle résolution, telle basse qui justifie telle note», je ne peux pas le dire. Pour en revenir à ce que tu disais sur l’harmonie, je ne fais des choses que pour nous aussi, pour des gens qui sont proches de nous, sinon je n’oserais jamais faire un truc pour un chœur.

Comment s’est faite l’avancée vers la dissonance ?

C’est lié à plein de choses, à ce que j’écoute, à ce qui me plaît, à ce que j’ai pu voir de ce que faisait Bruno, à ce que j’ai pu entendre dans divers registres. Ce peut être quand vous écoutez  Faiz Ali Faiz ou les symphonies de Mahler, il y a des choses qui sont, je ne vais pas dire puisées, mais qu’il me semble entendre dans des endroits très différents, pour des raisons très différentes, dans des sites très différents, etc.

Pour finir sur l’écriture, il y a aussi l’écriture du texte, tu en as écrit un certain nombre,  tu ne penses pas à éditer tes textes ?

Il y a longtemps que j’écris, depuis 1983-84, ça fait plus de 20 ans, et je n’ai jamais rien publié. Maintenant j’en ressens le besoin, non pas seulement pour les publier, car je les utilise, je les chante, mais parce qu’à un moment donné, pour passer à autre chose, je pense qu’on a besoin de s’en défaire. C’est d’ailleurs ce qui nous pose problème sur le plan des répertoires musicaux : on a des répertoires qui s’entrechoquent maintenant, on n’a pas le temps de les faire sortir et on ne continue à produire que parce qu’on est sollicités. La Grammaire, je l’ai faite parce qu’Orlando me l’a demandé. On travaille souvent dans l’urgence. Le Requiem, je n’aurais jamais eu l’idée de dire « je vais faire un Requiem », j’avais commencé à faire des choses, mais jamais dans l’idée de faire un Requiem.

Si apre un sacco di porte, un sacco di percorsi tra i sessi ...

Il problema è che funziona su una parte del pubblico, e non tutti di loro. Hai persone che sono in cerca di qualcosa di incontaminato, che non necessariamente il nostro approccio. Siamo arrivati un compositore di Nizza, ha dichiarato: "Non capisco il motivo per cui hai scritto 5 voti Medea, con tre voti, basta dire le cose".

Essi non sono musicisti, sono ayatollah!

In orchestre, ci sono, l'ayatollah!
Paolo: E anche in Corsica!
JC: E per chiedere Bruno. Si tratta di un equilibrio di potere perpetuo.

Si ricorda Prova d'orchestra!

Ecco perché abbiamo sollevato la questione. Quando abbiamo fatto la grammatica con i musicisti, ho scritto tutte le parti strumentali - è stato fatto, perché sono musicisti si sa, si dice "t'emmerde pas, il s'en főút, che E si scrive un piatto forte o D, è la stessa "" ma ci sono musicisti che hanno detto di aspettare, questo, che ha un problema in cui si desidera andare? "Ma non posso dirgli quello che voglio fare, ho scritto così, non posso dire" perché non vi è una tale risoluzione, come le note che giustificano tale basso ", non posso dire. Per tornare a ciò che ha detto su armonia, fare le cose anche per noi, per le persone che sono vicine a noi, altrimenti non sarebbe mai fare qualcosa per un coro.

Come è il progresso verso la dissonanza?

Essa è legata a molte cose, che io ascolto quello che mi piace, che ho potuto vedere che cosa è stato Bruno, che ho sentito in diversi registri. Questo può essere quando si ascolta Faiz Ali Faiz o le sinfonie di Mahler, ci sono cose che sono, se non stabilito, ma posso sentire in luoghi molto differenti, per ragioni molto diverse, in molto diversi siti, ecc.

Infine, per quanto riguarda la scrittura, è anche la scrittura del testo, hai scritto un numero, non ci si pensa di modificare i vostri testi?

Un molto tempo fa, che scrivo, poiché 1983-84, è più di 20 anni e non ho mai pubblicato. Adesso sento il bisogno di pubblicare non solo, perché io li uso, mi cantare, ma perché a un certo punto, per passare a qualcosa di diverso, credo che abbiamo bisogno di disfarsi. Questo è ciò che abbiamo un problema in termini di repertori musicali: uno scontro di directory che ora non abbiamo tempo per farli uscire e continua a produrre e perché è richiesto. Grammatica, qu'Orlando l'ho fatto perché mi è stato chiesto. Spesso lavora in emergenza. Il Requiem, non ho mai avuto l'idea di dire "farò un Requiem", ho iniziato a fare le cose, ma mai l'idea di un Requiem.

Par exemple l’Ecclésiaste, tu l’avais écrit avant, non ?

L’Ecclésiaste et le Meditate ont été écrits avant, pour des spectacles de la Passion à Calvi, et je les ai repris pour le Requiem.

Et aussi Figliolu d’ella, peut être ?

Et Figliolu d’Ella, absolument, qui n’était écrit que pour deux voix pour la Passion à Calvi.

Oui, des voix de femmes, d’ailleurs.

Et quand on a pensé à travailler sur le Requiem, j’ai repris le Figliolu d’ella parce que le thème, le chant me semblait intéressant à développer, et surtout ce que dit le chant : le thème Figliolu d’ella, sì figliolu di meiu me semblait important, me semblait être la première des choses à dire quand quelqu’un s’en va. Il y avait donc ces trois chants repris de choses antérieures. Mais pour en revenir à ce que je disais, s’il n’y avait pas eu la demande de Jean-Pierre Le Pavec, il n’y aurait jamais eu de Requiem. Et s’il n’y avait pas eu la demande de Jean-Yves Lazennec, il n’y aurait jamais eu Médée.

Mais c’est très frustrant pour nous, parce qu’il y a des bijoux qui sortent, puis un deuxième bijou arrive, et il y en a qui ne sortent pas surtout !

Il y en a qui ne sortiront pas !

Mais ceux qu’on a entendus une fois, on voudrait pouvoir les réentendre !
Tiens, question que l’on voulait poser plus tard mais je te la pose maintenant : au Final, dans ce que vous avez chanté, il y avait un chant géorgien…

Oui, Allilo.

Un extrait du Requiem ?

Non, de Marco Polo, il y avait deux extraits de Marco Polo

Vous aviez déjà chanté le premier en concert ?

Oui, à Nanterre on l’a loupé, celui-là !

Mais là, il n’était pas loupé ! Nous avons été frustrés, car en montant à la Cathédrale Jean-Luc répétait avec Marie Kobayashi, et vous ne l’avez pas chanté ! Tiens, d’ailleurs, qui aurait fait Marco Polo à la place de Guillaume Depardieu ?

Quand, samedi ? On ne devait pas faire Marco Polo. Il y avait quelques extraits , sa voix sur la bande …

Si ça avait eu lieu à Nice ?

C’est Daniel Mesguich. Ceci dit, heureusement que ça ne se fait pas en octobre, parce qu'on avait le théâtre le matin à 10 heures pour la représentation l’après-midi ! Pour monter les décors, mettre le son, répéter avec l’orchestre…

Ecclesiaste per esempio, è scritto prima, no?

L'Ecclesiaste Meditate e sono stati scritti prima, per le prestazioni della Passione a Calvi, e sono tornato al Requiem.

Più di Figliolu ella può essere?

E Figliolu Ella, assolutamente, che è stata scritta per due voci per la Passione di Calvi.

Sì, le voci delle donne, comunque.

E quando si è pensato di lavorare sul Requiem, ho preso la Figliolu ella a causa del tema, la canzone sembrava interessante per lo sviluppo, e soprattutto quello che la canzone: il tema della Figliolu ella, sì figliolu di meiu sembrava importante per me sembrava di essere il primo a dire le cose quando qualcuno lascia. Ci sono stati questi tre brani tratti da precedenti cose. Ma per tornare a ciò che ho detto, se vi fosse stata alcuna richiesta di Jean-Pierre Le PAVEC ci sarebbe mai Requiem. E se non vi era stata alcuna richiesta da Jean-Yves Lazennec, non vi sarebbe mai Medea.

Ma è molto frustrante per noi, perché ci sono emergenti gioielli, poi un gioiello secondo caso, e ci sono quelli che non escono in particolare!

Ci sono coloro che non!

Ma coloro che hanno ascoltato ancora una volta, saremo in grado di sentire!
Qui, la questione è stata di chiedere un secondo momento, ma mi pongono l'ora: in fin dei conti, quello che ha cantato, non vi era una canzone della Georgia ...

Sì, Allilo.

Un estratto del Requiem?

No, Marco Polo, ci sono stati due estratti da Marco Polo

Hai già cantato il primo concerto?

Sì, Nanterre che abbiamo perso uno!

Ma vi è stato non perdere! Ci sono stati frustrati, perché l'importo Cattedrale Jean-Luc ripetuta con Marie Kobayashi, e voi non cantare! Qui, infatti, che sarebbe stato il posto di Marco Polo, Guillaume Depardieu?

Quando Sabato? Non dovrebbe essere di Marco Polo. Ci sono stati alcuni estratti, la sua voce sul nastro ...

Se si è svolta a Nizza?

Si tratta di Daniel Mesguich. Tuttavia, per fortuna non si svolgerà nel mese di ottobre, perché è stata la scena di mattina fino alle 10 ore per la rappresentazione, nel pomeriggio! Per montare il set, salvare l'audio, ripetere con l'orchestra ...

Le travail du chant

Une question à laquelle tout le monde pourra répondre, puisque c’est sur le travail individuel du chant. Comment se fait votre travail individuel ? Comment s’est fait progressivement le placement de votre voix, comment cela continue-t-il d’évoluer au sein du groupe, le timbre... A l’écoute du DVD de Don Kent, on apprend par exemple que Bruno Coulais vous faisait aller beaucoup plus dans l’aigu ou dans le grave, donc ça continue d’évoluer constamment. Comment chacun ressent-il ça, travaille-t-il ça ?

Jean-Luc : Quand on travaille sur une partition, on a chacun notre voix, qu’on travaille à la maison. On n’a pas de méthode de travail particulière, on a une voix qu’on doit apprendre, et ce sont les compositions qui font aller plus loin. Quand on fait un truc avec Bruno, à chaque fois il fait monter un peu plus les basses, il fait descendre dans le grave les aigus et inversement, ce qui fait qu’on évolue Max : la méthode particulière, c’est de travailler sur ordinateur.
Jean-Luc : Pour les partitions écrites (celles de Bruno, Si di Mè, pas Médée ni les chants traditionnels), on a un logiciel qui lit la partition, les 7 voix, on peut mettre 6 voix en piano et la 7e, la nôtre, en trombone, on fait jouer à l’ordinateur, ça permet d’entendre ta voix, tu peux même couper les autres voix et ne laisser que la tienne, ralentir le tempo, l’accélérer, ça permet de travailler en précision sur ta voix à la maison. Quand on travaille  sur une musique de film de Bruno on fait comme ça, on travaille 3 ou 4 jours à la maison, on déchiffre bien notre voix, et une fois qu’on la connaît suffisamment, on se retrouve tous ensemble et on essaie de faire fonctionner tous ensemble les voix que l’on a appris individuellement. Ca c’est pour les partitions.

 
A Filetta en répétition, 21/08/2005 (photo : Jean-Jacques Filippi)

Et quand ce n’est pas écrit ?

On tâtonne ! On travaille ensemble.

Vous enregistrez vos répétitions ?

Pas assez...

Donc à chaque fois vous repartez un peu à zéro ?

C’est la mémoire.

Avec tous les chants que vous avez appris, ça ne se percute pas un peu ?

Jean-Luc : Au contraire, c’est ce qui permet d’entretenir la mémoire. Plus tu en apprends, plus tu peux en apprendre.
J.C. : Attention, même ceux qu’on a fixé sur ordinateur on les apprend par cœur. Quand on a fait Marco Polo avec Bruno, on est obligé. Ce n’est pas forcément le cas d’autres musiciens qui travaillent avec Bruno, ils ont leur partition, et ce qui est terrible, c’est qu’on se rend compte justement que pour le coup tu ne mémorises rien. Ils jouent mais ils sont dans le cirage. Il peut arriver qu'ils se trompent, mais ils continuent imperturbablement. Nous, à la limite, avec notre façon de fonctionner, on essaierait de rattraper, eux même pas.

Ça veut dire qu’ils n’écoutent pas ce qu’il jouent ?

Justement, ça veut bien dire que c’est la façon dont on les forme.

C’est de la mécanique !

On les forme à être en place et à jouer. Très souvent, les problèmes viennent du fait qu’il n’y a pas de chef qui leur donne un départ. Donc ils ne savent pas, ils ne comptent pas. Nous, quand on faisait Himalaya, on comptait  27 mesures avant de rentrer sur Le Lac. Quand vous dites ça à un musicien, il rigole !  27 mesures, c’est un truc de fou. Il dit, attendez, on va vous faire signe ! Le musicien est là, il attend, tac, et il joue sa partie.

Mais ils n écoutent pas ?

J.C. : C’est comme ça. Attention, le problème, ce n’est pas parce que ce ne sont pas de bons musiciens, c’est parce qu’on les a formés à jouer comme ça. On leur demande d’interpréter une partition, on ne leur demande pas d’écouter ce que fait le pupitre d’à côté. Alors que nous, c’est exactement l’inverse. C’est pour ça qu’il y a beaucoup de musiciens qui ne trouvent pas leur compte au sein de l’orchestre. Il y a plein de gens qui sont malheureux dans les orchestres.

C’est très militaire, en fait !

Bien sûr.

Lavoro canzone

Una domanda che ognuno può rispondere, in quanto è il singolo brano. Come è il vostro lavoro individuale? Come ha fatto il progressivo posizionamento della vostra voce, le modalità che egli continua a svilupparsi all'interno del gruppo, le campane ... Per ascoltare il DVD da Don Kent, per esempio, sappiamo che Bruno Coulais si dovrebbe andare molto più alti o bassi, in modo che continua ad evolvere costantemente. Come tutti si sente che funziona vero?

Jean-Luc: Quando si lavora su una partizione, si è tutti i nostri voti, stiamo lavorando a casa. Non vi è alcun particolare metodo di lavoro, era una voce che dobbiamo imparare, e quali sono le composizioni che sono di andare oltre. Quando facciamo qualcosa con Bruno, quando ha sollevato un po 'più bassi, è il basso per le gravi acuti e viceversa, in modo da evolvere Max: il metodo è quello di lavorare su computer.
Jean-Luc: Per le partizioni scritta (quelle di Bruno, Si Di Me, non Medea o tradizionali canzoni), è stato un programma che legge la partizione, 7 voti, siamo in grado di salvare 6 pianoforte e voce nella 7a, la il nostro, il trombone, giocato sul computer, ti permette di ascoltare la tua voce, è possibile anche nascondere le altre voci e non lasciare che detengono, rallentando il ritmo, la velocità è alto, permette di lavorare su di precisione la vostra voce a casa. Quando si lavora su un film di Bruno cliente ci piace questo lavoro 3 o 4 giorni a casa, che decodifica i nostri voti, e una volta che sappiamo abbastanza, siamo tutti insieme e cercare di fare tutte le voci che sono sentito individualmente. Questo è per le partizioni.

 
A Filetta in prova, 21/08/2005 (Foto: Jean-Jacques Filippi)

E quando non iscritto?

E gropes! Noi lavoriamo insieme.

Registrate il vostro prove?

Non basta ...

Così, ogni volta che si lascia un po 'zero?

E 'la memoria.

Con tutti i brani che hai imparato, non ha colpito un po '?

Jean-Luc: Al contrario, è ciò che permette di mantenere la memoria. Più si impara, più si può imparare.
JC: Se vuoi, anche quelle impostate sul computer impara dal cuore. Quando fu Marco Polo, con Bruno, che è necessario. Questo non è necessariamente il caso, con altri musicisti che lavorano con Bruno, che hanno il loro cliente, e ciò che è terribile è che ci rendiamo conto che solo l'esperienza vi ricordo nulla. Essi svolgono, ma sono in cera. Può accadere che si sbagliano, ma continuano imperturbably. Noi, al limite, con il nostro modo di lavorare, cerchiamo di recuperare il ritardo, neppure loro.

Ciò significa che essi non ascoltare quello che essi svolgono?

Precisamente, si vuole dire che è il modo in cui forma.

E 'meccanica!

Si treni a porre in essere e giocare. Molto spesso, i problemi vengono dal fatto che non vi è leader che dà loro un inizio. Quindi, perché non sanno, che non contano. Noi, quando siamo stati in Himalaya, ci sono stati 27 passaggi prima di tornare sul lago. Quando si dice che per un musicista, ride! 27 misure, qualcosa di pazzo. Egli ha detto di attendere, che vi farà firmare! Il musicista è lì, in attesa, tac, e svolge la sua parte.

Ma non ascoltare?

J.C.: E 'così. Attenzione, il problema non è perché non sono buoni musicisti, perché sono stati addestrati a giocare così. Essi sono chiamati a interpretare un cliente, chiediamo loro di non ascoltare quello che la prossima scrivania. Mentre noi, che è esattamente il contrario. Ecco perché ci sono molti musicisti che non possono ottenere in orchestra. Ci sono un sacco di persone che sono infelici in orchestre.

E 'molto militare, in realtà!

Certamente.

L'émotion

Cela nous amène naturellement à la question suivante, il y a quelque chose qui revient constamment dans la bouche des spectateurs, mais aussi dans les interviews, c’est l’émotion que l’on ressent à l’écoute de vos chants. Il y a quelque chose de particulier qui se passe. Est-ce que vous le ressentez ? Comment l'expliquez-vous ?

On en parlait avec Vincent Zanetti. On a souvent eu des gens qui sont venus nous voir en fin de spectacle, des gens qui étaient émus au point de ne pas pouvoir parler. On n’a pas d’explication, mais j’ai une idée là dessus, elle vaut ce qu’elle vaut, moi je pense qu'ils ne sont pas émus par une esthétique, par des harmonies ou par une architecture. Ce qu’ils reprennent en pleine tête, je pense que – et c’est pour ça que la liaison est bonne par rapport au fonctionnement – on est un corps composé de divers individus qui ont chacun sa personnalité et qui réussissent à former un corps. Je pense que l’idée est là : nos sociétés modernes ont dans leur production, leur organisation, tout conçu de façon pyramidale et individuelle, et en cloisonnant les responsabilités. Pour tout, et on le voit quand il arrive une catastrophe, on essaie de remonter tout de suite la chaîne des responsabilités, parce que c’est organisé comme ça. On dit : « Untel fait ça, il ne fait que ça, il a bien fait ce qu’il devait faire ».

Nous, en tant que corps, on ne peut pas fonctionner comme ça. On est un corps qui ne fonctionne que quand tout le monde contribue à le faire fonctionner, et contribue en prenant à sa charge tout le corps. Il y a un vrai collectif qui est une sorte de cocon, et je crois qu’on renvoie cette image à des gens qui naturellement ont besoin de ça. Je ne vais pas faire le philosophe, mais je pense que l’homme à l’état de nature a besoin de ça, de savoir qu’il fait partie d’un tout, qu’il s’insère dans un ensemble et qu’il est en même temps acteur de son propre rôle et aussi acteur d’une partie du rôle des autres. Et ce système ne fonctionne que dans la mesure où on s’abandonne au collectif tout en gardant chacun sa personnalité. C’est un collectif qui s’enrichit de l’abandon de tout le monde, mais qui n’impose à personne d’abandonner sa personnalité.

Et je crois que c’est ça qui frappe les gens : quand ils écoutent par exemple les chœurs de Médée,, les gens se disent « mais comment ils peuvent chanter ensemble des choses qui ne sont pas mesurées, ils n’ont pas de repères, qui fait quoi, qui commande quoi », et là il n’y a pas de réponse.
Et d’ailleurs, j’analyse les choses comme ça, parce qu’on le voit bien, très souvent les individus modernes que nous sommes ont des problèmes avec le collectif, avec le groupe. A chaque fois qu’il arrive quelqu’un ici, une équipe de télé, des journalistes, des représentants des institutions etc., ils demandent qui est le responsable. C’est ça le problème. Notre musique est aux antipodes de ça. Et ça existe à l’état naturel, parce qu’on en a besoin, je ne pense pas qu’on soit fait pour ne jouer que son rôle et ne pas regarder les autres et surtout dire "moi, je fais ce que j’ai à faire, que les autres en fassent autant". Nous on ne peut pas fonctionner comme ça.

Tu as raison de signaler ça, car une grande partie de l’émotion, c’est ça. L’aspect fusionnel que vous donnez est bouleversant. Mais ça ne suffirait pas à expliquer l’émotion. On est ému parce que c’est beau ce que vous faites. C’est indissociable.

Je pense que c’est beau parce que c’est fusionnel. Ce n’est pas beau parce que intrinsèquement c’est beau. Parce qu'on a fait des choses qui ne sont pas belles non plus !

Tout à l’heure on parlait d’harmonie, c’est vrai qu’il y a des moments dans votre musique qui sont écrits de telle manière que c’est beau, ça touche. Ensuite il y a ce côté fusionnel qui fait qu’il y a un corps, une interprétation parce que vous êtes ensemble et que vous donnez énormément.

Tu sais, il faudrait faire un test. Il faudrait prendre un chœur classique et lui faire chanter un de nos chants. Ce serait intéressant de voir comment les gens réagissent à ça.

Ce qui fait la différence, c’est l’émotion, le côté tactile. Vous vous touchez, on sent une amitié entre vous.

Absolument, c’est pour ça qu’à mon sens, ça vient de là, ce n’est pas ce qu’on chante.
Emotion

Ciò comporta naturalmente la questione, vi è qualcosa che è costantemente in bocca di spettatori, ma anche nelle interviste, è l'emozione che ci si sente ad ascoltare le vostre canzoni. Vi è qualcosa di speciale che succede. Ti senti? Come si spiega?

Abbiamo parlato con Vincenzo Zanetti. Abbiamo avuto spesso persone che sono venute a trovarci alla fine dello spettacolo, le persone che sono state trasferite, fino al punto di non essere in grado di parlare. Vi è stata fornita alcuna spiegazione, ma ho una idea su questo, è ciò che vale la pena, credo che non sono mossi da estetica, l'armonia con l'architettura o. Essi riprendere in testa, penso - e questo è il motivo per cui il collegamento è buona, rispetto al funzionamento - si tratta di un organo composto da varie persone che hanno ciascuna la propria personalità e che riescono a formare un corpo. Penso che l'idea è questa: le nostre società moderne hanno nella loro produzione, l'organizzazione, la piramide progettata e individuale, e le responsabilità di partizionamento. Per tutto ciò, e lo vediamo quando succede un disastro, cerchiamo di tornare immediatamente la catena di responsabilità, perché è organizzato come questo. Essa ha detto: "Smith, ha fatto, è proprio questo, egli ha fatto ciò che dovrebbero fare".

Noi, come un corpo, non si può lavorare così. Vi è un organismo che funziona solo quando ognuno contribuisce a rendere il lavoro, e aiuta a prendere in mano tutto il corpo. Si tratta di un partenariato che è una sorta di bozzolo, e penso che questo file si riferisce a persone che, ovviamente, ne hanno bisogno. Non voglio fare il filosofo, ma penso che l'uomo nello stato di natura, un bisogno, sapendo che si tratta di parte di un tutto, essa fa parte di un insieme e che è anche un attore nel suo ruolo di attore e di una parte del ruolo degli altri. E questo sistema funziona solo in quanto abbandona il gruppo, mantenendo tutti personalità. Si tratta di un collettivo che si è arricchito l'abbandono da parte di tutto il mondo, ma non rinunciare a nessuno la sua personalità.

E penso che ciò che colpisce le persone quando sentono tali cori di Medea, e la gente dice "ma come si può cantare tutte le cose che non sono misurati, non hanno punti di riferimento chi fa che cosa, che cosa gli ordini, e non vi è alcuna risposta.
E poi, mi piace analizzare le cose che, perché vediamo molto spesso che la moderna individui abbiamo problemi con il collettivo, con il gruppo. Ogni volta che qualcuno viene qui, un gruppo di giornalisti televisivi, i rappresentanti delle altre istituzioni. Essi chiedono che ne è responsabile. Questo è il problema. La nostra musica è l'antitesi di tutto ciò. E che si verifica naturalmente, perché abbiamo bisogno, non credo che ci può essere fatto a svolgere il suo ruolo e non guardando gli altri e soprattutto di dire "fare quello che ho hanno a che fare, che gli altri facciano lo stesso. " Non siamo in grado di operare in questo modo.

Hai ragione a sottolineare che, poiché gran parte delle emozioni, che è giusto. La fusione è che si sta muovendo. Ma non sarebbe spiegare l'emozione. Siamo felici perché è bello quello che fate. È inseparabili.

Penso che è bello perché è fusional. Non è bello perché è intrinsecamente bello. Perché abbiamo fatto le cose che non sono né belle!

Poco fa abbiamo parlato di armonia, è vero che ci sono momenti nella tua musica che è scritto in modo tale che è bello, si tocca. Poi c'è questa parte che fusional fatto che vi sia un corpo, un 'interpretazione perché siete insieme e si danno enorme.

Sai, ci dovrebbe essere una prova. Sarebbe un classico coro a cantare una delle nostre canzoni. Sarebbe interessante vedere come la gente reagisce ad essa.

Che cosa fa la differenza è l'emozione, toccare il lato. Si tocca, si sente uno di amicizia tra di voi.

Assolutamente, questo è il motivo per cui a mio parere, è da lì, questo non è ciò che cantano.

Le point de départ  c’est ça. Mais ce que vous chantez, c’est important !

Je ne dis pas que ce n’est pas important, ce que je veux dire c’est que après, tu aimes ou tu n’aimes pas, tu adhères ou tu n’adhères pas. Quand j’écoute de la musique classique, je préfère les symphonies de Mahler à celles de Beethoven.

Françoise : Il y une alchimie : c’est physique et relationnel.Tu pourrais dire qu’il y a une peuplade d’hurluberlus qui sont fous d’A Filetta, mais quand tu vois à côté de toi des gens que tu ne connais pas être émus aux larmes  … ma fille était aux Rencontres pour la première fois, eh bien Diane vendredi soir, quand vous avez chanté, elle pleurait !
Pierre : La première fois qu’on vous a entendus, pareil, et ça remonte à 1993, ce n’était pas le même répertoire.
F : C’est intergénérationnel, c’est incroyable, l’effet que vous faites c’est … comme le chocolat !


Moi, j’ai eu le même type de sensation lorsque j’ai entendu chanter les Georgiens pour la première fois. C’est la même chose, parce que je pense que c’est là-dessus qu’on se ressemble avec les Georgiens, au-delà de l’aspect polyphonique, des ressemblances sur le plan de l’harmonie, on est pareils sur le rapport entre nous et sur le rapport avec le public.

Et c’est pour ça qu’on aime aussi vous voir, ce contact direct avec ce que vous êtes
C’est un courant qui passe, ça rentre par les pores.

Encore une fois parce qu’au delà du fait qu’on dit des choses avec notre esthétique, il y a le fait qu’on est comme un corps, avec tout ce que cela a de fragile, de déséquilibré, de vivant, de tension, alors qu’on n’a pas ce sentiment là quand on voit un chœur classique.

Et vous ne donnez pas un spectacle.

On peut être touché par de belles harmonies, la voix de l’ange, mais chaque fois que j’ai vu des chœurs classiques chanter, il y a quelque chose qui ne se passe pas, ça n’empêche pas qu’ils puissent faire des choses qu’on leur envie souvent...

On n’est pas dans la technique avec vous, on est dans le sentiment, dans l’être, dans l’humain…

Il punto di partenza è questo. Ma ciò che è importante cantare!

Non sto dicendo che non è importante, quello che sto dicendo è che dopo che ti piace o non ti piace o vi si unisce a voi non è così. Quando ascolto musica classica, io preferisco la sinfonie di Mahler quelle di Beethoven.

Françoise: Vi è un alchimia: è fisica e relationnel.Tu potrebbe dire che c'è una tribù di manovelle che sono pazzi per filettare, ma quando si vede accanto a te persone che non conoscete fino alle lacrime ... mia figlia è stata nel corso della riunione per la prima volta, beh, Diane Venerdì sera quando si cantava, gridò!
Pietro: La prima volta che hai sentito, e questo risale al 1993, questa non era la stessa directory.
F: E 'intergenerazionale, è sorprendente l'effetto che si fa ... come il cioccolato!


Ho avuto lo stesso tipo di sensazione quando ho sentito cantare i georgiani per la prima volta. E 'la stessa cosa, perché penso che sia superiore è simile a quella con i georgiani, in aggiunta alle polifoniche somiglianze, in termini di armonia, è su tale il rapporto tra noi e il rapporto con il pubblico.

Ed è per questo che ti amo anche vedere, questo contatto diretto con ciò che si sta
Si tratta di una corrente che passa attraverso i pori.

Ancora una volta a causa del fatto che al di là delle cose che diciamo con la nostra estetica è il fatto che noi siamo come un corpo, con tutto ciò che una fragile, sbilanciato, vivo, la tensione, quindi non abbiamo questa sensazione, quando ci vediamo un classico coro.

E voi non danno una mostra.

Si può essere toccato da belle armonie, la voce del angelo, ma quando ho visto classica, canto corale, c'è qualcosa che non accade, non li si può smettere di fare cose che spesso vogliono ...

Non è la tecnica con voi, siamo in un certo senso, in quanto, nel umani ...

Donner du sens

Ca amène encore naturellement la question suivante : qu'est-ce que tu veux dire quand tu parles du sens, de la recherche du sens mais pas d’un sens ?

Oui, quand je dis du sens et pas un sens, c’est que justement, trop souvent on cherche un sens aux choses, c’est à dire que soit on cherche un sens en se donnant une direction, en se projetant et en disant « c’est là qu’on va », et à mon avis, ça ne peut pas fonctionner comme ça, on n’a jamais dit : « on va faire ci, on va faire ça, on a tel projet, on va aller à tel endroit… » Ce qu’on fait, ça ne peut pas se planifier, c’est fait de rencontres.

Il n’y a pas de stratégie.

Absolument, il y a des rencontres qui nous ont modelés, changés, transformés, qui ont fait qu’au fil de ces rencontres on a un profil nouveau à chaque fois. A mon avis, c’est la définition même de l’identité qui n’a de sens que dans la mesure où elle est en perpétuelle édification, sinon c’est quoi l’identité, ce que tu es maintenant, dans deux heures tu ne le seras plus, par la force des choses. Donc c’est une illusion de dire que je vais camper sur la tradition, c’est un peu ça qui me gêne dans le discours sur la défense de l’identité, qui a mon sens, ne tient pas. C’est contraire à toute idée de vie, et quand je dis "du sens", c’est aussi le fait que si on n’intègre pas le fait que chacun d’entre nous est multiple, que non seulement on est un groupe constitué d’individus qui sont eux mêmes multiples, donner du sens à ce qu’on fait, c’est éviter de demander à chacun de n'être que lui et de rester ce qu’il est, ce qui de toutes façons dans la vie n’est pas possible ; c’est pour ça que je dis "il faut donner du sens et pas un sens", et c’est la raison pour laquelle notre musique est variée, et c’est ce qui vous la fait apprécier.

Moi, je ne vais pas dire « je ne vais faire des choses que dans la mesure où elles sont en rapport avec ce que j’ai été à un moment donné ». De toutes façons, ce qui s’arrête se défait ; le jour où on s’arrête, on commence à dégringoler, et c’est applicable partout, y compris dans la technique. Le jour où on s’arrête d’être exigeant, d’aller au-dessus, fatalement on commence à redescendre, car les forces sont contraires !

Dare un senso

Questo porta naturalmente alla domanda: che cosa si intende quando si parla certo senso, la ricerca di significato, ma priva di significato?

Sì, quando dico che non ha senso e il senso è proprio che, troppo spesso alla ricerca di un significato alle cose, vale a dire che è alla ricerca di un significato in una direzione che, per la progettazione e dice "Questo è dove", e, a mio parere, non può lavorare così, non abbiamo mai detto, "lo faremo, lo faremo in un progetto, andremo in un posto ... "Che cosa facciamo, non può piano, è riunioni.

Non vi è alcuna strategia.

Certamente, ci sono incontri che abbiamo plasmato, cambiato, trasformato, che hanno, nel corso di questi incontri che abbiamo un nuovo profilo di volta in volta. A mio parere, la definizione stessa di identità che ha senso solo nella misura in cui è costantemente edificio, altrimenti ciò che è l'identità che vi trovate in due ore sarebbe meglio, con la forza di circostanza. Quindi è una illusione di dire che mi bastone alla tradizione, ma solo in mi disturba il discorso sulla difesa della propria identità, che a mio avviso non è così. Ciò è contrario a qualsiasi concetto di vita, e quando dico "che significa" è anche il fatto che se uno non contesta il fatto che ciascuno di noi è multiforme, che non solo è un gruppo è costituito da persone che sono a loro volta di più, di dare un senso a ciò che facciamo non è chiedere a tutti di essere e di rimanere solo lui quello che è, che in ogni caso in La vita non è possibile, che è il motivo per cui dico "dobbiamo dare un senso e non senso" ed è per questo che la nostra musica è varia, e che si apprezzano .

Non dico 'non posso fare le cose come sono legate a ciò che sono stato in una sola volta ". Comunque, ciò che blocca i rigetti in mare il giorno in cui ci fermiamo, noi cominciamo a piombino, e si applica in tutto il mondo, anche in tecnologia. La giornata si smette di essere esigente, a salire, inevitabilmente si avvia di nuovo, perché sono contro le forze!

L'accompagnement instrumental

Avant le final, petite question subsidiaire sur les instruments, que vous avez abandonnés, est-ce définitif ?

Paul : Pour moi, oui, le tambour à contre temps !
JC : On a eu cette discussion aux Rencontres sur le problème des instruments. Mon sentiment, c’est que la Corse, en tout cas le mouvement culturel corse depuis le début des années 70, a un gros problème avec les instruments. Cela me semble évident. Autant on avait une tradition orale très puissante, des voix, une science de la voix, de la pratique vocale, autant sur le plan de l’instrument, avec du recul, je ne vois pas quel groupe depuis le début des années 70 a réussi quelque chose sur le plan instrumental. Je suis très catégorique, les gens qui réussissent sont très souvent ceux qui sont en rupture avec le mouvement identitaire, ils sont dans un autre registre. Vous avez de superbes musiciens en Corse, mais vous ne les trouvez pas dans les groupes. C’est lié au fait que Canta u Populu Corsu en commençant, a donné un style, c’est celui de Jean-Paul Poletti, la guitare arpégée, et tout le monde lui a emboîté le pas, nous y compris, et que ça ne fait pas une ossature instrumentale, un chant techniquement cohérent. Je voyais sur ces Rencontres, et je le leur ai dit d’ailleurs, Rassegna, techniquement c’est très en place, aucun problème. Je voyais Julia Sarr et le guitariste, on aime ou on n’aime pas, mais la guitare avait de la dimension ; si vous écoutez des groupes corses, il y a une espèce de bouillie instrumentale.

On a la sensation que les instruments, notamment la guitare, retombent constamment sur les mêmes schémas...

Absolument, on est bien d’accord, mais c’est parce que d’abord, peut être que le mariage avec les voix polyphoniques n’est pas si évident que ça, et deuxièmement parce qu'on a toujours fait pour l’instrument ce qu’on faisait pour les voix, en ne tenant pas compte du fait qu’il y avait une tradition pour les voix mais pas pour les instruments, et qu’on n’a pas d’instrumentistes. Le peu d’instrumentistes qu’on a, ce sont des gens qui, à un moment donné, se sont mis à jouer de la guitare ; on s’accompagne, mais à mon avis c’est insuffisant.
De tous les gens qui jouent, pour moi  - c’est peut-être excessif ce que je dis - il y en a un seul qui a une réelle dimension sur le plan de l’accompagnement, c’est Jérôme Ciosi, il utilise une guitare comme un guitariste, c’est un vrai guitariste, il a une formation classique, il sait de quoi il parle.
Les autres, il y a beaucoup de choses maladroites, mal conçues. Moi, il y a des choses que j’ai comprises en évoluant dans le chant. Par exemple, la guitare arpégée, systématiquement faire un arpège de guitare en accompagnement, vous ramenez l’unité de temps à sa valeur la plus petite ! A un moment donné, (il chante la partie de guitare) ça fige les choses, d’abord ça donne une orientation…
Pour en revenir à ta question, à un moment donné on a pris conscience du fait qu’on n'était pas des instrumentistes, pas à l’aise dans ce domaine et même si on a pu faire des choses qui avaient un intérêt – je le disais à Bruno Allary de Rassegna – qui me disait "pour moi, votre disque Una Tarra ci Hè est superbe, je l’écoute…"

L'accompagnamento strumentale

Prima della finale, un piccolo punto sugli strumenti che si hanno abbandonato, è permanente?

Paolo: Per me, sì, il tamburo contro il tempo!
JC: Abbiamo avuto questa discussione nel corso di riunioni sul tema degli strumenti. La mia sensazione è che la Corsica, in ogni caso, il movimento culturale corsa fin dai primi anni'70, ha un grosso problema con gli strumenti. Che sembra chiaro. Così come non vi è stata una forte tradizione orale, le voci, una scienza della voce, pratica vocale, sia in termini di strumento, con il senno di poi, non vedo alcun gruppo fin dai primi anni'70 ha avuto successo qualcosa sulla strumentale. Sono molto categorico, le persone che hanno successo sono spesso coloro che sono di rottura con il movimento di identità, sono in un altro registro. Hai grandi musicisti, in Corsica, ma non si riesce a trovare nei gruppi. Ciò è dovuto al fatto che Canta u Populu Corsu inizio, ha uno stile è quello di Jean-Paul Poletti, arpeggiated chitarra, e ognuno di noi ha seguito l'esempio, noi compresi, e non fa le ossa strumentali, un brano tecnicamente coerente. Ho visto su questi incontri e che ho detto altrove, Rassegna, tecnicamente è molto alto, nessun problema. Ho visto Julia Sarr e il chitarrista, il aime a ou n'aime pas, ma la chitarra ha le dimensioni, se si ascolta corsi gruppi, non vi è una specie di porridge strumentale.

E 'stata la sensazione che gli strumenti, tra cui la chitarra, in costante calo sullo stesso pattern ...

Assolutamente, stiamo bene, ma è dovuto al fatto che prima, forse il suo matrimonio con il polifonica voci non è così ovvio come, e in secondo luogo, perché abbiamo sempre fatto per lo strumento quello che abbiamo fatto per la voce, non tenendo conto del fatto che non vi è una tradizione per le voci, ma non per gli strumenti, e non abbiamo strumentisti. I pochi giocatori che abbiamo, sono queste persone che, a un certo punto, ha iniziato a suonare la chitarra e va, ma a mio parere è insufficiente.
Di tutte le persone che suonano per me - forse eccessivo quello che dico - non vi è uno che ha una dimensione reale in termini di sostegno, è Girolamo Ciosi, si utilizza un chitarra come chitarrista, è un vero chitarrista, ha di formazione classica, egli sa di che parla.
Altri, ci sono molte cose scomode, mal progettato. Me, ci sono cose che ho incluso nel movimento canzone. Ad esempio, arpeggiated chitarra, su un arpeggio di chitarra di accompagnamento, è l'unità di tempo di ritorno al valore inferiore! A un certo punto, (egli canta la chitarra) che blocca le cose, in primo luogo che fornisce una guida ...
Per tornare alla tua domanda, a un certo punto ci siamo resi conto che non erano musicisti, non confortevoli in questo settore e, anche se si potrebbe fare le cose che avevano un interesse - I Bruno ha detto di Allary Rassegna - che ha detto "per me, vostro hard Una TARRA Egli è meraviglioso, mi ascolti ..."

C’est notre avis aussi !

Sans doute, mais moi, quand je réécoute les parties instrumentales, je me dis que ce n’est pas ça.  Bon, les parties vocales non plus (rires). Avec le recul, on n’est pas content de ce qu’on a fait.

Ca fait partie d'une progression.

Absolument, on fera sans doute des choses avec instrumentation, mais avec des musiciens. On ne fait pas un rejet de ce qui pourrait être une instrumentation de type traditionnel : si demain on nous donnait les musiciens, des syriens qui sont venus il y a 3 ou 4 ans, aucun problème, on peut faire des choses avec, même dans des registres très différents, mais faire ce que l’on a fait avec les moyens du bord, moi guitariste alors que même si j’ai fait un peu de guitare classique je ne suis pas instrumentiste, c’est insuffisant. Et après, il y a toute une énergie que l’on n’a plus dans le chant parce qu’on n’est pas à l’aise.

(pendant ce temps, Max, Jean-Luc, Paul et Jean se sont emparés de nos appareils photos et « font les japonais », mitraillent dans tous les sens, se photographient mutuellement en faisant des grimaces)

Les projets

La dernière question, vos projets. Il y en a certains dont on a entendu parler, d’autres pas. Il y a la création avec Paolo Fresu, le dessin animé (Max and co), y a t il à côté de ça une création genre Requiem ou Médée dans les cartons ?

Il y a plusieurs choses. Il y a le travail à l’Aghja avec les musiciens de jazz, c’est une rencontre ; ce n’est pas une création à proprement parler, on arrive avec des choses, eux arrivent avec les leurs, on va essayer de mettre en place une rencontre mais ça ne sera pas une création ex nihilo ; en 4 jours on ne va pas produire un répertoire d’une heure et quart, ce n’est pas possible.
Après cette rencontre avec des musiciens de jazz, dans l’ordre on doit travailler avec des musiciens toscans, l’orchestre de Livourne, et deux actrices sardes dans le cadre d’un projet : un nouveau Médée. Enfin, ce sera notre Médée, avec deux actrices et un orchestre. Bruno Coulais doit écrire des choses sensées non pas jouer sur nous, mais opérer un maillage entre une musique de facture classique telle que peut l’écrire Bruno, et nos chants. Cela doit se faire impérativement avant l’été 2007, c’est très court.
Dans la foulée, on doit travailler sur une création d’Orlando sur une Colomba qui doit se faire au théâtre de Bastia le 5 mai. Ceci dit, Orlando ne veut pas a priori que ce soit quelque chose de complètement créé : il dit qu’on est dans l’évocation, même s’il ne va pas reprendre le texte de Mérimée, mais il veut qu’on utilise plus un fond traditionnel qu’on pourrait actualiser, qu’on pourrait remodeler, mais pas de création proprement dite.
Ensuite, il y a avec Orlando et Bruno la création d’un nouvel opéra pour enfants au mois de juin à Nice avec le cirque Grüss. Bruno doit écrire des parties pour nous, il pense utiliser beaucoup les chevaux.
Et il y a également le projet dont je vous parlais l’autre soir à Bastia avec le centre culturel Una Volta, un travail sur les quartiers anciens de Bastia.

E 'anche la nostra opinione!

Senza dubbio, ma penso che quando sento le parti strumentali, mi dico che questo non è vero. Bene, la voce sia (ride). Con il senno di poi, non è felice con quello che abbiamo fatto.

E 'parte di una progressione.

Assolutamente, noi probabilmente le cose con la strumentazione, ma con i musicisti. Non si tratta di un rifiuto di ciò che potrebbe essere una strumentazione tradizionale: se domani ci ha dato i musicisti, che è venuto in Siria ci sono 3 o 4 anni, nessun problema, possiamo fare le cose, anche in molto diverse segnalazioni, ma fare ciò che avete fatto con i mezzi a portata di mano, mentre la mia chitarra, anche se ho fatto un po 'di chitarra non mi uno strumentista, è insufficiente. E poi vi è una energia che non è più il canto, perché non sono a proprio agio.

(durante questo tempo, Max, Jean-Luc e Jean Paul ha preso le nostre telecamere e reso i giapponesi "mitraillent in ogni senso, fotografia reciprocamente a fare smorfie)

Progetti

L'ultima domanda, i vostri progetti. Ci sono alcuni che sono sentiti, altri no. Vi è la creazione, con Paolo Fresu, il cartone animato (Max e co), è accanto ad essa una sorta creazione Requiem o Medea in cartoni?

Ci sono molte cose. C'è lavoro per Aghja con musicisti jazz, è un incontro, che non è un punto di vista strettamente parlando, si tratta di cose, arrivano con la propria, si tenta di stabilire una riunione, ma non sarà una creazione ex nihilo, in 4 giorni non produrre una directory di un ora e un quarto, non è possibile.
Dopo questo incontro con musicisti jazz in ordine ha bisogno di lavorare con musicisti provenienti da Toscana, l'orchestra di Livorno, la Sardegna e due attrici per il progetto: una nuova Medea. Infine, è la nostra Medea, con due attori e l'orchestra. Bruno Coulais deve scrivere qualcosa di sensato e non giocare su di noi, ma una maglia tra una musica classica come Bruno possono scrivere, e le nostre canzoni. Questo deve essere fatto entro l'estate del 2007 è molto breve.
In questo processo, dobbiamo lavorare per la creazione di Orlando su una colomba, che devono essere sul luogo di Bastia 5 maggio Detto questo, Orlando non è a priori che si tratta di qualcosa di completamente stabilito: si dice che nell'anno di riferimento, anche se non riprodurre il testo di Mérimée, ma è di utilizzare più tradizionale sfondo potremmo aggiornamento, si potrebbe rimodellare, ma non la creazione stessa.
Poi c'è Orlando e Bruno, con la creazione di una nuova opera per bambini in giugno a Nizza con il circo Gruss. Bruno scrive parti per noi usare molti cavalli.
E c'è anche il progetto ho parlato l'altra notte a Bastia con il centro c

Et pour les 30 ans d’A Filetta ?

Pas pour l’instant, on a évoqué la possibilité de faire une grande salle sur Paris parce qu’on ne l’a jamais fait, mais pour l’instant rien n’est arrêté, et on ne sait pas trop dans quelle formule le faire : on ne va pas faire Si di mè, on ne va pas faire un Requiem, on ne peut pas faire un peu de tout, c’est difficile.

Et les CD « de rattrapage » ?

Il était prévu de faire sortir la Grammaire de l’imagination cette année , mais on a dû reporter, ça sortira fin 2007.

Pas un DVD du spectacle ?

Non, c’est trop difficile. L’idéal, ce serait de faire un vrai travail d’animation, mais c’est trop cher. On va essayer de faire un CD avec un beau livret . Ou bien un livre avec un CD ? Ce qui est sûr, c’est qu’on était dans l’idée de faire la Grammaire en version bilingue, voire trilingue, c’est à dire de faire trois versions du texte, en italien, en français et en corse, parce qu’on pensait que même sur le plan pédagogique ça pourrait être très bien de voir comment on passe d’une langue à l’autre. C’est en projet.

Le Requiem ?

Le Requiem, on disait que ce qui serait bien, c'est de l’enregistrer fin 2007. L’idée, c’est de le reprendre petit à petit, de travailler chant par chant, et de le sortir fin 2007 ; ça aurait été bien été 2007.

Et puis ? Il y a des chants qui n’ont jamais été enregistrés !

Tout le Salve Regina, tout le Via Crucis, ça aussi c’est renvoyé aux calendes calvaises !

Et In Memoriam ?

Jean-Luc : C’est fini ! Non, on va le refaire en décembre 2007 en Belgique. La théâtre de Monte-Carlo avait l’exclusivité pendant deux ans ; à partir de janvier 2007, si Larbi veut le reprendre, il peut le faire avec un autre ballet.

C’était magnifique !

Vous l’avez vu en entier ?

Non, la version courte à Monaco en août...

L’intégralité du spectacle c’est très cohérent. La version courte est cohérente aussi, mais il y a des raccourcis. Ce qu’on avait fait fin 2004, c’était…

Ca ne doit pas sortir en DVD ?

Non, ils vont l’intégrer à leurs éléments de presse, mais je crois que Cherkaoui ne voudrait pas qu’il soit présenté en extrait, ça perd de sa force, mais il a écrit quelque chose de magnifique. On espère travailler encore avec lui, il a envie de travailler encore avec nous.
En plus quand on répétait là bas en 2004, on travaillait dans le gymnase avec les danseurs, il est lui-même danseur, il vient de la danse plus hip hop, moderne, on voyait la façon dont ça évoluait. Avec les danseurs classiques, il disait "c’est extraordinaire, je peux utiliser des choses classiques que moi je ne saurais pas faire", par contre, quand il demandait des choses aux classiques, lui c’est un acrobate, on dirait une boule de chewing-gum, pour eux c’était difficile, on aurait dit qu’ils étaient anguleux, alors que lui, les mouvements, il roulait, on aurait dit les bêtes que tu touches, qui se mettent en boule !

E per 30 anni A Filetta?

Non in questo momento, abbiamo parlato della possibilità di una grande stanza a Parigi, perché non abbiamo mai fatto, ma per ora nulla si è fermato, e non è chiaro in che modo la formula fare: non lo faremo Se di me, non fare un Requiem, che non si può fare un po 'di tutto, è difficile.

CD e "catch-up"?

Si prevede di lasciare la grammatica della fantasia di quest'anno, ma ha dovuto essere rinviata, che uscirà fine del 2007.

Non è un DVD dello spettacolo?

No, è troppo difficile. Idealmente, sarebbe un vero e proprio lavoro di animazione, ma è troppo costoso. Cercheremo di fare un CD con un bel libretto. O un libro con un CD? Quel che è certo è che l'idea era quella di rendere la grammatica in un bilingue o trilingue, vale a dire a realizzare tre versioni del testo, in italiano, francese e in Corsica, a causa abbiamo pensato che, anche su un insegnamento che potrebbe essere molto buona per vedere come si passa da una lingua all'altra. È previsto.

Requiem?

Requiem, è stato detto che ciò che sarebbe bello è quello di salvare la fine del 2007. L'idea è quella di tornare a lavorare gradualmente canzone canzone, e l'uscita della fine del 2007, era stato nel 2007.

E poi? Ci sono canzoni che non sono mai stati registrati!

Tutto il Salve Regina, mentre la Via Crucis, si è anche fatto riferimento alla Kalends calvaises!

E In Memoriam?

Jean-Luc: Finito! No, ci sarà di nuovo nel dicembre 2007 in Belgio. La scena di Monte Carlo in esclusiva per due anni a partire dal gennaio 2007, Larbi vuole riprendere, si può fare con un altro balletto.

E 'stato magnifico!

Avete visto tutti?

No, una versione più breve a Monaco nel mese di agosto ...

L'intera mostra è molto coerente. La versione corta è coerente, ma non ci sono scorciatoie. Che cosa è stato fatto alla fine del 2004, è stato ...

Non è rilasciato su DVD?

No, essi incorporano elementi di stampa, ma credo Cherkaoui non sarebbe presentato in estratto, perde la sua forza, ma ha scritto qualcosa di bello. Si spera di poter lavorare ancora con lui, lui voleva ancora a lavorare con noi.
Inoltre, quando si è ripetuto nel 2004, ha lavorato in palestra con i ballerini, si tratta di un ballerino, che ha più di danza hip-hop, moderno, è possibile vedere come si è evoluta. Con la classica ballerini, ha affermato che "è straordinario, posso usare qualcosa di classico che non saprei come", per contro, quando ha chiesto che le cose per i classici, è un acrobata, appare come una palla gomme da masticare, è stato difficile per loro, ci hanno detto che erano angolare, mentre i suoi movimenti, era in viaggio, si sarebbe detto che gli animali si tocca, per essere messe in una palla!

Des chenilles ?

Oui, c'est ça ! C’est impressionnant, tu as l’impression qu’il est complètement désarticulé !

F: Je l’ai vu dans un ballet avec un chorégraphe pakistanais, "Zéro degré", un duo, et à un moment donné il danse sur la tête, c’est incroyable !

Donc, on suivait toutes les répétitions et à la fin, il disait aux danseurs : "c’est bon, vous pouvez y aller", et à nous il disait "vous, vous restez ici", et il se mettait à chanter avec nous, il connaissait tous les chants par cœur, il disait "faites-moi celui là, montrez moi la terza…"

Dans ce ballet il chantait aussi un chant yiddish, il chante bien !

Je sais qu’il chante bien ! et il a une grâce ! Il est impressionnant.

Jean-Luc donne le signal du départ. Il ne nous restait plus qu'à remercier chaleureusement Jean-Claude, Jean-Luc, Max, Ceccè, Paul et Jean pour leur accueil et pour cet entretien passionnant qui a duré près de deux heures, dans une ambiance chaleureuse et détendue.

Bruchi?

Sì, il gioco è fatto! E 'impressionante, si ha l'impressione che non è completamente scollegato!

F: Ho visto in un balletto coreografo con un pakistano, "zero", un duetto, e ha ballato una sola volta sulla testa, è incredibile!

Quindi abbiamo seguito tutte le prove e alla fine, ha detto il ballerini: "E 'buono, si può andare", e lui ci ha detto "voi, il vostro soggiorno qui", e ha iniziato a cantare con noi egli conosceva tutte le canzoni a memoria, ha affermato che "farmi questo, la terza mostra di me ..."

In questo balletto ha cantato una canzone yiddish, canta bene!

So che canta bene! ed è una grazia! E 'impressionante.

Jean-Luc ha dato il segnale di partenza. Resta solo per noi a ringraziare Jean-Claude, Jean-Luc, Max, Cecca, Paolo e Giovanni per la loro ospitalità e per questo affascinante intervista, che è durato quasi due ore in un ambiente caldo e rilassante.

Autre interview, celle réalisée par Benjamin MiNiMuM pour MONDOMIX à Calvi en septembre 2006

Les motivations à l'origine d'A Filetta,
réalité et caricature des traditions musicales corses

Ecoutez, les motivations étaient celles partagées par un certain nombre de jeunes groupes en corse. A la fin des années 70, il y a une volonté de se mettre en marche pour contribuer à sauvegarder un patrimoine. Notamment un patrimoine oral qui est en train pratiquement de disparaître. Pour des raisons historiques, économiques, la Corse se vidant à partir de la fin de la première guerre mondiale de sa substance vive, en tout cas dans l’intérieur de l'île, il y a tout un patrimoine oral, une culture orale, toute une tradition de choses chantées, sacrées et profanes, qui est en train de disparaître.
Et il a fallu attendre la fin des années 70 pour qu‘apparaisse une sorte de sursaut, identitaire si on veut, qui a fait que nous, comme d’autres, on s’est engagés pour contribuer, dans un premier temps, à la sauvegarde de ce patrimoine oral.
Et puis après, très vite s’est imposée à nous l’idée, le besoin, la nécessité, d’essayer de prolonger cette tradition, notamment par la création, par des apports nouveaux eu égard aux relations que nous tissions déjà avec d’autres traditions orales, d’autres musiques, d’autres musiciens, d’autres compositeurs.

Et ce avec une conscience européenne, méditerranéenne ou mondiale ?

En tout cas, ce qui est sûr, c’est qu’au départ c’est un réflexe de survie. Donc la première phase, c’est celle qui consiste à dire « faisons quelque chose pour nous ».
Ensuite, très vite on se rend compte qu’il est illusoire de penser restaurer un patrimoine en le coupant du reste du monde. ça veut dire que pour nous, il est clair que la tradition n’a de sens que dans la mesure où elle continue de refléter un peuple qui vit et qui avance. Et ce peuple qui vit et qui avance, il vit et avance tout simplement parce qu’il est au contact d’autres peuples, d’autres musiques, d’autres traditions orales, qui peuvent être d’ailleurs quelquefois très éloignées de la nôtre, mais qui de toutes façons nous marquent, laissent une empreinte.
On ne sort jamais indemne d’une rencontre avec d’autres musiciens, et ce qui nous intéresse, c’est de faire en sorte que notre musique soit en même temps une musique vivante, qui intègre des influences, et qu’elle continue à ressembler à ce que nous sommes depuis longtemps.
Et je crois qu’il y a comme ça quelque chose qui se crée indéniablement ces 25 ou 30 dernières années, qui s’éloigne de la tradition originelle. Quand je dis originelle, le terme n’est même pas approprié, parce que le repère que nous avons par rapport à la tradition remonte au plus à 50 ans, ce n’est pas les origines, mais c’est ce qui nous est resté au fond,  c’est ce qui restait de vivant au moment où nous mêmes nous sommes mis en marche.
Un'altra intervista, uno di Benjamin minima per MONDOMIX a Calvi nel settembre 2006

Le motivazioni per l'origine di filettatura,
realtà e la caricatura di tradizioni musicali corsi

Ascolta, le motivazioni sono quelle condivise da un numero di gruppi di giovani in Corsica. Alla fine di 70 anni, vi è il desiderio di iniziare a contribuire a preservare il patrimonio. Comprensivo di un patrimonio orale che è stato praticamente eliminato. Per ragioni storiche, economiche, svuotamento Corsica a partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale grave della sua sostanza, almeno per l'allestimento interno di tutta l'isola, non vi è un patrimonio orale, una cultura orale, qualsiasi una tradizione di cantare le cose, sacro e profano, che è rapidamente scomparendo.
E non è stato fino alla fine della 70 provenienti da uno scoppio di identità, se si vuole, il che significa che noi, come altri, si è impegnata a contribuire, in una prima fase, la la salvaguardia di questo patrimonio orale.
E poi, molto rapidamente è diventato per noi l'idea, la necessità, la necessità di cercare di estendere tale tradizione, compresa la creazione di input dato i rapporti già tissions di altre tradizioni orali, altra musica, altri musicisti, compositori.

E con un europeo, mediterraneo o globale?

In ogni caso, ciò che è certo è che inizialmente si tratta di un riflesso di sopravvivenza. Quindi la prima fase, vale a dire "fare qualcosa per noi."
Poi, molto rapidamente si rende conto che è illusorio pensare di ripristinare un patrimonio nel taglio di tutto il mondo. che significa per noi, è chiaro che la tradizione ha senso solo nella misura in cui continua a riflettere le persone che vivono e si spostano. E le persone che vivono e si spostano, vive e anticipo semplicemente perché è in contatto con altri popoli, altre musiche, altre tradizioni orali, che possono anche essere a volte molto distanti dalla nostra ma comunque ci lascia un marchio marchio.
E 'mai esce illeso da un incontro con altri musicisti, e ciò che ci interessa è quello di garantire che la nostra musica è anche una musica dal vivo che incorpora influenze, e continua a guardare a ciò che sono da lungo tempo.
E penso che ci sia qualcosa come questo che crea il 25 o 30 anni, che si discosta dalla tradizione originale. Quando dico originale, il termine non è appropriato, perché il punto di riferimento che, rispetto alla tradizione risale a più di 50 anni non è l'origine, ma ciò che è rimasto fondamentalmente questo è ancora vivo quando noi stessi abbiamo attivato.

Ces traditions semblent être assez fortes, voire même un peu figées, on en a souvent l’image d’une caricature quand on est à l’extérieur, que d’une réalité. Quelles sont pour vous les réalités de ces traditions, de ces pratiques culturelles et musicales ?

Nous nous rendons compte en ce moment qu’il y a un retour de bâton qui est en partie consécutif à une espèce d’emballement des media à la fin des années 80.
Pour nous, il y a indéniablement le phénomène du Mystère des voix bulgares qui a attiré la lumière des projecteurs sur cette tradition, et le regard que les media avaient sur cette tradition dans les années 90 a été de dire « il y a des choses toujours vivantes, un patrimoine puissant, etc. »

Et maintenant, cet éclairage médiatique a forcément suscité des vocations, des bonnes et des mauvaises :  en 15 ans se sont créés 70 groupes, et aujourd’hui l’image que l’on renvoie, ce n’est pas l’image d’une dynamique.
En effet très souvent, malheureusement, les nouvelles générations de groupes ont été finalement des copies de ce que faisaient les premiers groupes, et du coup, pour celui qui est à l’extérieur, il se dit « finalement ça ne bouge pas tant que ça ».
En réalité, ça bouge énormément. Quand vous pensez qu’à la fin des années 70, les groupes de la première génération, I Muvrini,  Canta u populu corsu, I Chjami aghjalesi, Tavagna, nous, nous chantions tous le même répertoire traditionnel, aujourd’hui on a pris des routes véritablement différentes : les Muvrini sont dans une démarche qui est beaucoup plus large, d’une forme de variété corse , nous, nous avons fait de la création polyphonique, quelquefois en digressant largement par rapport à la tradition originelle, vous avez des groupes qui on travaillé vraiment sur le retour à la tradition, il y en a qui ont fait de la chanson, il y en a qui sont allés chercher des influences multiples en Méditerranée, etc.
Queste tradizioni sembrano essere abbastanza forte, anche un po 'congelati, è stato spesso l'immagine di un cartone animato quando ci si trova all'estero, come una realtà. Quali sono le realtà di queste tradizioni, le pratiche culturali e musicali?

Ci rendiamo conto in questo momento vi è una reazione che è in parte dovuto ad una sorta di eccitazione dei media alla fine di 80 anni.
Per noi, è senza dubbio il fenomeno del Mistero delle voci bulgare che ha i riflettori su questa tradizione, e la vista che i media su questa tradizione ha avuto in 90 anni è stato quello di dire "alcune cose sono ancora in vita, potente del patrimonio, ecc. "

Ed ora che la luce ha inevitabilmente attirato i media vocazioni, il bene e il male in 15 anni sono stati creati 70 gruppi, e oggi l'immagine sul retro, non l'immagine del slancio.
Infatti, molto spesso, purtroppo, la nuova generazione di gruppi di copie sono state infine di ciò che furono i primi gruppi, e così, per chi è fuori, ha affermato che "in ultima analisi, è che non si muove molto .
In realtà, si muove molto. Quando si pensa che alla fine di 70 anni, gruppi di prima generazione, I Muvrini, Canta u Populu Corsu, mi chjama aghjalesi, Tavagna, noi tutti lo stesso repertorio cantato, oggi abbiamo preso veramente le diverse vie: la Muvrini sono in un processo che è molto più ampia forma di una serie di corse, abbiamo fatto la creazione polifoniche a volte divagando ampiamente rispetto a quella originaria tradizione, sono i gruppi che si abbiamo lavorato molto sul ritorno alla tradizione, ci sono coloro che hanno fatto la canzone, ci sono quelli che si sono recati in cerca di influenza nel Mediterraneo, ecc

Donc je pense que ça bouge, c’est une musique qui est bien vivante et qui propose des formes vraiment très diversifiées. Mais malheureusement, je crois que le regard des media sur cette tradition qui était un peu découverte à la fin des années 90, au bout de 10 ans, les media n’ont pas forcément fait le travail d’investigation pour voir ce qui se passait au fond, et pour voir comment au fond cette musique évoluait.

Je pense qu’elle évolue dans le bon sens dans la mesure où il y a des métissages importants, il y a une ouverture sur le monde qui est assez exceptionnelle pour des insulaires, contrairement à ce qu’on peut penser, il y a beaucoup de festivals, de rencontres qui ont été crées, beaucoup de chanteurs qui ont dit « à un moment donné, on a besoin de remettre notre chant dans sa matrice », ça veut dire d’aller comprendre d’où on vient, ça veut dire déjà que l’on a dépassé le stade où on considérait qu’on était seuls et uniques, qu’on était nés ici et que c’était un chant endémique qui n’avait rien à voir avec les autres, ce qui a été un moment donné la tentation, je crois que ça, on l’a dépassé.

Est- ce que ça bouge assez vite, pas assez vite, je crois qu’en tout cas il y a un phénomène culturel puissant, un phénomène associatif extrêmement dynamique, il y a beaucoup de choses qui se sont développées dans des répertoires extrêmement différents, avec des groupes qui sont quelquefois allés à la conquête des publics extérieurs. Je pense que c’est plutôt le signe d’une bonne vitalité.

Tradition du chant et évolution de la langue

Je suis rarement venu ici, je n’ai assisté au premier concert et fréquenté un public corse qu’hier, et il y a un truc qui m’a surpris, c’est que, en attendant le spectacle dans la file d’attente, les gens se sont mis à chanter très spontanément, symptôme d’une sorte de réflexe, alors que partout ailleurs en France, le chant est complètement tabou. Aujourd’hui le chant est très quotidien, très vivant ?

On peut discuter du déplacement de ce chant. A l’origine – encore une fois je ne peux me référer qu’à des origines récentes – il est évident que jusqu’aux années 20  c’était un chant qui accompagnait un certain nombre de rituels ou des travaux. Ces rituels ou ces travaux ont quelquefois disparu : il y avait le chant du battage du blé, il y avait le chant du labeur, des chants qui rythmaient la vie paysanne, et évidemment les campagnes se dépeuplant, cette musique n’avait plus de raison d’être.

Pertanto, ritengo che si muove, è musica che è vivo e che offre molto diverse forme. Ma, purtroppo, credo che gli occhi dei media su questa tradizione che è stato scoperto solo nel tardo anni'90, dopo 10 anni, i mass media, non può aver fatto il lavoro di indagine per vedere cosa stava succedendo responsabile, e come responsabile della musica evoluta.

Penso che si stia muovendo nella giusta direzione, nella misura in cui esiste un notevole miscelazione, vi è l'apertura al mondo che è del tutto eccezionale per l'isola, al contrario di quanto si potrebbe pensare, ci sono molti festival, incontri che sono stati creati, molti cantanti che hanno detto "a un certo punto, abbiamo bisogno di mettere la nostra canzone, nella sua matrice, significa andare a capire chi proviene, ciò significa che già abbiamo superato la fase in cui abbiamo sentito ci sono stati solo e unico, siamo nati qui e una canzone che è stata endemica non avevano nulla a che fare con gli altri, che era un tempo la tentazione, a mio avviso, è stato superato.

La mossa è abbastanza veloce, non abbastanza veloce, credo che in ogni caso vi è un potente fenomeno culturale, un fenomeno estremamente dinamico associatif, ci sono molte cose che si sono sviluppati in modi molto diversi registri, con gruppi che sono a volte è andato a conquistare un pubblico straniero. Penso che sia piuttosto un segno di buona vitalità.

La tradizione della canzone e l'evoluzione del linguaggio

Io vengo qui raramente, ho frequentato il primo concerto e il pubblico ha partecipato ad un corso di ieri, e c'è qualcosa che mi ha sorpreso è che, fino alla mostra nella coda, la gente ha iniziato a cantare molto spontaneamente, sintomatiche di una sorta di riflesso, mentre altrove in Francia, la canzone è completamente tabù. Oggi la canzone è molto quotidiana, molto vivo?

Possiamo discutere la circolazione di questo brano. In principio - ancora una volta non posso fare riferimento alla recente origine - è chiaro che fino a 20 anni è stata una canzone che ha accompagnato una serie di riti e di lavoro. Questi rituali di lavoro o, talvolta, è scomparso: non vi è stato il canto la trebbiatura del grano, non vi è stato il canto del lavoro, canzoni che punteggiano la vita contadina, e ovviamente è depopulating campagna, questa musica non aveva alcun motivo essere.

Aujourd’hui, cette musique s’est déplacée, elle est chantée dans d’autres contextes : elle est chantée dans les cours de recréation au collège ou au lycée, dans le cadre de confréries. Il y a un renouveau des confréries, de gens qui sont des laïcs, mais très en rapport avec la parole de l’Eglise.
Aujourd’hui, ce chant n’est plus le reflet direct d’une activité économique ou sociale, en tout cas économique, mais il est resté socialement très fort :  il y a un besoin indéniable de se retrouver, d’être ensemble, de se reconnaître les uns les autres par rapport à son village, à sa région d’origine, et en ce sens le chant est extrêmement puissant.

Ce qui est vrai, c’est que c’est probablement l’un des seuls endroits de France où il y a un chant qui est resté puissant. La tradition chantée, mis à part en Bretagne, est largement en recul, c’est évident. Il y a pourtant des choses superbes. Moi, je suis un passionné du travail qui avait été réalisé par Malicorne, par Gabriel Yacoub que j’adore, et c’est vrai que c’est un phénomène qui n’a pas pris ailleurs la puissance qu’il a pris ici.
B
ien sûr, il y a des tas de gens - avec qui d’ailleurs on est en contact - que ce soit le Corou de Berra, que ce soit le travail qui a été accompli par Manu Théron, par le Cor de la Plana, etc. ce sont vraiment des gens qui font un travail remarquable, mais on n’a pas le sentiment qu’il y a un phénomène très puissant, alors qu’ici, par rapport à la démographie que nous avons, par rapport à la vie culturelle que nous avons, c’est vrai que c’est un chant qui est extrêmement fort, qui est enraciné et qui surtout a retrouvé une fonction sociale.

Le chant est intimement lié à la langue . Cette langue a  telle évolué avec le temps ?

Cette langue a évolué, elle continue à évoluer. C’est une langue latine restée relativement proche de certains dialectes italiens, notamment le toscan. C’est une langue sur laquelle il y a eu tout un travail de fait, car il faut savoir que c’est une langue qui n’a réellement eu un statut de langue – revendiqué, puisqu’elle n’a toujours pas ce statut de langue - qu’à partir du moment où la Corse est devenue française.

C'est-à-dire que si la Corse était restée dans le giron de l’Italie, probablement qu’aujourd’hui le corse serait un dialecte comme il existe d’autres dialectes italiens. ça ne pose pas forcément problème, en sens inverse on n’aurait peut être pas eu non plus le travail qui a été fait, notamment l’écrit de cette langue, parce que justement on n’aurait peut être pas eu conscience que c’était une langue qui a eu une histoire, une production littéraire et poétique importante, depuis la fin du XIXe début du XXe siècle, c’est-à-dire au moment où justement naît en Corse une revendication identitaire, des revendications par rapport à l’Etat central pour être reconnus en tant que tels, pour avoir des statuts de gestion proches de l’autonomie…

Oggi, questa musica spostato, è cantato in altri contesti: è cantato nel parco giochi a scuola o in un college, come parte di confraternite. Vi è una ripresa del corporazioni, le persone che sono laici, ma molto rilevanti per la parola della Chiesa.
Oggi, questa canzone è un riflesso diretto di una attività economica o sociale, almeno economicamente, socialmente, ma è rimasto molto forte: vi è un innegabile bisogno di incontrarsi, di stare insieme, a riconoscere l'altro in relazione al suo villaggio, la sua regione d'origine, e in tal senso il brano è estremamente potente.

Ciò che è vero è che è probabilmente uno dei pochi luoghi in Francia, dove vi è una canzone che è rimasta forte. La tradizione di canto, oltre a in Bretagna, è in gran parte il senno di poi, ovviamente. Ha cose belle. Sono appassionato di lavoro che era stato diretto da Malicorne da Gabriel Yacoub amo, ed è vero che si tratta di un fenomeno che non ha adottato al di fuori del potere che ha preso qui.
B
ien naturalmente, ci sono un sacco di persone - con le quali siamo in contatto anche - se il Corou de Berra, se il lavoro è stato fatto da Manu Theron, da Cor de la Plana, ecc. erano persone reali facendo un ottimo lavoro, ma non ha la sensazione che vi sia un fenomeno molto potente, che, rispetto alla demografia abbiamo, rispetto alla vita culturale che si sono è vero, è una canzone che è molto forte, che affonda le sue radici e ha trovato una particolare funzione sociale.

La canzone è strettamente legata alla lingua. Che tale lingua si è evoluta nel tempo?

Questo linguaggio si è evoluto, continua ad evolvere. Si tratta di una lingua latina rimasta relativamente vicino ad alcuni dialetti italiani, specialmente in Toscana. Si tratta di una lingua in cui vi è stato fatto molto lavoro, perché dovete sapere che si tratta di un linguaggio che è stato realmente lo status di una lingua - ha affermato, non è ancora stato lingua - solo quando Corsica divenne francese.

Vale a dire se la Corsica è rimasta nel seno d'Italia, che probabilmente sarebbe un corso di dialetto ci sono altri dialetti italiani. non ne consegue necessariamente problema nella direzione opposta ci sarebbe stato nessun lavoro è stato fatto, compresa la scrittura di questa lingua, proprio perché non ci sarebbe forse stato a conoscenza del fatto che essa è un linguaggio che ha avuto una storia, uno letterario e poetico importante, dal momento che alla fine del XIX all'inizio del ventesimo secolo, vale a dire al momento giusto è nato in Corsica, una rivendicazione di identità, i crediti in relazione alla 'centrale dello Stato per essere riconosciuto come tale, dello statuto per la gestione di chiudere l'autonomia ...

C’est le phénomène nationaliste entre guillemets, après la politique a fait qu’il y a eu des radicalisations, et qu’il ne faut pas aujourd’hui faire un amalgame complet : il y a des gens qui sont d’obédience nationaliste qui sont des gens modérés, vous avez des nationalistes radicaux, vous avez des gens qui ne sont absolument pas nationalistes mais chez qui le sentiment corsiste ou autonomiste reste très puissant, et je crois que tout ça a contribué à faire en sorte que cette langue évolue, bouge, et surtout qu’elle commence à s’adapter, parce que pendant longtemps elle a été une langue extrêmement paysanne, qui n’existait que dans l’oralité.

Aujourd’hui, il y a quand même une production écrite importante, même si malheureusement on constate que plus le temps passe, plus le lectorat diminue par rapport au début des années 70. Je discutais avec un éditeur qui me disait « quand on sortait un bouquin de poésie corse en 1975, on en vendait 1500 ; aujourd’hui, on en vend 250 » ça veut dire qu’il y a un affaiblissement malgré tout, malgré les efforts…

C’est un phénomène général, même en France le lectorat diminue.

Absolument, il me disait par ailleurs qu’en vendant 250 ou 300 exemplaires d’une édition d’un bouquin de poésie, il était pratiquement le premier vendeur en France, parce que la poésie en France est en recul total, ce qui est évidemment dommage…

Les rencontres polyphoniques de Calvi, les rencontres avec d'autres cultures

Le choix d’A Filetta s’est fait avec une ouverture vers l’extérieur. Un des symptômes en est ce festival. Comment est née cette idée ? Est ce une volonté culturelle, politique ?

Les choses se font quelquefois de façon extrêmement naturelle. Nous existons depuis 1978.
Entre 78 et la fin des années 80, nous étions un groupe amateur, nous avions chacun notre profession à côté, et en 1987 je crois, nous sommes invités par des chanteurs sardes à participer à ce qu’ils appelaient « una rassegna di canto sacro popolare », un rassemblement : ce sont des confréries qui invitent des confréries.

Pendant longtemps, c’est resté à l’échelon de la Sardaigne, puis à un moment donné, la Sardaigne s’est ouverte sur l’extérieur et a commencé à inviter des confréries, des chanteurs comme nous, venus de Corse, de Grèce, et lors de notre première rencontre avec ces chanteurs sardes, en rentrant on s’est dit que nous, ce serait bien qu’on ait la même démarche, c’est à dire qu’on se remette en relation avec des traditions polyphoniques, des traditions vocales qui existent, qui ont le même réflexe de survie que le nôtre, et il faudrait qu’on mette tout ça en synergie, qu’on puisse à nouveau se rencontrer, qu’on puisse mieux se connaître soi même, car on sait pertinemment, encore une fois, que notre musique n’est pas endémique, elle est née de la rencontre de tas  de courants.

Questo è il fenomeno del nazionalismo tra virgolette, dopo la politica è stata che ci sono stati radicali, e non dovrebbe ora fare una miscela completa: ci sono persone che sono seguaci di nazionalismo che sono moderata persone, si sono nazionalisti radicali, che si sono persone che non sono nazionalisti, ma che si sentono corsiste di autonomia è molto potente e credo che tutti hanno contribuito a garantire che il linguaggio si evolve, si muove, e, in particolare, che inizia ad adattarsi, perché è stata a lungo un paysanne lingua, che esisteva solo nella tradizione orale.

Oggi, vi è ancora un notevole iscritto, anche se, purtroppo, che si trova più il tempo passa, i lettori è diminuito rispetto ai primi anni'70. Sono stato a parlare con un editore che ha detto "quando ci è venuto fuori un libro di poesia Corsica nel 1975, ha venduto nel 1500, e oggi si vende 250" significa che vi è ancora un indebolimento, nonostante gli sforzi ...

Si tratta di un fenomeno generale, anche in Francia declina lettori.

Assolutamente, ho anche detto che con la vendita di 250 o 300 copie di una edizione di un libro di poesia, è stato quasi il primo venditore in Francia, perché la poesia in Francia è in declino totale, che è ovviamente dommage ...

Incontri polifonici Calvi, l'incontro con altre culture

A Filetta La scelta è stata fatta con una apertura verso l'esterno. Un sintomo è la festa. Come ha fatto questa idea? Si tratta di un desiderio di politica culturale?

Le cose sono a volte estremamente naturali. Esistiamo dal 1978.
Tra il 78 e 80 anni di ritardo, siamo stati uno amatoriali gruppo, ognuno di noi faccia la nostra professione, e nel 1987, credo, siamo invitati da cantanti sardo a partecipare a quello che chiama "una rassegna di canto sacro popolare, una raccolta: sono invitanti confraternite confraternite.

Per un lungo periodo di tempo, è rimasto a livello di Sardegna, poi a un certo punto, la Sardegna ha aperto verso l'esterno e ha iniziato a invitare corporazioni, cantanti come noi, di Corsica, Grecia e durante il nostro primo incontro con questi cantanti sardo tornato abbiamo detto, anche se ci sarebbe lo stesso approccio, vale a dire che tornare in contatto con le tradizioni polifoniche vocale tradizioni che esistono, che hanno la stessa sopravvivenza di riflesso il nostro, e dobbiamo mettere tutto questo insieme, siamo in grado di soddisfare ancora una volta, siamo in grado di conoscere se stessi, dal momento che sa, ancora una volta, che la nostra musica non è endemica, è nato dalla riunione di heap correnti.
Et dès 1988, nous avons créé le premières Rencontres, qui étaient juste un échange corso sarde. Et puis à la fin, on a dit « il faut qu’on aille plus loin, il n’y a pas de raison, il faut s’ouvrir sur le reste du monde. » Dans un premier temps, sur la Méditerranée, parce que c’est probablement ceux qui nous sont le plus proches sur le plan culturel et linguistique, mais en tout cas, on peut, et très vite en 2 3 ans, c’est devenu un festival international en ce sens qu’on a reçu aussi bien des gens de Sibérie que d’Amérique du nord, d’Amérique du sud, d’Afrique du sud, d’Asie, etc.

Je crois qu’on part avant tout d‘un besoin, c’est tout simple, un besoin de se dire : « qu’est ce qu’on est, qui on est, dans quel monde on se situe, qu’est ce qu’on a à dire aux autres et qu’est ce qu’on a à approprier des autres ? ». A partir de là, la machine est partie, et c’est bien que ce soit comme ça, parce que si c’était précédé d’un objectif politique… c’est une philosophie politique, mais politique au bon sens du terme, il n’y a pas de stratégie derrière, il y a simplement un besoin irrépressible de dire « on est une partie de ce monde qui va vite, qui change, qui évolue, nous mêmes on est appelés à évoluer, qu’est ce qu’on va devenir, qu’est ce qu’on est par rapport aux autres, qu’est ce que les autres sont par rapport à nous, qu’est ce que nous on est chez les autres, et qu’est ce que les autres sont chez nous ? »
Je crois que c’est important, y compris dans la musique, d’avoir cette démarche, pour se débarrasser encore une fois de l’illusion que l’identité c’est quelque chose de figé, et quelque chose qui n’a de sens que pour être protégé. Quand on commence à parler de protection de l’identité, pour moi il y a un danger. Nous avons toujours défendu le discours qui consiste à dire : « une identité vit quand on commence à s’en affranchir » et je crois que ce qui est important, c’est cette capacité à sortir de soi même et à prendre du recul sur soi même, et à prendre conscience du fait que c’est une construction perpétuelle. Car sinon, il y a le risque de se dire : « on ne bouge plus, on est ce qu’on est », on s’impose à l’autre ou on se coupe de l’autre et je crois que c’est  le pire des chemins à suivre.

Au fur et à mesure des années, des rencontres de ce festival, il y a des liens particuliers et inattendus qui se sont créés ?

Il y a eu des liens très puissants avec la Georgie, avec la Sardaigne toute proche, des liens avec l’Albanie, mais quelquefois aussi avec des chanteurs venus de très loin, on a été surpris de découvrir des techniques vocales très proches des nôtres chez des sibériens, chez des zoulous, sans aller chercher d’explications historiques de courants de peuplement, etc., ce qui est sûr, la première idée, c’est que nous sommes tous, à la base, des hommes en prise aux mêmes difficultés, qui avons la même nécessité de survivre, de vivre, de se développer, etc., et que tout ça a produit un certain nombre de choses qui font du sens. Et qui est un sens commun. Et après il y a probablement eu des courants de peuplement qui expliquent que, par exemple, nous ayons une polyphonie très proche de celle du Caucase. Physiquement, les Georgiens nous ressemblent beaucoup, la géographie de la Georgie, du Caucase, est très proche de celle de la Corse Ce n’est peut être pas un hasard que les uns et les autres aient produit le même type de tradition, le même type de chant, par rapport à la nécessité de vivre dans un environnement qui est ce qu’il est.

E dal 1988, abbiamo istituito il primo incontro, che è stato solo uno scambio sarde corso. E poi alla fine, abbiamo detto "abbiamo bisogno di andare oltre, non vi è alcun motivo che dovrebbe aprire il mondo. "Come primo passo, sul Mediterraneo, è probabilmente perché coloro che sono più vicini alla diversità culturale e linguistica, ma in ogni caso, noi possiamo, e molto rapidamente in 2 3 anni, è diventato un festival internazionale, nel senso che ha anche ricevuto un sacco di gente dalla Siberia al Nord America, Sud America, Sud Africa, in Asia, ecc.

Penso che abbiamo una necessità soprattutto è semplicemente una necessità di dire "quello che è, chi siamo, quale tipo di mondo che si trovano, che cosa dobbiamo dire agli altri quello che abbiamo e per caso, le altre? . Da lì, la macchina è una delle parti, ed è che è così, perché se è stato preceduto da un obiettivo politico ... è una filosofia politica, ma il buon senso politico, è strategia non è dietro di esso è semplicemente un insopprimibile bisogno di dire "è una parte di questo mondo che si muove velocemente, modificando, in evoluzione, si evolverà anche noi, che cosa stiamo andando divenire, che cosa è che rispetto agli altri, quello che gli altri sono, rispetto a noi, ciò che noi siamo in altri, e quello che gli altri sono in noi? "
Penso che questo sia importante, compresa la musica, per questo, per liberarsi, ancora una volta, l'illusione che l'identità è qualcosa di fisso, e qualcosa che ha il che significa che deve essere tutelato. Quando si comincia a parlare di proteggere l'identità, per me non vi è un pericolo. Abbiamo sempre difeso il discorso vale a dire, "una vita di identità quando si comincerà a superarli e penso che ciò che è importante è la capacità di uscire da se stessi e di prendere su se stesso Allo stesso modo, e rendersi conto che si tratta di un perenne costruzione. In caso contrario, vi è un rischio per dire: "non si sposti, è ciò che siamo", si applica agli altri o una tazza di un altro, e credo che la peggiore percorso da seguire.

Nel corso degli anni, le riunioni di questo festival, ci sono collegamenti inattesi che vengono creati?

Ci sono stati molto forti legami con la Georgia, con la Sardegna vicino legami con l'Albania, ma anche a volte con i cantanti da lontano, siamo stati sorpresi di apprendere le tecniche vocali molto vicino al nostro in Siberian tra i Zulus, non cercare spiegazioni storiche degli attuali insediamenti, ecc., che è sicuro, la prima idea è che siamo tutti, in base agli uomini che le stesse difficoltà, che hanno la stessa necessità per sopravvivere, a vivere, crescere, e così via. e che tutto questo ha prodotto una serie di cose che fanno senso. E questo è un senso comune. E poi vi è probabilmente il motivo per cui posizione attuale, per esempio, abbiamo un rapporto molto stretto polifonia del Caucaso. Fisicamente, molti georgiani sono come noi, la geografia della Georgia, del Caucaso, è molto vicina a quella della Corsica Questo non è forse un caso che entrambe le parti hanno prodotto lo stesso tipo di tradizione, la stessa tipo di canzone, rispetto alla necessità di vivere in un ambiente che è quello che è.

Bruno Coulais, Medea, la multiplicité des projets, les disques et l'esprit d'A Filetta

Au delà de ces rapports de peuples, il y a aussi des rencontres humaines extrêmement importantes dans l’histoire d’A Filetta, comment ne pas parler de Bruno Coulais ?

Bruno Coulais fait partie des musiciens qui auront marqué notre parcours, et qui continuent à le marquer d’ailleurs. Nous l’avons rencontré après avoir créé Médée. Il est attentif à ce que nous produisons, et il a dès le départ envie de travailler avec nous sur la bande originale de Don Juan, et très vite se crée avec lui un climat d’amitié, de confiance, qui fait qu’on est très désireux les uns et les autres de continuer à se surprendre. Il nous invite sur ses musiques, nous, nous le sollicitons pour venir nous épauler sur telle ou telle musiques à nous.
C’est vraiment un plaisir de travailler avec un musicien pareil, parce qu’il a un côté très caméléon au bon sens du terme, il le revendique, il dit : « moi, j’aime bien être très sensible à ce que j’ai autour de moi », pour écrire des choses qui deviennent des choses qui par ailleurs lui sont très personnelles.
Quand il a écrit Himalaya l’enfance d’un chef, à aucun moment il n’a voulu écrire de la musique tibétaine, mais aujourd'hui, les tibétains ou du moins en Inde, je sais que les gens revendiquent cette musique comme étant la leur, parce que Bruno a su, tout en écrivant des choses qui lui sont très personnelles, faire en sorte qu’il y ait des éléments qui viennent à la surface et qui donnent le sentiment qu’on est dans une musique d’inspiration tibétaine.

Vous parliez de Don Juan, Médée, dont je voudrais bien connaître la genèse, ce qu’on peut remarquer c’est une volonté de réunir la tradition orale due chant corse et les grands textes ?

C’est aussi un peu un hasard, c’est la rencontre avec Jean-Yves Lazennec qui vient nous dire  « j’ai aimé ce que vous faites, j’aime bien l’idée que vous puissiez être la réminiscence de ce qu’a pu être le chœur antique » et c’est lui qui nous propose la tragédie Médée de Sénèque, ce n’est pas nous qui faisons la démarche de travailler sur ce texte là.
Ce qui est sûr, c’est qu’en cours de route on se rend compte à quel point c’est un texte qui nous touche, qui nous est proche,  qui est une partie d e notre histoire, de la Méditerranée, y compris de la Corse. Il y a comme ça pour nous l’opportunité de passer à un format largement différent de ce qu’a été notre tradition orale jusqu’à présent, qui avait un format chanson avec des strophes. Dès lors qu’on s’attaque à un texte qui a une métrique qui est ce qu’elle est, qui a des développements qui sont ce qu’ils sont, on est obligé de penser une musique qui a une architecture musicale autre, et je crois que ça nous fait sortir de nous.
Et c’est très bien, parce que ça nous a fait sortir de nous et en même temps, ça nous a aussi fait nous rapprocher d’autres courants, notamment la musique géorgienne ou la musique albanaise ou la musique grecque, qui étaient des musiques dont on sentait vraiment qu’elle étaient des musiques sœurs, jumelles quelquefois, et Médée aujourd'hui, c’est le visage de ce qu’est A Filetta aujourd'hui : un groupe qui, indéniablement, est enraciné ici, mais en même temps qui est allé à la quête d’une identité partagée avec d’autres, bien au delà de la Méditerranée.
Pour nous, Médée c’est vraiment un tournant. Avant Médée, on faisait de la tradition orale ; après, on a fait beaucoup de choses écrites aussi, notamment après la rencontre avec Bruno Coulais ; et entre les deux, Médée c’est une sorte de passage, qui nous fait passer de l’oralité à l’écrit. Mais dans Médée, on n’est pas encore dans l’écrit. C’est la raison pour laquelle Bruno Coulais dit que c’est un OVNI. C’est quelque chose d’assez inclassable.

Bruno Coulais, Medea, la molteplicità di progetti, documentazione e lo spirito di A Filetta

Al di là di queste relazioni delle persone, ci sono anche incontri estremamente importante nella storia della filettatura, come si può non citare Bruno Coulais?

Bruno Coulais è uno dei musicisti che hanno segnato il nostro cammino, e continuano a marchio altrove. Abbiamo incontrato lui, dopo la creazione di Medea. Egli è attento a ciò che noi produciamo, e che ha fin dall'inizio a collaborare con noi per la colonna sonora di Don Juan, e molto rapidamente con lui crea un clima di amicizia, di fiducia, che ci sono ansiosi di ogni altro per continuare ad essere sorpreso. Essa ci invita alla sua musica, a noi, ci chiedono di venire a sostenerci in questa o quella musica per noi.
E 'veramente un piacere lavorare con un musicista, perché ha un camaleonte il buon senso, egli afferma, egli ha detto: "Io, mi piace essere molto sensibile a ciò che ho sono intorno a me ", di scrivere le cose che sono cose che sono anche molto personali.
Quando ha scritto l'Himalaya Enfance di un cuoco, in qualsiasi momento, ha scelto di scrivere la musica del Tibet, ma oggi il Tibet, o almeno in India, so che sostengono questa musica come loro, perché Bruno ha, mentre per iscritto le cose che sono molto personali, al fine di garantire che non vi sono elementi che vengono alla superficie e dare l'impressione che ci troviamo in una musica di ispirazione tibetano.

Lei parla di Don Giovanni, Medea, che vorrei conoscere la storia, possiamo vedere che cosa è la volontà di rispettare la tradizione orale a causa corso canto e la grande?

E 'anche un po' di fortuna, l'incontro con Jean-Yves Lazennec solo dire "io amo quello che fai, mi piace l'idea che si può essere di simile a ciò è stato il coro "e ci offre la tragedia Medea di Seneca, non è che ci rendono il processo di lavoro su di esso vi.
Quel che è certo è che il modo in cui si rendono conto di quanto è un testo che tocca a noi, vicino a noi, che è una parte della nostra storia, il Mediterraneo, tra cui Corsica. E 'come per noi l'opportunità di passare ad un formato molto diverso di quello che la nostra tradizione orale fino ad ora, era una canzone con una serie di formato. Quando si affronta un testo che è un parametro che è quello che è, che gli sviluppi che sono quello che sono, siamo obbligati a credere che la musica ha una diversa architettura musicale, e Penso che ci fa uscire da noi.
E questo va bene, perché ci ha portato fuori di noi stessi e allo stesso tempo, essa ha anche reso più vicino a noi altre scuole, compresi la musica e la musica georgiano greco albanese o musica, che sono stati la musica ci è sembrato veramente musica sorelle, gemelli talvolta Medea e oggi è la faccia di quello che un Filetta oggi: un gruppo che, senza dubbio, è radicata qui, ma allo stesso tempo è andato alla ricerca di una identità condivisa con altri, al di là del Mediterraneo.
Per noi, Medea è veramente un punto di svolta. Prima di Medea, che era la tradizione orale, dopo che è stato scritto molte cose troppo, soprattutto dopo l'incontro con Bruno Coulais, e tra Medea è una sorta di passaggio, abbiamo passato la orali e scritte. Ma Medea, non è ancora iscritto. Ecco perché Bruno Coulais diceva che era un UFO. Questo è qualcosa di molto unclassifiable.

Quels sont les repères chronologiques, en quelle année a démarré cette rencontre, la démarche de Médée ?

La rencontre avec Lazennec, c’est en 1995, on a produit Médée en 1997, et on rencontre Bruno à la première de Médée en novembre 1997. Et on enregistre Don Juan en janvier 1998. Donc c’est allé vraiment très très vite. Depuis, il y a eu plein de choses, on a fait un opéra pour enfants, le Robin et Marion à Nice, on a fait du théâtre musical, on a repris le Don Juan avec Orlando Forioso qui a mis en scène le Marco Polo. Depuis on a fait plein de choses au théâtre, des créations musicales avec des chœurs bulgares, on a fait dix ou douze musiques de films, on est en train de travailler à la musique d’un dessin animé qui devrait sortir en 2007 : « Max and co », un dessin animé complètement loufoque, une production anglaise et suisse me semble t-il.
L’histoire se déroule dans une usine de tapettes à mouches. Il y a une espèce de patron infâme, qui est un crapaud qui s’appelle Rodolfo, et Bruno a écrit des choses complètement décalées, complètement déjantées, qu’on interprète en polyphonie sur des musiques très festives. Donc avec Bruno, on a fait plein de choses, et parmi ces choses, le Marco Polo qu’on a fait cet hiver avec Orlando Forioso sur un texte superbe qu’il a écrit, que Bruno a mis en musique, avec la participation d’un tibétain qui est l’acteur d’Himalaya l’enfance d’un chef, avec Marie Kobayashi avec laquelle nous avons chanté sur Don Juan en 1997, avec laquelle nous avons travaillé sur d’autres musiques. Marco Polo a été donné pour la première fois cet hiver, ici à Calvi, puis ça a été présenté à Bastia, puis à la biennale de Venise avec Guillaume Depardieu. ça a bien fonctionné, et ça doit être repris à partir de la fin du mois d’octobre.

Et il y a un projet de disque, de DVD ?

En tout cas, on espère, on croise les doigts pour que ça se fasse, parce que, malheureusement ou heureusement, en tout cas on a un rythme de travail qui est tellement important qu’on est sans cesse en retard sur la production. On a enregistré Médée en 2005, il sort en 2006, il a été créé en 1997, et depuis 1997 on a créé : un Chemin de Croix, une Passion, un Requiem, un travail sur des textes de Rodari avec Orlando sur « la Grammaire de l’imagination », qu’on a donné ici même l’an dernier ; on a créé un répertoire de chansons, on a créé un opéra pour enfants que Bruno a écrit, le Robin et Marion, qui n’est pas enregistré. Il a composé une œuvre pour nous et un quartette bulgare, ce n’est pas enregistré. Nous-mêmes, on a créé plein de choses, on est en résidence le mois prochain pour travailler avec des musiciens de jazz sur de nouvelles créations, et en fait, tout ça est emmaganisé, on compose, on travaille, on avance, mais sur le plan de la discographie, ça ne suit pas, tout simplement parce qu’on manque de temps, parce qu’on manque de moyens, parce qu’on n’a pas toujours trouvé les partenaires qui fonçaient, et que c’est difficile.

Quali sono le tappe fondamentali, quale anno ha iniziato l'incontro, il processo di Medea?

L'incontro con Lazennec, è stato nel 1995, Medea è stata prodotta nel 1997, Bruno e trovato il primo di Medea, nel novembre 1997. E ci è stato don Juan nel gennaio 1998. Così è andata veramente veloce. Da allora ci sono stati un sacco di cose, si è un'opera per bambini, Robin e Marion a Nizza, è stato teatro musicale, ha assunto con il Don Juan di Orlando Forioso, che ha diretto il programma Marco Polo. Poiché si trattava di un sacco di cose in teatro, la musica con cori provenienti dalla Bulgaria, era dieci o dodici colonne sonore, in questo momento stiamo lavorando per la musica di un cartone animato che dovrebbe essere pubblicato nel 2007: "Max e co ', uno completamente zany cartoon, prodotto dalla svizzera in lingua inglese e mi sembra ci.
La storia si svolge in una fabbrica finocchi volare. Vi è una sorta di male boss, un rospo di nome Rodolfo, e Bruno dice qualcosa di completamente scaglionati, completamente pazzo, che interprete sulla musica polifonica molto festosa. Quindi, con Bruno, è stato pieno di cose, e tra queste cose, il Marco Polo abbiamo fatto questo inverno con un superbo Orlando Forioso testo che dice che Bruno è stato messo in musica, con la partecipazione di un tibetano che è l'attore Himalaya l'infanzia di un leader, con Marie Kobayashi con cui abbiamo cantato sul Don Giovanni nel 1997, con la quale abbiamo lavorato sulla musica di altri. Marco Polo è stato dato per la prima volta questo inverno, qui a Calvi, poi è stato presentato a Bastia e poi alla Biennale di Venezia con Guillaume Depardieu. ha funzionato bene, e deve essere ripresa a partire dalla fine di ottobre.

E vi è un disco DVD?

Comunque, speriamo le dita incrociate per la sua accada, perché, per fortuna o purtroppo, almeno abbiamo un ritmo di lavoro che è così importante che noi siamo costantemente dietro alla produzione. Medea è stata registrata nel 2005, ha pubblicato nel 2006, è stato istituito nel 1997 e dal 1997 è stato creato: una Via Crucis, una passione, un Requiem, un lavoro su testi di Rodari Orlando sulla grammatica della fantasia, "abbiamo dato qui l'anno scorso abbiamo creato un repertorio di canzoni, ha creato un'opera per i bambini che Bruno ha scritto, Robin e Marion, che non è registrato. Ha composto un lavoro per noi e un quartetto di Bulgaria, questo non viene registrato. Noi stessi, abbiamo creato un sacco di cose, non vi è nel prossimo mese di soggiorno a lavorare con musicisti jazz sulle nuove creazioni, in realtà, tutto è emmaganisé, si compone, funziona, si sostiene, ma termini di discografia, non solo perché la mancanza di tempo, perché ci mancano i mezzi, perché non abbiamo sempre trovato dei partner che buio, ed è difficile .

Et le point commun entre toutes ces créations ?

Les rencontres humaines et l’envie de travailler ensemble, c’est évident. Sinon, ça n’a pas de sens. D’abord, nous mêmes a Filetta, c’est ça : l’envie d’être ensemble, le besoin très fort de parler d’une même voix . Cela ne veut pas dire être monolithique, ça veut dire respecter les personnalités de chacun, mais vraiment de dire « on est ensemble, notre destin est commun, on est sur la même barque, on est sur la même île,on est dans le même monde », et à un moment donné, ce qui guide tous ces travaux, c’est effectivement le besoin impérieux de se sentir entourés, de se sentir aimés, appréciés, et soi même d’avoir à l’égard des autres de la sympathie, de l’amour et l’ envie de leur faire partager et de le leur dire.

Une forte relation avec le spirituel donc ?

Sur le plan purement religieux, même si on est issus d’une tradition religieuse très puissante, on n’est pas forcément tous les dimanches à l’église. Mais déjà, ce qui est sûr, c’est que culturellement nous sommes très portés sur le répertoire religieux, et quand je dis religieux, c’est justement au sens premier du religieux, c’est à dire qui relie, le sentiment d’appartenance à une communauté, et d’être ensemble dans des moments bons ou pas bons, difficiles ou joyeux à vivre, et je crois que ça fait partie de notre façon de penser la musique, et c’est notre façon de la développer aussi dans nos créations, dans nos compositions et dans notre rapport aux autres musiciens.Hors dogmes ?Absolument, hors dogmes, car si on rentre là-dedans c’est la négation même de toute forme d’ouverture.

© Benjamin MiNiMuM

Vous pouvez écouter cet entretien à l'adresse suivante :

http://www.a-filetta.mondomix.com/fr/itw3275.htm

E il filo conduttore comune tra tutte queste creazioni?

Gli incontri e il desiderio di lavorare insieme è ovvio. In caso contrario, non ha senso. In primo luogo, una Filetta di noi è questa: il desiderio di stare insieme, molto forte necessità di parlare con una sola voce. Ciò non significa essere monolitico, significa rispettare la personalità di ciascuno, ma in realtà a dire "stiamo insieme, il nostro comune destino, siamo sulla stessa barca, siamo sulla stessa isola, che si trovano nella stessa mondo "e ad un certo punto, che guida tutto questo lavoro, questo è il bisogno di sentirsi circondato, di sentirsi amato, apprezzato, e così essi hanno nei confronti degli altri di simpatia , l'amore e il desiderio di condividere e dire loro.

Un forte legame spirituale con essa?

Sulla natura meramente religiosa, anche se si tratta di una tradizione religiosa molto forte, non è necessariamente ogni Domenica in chiesa. Ma già, quello che è certo è che culturalmente siamo molto concentrata sul repertorio religiosa, e quando dico religiosi, è proprio il senso della religione, cioè la sensazione di collegamento appartenenza ad una comunità e di stare insieme nella buona o cattiva, gioiose o difficili da vivere, e credo che sia parte del nostro modo di pensare la musica, e questo è il nostro modo di sviluppare anche in le nostre creazioni nel nostro composizioni e nella nostra relazione ad altri dogmi musiciens.Hors? Certamente, al di là del dogma, perché se andiamo vi è la negazione di qualsiasi forma di apertura.

© Benjamin MINIMI

È possibile ascoltare in questa intervista:

http://www.a-filetta.mondomix.com/fr/itw3275.htm
 
Vincent Zanetti

Enfin, une interview réalisée par Vincent Zanetti le 15 septembre 2006 à l'occasion de la 18e édition des Rencontres chants polyphoniques de Calvi.

De Sénèque à A Filetta...

Vincent Zanetti : En 1995, le metteur en scène breton Jean-Yves Lazennec demande au groupe polyphonique corse a Filetta de créer la musique des chœurs de Médée, la tragédie dédiée par l’auteur latin Sénèque au personnage de Jason, symbole par excellence de la découverte de l’autre, avec tous les ravissements et tous les troubles que cela implique.

Un peu plus de 10 ans plus tard, A Filetta publie aujourd'hui sur disque la dernière version de ces quatre chœurs.
Et de la même façon qu’après le voyage de Jason, l’ailleurs n’est plus vraiment ailleurs, on peut dire sans se tromper qu’après le Médée d’A Filetta, le chant polyphonique corse ne sera jamais plus le même.
Rencontre avec l’auteur de cette musique inspirée, celui qui a même été jusqu’à traduire en langue corse le texte latin de Sénèque pour pouvoir le chanter dans une langue vivante et si évidemment prédestinée au mariage de la polyphonie et de la tragédie antique. Cet aède corse, c’est Jean-Claude Acquaviva.

Jean-Claude Acquaviva, dans vos spectacles, et notamment dans la présentation de Médée, pièce qui date tout de même de 1997 et qui sort maintenant en 2006, donc 9 ans plus tard en disque, mais que vous avez chanté ici à Calvi dans les Rencontres polyphoniques, vous avez cette phrase dans la présentation qui résume presque tout : « L’ailleurs n’est plus ailleurs », directement citée du texte de Sénèque que vous avez traduit du latin en langue corse. C’est largement autobiographique, Médée ?

Jean-Claude Acquaviva : Oui, je pense que c’est autobiographique, je crois que pour nous A Filetta, Médée correspond vraiment à un moment fondamental dans notre trajectoire. Nous avons toujours dit que c’était un moment extrêmement important : d’abord c’est le moment où sans doute par hasard, par nécessité aussi, on se met à penser les choses dans des formats qui ne sont pas les formats traditionnels ;
Et aussi, on revient à l’importance du texte, du verbe, de la parole, jusqu’ici notre tradition orale est faite de chants qui sont souvent très courts, de vers souvent octosyllabiques, de poèmes très courts, de strophes qui sont reprises, etc. Et là, lorsque le metteur en scène nous demande de produire une musique pour ce chœur, on est face à un texte dont la métrique n’est absolument pas régulière, on se trouve face à un texte qui est très long, à partir duquel on ne peut pas créer un e musique comme on l’aurait fait dans la tradition, en disant : « on met en musique les 4 premiers vers, et puis après on répète ».
Cette difficulté par rapport au texte nous amène à essayer de concevoir une musique qui nous dépasse nous-mêmes, qui dépasse notre propre tradition.

Infine, un intervista con Vincent Zanetti il 15 settembre 2006 presso la 18a edizione dei Rencontres de Calvi canzoni.

A Filetta Seneca ...

Vincent Zanetti: Nel 1995, il regista Jean-Yves bretone Lazennec chiede il gruppo ha Filetta corso creare musica cori polifonici di Medea, la tragedia dedicato dall'autore latino Seneca personaggio di Jason, il simbolo per eccellenza della scoperta degli altri, con tutte le raptures e tutti i problemi che comporta.

Poco più di 10 anni più tardi, filettatura pubblicato oggi l'ultima versione del disco di quattro cori.
E subito dopo il viaggio di Giasone, l'aggiunta non è, inoltre, è sicuro di dire che, dopo Medea filettando, corso di canto polifonico non sarà più lo stesso.
Incontra l'autore di questa musica ispirata, che è stata quella di tradurre il corso di lingua del testo in latino di Seneca per essere in grado di cantare in una lingua e quindi, ovviamente, destinato per il matrimonio e la polifonia antica tragedia. Questo corso bardo, Jean-Claude Acquaviva.

Jean-Claude Acquaviva, nella vostra mostra, in particolare nella presentazione di Medea, un gioco che ancora data dal 1997 e in uscita nel 2006, quindi 9 anni più tardi, a guidare, ma hai cantato qui a Calvi Polifoniche riunioni, lei ha questa frase nella presentazione che riassume quasi tutto: "L'aggiunta è anche" citato direttamente dal testo di Seneca che tradotto dal latino in lingua corsa. Essa è in gran parte autobiografico, Medea?

Jean-Claude Acquaviva: Sì, credo che sia autobiografico, credo che per noi Filetta, Medea è davvero un momento critico nella nostra carriera. Abbiamo sempre detto che si è trattato di un momento estremamente importante: è la prima volta, probabilmente per caso, per necessità, anche noi cominciamo a pensare le cose in formati che non sono formati tradizionali;
E inoltre, spetta l'importanza del testo, parola, discorso, finora la nostra tradizione orale è fatto di canzoni, che sono spesso molto brevi, spesso octosyllabiques versi, poesie brevi, una serie di cui sono indicati , ecc. E poi, quando il regista ci chiede di produrre musica per il coro, ci troviamo di fronte a un testo in cui il parametro non è regolare, ci troviamo di fronte a un testo che è molto lunga, da cui non può creare un messaggio e la musica come avremmo fatto, nella tradizione, dicendo: "non c'è la musica nei primi 4 versi, e poi ripetere.
Questa difficoltà con il testo ci porta a cercare di sviluppare una musica che ci superare noi stessi, al di là della nostra propria tradizione.

Et en même temps, Médée arrive effectivement à un moment où nous avons déjà pratiquement 10 ans de rencontres de chants polyphoniques, où nous sommes en plein échange avec les chants géorgiens, le Caucase, où nous sommes en plein développement par rapport au théâtre, à la musique de théâtre, en tout cas aux Passions qu’on joue à Calvi…
Donc Médée, c’est la musique qui arrive et qui fait qu’A Filetta devient A Filetta, je crois que c’est clair.
Jusque là, on n’aurait pas forcément pu nous distinguer des autres groupes polyphoniques, on chantait une tradition orale comme d’autres : Tavagna, nous, les Chjami Aghjalesi, Canta U Populu Corsu, tous les groupes de Corse travaillaient sur le même répertoire polyphonique, on avait à peu près tous les mêmes repères, les mêmes répertoires polyphoniques. Médée arrive à un moment qui est tel qu’on a un bagage qui est ce qu’il est, qui fait qu’on a une idée de notre musique qui a beaucoup évolué depuis 1987, et ça produit une musique qui ensuite va nous permettre justement, à mon avis, d’aller plus loin encore, d’aller sur des choses plus osées, plus contemporaines, plus modernes, notamment sur le plan des harmonies, avec le Requiem, les Chemins de Croix ici. Nous avons produit des choses qui du coup s‘éloignent encore plus de la tradition, sans doute,  mais qui proposent des pistes de prolongement.
Pour nous, Médée est un tournant. En fait, si vous voulez, avant Médée, il y avait un travail qui n’était qu’oral. Avec Médée, il y a quelque chose qui n’est pas écrit, puisque la partition proprement dite n’a jamais été fixée, n’est pas écrite, mais qui devient quand même plus fixé, plus écrit. On a travaillé sur des mélodies harmonisées. Elles étaient, comme dans la tradition orale, relativement libres : on savait qu’il y avait telle ligne mélodique, relativement libre et qu’autour de ça il y avait des blocs harmoniques ; on savait qu’à tel moment on était sur tel accord, on allait vers tel autre, etc. C’est fixé en quelque sorte, mais ce n’est pas écrit. Et après Médée, on a continué à faire des choses comme on faisait Médée, on a continué à faire des choses comme on faisait avant Médée, c’est-à-dire complètement orales, et on a fait aussi des choses complètement écrites.

E allo stesso tempo, Medea effettivamente accade in un momento in cui abbiamo quasi 10 anni di riunioni di brani, dove siamo nel commercio con i brani della Georgia, del Caucaso, dove siamo in fase di rapida crescita, rispetto al teatro, musica teatro, almeno ci gioco la Passioni a Calvi ...
Quindi, Medea, la musica è una realtà e il fatto che diventa Filetta threading, credo che sia chiaro.
Fino ad allora, non è necessariamente in grado di distinguerli dagli altri gruppi di canto polifonico è una tradizione orale Tavagna come altri, abbiamo la chjama Aghjalesi, Canta U Populu Corsu Corsica tutti i gruppi di lavoro sulla stessa directory Polyfoniche, abbiamo avuto più o meno lo stesso di marchi, la stessa directory polifonici. Medea giunge in un momento che è tale che un fondo che è quello che è uno che ha un'idea della nostra musica si è evoluta dal 1987, e produce una musica che poi ci permettono giustamente, a mio parere, di andare oltre, di andare su cose più audaci, più contemporaneo, più moderna, in particolare nel armonie, con il Requiem, la Via Crucis qui. Abbiamo prodotto cose che soffiano via ancor più della tradizione, senza dubbio, ma che offrono possibilità di proroga.
Per noi, Medea è un punto di svolta. In realtà, se si vuole, prima di Medea, non vi è stato un lavoro che è stato per via orale. Con Medea, c'è qualcosa che non è scritta, in quanto il cliente stesso non è mai stato risolto, non è scritto, ma diventa ancor più determinata, più iscritto. Abbiamo lavorato su melodie armonizzate. Esse sono state, come nella tradizione orale, relativamente libero, sapevamo c'era una tale linea melodica, relativamente libero e che attorno ad essa vi erano blocchi armoniche, sapevamo che questa volta non vi è stato l'accordo , così siamo andati a un altro e così via. Questa è fissata, in qualche modo, ma non è scritto. Medea e dopo, abbiamo continuato a fare le cose come Medea è stata, essa ha continuato a fare le cose come abbiamo fatto prima di Medea, ovvero per via orale, ed è stato anche qualcosa di scritto.

Donc Médée est une charnière, une pierre angulaire.

Et pour la petite anecdote, on a fixé Médée par l’écrit. Maintenant, si vous l’entendez, vous ne reconnaissez absolument pas Médée. On n’a pas la capacité de le fixer tel qu’on le chante. Simplement, pour prendre des repères, pour s’assurer malgré tout qu’on est dans le respect de certaines modulations, de la tonalité, on a plus ou moins, de façon très simplifiée, on a écrit les grandes lignes de Médée avec les harmonies. Mais si vous le faites jouer par un outil informatique, oui, vous avez les harmonies qui vont revenir, mais vous ne reconnaissez pas, parce que ce qu’on fait sur scène, on le fixe difficilement.
Pour répondre à votre question, comment a-t-on travaillé ?
On a travaillé sur une série de mélodies. D’ailleurs, ce qui a été pour moi le plus passionnant dans ce travail, c’est d’avoir pour les quatre chœurs des climats qui, évidemment, sont fonction de la dramaturgie, de ce que dit le texte et de ce qu’il annonce.
Mais ce qui est intéressant, c’est que le premier chœur est probablement celui qui est resté le plus proche du chant traditionnel ; le deuxième, qui au niveau de l’idée même du texte de Sénèque, est celui qui est à mon avis le texte le plus moderne, c’est justement celui là qui dit « désormais l’ailleurs n’est plus ailleurs », c’est celui qui est le plus en rupture avec tous les autres ; pour le troisième, on revient à quelque chose qui est en partie traditionnel, mais qui par contre, dans certains développements, est beaucoup plus moderne que le second ; et le quatrième, c’est un chœur beaucoup plus ramassé, c’est le seul chœur rythmique, le seul qui est mesuré en quelque sorte, et c’est celui qui voulait donner le sentiment qu’on arrivait à quelque chose qui paradoxalement, alors que ça devient mesuré, est en train de s’affoler, de se déformer, c’est le moment de la fureur de Médée, et c’est là où les voix deviennent sans doute les plus folles.
Et ce qui a vraiment été passionnant, ça a été de travailler sur certains thèmes qui existent dans le premier chœur, qui passent dans le troisième, et qui passent dans le quatrième, des thèmes qui à chaque fois sont harmonisés de façon différente et qui justement se déforment, et arrivent à la fin avec ce qu’on a voulu être le chœur sans doute le plus fou, le plus déstructuré, même si, encore une fois, sur le plan de l’organisation rythmique c’est le seul qui est rythmé, qui est rythmique, qui est mesuré.

Alors, comment s’est passé le travail avec les autres ? Dès lors qu’il y avait ces choses là qui étaient établies, fixées, il y a eu tout un travail de mémorisation, de maillage, pour faire en sorte qu’on passe d’une harmonie à l’autre, chacun tenant compte de la façon dont les autres développent.

Così Medea è un cardine, una pietra miliare.

E per l'aneddoto, che è stato fissato da Medea iscritto. Ora, se si sente, non si riconoscono Medea. Se non hanno la possibilità di impostare come cantare. Semplicemente, cuscinetti a prendere, per garantire che siamo ancora in conformità con alcune modulazioni di tono, si è più o meno, molto semplificato, abbiamo scritto una bozza di Medea con armonie . Ma se si gioca con uno strumento, questo sì, avete le armonie che tornare indietro, ma non si riconoscono, perché quello che facciamo sul palco, è la difficoltà.
Per rispondere alla sua domanda, come ha lavorato?
Abbiamo lavorato su una serie di melodie. Inoltre, ciò che è stato per me più emozionante di questo lavoro è quello di avere cori per tutti e quattro i climi che, ovviamente, dipende dal dramma di ciò che il testo dice e ciò che ha annunciato.
Ma ciò che è interessante è che il primo coro è probabilmente quello che è rimasto più vicino alla canzone tradizionale, il secondo, alla stessa idea del testo di Seneca, è che a mio avviso, la la più moderna del testo, è proprio quello che ha detto "ora è anche più altrove", è uno che è più in contrasto con tutti gli altri, per il terzo, è fino a qualcosa di è in parte tradizionale, ma contro chi, in alcuni sviluppi, è molto più moderna rispetto al secondo e il quarto è un coro raccolto molto di più, è l'unico coro ritmica, l'unico che viene misurata in alcuni modo, ed è colui che ha voluto dare la sensazione che qualcosa è successo che, paradossalmente, mentre è misurata, è in fase di panico, di falsare, è il momento di furia di Medea e questo è dove i voti sono probabilmente i più folli.
E ciò che è stato davvero emozionante, è stato lavorare su alcuni temi che esistono nel primo coro, che passa al terzo, quarto e nel passare, ogni volta che le questioni sono armonizzate in modi diversi e che solo diventare distorta, e arrivare alla fine con quello che abbiamo voluto essere il coro probabilmente il più pazzo, più strutturata, anche se, ancora una volta, in termini di organizzazione ritmica è l'unica che è ritmico, che è il ritmo, che viene misurata.

Quindi, come ha lavorato con gli altri? Da quando è stato queste cose che sono state, insieme, vi è stato un bel ricordo, la messa in rete, in modo da trascorrere una armonia di un altro, ciascuno tenendo conto delle sviluppare come gli altri.

C’est pour ça que Médée a mis beaucoup de temps à mûrir. C’est pour ça que, quand on écoute nous les premiers enregistrements de Médée, aujourd’hui ils sont extrêmement différents parce qu’il y a plein de choses qui ont évolué et notamment il a fallu attendre d’avoir une respiration commune dans le texte, dans le verbe, et cela a pris beaucoup de temps.
Alors aujourd’hui les gens qui nous entendent chanter viennent nous voir en disant : « mais comment faites-vous, vous n’avez aucun repère rythmique, vous êtes ensemble sur le plan harmonique, avec des frottements, avec des choses qui modulent, comment faites-vous sans repères ? » Eh bien, c’est la mémoire,  c’est dix ans de pratique commune qui font qu’on arrive à mémoriser les choses de cette façon là.

On l’a dit, Médée c’est un peu une pierre angulaire dans l’existence d’A Filetta. Pour vous compositeur, bien sûr vous avez continué à composer, vous avez composé avant, vous avez composé après, mais tout de même, la barre est montée très haut, comment vivez-vous l’après Médée ? Parce que, encore une fois, l’ailleurs n’est plus ailleurs. Maintenant, où allez vous chercher l’ailleurs, parce que vous avez cette soif là ?

Vous savez, ce qui est délicat pour nous, c’est que Médée, comme vous le disiez, est une pierre angulaire, une sorte de passage. Et c’est vrai qu’on a été à l’aise dans le passage, et ce qui nous fait un peu peur pour l’après, d’ailleurs ça s’est vérifié, puisque on a beaucoup travaillé après, on a composé plein de choses, mais on a fait des choses qui sont devenues sans doute, pour l’instant, pour ce qui a été produit, des choses qui seraient plus proches d’une forme de musique classique contemporaine que véritablement de ce qu’on a produit avec Médée.
Bruno Coulais disait de Médée : « c’est un OVNI », c’est quelque chose d’assez inclassable, parce que ça module beaucoup plus que la musique traditionnelle, mais en même temps, c’est sur des fonctionnements de la musique traditionnelle. Ce sont des harmonies plus modernes, mais on y retrouve quand même les éléments essentiels de la musique traditionnelle. Médée est une musique qui est vraiment celle qui nous permet de sortir de la tradition, mais qui reste quand même enracinée, amarrée en quelque sorte à la tradition, même si on s’en éloigne, même si on y a intégré des choses nouvelles, il y a toujours un contact.

Ce que l’on a fait par la suite, on a fait des choses qui, à mon sens, sortent beaucoup plus des sentiers de la tradition. Alors, ce n’est pas qu’on le regrette, car quand on compose, on n’a pas à se poser le problème de savoir où on va et si on est dans des routes jalonnées, mais en même temps, on peut très bien accéder à un type de musique dans lequel on peut ne pas être du tout reconnu.
Parce qu’on n’est pas des classiques, on n’est pas des chanteurs de musique contemporaine, on n’en a pas la formation, les qualités, par contre je pense qu’on peut dire des choses dans un langage qui s’éloigne de celui de la tradition, on peut faire valoir des choses au niveau notamment de la façon de vivre le chant ensemble, de continuer à le tisser ensemble, ça, ça me semble important.
Je crois que la différence fondamentale entre un groupe comme nous et un chœur classique quel qu’il soit , c’est que le chœur classique fonctionne par rapport à quelque chose d’écrit : il y a des pupitres, c’est réglé très souvent par quelqu’un d’extérieur, etc. Nous, on ne peut pas fonctionner comme ça, nous, on est obligés d’être les uns dans les autres, de s’abandonner les uns aux autres, ça, ça ne pourra pas changer.
Par contre, on sera amenés, et on a été amenés, à faire des choses plus mesurées, qui s’approchent plus d’une certaine forme de musique contemporaine. Alors, est ce que les gens vont comprendre ? Nous mêmes, on est toujours dans l’interrogation, évidemment, quand on fait quelque chose : quand on faisait Médée, on se disait : « est-ce qu’on ne s’éloigne pas trop ? Est ce qu’on a le droit de digresser ainsi ? Est-ce qu’il ne faut pas revenir à des choses plus simples, faire des choses plus accessibles ? » et puis finalement, on est sortis de Médée avec la satisfaction d’avoir fait quelque chose qui correspond à notre personnalité, à notre façon de voir la musique et son évolution en Corse et ailleurs.

Pour en revenir à votre question, c’est un peu notre interrogation. Après, il y a aussi le fait qu’on avance dans l’âge, on avance dans la musique, on avance dans le contact ; on a beaucoup travaillé avec Bruno Coulais, c’est évident qu’ensuite il y a des influences, la musique écrite beaucoup plus, est ce qu’on sera capables à l’avenir de continuer à produire une musique qui soit autant un OVNI que Médée ? Je n’ai pas la réponse.


Et enfin, une interview pour RFI Musique :
Les polyphonies colorées d’A Filetta
Nouvel album Bracanà

Paris 
15/07/2008 - 
Le nouvel album d’A Filetta, Bracanà parcourt les multiples facettes artistiques de ce combo de chanteurs fondé il y a tout juste 30 ans. Toujours partant pour rencontrer leurs frères chanteurs à travers le monde, A Filetta s’impose comme un des groupes les plus excitants de l’île de Beauté. Interview de Jean-Claude Acquiva, un homme qui a choisi sa voix.

I

RFI Musique : Ce nouvel album s’intitule Bracanà. Quel est le sens de ce mot corse ?
Jean-Claude Acquaviva : Il a deux significations : "bariolé" et "changer de couleur à l’approche de la maturité". "Bariolé" correspond bien à ce nouvel album, à ces 14 chants métissés. "Bracanà", on le dit du pelage d’un animal. Cet album est tout sauf uniforme. On y retrouve des chants liturgiques chrétiens, des chants géorgiens, des monodies traditionnelles, des créations dont une, Liberata, à la mémoire de Pierre Griffi, un héros de la Résistance en Corse. Ce morceau sert de générique à un téléfilm sur la Resistance sur l’île durant la Seconde Guerre mondiale. Treblinka parle d’espoir, du souffle de vie au cœur de l’horreur, 1901 de l’exil à travers les destins de frères géorgiens. L’Invitu est extrait de notre création autour du Médée de Sénèque. C’est un disque ouvert, en fait. Mais "bracanà" se dit aussi d’un fruit qui change de couleur en mûrissant. C’est aussi ça un peu le reflet de notre parcours sur ces 10 dernières années durant lesquelles nous avons beaucoup tourné et provoqué beaucoup de rencontres. Ce parcours atypique nous a conduits vers d’autres traditions polyphoniques tout autour de la Méditerranée, mais aussi plus largement dans le monde, en Asie, en Afrique. On ne sort pas indemne de tout ça. Forcément notre répertoire évolue. Chaque album est différent. Heureusement d’ailleurs, en 30 ans de carrière, ça serait vite ennuyeux pour nous, comme pour le public.

 
Que regard portez-vous sur ces 30 ans d’activité ?
Tout d’abord, j’ai vraiment la sensation que ces 30 années sont passées en quelques heures seulement… Il n’y a ni frustration, ni amertume. Aucune routine ne s’est installée. Nous n’avons jamais raisonné en termes de développement de carrière. Nous avons plutôt évolué au gré de rencontres, de nos rêves et de nos surprises. C’est probablement ce qui explique notre longévité. Pour nous, l’important est d’avancer, et d’avancer ensemble. Nous avons la même façon de voir la vie. On adhère à la même démarche. Ça passe par une grande rigueur dans le travail, rigueur qui ne nie pas pour autant la personnalité de chacun. C’est ce qui nous permet de nous renouveler, en invitant par exemple des plus jeunes à nous rejoindre.

Quelques souvenirs forts au fil de ces 30 ans ?
Beaucoup de tournées nous ont marqués par la qualité des échanges. Dans le Caucase par exemple ou dans la Géorgie de l’après-guerre civile. En Afrique, nous avons été impressionnés par ce que nous avons vu et par l’accueil du public, pas forcément celui des organisateurs. Les Rencontres Polyphoniques que nous co-organisons à Calvi, depuis 20 ans sont aussi des moments forts.

Quelques mauvais souvenirs, aussi ?
Pas tant que ça. Bien sûr quelques galères souvent liées à de mauvaises conditions scéniques ou lorsque nous avons inauguré un festival en Hollande et que nous avons joué devant un parterre vide, ou dans des villages qui semblaient désertés. Aujourd’hui, on en rigole. Les vrais coups durs sont liés à la disparition de proches.
Quelles perspectives pour le chant corse ?
Il y a 30 ans quand on a commencé, c’était assez exotique. Même en Corse. En fait, il a des vagues. L’intérêt pour notre travail et pour les musiques que nos défendons en général croît ou décroît en fonction de raisons qui nous sont parfois totalement étrangères. Le boum des Voix Bulgares a provoqué un temps un regain d’intérêt pour les traditions vocales. Forcément les difficultés que traverse l’industrie du disque ne sont pas sans conséquence sur notre développement. Il y a quelques années, nous étions plus souvent conviés sur des plateaux télés. Maintenant moins. Notre musique n’a pas fondamentalement changé. La télé, si.
Comment imaginez-vous votre avenir musical ?
On ne se projette pas … Impossible de dire ce qu'il en sera dans 5 ou 10 ans. Je sais juste que l’on continuera à faire entendre notre voix, parce qu’on a des choses à dire, parce que notre volonté est intacte, notre enthousiasme et nos rêves aussi. Nous continuerons à produire tant qu’il y aura de l’envie, du souffle et de l’entrain. Quant à la musique, elle continuera ! C’est comme la vie, on ne se pose pas la question de pourquoi on vit. On vit, point barre !
 

A plus court terme, quels sont vos projets ?
Des projets de rencontres évidemment. En septembre, lors des prochaines Rencontres Polyphoniques, nous allons travailler avec Danyel Waro. Nous donnerons un concert dans la foulée et nous nous retrouverons pour Africolor en décembre. C’est un extraordinaire personnage, un militant de l’humanité et de la "batarcité". Sinon, nous travaillons avec des musiciens de jazz tel le trompettiste Paolo Fresu ou le bandonéoniste Daniel di Bonaventura. Nous avons aussi collaboré avec le guitariste portugais Jorge Fernando et avec Yves Duteil sur son dernier album.

Des envies de collaborations autres ?
On aimerait bien travailler avec Gabriel Yacoub ou Gianmaria Testa. Ce qui nous intéresse dans ces rencontres et dans la musique de manière générale, ce n’est pas l’idée du but à atteindre mais plutôt celle de l’épanouissement au quotidien. Il est clair qu’avec l’arrivée de la world, nombreux sont ceux qui ont cru aux vertus du métissage. Mais le métissage pour qu’il soit réussi doit être l’aboutissement naturel d’une rencontre.

Vous avez travaillé pour le monde de l’image, le théâtre, l’opéra ou la danse… est-ce aussi une façon de contourner la crise du disque ?
Dans les faits, c’est peut-être ça… Mais nous, on n’a sollicité personne. Ce sont plutôt Bruno Coulais ou Sidi Larbi Cherkaoui (le chorégraphe : ndlr) qui sont venus à nous. Il n’y avait rien de calculé, pas de volonté de dire : "on va faire ça pour contourner la crise du disque…". Il est indéniable que ces collaborations nous ont ouvert de nouveaux publics.
Les mots de Jean-Claude Acquaviva
 
U lamentu di Ghjesù
Photo : Françoise COULOMB - 7 septembre 2005, Calvi
La tradition

Dès lors que l'on a des racines, on n'a pas besoin de prouver qu'on y est fidèle.Toutes les traditions n'ont de sens que dans la mesure où elles évoluent. Elles évoluent naturellement depuis toujours, ne serait-ce que par la communication, par les civilisations qui se succèdent, se croisent où s'entrechoquent et quelque fois se déchirent. De là naît une culture. Si l'on doit faire une analyse du chant polyphonique traditionnel on ferait le constat qu'il est endémique, c'est un chant qui manifestement a des origines ailleurs où il a été influencé. Il faut replacer ce chant dans une perspective d'ouverture sur le monde, il ne faut pas faire du suivisme et se mettre dans les pas d'une musique dominante. Si notre musique est ouverte, tant mieux ! Elle doit le demeurer pour continuer à être le reflet d'une communauté qui vit, avance et évolue.

Quand on est issu de la tradition orale, avoir des racines, c'est en même temps extraordinaire et terriblement handicapant, parce que dès que l'on sort du chemin, de la tradition, on se pose sans cesse la question : "ai-je le droit de sortir du chemin ?" Nous avons pris ce droit il y a plus de 20 ans, et ce qui nous rassure et nous comble, c'est que le public nous accepte tels que nous sommes et qu'il comprend bien notre démarche.

La tradition n'a de sens que si elle continue d'être le reflet d'une communauté qui avance.

 La langue

Se focaliser sur la défense de la langue, c'est se tromper de combat. La langue, si elle n'est pas celle du pain, du jour, du repas, du coucher, ce n'est pas la peine de se battre pour elle. Ce qui est important, c'est d'essayer de vivre par la langue et non pas de faire vivre la langue. Dans ce sens-là, on se considère toujours comme des gens militants. Pas des militants qui se posent en défenseurs d'un sanctuaire. Un sanctuaire, ça sent déjà la mort. Notre musique, c'est tout sauf quelque chose de proche de la mort.

A Filetta

En octobre 1978, naissait le groupe A Filetta. A l'époque nous ne savions pas et d'ailleurs, nous ne savons toujours pas, s'il s'agissait du rêve d'une esquisse ou de l'esquisse d'un rêve. L'esquisse d'une demeure à jamais ouverte où pourraient venir trouver refuge, les âmes entremêlées, qui dans leur quête d'éternité, tissent et retissent les fils de ce vieux partage qu'est le chant.Le rêve d'un navire sans pavillon, parti de nulle part sillonner l'ailleurs où des phares immémoriaux pourraient peut-être un jour lui dire : " c'est là, parmi vous, dans l'éphémère partagé que sont les étendues éternellement heureuses. "

Vingt ans aux côtés de tous ceux qui ont la conviction que la vie est de ces batailles à mener dont il ne faille sortir ni vainqueur ni vaincu, mais grandi.

Et, s'il fallait, au terme de ces quelques années que subsiste une empreinte et une seule, nous souhaiterions vraiment que ce soit celle de voyageurs dont la seule préoccupation serait de ne rien vouloir altérer.Il faut être ce que nous sommes et l'être pleinement et ne pas chercher ni à plaire, ni à complaire; il ne faut pas tricher avec cela.

Nous sommes un vieux groupe de jeunes chanteurs.

"A Filetta a constitué un cocon où l'on s'épanouit quelquefois à l'abri des vicissitudes d'un quotidien agité par les soubresauts de nos sociétés du tout-marchand où seule compte la capacité à être plus fort que l'autre pour mieux l'écraser. Enfin, A Filetta a également été une vraie école du partage, du travail et de l'exigence envers soi-même." (source : A Pian' d'Avretu")

Chanter

Chanter c'est, aussi et peut-être surtout, dire tendrement des choses puissantes et puissamment des choses tendres.Notre chant est de pierre et d'eau. Dans ses plis et replis, dans ses arcanes, il épouse les contours de l'âme de ce rocher tumultueux qui nous a engendrés.
Notre chant est un chant qui consacre la mémoire, il est aussi un chant qui prône l’ouverture, l’accès à l’autre. Surtout, il traduit le besoin profond de n’être que ce que nous sommes, mais à l’être pleinement, sans complexes, en authenticité et généreusement. Pas en essayant d’en faire un sanctuaire. Le sanctuaire, cela sent déjà la mort.

La polyphonie

La pratique de la polyphonie est absolument liée à l'établissement d'un lien social. C'est peut-être ce qui explique sa force et le fait qu'elle ait trouvé une nouvelle raison d'exister. Pratiquer cette musique, tenter de lui donner un prolongement, c'est pour nous caresser l'espoir de rapporter les clameurs nées du campement de quelques nomades dans ce désert qu'est le temps.Au-delà de l’aspect technique, la polyphonie est une musique de partage, qui ne se conçoit que dans la complicité. Il faut bien se connaître, beaucoup d’échanges sur le plan humain pour que cela fonctionne. Pour qu’il y ait une cohésion entre plusieurs voix, il faut qu’il y ait du sens à travers ce qui est chanté. C’est une musique qui contribue à créer des rêves collectifs.

La Corse

Je considère que le problème corse est spécifique, comme le problème de n’importe quelle micro-région l’est. Parce qu’il y a des raisons, une histoire, une géographie, propre. Mais, j’ai toujours pensé qu’il n’est qu’une toute petite partie d’un grand problème universel qui tient à la répartition des richesses, à la justice, à l’équité, au respect. Du plus petit de la chaîne au plus haut, respectons la vie dans ce qu’elle a de sacré, donnons à chacun les moyens de vivre dignement. Il faudra bien trouver un jour ou l’autre les solutions du développement.

La vraie Corse est pour moi la Corse avec toutes ses composantes. Les meurtres, les attentats, les rivalités font aussi partie de la Corse et il ne faut pas évacuer cela. Mais, tout à côté il y a des gens qui progressent, qui produisent, qui travaillent, qui essaient que cette terre aille de l’avant. De cela on ne parle pas, ou très peu.

Le problème corse n’est pas un problème local, il est mondial. Comme beaucoup d’autres territoires dans le monde, face à la mondialisation, la Corse doit garder sa spécificité et sa culture. Le vrai enjeu est là.

Un Continental qui change de département n’a pas le sentiment de partir de chez lui. Un Corse qui part de Corse s’arrache. Cela a eu une influence très forte sur cette volonté de maintenir, de cultiver.

Sur une île on peut avoir l’impression que tout s’arrête : même la terre ferme !

La violence

La France a eu en Corse une politique violente, elle a essayé d’éradiquer tout ce qui faisait la spécificité des Corses au niveau de la langue, de la littérature. La France, par des lois douanières assassines, a essayé de mettre complètement par terre l’économie corse. Cela fait aussi partie de l’histoire de France. Aujourd’hui, cela se traduit par une violence qui a été en partie légitime et une violence qui, en grande partie, a dérivé pour des tas de raisons, pour des choix qui ont été faits ou pas. Parce que la clandestinité a pris le pas sur le reste et l’on sait qu’une violence clandestine est incontrôlable. Sous couvert d’une violence clandestine, des bandes armées se constituent, elles se partagent des secteurs. On est donc arrivé à des dérives avec, malheureusement, des gens sincères qui se sont faits flinguer sur le terrain et des gens douteux qui ont fait leurs affaires. Aujourd’hui, on en est là.

J'ai toujours considéré que la violence clandestine était une erreur originelle. Non seulement elle permet toutes les dérives, mais elle entame notre capacité citoyenne à prendre en charge nos responsabilités et donc notre devenir. Enfin, elle porte en elle les germes de l'arbitraire.

L'engagement

Le chant a été pendant longtemps, dès la fin des années 60 et depuis le phénomène revendicatif très fort, une parole militante. Il a été le moyen de faire passer des idées. Le mouvement autonomiste s’est beaucoup appuyé sur les chanteurs. Aujourd’hui, nous sommes capables de dire avec notre langage et notre musique ce que les peuples de la terre disent avec leur langue et leur musique. Je ne pense pas que si on en était resté à quatre paroles chantées de façon militaire, on aurait fait progresser notre terre comme elle a progressé. Car, quoi qu’on en dise, durant les trente dernières années, on a fait un sacré bond en avant, même si nous qui vivons la Corse au quotidien, nous avons toujours le sentiment que les choses n’avancent pas. Les premières années ont été militantes jusqu’aux années 80, puis tout cela est devenu plus universel. On a donné à l’universel nos couleurs spécifiques. Le terme militant renvoie à une idée de combat pour... Je préfère l'appeler associatif, bénévole, naturel.Toute harmonie est inaccessible dès lors que l'on ignore l'Autre dans sa spécificité, dans son tempérament, dans son essence, mais aussi dans ses failles, ses insuffisances, ses souffrances.

Le monde

Nous considérons que nous vivons dans un monde qui ne peut qu’aller dans le mur. Quand 10 % des gens de la planète se répartissent 98 % des richesses, cela ne peut pas tenir. C’est non seulement injuste, mais invivable.

Le racisme

Il me semble aussi dangereux de montrer la Corse du doigt (comme étant raciste) que d'affirmer la main sur le coeur que les Corses ne sont absolument pas racistes.

L'identité

L’identité ne se décrète pas, elle ne se projette pas, elle se dévide dans le souffle des hommes, et la sauvegarde de l’identité passe par l’identité plus que par la sauvegarde.

En conclusion...

"Produire du sens, tisser du lien, restaurer le respect, accepter de se construire aussi dans l’altérité".
 
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Un grand merci à Carole de me l'avoir signalé.

Jean-Claude Acquaviva, racine corse
Adriano Farano - Paris - 14.11.2006 Traduction : Gilles Pansu

Chanteur et leader du groupe de polyphonie corse ‘A filetta’, Jean-Claude Acquaviva, 41 ans, disserte sur son dernier album, les femmes de l’île de Beauté et la France jacobine. Le charisme de mon invité transparaît dans ses yeux gris acier qui m'accueillent au matin d’une limpide matinée d’automne parisienne. Mais c’est avec sa voix, grave et hiératique, que Jean-Claude Acquaviva a su mener son groupe, ‘A filetta’ aux sommets de l'art de la polyphonie corse. Un timbre a cappella qui, mêlé à celui des six autres membres du groupe, a conquis le public de l'auditorium de l'Institut du Monde Arabe, le soir avant que je le rencontre.

N'oublie jamais la fougère

La salle parisienne n'était pourtant pas à la hauteur des performances acoustiques de la petite église de village où j'ai entendu pour la première fois chanter ‘A filetta’. « C'est vrai », admet Jean-Claude Acquaviva « des concerts comme celui de Rogliano [au Cap corse] nous permettent de conserver un lien avec notre terre. » L’homme parle corse, une langue largement compréhensible pour moi qui suis Italien.
’A Filetta’ cherche à préserver la simplicité qui existait lors de la formation du groupe en 1978 par " des amateurs." Parmi les membres de la première heure, des "instituteurs ou des bergers" et Jean-Claude Acquaviva, 13 ans à l’époque. "Nous avons payé de notre poche notre premier voyage à l'étranger, dans la Sardaigne voisine", se souvient-il en souriant. "On ne demandait rien de plus".
En 1994, l’heure du choix sonne. "Nous étions face à une alternative," explique Acquaviva : "Continuer à nous amuser ou prendre les choses au sérieux. Nous avons pris la voie professionnelle, portés par l'envie de nous réaliser, avec l'aide du compositeur Bruno Coulais et du metteur en scène Jean-Yves Lazennec".
A une condition : rester fidèle à leur nom. En corse, "filetta" signifie "fougère", une plante très répandue sur l’île de Beauté et "difficile à arracher car dotée de racines qui se développent à l'horizontale", souligne Acquaviva, joignant le geste à la parole. "D’ailleurs quand un corse quitte l'île et oublie ses racines, on dit : ‘s'è scordatu di a filetta’ [il a oublié la fougère]".

De l'innovation mais pas de pop

Pour Jean-Claude Acquaviva, la musique corse doit être à l'avant-garde. "Nous voulons être aussi populaires que les autres genres musicaux, sinon autant nous mettre au musée. Nos collègues qui s'opposent aux innovations me rappellent les damnés de ‘l'Enfer’ de Dante qui furent condamnés à marcher la tête à l'envers et à pleurer par derrière. Pour autant, il ne faut pas perdre l'authenticité de la musique corse", martèle t-il. Référence implicite à ‘I Muvrini’, autre groupe de polyphonie corse très connu, qui a mélangé les chants traditionnels avec des sonorités pop et des fonds sonores instrumentaux.

Le discours d’Acquaviva vaut aussi pour la politique. "On nous accuse d'avoir oublié notre engagement des premières années en faveur de l'indépendance de la Corse", explique Acquaviva avant d’enfoncer le clou. "En réalité, nous sommes encore plus militants qu'avant."

Une Corse "annexée par la France"

Mais quel rapport entre la question corse et le dernier album d' ‘A filetta’ intitulé Médée ?

"Le thème des femmes, " explique Acquaviva, qui cite même le poète Sénèque en introduction d'une de ses chanson : ‘Nulle force au monde, ni ouragan, ni incendie ou machine de guerre n'a la violence d'une femme abandonnée, ni sa force ou sa haine’. "Je vois chez Médée la même force que chez les femmes corses qui sont descendues dans la rue dans les années 90 pour protester contre la violence des indépendantistes."

Une violence avec laquelle Acquaviva confesse entretenir des liens ambigus. "Nous condamnons les crimes de sang commis par les ‘clandestins’. Mais on ne peut pas se contenter de condamner", glisse t-il avant de reprendre d'un ton sérieux, en français cette fois : "Qu'on le veuille ou non, la violence clandestine naît de l'injustice. Je ne suis pas pour l'indépendance, mais il ne faut pas oublier un fait historique irréfutable : la Corse a été annexée par la France. Et c'est une terre beaucoup plus italienne que française."

"Nous, par exemple, " poursuit-il - en s'adressant à moi en corse – "nous pouvons nous comprendre. Le problème est que notre île subit trop d'injustices de la part de la France : les élections sont truquées, on ne vote pas librement. Et à chaque fois qu'on veut augmenter le niveau d'autonomie se déclenche une sorte de cordon immunitaire qui va préserver une centralisation imposée par Paris."

Mais quel lien avec Médée ?

"Comme l'héroïne d'Euripide et de Sénèque, la Corse a subi une injustice de la part de la France." Par amour pour Jason, Médée trahit son père et sa patrie puis se voit abandonnée par son amant dont elle se venge en tuant les deux fils qu'elle avait eu de lui. "Comme dans la tragédie antique, le pacte a été violé", lance Acquaviva avec une gestuelle toute méditerranéenne.

Pour le chanteur compositeur, l’injustice pourrait être réparée grâce à l'Europe. Acquaviva, sceptique sur la Constitution européenne qu'il estime "trop libérale", considère que "la Corse a tout à perdre si les Etats nations reprennent le dessus. Car l'Europe est caractérisée par une notion que la France ne peut absolument pas concevoir : la décentralisation".

Pour 'A Filetta', l'Europe constitue surtout une occasion de dialogue artistique. "Dans le cadre du programme européen ‘Interreg’, [qui soutient des projets entre régions européennes] nous avons essayé de confronter les différents visages de Médée dans la tradition européenne. Le spectacle a été mis en scène par le napolitain Orlando Furioso, avec des actrices sardes, des musiciens du conservatoire de Livourne en Toscane, et la composition du Français Bruno Coulais."

En outre, « chaque année à Calvi, nous organisons une rencontre avec des groupes polyphoniques du monde entier ».

Et de qui se sentent-ils les plus proches?

"Curieusement pas de nos voisins sardes, car leur chant est trop aseptisé", dit-il avec précaution. "J'adore les Géorgiens, qui nous ont enseigné à chanter de façon puissante avec tendresse et de façon tendre avec puissance", explique Acquaviva. Une énergie qui, dans les crescendos d’’A Filetta’ rappelle ainsi le vacarme tendre et fracassant de la mer de Corse.

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Quel est pour vous l'enjeu de la défense de la langue ?

A vrai dire, nous ne nous posons pas, en tant que créateurs, le problème de sa défense ; notre langue s'impose à nous, se dévide dans notre souffle. En tant que citoyen, évidemment nous soutenons toutes les démarches qui consistent à renforcer sa pratique au sein de la société corse. Pour cela nous revendiquons toujours plus de moyens pour qu'elle puisse être transmise, enseignée, divulguée, enrichie. Nous militons pour une vraie reconnaissance et attendons toujours aussi impatiemment que la France se décide à ratifier la charte européenne sur les langues minoritaires. Seule une co-officialité est de nature à assurer à notre langue une réelle capacité à être réinvestie dans l'espace public. Elle doit reprendre toute sa place et ne doit pas être uniquement la langue du chant ou du théâtre.

Pour vous existe-t-il une éthique à respecter pour faire évoluer les traditions ?
Nous avons toujours affirmé qu'une tradition n'a de sens que pour être dépassée. Elle constitue un mouvement ; une édification incessante. La seule éthique qui vaille consiste à mon avis, à être sincère envers soi-même. C’est sans doute ce qui nous fait répéter sans relâche : "mieux vaut désirer être ce que l'on défend que vouloir défendre ce que l'on est !".  Il y a un très bel aphorisme de René Char que nous aimons citer : "les plus pures récoltes sont semées dans un sol qui n'existe pas ; elles éliminent la gratitude et ne doivent qu'au printemps"; Dieu sait si nous sommes attachés à notre sol mais pourrions-nous le demeurer si nous n'aspirions pas à devenir la promesse d'un printemps ?

En quoi la connaissance des traditions aide-t-elle à envisager le monde ?
Tout d'abord parce que vouloir connaître c'est essayer de comprendre. Ensuite parce qu'il est illusoire et dangereux de penser que les traditions ne renvoient qu'à des racines ; au delà du fait qu'elles nous distinguent dans nos pratiques, elles nous confondent dans une même condition d'homme.

"hè andatu u tempu à impachjà si in i libri
è di noi hè firmatu cio' chi' un erede pensa :
un andatu, un erta,
una fiarata intensa
è nant'à l'allusingà
una nivaghja immensa"

"notre temps s'est fourvoyé dans des livres
et leurs pages beiges
et de nous ne demeure que la pensée d'un héritier :
un chemin étroit, une falaise,
un immense brasier
et sur la peau de nos illusions
d'abondantes chutes de neige"

Vos chants se réfèrent souvent au religieux; quelle place et quelle forme prend la spiritualité dans votre vie ?
Le répertoire polyphonique traditionnel est en grande partie lié aux pratiques religieuses. En le perpétuant et en le prolongeant par le truchement de la création, on lui accorde une place importante dans notre parcours et dans nos vies. Je ne pense pas qu'il faille y voir une adhésion au dogme. Pour nous, le religieux est avant tout ce qui relie. C'est une façon d'appréhender l'autre comme une partie de nous-mêmes. Un de nos chants issu d'un requiem créé en 2004 au festival de St Denis ("Di Corsica riposu - Requiem pour deux regards") dit "figliolu d'ellu, si' figliolu di meiu"/ "parce que tu es son fils, tu es aussi le mien". A eux seuls, ces quelques mots en disent beaucoup plus que de longs discours, sur notre conception du rapport à l'autre.

Comment voyez-vous le rôle du religieux dans la société contemporaine et est-il juste ?
J'ai toujours beaucoup de mal à comprendre comment les religions peuvent s'accommoder de valeurs qui fondent et organisent nos sociétés modernes : être le meilleur, être un gagnant, savoir circonscrire ses responsabilités en toutes éventualités, ne concevoir le bien-être que pour soi ou les siens, la réussite individuelle...etc. C'est sans doute ce qui explique que très souvent elles ne se vivent que comme un refuge, un rempart, occasionnant des postures de repli, c'est à dire l'exact contraire de ce qu'elles sont censées professer. Pour notre part et sans prétention aucune, nous disons depuis fort longtemps qu'il nous semble que la vie est de ces batailles à mener dont il ne faille sortir ni vainqueur ni vaincu, mais grandi, et que nous sommes en tant qu'hommes, tous responsables de tout !

Dans votre travail les textes ont une place prépondérante; comment les choisissez vous ?
Disons tout d'abord qu'il existe un risque non négligeable dans nos polyphonies que le son prenne le pas sur le sens car l'harmonie est un langage à forte personnalité ! C’est sans doute la raison pour laquelle nous attachons tant d'importance au verbe, à son sens et sa musicalité qui ne doivent faire qu'un. Nous écrivons une grande partie des textes chantés et dits durant nos concerts. Il nous arrive aussi de citer des auteurs quand ils nous semblent éclairer notre propos chanté. Nos choix s'opèrent au gré de nos lectures et sont guidés par nos goûts littéraires.

Vous avez adapté un texte de Primo Levi en mémoire de la Shoah; qu'est-ce qui vous a poussé à le faire ?
C'est avant tout la vérité de ce texte poignant qui porte en lui tous les stigmates de l'horreur, de la souffrance de qui a vécu et enduré la barbarie. Primo Levi dit que s'il est impossible de comprendre, il est nécessaire de savoir car ce qui fut pourrait être encore ; les consciences à nouveau pourraient être séduites et obscurcies. Les nôtres aussi !
Ce chant est un cri d'autant plus irrépressible que la parole de Levi continue à n'être pas entendue toujours et en tous lieux...  

Vous avez créé un festival, "les rencontres de chants polyphoniques de Calvi"; quelles difficultés rencontrez-vous à perpétuer cet évènement ?
Ces rencontres sont un rendez-vous annuel de tout ce que la planète compte d'expressions vocales polyphoniques. Cet évènement fêtera en septembre prochain ses 20 ans. Les difficultés auxquelles nous sommes confrontées sont essentiellement d’ordres économiques et financiers : la programmation nécessite des moyens croissants dans la mesure où il faut toujours aller plus haut et surtout plus loin. Les budgets consacrés aux transports des artistes, notamment, sont de plus en plus lourds. Or, les aides publiques décroissent, et notre capacité d'accueil est limitée puisque nos lieux de concerts (une église et un oratoire) constituent des jauges très modestes. Nous ne disposons toujours pas de salles dignes de ce nom et sommes soumis au risque (pas toujours facile à assumer) d'une programmation de plein air... chacun sait que notre météo est "royale" mais pas toujours !!!  Enfin, le sponsoring privé est extrêmement faible. Pour le reste, Dieu merci, l'enthousiasme de dizaines de bénévoles assure à cette manifestation une belle vivacité et surtout lui confère une générosité louée par l'ensemble des artistes accueillis.

En quoi ce festival a influencé votre travail ?
Tout d'abord il nous a fait mieux appréhender notre propre tradition vocale en la replaçant dans sa matrice. Notre musique en est ressortie plus forte, plus confiante et surtout mieux assumée. La découverte d'autres sillons vocaux nous a naturellement incités à intégrer certaines influences ; le chant géorgien par exemple, dont nous disons volontiers qu'il nous aura appris à dire tendrement des choses puissantes et puissamment des choses tendres. En outre, chaque édition apporte son lot de "claques" musicales nous incitant à nous remettre au travail dès le départ de nos invités.

Aux rencontres, des traditions du monde entier se croisent; comment interfèrent-elles entre elles ?
Ce qui semble fort intéressant, c'est que passée la surprise de la découverte, les uns et les autres "s'ouvrent" totalement. Ces rencontres ont bâti leur réputation sur trois éléments essentiels :
- la qualité de l'accueil
- les artistes sont nos invités sur toute la semaine, même lorsque leur concert a lieu en tout début ou en fin de programme. C'est une façon de leur donner le temps et la disponibilité indispensables à l'écoute de l'autre. C'est évidemment plus lourd sur le plan financier et sur celui de la logistique, mais ça nous semble inhérent à toute notion de rencontre.
- nous aimons suivre les artistes dans leur trajectoire respective et faisons partager au public ce recul. Souvent, il nous semble constater que tel ou tel nous revient des années plus tard, nourri d'influences et de pratiques ici acquises. C'est une façon naturelle de redonner aux traditions l'opportunité d'une certaine "mobilité".

A Filetta fête ses trente ans ; qu'est-ce que cela signifie pour vous ?
30 ans c'est déjà un beau parcours. Le rêve se poursuit et continue à faire de nous de grands privilégiés. Ce qui explique cette longévité c'est probablement l'importance que nous avons toujours accordé à la capacité de chaque chanteur à s'abandonner au collectif sans jamais renoncer à sa propre personnalité. Sur ce plan nous avons la prétention d'affirmer que nous constituons une vraie demeure sociale ; un cocon bienveillant qui nous permet d'appréhender l'extérieur en toute sérénité. Un de nos amis, Pierre Baqué, vient de nous écrire une très belle lettre qui se termine par ces mots: "Vous chantez, et se crée autour de vous une chapelle qui nous abrite". N'allez pas croire que le fait de rapporter ces paroles soit le signe d'une grande immodestie, mais nous aimons tant l'idée de pouvoir contribuer un tant soit peu au bonheur de chaque être qui nous "prête" une oreille.

"votre enfer est pourtant le mien,
nous vivons sous le même règne
et lorsque vous saignez, je saigne
et je meurs dans vos mêmes liens
Quelle heure est-il ? quel temps fait-il ?
j'aurais tant aimé cependant
gagner pour vous, pour moi perdant
avoir été peut être utile"

 L. ARAGON

Entre l'intention de départ et votre existence actuelle, qu'est ce qui a changé ?
Lorsque le groupe a été créé j'avais 13 ans ! Il est évident que nous n'envisagions pas à l'époque que nous ferions de telles découvertes ! Notre préoccupation première était de participer à une sorte d'élan culturel qui était censé restituer à notre terre son vrai visage ; car qui pourrait nier aujourd'hui que la Corse a subi une réelle politique d'éradication de son identité depuis deux siècles ? Aujourd’hui ce mouvement a beaucoup mûri et est parvenu à s'extraire du piège de la réaction. Désormais nous ne nous comportons plus comme des enfants qui crieraient sans cesse " je veux parler !" ; aujourd'hui nous parlons !! Nous avons acquis aussi la conviction que la "défense" de toute identité passe par l'identité plus que par sa défense. Enfin, le fait d'avoir choisi, il y a 15 ans, de vivre du chant nous aura permis de nous consacrer pleinement à ce travail qui nous passionne encore et encore.

En pièce jointe, l'édito du dernier numéro de Mondomix. Comment vous fait-il réagir ?
Qu'il nous soit permis ici de féliciter Marc Benaïche pour cet édito qui emporte notre adhésion totale et inconditionnelle. Nous sommes outrés, révoltés, écœurés par l'hypocrisie de nos sociétés qui continuent à faire leur business en piétinant allègrement des populations entières et leurs droits fondamentaux. A nouveau nous l'affirmons : nous sommes tous responsables de tout. On écrase, on bafoue, on altère au nom de la sacro-sainte croissance; c'est indigne et dégueulasse ! De la même façon, on reconduit à nos frontières ceux-là même qu'on a spoliés, ruinés, niés, asservis et qui en sont réduits à risquer leur vie dans une embarcation de fortune ou dans le train d'atterrissage d'un avion pour sauver leur peau, et on a même le culot de leur dire "qu'on ne peut pas accueillir toute la misère du monde ! " ; quel courage ! Quelle générosité !
Pour avoir tourné un peu le monde, nous avons souvent été sidérés par la façon dont nous, les occidentaux, continuons à nous comporter ailleurs ; la parole de Césaire demeure d'une effrayante actualité...

Un disque, un livre, un film qui vous ont récemment marqué ?
Le dernier album de Gabriel Yacoub, "de la nature des choses" : une pure merveille. Je persiste à croire qu'il est parmi les meilleurs, sinon le meilleur chanteur français !
 

Benjamin MiNiMuM

hommes

Esclusiva : Intervista al "Carubbu"


In questo 12 giugno 2008, insieme con i nostri amici olandesi di Tra Noi, Laurent e Suzan e il loro figlio Julian, e Joelle e Jean-Paul Pillot, eravamo glii ospiti di A Filetta al Carubbu. Dopo un pasto molto conviviale, Jean, Paul e Jose si sono dati alle nostre domande.



terrasse
Sulla terrazza del Carubbu...
Suzan, Laurent, Julien, Anne Marie, Maxime e la sua figlia, Jean-Paul e Joëlle

Gli 30 anni di A Filetta

Jean-Claude Casanova : Si celebrerà presto (anche se non ci sarà la commemorazione ufficiale) i 30 anni di A Filetta. La mia domanda è un po ' per Jean, dal momento che sei uno dei creatori del gruppo. In primo luogo, qual è la tua valutazione di questi 30 anni ? Ci sono cose che ti dispiace aver fatto, o cose che ti dispiace non aver fatto durante questi 30 anni?

Jean Sicurani
La domanda è per tutti. No, non abbiamo rimpianti. Abbiamo sempre assumatto quel che abbiamo fatto, non solo assumatto, ma preso un sacco di divertimento da farlo. Siamo sempre stati in perfetta armonia nei vari progetti. Anche se inizialmente non eravamo tutti convinti della fondatezza dei singoli progetti, alla fine si siamo trovati tutti cresciuti.

E 'stato un percorso molto bello, e spero che si protrae per alcuni anni, anche se gli anni stanno cominciando a dare! I progetti che non abbiamo fatto? Abbiamo fatto un sacco di cose, sicuramente molte cose da fare, vedremo, è il tempo che ci consentirà di andare avanti.


Jean (Foto: Anne-Marie Casanova)

JC : J’avais donc prévu de commencer par un bilan, puis des questions sur votre nouveau CD Bracanà et sur A Filetta aujourd’hui, ensuite les projets et enfin les prochaines rencontres, mais nous en avons déjà parlé avec Valérie.

1901

Laurent Lohez : Alors, passons à Bracanà. Une question sur 1901. Je suppose que Tao  est mort maintenant. Sur quoi se base la chanson, sur des récits ?

Jean : C’est quelqu’un que j’ai connu, puisqu’il habitait Calvi. L’histoire de la chanson est liée à la rencontre avec les chanteurs géorgiens, mais surtout avec l’amour et la passion que l’on partage avec Jean Temir, un des fils de Tao qui était géorgien. Le chant a été composé à la mémoire de Tao et du père de Cathy Antonini qui est ma tante par alliance. Son père était géorgien du Caucase. Tao est venu et a vécu en Corse. Le père de Cathy a été exilé en France, pas en Corse, mais elle a fait souche en Corse, s’est mariée avec un de mes oncles, elle a eu des enfants, a toujours vécu ici.

JC: Avevo previsto di iniziare con una rassegna, poi domande sul nuovo CD Bracanà e su A Filetta oggi , quindi i progetti e poi le prossime Rencontres, ma ne abbiamo già parlato con Valerie.

1901

Laurent Lohez: Quindi girare Bracanà. Una domanda sul 1901. Suppongo che il Tao è morto subito. Che canzone è basata su storie?

Giovanni: si tratta di qualcuno che ho conosciuto dal vissuto Calvi. La storia della canzone è legata alla riunione con il georgiano cantanti, ma con l'amore e la passione che condividiamo con Jean Temir, un figlio del Tao è stato georgiano. La canzone è stata composta in memoria del Tao e il padre di Cathy Antonini è mia zia dal matrimonio. Suo padre era un georgiano dal Caucaso. Tao è vissuto e in Corsica. Cathy's padre era in esilio in Francia, non in Corsica, ma ha radici in Corsica, era sposata con uno dei miei zii, aveva figli, ha sempre vissuto qui.

C’est donc cet amour à la fois pour ce pays qu’on a découvert à travers les chanteurs géorgiens et aussi physiquement puisque nous y sommes allés chanter plusieurs fois. Et personnellement, c’est un des plus beaux souvenirs de rencontres avec un groupe humain, les chanteurs et leur terre. L’accueil que nous avons eu là bas, ça a été vraiment quelque chose que je ne saurais même pas décrire, tellement c’était fort. Ils nous ont donné tout leur cœur, et ça ne se mesure pas, c’était vraiment très puissant.
C’est donc un hommage à cette terre, à ces deux personnes que tous n’ont pas forcément connues mais qui ont donné des enfants à la terre corse, c’est la fusion de ces deux terres à travers ce chant et l’amour pour l’humain avant tout. Bracanà

JC : Je voudrais revenir sur la genèse de Bracanà. D’après nos différentes conversations, vous avez un peu changé d’idée en cours de route. Il y avait notamment des morceaux de Bruno Coulais à l’origine ?

José Filippi :  On avait déjà enregistré le disque l’an dernier, et on n’était pas contents de la prise de son, du son d’ensemble. On avait opté pour une prise de son individuelle, voix par voix, et au mixage, on s’est rendu compte que ce n’était pas le bon choix, ça manquait de cohésion, de vie. On a décidé de réenregistrer et aussi d’enlever les chants de Bruno Coulais.
Quindi, questo amore sia per questo paese abbiamo scoperto attraverso il georgiano cantanti e fisicamente, dato che è andato a cantare a più riprese. E personalmente, è uno dei migliori ricordi di incontri con un gruppo di persone, cantanti e la loro terra. La reception vi abbiamo ottenuto, è stato davvero qualcosa che non può nemmeno descrivere, così è stato davvero buono. Essi ci ha dato tutto il loro cuore, e non è misurabile, è stato davvero molto potente.
Si tratta quindi di un omaggio a questa terra, queste due persone che non hanno necessariamente conoscere, ma che ha dato alla terra corse dei bambini, è la fusione di questi due terreni attraverso questa canzone e l'amore prima per l'uomo. Bracanà

JC: vorrei tornare alla genesi di Bracanà. Dal nostro varie conversazioni, lei ha appena cambiato la sua mente di rotta. Sono incluse le canzoni di Bruno Coulais per l'origine?

José Filippi: Abbiamo già registrato il disco dello scorso anno, e non siamo stati felici con il suono, il suono. Abbiamo optato per una persona della sua voce con la voce, e la miscelazione, si è reso conto che questa non era la scelta giusta, è privo di coesione, la vita. Si è deciso di ri-registrare e rimuovere le canzoni di Bruno Coulais.


José (photo : Anne Marie Casanova)

Paul Giansily : Pour se consacrer plus tard à l’enregistrement des musiques de Bruno. Cela nous semblait beaucoup plus cohérent que d’intégrer deux morceaux qui tombent un peu comme un cheveu sur la soupe.

JC : C’est un peu la même chose en concert : on aime beaucoup ces chants, mais après les chants de la Passion, il y a toujours un passage, une sorte de relâchement...

Paul : Aussi bien en qualité qu’en tension.

JC : Je ne dirais pas en qualité, au contraire, une partie du public apprécie même presque davantage, c’est là que les applaudissements sont les plus forts. Cette partie du concert donne peut être une dynamique supplémentaire, mais ça crée une rupture de ton. Je préfère un concert plus homogène. Mais effectivement, comme le dit Jean-Paul, souvent le public démarrait après Le lac.

Paolo Giansily: Per concentrarsi sulle ultime registrazione di musica da Bruno. Ciò sembra molto più coerente di integrare le due tracce che rientrano un po 'come un capello sulla minestra.

JC: E 'la stessa in concerto: ama queste canzoni, ma dopo il canto della Passione, vi è sempre un modo, una sorta di liberazione ...

Paolo: sia la qualità e la tensione.

JC: Non vorrei dire, al contrario, da parte del pubblico apprezza quasi più, che è dove gli applausi è il più forte. Questa parte del concerto può essere un ulteriore dinamica, ma crea una rottura nel tono. Io preferisco un concerto più omogenea. Ma in realtà, come Giovanni Paolo, il pubblico spesso è iniziata dopo il lago.

José : On le ressent nous aussi. On est concentrés du début à la fin, mais quand on aborde les chants de Bruno, ça fait non pas un relâchement, mais comme une récréation.

JC : Finalement, sur Bracanà il y a seulement deux créations nouvelles, 1901 et Treblinka, et pourtant, même si on connaissait les chants du Via Crucis, on sent une grande innovation dans ce disque. Je ne sais pas à quoi ça tient. Peut être une étape supplémentaire ?

Paul : Tout simplement parce que ça n’avait pas été fixé.

JC : Oui, mais je les avais déjà entendus plusieurs fois, et j’ai l’impression que vous avez encore franchi une étape dans votre parcours.

José : Comme le dit Paul, c’est parce que les chants n’avaient pas été fixés. Au niveau de  l’écriture, ils ne sont pas plus difficiles que les précédents. On n’a pas trouvé de différence.
Jean : Je suis un peu d’accord avec ce que tu dis. Même si les chants n’ont pas été fixés ou figés sur un disque, depuis le moment où tu les as entendus pour la première fois, ils ont évolué, et nous aussi. En peu de temps
José : C’est pareil pour les chœurs de Médée. En 1997 ils étaient très différents de maintenant.

José: Si sente troppo. E 'concentrato dall'inizio alla fine, ma quando si tratta di canzoni di Bruno, non è una liberazione, ma come una ricreazione.

JC: Infine, per quanto riguarda Bracanà ci sono solo due nuove creazioni, Treblinka e nel 1901, ancora, anche se sapevamo che le canzoni della Via Crucis, si sente una grande innovazione nel disco. Non so che cosa ci vuole. Può essere un ulteriore passo avanti?

Paolo: Solo perché non era stata impostata.

JC: Sì, ma avevo già sentito più volte, e credo che lei abbia fatto un passo nel vostro viaggio.

José: Come dice Paolo, perché le canzoni non erano stati fissati. In termini di scrittura, che non sono più difficile di quelli precedenti. Abbiamo trovato alcuna differenza.
Giovanni: Sono un po 'd'accordo con quello che lei dice. Anche se le canzoni non sono state congelate o fisso su un disco, dal momento in cui hai sentito come per la prima volta si sono evolute, e anche noi. Presto
José: E 'lo stesso per il coro della Medea. Nel 1997 sono stati molto diversi da ora.

L'Invitu

JC : Justement, pourquoi avoir réenregistré un extrait de L’Invitu

Paul : On n’est pas entièrement convaincus par l’enregistrement de Médée. On n’est pas très satisfaits. La prise de son, notre interprétation aussi, très pincée, ne nous convient pas du tout. On pense même à le réenregistrer.
Jean : Personnellement, je considère que c’est l’œuvre majeure. Ca ne me gêne pas du tout qu’on retrouve des bribes dans différents albums, comme dans Intantu.
Paul : Ça représente notre parcours des dix dernières d’années, il avait tout à fait sa place dans le disque.

JC : Ce n’était pas du tout une critique, au contraire ! D’ailleurs, au dernier concert à l’Européen, j’ai trouvé que le fait peut être de n’en avoir qu’un extrait lui a donné plus de force.

Paul : Ça demande tellement d’implication, d’énergie…

Lode à una simpatica zitella

Laurent : Une question sur la monodie de Jean-Luc à propos de sa mère, composée par un poète sur sa mère. Quels sont ses sentiments quand il le chante ?

Il Invitu

JC: Esattamente, perché hanno resaved un estratto da Il Invitu

Paolo: Non è del tutto convinto dalla registrazione di Medea. Noi non siamo molto soddisfatti. Il suono, anche la nostra interpretazione, pizzico, non funzionano affatto. Riteniamo anche di ri-registrazione.
Giovanni: Personalmente, ritengo che i grandi lavori. Non mi disagi a tutti i frammenti trovati in diversi album, come nel Intantu.
Paolo: E 'il nostro cammino degli ultimi dieci anni, è stato un bel posto nel disco.

JC: Non era una critica, al contrario! Infatti, l'ultimo concerto in Europa, ho scoperto che non deve essere estratto con un diede più forza.

Paolo: Mi domanda tanto coinvolgimento, l'energia ...

Lode in una simpatica Zitelle

Lorenzo: Una domanda sulla monodia Jean-Luc su sua madre, scritta da un poeta a sua madre. Quali sono i suoi sentimenti quando si canta?
 
Laurent, Jean, Paul et José

Paul : Ce n’est pas une chanson créée pour sa mère, c’est une chanson que Pampasgiolu a reprise et a chantée pour sa mère. Pour Jean-Luc, c’est personnel, je ne peux pas répondre pour lui. Je suppose que s’il a souhaité l’enregistrer, c’est que ça avait de l’importance à ses yeux.
José : Jean-Luc, c’est quelqu’un qui a vécu dans ce milieu, avec les poètes, son père chantait…

JC : Il a encore beaucoup de monodies en réserve ?

Paul : Oui. Sa mère enregistrait beaucoup les chanteurs. On a des versions originales chantées par Pampasgiolu. Ils se côtoyaient à l’époque.

Treblinka

JC : Treblinka a été composé en très peu de temps, d’après les conversations que j’ai pu avoir avec vous.

José : Ca a été composé ici au Carubbu, très rapidement.

JC : La mélodie, je veux bien. Mais tout ce que vous avez fait autour, l’apport de chacun ?

José : Les paroles sont de Jean-Yves Acquaviva. Un jour Jean-Claude arrive et dit : j’ai peut être un thème pour ce chant. Il s’est mis au piano, a commencé à jouer le thème. On s’est mis tous autour du piano, chacun a apporté, on avait pensé à des bourdons…

Paolo: Non è una canzone scritta per sua madre, è una canzone che ha preso Pampasgiolu e cantato per sua madre. Per Jean-Luc è, non posso rispondere per lui. Suppongo che se voleva registrare è che è stato importante per lui.
José: Jean-Luc è qualcuno che ha vissuto in questo ambiente, con i poeti, il suo padre ha cantato ...

JC: Non c'è molto di più in riserva Monodies?

Paolo: Sì. Sua madre ha mostrato grandi cantanti. E 'stata la versione originale cantata da Pampasgiolu. Essi strofinata al momento.

Treblinka

JC: Treblinka era composta in un arco di tempo molto breve, dopo le conversazioni che ho avuto con voi.

Jose: E 'stato composto da Carubbu, molto rapidamente.

JC: La melodia, voglio. Ma quello che hai attorno, il contributo di ciascuno?

José: Le parole sono di Jean-Yves Acquaviva. Un giorno, Jean-Claude viene e dice: io possa essere un tema di questo brano. E 'iniziato al pianoforte e cominciò a suonare il tema. Siamo andati in giro per il pianoforte, ciascuno ha fatto, si è pensato di bombi ...

JC : Justement, le bourdon ! C’est très novateur, unique dans ce que vous faires, non ?

Jean : Il est à bouche fermée.

JC : Oui, à bouche fermée, mais il a un son très particulier.

José : ca n’a pas été une recherche particulière. C’est venu…

JC : Qui le chante, d’ailleurs ?

José : Il y a Max qui fait la voix la plus grave, Jean, Ceccé et moi faisons un bourdon. Ceccé alterne entre le bourdon et une autre voix.
Paul : il y a le bourdon aigu, aussi.

JC : Oui, le bourdon aigu ! Vers la fin, avec Jean-Luc ...

José : Il y a Jean-Luc qui fait des dissonances sur l’avant dernier couplet.
Jean : A un moment donné, on change tous. Tu ne changes pas, toi ?
José : Eu, ùn cambiu micca. Moi, je change juste sur la fin en voix plus haute, à l’octave du bourdon. Mais c’est vrai que ça a été créé sur 2-3 jours. On cherchait un morceau supplémentaire.

JC : Et après, vous l’avez travaillé longtemps ?

José : Non, il a été fixé très vite. Techniquement, il n’est pas tellement difficile. Il n’est pas difficile à mettre en place, du moins.

JC : Il y a effectivement des chants où il y a 7 voix différentes, comme le Benedictus.

JC: Esattamente, il fuco! E 'molto innovativo, unico in ciò che si fa, giusto?

Giovanni: Si è chiusa la bocca.

JC: Sì, la bocca chiusa, ma è molto particolare.

José: ca non è stata di ricerca specifici. E 'venuto ...

JC: Chi canta, comunque?

Jose: C'è la voce di Max è il più grave, Giovanni, e fare uno bumblebee Cecca. Cecca alterna tra il drone e un altro voto.
Paolo: non vi è l'acuta fuco, troppo.

JC: Sì, il fuco acuta! Verso la fine, con Jean-Luc ...

José: Si tratta di Jean-Luc, che è il penultimo dissonanza coppie.
Jean: Ad un certo punto, si cambia tutto. Se non cambierà, si?
José: UE, ONU cambiu Micca. Ho appena cambiare il fine più alto nel voto, con il fuco di ottava. Ma è vero che è stato creato, nel giro di 2-3 giorni. E 'stato un po' guardando oltre.

JC: E dopo aver lavorato a lungo?

José: No, non è stato fissato in tempi molto brevi. Tecnicamente, non è così difficile. Non è difficile da attuare, almeno.

JC: Ci sono canzoni in cui ci sono 7 voci diverse, come il Benedictus.

José : Tu as le Benedictus, le Dies Irae où il y a 7 voix vraiment distinctes. Après, le chant varie selon les concerts comme les autres chants, mais il n’est pas difficile. On est plus ou moins faux ou justes…

Laurent : Vous l’aviez essayé à tâtons à Utrecht sur le piano qui se trouvait dans la salle. Suzan l’a enregistré sur son téléphone portable !

La religion

Laurent : A propos de Beati, il est tiré directement de la Bible ?

Paul : Oui, des Béatitudes. Il n’est pas intégral, mais il est tiré des Béatitudes.

Laurent : Votre source d’inspiration, c’est essentiellement la Bible pour le Chemin de Croix ? Y a-t-il d’autres sources d’inspiration ?

Paul : Il y a U Sipolcru, que l’on a repris, et U cantu di l’acqua, qui sont des compositions de Jean-Claude. Toutes les autres créations sont sur des textes liturgiques.
Jean : Vous êtes croyants, pratiquants ? Car là, vous avez les mécréants du groupe !

Paul : On suit la philosophie, on essaie de la suivre, mais tout ce qu’on nous raconte…
José : La religion catholique fait partie de notre culture. On dépasse la religion, mais on a le fonds, l’éducation, même inconsciemment. On a vécu là-dedans.
Paul : Il y a des gens qui, à la fin des concerts, nous demandent : "à quel ordre appartenez-vous ? Vous devez être très croyants !". En fait, la philosophie, on y adhère, mais ç’aurait été pareil avec une autre religion : le respect de l’autre….

José: Hai il Benedictus, il Dies irae, che ci sono 7 veramente distinta voce. Dopo la canzone varia concerti come gli altri brani, ma non è difficile. È più o meno giusto o sbagliato ...

Lawrence: Lei aveva cercato di grope a Utrecht il pianoforte che era nella stanza. Suzan ha registrato il suo telefono cellulare!

Religione

Lorenzo: A proposito di Beati, è tratto direttamente dalla Bibbia?

Paolo: Sì, le Beatitudini. Non è pieno, ma si basa sulle Beatitudini.

Lorenzo: La tua fonte di ispirazione, è essenzialmente la Bibbia per la Via Crucis? Esistono altre fonti di ispirazione?

Paolo: Ci sono Sipolcru U, che è stato preso e U cantu di l'acqua, che sono le composizioni di Jean-Claude. Tutti gli altri modelli sono in testi liturgici.
Giovanni: Siete credenti, seguaci? Perché qui si ha il gruppo di miscredenti!

Paolo: Seguiamo la filosofia, noi cerchiamo di seguire, ma tutto ciò che dice ...
José: La religione cattolica è parte della nostra cultura. Essa va oltre la religione, ma ha i fondi, l'istruzione, anche inconsciamente. Abbiamo vissuto lì.
Paolo: Ci sono persone che, alla fine del concerto, ci domandiamo: "Come faccio a ordinare? È necessario essere molto religiosi." In realtà, la filosofia, che aderisce, ma sarebbe stato lo stesso con un'altra
 
Jean, Paul et José

Le travail du groupe

JC : Avez-vous évolué dans votre façon de travailler, notamment les arrangements des chants ? Lors d’un concert récent, vous avez chanté U Lamentu di Ghjesù et des nouvelles compositions. Maintenant je trouve qu’il y a un gouffre entre le traditionnel et ce que vous faites maintenant. Est-ce différent dans votre façon de les aborder ?

José : Je vais te dire : que ce soit un chant traditionnel qu’on chante depuis 20 ou 30 ans, pour moi il n’y a aucune différence. Chaque note est une bataille permanente. Même sur un chant qu’on a l’habitude de chanter, si tu relâches un tant soit peu, on tombe à côté….

JC : Je ne parlais pas tant au niveau de l’expression que plutôt au niveau de la technique, du travail de chaque voix…

José : Non, et ça s’est vérifié à chaque fois : que ce soit sur une création récente ou un chant que l’on chante depuis 30 ans, si tu laisses aller un tant soit peu, si tu dis : « on le connaît », on peut se planter, même quand il n’y a pas besoin de technique. A chaque fois ça s’est vérifié. Un de nos premiers concerts de cette année à Calvi a été désastreux. Parce qu’on s’est dit : ce sont des chants qui commencent à être rodés, et puis, non. On a fait Sumiglia, on l’a complètement estropié, car il faut sans cesse revenir sur le chant. C’est pour ça que les chants évoluent. Les chants de Médée, le Dies Irae, Benedictus, Treblinka, vont être chantés différemment dans 2-3 ans.

Il gruppo di lavoro

JC: Hai cambiato il tuo modo di lavorare, compresi gli accordi di canzoni? In un recente concerto, si cantava U Lamentu di Ghjesù e nuove composizioni. Ora trovo c'è un abisso tra il tradizionale e quello che fai ora. E 'diverso il modo in ci si avvicina a loro?

José: ti dico: che si tratti di una canzone che canta per 20 o 30 anni, per me non c'è differenza. Ogni nota è una battaglia in corso. Anche su una canzone che abbiamo usato a cantare, se si rilascia un po ', spetta al lato ....

JC: Io non parlo a livello sia l'espressione, piuttosto che al lavoro tecnico ogni voce ...

José: No, è stato controllato e ogni volta che, se su una nuova costituzione o di una canzone che viene cantato per 30 anni, se si lascia andare un po ', se lei dice: "noi sappiamo "possono essere piantati, anche quando non vi è alcuna necessità tecnica. Ogni volta che è stato controllato. Uno dei nostri primi concerti di quest'anno a Calvi è stato disastroso. Perché abbiamo detto, queste sono le canzoni che iniziano a essere eseguito, e poi no. E 'stato Sumiglia, è stato completamente paralizzato, come egli deve tornare a cantare. Ecco perché le canzoni evolvere. Canzoni di Medea, il Dies irae, Benedictus, Treblinka saranno cantate in modo diverso in 2-3 anni.

Paul : Et l’arrivée de nouveaux chanteurs a fait que notre technique a changé.
José : On avait l’habitude de faire des bourdons à trois, Jean, Max et moi. Quand Ceccè est arrivé, l’apport d’une nouvelle voix nous a déstabilisés. On n’arrivait plus à retrouver notre équilibre. Il fallait que cette voix s’intègre, qu’on prenne l’habitude de chanter à quatre. Ça change complètement, c’est déstabilisant. Pendant un certain temps, c’est une voix qui arrive en plus, et il faut s’y habituer.

JC : De même, nous vous connaissions moins bien à l’époque, mais quand Jean-Luc est arrivé, j’imagine que ça a dû modifier la place de Paul dans le groupe ?

José : Franchement, je ne pense pas.
Jean : Paul est resté pratiquement la seule voix aiguë. Il chantait très peu en seconda, le plus souvent en terza,  et il l’est resté. C’est Paul la voix la plus haute, et de temps en temps Jean-Claude, pas Jean-Luc. Jean-Luc chante plus en seconda.
José : Paul, l’arrivée de Jean Luc t’a perturbé ?

JC : Non, je n'ai pas dit perturbé, mais changé la façon de te placer ?

Paul : Oui, l’arrivée de Jean-Luc a profondément changé ma manière de chanter.

JC : Ah !

Paolo: E l'arrivo di un nuovo cantante che ha cambiato la nostra tecnologia.
José: E 'stata l'abitudine di bombi a tre, Giovanni, Max e me. Quando sono arrivati Cecca, che fornisce una nuova voce ha destabilizzato. Non riesco più a trovare il nostro equilibrio. E 'stata questa voce che è, abbiamo l'abitudine di cantare a quattro. Si cambia completamente, è destabilizzante. Per un po 'di tempo, è una voce che proviene oltre e dobbiamo abituarci ad esso.

JC: Inoltre, sappiamo meno al momento, ma quando Jean-Luc venuto, penso che ha dovuto cambiare il luogo di Paolo nella band?

José: Francamente, non credo tanto.
Jean Paul è rimasta praticamente l'unica voce. Ha cantato molto poco nella seconda, soprattutto in terza, e lui è rimasto. Questa è la voce di Paolo elevato, e di volta in volta Jean-Claude, Jean-Luc non. Jean-Luc canta più in pochi secondi.
José: Paolo, l'arrivo di Jean Luc è sconvolto?

JC: No, non ho detto sconvolto, ma cambiato il tuo modo di investire?

Paolo: Sì, l'arrivo di Jean-Luc ha profondamente cambiato il mio modo di cantare.

JC: Ah!

José : On a dit le contraire !
Jean : Pas sa place, sa manière de chanter.

JC : Il faut dire qu'à l’époque, on vous connaissait beaucoup moins, et les enregistrements étaient moins fouillés, on avait aussi plus de mal à identifier les voix ….

José : C’est par rapport à l’écriture. Quand tu as sept voix différentes avec aucune voix leader, comme dans Benedictus ou Dies Irae, évidemment, à un moment donné, tu entends toutes les voix.

J-Paul : Et aussi à force d’écouter on est plus attentif à chaque voix.

Paul : Et on ne chantait pas tous en même temps, on doublait les basses. 
José : Les voix se fondaient, c’est beaucoup au niveau de l’écriture

AM:  En quoi as-tu changé ta manière ?

Paul : Ma voix s’est affinée. Si je prends les enregistrements jusqu’à Passione, c’est une autre manière de placer ma voix.
José : Ce n’est pas lié à l’arrivée de Jean-Luc.
Jean : C’est lié au travail.
Paul : Et aussi sa manière de chanter m’a influencé.
Jean : Jean-Luc a une très belle voix, mais il lui a fallu pas mal de temps avant de trouver sa place, plus que Ceccè.
José : C’est lui qui a la plus belle voix dans le groupe, mais il a eu du mal à trouver sa place.
Jean :  Il y avait les cinq qui étions tout le temps, et quand Jean-Luc chantait, tu entendais Jean Luc et les autres. C’était flagrant. Ça a mis réellement beaucoup de temps avant d’atteindre la cohésion.
José : Il faut que ça mûrisse, il faut du temps.
Jean : C’est nous qui lui avons apporté beaucoup !
José : Surtout Paul. Paul a une voix magnifique et je lui dis toujours que si j’avais une voix comme la sienne, je ferais une carrière solo.

José: E 'stato l'opposto!
John: No luogo, il suo modo di cantare.

JC: Va detto che, al momento, si sapeva molto di meno, e le registrazioni sono state meno cercato, inoltre, è stato più difficile individuare le voci ....

José: E 'in relazione alla scrittura. Quando si dispone di sette voti senza voti diversi leader, o come in Dies irae Benedictus, naturalmente, a un certo punto, si sente tutte le voci.

J Paolo: Altro per forza di ascoltare con più attenzione a ciascuna voce.

Paolo: E noi non cantare tutti allo stesso tempo, raddoppiando il basso.
José: I voti sono stati basati, è molto in forma scritta

AM: Che cosa hai cambiato il tuo modo?

Paolo: La mia voce è stata perfezionata. Se prendo le registrazioni Passione di un altro modo per mettere la mia voce.
Jose: Questa non è legata all'arrivo di Jean-Luc.
Giovanni: Questo è legato al lavoro.
Paolo: E anche il modo in cui mi ha influenzato di cantare.
Jean: Jean-Luc ha una bella voce, ma ha preso un po 'di tempo prima di trovare il suo posto, più di Cecca.
José: E 'lui che ha la più bella voce del gruppo, ma ha avuto problemi a trovare il suo posto.
Giovanni: Ci sono state cinque che sono stati tutto il tempo e, quando Jean-Luc canto, si sente di Jean Luc e altri. Era palese. È davvero molto tempo per realizzare la coesione.
José: È maturo, ci vuole tempo.
Giovanni: E 'che ci hanno fatto un sacco!
José: Particolarmente Paolo. Paolo ha una bella voce e dico sempre che se avessi una voce come la sua, vorrei fare una carriera da solista.

JC : Vous tous. D’ailleurs, on entend bien chacun de vous dans Si di mè.

José : Il y a des voix plus ou moins belles, pour pouvoir chanter seuls. Jean-Luc et Paul ont une belle voix, les autres…

JC : Mais si ! Pourquoi nos amis ont-ils choisi de s’appeler « Tra noi », d’après toi ?

José : On privilégie le fait de chanter ensemble, de trouver un certain équilibre entre nous. Jamais on n’a recruté quelqu’un parce qu’il avait une belle voix. Cela n’a jamais été un critère de recrutement.

JC :  C’est même l’inverse qui s’est produit, non ? Certains sont partis, même s’ils avaient une très belle voix !

José : Exactement.
Paul : Même si on est en très bons termes, mais ils n’ont pas réussi à se fondre dans le groupe, à trouver leur place. Ils l’ont ressenti eux-mêmes.
José : C’est dur la vie de couple, et la vie de groupe avec 6 autres, c’est multiplié par 7 ! Chacun a sa façon de voir les choses, sa personnalité, ça se joue à peu de choses...

Laurent : Comment ça se passe en répétition quand vous n’êtes pas d’accord ?

José : Ça se produit parfois, on ne dit rien, mais on sent que ça ne va pas, il faut en parler, on s’engueule, on remet tout à plat et ça repart. Il faut en passer par là.

JC: Tutti voi. Inoltre, si intende a ciascuno di voi in Si Di Me.

Jose: Ci sono voci più o meno belle, a cantare da solo. Jean-Luc e Paolo hanno una bella voce, altro ...

JC: Ma sì! Perché i nostri amici hanno scelto di essere chiamata "Tra noi", secondo voi?

José: Si sottolinea l'atto di cantare insieme, di trovare un equilibrio tra di noi. Vi è mai assunto qualcuno perché aveva una bella voce. Questo non è mai stato un criterio di assunzione.

JC: Questo è accaduto il contrario, giusto? Alcuni si sono spinti anche se aveva una bella voce!

José: Sì.
Paolo: Anche se è in ottime condizioni, ma non si fondono con il gruppo a trovare il loro posto. Essi si sentivano.
José: E 'dura la vita di coppia, di gruppo e di vivere con gli altri 6, è moltiplicato per 7! Ognuno ha il proprio modo di vedere le cose, la sua personalità, si è giocato con poco ...

Lorenzo: Come succede quando si prova in disaccordo?

José: Succede a volte, non dice nulla, ma riteniamo che non funziona, è importante parlarne s'engueule mette tutto piatto e defunti. Si deve passare attraverso essa.

 
José, Suzan et Jean-Claude

Cuntrastu

Laurent :  Sur Cuntrastu, pourquoi avoir choisi uniquement la voix de Jean-Luc et pas Jean-Luc et une autre voix pour renforcer le jeu entre homme et femme ?

Jean : On a évoqué la possibilité de le faire, soit avec Paul soit avec Jean-Claude, et on a abandonné l’idée. On a été un peu pris par le temps, et ça nous a semblé plus juste de laisser la voix de Jean Luc dans un premier temps, mais on y a pensé.
José : De plus, Jean Luc a vraiment baigné là dedans, il était le mieux placé.
Jean : La prochaine fois… C’est vrai que le chant s’y prêtait bien, ça ne m’aurait pas déplu, ça aurait été intéressant. Ce sera pour un autre CD. Au départ il devait y avoir juste une monodie, puis nous avons décidé d’en mettre deux, nous avons été pris par le temps. Mais c’est une idée à retenir.

Cuntrastu

Lorenzo: Il Cuntrastu, perché solo scegliere la voce di Jean-Luc e Jean-Luc e un'altra voce di rafforzare l'interazione tra l'uomo e la donna?

Giovanni: Si è parlato della possibilità di farlo, o con Paolo o Jean-Claude, e abbiamo abbandonato l'idea. E 'stato un po' presi da tempo, ed è sembrato più opportuno lasciare che la voce di Jean Luc come un primo passo, ma è il pensiero.
José: E, Jean Luc realmente immersi in là, è stato il migliore.
Giovanni: La prossima volta ... E 'vero che la canzone si presta bene, non sarebbe scontento, sarebbe stato interessante. Questo sarà un altro CD. Inizialmente ci dovrebbe essere solo una monodia, e quindi abbiamo deciso di mettere due, ci sono state prese da tempo. Ma è qualcosa da ricordare.


Tradition et création

JC : Avez-vous envisagé un jour, pour un concert, de ne chanter que des créations et de ne plus chanter un seul chant traditionnel, ou tenez-vous à garder le lien avec la tradition ?

José : On n’en est pas loin. Tu enlèves la paghjella et la monodie, et on y est !
Jean : On n’y pense pas vraiment, mais il n’y a pas de tabou.
Paul : On n’a pas envie de le faire, on n’a pas envie d’enlever les chants traditionnels, parce qu’on en a besoin. Ils ont leur intérêt, c’est un peu comme une initiation, pour montrer d’où on vient et jusqu’où on souhaite aller.
Jean : Et certains de nos chants qui datent un peu sont presque des traditionnels. D’ailleurs certains chants considérés comme traditionnels, comme la messe de Sermanu, ne sont pas si anciens. Le Tantum Ergo a été composé en 1957. Aujourd’hui il fait partie de la tradition. Les purs et durs vont le revendiquer comme tel. Et c’est ça, la tradition, quelque chose qui se perpétue, qui évolue.

Laurent : Dernière question sur Bracanà :  Treblinka. De quand date le texte de Jean-Yves ?

Paul : Je ne crois pas qu’il soit très ancien.

Tradizione e la creazione

JC: Avete considerato un giorno per un concerto, non come creazioni cantare e non cantare una sola canzone, o di mantenere il legame con la tradizione?

José: non siamo lontani. Si rimuove il paghjella e monodia, e non c'è!
Giovanni: Non pensa veramente, ma non ci sono tabù.
Paolo: Non volevamo fare, non vogliamo togliere le canzoni, perché sono necessarie. Essi hanno il loro interesse è un po 'come una introduzione alla mostra che si stanno venendo da lontano e come si desidera andare.
Giovanni: E alcuni dei nostri brani che risalgono a quasi un po 'di tradizionale. Inoltre, alcuni brani considerati tradizionali, come la massa Sermanu non sono così vecchio. Il Tantum Ergo è stato composto nel 1957. Oggi è parte della tradizione. La linea dura si domanda come tale. E questa è la tradizione, qualcosa che continua, che sta cambiando.

Lawrence: Ultima domanda sul Bracanà: Treblinka. Quando è nato il testo di Jean-Yves?

Paolo: non credo che sia molto vecchio.

Les projets

JC :  Il faudrait revenir sur chaque chant, mais venons-en à vos projets.

Jean, Paul et José : Valérie !

Valérie : Vous ne les connaissez pas, vos projets ?
Jean : Demain, on chante avec Daniele di Bonaventura, deux ou trois chants qu’on a déjà faits avec lui pour Culomba.

JC : Quelque chose de prévu avec Paolo Fresu ?

José : Un projet différent de ce qu’on a déjà fait, une création commune avec lui et Daniele, au printemps prochain.

JC : Personnellement je trouve qu’il y a des choses qui fonctionnent très bien, d’autres un peu moins.

Jean : Par exemple ?

JC : Liberata, j’en ai un très grand souvenir, Himalaya, Le Lac, aussi. Rex, par contre, le mélange est plus difficile. Les avis étaient partagés dans le public. Il y a aussi le fait qu’on est tellement habitués à entendre vos chants a cappella que les entendre avec instruments c’est presque un sacrilège…
Danyèl Waro ?

Paul : Ce sera une rencontre, pas une création. Jean-Claude a travaillé sur les arrangements de 5 chants, lui deux ou trois chants.

JC : On devrait le voir aux Rencontres puis à Montreuil ?

Paul : Oui. On souhaite aussi enregistrer rapidement le Requiem pour le sortir l’an prochain.

Progetti

JC: E 'andata e ritorno per ogni canzone, ma cerchiamo di ottenere i vostri progetti.

Giovanni, Paolo e Jose: Valérie!

Valerie: Se non conosci i tuoi piani?
Giovanni: Domani, cantando con Daniele di Bonaventura, due o tre canzoni che abbiamo già fatto con lui Culomba.

JC: Qualcosa con Paolo Fresu previsto?

José: un progetto diverso da quello che era già una realizzazione in comune con lui e Daniele, la prossima primavera.

JC: Personalmente penso che ci sono cose che funzionano molto bene, altri meno.

Giovanni: Per esempio?

JC: Liberata, ho un grande ricordo, Himalaya, Lago, troppo. Rex, per contro, la miscela è più difficile. I pareri sono divisi fra il pubblico. E 'anche il fatto che siamo così abituati a sentire le vostre canzoni a cappella con l'audizione di strumenti è quasi un sacrilegio ...
Danyel Waro?

Paolo: Sarà un incontro, non una creazione. Jean-Claude ha lavorato sulle modalità di 5 canzoni, un paio o tre canzoni.

JC: Si dovrebbe quindi vedere la riunione di Montreuil?

Paolo: Sì. Si vuole anche salvare il Requiem per il rilascio del prossimo anno.

JC : Actuellement, vous travaillez sur de nouvelles créations ?

Paul : Non. Il y a un projet embryonnaire sur La Grammaire de l'imagination, encore rien de précis. Ce sera peut-être une grosse surprise.
Jean : Pour le moment, on a un certain nombre de choses à fixer, à stabiliser, donc pour le moment pas de nouvelles créations. Mais il y a aura le travail avec Paolo Fresu, qui va demander un gros travail de création à Jean-Claude. C’est prévu pour le printemps prochain, donc il faut y songer maintenant.

JC : Et le travail sur les textes de Ghjuvan-Teramu Rocchi ?

Paul : Oui, c’était une éventualité, mais il n’y a rien de concret pour l’instant.
Il y a tellement de choses... Déjà, il faut amener à terme nos projets et faire vivre ce répertoire. C’est comme le Requiem : c’est difficile de faire vivre ce répertoire, de lui donner un prolongement, de le faire tourner, c’est hyper compliqué. Avec Danyel Waro, on fera peut être deux concerts avec lui et ça va s’arrêter là. Ou alors il aura envie de continuer, il y aura un prolongement.
Jean : Mais ça va nécessiter moins de travail. C’est plus léger.

Un "live" ?

JC : Ce qu’on aimerait bien, c’est un live, un CD ou un DVD. De ce point de vue, le dernier CD est très bien enregistré, c’est presque un live. Mais souvent le disque, c’est plus froid que ne peut l’être un concert. Vous y pensez ?

JC: In questo momento si sta lavorando su nuove creazioni?

Paolo: Not. Vi è un progetto embrionale sulla grammatica della fantasia, ma niente di specifico. Questa può essere una grande sorpresa.
Giovanni: Finora, abbiamo un certo numero di cose da correggere, stabilizzare, quindi per ora non nuove creazioni. Ma ci sarà lavorare con Paolo Fresu, che richiederà un grande lavoro di creazione di Jean-Claude. E 'prevista per la prossima primavera, quindi deve essere considerato ora.

JC: E il lavoro sui testi di Ghjuvan-Teramu Rocchi?

Paolo: Sì, è una possibilità, ma non c'è ancora niente di concreto.
Ci sono così tante cose ... Già, è necessario portare avanti i nostri progetti e vivere questa directory. E 'come Requiem: è difficile vivere questa directory, dare una proroga del termine è super complicato. Con Danyel Waro, ci saranno due concerti con lui e si ferma qui. Oppure si vuole continuare, ci sarà una proroga.
Giovanni: Ma che richiedono meno lavoro. E 'più leggero.

Un "live"?

JC: Cosa vorremmo è un live CD o DVD. Da questo punto di vista, l'ultimo CD è molto ben registrato, è quasi vivi. Ma spesso il disco è più fredda non può essere un concerto. Voi pensate?

Paul : C’est très compliqué, ça demande de gros moyens, un ingénieur du son. L’acoustique est différente selon qu’on est dans une salle ou une église, etc.
Jean : On a souvent évoqué ça sur un spectacle comme Médée.
Paul :  Déjà, on est rarement satisfait de nos enregistrements ; alors, un live…
Jean : C’est figé. L’erreur, si elle y est, elle reste !

Laurent :  Vous préférez chanter pour un public ou pour fixer les choses sur un CD ?

Paul :  Les deux sont importants. Mais laisser une trace, ce n’est pas primordial, le plus important c’est d’aller à la rencontre du public. C’est ça l’essentiel. Les musiciens classiques n’ont jamais enregistré…
On est souvent plus satisfaits des souvenirs de rencontres que des disques.
Jean : Les CD, on les oublie vite. On les réécoute rarement.

JC : Les premiers, vous les réécoutez ?

Paul : Non !
Jean : Il y en a un, Una tarra ci hè, que je réécoute avec plaisir.

JC : Nous aussi, c’est un de nos préférés parmi les anciens.

Paul : On est toujours critiques, on n’arrive pas à écouter comme si c’était un disque de quelqu’un d’autre.

JC : Justement, qu’est-ce que vous écoutez d’autre comme musique ?

Paul : De tout. Tous les styles : variété, classique, rock, hard rock. Aussi bien la variété d’il y a 20-30 ans que ce qui se fait maintenant, la musique classique, les musiques du monde….

Paolo: E 'molto complicato, che richiede grandi, un ingegnere del suono. Il suono è diverso a seconda se ci si trova in una stanza o una chiesa, ecc.
Giovanni: E 'stato spesso detto che in una mostra, come Medea.
Paolo: Già, ci sono raramente soddisfatti con i nostri record, in modo da vivere ...
Giovanni: Questo è stato risolto. L'errore, se lo è, rimane!

Lawrence: Volete cantare per un pubblico o per fissare le cose su un CD?

Paolo: Entrambi sono importanti. Ma lasciare una traccia, non è essenziale, la cosa più importante è di andare al pubblico. Questo è essenziale. Musicisti classici hanno sempre registrato ...
La gente tende ad essere più soddisfatti con i ricordi di incontri dischi.
Giovanni: CD, sono rapidamente dimenticati. Essi raramente ascoltare.

JC: In primo luogo, si ascolta?

Paolo: No!
Giovanni: Non vi è uno, Una TARRA ci lui, ho ascoltato con piacere.

JC: Anche noi, è uno dei nostri preferiti tra i vecchi.

Paolo: E 'sempre critica, non è possibile ascoltare, come se si trattasse di un disco da qualcun altro.

JC: Esattamente, che cosa ascoltare altra musica?

Paolo: Tutto. Tutti gli stili: varietà, classica, rock, hard rock. Entrambe le serie di 20-30 anni fa, che ciò che viene fatto adesso, musica classica, musica del mondo ....

Jean : Moi, un peu la même chose, moins de variété que Paul. De toute façon, en tournée on sait ce qu’il écoute, il chante ! Il est assez éclectique dans ses choix. Avant, j’écoutais beaucoup de musique traditionnelle dite ethnique, maintenant plus de classique J’ai eu ma phase hard rock aussi, mon fils en joue, j’aime beaucoup le rock. On est ouvert à toutes les musiques.

JC : Et le jazz ?

Jean : Il y a très peu d’amateurs de jazz dans le groupe
José : Je ne suis pas très fan...

JC : Et pourtant dans votre phrasé vous avez quelque chose du jazz.

Jean : J’écoute quelques groupes vocaux
José : Mon seul concert de jazz que j’ai apprécié, c’est pendant notre deuxième séjour en Géorgie, on avait vu Michel Petrucciani, et là je m’étais régalé.
Jean : Cela ne fait pas partie de notre univers. Et pourtant une de nos premières collaborations avec d’autres artistes, c’était avec Jean-Louis Longnon. Peut être qu’on ne connaît pas assez, c’est dommage.

JC : Alors, votre rencontre avec Jaume et Fresu a dû être un choc ?

José : Non, ça s’est fait naturellement, sans aucune difficulté.
Jean : Il y a eu le choc, mais dans le bon sens du terme : le choc du plaisir de la rencontre,  pas le choc de styles qui se confrontaient. Il n’y a pas eu confrontation.
Effectivement, il y a peut être quelque chose à chercher. Apparemment, ça se fait sans qu’on l’ait cherché, mais ça s’est fait naturellement, de façon complètement naturelle avec Paolo Fresu et Daniele di Bonaventura, qui n’est pas un jazzman mais qui en joue.

AM : Rien avec Bruno Coulais ?

Paul : Non, rien de précis pour le moment.

AM : Et au théâtre avec Orlando ?

Jean : Une reprise de la Médée que vous aviez vue à l’Oratoire. Un petit projet Interreg, ça plaît à Valérie !

Giovanni: Io, lo stesso, in una minore varietà di Paolo. In ogni caso, il tour si conosce ciò che ascolta, canta! E 'piuttosto eclettico nelle sue scelte. Prima ho ascoltato molti cosiddetti tradizionali di musica etnica, classica fase più ho avuto la mia roccia dura troppo, mio figlio gioca, mi piace il rock. Si è aperto a tutta la musica.

JC: E il jazz?

Giovanni: Ci sono pochi gli appassionati di jazz del gruppo
José: io non sono molto fan ...

JC: E ancora nel suo fraseggio avete qualcosa al jazz.

Giovanni: Ho ascoltare alcuni gruppi vocali
José: Il mio unico concerto jazz che mi sono divertito, è stato durante il nostro secondo soggiorno in Georgia, abbiamo visto Michel Petrucciani, e io mi sono divertito.
Giovanni: Questo non è parte del nostro universo. Ma una delle nostre prime collaborazioni con altri artisti, si è con Jean-Louis Longnon. Forse non si conosce abbastanza, è un vero peccato.

JC: Allora, il vostro incontro con Jaume Fresu e doveva essere uno shock?

José: No, è stato, naturalmente, senza alcuna difficoltà.
Giovanni: Si è scossa, ma nel senso del termine: lo choc del piacere di incontrare, non lo scontro di stili che si trovano di fronte. Non c'è stato confronto.
Infatti, ci può essere qualcosa da cercare. Apparentemente, non è che egli aveva cercato, ma è stato, naturalmente, completamente naturale, con Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura, che non è un Jazzman, ma che svolge.

AM: Nulla con Bruno Coulais?

Paolo: No, nulla di specifico ancora.

AM: E il teatro con Orlando?

Giovanni: Un replay della Medea che si visualizza in Oratorio. Un piccolo progetto Interreg piace Valérie!


La Corse et sa musique

Suzan : Quel genre de musique écouter pour découvrir la Corse ?

(Paul, Jean et José éclatent de rire)

Paul : Pas la peine de se polluer les oreilles avec de la musique : regarder, écouter, sentir…. Après, ça suscitera peut-être certaines émotions, ça donnera peut être envie d’écouter de la musique.
Jean : Tu t'attendais à ce qu’on parle de musiques autres que celles d’A Filetta ? C’est difficile ! Paul : L'autre jour, ma fille écoutait Thomas Dutronc, elle disait : « ce n’est pas un disque corse, mais c’est un bon disque pour découvrir la Corse »
Jean : J’aime bien Ange Lanzalavi, une bonne musique.
José : Il y a les  frères Vincenti.
Jean : C’est plus pour des Corses, mais pour quelqu’un qui vient pour découvrir la Corse…. C’est très beau, mais… Non, je crois que c’est A Filetta ! (rires) Tous les groupes apportent quelque chose. I Muvrini, Canta u Populu Corsu, certains groupes de polyphonie…
 
La Corsica e la sua musica

Suzan: Che tipo di musica da ascoltare per scoprire la Corsica?

(Paolo, Giovanni e José scoppiare a ridere)

Paolo: Non c'è bisogno di inquinare le orecchie con la musica: guardare, ascoltare, sentire .... Dopo di che, potrebbe suscitare qualche emozione, è ansioso di ascoltare la musica.
Giovanni: ci si aspetta di parlare di ciò che la musica diverso da A Filetta? E 'difficile! Paolo: L'altro giorno mia figlia è stato l'ascolto di Thomas Dutronc, ha detto: "Questo non è un disco corse, ma è un buon disco per scoprire la Corsica"
Giovanni: Mi piace Angel Lanzalavi, buona musica.
José: Ci sono i fratelli Vincenti.
Giovanni: E 'di corsi, ma per qualcuno che viene a scoprire la Corsica .... E 'molto bello, ma ... No, credo che sia una rete! (ride) Tutti i gruppi di portare qualcosa. I Muvrini, Canta u Populu Corsu alcuni gruppi di polifonia ...


Laurent, Joëlle, Jean-Paul et Jean

L'écriture

Laurent : Jean-Claude encourageait les autres membres à écrire. Où en êtes-vous ?

Paul :  J’essaie d’apprendre l’alphabet, j’ai commencé le coloriage !
José : On n’ose pas se lancer.
Jean : José a écrit quelques pièces sur ordinateur.
José : Non, je n’ose pas.
Jean : C’est dommage, il a des compétences.
José : J'avais composé pour Sonnii zitellini

Les musiques de films

J-P : Et Max and Co ?

José : Il est sorti, mais on intervient très peu. Comme souvent avec la musique de film, on enregistre beaucoup et il y a beaucoup de coupes.  Le film est sorti en même temps qu’Asterix, et je ne sais pas si ça a marché.

JC : En tout cas il paraît qu’il y a un passage hilarant…

José : Ah oui !

JP : Marco Polo n’a jamais été enregistré.

José : On faisait deux chants de Marco Polo en concert.
Jean : Ce fera peut être partie d’un disque
Paul : Et les chants de Vidocq. Il y a matière à faire un disque.

JC : J’aimerais bien que vous enregistriez Himalaya sans orchestre.

Laurent :A propos de Don Juan, vous avez vu le film ? Vous avez aimé ?

Jean : Oui.
Paul : Il y a des longueurs, c’est sûr.
José : C’était nouveau pour moi, la bande originale.

JC : Pour moi le film le plus réussi du point de vue de l'adéquation entre la musique et l'image, c’est Himalaya.

José : Sur Le peuple migrateur, il y avait beaucoup plus de musique, et ça a été coupé. Le producteur a enlevé des tas de musique, ils ont eu peur que la musique prenne le pas sur l’image.

Scrittura

Lawrence: Jean-Claude incoraggiato altri a scrivere. Dove ti trovi?

Paolo: Sto cercando di imparare l'alfabeto, ho iniziato a colorare!
José: non abbiamo il coraggio di gettare.
Jean: José ha scritto più pezzi sul computer.
José: No, non oso.
Giovanni: E 'una vergogna, che ha le competenze.
José: ho composto per Sonnii zitellini

Il film

J-P: E Max e Co?

José: E 'venuto fuori, ma abbiamo parlato molto poco. Come spesso film con la musica, vi è una partita e ci sono un sacco di tagli. Il film è stato rilasciato contemporaneamente qu'Asterix, e non so se ha funzionato.

JC: In ogni caso, sembra che vi sia un passaggio hilarious ...

José: Yeah!

JP: Marco Polo, non è mai stato registrato.

José: Al momento di effettuare due canzoni da "Marco Polo" in concerto.
Giovanni: Questo farà parte di un disco
Paolo: E le canzoni di Vidocq. C'è materiale per un disco.

JC: vorrei che lei Himalaya registro senza l'orchestra.

Lorenzo: A proposito di Don Giovanni, hai visto il film? Ti è piaciuto?

Giovanni: Sì.
Paolo: Ci sono longueurs, sicuramente.
Jose: Si è nuovo per me, la colonna sonora.

JC: Per me il film di maggior successo in termini di abbinamento di musica e immagine è Himalaya.

José: Sulla migrazione di persone si è un po 'di più la musica, ed è stato tagliato. Il produttore ha eliminato un sacco di musica, avevano paura che la musica ha la precedenza sul l'immagine.

Conclusion

Laurent : Julien a une demande : pouvez vous chanter une chanson pour lui ?
 
Julien, probablement le plus jeune fan d'A Filetta !

Et nos amis entonnent quelques couplets de Lettera à Mamma, pour le plus grand plaisir de Julien et aussi le nôtre…

Paghjella a U Carubu (A Filetta)
envoyé par TraNoi



jean
Jean (photo : Anne Marie Casanova)

JC 
: J’avais donc prévu de commencer par un bilan, puis des questions sur votre nouveau CD Bracanà et sur A Filetta aujourd’hui, ensuite les projets et enfin les prochaines rencontres, mais nous en avons déjà parlé avec Valérie.

1901

Laurent Lohez : Alors, passons à Bracanà. Une question sur 1901. Je suppose que Tao  est mort maintenant. Sur quoi se base la chanson, sur des récits ? 

Jean : C’est quelqu’un que j’ai connu, puisqu’il habitait Calvi. L’histoire de la chanson est liée à la rencontre avec les chanteurs géorgiens, mais surtout avec l’amour et la passion que l’on partage avec Jean Temir, un des fils de Tao qui était géorgien. Le chant a été composé à la mémoire de Tao et du père de Cathy Antonini qui est ma tante par alliance. Son père était géorgien du Caucase. Tao est venu et a vécu en Corse. Le père de Cathy a été exilé en France, pas en Corse, mais elle a fait souche en Corse, s’est mariée avec un de mes oncles, elle a eu des enfants, a toujours vécu ici.
C’est donc cet amour à la fois pour ce pays qu’on a découvert à travers les chanteurs géorgiens et aussi physiquement puisque nous y sommes allés chanter plusieurs fois. Et personnellement, c’est un des plus beaux souvenirs de rencontres avec un groupe humain, les chanteurs et leur terre. L’accueil que nous avons eu là bas, ça a été vraiment quelque chose que je ne saurais même pas décrire, tellement c’était fort. Ils nous ont donné tout leur cœur, et ça ne se mesure pas, c’était vraiment très puissant.
C’est donc un hommage à cette terre, à ces deux personnes que tous n’ont pas forcément connues mais qui ont donné des enfants à la terre corse, c’est la fusion de ces deux terres à travers ce chant et l’amour pour l’humain avant tout. Bracanà

JC : Je voudrais revenir sur la genèse de Bracanà. D’après nos différentes conversations, vous avez un peu changé d’idée en cours de route. Il y avait notamment des morceaux de Bruno Coulais à l’origine ?

José Filippi On avait déjà enregistré le disque l’an dernier, et on n’était pas contents de la prise de son, du son d’ensemble. On avait opté pour une prise de son individuelle, voix par voix, et au mixage, on s’est rendu compte que ce n’était pas le bon choix, ça manquait de cohésion, de vie. On a décidé de réenregistrer et aussi d’enlever les chants de Bruno Coulais.

josé
José (photo : Anne Marie Casanova)

Paul Giansily : Pour se consacrer plus tard à l’enregistrement des musiques de Bruno. Cela nous semblait beaucoup plus cohérent que d’intégrer deux morceaux qui tombent un peu comme un cheveu sur la soupe. 

JC : C’est un peu la même chose en concert : on aime beaucoup ces chants, mais après les chants de la Passion, il y a toujours un passage, une sorte de relâchement...

Paul
: Aussi bien en qualité qu’en tension.

JC : Je ne dirais pas en qualité, au contraire, une partie du public apprécie même presque davantage, c’est là que les applaudissements sont les plus forts. Cette partie du concert donne peut être une dynamique supplémentaire, mais ça crée une rupture de ton. Je préfère un concert plus homogène. Mais effectivement, comme le dit Jean-Paul, souvent le public démarrait après Le lac.

José : On le ressent nous aussi. On est concentrés du début à la fin, mais quand on aborde les chants de Bruno, ça fait non pas un relâchement, mais comme une récréation.

JC
 : Finalement, sur Bracanà il y a seulement deux créations nouvelles, 1901 et Treblinka, et pourtant, même si on connaissait les chants du Via Crucis, on sent une grande innovation dans ce disque. Je ne sais pas à quoi ça tient. Peut être une étape supplémentaire ?

Paul : Tout simplement parce que ça n’avait pas été fixé.

JC : Oui, mais je les avais déjà entendus plusieurs fois, et j’ai l’impression que vous avez encore franchi une étape dans votre parcours.

José : Comme le dit Paul, c’est parce que les chants n’avaient pas été fixés. Au niveau de  l’écriture, ils ne sont pas plus difficiles que les précédents. On n’a pas trouvé de différence.
Jean : Je suis un peu d’accord avec ce que tu dis. Même si les chants n’ont pas été fixés ou figés sur un disque, depuis le moment où tu les as entendus pour la première fois, ils ont évolué, et nous aussi. En peu de temps
José : C’est pareil pour les chœurs de Médée. En 1997 ils étaient très différents de maintenant.

L'Invitu

JC : Justement, pourquoi avoir réenregistré un extrait de L’Invitu

Paul : On n’est pas entièrement convaincus par l’enregistrement de Médée. On n’est pas très satisfaits. La prise de son, notre interprétation aussi, très pincée, ne nous convient pas du tout. On pense même à le réenregistrer.
Jean : Personnellement, je considère que c’est l’œuvre majeure. Ca ne me gêne pas du tout qu’on retrouve des bribes dans différents albums, comme dans Intantu.
Paul : Ça représente notre parcours des dix dernières d’années, il avait tout à fait sa place dans le disque.

JC : Ce n’était pas du tout une critique, au contraire ! D’ailleurs, au dernier concert à l’Européen, j’ai trouvé que le fait peut être de n’en avoir qu’un extrait lui a donné plus de force.

Paul : Ça demande tellement d’implication, d’énergie…

Lode à una simpatica zitella

Laurent : Une question sur la monodie de Jean-Luc à propos de sa mère, composée par un poète sur sa mère. Quels sont ses sentiments quand il le chante ?

laurent
Laurent, Jean, Paul et José

Paul : Ce n’est pas une chanson créée pour sa mère, c’est une chanson que Pampasgiolu a reprise et a chantée pour sa mère. Pour Jean-Luc, c’est personnel, je ne peux pas répondre pour lui. Je suppose que s’il a souhaité l’enregistrer, c’est que ça avait de l’importance à ses yeux.
José : Jean-Luc, c’est quelqu’un qui a vécu dans ce milieu, avec les poètes, son père chantait…

JC : Il a encore beaucoup de monodies en réserve ?

Paul : Oui. Sa mère enregistrait beaucoup les chanteurs. On a des versions originales chantées par Pampasgiolu. Ils se côtoyaient à l’époque. 

Treblinka

JC : Treblinka a été composé en très peu de temps, d’après les conversations que j’ai pu avoir avec vous.

José : Ca a été composé ici au Carubbu, très rapidement.

JC : La mélodie, je veux bien. Mais tout ce que vous avez fait autour, l’apport de chacun ?

José
 : Les paroles sont de Jean-Yves Acquaviva. Un jour Jean-Claude arrive et dit : j’ai peut être un thème pour ce chant. Il s’est mis au piano, a commencé à jouer le thème. On s’est mis tous autour du piano, chacun a apporté, on avait pensé à des bourdons…

JC : Justement, le bourdon ! C’est très novateur, unique dans ce que vous faires, non ?

Jean : Il est à bouche fermée.

JC : Oui, à bouche fermée, mais il a un son très particulier.

José
 : ca n’a pas été une recherche particulière. C’est venu…

JC : Qui le chante, d’ailleurs ?

José : Il y a Max qui fait la voix la plus grave, Jean, Ceccé et moi faisons un bourdon. Ceccé alterne entre le bourdon et une autre voix.
Paul : il y a le bourdon aigu, aussi.

JC : Oui, le bourdon aigu ! Vers la fin, avec Jean-Luc ...

José : Il y a Jean-Luc qui fait des dissonances sur l’avant dernier couplet. 
Jean : A un moment donné, on change tous. Tu ne changes pas, toi ?
José : Eu, ùn cambiu micca. Moi, je change juste sur la fin en voix plus haute, à l’octave du bourdon. Mais c’est vrai que ça a été créé sur 2-3 jours. On cherchait un morceau supplémentaire.

JC : Et après, vous l’avez travaillé longtemps ?

José : Non, il a été fixé très vite. Techniquement, il n’est pas tellement difficile. Il n’est pas difficile à mettre en place, du moins.

JC : Il y a effectivement des chants où il y a 7 voix différentes, comme le Benedictus.

José : Tu as le Benedictus, le Dies Irae où il y a 7 voix vraiment distinctes. Après, le chant varie selon les concerts comme les autres chants, mais il n’est pas difficile. On est plus ou moins faux ou justes…

Laurent : Vous l’aviez essayé à tâtons à Utrecht sur le piano qui se trouvait dans la salle. Suzan l’a enregistré sur son téléphone portable !

La religion

Laurent : A propos de Beati, il est tiré directement de la Bible ?

Paul : Oui, des Béatitudes. Il n’est pas intégral, mais il est tiré des Béatitudes.

Laurent : Votre source d’inspiration, c’est essentiellement la Bible pour le Chemin de Croix ? Y a-t-il d’autres sources d’inspiration ?

Paul : Il y a U Sipolcru, que l’on a repris, et U cantu di l’acqua, qui sont des compositions de Jean-Claude. Toutes les autres créations sont sur des textes liturgiques.
Jean : Vous êtes croyants, pratiquants ? Car là, vous avez les mécréants du groupe !

Paul : On suit la philosophie, on essaie de la suivre, mais tout ce qu’on nous raconte…
José : La religion catholique fait partie de notre culture. On dépasse la religion, mais on a le fonds, l’éducation, même inconsciemment. On a vécu là-dedans.
Paul : Il y a des gens qui, à la fin des concerts, nous demandent : "à quel ordre appartenez-vous ? Vous devez être très croyants !". En fait, la philosophie, on y adhère, mais ç’aurait été pareil avec une autre religion : le respect de l’autre….

trio
Jean, Paul et José

Le travail du groupe

JC : Avez-vous évolué dans votre façon de travailler, notamment les arrangements des chants ? Lors d’un concert récent, vous avez chanté U Lamentu di Ghjesù et des nouvelles compositions. Maintenant je trouve qu’il y a un gouffre entre le traditionnel et ce que vous faites maintenant. Est-ce différent dans votre façon de les aborder ?

José : Je vais te dire : que ce soit un chant traditionnel qu’on chante depuis 20 ou 30 ans, pour moi il n’y a aucune différence. Chaque note est une bataille permanente. Même sur un chant qu’on a l’habitude de chanter, si tu relâches un tant soit peu, on tombe à côté….

JC
: Je ne parlais pas tant au niveau de l’expression que plutôt au niveau de la technique, du travail de chaque voix…

José : Non, et ça s’est vérifié à chaque fois : que ce soit sur une création récente ou un chant que l’on chante depuis 30 ans, si tu laisses aller un tant soit peu, si tu dis : « on le connaît », on peut se planter, même quand il n’y a pas besoin de technique. A chaque fois ça s’est vérifié. Un de nos premiers concerts de cette année à Calvi a été désastreux. Parce qu’on s’est dit : ce sont des chants qui commencent à être rodés, et puis, non. On a fait Sumiglia, on l’a complètement estropié, car il faut sans cesse revenir sur le chant. C’est pour ça que les chants évoluent. Les chants de Médée, le Dies Irae, Benedictus, Treblinka, vont être chantés différemment dans 2-3 ans.
Paul : Et l’arrivée de nouveaux chanteurs a fait que notre technique a changé.
José : On avait l’habitude de faire des bourdons à trois, Jean, Max et moi. Quand Ceccè est arrivé, l’apport d’une nouvelle voix nous a déstabilisés. On n’arrivait plus à retrouver notre équilibre. Il fallait que cette voix s’intègre, qu’on prenne l’habitude de chanter à quatre. Ça change complètement, c’est déstabilisant. Pendant un certain temps, c’est une voix qui arrive en plus, et il faut s’y habituer.

JC : De même, nous vous connaissions moins bien à l’époque, mais quand Jean-Luc est arrivé, j’imagine que ça a dû modifier la place de Paul dans le groupe ?

José : Franchement, je ne pense pas.
Jean : Paul est resté pratiquement la seule voix aiguë. Il chantait très peu en seconda, le plus souvent en terza,  et il l’est resté. C’est Paul la voix la plus haute, et de temps en temps Jean-Claude, pas Jean-Luc. Jean-Luc chante plus en seconda.
José : Paul, l’arrivée de Jean Luc t’a perturbé ?

JC : Non, je n'ai pas dit perturbé, mais changé la façon de te placer ?

Paul : Oui, l’arrivée de Jean-Luc a profondément changé ma manière de chanter.

JC : Ah !

José : On a dit le contraire !
Jean : Pas sa place, sa manière de chanter.

JC : Il faut dire qu'à l’époque, on vous connaissait beaucoup moins, et les enregistrements étaient moins fouillés, on avait aussi plus de mal à identifier les voix ….

José : C’est par rapport à l’écriture. Quand tu as sept voix différentes avec aucune voix leader, comme dans Benedictus ou Dies Irae, évidemment, à un moment donné, tu entends toutes les voix.

J-Paul : Et aussi à force d’écouter on est plus attentif à chaque voix.

Paul : Et on ne chantait pas tous en même temps, on doublait les basses. 
José
 : Les voix se fondaient, c’est beaucoup au niveau de l’écriture

AM:  En quoi as-tu changé ta manière ?

Paul : Ma voix s’est affinée. Si je prends les enregistrements jusqu’à Passione, c’est une autre manière de placer ma voix.
José : Ce n’est pas lié à l’arrivée de Jean-Luc.
Jean
: C’est lié au travail.
Paul : Et aussi sa manière de chanter m’a influencé.
Jean : Jean-Luc a une très belle voix, mais il lui a fallu pas mal de temps avant de trouver sa place, plus que Ceccè.
José : C’est lui qui a la plus belle voix dans le groupe, mais il a eu du mal à trouver sa place.
Jean
:  Il y avait les cinq qui étions tout le temps, et quand Jean-Luc chantait, tu entendais Jean Luc et les autres. C’était flagrant. Ça a mis réellement beaucoup de temps avant d’atteindre la cohésion.
José : Il faut que ça mûrisse, il faut du temps.
Jean : C’est nous qui lui avons apporté beaucoup !
José : Surtout Paul. Paul a une voix magnifique et je lui dis toujours que si j’avais une voix comme la sienne, je ferais une carrière solo.

JC : Vous tous. D’ailleurs, on entend bien chacun de vous dans Si di mè.

José : Il y a des voix plus ou moins belles, pour pouvoir chanter seuls. Jean-Luc et Paul ont une belle voix, les autres…

JC : Mais si ! Pourquoi nos amis ont-ils choisi de s’appeler « Tra noi », d’après toi ?

José : On privilégie le fait de chanter ensemble, de trouver un certain équilibre entre nous. Jamais on n’a recruté quelqu’un parce qu’il avait une belle voix. Cela n’a jamais été un critère de recrutement.

JC
:  C’est même l’inverse qui s’est produit, non ? Certains sont partis, même s’ils avaient une très belle voix !

José : Exactement.
Paul : Même si on est en très bons termes, mais ils n’ont pas réussi à se fondre dans le groupe, à trouver leur place. Ils l’ont ressenti eux-mêmes.
José : C’est dur la vie de couple, et la vie de groupe avec 6 autres, c’est multiplié par 7 ! Chacun a sa façon de voir les choses, sa personnalité, ça se joue à peu de choses...

Laurent : Comment ça se passe en répétition quand vous n’êtes pas d’accord ?

José : Ça se produit parfois, on ne dit rien, mais on sent que ça ne va pas, il faut en parler, on s’engueule, on remet tout à plat et ça repart. Il faut en passer par là.


suzan
José, Suzan et Jean-Claude

Cuntrastu 

Laurent :  Sur Cuntrastu, pourquoi avoir choisi uniquement la voix de Jean-Luc et pas Jean-Luc et une autre voix pour renforcer le jeu entre homme et femme ?

Jean : On a évoqué la possibilité de le faire, soit avec Paul soit avec Jean-Claude, et on a abandonné l’idée. On a été un peu pris par le temps, et ça nous a semblé plus juste de laisser la voix de Jean Luc dans un premier temps, mais on y a pensé.
José : De plus, Jean Luc a vraiment baigné là dedans, il était le mieux placé. 
Jean : La prochaine fois… C’est vrai que le chant s’y prêtait bien, ça ne m’aurait pas déplu, ça aurait été intéressant. Ce sera pour un autre CD. Au départ il devait y avoir juste une monodie, puis nous avons décidé d’en mettre deux, nous avons été pris par le temps. Mais c’est une idée à retenir.

Tradition et création

JC : Avez-vous envisagé un jour, pour un concert, de ne chanter que des créations et de ne plus chanter un seul chant traditionnel, ou tenez-vous à garder le lien avec la tradition ?

José
 : On n’en est pas loin. Tu enlèves la paghjella et la monodie, et on y est !
Jean : On n’y pense pas vraiment, mais il n’y a pas de tabou.
Paul : On n’a pas envie de le faire, on n’a pas envie d’enlever les chants traditionnels, parce qu’on en a besoin. Ils ont leur intérêt, c’est un peu comme une initiation, pour montrer d’où on vient et jusqu’où on souhaite aller.
Jean : Et certains de nos chants qui datent un peu sont presque des traditionnels. D’ailleurs certains chants considérés comme traditionnels, comme la messe de Sermanu, ne sont pas si anciens. Le Tantum Ergo a été composé en 1957. Aujourd’hui il fait partie de la tradition. Les purs et durs vont le revendiquer comme tel. Et c’est ça, la tradition, quelque chose qui se perpétue, qui évolue. 

Laurent : Dernière question sur Bracanà :  Treblinka. De quand date le texte de Jean-Yves ?

Paul : Je ne crois pas qu’il soit très ancien.

Les projets 

JC :  Il faudrait revenir sur chaque chant, mais venons-en à vos projets.

Jean, Paul et José : Valérie !

Valérie : Vous ne les connaissez pas, vos projets ?
Jean : Demain, on chante avec Daniele di Bonaventura, deux ou trois chants qu’on a déjà faits avec lui pour Culomba

JC : Quelque chose de prévu avec Paolo Fresu ?

José : Un projet différent de ce qu’on a déjà fait, une création commune avec lui et Daniele, au printemps prochain.

JC : Personnellement je trouve qu’il y a des choses qui fonctionnent très bien, d’autres un peu moins.

Jean
: Par exemple ?

JC
 : Liberata, j’en ai un très grand souvenir, Himalaya, Le Lac, aussi. Rex, par contre, le mélange est plus difficile. Les avis étaient partagés dans le public. Il y a aussi le fait qu’on est tellement habitués à entendre vos chants a cappella que les entendre avec instruments c’est presque un sacrilège…
Danyèl Waro ?

Paul : Ce sera une rencontre, pas une création. Jean-Claude a travaillé sur les arrangements de 5 chants, lui deux ou trois chants.

JC : On devrait le voir aux Rencontres puis à Montreuil ?

Paul
 : Oui. On souhaite aussi enregistrer rapidement le Requiem pour le sortir l’an prochain.

JC 
: Actuellement, vous travaillez sur de nouvelles créations ?

Paul
 : Non. Il y a un projet embryonnaire sur La Grammaire de l'imagination, encore rien de précis. Ce sera peut-être une grosse surprise.
Jean
: Pour le moment, on a un certain nombre de choses à fixer, à stabiliser, donc pour le moment pas de nouvelles créations. Mais il y a aura le travail avec Paolo Fresu, qui va demander un gros travail de création à Jean-Claude. C’est prévu pour le printemps prochain, donc il faut y songer maintenant.

JC
 : Et le travail sur les textes de Ghjuvan-Teramu Rocchi ?

Paul 
: Oui, c’était une éventualité, mais il n’y a rien de concret pour l’instant.
Il y a tellement de choses... Déjà, il faut amener à terme nos projets et faire vivre ce répertoire. C’est comme le Requiem : c’est difficile de faire vivre ce répertoire, de lui donner un prolongement, de le faire tourner, c’est hyper compliqué. Avec Danyel Waro, on fera peut être deux concerts avec lui et ça va s’arrêter là. Ou alors il aura envie de continuer, il y aura un prolongement.
Jean
: Mais ça va nécessiter moins de travail. C’est plus léger.

Un "live" ?
 

JC : Ce qu’on aimerait bien, c’est un live, un CD ou un DVD. De ce point de vue, le dernier CD est très bien enregistré, c’est presque un live. Mais souvent le disque, c’est plus froid que ne peut l’être un concert. Vous y pensez ?

Paul
: C’est très compliqué, ça demande de gros moyens, un ingénieur du son. L’acoustique est différente selon qu’on est dans une salle ou une église, etc.
Jean
: On a souvent évoqué ça sur un spectacle comme Médée.
Paul :  Déjà, on est rarement satisfait de nos enregistrements ; alors, un live…
Jean : C’est figé. L’erreur, si elle y est, elle reste !

Laurent :  Vous préférez chanter pour un public ou pour fixer les choses sur un CD ?

Paul
:  Les deux sont importants. Mais laisser une trace, ce n’est pas primordial, le plus important c’est d’aller à la rencontre du public. C’est ça l’essentiel. Les musiciens classiques n’ont jamais enregistré… 
On est souvent plus satisfaits des souvenirs de rencontres que des disques.
Jean : Les CD, on les oublie vite. On les réécoute rarement.

JC
 : Les premiers, vous les réécoutez ?

Paul 
: Non !
Jean : Il y en a un, Una tarra ci hè, que je réécoute avec plaisir.

JC : Nous aussi, c’est un de nos préférés parmi les anciens.

Paul
: On est toujours critiques, on n’arrive pas à écouter comme si c’était un disque de quelqu’un d’autre.

JC : Justement, qu’est-ce que vous écoutez d’autre comme musique ?

Paul : De tout. Tous les styles : variété, classique, rock, hard rock. Aussi bien la variété d’il y a 20-30 ans que ce qui se fait maintenant, la musique classique, les musiques du monde….
Jean
: Moi, un peu la même chose, moins de variété que Paul. De toute façon, en tournée on sait ce qu’il écoute, il chante ! Il est assez éclectique dans ses choix. Avant, j’écoutais beaucoup de musique traditionnelle dite ethnique, maintenant plus de classique J’ai eu ma phase hard rock aussi, mon fils en joue, j’aime beaucoup le rock. On est ouvert à toutes les musiques.

JC
: Et le jazz ?

Jean
: Il y a très peu d’amateurs de jazz dans le groupe
José
 : Je ne suis pas très fan...

JC 
: Et pourtant dans votre phrasé vous avez quelque chose du jazz.

Jean
: J’écoute quelques groupes vocaux
José
 : Mon seul concert de jazz que j’ai apprécié, c’est pendant notre deuxième séjour en Géorgie, on avait vu Michel Petrucciani, et là je m’étais régalé.
Jean
: Cela ne fait pas partie de notre univers. Et pourtant une de nos premières collaborations avec d’autres artistes, c’était avec Jean-Louis Longnon. Peut être qu’on ne connaît pas assez, c’est dommage.

JC
 : Alors, votre rencontre avec Jaume et Fresu a dû être un choc ?

José : Non, ça s’est fait naturellement, sans aucune difficulté.
Jean
: Il y a eu le choc, mais dans le bon sens du terme : le choc du plaisir de la rencontre,  pas le choc de styles qui se confrontaient. Il n’y a pas eu confrontation.
Effectivement, il y a peut être quelque chose à chercher. Apparemment, ça se fait sans qu’on l’ait cherché, mais ça s’est fait naturellement, de façon complètement naturelle avec Paolo Fresu et Daniele di Bonaventura, qui n’est pas un jazzman mais qui en joue.

AM
: Rien avec Bruno Coulais ?

Paul : Non, rien de précis pour le moment.

AM
 : Et au théâtre avec Orlando ?

Jean : Une reprise de la Médée que vous aviez vue à l’Oratoire. Un petit projet Interreg, ça plaît à Valérie ! 

La Corse et sa musique

Suzan 
: Quel genre de musique écouter pour découvrir la Corse ?

(Paul, Jean et José éclatent de rire)

Paul : Pas la peine de se polluer les oreilles avec de la musique : regarder, écouter, sentir…. Après, ça suscitera peut-être certaines émotions, ça donnera peut être envie d’écouter de la musique.
Jean
 : Tu t'attendais à ce qu’on parle de musiques autres que celles d’A Filetta ? C’est difficile ! Paul : L'autre jour, ma fille écoutait Thomas Dutronc, elle disait : « ce n’est pas un disque corse, mais c’est un bon disque pour découvrir la Corse »
Jean
 : J’aime bien Ange Lanzalavi, une bonne musique.
José : Il y a les  frères Vincenti.
Jean : C’est plus pour des Corses, mais pour quelqu’un qui vient pour découvrir la Corse…. C’est très beau, mais… Non, je crois que c’est A Filetta ! (rires) Tous les groupes apportent quelque chose. I Muvrini, Canta u Populu Corsu, certains groupes de polyphonie…

jpj
Laurent, Joëlle, Jean-Paul et Jean

L'écriture 

Laurent : Jean-Claude encourageait les autres membres à écrire. Où en êtes-vous ?

Paul :  J’essaie d’apprendre l’alphabet, j’ai commencé le coloriage !
José : On n’ose pas se lancer.
Jean : José a écrit quelques pièces sur ordinateur.
José
 : Non, je n’ose pas.
Jean
: C’est dommage, il a des compétences.
José : J'avais composé pour Sonnii zitellini

Les musiques de films

J-P
: Et Max and Co ?

José
: Il est sorti, mais on intervient très peu. Comme souvent avec la musique de film, on enregistre beaucoup et il y a beaucoup de coupes.  Le film est sorti en même temps qu’Asterix, et je ne sais pas si ça a marché.

JC
: En tout cas il paraît qu’il y a un passage hilarant…

José : Ah oui !

JP
: Marco Polo n’a jamais été enregistré.

José
: On faisait deux chants de Marco Polo en concert.
Jean
 : Ce fera peut être partie d’un disque
Paul
 : Et les chants de Vidocq. Il y a matière à faire un disque.

JC : J’aimerais bien que vous enregistriez Himalaya sans orchestre.

Laurent
 :A propos de Don Juan, vous avez vu le film ? Vous avez aimé ?

Jean
: Oui.
Paul
 : Il y a des longueurs, c’est sûr.
José
: C’était nouveau pour moi, la bande originale.

JC
: Pour moi le film le plus réussi du point de vue de l'adéquation entre la musique et l'image, c’est Himalaya.

José
 : Sur Le peuple migrateur, il y avait beaucoup plus de musique, et ça a été coupé. Le producteur a enlevé des tas de musique, ils ont eu peur que la musique prenne le pas sur l’image.


Conclusion


Laurent
 : Julien a une demande : pouvez vous chanter une chanson pour lui ?

julien
Julien, probablement le plus jeune fan d'A Filetta !

Et nos amis entonnent quelques couplets de Lettera à Mamma, pour le plus grand plaisir de Julien et aussi le nôtre…

Paghjella a U Carubu (A Filetta)
envoyé par TraNoi



 nouv
A lire également, le récit de notre visite au Carubbu sur le site de nos amis de Tra Noi.
 

Jean-Claude Acquaviva
"Être plus que ce qu'on nous permet d'être"
("Corsica" de mai 2008)



À Filetta est un miracle. En trente ans d’une carrière qui se plaît à emprunter les chemins de traverse, la formation balanine a réussi le tour de force de mêler succès public, reconnaissance critique et excellence musicale, en Corse et ailleurs. Jean-Claude Acquaviva, charismatique et intransigeant leader d’A Filetta, nous ouvre les portes de ce groupe à nul autre pareil.
Trente ans de carrière, ça se fête ?
On s’est posé la question, on a réfléchi à un événement exceptionnel, un concert où l’on aurait fait appel à tous ceux qui ont pris part, au fil des décennies, à l’aventure d’A Filetta. Mais nous avons renoncé. Le groupe est tellement pris par ses activités, on dépense une telle énergie dans les projets en cours, qu’on n’aurait pas trouvé le temps d’organiser tout ça dignement, et on ne voulait surtout pas proposer au public quelque chose de bâclé. C’est un peu triste, certes, mais la vie continue, et le groupe avance.
jca


Pas de bilan non plus, alors ?
Une chose est sûre, ces trente ans sont passés à une vitesse incroyable. On le dit souvent sur scène, sans démagogie, à aucun moment, on n’a le sentiment que la routine s’est installée. Pour nous, chaque concert est une aventure, voire une lutte. A Filetta est un peu dans la situation d’un montagnard qui devrait gravir tous les sommets de la planète. Il y en a toujours un autre à escalader. Nous sommes en permanence à la recherche d’un équilibre qui semble perpétuellement accessible, mais se dérobe encore et toujours.

Mais avec une carrière aussi riche, que reste-il à accomplir ?
Tout reste à faire. J’aimerais par exemple développer un répertoire philharmonique. On a aussi l’envie de monter un long métrage d’animation pour les enfants. Et puis on veut continuer à partir à la rencontre des musiques d’ailleurs. Si demain on nous appelle pour un concert dans les temples d’Angkor ou au Groenland, on part sans réfléchir. Repousser les limites, faire des choses dans des conditions extravagantes, c’est toujours passionnant.

On a l’impression qu’il y a deux parties distinctes dans la carrière d’A Filetta…
Effectivement. Au début, on tournait, on faisait des disques, mais plus ou moins en dilettante. En 1994, tout a changé. Devant les opportunités qui se présentaient, conséquence de notre disponibilité, on a décidé de devenir des professionnels tout en donnant libre cours à nos envies. Ensuite tout est allé plus vite. Et lorsque je me penche sur notre parcours depuis cette époque, je me dis qu’on a réalisé quelque chose d’exceptionnel.

Cet emballement vous a-t-il étonné ?
Je pense que si l’on a duré autant, c’est qu’on n’a jamais rien planifié. Aujourd’hui encore, je continue de ne pas me projeter dans le futur. Tout est affaire de rencontres, de coups de cœur artistiques, de sollicitations. Je n’ai aucune idée de ce qu’on fera dans deux ans. Un plan de carrière nécessite des concessions, du calcul, la mise en place d’une stratégie. Très peu pour moi.

Ce qui ne facilite pas les relations avec les maisons de disques…
On a travaillé avec une dizaine de maisons de disques, ça a toujours foiré. Je ne veux pas qu’on me dise « emprunte cette voie, tu toucheras beaucoup de monde ». Si cela nécessite de faire une croix sur mes convictions profondes, artistiques et humaines, pas question. Virgin, la dernière en date, était prête à mettre de gros moyens sur nous, mais voulait qu’on fasse des duos, avec Axelle Red ou Souchon. Il est hors de question que j’aille voir Axelle Red en lui disant « viens chanter avec moi, tu vas me faire vendre quelques disques en plus ». C’est indigne ! Aujourd’hui on a presque du mal à trouver une maison de disques, et paradoxalement, on fait le plein partout où l’on passe. Ce qui nous convient très bien au final. Alors évidemment on n’a pas la notoriété pour passer au 20 heures, mais on visite des pays extraordinaires, on s’enrichit humainement, et ce sont des moments d’émotion, de partage qui n’ont pas de prix, dans la vie d’un homme.

A Filetta est à l’aise dans de nombreux styles musicaux. Y en a-t-il un que vous privilégiez ?
Il n’y a pas, pour moi, de musique plus ou moins noble. Il y a des chansons de Léo Ferré qui sont des monuments. Mais rien n’est plus beau que ne pas se cantonner à un format, ne pas se poser la question de l’adhésion du public, de ne pas se demander s’il va s’ennuyer. Ce genre de considérations, ça me gave. Il faut faire confiance au public. C’est à force de lui donner des choses formatées qu’il finit par s’en contenter. Je prends autant de plaisir à écrire une chanson de trois minutes qu’un ch ? ur de vingt minutes ou un requiem. Mais comme la tendance est à la musique courte, j’ai envie de faire le contraire.

Votre rigueur dans le travail, et dans vos prestations, vous ont toujours démarqué du tout venant de la production insulaire.
En la matière, en Corse, je pense qu’il y a confusion des genres. L’ethno-musicologue italienne Giovanna Marini dit que le chant populaire a au départ une fonction de rite, lors du labour, des cérémonies mortuaires par exemple. C’est un langage qui accompagne les moments de la vie. La scène, c’est autre chose. D’autant qu’il y a un public en face qui a payé son entrée. Du coup, on n’est plus dans l’instantané, dans le spontané. On est à la recherche d’une efficacité artistique, notion dont le rite est totalement dénué. On est dans le reflet du rite, mais plus dans le rite.

On vous fait parfois le reproche d’écrire dans une langue peu accessible…
Et moi je réponds qu’on ne comprend pas toujours tout chez Pessoa, Mallarmé ou Aragon. Ce que je veux dire, c’est que chacun a ses codes, une façon d’écrire, des choses qui résonnent en lui et qui sont très puissantes. Je suis un amoureux de René Char, mais ce n’est pas toujours facile à comprendre, ni même à cerner. Pourtant c’est une langue fabuleuse, une explosion de couleurs et de sentiments. Moi-même, lorsque je lis les poésies de Filippini, je suis admiratif, c’est splendide et cela me touche d’autant plus que je suis loin de manier la langue comme lui. Mais ce n’est pas pour cela que je suis un raté ou que la langue que j’utilise n’est pas digne d’intérêt. Il me semble qu’il faut impérativement distinguer le travail pédagogique et l’œuvre artistique. L’artistique ne doit pas avoir un rôle pédagogique. On ne peut se poser la question, en art, de savoir si l’on sera toujours compris.

Autre caractéristique frappante, l’absence chez A Filetta de la nostalgie qui anime une grande part des artistes corses…
La nostalgie est une forme boiteuse de la mémoire. On extrait quelque chose de son contexte, on ne veut retenir que ce qui nous semble bon. Cela traduit une incapacité totale à demeurer dans le temps présent. Et sur le plan du chant, c’est pareil. Avec ce risque de se figer, de légitimer le danger qui pourrait résider dans toute forme d’ouverture. Il est sain qu’il y ait des gens qui se posent en gardiens, mais cela n’exclut pas qu’il existe d’autres qui bousculent la tradition. Je suis triste lorsque j’entends des gens dire qu’il ne faut pas toucher à quelque chose parce que nos anciens nous l’ont laissé comme cela. C’est contraire à toute dynamique de vie.

Que pensez-vous de la profusion de chanteurs et de groupes corses ?
Il ne faut surtout pas empêcher les gens qui veulent s’exprimer de le faire. Pour autant, il y a un vrai problème, c’est que personne ne fait de distinction qualitative entre les groupes. C’est un mauvais service à rendre aux artistes que de mettre tout le monde sur le même plan. On doit faire des choix, que ce soit les programmateurs radio et télé ou les gens qui par leurs subventions alimente une grande partie de la production. On ne peut pas dire en permanence que tout est bon parce que si tout est bon, rien n’est bon. Nulle part cela ne fonctionne comme ça. Ce n’est pas un discours élitiste. Je ne dis pas qu’il faut éliminer les mauvais. Nos premiers disques musicalement étaient des calamités. Et si on ne nous avait pas laissé le temps de progresser, aujourd’hui sans doute, nous ne serions plus là. C’est pour cette raison que lors du premier disque d’un groupe, il faut qu’il y ait des gens qui donnent leur avis, sincèrement. C’est l’unique façon de progresser.

En Corse, la critique n’existe donc pas ?
Soit on ne dit pas grand-chose pour ne pas dire ce qui fâche, soit on tombe dans le propos dithyrambique dès que l’artiste est un peu connu. C’est d’autant plus gênant qu’on nous encense quand on fait une merde, mais en revanche on assassine sans raison ce qui vient de l’extérieur. Moi, je souffre lorsque je lis les comptes-rendus de journalistes qui sont venus, ou pas d’ailleurs, à un spectacle, et qui font un commentaire où ils se contentent de nous resservir le communiqué de presse. Je pense qu’on gagnerait tous à un peu de sincérité et de critique, y compris ceux qui seront critiqués à un moment ou à un autre.

Sébastien Bonifay

Jean-Claude Acquaviva
"Être ce que l'on défend et pas défendre ce que l'on est"

(Corse Matin du 2 février 2008)



Photo Pierre-Antoine Fournil pour Corse Matin

Comment votre répertoire a-t-il évolué en 30 ans ?
Notre éclosion a été portée par le Riacquistu et le souci de propager des choses issues de notre patrimoine qui se perdaient. Aujourd'hui, dans une continuité naturelle, c'est à la création nourrie de toutes nos rencontres que nous devons l'essentiel de notre répertoire.

Et de toutes ces rencontres, laquelle a été, disons, la plus marquante ?
La Géorgie et le chœur de Tbilissi avec lequel nous avons multiplié les échanges au début des années 90. Il y a deux chants géorgiens dans notre nouvel album et, là-bas, des chants corses ont été enregistrés en géorgien.

Ces fusions culturelles avec les autres galvanisent votre propre sens créatif ?
Même de façon inconsciente, une rencontre enrichissante et sincère laisse des empreintes indélébiles et les influences affleurent nos mots, notre musique, nos harmonies.

Que disent de vous les publics étrangers ?
L'accueil est partout chaleureux car il n'existe pas de pays qui ne manifeste un intérêt pour l'art vocal, en raison de sa dimension intemporelle, et ne ressente une fascination pour le travail des voix. Ce mélange d'enthousiasme et de curiosité est plus flagrant en Allemagne, en Autriche ou en Scandinavie que dans les pays méditerranéens un peu moins captifs à cette forme d'exotisme qu'on peut représenter ailleurs.

L'ouverture prochaine en Corse d'un Centre d'art polyphonique ?
Sartène, Pigna. Il faut à la fois des outils culturels et les moyens de les faire fonctionner. Tout ce qui est de nature à désenclaver est une excellente chose. Contrairement à ce que certains pensent, la protection n'est pas la meilleure solution. Il ne
faut pas défendre ce que l'on est, mais être ce que l'on défend.

Même si le chant est devenu moins revendicatif, vous vous sentez toujours politiquement investi ?
Paradoxalement, t'éloigner de la chanson-tract te rend plus puissant dans le message que tu veux délivrer. Le moyen d'exprimer le mieux ton amour indéfectible pour la Corse, sa langue, sa littérature, sa poésie, c'est de décomplexer ta musique, de la faire vivre au contact de celle des autres. Mettre un terme à ce processsus de greffes est une posture dangereuse qui conduit à sa propre sanctuarisation. Et un sanctuaire exhale toujours un petit parfum de mort.

Votre sentiment sur l'énième crise que traverse la Corse ctuellement ?
Le sentiment qu'on a la tête à l'envers. Il faut donnner à la Corse les moyens de produire des Corses et ne pas s'entêter à croire que ce sont les Corses qui font la Corse en ayant une idée statique de ce que nous sommes. Les choses sont en perpétuel mouvement. Arrêter leur cours est une illusion qui peut avoir des répercussions très graves sur le plan éthique, comme l'exclusion.


Comment peut-on l'éviter ?

En enracinant l'idée que tout progrès ne peut être la conséquence que du travail, du respect, de la rigueur, de notre capacité de résister dans l'intelligence, l'honnêteté et le dialogue. C'est l'histoire universelle qui nous enseigne que rien ne se gagne par la force.

Propos recueillis par J.M. Raffaelli


Exclusif : L'interview réalisée par nos amis néerlandais de "Tra Noi"


Pour présenter "Tra Noi", rien de mieux que de laisser la parole aux principaux intéressés : Laurent, Suzan, Christina et Martijn.

"Nous sommes deux couples d'amis : Laurent et Suzan Lohez et Christina et Martijn La Feber. Nous vivons aux Pays-Bas. Laurent est un Français expatrié. Tout comme vous, nous sommes fans d'A Filetta. (...) Très vite, nous nous sommes aperçus que la plupart des informations concernant A Filetta étaient uniquement en français. Afin de pallier cette frustration, et plus encore pour permettre de faire découvrir A Filetta aux Néerlandophones, nous avons décidé de leur consacrer un site internet. Après avoir pris contact avec Sabine Grenard, et avec son consentement, nous nous sommes mis à l´ouvrage."

Et TRA NOI (www.tra-noi.nl) est né le 7 octobre 2007 !


L'interview avec A Filetta réalisée le 16 decembre 2007

C'est vendredi 16 decembre et Tra Noi assiste au concert d'A Filetta à l'église St Pierre d'Utrecht. Pendant la tournée d'A Filetta aux Pays-Bas, Laurent a l'honneur de lire en néerlandais les textes que Jean-Claude Acquaviva dit en corse et en français pour introduire les chants.
L'église est pleine, et les hommes arrivent. Tout est silencieux, comme si nous ne pouvions plus respirer. Les premiers sons tiennent leur promesse, c'est superbe. Ils chantent plusieurs chants qui figureront sur le nouvel album de 2008, des chants de Medée, du Requiem, des films Liberata et Himalaya l'enfance d'un chef. L'acoustique est excellente, et le public est manifestement touché. A Filetta a trouvé sa place. Après une ovation ils reviennent pour un dernier chant.


Nous aidons Valèrie pour la vente de CD, et c'est beau de voir l'enthousiasme du public et pour beaucoup un CD n'est pas suffisant. Ce qu'il a entendu, il veut le retenir. Après que le groupe ait discuté avec plusieurs fans, nous allons au restaurant. Et là, sur la jolie place de l'église St Pierre, Suzan demande à A Filetta de bien vouloir chanter "Sub Tuum". José et Maxime qui marchaient en tête sont rappelés, il fait froid, les hommes se mettent en cercle et sortent les oreilles du bonnet. C'est un moment magique, là sur cette place, dans le froid, c'est sublime ! Quel cadeau ! 


Après nous crions: "MANGER !" et nous nous mettons en route. Maxime a le plan en main et nous guide, Paul et Ceccè s'amusent et essayent de retenir les cyclistes qui passent, le reste du groupe discute. L'ambiance est decontractée, ce fut un beau concert.

Au restaurant nous commandons beaucoup de pizzas "A Filetta" avec une bière et nous commençons l'interview. Laurent et Jean-Claude accoudés l'un à l'autre entament la discussion. Les uns écoutent et les autres discutent entre eux.

La première question est de Christina. Cela concerne la juste traduction d'un texte (Christina retranscrit les textes en poèsie neérlandaise.) Il s'agit du chant "Caracolu di brame" d'Intantu. Jean-Claude s'asseoit et donne sa traduction. Pour lui aussi, c'est difficile et il a recours à ses mains pour s'expliquer :

Jean-Claude AcquavivaIl est difficile à traduire. Ce texte est à l'origine ecrit en corse, par mon frère Marcellu. Le corse est une langue tres imagée et quand tu la traduis en français, tu perds quelquefois les effets recherchés.

Tra Noi : Quels sont tes poètes préférés ?

JC : Borgès, René Char, Aragon et Primo Levi sont les poètes que je cite le plus.

Au grand plaisir de Christina, Pessoa et Paul Eluard figurent aussi sur la liste.
Tra Noi : La polyphonie est-elle reservée aux hommes ?

JC : La polyphonie se pratiquait à l'époque des travaux dans les champs. De fait, les hommes chantaient entre eux parce qu'ils travaillaient entre eux. Il n'y a pas de polyphonie mixte parce que, esthétiquement, son architecture est telle que si tu mêles des voix de tessitures différentes, tu annules les effets harmoniques. Si tu fais chanter ensemble des hommes et des femmes, ils ne chantent pas dans les mêmes registres. Tu élargis donc les registres, le spectre et tu n'obtiens plus du tout le même son. Naturellement les hommes chantaient ensemble, les femmes chantaient ensemble mais pas en polyphonie, tout simplement parce qu'il est difficile de trouver un espacement des voix suffisament important. Généralement il est difficile de trouver soit des basses ou des voix qui montent suffisamment. C'est un problème de tessiture. Si les hommes et les femmes ne chantent pas ensemble, c'est donc lié à l'organisation même de la société, une explication purement esthétique et musicale. Cependant dans les 20 à 30 dernières années, il y a des groupes d'hommes et de femmes qui ont composé mais à la fin ils ne chantent pas de la même façon. Ce n'est pas une explication scientifique mais ce sont des éléments suffisants qui peuvent justifier pourquoi cela n'existe pas.

Tra Noi : Comment s'effectue la création d'un programme pour une tournée? Qui décide d'inclure tel ou tel chant ?

JC : Cela dépend de beaucoup de choses. On en discute ensemble. Très souvent c'est lié aux nouveautés, à ce que l'on a envie de chanter, à l'équilibre du programme. Pour donner un exemple concret, sur le programme de la tournée Néerlandaise, on a intégré un certain nombre de chants du nouvel album que l'on enregistrera en janvier. Cela permet de les rôder mais aussi de les faire mûrir. De la création à la maturité, il y a beaucoup de travail.

Tra Noi : Avez-vous des endroits préférés pour chanter ? Y a t-il une salle où vous voudriez retourner ?

JC : Pas spécialement. On aime beaucoup certaines acoustiques. Certaines sont plus adaptées à ce que l'on fait. On n'aime pas trop les grandes salles car notre chant est plus intimiste et on a besoin de le faire porter par une sono puissante. Ce n'est plus en rapport avec ce que l'on fait. On n'aime pas non plus chanter dans de grandes églises. Il y a un son qui tourne et cela porte à confusion. Pour nous, la salle idéale : c'est une église de 300 à 400 places, ou encore une petite salle avec une bonne sono. A ce moment là, tu as une bonne relation avec le public qui n'est pas altérée.

Tra Noi : Beaucoup de gens sont très attirés par A Filetta, son harmonie, sa passion, sa superbe musique, ses textes. Pour moi (Suzan), vous êtes sept anges. Ce que vous faîtes est bon pour le coeur, ça vous touche, ça vous embrasse. Comment est-ce que d'être adulé et de pourtant rester simple Corse ?

JC : Alors d'abord, ça nous fait plaisir qu'elle ait cette vision de nous. Il faut qu'elle sache que cette vision n'est, pour nous, en aucun cas, une volonté de construire cette image. A ce propos, je citerais André Malraux : " L'homme n'est ni ange ni bête. A vouloir faire l'ange, il fait la bête."

Ce qui est important pour nous, c'est deux choses : Un, c'est d'être toujours critique envers nous-mêmes. Le jour où l'on commencera à dire : " ce que l'on fait c'est bien ", là, ça sera terminé. Ca veut dire que l'on commencera à dégringoler. Notre démarche c'est la recherche perpétuelle d'un équilibre que l'on sait que l'on n'atteindra jamais, mais l'important c'est de le chercher. Deux : C'est de toujours rester humble. Nous sommes pleinement conscients que sans celui qui nous écoute, on n'est absolument rien. C'est une certitude. Parce que nous avons un chant qui n'a de sens que pour être entendu. Nous sommes intimement persuadés qu'un collectif, ça existe, qu'une façon de penser les choses les uns avec les autres, les uns par les autres, les uns face aux autres. C'est la façon dont fonctionne notre musique. C'est cette image là, si tu veux, que nous sommes contents de montrer. Et cela n'est possible que si tu as des gens qui nous ont suivis et qui nous ont permis de vivre cette aventure de laquelle sont exclus le rapport économique, le rapport hiérarchique. Et ça, dans notre monde actuel, cela n'existe plus nulle part.

Quelquefois les gens disent : " oui, mais le rapport économique, forcément que vous le vivez puisque vous vendez des concerts, des disques... ". Je le reconnais. Mais nous avons eu la chance de trouver un public qui nous suit et de ne pas être obligés de faire de concessions sur le plan artistique. Nous ne nous sommes jamais retrouvés dans une situation de dire : " bon, allez, il faut qu'on s'arrange un peu, qu'on fasse un truc qui va bien fonctionner. " Ce que l'on fait, on le fait. C'est difficile. Ce n'est pas toujours facile à faire entendre, à faire écouter et pourtant on a un public. Et c'est grâce à ce public, et parce qu'il y a des gens comme vous, que l'on peut continuer. A partir de là, tu ne peux être qu'humble.

Tra Noi :
A la fin de la dernière présentation que fait Laurent, il annonce qu'il y aura la possibilité d'acheter des CD à la fin du concert. Cela a fait beaucoup rire la salle. Comment l'avez-vous vécu ?


JC : Hier déjà, les gens ont ri. On y a repensé et on pense qu'ils ont du rire parce que cela venait à la suite de la dernière introduction. Ca nous a aussi fait rire, tout simplement. A ce propos, on a reçu cette année, à Calvi pour les Rencontres, Giovanna Marini. Une chanteuse populaire italienne qui a fait un travail fantastique sur les voix. C'est une dame qui a entre 65 et 70 ans. Elle fait ses concerts avec trois autres chanteuses. Pendant les concerts, elle parle et amuse beaucoup le public. Et à la fin des concerts, elle dit : " voilà, je vais vous expliquer. Nous, on fait des CD et les maisons de production les fabriquent mais ne veulent pas les vendre. Alors nos CD prennent la poussière, on est obligés de les nettoyer. Alors pour ne plus avoir à le faire, on vend nos disques nous-mêmes ". Et alors elle va dans les coulisses, revient avec des cartons de CD, se met au-devant de la scène, et elle les vend. Son agent dit que depuis qu'elle fait ça, elle vend des quantités de disques incroyables. Nous, il est exclu qu'on fasse la même chose. On n'oserait jamais le faire. On en rit beaucoup parce que sur cette tournée, c'est la seule où l'on annonce que l'on vend des CD. Jamais, jamais avant on ne l'avait fait. Pour en revenir à ta question, on en a beaucoup ri mais cela ne nous a pas gêné.
Maxime : Tu disais : " ... l'altruisme, et le don de soi, ... il y a des disques à acheter à la fin du concert." Et tout ça sur le même ton. C'était poétique ! (rires)

Suzan : C'était vraiment marrant, et ça a porté ses fruits.

Tra Noi : Après bientôt trente ans d'existence, ressentez-vous quelquefois que la passion s'amoindrit ? Que faites-vous pour raviver la flamme ?


JC : Ecoute, honnêtement, nous n'avons pas l'impression que la passion s'estompe. Sans doute cela arrivera un jour mais jusqu'ici nous ne l'avons pas encore ressenti. Sans doute parce que l'on fait extrémement de choses différentes. Ce qui est important, pour un groupe comme le nôtre, c'est de ne pas avoir un plan de carrière. On est toujours resté ouverts aux autres, sur leurs capacités à nous proposer des choses et vice-versa. Cela nous fait avancer chaque fois, cela nous enrichit. C'est ce qui s'est passé avec Bruno Coulais quand on a commencé à faire de la musique de film. Depuis, nous en avons fait beaucoup. Nous avons rencontré beaucoup de musiciens. C'est d'ailleurs avec l'un d'eux que nous avons fait le Requiem. Nous avons présenté Bruno Coulais à Orlando Furioso, metteur en scène napolitain, et depuis ils ont fait beaucoup de choses ensemble. Ce n'est pas une fuite en avant, cela se fait très naturellement. En fait, on a sans cesse un sentiment de nouveau, d'inédit.

Tra Noi : Christina voudrait que Jean-Claude décrive A Filetta en un mot.

JC : Alors ... (Jean-Claude s'interrompt, réflèchit, rigole, veut reprendre sa phrase mais Christina est stricte et lui dit "UN mot"). Un mot... Ca veut dire que je bavarde trop...

Laurent : C'est plutôt parce que nous avons beaucoup de questions et que si nous les posons toutes, nous y sommes jusqu'au petit-déjeuner.
Suzan : Un mot pour décrire A Filetta, ce serait ...A Filetta ? 


JC : Ce sont DEUX mots. Un mot ...(Jean-Claude regarde très concentré), un mot ... ce serait ... (nous rions), ce serait ... (nous rions à nouveau), un mot qui doit ouvrir à d'autres choses, parce qu'un mot c'est trop difficile. Je pense que, selon moi, il y a une chose primordiale ... 

(nous rions encore)


Christina :
Non, UN mot !

JC : Un mot ... (nous rions), un mot, je dirais SINCERITE, parce que c'est un mot qui couvre plusieurs aspects.

Suzan :
Un mot n'est pas suffisant.

JC :
(soulagé) voilà, absolument.

Tra Noi : Ce qui nous manque en tant que fans d'A Filetta c'est un DVD Live. Est-ce dans les plans ?

JC : On y a déjà pensé, mais pas spécifiquement pour un concert général. Il y a un certain nombre de répertoires qui gagneraient à être enregistrés live. Par exemple, les choeurs de Medée. On se dit maintenant qu'on aurait dû le les faire en live et peut-être en DVD. Parce que cela aurait eu une sincérité plus importante. Quand on a enregistré Médée, on s'est focalisé sur un certain nombre de choses et à l'arrivée on se rend compte que ce n'est pas l'essentiel. Et le CD ne rend pas ce qu'il aurait pu donner en live. Pour revenir à ta question, on y pense de plus en plus. On sait aussi que le CD, c'est quelque chose de beaucoup plus froid. Dans notre façon de chanter, il y a des choses qui parlent plus lorsque l'on écoute un disque. Mais on se pose la question : Est-ce qu'avec un DVD, le concert est-il le même qu'en concert ? Je n'en suis pas si persuadé.

Tra Noi : Sans aucune limite, quel serait le rêve le plus fou que vous souhaiteriez réaliser ?

JC : Je ne sais pas si je ferais un voeu pour A Filetta. Je ferais un voeu pour la planète. Cela peut paraître prétentieux, mais je dis que le voeu que je formulerais, c'est que notre façon de fonctionner en groupe, dans la musique, puisse servir d'exemple. Ce que je veux dire, c'est que j'aimerais voir dans notre société un respect mutuel mais aussi une complémentarité, une solidarité... Qu'on ait besoin des uns et des autres, que l'on soit les uns par les autres, que cette façon de fonctionner puisse se retrouver ailleurs dans la société. C'est à mon sens ce que l'on a de plus cher à donner.

Tra Noi : Une question à propos du groupe en lui-même, sur sa complémentarité, sa solidarité, comment l'expliques-tu ?

JC :
C'est tout simple. Si tu veux, A Filetta ne s'est pas constitué que sur des éléments esthétiques, musicaux ou artistiques. La création du groupe remonte à 1978. Petit à petit, les gens qui ont intégré le groupe, sont des gens qui ont cotoyé pendant quelques temps le groupe. Il y avait une sorte de période d'approche si l'on peut dire, et à un moment donné ils ont intégré la structure. C'est-à-dire qu'ils ont fait l'expérience de la proximité sentimentale et philosophique.
Du groupe d'origine, il n'y a que Jean et moi. Après Paul est venu. Il était au lycée avec moi, on se connaissait mais il ne chantait pas. Il était lui-même ami d'un de mes amis d'ecole qui aimait chanter. Petit à petit, il a intégré le groupe. On s'est trouvé des envies communes, le fait de vouloir construire ensemble. Si tu prends les autres, c'est exactement la même chose. José s'occupait avec l'un des fondateurs d'A Filetta d'une école de chant à l'Île Rousse. Au bout d'un moment, il a naturellement intégré le groupe. Maxime, c'est la même chose. Il chantait beaucoup de messes, dans les confréries. Et à un moment donné, il y a eu une sorte d'osmose qui s'est faite et il est entré dans le groupe. Jean-Luc, c'est pareil. Quand il était tout petit, il venait à des ateliers de chant. Il est venu chanter 2-3 fois avec nous pour Passione, pour ce que l'on faisait à Calvi. Naturellement il a intégré le groupe. Céccé, mon neveu, il y a la proximité familiale mais aussi le fait qu'on a fait un concert à Calvi, où l'on avait intégré d'autres chanteurs. Il a répété et chanté avec nous... 

Entre temps les pizzas, desserts et les cafés sont consommés, nous aimerions poser nos questions jusqu'au petit-déjeuner, mais la realité veut que les hommes partent demain pour Anvers, et vu qu'il est minuit nous nous disons au revoir...

Propos reproduits avec l'aimable autorisation de Tra Noi.

Entretien au Carubbu avec A Filetta

Ce 19 septembre 2006, A Filetta au grand complet nous reçoit dans la cuisine du Carubbu. Jean-Luc et Ceccè sont aux fourneaux, et le groupe (sans José, parti entre temps chercher son fils à l’école), déjeune tout en répondant à nos questions.


U Carubbu

La boîte à lettres d'A Filetta

Les XVIIIes Rencontres

L'invitu
(Pierre, Jean-Claude, Pascale et Anne Marie Casanova et Françoise Coulomb) : Tout d’abord, quel bilan tire A Filetta de ces 18es Rencontres qui viennent de s'achever, quel est votre sentiment sur leur déroulement, et que souhaiteriez-vous éventuellement voir évoluer ?


Jean-Claude Acquaviva : Il y a plein de choses à dire, on pourrait d’ailleurs les uns et les autres dire des choses différentes. A mon avis, je pense que ces Rencontres, au niveau de la programmation, ont été peut-être une des meilleures éditions, dans la mesure où la programmation était très cohérente. Nous avons quelques regrets évidemment, notamment sur le final, sur le fait de ne pas avoir pu maintenir ce qui était prévu à l’extérieur. On a aussi quelques doutes sur le concert de Bastia ; non pas sur Faiz Ali Faiz, car c’était géant, mais à Bastia il y a un problème d’adéquation.

L'invitu :
Nous aussi, nous en avons parlé entre nous, nous avons le même sentiment.


J.C.A. : Le lieu n’est pas adapté, mais c’est le seul qui soit acceptable sur Bastia. Le théâtre n’est pas utilisable, il est fermé à cette période de l’année, en plus il va être fermé pour travaux. Cela va rendre les choses encore plus difficiles, quand bien même on aurait eu envie d’avoir le théâtre. Donc sur Bastia, on a quand même un doute sur la façon dont ça se déroule.


Jean-Claude Acquaviva répond aux questions de L'invitu


Sur le reste, on en parlait encore ce matin entre nous, il y a quand même un rééquilibrage à trouver entre la polyphonie et les voix. Cette année, il y avait relativement peu de polyphonies, mais ça s’explique par le fait que la polyphonie, en 18 éditions, je ne veux pas dire qu’on a fait le tour, mais on a beaucoup programmé de choses, et on est dans la difficulté chaque année de proposer des choses qui soient, je ne veux pas dire inédites, mais nouvelles, qui amènent quelque chose.

On avait déjà par le passé émis l’idée selon laquelle, au lieu d’avoir cette préoccupation sur chaque année de faire des choses nouvelles, ce serait bien que les Rencontres deviennent la vitrine de quelques artistes qu’on pourrait suivre dans leur évolution, dans leur trajectoire. Cela nous aurait permis de reprogrammer certains artistes. Encore faut-il que ces artistes aient une trajectoire, c’est ça le problème. Malheureusement, par exemple les Géorgiens sont venus 7 ou 8 fois, chaque fois ils ont donné le même répertoire. Et là on bloque quelque part.

Donc, grosso modo la fréquentation est bonne, en hausse, mis à part Bastia. La programmation sur le plan artistique me semblait très cohérente, il y a eu de très belles choses, mais il y a quand même ce déséquilibre polyphonies / voix solistes et il y a également, mais justement ça passe par un meilleur équilibre polyphonies/solistes, des choses à simplifier sur le plan technique : ce qui serait bien, l’idéal, ce serait de programmer la Cathédrale et l’Oratoire sans sonorisation, et qu’on fasse ce qui est à sonoriser en extérieur. Et il faudrait qu’on ait un endroit où l’on puisse se replier en cas d’intempéries, qui puisse accueillir un concert sonorisé. Sinon, ce n’est pas jouable. C’est trop difficile, sur le plan technique c’est lourd, c’est compliqué, parce qu’il faut faire les balances, et quand on fait les balances plus personne ne fait rien autour, etc.

Et enfin, dernière remarque : avec le recul, nous pensons que ce n’était pas une bonne idée de programmer les extraits de Marco Polo dans le cadre du final : c’était presque un spectacle de théâtre, une création. C’est trop lourd, on n’a pas la tête à ça, on n’a pas le temps de travailler dans des conditions de confort satisfaisantes, et ça nous a emboucané la fin des Rencontres. Jusqu’au dernier moment, on fait, on ne fait pas, on programme, on ne programme pas, on répète, on fait un filage puis on ne le fait plus, on le fait mais on n’a pas le temps parce qu’on ne fait pas les balances, parce que quand vous allez faire les balances ça commence à l’Oratoire, etc.
Tout ça, c’est à repenser…


L'invitu : Mais c’est quand même lié à la météo ?

Absolument, il faut anticiper maintenant sur la météo.

L'invitu : Effectivement, deux années de suite perturbées par les intempéries, ça risque de se reproduire encore. Mais tout se recoupe : s’il  y avait eu une salle…

Le problème, c’est ce qu’on disait ce matin, c’est que le final des Rencontres, c’est avant tout, du moins en grande partie, le site. Donc, effectivement, si on avait une salle en dehors de la citadelle, le repli serait possible, mais c’est sûr que le final ne serait plus le final qu’on a pensé. C’est la raison pour laquelle il faut, soit penser un final dans le lieu, avec une solution de repli qui soit en quelque sorte un pis-aller, ou alors il faut repenser les choses en sacrifiant certaines choses, en disant « on fait le final avec tel artiste, on sait que ce n’est pas faisable là haut, on sait qu’on risque des problèmes d’intempéries", à ce moment là, on le fait dans un lieu adapté. Mais ce n’est plus le final tel qu’on le pensait.

L'invitu : Pour nous, ce ne seraient plus les Rencontres, parce que ça a du sens de tous vous revoir à la fin, et à cet endroit là, tout est cohérent.

Il y a un problème de croissance, du fait que beaucoup de concerts étaient saturés, le concert de Médée, des concerts de 18h…

L'invitu :
Les concerts de 18 heures saturés, c’est nouveau ?


Pas sur les groupes corses. Evidemment c’est bien que les groupes corses aient de l’audience, qu’ils attirent du monde, mais ça traduit une chose, c’est que le public d’ici ne suit pas beaucoup. Le public venant de l’extérieur est intéressé par la polyphonie corse, ce qui est légitime…

Mais pas que ça, c’est un apprentissage avec vous, une découverte…

Le fait est que les concerts de chant corse ont toujours fait le plein, les 18 h aussi, et ce n’est pas le cas de tous les spectacles. Ceci dit, sur le plan de la fréquentation il n’y a pas grand chose à dire, ça fonctionne, il y a une fidélisation, des gens qui reviennent, c’est très bien.
Là, je vous donne vraiment des éléments de l’intérieur…

Qu'en pensent les artistes invités, quel retour avez-vous de leur part ?

C’est variable : il y a des artistes qui arrivent et qui repartent vraiment enrichis par les Rencontres, et puis il y en a qui arrivent et qui passent un peu à travers. Cela arrive. Il y a des gens qui ne comprennent pas forcément. Il y en a eu dans le passé, je pense que cette année aussi, tout le monde n’a pas vécu les Rencontres de la même façon. Il y a des gens qui se disent « bon, là je suis vraiment dans un moment de communion », il y a quelque chose qui se passe, et il y a des gens qui arrivent, qui participent et qui repartent, c’est tous les ans comme ça.

Qui choisit les artistes ?

Cette année, en grande partie c’est Valérie qui a fait la programmation. Pendant longtemps on a toujours travaillé en écoutant les uns les autres. C’est Jean-Témir* qui arrive en disant « j’ai eu un contact, il faut écouter tel ou tel artiste », on se fait envoyer des disques, etc. Le problème, c’est qu’à un moment donné il y a un problème de croissance des activités, pas seulement des Rencontres, d’U Svegliu en général. Nous A Filetta, sur les Rencontres nous jouons un peu le rôle d’accueil, mais on n’a pas de rôle logistique…

* Jean-Témir Kerefoff est le président d'U Svegliu Calvese

Paul : On va chercher les artistes aussi…
JC :  Oui, pendant longtemps on l’a fait, mais on n’y arrive plus, et là cette année je dirais que la plus grosse partie de la programmation c’est Valérie qui l’a faite, évidemment elle nous la soumet, mais le travail de recherche, de repérage, c’est elle qui l’a fait. Sinon, ça peut être quelque chose de collectif, on va se passer des enregistrements…

Et Accentonic, quel est son rôle ?

Accentonic n’est là que parce que A Filetta est là et parce qu’il y a des artistes qui sont chez Accentonic, sinon Accentonic n’a pas un rôle dans les Rencontres (*).

(*) Précision à la demande de Sabine : Accentonic n’est aucunement le tourneur de Julia Sarr, il s’agit de Mad Minute Music. Sabine Grenard est agent en free-lance (sous le régime d’intemittent du spectacle) et en collaboration avec plusieurs agences de tournées qui ont un rôle uniquement administratif (contrats, fiches de paies). Ainsi A Filetta et Warsaw Village Band avec Accentonic.


(Jean-Claude n’a toujours pas mangé une bouchée de ses pâtes. Nous décidons de solliciter un autre membre du groupe).

Le groupe

Ceccè, comment s’est faite ton intégration dans le groupe, et comment vis-tu la double appartenance avec U Fiatu Muntese, n’est-ce pas trop difficile ?

Ceccè : Non, il a fallu que j’assure les concerts d’U Fiatu de cet été, c’était logique, mais cela ne m’a pas posé de difficultés.

Et l’intégration dans ce « vieux groupe de jeunes » ?


C : Avec que des vieux, on ne sait pas comment faire ! (rires)

Ce qui nous épate, c‘est que l’arrivée de quelqu’un soit naturelle...

Max : On le connaît depuis longtemps, déjà.

Oui, vous l’avez jaugé, jugé… En tant que spectateurs, on a toujours la crainte que quelque chose coince, mais c’est incroyable, on sent qu’il y a une harmonie, une osmose qui se fait.

jca

J. C. : Je pense, sans vouloir lui envoyer des fleurs, que c’est lié à son tempérament. C’est quelqu’un qui est très vite à l’aise avec le monde, pas seulement avec nous, même par rapport à sa génération, je le vois quand je suis à Ile-Rousse avec lui, moi qui ai 20 ans de plus que lui, il est beaucoup plus à l’aise que moi. Il a une facilité à être avec les autres, il s’est très vite adapté avec nous. Ce n’est pas facile d’entrer dans un groupe, surtout un groupe soudé depuis des décennies comme il l’est. Sur le plan artistique, il n’a pas eu de difficulté particulières, sur le plan de l’intégration il a été très vite à l’aise…

A part les chaussures marron !


Les chaussures marron à Nanterre ! (rires)

Parlons un peu de la genèse du groupe. Quelles sont les racines musicales de chacun ? Est-ce que dans vos familles il y avait une tradition du chant, une tradition musicale ? Ou est-ce que vous êtes venus au chant plus tard, par l’école ou en intégrant le groupe ?

C’est très différent selon les individus. Il y en a qui sont issus de familles ayant des traditions de chant : Jean-Luc a son père qui est berger dans le Marzulinu et qui chante très bien, il a une voix naturelle comme lui, tout petit il est là dedans.


Les autres, non. Il y a des influences différentes, certains sont venus au chant au moment du lycée ou du collège par la polyphonie proprement dite, d’autres faisaient de la musique. Cela a été très différent. Paul a commencé à chanter avec nous quand on était ensemble au lycée. Il dit toujours que les premiers temps il n’aimait pas du tout ce chant…

Paul :
Quand j’écoutais un disque de polyphonie, je zappais. Ca s’est fait tout à fait pas hasard : je les écoutais dans mon fauteuil et à un moment donné Jean-Claude m’a dit : « ça ne te dirait pas d’essayer de chanter ? »

Et tu as essayé...

Jean-Luc : S’il avait pu tenir sa langue ! (rires)
Paul : Il m’a proposé et je me suis accroché.

Tu ne chantais pas du tout avant ?


Paul : Non, je chantais comme ça, j’aimais bien la musique, mais c’est tout.

JC : On était au lycée ensemble. C’était une époque où tout le monde apprenait à chanter. Il y a plein de gens qui ont appris à chanter, ils ne sont pas tous devenus chanteurs. Mais on était à la récréation, on chantait, chacun essayait d’apprendre. On était en train de travailler, et lui il était là ; je lui ai dit « tu ne veux pas faire quelque chose ?  Essaie !» A l’époque il était passionné de Polnareff, mais la polyphonie c’était pas son truc. Et après, une fois qu’il a commencé, c’était lui qui était acharné. A la fin de chaque cours il venait nous chercher pour qu’on fasse des répétitions.


Cela rejoint une autre question : Quels sont vos goûts musicaux autres que la polyphonie ?


Paul : Mike Brant, Johnny Hallyday. Sur le rappel de Médée à Paris, je le fais ! (rires)
JC : C’est très divers. Les influences sont multiples. il y a ceux qui aiment la musique vocale, le classique, la musique électronique, les musiques dites urbaines, c’est très divers. On n’a probablement pas les mêmes disques.
Paul : Il m’est arrivé de parler mal avec des spectateurs qui m’ont dit : « Nous on n’écoute que de la polyphonie ». Je les ai regardés et j’ai dit « Eh bien, je vous plains ! »

C’est aussi ça les Rencontres, des univers musicaux très variés qui s’interpellent.

Ce qui est intéressant, c’est que, en ayant des origines musicales différentes, des passions musicales différentes, on se retrouve là où on se retrouve. Je vois qu’au delà de ce qu’on fait et de la façon dont on le fait, en adhérant à quelque chose, il est rare qu’à la sortie d’un concert, sans même avoir pu discuter, on ait des avis très différents sur ce qu’on a entendu. En ayant pourtant a priori des goûts qui peuvent être très différents, il y a des choses qui nous interpellent, on est souvent assez d’accord.

Une même famille de goûts, une même sensibilité ?

Voilà, une même sensibilité, c’est important, parce que sinon, artistiquement, il y a des choses qui ne passent pas, qui ne fonctionnent pas. Dans le groupe, il y a eu bien d’autres chanteurs qui sont passés, ils ne sont pas tous restés pour ces raisons là. Il y avait des gens qui chantaient superbement bien, Maxime Merlandi qui chante avec Rassegna et Barbara Furtuna, chante très bien, mais il n’a pas pu rester dans le groupe. Ce n’est pas du tout le groupe qui l’a écarté, je pense qu’il avait du mal à trouver sa place, alors même que c’était un super interprète.
Cela a été la même chose avec Stéphane Casalta ou avec Felì. On ne peut pas dire que c’est parce que c’étaient des personnalités musicales fortes : dans le groupe il y a de fortes personnalités musicales. Le problème n’est pas là, le problème c’est d’arriver à fonctionner en osmose avec les autres. Il y a des gens qui n’y arrivent pas, ça se voit même dans les comportements en dehors de la scène. Nous, et c’est en même temps fantastique et lourd, parce qu’on a un comportement, un instinct grégaire, c’est en même temps quelquefois difficile à gérer, car il y a un risque d’étouffement, mais je pense que c’est ce qui fait qu’on dure, et surtout qu’on a un projet artistique qui me semble cohérent…

Que vous avancez...

Qu’on avance sur un chemin…

On sent vraiment ce que tu dis sur le DVD de Don Kent. D’ailleurs, beaucoup de gens ont découvert A Filetta grâce à ce DVD.
Françoise : J’avais mis la télé tout en lisant un bouquin, et quand le film a commencé, le bouquin m’est tombé des mains, physiquement, c’est un truc de fou.
Pierre : On peut citer l’exemple d’Ursula, qui n’écoutait quasiment pas de musique. Elle tombe sur ce film sur Arte et depuis elle vient aux Rencontres...
Françoise : Il n’y a pas seulement le chant, il y aussi tout ce que vous véhiculez...


Il y a aussi le fait que – c’est pour ça que ce DVD a été important même pour nous - jusque là, on n’a pas forcément l’occasion de parler comme on le fait avec vous ou comme on l’a fait avec Don Kent quand il a fait cette captation. Quand on fait une émission, on ne peut évoquer un truc que très rapidement, et je le disais l’autre jour avec Vincent Zanetti, ça fait du bien de faire des interviews comme ça, parce qu'on a parlé pendant presque une heure de notre travail, et j’avais vraiment l’impression moi-même de découvrir des choses sur nous, alors que les trois-quarts du temps, on est face à des gens qui, sans être inintéressants, souvent n’ont pas le temps ou pas le recul nécessaire. Je crois que ce qui a été bien pour ce DVD, c’est que Don Kent y a mis le temps, sur presque deux ans, et les moyens : il est revenu nous filmer 7 ou 8 fois dans des endroits très différents et en espaçant ses venues : entre chaque rendez-vous il revoyait ce qu’il avait filmé, et puis il a donné la parole à tout le monde, ça aussi, c’est une qualité…


On sent beaucoup de choses de vos relations, c’est ça qui est bouleversant dans ce film, ce qui passe entre vous. On parlait de tribu, c’est exactement ça, ça va bien au-delà du chant. Et ce que vous rendez sur scène, on le sent aussi dans vos paroles sur le DVD.
Depuis une quinzaine d’années, les créations prennent de plus en plus d’importance. Est-ce que tu es le seul à composer dans le groupe ?


A écrire, à composer pour le groupe, oui, mais je suis sûr qu’il y a parmi eux des gens qui peuvent le faire. Les choses se sont structurées comme ça parce que j’ai commencé à écrire des chansons tout jeune, et après j’ai continué. Mais je sais que José, par exemple, a écrit des chansons quand on a fait l’album pour les enfants. Il est capable d’écrire des chansons. Je pense que d’autres aussi parmi le groupe peuvent le faire. Ils ne le font pas, de la même façon qu’ils parlent peu, parce que moi je parle et que c’est plus simple. Je ne vais pas non plus avoir un discours qui consiste à dire que tout le monde peut tout faire, peut-être qu’il y a des gens qui n’ont aucune inspiration, je n’en sais rien. Mais je suis persuadé que, parmi eux, il y a des gens capables d’écrire.

La création, l'écriture

Comment se passe l’écriture ? quel est le point de départ ? Ce qui nous frappe, c’est qu’il y a une certaine complexité dans l’écriture, il y a à la fois des mélodies qui sont superbes, mais il y a surtout des harmonies très fortes. Composer directement sur l’harmonie, ça ne semble pas évident, enfin tu vas nous le dire, dans quel ordre cela se passe t-il ? On a la sensation qu’il y a des moments, dans les morceaux, où les harmonies sont tellement fortes qu’on ne sait pas trop comment on peut composer ça, est-ce un ajout progressif ou as tu ces harmonies en tête dès le début ?

En fait, ce qu’il faut bien comprendre, c’est que ce n’est pas monolithique, il n’y a pas une façon unique de procéder. Je disais à Vincent Zanetti que Médée pour nous était un moment important, c’est une espèce de pierre angulaire, de charnière, de passage en quelque sorte. Avant Médée je dirais, tout était de composition orale ; avec Médée, on est dans quelque chose qui est plus complet, qui commence à être quelque chose de plus écrit, mais qui en même temps n’est pas écrit, n’est pas fixé : il n’y a pas une rythmique particulière, il n’y a pas une partition de Médée. Ensuite après Médée, il y a d’autres choses, notamment des choses très écrites. Mais après Médée, il y a aussi des choses qui continuent à être entre les deux, des choses qui continuent à être orales.
Les choses ne sont pas chronologiques, ce n’est pas quelqu’un qui ne savait pas la musique qui a appris la musique et qui après avoir appris a fait autrement.
Alors, comment ça fonctionne ? Soit c’est très vite écrit – quand je dis écrit, je veux dire « pensé », et ce sont des choses qui de cette façon là bougeront peu. Soit il y a des choses qui vivent, qui se modifient. Cela a été le cas de Médée par exemple, dans laquelle il y a eu des apports harmoniques constants. D’abord, en cours de route des choses nous semblaient incomplètes, inachevées, des moments avaient des résolutions qui nous semblaient trop évidentes par rapport à ce qu’on était en train de chanter, petit à petit des choses sont devenues plus abouties sans doute, plus complexes, il y a eu des apports successifs.
Après, il y a des choses très pratiques aussi. Par exemple Ceccè est rentré dans le groupe l’an dernier, on a dit qu’il allait travailler sur le répertoire ; tout ce qui est figé, écrit, pas de problème, on lui donne une partition, il va l’apprendre. Le répertoire traditionnel, les créations pas trop compliquées à mémoriser, ça va, mais Médée, comment on fait ? c’est compliqué, il faut qu’il mémorise quelque chose qui n’est pas écrit, on peut difficilement lui donner un cadre dans lequel il va très vite s’insérer. Donc pour Médée, sur pratiquement tout le chant, j’ai écrit une septième voix.

C’est bien ce qu’il nous semblait, mais nous avons posé la question à José, qui nous a répondu en blaguant. Cela nous a frappés sur U Casticu, il ne faisait pas le bourdon, et avant il le faisait. Il nous a dit 'je n’avais pas envie de le faire !'

Mais ça, c’est pour d’autres raisons. Avec José, il y a un petit problème tout bête : José a un vibrato naturel et quand vous faites un bourdon et qu’au milieu de 6 voix vous mettez un vibrato, ça fout un bronx pas possible. On a l’impression de ne plus savoir où se trouve la note. Avec José, on a essayé à plusieurs reprises, il y arrive difficilement. Il a une voix qui oscille comme ça (JC nous montre en chantant) Quand il fait un bourdon avec d’autres voix plus droites, sans vibrato, ça rend les choses compliquées, du coup on ne sait plus trop où on en est. C’est la raison pour laquelle il a dit : « si ça pose problème, il vaut mieux que je ne le fasse pas et que je ne rentre qu’après » Ça explique que José ne soit plus sur le bourdon. Mais il reviendra (rires)

Quand vous faites les premiers essais sur ce qui est écrit, est-ce que chacun apporte son idée sur la façon de la faire ?

C’est difficile. Par le passé, il a pu y avoir des choses qui ont été amenées, qui ont pu enrichir. Souvent elles émanaient de Jean Antonelli, parce qu’il était guitariste, qu’il avait une approche de l’harmonie, mais sinon c’est difficile pour un chanteur qui n’a pas – je ne dirai pas une connaissance de l’harmonie, parce que moi je n’ai pas la connaissance de l’harmonie – mais une approche de l’harmonie, c’est difficile…

Il ne peut pas y avoir quelque chose de spontané ?


C’est plus compliqué que ça ; ça peut se faire, mais ça se fait peu. Quand il y a un truc qui commence à être fixé, pensé comme il est au départ, c’est difficile d’y ajouter des choses sans lui faire prendre une autre direction.
On va faire une création à l’Aghja avec des musiciens de jazz, on va leur donner des choses, ils vont probablement faire des propositions qui vont faire changer les harmonies, et ça peut être difficile qu’on soit dans un travail où chacun puisse dire « moi je propose qu’on fasse ça »
Maintenant, attention, je parle d’écriture. Quand tu prends tous les mélismes que fait Jean Luc par exemple, c’est lui qui les fait, ce n’est pas écrit. Bien sûr chacun amène ses trucs, par exemple sur les voix de basse, ils vont à un moment donné dire « nous naturellement, on timbre comme ça, on dit oui, c’est bien, on fait comme ça, tu as raison, on développe ci, on développe ça ». Mais les notes qui y sont, elles sont ce qu’elles sont.

C’était vrai au début quand vous étiez un peu en apprentissage de vos voix, mais maintenant tu les connais toutes…

Absolument, il y a ça, et aussi le fait qu’on est passés à une musique plus complexe, plus élaborée. Et j’ai évolué sur certains trucs, et tout le monde n’a pas forcément le même rythme d’évolution, ça ne leur enlève rien, ce n’est pas prétentieux ce que je dis. C’est difficile si tu arrives avec un truc de dire « moi je vois les choses différemment" ; ou bien tu as conscience de ce qui était proposé et effectivement, tu peux trouver des choses qui vont, mais le problème, c’est qu’ils n’ont pas forcément le travail sur l’harmonie qui permet de le faire.
Moi, j’ai fait beaucoup de chemin parce que j’ai beaucoup travaillé sur les compositions de Bruno. Il est probable que si eux avaient fait ce travail, s’ils avaient été comme moi avec Bruno, ils pourraient le faire. J’ai été un peu l’interface, et effectivement j’ai appris plein de choses dans le travail avec Bruno. Et le fait que c’est moi qui ai été l’interface fait qu’il y a certaines choses qui me viennent sans doute plus naturellement.

Tu dis que tu ne connais pas l’harmonie, mais quand on écoute un chant comme Rex, où dans la deuxième moitié notamment il n’y a pas de mélodie, c’est uniquement fondé sur des harmonies ?


Oui, quand je dis que je ne connais pas l’harmonie, ça veut dire l’harmonie telle que tu l’apprends au Conservatoire, qui a des règles d’écriture…

Tu ne les écris pas, tu les sens ?


Je les sens, je les écris, en faisant probablement des fautes d’orthographe harmonique !

Mais tu les sens d’abord ? Est-ce que ce n’est pas mieux justement ? Est-ce que ça ne laisse pas plus de liberté ?


Je n’en sais rien. Moi, ce qui me gêne dans cette approche des choses, et j’ai souvent eu la discussion avec Bruno ou avec Jean-Michel Gianelli, qui sont des gens qui maîtrisent l’écriture , quand je leur dis que je veux me former, ils me disent « non, surtout pas, ne te forme pas ». Ils ont peut-être raison, peut-être que je fais des choses qui actuellement sont interdites par l’harmonie classique et que je ne ferais plus si j’avais une formation académique, ça c’est évident, mais en même temps c’est terriblement frustrant pour moi, à un moment donné, de faire des choses et ne pas être sûr de pouvoir les assumer.

Tu penses que ça limite ce que tu pourrais faire, de ne pas connaître la technique ?

Je ne sais pas si ça limite.

Je disais « limiter » dans le sens « oser ». Quand tu es dans un cadre écrit, tu t’astreins à rester dans les canons et tu dois perdre un peu l’idée de tenter des choses. Peut être que tu tentes naturellement des choses que tu t’interdirais si tu connaissais les règles.

Peut être, mais c’est difficile. Quand on est ensemble, on se régale. Mais dans notre évolution, par exemple demain on va travailler avec des musiciens de jazz.
Nous, en tant que bloc, on n’a pas de problème de langage entre nous ; on n’a pas de formation harmonique, on est d’accord sur le son, sur ce que ça doit donner, on doit opérer de petits réglages, mais on n’a pas de problème de langage entre nous.
Si demain, on travaille avec un quatuor à cordes, on a un problème, parce que le type du quatuor va nous dire « attendez, là, je ne comprends pas ». Ce qui est écrit n’est pas… je ne vais pas dire qu’il n’est pas juste, ce n’est pas que c’est faux, que ça ne peut pas se faire, mais ce n’est pas dans la règle, et quelquefois c’est mal écrit, mal formulé. Du coup, pour moi c’est frustrant.
Par exemple depuis qu’on travaille avec Bruno, je suis passionné de musique classique, j’ai travaillé des morceaux pour orchestre. Chjarura de Si di mè, c’est une partition d’orchestre que j’avais écrite, mais je ne l’ai montrée qu’à Bruno. Et Bruno m’a dit « on prend ça, on coupe ça, ça fait une chanson superbe ».et on l’a gardée telle quelle. Mais on n’a pu le faire que parce que Bruno a vu ça, l’a pris et est allé l’enregistrer à Sofia. Moi, si demain je vais discuter avec des musiciens classiques,  j’aurais peur de ne pas être crédible.

Tu as peur de ne pas avoir de légitimité, alors que tu peux témoigner de tout ce que tu as fait ?

Cela ne suffit pas !

Tu as beaucoup appris à côtoyer des gens qui ont le dogme, mais eux aussi pourraient beaucoup apprendre avec toi.

Oui, mais c’est bon dans une relation comme avec Bruno. Je ne dis pas qu’il a appris des choses de nous, mais il dit qu’il voit les choses différemment quelquefois, on a modifié un tant soit peu sa façon de percevoir la musique. C’est bon dans le relationnel quand on établit une relation de confiance avec des musiciens, mais si demain je me présente devant un orchestre de 50 musiciens, je ne tiens pas le choc.

Je ne comprends pas que tu sois si radical dans cette affirmation, car tu peux témoigner de choses concrètes…

Ce n’est pas comme ça que ça fonctionne !Il y a plein de festivals qui pourraient nous programmer et qui ne nous programment pas parce que nous ne sommes pas des classiques, parce que nous n’avons pas la formation. Pourtant je suis persuadé qu’il y a des choses qui pourraient s’intégrer dans un festival de musique classique. Simplement un festival de musique classique ne programme que de la musique classique, des gens qui travaillent sur un type de répertoire..

Vous ouvrez plein de portes, plein de chemins entre les genres…

Le problème, c’est que ça fonctionne sur une partie du public, et pas sur tous. Vous avez des gens qui sont dans la recherche de quelque chose d’inaltéré, qui ne comprennent pas forcément notre démarche. Il nous est arrivé qu’un compositeur de Nice m’a dit "je ne comprends pas pourquoi vous avez écrit 5 voix pour Médée, avec trois voix on dit suffisamment de choses".

Ce ne sont pas des musiciens, ce sont des ayatollahs !

Dans les orchestres, il y en a, des ayatollahs !
Paul : Et en Corse aussi !
JC : D’ailleurs posez la question à Bruno. C’est un rapport de forces perpétuel.

Ça rappelle Prova d’orchestra !

C’est pour ça que ça nous pose problème. Quand on a fait la Grammaire avec les musiciens, j’ai écrit toutes les parties instrumentales – on l’a fait parce que ce sont des musiciens qu’on connaît, ils disent « t’emmerde pas, on s’en fout, que tu écrives un mi bémol ou un ré dièse, c’est pareil »» mais il y a des musiciens qui auraient dit « attendez, celui-là, il a un problème, où voulez vous aller ? » mais je ne peux pas lui dire ce que je veux faire, je l’ai écrit comme ça, je ne peux pas lui dire « parce que là, il y a telle résolution, telle basse qui justifie telle note», je ne peux pas le dire. Pour en revenir à ce que tu disais sur l’harmonie, je ne fais des choses que pour nous aussi, pour des gens qui sont proches de nous, sinon je n’oserais jamais faire un truc pour un chœur.

Comment s’est faite l’avancée vers la dissonance ?

C’est lié à plein de choses, à ce que j’écoute, à ce qui me plaît, à ce que j’ai pu voir de ce que faisait Bruno, à ce que j’ai pu entendre dans divers registres. Ce peut être quand vous écoutez  Faiz Ali Faiz ou les symphonies de Mahler, il y a des choses qui sont, je ne vais pas dire puisées, mais qu’il me semble entendre dans des endroits très différents, pour des raisons très différentes, dans des sites très différents, etc.

Pour finir sur l’écriture, il y a aussi l’écriture du texte, tu en as écrit un certain nombre,  tu ne penses pas à éditer tes textes ?

Il y a longtemps que j’écris, depuis 1983-84, ça fait plus de 20 ans, et je n’ai jamais rien publié. Maintenant j’en ressens le besoin, non pas seulement pour les publier, car je les utilise, je les chante, mais parce qu’à un moment donné, pour passer à autre chose, je pense qu’on a besoin de s’en défaire. C’est d’ailleurs ce qui nous pose problème sur le plan des répertoires musicaux : on a des répertoires qui s’entrechoquent maintenant, on n’a pas le temps de les faire sortir et on ne continue à produire que parce qu’on est sollicités. La Grammaire, je l’ai faite parce qu’Orlando me l’a demandé. On travaille souvent dans l’urgence. Le Requiem, je n’aurais jamais eu l’idée de dire « je vais faire un Requiem », j’avais commencé à faire des choses, mais jamais dans l’idée de faire un Requiem.

Par exemple l’Ecclésiaste, tu l’avais écrit avant, non ?

L’Ecclésiaste
et le Meditate ont été écrits avant, pour des spectacles de la Passion à Calvi, et je les ai repris pour le Requiem.

Et aussi Figliolu d’ella, peut être ?

Et Figliolu d’Ella, absolument, qui n’était écrit que pour deux voix pour la Passion à Calvi.

Oui, des voix de femmes, d’ailleurs.


Et quand on a pensé à travailler sur le Requiem, j’ai repris le Figliolu d’ella parce que le thème, le chant me semblait intéressant à développer, et surtout ce que dit le chant : le thème Figliolu d’ella, sì figliolu di meiu me semblait important, me semblait être la première des choses à dire quand quelqu’un s’en va. Il y avait donc ces trois chants repris de choses antérieures. Mais pour en revenir à ce que je disais, s’il n’y avait pas eu la demande de Jean-Pierre Le Pavec, il n’y aurait jamais eu de Requiem. Et s’il n’y avait pas eu la demande de Jean-Yves Lazennec, il n’y aurait jamais eu Médée.

Mais c’est très frustrant pour nous, parce qu’il y a des bijoux qui sortent, puis un deuxième bijou arrive, et il y en a qui ne sortent pas surtout !

Il y en a qui ne sortiront pas !

Mais ceux qu’on a entendus une fois, on voudrait pouvoir les réentendre !

Tiens, question que l’on voulait poser plus tard mais je te la pose maintenant : au Final, dans ce que vous avez chanté, il y avait un chant géorgien…

Oui, Allilo.

Un extrait du Requiem ?


Non, de Marco Polo, il y avait deux extraits de Marco Polo

Vous aviez déjà chanté le premier en concert ?


Oui, à Nanterre on l’a loupé, celui-là !

Mais là, il n’était pas loupé ! Nous avons été frustrés, car en montant à la Cathédrale Jean-Luc répétait avec Marie Kobayashi, et vous ne l’avez pas chanté !
Tiens, d’ailleurs, qui aurait fait Marco Polo à la place de Guillaume Depardieu ?

Quand, samedi ? On ne devait pas faire Marco Polo. Il y avait quelques extraits , sa voix sur la bande …

Si ça avait eu lieu à Nice ?


C’est Daniel Mesguich. Ceci dit, heureusement que ça ne se fait pas en octobre, parce qu'on avait le théâtre le matin à 10 heures pour la représentation l’après-midi ! Pour monter les décors, mettre le son, répéter avec l’orchestre…

Le travail du chant


Une question à laquelle tout le monde pourra répondre, puisque c’est sur le travail individuel du chant. Comment se fait votre travail individuel ? Comment s’est fait progressivement le placement de votre voix, comment cela continue-t-il d’évoluer au sein du groupe, le timbre... A l’écoute du DVD de Don Kent, on apprend par exemple que Bruno Coulais vous faisait aller beaucoup plus dans l’aigu ou dans le grave, donc ça continue d’évoluer constamment. Comment chacun ressent-il ça, travaille-t-il ça ?


Jean-Luc : Quand on travaille sur une partition, on a chacun notre voix, qu’on travaille à la maison. On n’a pas de méthode de travail particulière, on a une voix qu’on doit apprendre, et ce sont les compositions qui font aller plus loin. Quand on fait un truc avec Bruno, à chaque fois il fait monter un peu plus les basses, il fait descendre dans le grave les aigus et inversement, ce qui fait qu’on évolue Max : la méthode particulière, c’est de travailler sur ordinateur.
Jean-Luc : Pour les partitions écrites (celles de Bruno, Si di Mè, pas Médée ni les chants traditionnels), on a un logiciel qui lit la partition, les 7 voix, on peut mettre 6 voix en piano et la 7e, la nôtre, en trombone, on fait jouer à l’ordinateur, ça permet d’entendre ta voix, tu peux même couper les autres voix et ne laisser que la tienne, ralentir le tempo, l’accélérer, ça permet de travailler en précision sur ta voix à la maison. Quand on travaille  sur une musique de film de Bruno on fait comme ça, on travaille 3 ou 4 jours à la maison, on déchiffre bien notre voix, et une fois qu’on la connaît suffisamment, on se retrouve tous ensemble et on essaie de faire fonctionner tous ensemble les voix que l’on a appris individuellement. Ca c’est pour les partitions.

repet
A Filetta en répétition, 21/08/2005 (photo : Jean-Jacques Filippi)

Et quand ce n’est pas écrit ?


On tâtonne ! On travaille ensemble.

Vous enregistrez vos répétitions ?


Pas assez...

Donc à chaque fois vous repartez un peu à zéro ?


C’est la mémoire.

Avec tous les chants que vous avez appris, ça ne se percute pas un peu ?


Jean-Luc :
Au contraire, c’est ce qui permet d’entretenir la mémoire. Plus tu en apprends, plus tu peux en apprendre.
J.C. : Attention, même ceux qu’on a fixé sur ordinateur on les apprend par cœur. Quand on a fait Marco Polo avec Bruno, on est obligé. Ce n’est pas forcément le cas d’autres musiciens qui travaillent avec Bruno, ils ont leur partition, et ce qui est terrible, c’est qu’on se rend compte justement que pour le coup tu ne mémorises rien. Ils jouent mais ils sont dans le cirage. Il peut arriver qu'ils se trompent, mais ils continuent imperturbablement. Nous, à la limite, avec notre façon de fonctionner, on essaierait de rattraper, eux même pas.

Ça veut dire qu’ils n’écoutent pas ce qu’il jouent ?

Justement, ça veut bien dire que c’est la façon dont on les forme.

C’est de la mécanique !

On les forme à être en place et à jouer. Très souvent, les problèmes viennent du fait qu’il n’y a pas de chef qui leur donne un départ. Donc ils ne savent pas, ils ne comptent pas. Nous, quand on faisait Himalaya, on comptait  27 mesures avant de rentrer sur Le Lac. Quand vous dites ça à un musicien, il rigole !  27 mesures, c’est un truc de fou. Il dit, attendez, on va vous faire signe ! Le musicien est là, il attend, tac, et il joue sa partie.

Mais ils n écoutent pas ?

J.C. : C’est comme ça. Attention, le problème, ce n’est pas parce que ce ne sont pas de bons musiciens, c’est parce qu’on les a formés à jouer comme ça. On leur demande d’interpréter une partition, on ne leur demande pas d’écouter ce que fait le pupitre d’à côté. Alors que nous, c’est exactement l’inverse. C’est pour ça qu’il y a beaucoup de musiciens qui ne trouvent pas leur compte au sein de l’orchestre. Il y a plein de gens qui sont malheureux dans les orchestres.

C’est très militaire, en fait !

Bien sûr.

L'émotion


Cela nous amène naturellement à la question suivante, il y a quelque chose qui revient constamment dans la bouche des spectateurs, mais aussi dans les interviews, c’est l’émotion que l’on ressent à l’écoute de vos chants. Il y a quelque chose de particulier qui se passe. Est-ce que vous le ressentez ? Comment l'expliquez-vous ?


On en parlait avec Vincent Zanetti. On a souvent eu des gens qui sont venus nous voir en fin de spectacle, des gens qui étaient émus au point de ne pas pouvoir parler. On n’a pas d’explication, mais j’ai une idée là dessus, elle vaut ce qu’elle vaut, moi je pense qu'ils ne sont pas émus par une esthétique, par des harmonies ou par une architecture. Ce qu’ils reprennent en pleine tête, je pense que – et c’est pour ça que la liaison est bonne par rapport au fonctionnement – on est un corps composé de divers individus qui ont chacun sa personnalité et qui réussissent à former un corps. Je pense que l’idée est là : nos sociétés modernes ont dans leur production, leur organisation, tout conçu de façon pyramidale et individuelle, et en cloisonnant les responsabilités. Pour tout, et on le voit quand il arrive une catastrophe, on essaie de remonter tout de suite la chaîne des responsabilités, parce que c’est organisé comme ça. On dit : « Untel fait ça, il ne fait que ça, il a bien fait ce qu’il devait faire ».

Nous, en tant que corps, on ne peut pas fonctionner comme ça. On est un corps qui ne fonctionne que quand tout le monde contribue à le faire fonctionner, et contribue en prenant à sa charge tout le corps. Il y a un vrai collectif qui est une sorte de cocon, et je crois qu’on renvoie cette image à des gens qui naturellement ont besoin de ça. Je ne vais pas faire le philosophe, mais je pense que l’homme à l’état de nature a besoin de ça, de savoir qu’il fait partie d’un tout, qu’il s’insère dans un ensemble et qu’il est en même temps acteur de son propre rôle et aussi acteur d’une partie du rôle des autres. Et ce système ne fonctionne que dans la mesure où on s’abandonne au collectif tout en gardant chacun sa personnalité. C’est un collectif qui s’enrichit de l’abandon de tout le monde, mais qui n’impose à personne d’abandonner sa personnalité.

Et je crois que c’est ça qui frappe les gens : quand ils écoutent par exemple les chœurs de Médée,, les gens se disent « mais comment ils peuvent chanter ensemble des choses qui ne sont pas mesurées, ils n’ont pas de repères, qui fait quoi, qui commande quoi », et là il n’y a pas de réponse.
Et d’ailleurs, j’analyse les choses comme ça, parce qu’on le voit bien, très souvent les individus modernes que nous sommes ont des problèmes avec le collectif, avec le groupe. A chaque fois qu’il arrive quelqu’un ici, une équipe de télé, des journalistes, des représentants des institutions etc., ils demandent qui est le responsable. C’est ça le problème. Notre musique est aux antipodes de ça. Et ça existe à l’état naturel, parce qu’on en a besoin, je ne pense pas qu’on soit fait pour ne jouer que son rôle et ne pas regarder les autres et surtout dire "moi, je fais ce que j’ai à faire, que les autres en fassent autant". Nous on ne peut pas fonctionner comme ça.

Tu as raison de signaler ça, car une grande partie de l’émotion, c’est ça. L’aspect fusionnel que vous donnez est bouleversant. Mais ça ne suffirait pas à expliquer l’émotion. On est ému parce que c’est beau ce que vous faites. C’est indissociable.


Je pense que c’est beau parce que c’est fusionnel. Ce n’est pas beau parce que intrinsèquement c’est beau. Parce qu'on a fait des choses qui ne sont pas belles non plus !

Tout à l’heure on parlait d’harmonie, c’est vrai qu’il y a des moments dans votre musique qui sont écrits de telle manière que c’est beau, ça touche. Ensuite il y a ce côté fusionnel qui fait qu’il y a un corps, une interprétation parce que vous êtes ensemble et que vous donnez énormément.

Tu sais, il faudrait faire un test. Il faudrait prendre un chœur classique et lui faire chanter un de nos chants. Ce serait intéressant de voir comment les gens réagissent à ça.

Ce qui fait la différence, c’est l’émotion, le côté tactile. Vous vous touchez, on sent une amitié entre vous.


Absolument, c’est pour ça qu’à mon sens, ça vient de là, ce n’est pas ce qu’on chante.

Le point de départ  c’est ça. Mais ce que vous chantez, c’est important !


Je ne dis pas que ce n’est pas important, ce que je veux dire c’est que après, tu aimes ou tu n’aimes pas, tu adhères ou tu n’adhères pas. Quand j’écoute de la musique classique, je préfère les symphonies de Mahler à celles de Beethoven.

Françoise : Il y une alchimie : c’est physique et relationnel.Tu pourrais dire qu’il y a une peuplade d’hurluberlus qui sont fous d’A Filetta, mais quand tu vois à côté de toi des gens que tu ne connais pas être émus aux larmes  … ma fille était aux Rencontres pour la première fois, eh bien Diane vendredi soir, quand vous avez chanté, elle pleurait !
Pierre : La première fois qu’on vous a entendus, pareil, et ça remonte à 1993, ce n’était pas le même répertoire.
F : C’est intergénérationnel, c’est incroyable, l’effet que vous faites c’est … comme le chocolat !



Moi, j’ai eu le même type de sensation lorsque j’ai entendu chanter les Georgiens pour la première fois. C’est la même chose, parce que je pense que c’est là-dessus qu’on se ressemble avec les Georgiens, au-delà de l’aspect polyphonique, des ressemblances sur le plan de l’harmonie, on est pareils sur le rapport entre nous et sur le rapport avec le public.

Et c’est pour ça qu’on aime aussi vous voir, ce contact direct avec ce que vous êtes
C’est un courant qui passe, ça rentre par les pores.

Encore une fois parce qu’au delà du fait qu’on dit des choses avec notre esthétique, il y a le fait qu’on est comme un corps, avec tout ce que cela a de fragile, de déséquilibré, de vivant, de tension, alors qu’on n’a pas ce sentiment là quand on voit un chœur classique.

Et vous ne donnez pas un spectacle.

On peut être touché par de belles harmonies, la voix de l’ange, mais chaque fois que j’ai vu des chœurs classiques chanter, il y a quelque chose qui ne se passe pas, ça n’empêche pas qu’ils puissent faire des choses qu’on leur envie souvent...

On n’est pas dans la technique avec vous, on est dans le sentiment, dans l’être, dans l’humain…


Donner du sens

Ca amène encore naturellement la question suivante : qu'est-ce que tu veux dire quand tu parles du sens, de la recherche du sens mais pas d’un sens ?

Oui, quand je dis du sens et pas un sens, c’est que justement, trop souvent on cherche un sens aux choses, c’est à dire que soit on cherche un sens en se donnant une direction, en se projetant et en disant « c’est là qu’on va », et à mon avis, ça ne peut pas fonctionner comme ça, on n’a jamais dit : « on va faire ci, on va faire ça, on a tel projet, on va aller à tel endroit… » Ce qu’on fait, ça ne peut pas se planifier, c’est fait de rencontres.

Il n’y a pas de stratégie.

Absolument, il y a des rencontres qui nous ont modelés, changés, transformés, qui ont fait qu’au fil de ces rencontres on a un profil nouveau à chaque fois. A mon avis, c’est la définition même de l’identité qui n’a de sens que dans la mesure où elle est en perpétuelle édification, sinon c’est quoi l’identité, ce que tu es maintenant, dans deux heures tu ne le seras plus, par la force des choses. Donc c’est une illusion de dire que je vais camper sur la tradition, c’est un peu ça qui me gêne dans le discours sur la défense de l’identité, qui a mon sens, ne tient pas. C’est contraire à toute idée de vie, et quand je dis "du sens", c’est aussi le fait que si on n’intègre pas le fait que chacun d’entre nous est multiple, que non seulement on est un groupe constitué d’individus qui sont eux mêmes multiples, donner du sens à ce qu’on fait, c’est éviter de demander à chacun de n'être que lui et de rester ce qu’il est, ce qui de toutes façons dans la vie n’est pas possible ; c’est pour ça que je dis "il faut donner du sens et pas un sens", et c’est la raison pour laquelle notre musique est variée, et c’est ce qui vous la fait apprécier.

Moi, je ne vais pas dire « je ne vais faire des choses que dans la mesure où elles sont en rapport avec ce que j’ai été à un moment donné ». De toutes façons, ce qui s’arrête se défait ; le jour où on s’arrête, on commence à dégringoler, et c’est applicable partout, y compris dans la technique. Le jour où on s’arrête d’être exigeant, d’aller au-dessus, fatalement on commence à redescendre, car les forces sont contraires !

L'accompagnement instrumental

Avant le final, petite question subsidiaire sur les instruments, que vous avez abandonnés, est-ce définitif ?

Paul : Pour moi, oui, le tambour à contre temps !
JC : On a eu cette discussion aux Rencontres sur le problème des instruments. Mon sentiment, c’est que la Corse, en tout cas le mouvement culturel corse depuis le début des années 70, a un gros problème avec les instruments. Cela me semble évident. Autant on avait une tradition orale très puissante, des voix, une science de la voix, de la pratique vocale, autant sur le plan de l’instrument, avec du recul, je ne vois pas quel groupe depuis le début des années 70 a réussi quelque chose sur le plan instrumental. Je suis très catégorique, les gens qui réussissent sont très souvent ceux qui sont en rupture avec le mouvement identitaire, ils sont dans un autre registre. Vous avez de superbes musiciens en Corse, mais vous ne les trouvez pas dans les groupes. C’est lié au fait que Canta u Populu Corsu en commençant, a donné un style, c’est celui de Jean-Paul Poletti, la guitare arpégée, et tout le monde lui a emboîté le pas, nous y compris, et que ça ne fait pas une ossature instrumentale, un chant techniquement cohérent. Je voyais sur ces Rencontres, et je le leur ai dit d’ailleurs, Rassegna, techniquement c’est très en place, aucun problème. Je voyais Julia Sarr et le guitariste, on aime ou on n’aime pas, mais la guitare avait de la dimension ; si vous écoutez des groupes corses, il y a une espèce de bouillie instrumentale.

On a la sensation que les instruments, notamment la guitare, retombent constamment sur les mêmes schémas...

Absolument, on est bien d’accord, mais c’est parce que d’abord, peut être que le mariage avec les voix polyphoniques n’est pas si évident que ça, et deuxièmement parce qu'on a toujours fait pour l’instrument ce qu’on faisait pour les voix, en ne tenant pas compte du fait qu’il y avait une tradition pour les voix mais pas pour les instruments, et qu’on n’a pas d’instrumentistes. Le peu d’instrumentistes qu’on a, ce sont des gens qui, à un moment donné, se sont mis à jouer de la guitare ; on s’accompagne, mais à mon avis c’est insuffisant.
De tous les gens qui jouent, pour moi  - c’est peut-être excessif ce que je dis - il y en a un seul qui a une réelle dimension sur le plan de l’accompagnement, c’est Jérôme Ciosi, il utilise une guitare comme un guitariste, c’est un vrai guitariste, il a une formation classique, il sait de quoi il parle.
Les autres, il y a beaucoup de choses maladroites, mal conçues. Moi, il y a des choses que j’ai comprises en évoluant dans le chant. Par exemple, la guitare arpégée, systématiquement faire un arpège de guitare en accompagnement, vous ramenez l’unité de temps à sa valeur la plus petite ! A un moment donné, (il chante la partie de guitare) ça fige les choses, d’abord ça donne une orientation…
Pour en revenir à ta question, à un moment donné on a pris conscience du fait qu’on n'était pas des instrumentistes, pas à l’aise dans ce domaine et même si on a pu faire des choses qui avaient un intérêt – je le disais à Bruno Allary de Rassegna – qui me disait "pour moi, votre disque Una Tarra ci Hè est superbe, je l’écoute…"

C’est notre avis aussi !

Sans doute, mais moi, quand je réécoute les parties instrumentales, je me dis que ce n’est pas ça.  Bon, les parties vocales non plus (rires). Avec le recul, on n’est pas content de ce qu’on a fait.

Ca fait partie d'une progression.


Absolument, on fera sans doute des choses avec instrumentation, mais avec des musiciens. On ne fait pas un rejet de ce qui pourrait être une instrumentation de type traditionnel : si demain on nous donnait les musiciens, des syriens qui sont venus il y a 3 ou 4 ans, aucun problème, on peut faire des choses avec, même dans des registres très différents, mais faire ce que l’on a fait avec les moyens du bord, moi guitariste alors que même si j’ai fait un peu de guitare classique je ne suis pas instrumentiste, c’est insuffisant. Et après, il y a toute une énergie que l’on n’a plus dans le chant parce qu’on n’est pas à l’aise.

(pendant ce temps, Max, Jean-Luc, Paul et Jean se sont emparés de nos appareils photos et « font les japonais », mitraillent dans tous les sens, se photographient mutuellement en faisant des grimaces)

Les projets

La dernière question, vos projets. Il y en a certains dont on a entendu parler, d’autres pas. Il y a la création avec Paolo Fresu, le dessin animé (Max and co), y a t il à côté de ça une création genre Requiem ou Médée dans les cartons ?

Il y a plusieurs choses. Il y a le travail à l’Aghja avec les musiciens de jazz, c’est une rencontre ; ce n’est pas une création à proprement parler, on arrive avec des choses, eux arrivent avec les leurs, on va essayer de mettre en place une rencontre mais ça ne sera pas une création ex nihilo ; en 4 jours on ne va pas produire un répertoire d’une heure et quart, ce n’est pas possible.
Après cette rencontre avec des musiciens de jazz, dans l’ordre on doit travailler avec des musiciens toscans, l’orchestre de Livourne, et deux actrices sardes dans le cadre d’un projet : un nouveau Médée. Enfin, ce sera notre Médée, avec deux actrices et un orchestre. Bruno Coulais doit écrire des choses sensées non pas jouer sur nous, mais opérer un maillage entre une musique de facture classique telle que peut l’écrire Bruno, et nos chants. Cela doit se faire impérativement avant l’été 2007, c’est très court.
Dans la foulée, on doit travailler sur une création d’Orlando sur une Colomba qui doit se faire au théâtre de Bastia le 5 mai. Ceci dit, Orlando ne veut pas a priori que ce soit quelque chose de complètement créé : il dit qu’on est dans l’évocation, même s’il ne va pas reprendre le texte de Mérimée, mais il veut qu’on utilise plus un fond traditionnel qu’on pourrait actualiser, qu’on pourrait remodeler, mais pas de création proprement dite.
Ensuite, il y a avec Orlando et Bruno la création d’un nouvel opéra pour enfants au mois de juin à Nice avec le cirque Grüss. Bruno doit écrire des parties pour nous, il pense utiliser beaucoup les chevaux.
Et il y a également le projet dont je vous parlais l’autre soir à Bastia avec le centre culturel Una Volta, un travail sur les quartiers anciens de Bastia.

Et pour les 30 ans d’A Filetta ?


Pas pour l’instant, on a évoqué la possibilité de faire une grande salle sur Paris parce qu’on ne l’a jamais fait, mais pour l’instant rien n’est arrêté, et on ne sait pas trop dans quelle formule le faire : on ne va pas faire Si di mè, on ne va pas faire un Requiem, on ne peut pas faire un peu de tout, c’est difficile.

Et les CD « de rattrapage » ?

Il était prévu de faire sortir la Grammaire de l’imagination cette année , mais on a dû reporter, ça sortira fin 2007.

Pas un DVD du spectacle ?

Non, c’est trop difficile. L’idéal, ce serait de faire un vrai travail d’animation, mais c’est trop cher. On va essayer de faire un CD avec un beau livret . Ou bien un livre avec un CD ? Ce qui est sûr, c’est qu’on était dans l’idée de faire la Grammaire en version bilingue, voire trilingue, c’est à dire de faire trois versions du texte, en italien, en français et en corse, parce qu’on pensait que même sur le plan pédagogique ça pourrait être très bien de voir comment on passe d’une langue à l’autre. C’est en projet.

Le Requiem ?

Le Requiem, on disait que ce qui serait bien, c'est de l’enregistrer fin 2007. L’idée, c’est de le reprendre petit à petit, de travailler chant par chant, et de le sortir fin 2007 ; ça aurait été bien été 2007.

Et puis ? Il y a des chants qui n’ont jamais été enregistrés !

Tout le Salve Regina, tout le Via Crucis, ça aussi c’est renvoyé aux calendes calvaises !

Et In Memoriam ?

Jean-Luc : C’est fini ! Non, on va le refaire en décembre 2007 en Belgique. La théâtre de Monte-Carlo avait l’exclusivité pendant deux ans ; à partir de janvier 2007, si Larbi veut le reprendre, il peut le faire avec un autre ballet.

C’était magnifique !


Vous l’avez vu en entier ?

Non, la version courte à Monaco en août...


L’intégralité du spectacle c’est très cohérent. La version courte est cohérente aussi, mais il y a des raccourcis. Ce qu’on avait fait fin 2004, c’était…

Ca ne doit pas sortir en DVD ?


Non, ils vont l’intégrer à leurs éléments de presse, mais je crois que Cherkaoui ne voudrait pas qu’il soit présenté en extrait, ça perd de sa force, mais il a écrit quelque chose de magnifique. On espère travailler encore avec lui, il a envie de travailler encore avec nous.
En plus quand on répétait là bas en 2004, on travaillait dans le gymnase avec les danseurs, il est lui-même danseur, il vient de la danse plus hip hop, moderne, on voyait la façon dont ça évoluait. Avec les danseurs classiques, il disait "c’est extraordinaire, je peux utiliser des choses classiques que moi je ne saurais pas faire", par contre, quand il demandait des choses aux classiques, lui c’est un acrobate, on dirait une boule de chewing-gum, pour eux c’était difficile, on aurait dit qu’ils étaient anguleux, alors que lui, les mouvements, il roulait, on aurait dit les bêtes que tu touches, qui se mettent en boule !

Des chenilles ?


Oui, c'est ça ! C’est impressionnant, tu as l’impression qu’il est complètement désarticulé !

F: Je l’ai vu dans un ballet avec un chorégraphe pakistanais, "Zéro degré", un duo, et à un moment donné il danse sur la tête, c’est incroyable !

Donc, on suivait toutes les répétitions et à la fin, il disait aux danseurs : "c’est bon, vous pouvez y aller", et à nous il disait "vous, vous restez ici", et il se mettait à chanter avec nous, il connaissait tous les chants par cœur, il disait "faites-moi celui là, montrez moi la terza…"

Dans ce ballet il chantait aussi un chant yiddish, il chante bien !

Je sais qu’il chante bien ! et il a une grâce ! Il est impressionnant.

Jean-Luc donne le signal du départ. Il ne nous restait plus qu'à remercier chaleureusement Jean-Claude, Jean-Luc, Max, Ceccè, Paul et Jean pour leur accueil et pour cet entretien passionnant qui a duré près de deux heures, dans une ambiance chaleureuse et détendue.


Autre interview, celle réalisée par Benjamin MiNiMuM pour MONDOMIX à Calvi en septembre 2006

Les motivations à l'origine d'A Filetta,
réalité et caricature des traditions musicales corses


Ecoutez, les motivations étaient celles partagées par un certain nombre de jeunes groupes en corse. A la fin des années 70, il y a une volonté de se mettre en marche pour contribuer à sauvegarder un patrimoine. Notamment un patrimoine oral qui est en train pratiquement de disparaître. Pour des raisons historiques, économiques, la Corse se vidant à partir de la fin de la première guerre mondiale de sa substance vive, en tout cas dans l’intérieur de l'île, il y a tout un patrimoine oral, une culture orale, toute une tradition de choses chantées, sacrées et profanes, qui est en train de disparaître.
Et il a fallu attendre la fin des années 70 pour qu‘apparaisse une sorte de sursaut, identitaire si on veut, qui a fait que nous, comme d’autres, on s’est engagés pour contribuer, dans un premier temps, à la sauvegarde de ce patrimoine oral.
Et puis après, très vite s’est imposée à nous l’idée, le besoin, la nécessité, d’essayer de prolonger cette tradition, notamment par la création, par des apports nouveaux eu égard aux relations que nous tissions déjà avec d’autres traditions orales, d’autres musiques, d’autres musiciens, d’autres compositeurs.

Et ce avec une conscience européenne, méditerranéenne ou mondiale ?


En tout cas, ce qui est sûr, c’est qu’au départ c’est un réflexe de survie. Donc la première phase, c’est celle qui consiste à dire « faisons quelque chose pour nous ».
Ensuite, très vite on se rend compte qu’il est illusoire de penser restaurer un patrimoine en le coupant du reste du monde. ça veut dire que pour nous, il est clair que la tradition n’a de sens que dans la mesure où elle continue de refléter un peuple qui vit et qui avance. Et ce peuple qui vit et qui avance, il vit et avance tout simplement parce qu’il est au contact d’autres peuples, d’autres musiques, d’autres traditions orales, qui peuvent être d’ailleurs quelquefois très éloignées de la nôtre, mais qui de toutes façons nous marquent, laissent une empreinte.
On ne sort jamais indemne d’une rencontre avec d’autres musiciens, et ce qui nous intéresse, c’est de faire en sorte que notre musique soit en même temps une musique vivante, qui intègre des influences, et qu’elle continue à ressembler à ce que nous sommes depuis longtemps.
Et je crois qu’il y a comme ça quelque chose qui se crée indéniablement ces 25 ou 30 dernières années, qui s’éloigne de la tradition originelle. Quand je dis originelle, le terme n’est même pas approprié, parce que le repère que nous avons par rapport à la tradition remonte au plus à 50 ans, ce n’est pas les origines, mais c’est ce qui nous est resté au fond,  c’est ce qui restait de vivant au moment où nous mêmes nous sommes mis en marche.

Ces traditions semblent être assez fortes, voire même un peu figées, on en a souvent l’image d’une caricature quand on est à l’extérieur, que d’une réalité. Quelles sont pour vous les réalités de ces traditions, de ces pratiques culturelles et musicales ?


Nous nous rendons compte en ce moment qu’il y a un retour de bâton qui est en partie consécutif à une espèce d’emballement des media à la fin des années 80.
Pour nous, il y a indéniablement le phénomène du Mystère des voix bulgares qui a attiré la lumière des projecteurs sur cette tradition, et le regard que les media avaient sur cette tradition dans les années 90 a été de dire « il y a des choses toujours vivantes, un patrimoine puissant, etc. »

Et maintenant, cet éclairage médiatique a forcément suscité des vocations, des bonnes et des mauvaises :  en 15 ans se sont créés 70 groupes, et aujourd’hui l’image que l’on renvoie, ce n’est pas l’image d’une dynamique.
En effet très souvent, malheureusement, les nouvelles générations de groupes ont été finalement des copies de ce que faisaient les premiers groupes, et du coup, pour celui qui est à l’extérieur, il se dit « finalement ça ne bouge pas tant que ça ».
En réalité, ça bouge énormément. Quand vous pensez qu’à la fin des années 70, les groupes de la première génération, I Muvrini,  Canta u populu corsu, I Chjami aghjalesi, Tavagna, nous, nous chantions tous le même répertoire traditionnel, aujourd’hui on a pris des routes véritablement différentes : les Muvrini sont dans une démarche qui est beaucoup plus large, d’une forme de variété corse , nous, nous avons fait de la création polyphonique, quelquefois en digressant largement par rapport à la tradition originelle, vous avez des groupes qui on travaillé vraiment sur le retour à la tradition, il y en a qui ont fait de la chanson, il y en a qui sont allés chercher des influences multiples en Méditerranée, etc.

Donc je pense que ça bouge, c’est une musique qui est bien vivante et qui propose des formes vraiment très diversifiées. Mais malheureusement, je crois que le regard des media sur cette tradition qui était un peu découverte à la fin des années 90, au bout de 10 ans, les media n’ont pas forcément fait le travail d’investigation pour voir ce qui se passait au fond, et pour voir comment au fond cette musique évoluait.

Je pense qu’elle évolue dans le bon sens dans la mesure où il y a des métissages importants, il y a une ouverture sur le monde qui est assez exceptionnelle pour des insulaires, contrairement à ce qu’on peut penser, il y a beaucoup de festivals, de rencontres qui ont été crées, beaucoup de chanteurs qui ont dit « à un moment donné, on a besoin de remettre notre chant dans sa matrice », ça veut dire d’aller comprendre d’où on vient, ça veut dire déjà que l’on a dépassé le stade où on considérait qu’on était seuls et uniques, qu’on était nés ici et que c’était un chant endémique qui n’avait rien à voir avec les autres, ce qui a été un moment donné la tentation, je crois que ça, on l’a dépassé.

Est- ce que ça bouge assez vite, pas assez vite, je crois qu’en tout cas il y a un phénomène culturel puissant, un phénomène associatif extrêmement dynamique, il y a beaucoup de choses qui se sont développées dans des répertoires extrêmement différents, avec des groupes qui sont quelquefois allés à la conquête des publics extérieurs. Je pense que c’est plutôt le signe d’une bonne vitalité.

Tradition du chant et évolution de la langue

Je suis rarement venu ici, je n’ai assisté au premier concert et fréquenté un public corse qu’hier, et il y a un truc qui m’a surpris, c’est que, en attendant le spectacle dans la file d’attente, les gens se sont mis à chanter très spontanément, symptôme d’une sorte de réflexe, alors que partout ailleurs en France, le chant est complètement tabou. Aujourd’hui le chant est très quotidien, très vivant ?


On peut discuter du déplacement de ce chant. A l’origine – encore une fois je ne peux me référer qu’à des origines récentes – il est évident que jusqu’aux années 20  c’était un chant qui accompagnait un certain nombre de rituels ou des travaux. Ces rituels ou ces travaux ont quelquefois disparu : il y avait le chant du battage du blé, il y avait le chant du labeur, des chants qui rythmaient la vie paysanne, et évidemment les campagnes se dépeuplant, cette musique n’avait plus de raison d’être.

Aujourd’hui, cette musique s’est déplacée, elle est chantée dans d’autres contextes : elle est chantée dans les cours de recréation au collège ou au lycée, dans le cadre de confréries. Il y a un renouveau des confréries, de gens qui sont des laïcs, mais très en rapport avec la parole de l’Eglise.
Aujourd’hui, ce chant n’est plus le reflet direct d’une activité économique ou sociale, en tout cas économique, mais il est resté socialement très fort :  il y a un besoin indéniable de se retrouver, d’être ensemble, de se reconnaître les uns les autres par rapport à son village, à sa région d’origine, et en ce sens le chant est extrêmement puissant.

Ce qui est vrai, c’est que c’est probablement l’un des seuls endroits de France où il y a un chant qui est resté puissant. La tradition chantée, mis à part en Bretagne, est largement en recul, c’est évident. Il y a pourtant des choses superbes. Moi, je suis un passionné du travail qui avait été réalisé par Malicorne, par Gabriel Yacoub que j’adore, et c’est vrai que c’est un phénomène qui n’a pas pris ailleurs la puissance qu’il a pris ici.
B
ien sûr, il y a des tas de gens - avec qui d’ailleurs on est en contact - que ce soit le Corou de Berra, que ce soit le travail qui a été accompli par Manu Théron, par le Cor de la Plana, etc. ce sont vraiment des gens qui font un travail remarquable, mais on n’a pas le sentiment qu’il y a un phénomène très puissant, alors qu’ici, par rapport à la démographie que nous avons, par rapport à la vie culturelle que nous avons, c’est vrai que c’est un chant qui est extrêmement fort, qui est enraciné et qui surtout a retrouvé une fonction sociale.

Le chant est intimement lié à la langue . Cette langue a  telle évolué avec le temps ?

Cette langue a évolué, elle continue à évoluer. C’est une langue latine restée relativement proche de certains dialectes italiens, notamment le toscan. C’est une langue sur laquelle il y a eu tout un travail de fait, car il faut savoir que c’est une langue qui n’a réellement eu un statut de langue – revendiqué, puisqu’elle n’a toujours pas ce statut de langue - qu’à partir du moment où la Corse est devenue française.

C'est-à-dire que si la Corse était restée dans le giron de l’Italie, probablement qu’aujourd’hui le corse serait un dialecte comme il existe d’autres dialectes italiens. ça ne pose pas forcément problème, en sens inverse on n’aurait peut être pas eu non plus le travail qui a été fait, notamment l’écrit de cette langue, parce que justement on n’aurait peut être pas eu conscience que c’était une langue qui a eu une histoire, une production littéraire et poétique importante, depuis la fin du XIXe début du XXe siècle, c’est-à-dire au moment où justement naît en Corse une revendication identitaire, des revendications par rapport à l’Etat central pour être reconnus en tant que tels, pour avoir des statuts de gestion proches de l’autonomie…

C’est le phénomène nationaliste entre guillemets, après la politique a fait qu’il y a eu des radicalisations, et qu’il ne faut pas aujourd’hui faire un amalgame complet : il y a des gens qui sont d’obédience nationaliste qui sont des gens modérés, vous avez des nationalistes radicaux, vous avez des gens qui ne sont absolument pas nationalistes mais chez qui le sentiment corsiste ou autonomiste reste très puissant, et je crois que tout ça a contribué à faire en sorte que cette langue évolue, bouge, et surtout qu’elle commence à s’adapter, parce que pendant longtemps elle a été une langue extrêmement paysanne, qui n’existait que dans l’oralité.

Aujourd’hui, il y a quand même une production écrite importante, même si malheureusement on constate que plus le temps passe, plus le lectorat diminue par rapport au début des années 70. Je discutais avec un éditeur qui me disait « quand on sortait un bouquin de poésie corse en 1975, on en vendait 1500 ; aujourd’hui, on en vend 250 » ça veut dire qu’il y a un affaiblissement malgré tout, malgré les efforts…

C’est un phénomène général, même en France le lectorat diminue.

Absolument, il me disait par ailleurs qu’en vendant 250 ou 300 exemplaires d’une édition d’un bouquin de poésie, il était pratiquement le premier vendeur en France, parce que la poésie en France est en recul total, ce qui est évidemment dommage…

Les rencontres polyphoniques de Calvi, les rencontres avec d'autres cultures

Le choix d’A Filetta s’est fait avec une ouverture vers l’extérieur. Un des symptômes en est ce festival. Comment est née cette idée ? Est ce une volonté culturelle, politique ?

Les choses se font quelquefois de façon extrêmement naturelle. Nous existons depuis 1978.
Entre 78 et la fin des années 80, nous étions un groupe amateur, nous avions chacun notre profession à côté, et en 1987 je crois, nous sommes invités par des chanteurs sardes à participer à ce qu’ils appelaient « una rassegna di canto sacro popolare », un rassemblement : ce sont des confréries qui invitent des confréries.

Pendant longtemps, c’est resté à l’échelon de la Sardaigne, puis à un moment donné, la Sardaigne s’est ouverte sur l’extérieur et a commencé à inviter des confréries, des chanteurs comme nous, venus de Corse, de Grèce, et lors de notre première rencontre avec ces chanteurs sardes, en rentrant on s’est dit que nous, ce serait bien qu’on ait la même démarche, c’est à dire qu’on se remette en relation avec des traditions polyphoniques, des traditions vocales qui existent, qui ont le même réflexe de survie que le nôtre, et il faudrait qu’on mette tout ça en synergie, qu’on puisse à nouveau se rencontrer, qu’on puisse mieux se connaître soi même, car on sait pertinemment, encore une fois, que notre musique n’est pas endémique, elle est née de la rencontre de tas  de courants.

Et dès 1988, nous avons créé le premières Rencontres, qui étaient juste un échange corso sarde. Et puis à la fin, on a dit « il faut qu’on aille plus loin, il n’y a pas de raison, il faut s’ouvrir sur le reste du monde. » Dans un premier temps, sur la Méditerranée, parce que c’est probablement ceux qui nous sont le plus proches sur le plan culturel et linguistique, mais en tout cas, on peut, et très vite en 2 3 ans, c’est devenu un festival international en ce sens qu’on a reçu aussi bien des gens de Sibérie que d’Amérique du nord, d’Amérique du sud, d’Afrique du sud, d’Asie, etc.

Je crois qu’on part avant tout d‘un besoin, c’est tout simple, un besoin de se dire : « qu’est ce qu’on est, qui on est, dans quel monde on se situe, qu’est ce qu’on a à dire aux autres et qu’est ce qu’on a à approprier des autres ? ». A partir de là, la machine est partie, et c’est bien que ce soit comme ça, parce que si c’était précédé d’un objectif politique… c’est une philosophie politique, mais politique au bon sens du terme, il n’y a pas de stratégie derrière, il y a simplement un besoin irrépressible de dire « on est une partie de ce monde qui va vite, qui change, qui évolue, nous mêmes on est appelés à évoluer, qu’est ce qu’on va devenir, qu’est ce qu’on est par rapport aux autres, qu’est ce que les autres sont par rapport à nous, qu’est ce que nous on est chez les autres, et qu’est ce que les autres sont chez nous ? »
Je crois que c’est important, y compris dans la musique, d’avoir cette démarche, pour se débarrasser encore une fois de l’illusion que l’identité c’est quelque chose de figé, et quelque chose qui n’a de sens que pour être protégé. Quand on commence à parler de protection de l’identité, pour moi il y a un danger. Nous avons toujours défendu le discours qui consiste à dire : « une identité vit quand on commence à s’en affranchir » et je crois que ce qui est important, c’est cette capacité à sortir de soi même et à prendre du recul sur soi même, et à prendre conscience du fait que c’est une construction perpétuelle. Car sinon, il y a le risque de se dire : « on ne bouge plus, on est ce qu’on est », on s’impose à l’autre ou on se coupe de l’autre et je crois que c’est  le pire des chemins à suivre.

Au fur et à mesure des années, des rencontres de ce festival, il y a des liens particuliers et inattendus qui se sont créés ?

Il y a eu des liens très puissants avec la Georgie, avec la Sardaigne toute proche, des liens avec l’Albanie, mais quelquefois aussi avec des chanteurs venus de très loin, on a été surpris de découvrir des techniques vocales très proches des nôtres chez des sibériens, chez des zoulous, sans aller chercher d’explications historiques de courants de peuplement, etc., ce qui est sûr, la première idée, c’est que nous sommes tous, à la base, des hommes en prise aux mêmes difficultés, qui avons la même nécessité de survivre, de vivre, de se développer, etc., et que tout ça a produit un certain nombre de choses qui font du sens. Et qui est un sens commun. Et après il y a probablement eu des courants de peuplement qui expliquent que, par exemple, nous ayons une polyphonie très proche de celle du Caucase. Physiquement, les Georgiens nous ressemblent beaucoup, la géographie de la Georgie, du Caucase, est très proche de celle de la Corse Ce n’est peut être pas un hasard que les uns et les autres aient produit le même type de tradition, le même type de chant, par rapport à la nécessité de vivre dans un environnement qui est ce qu’il est.

Bruno Coulais, Medea, la multiplicité des projets, les disques et l'esprit d'A Filetta

Au delà de ces rapports de peuples, il y a aussi des rencontres humaines extrêmement importantes dans l’histoire d’A Filetta, comment ne pas parler de Bruno Coulais ?

Bruno Coulais fait partie des musiciens qui auront marqué notre parcours, et qui continuent à le marquer d’ailleurs. Nous l’avons rencontré après avoir créé Médée. Il est attentif à ce que nous produisons, et il a dès le départ envie de travailler avec nous sur la bande originale de Don Juan, et très vite se crée avec lui un climat d’amitié, de confiance, qui fait qu’on est très désireux les uns et les autres de continuer à se surprendre. Il nous invite sur ses musiques, nous, nous le sollicitons pour venir nous épauler sur telle ou telle musiques à nous.
C’est vraiment un plaisir de travailler avec un musicien pareil, parce qu’il a un côté très caméléon au bon sens du terme, il le revendique, il dit : « moi, j’aime bien être très sensible à ce que j’ai autour de moi », pour écrire des choses qui deviennent des choses qui par ailleurs lui sont très personnelles.
Quand il a écrit Himalaya l’enfance d’un chef, à aucun moment il n’a voulu écrire de la musique tibétaine, mais aujourd'hui, les tibétains ou du moins en Inde, je sais que les gens revendiquent cette musique comme étant la leur, parce que Bruno a su, tout en écrivant des choses qui lui sont très personnelles, faire en sorte qu’il y ait des éléments qui viennent à la surface et qui donnent le sentiment qu’on est dans une musique d’inspiration tibétaine.

Vous parliez de Don Juan, Médée, dont je voudrais bien connaître la genèse, ce qu’on peut remarquer c’est une volonté de réunir la tradition orale due chant corse et les grands textes ?


C’est aussi un peu un hasard, c’est la rencontre avec Jean-Yves Lazennec qui vient nous dire  « j’ai aimé ce que vous faites, j’aime bien l’idée que vous puissiez être la réminiscence de ce qu’a pu être le chœur antique » et c’est lui qui nous propose la tragédie Médée de Sénèque, ce n’est pas nous qui faisons la démarche de travailler sur ce texte là.
Ce qui est sûr, c’est qu’en cours de route on se rend compte à quel point c’est un texte qui nous touche, qui nous est proche,  qui est une partie d e notre histoire, de la Méditerranée, y compris de la Corse. Il y a comme ça pour nous l’opportunité de passer à un format largement différent de ce qu’a été notre tradition orale jusqu’à présent, qui avait un format chanson avec des strophes. Dès lors qu’on s’attaque à un texte qui a une métrique qui est ce qu’elle est, qui a des développements qui sont ce qu’ils sont, on est obligé de penser une musique qui a une architecture musicale autre, et je crois que ça nous fait sortir de nous.
Et c’est très bien, parce que ça nous a fait sortir de nous et en même temps, ça nous a aussi fait nous rapprocher d’autres courants, notamment la musique géorgienne ou la musique albanaise ou la musique grecque, qui étaient des musiques dont on sentait vraiment qu’elle étaient des musiques sœurs, jumelles quelquefois, et Médée aujourd'hui, c’est le visage de ce qu’est A Filetta aujourd'hui : un groupe qui, indéniablement, est enraciné ici, mais en même temps qui est allé à la quête d’une identité partagée avec d’autres, bien au delà de la Méditerranée.
Pour nous, Médée c’est vraiment un tournant. Avant Médée, on faisait de la tradition orale ; après, on a fait beaucoup de choses écrites aussi, notamment après la rencontre avec Bruno Coulais ; et entre les deux, Médée c’est une sorte de passage, qui nous fait passer de l’oralité à l’écrit. Mais dans Médée, on n’est pas encore dans l’écrit. C’est la raison pour laquelle Bruno Coulais dit que c’est un OVNI. C’est quelque chose d’assez inclassable.

Quels sont les repères chronologiques, en quelle année a démarré cette rencontre, la démarche de Médée ?

La rencontre avec Lazennec, c’est en 1995, on a produit Médée en 1997, et on rencontre Bruno à la première de Médée en novembre 1997. Et on enregistre Don Juan en janvier 1998. Donc c’est allé vraiment très très vite. Depuis, il y a eu plein de choses, on a fait un opéra pour enfants, le Robin et Marion à Nice, on a fait du théâtre musical, on a repris le Don Juan avec Orlando Forioso qui a mis en scène le Marco Polo. Depuis on a fait plein de choses au théâtre, des créations musicales avec des chœurs bulgares, on a fait dix ou douze musiques de films, on est en train de travailler à la musique d’un dessin animé qui devrait sortir en 2007 : « Max and co », un dessin animé complètement loufoque, une production anglaise et suisse me semble t-il.
L’histoire se déroule dans une usine de tapettes à mouches. Il y a une espèce de patron infâme, qui est un crapaud qui s’appelle Rodolfo, et Bruno a écrit des choses complètement décalées, complètement déjantées, qu’on interprète en polyphonie sur des musiques très festives. Donc avec Bruno, on a fait plein de choses, et parmi ces choses, le Marco Polo qu’on a fait cet hiver avec Orlando Forioso sur un texte superbe qu’il a écrit, que Bruno a mis en musique, avec la participation d’un tibétain qui est l’acteur d’Himalaya l’enfance d’un chef, avec Marie Kobayashi avec laquelle nous avons chanté sur Don Juan en 1997, avec laquelle nous avons travaillé sur d’autres musiques. Marco Polo a été donné pour la première fois cet hiver, ici à Calvi, puis ça a été présenté à Bastia, puis à la biennale de Venise avec Guillaume Depardieu. ça a bien fonctionné, et ça doit être repris à partir de la fin du mois d’octobre.

Et il y a un projet de disque, de DVD ?

En tout cas, on espère, on croise les doigts pour que ça se fasse, parce que, malheureusement ou heureusement, en tout cas on a un rythme de travail qui est tellement important qu’on est sans cesse en retard sur la production. On a enregistré Médée en 2005, il sort en 2006, il a été créé en 1997, et depuis 1997 on a créé : un Chemin de Croix, une Passion, un Requiem, un travail sur des textes de Rodari avec Orlando sur « la Grammaire de l’imagination », qu’on a donné ici même l’an dernier ; on a créé un répertoire de chansons, on a créé un opéra pour enfants que Bruno a écrit, le Robin et Marion, qui n’est pas enregistré. Il a composé une œuvre pour nous et un quartette bulgare, ce n’est pas enregistré. Nous-mêmes, on a créé plein de choses, on est en résidence le mois prochain pour travailler avec des musiciens de jazz sur de nouvelles créations, et en fait, tout ça est emmaganisé, on compose, on travaille, on avance, mais sur le plan de la discographie, ça ne suit pas, tout simplement parce qu’on manque de temps, parce qu’on manque de moyens, parce qu’on n’a pas toujours trouvé les partenaires qui fonçaient, et que c’est difficile.

Et le point commun entre toutes ces créations ?

Les rencontres humaines et l’envie de travailler ensemble, c’est évident. Sinon, ça n’a pas de sens. D’abord, nous mêmes a Filetta, c’est ça : l’envie d’être ensemble, le besoin très fort de parler d’une même voix . Cela ne veut pas dire être monolithique, ça veut dire respecter les personnalités de chacun, mais vraiment de dire « on est ensemble, notre destin est commun, on est sur la même barque, on est sur la même île,on est dans le même monde », et à un moment donné, ce qui guide tous ces travaux, c’est effectivement le besoin impérieux de se sentir entourés, de se sentir aimés, appréciés, et soi même d’avoir à l’égard des autres de la sympathie, de l’amour et l’ envie de leur faire partager et de le leur dire.

Une forte relation avec le spirituel donc ?

Sur le plan purement religieux, même si on est issus d’une tradition religieuse très puissante, on n’est pas forcément tous les dimanches à l’église. Mais déjà, ce qui est sûr, c’est que culturellement nous sommes très portés sur le répertoire religieux, et quand je dis religieux, c’est justement au sens premier du religieux, c’est à dire qui relie, le sentiment d’appartenance à une communauté, et d’être ensemble dans des moments bons ou pas bons, difficiles ou joyeux à vivre, et je crois que ça fait partie de notre façon de penser la musique, et c’est notre façon de la développer aussi dans nos créations, dans nos compositions et dans notre rapport aux autres musiciens.Hors dogmes ?Absolument, hors dogmes, car si on rentre là-dedans c’est la négation même de toute forme d’ouverture. 

© Benjamin MiNiMuM

Vous pouvez écouter cet entretien à l'adresse suivante :

http://www.a-filetta.mondomix.com/fr/itw3275.htm


Vincent Zanetti

Enfin, une interview réalisée par Vincent Zanetti le 15 septembre 2006 à l'occasion de la 18e édition des Rencontres chants polyphoniques de Calvi.


De Sénèque à A Filetta...

Vincent Zanetti : En 1995, le metteur en scène breton Jean-Yves Lazennec demande au groupe polyphonique corse a Filetta de créer la musique des chœurs de Médée, la tragédie dédiée par l’auteur latin Sénèque au personnage de Jason, symbole par excellence de la découverte de l’autre, avec tous les ravissements et tous les troubles que cela implique.


Un peu plus de 10 ans plus tard, A Filetta publie aujourd'hui sur disque la dernière version de ces quatre chœurs.
Et de la même façon qu’après le voyage de Jason, l’ailleurs n’est plus vraiment ailleurs, on peut dire sans se tromper qu’après le Médée d’A Filetta, le chant polyphonique corse ne sera jamais plus le même.
Rencontre avec l’auteur de cette musique inspirée, celui qui a même été jusqu’à traduire en langue corse le texte latin de Sénèque pour pouvoir le chanter dans une langue vivante et si évidemment prédestinée au mariage de la polyphonie et de la tragédie antique. Cet aède corse, c’est Jean-Claude Acquaviva.

Jean-Claude Acquaviva, dans vos spectacles, et notamment dans la présentation de Médée, pièce qui date tout de même de 1997 et qui sort maintenant en 2006, donc 9 ans plus tard en disque, mais que vous avez chanté ici à Calvi dans les Rencontres polyphoniques, vous avez cette phrase dans la présentation qui résume presque tout : « L’ailleurs n’est plus ailleurs », directement citée du texte de Sénèque que vous avez traduit du latin en langue corse. C’est largement autobiographique, Médée ?

Jean-Claude Acquaviva : Oui, je pense que c’est autobiographique, je crois que pour nous A Filetta, Médée correspond vraiment à un moment fondamental dans notre trajectoire. Nous avons toujours dit que c’était un moment extrêmement important : d’abord c’est le moment où sans doute par hasard, par nécessité aussi, on se met à penser les choses dans des formats qui ne sont pas les formats traditionnels ;
Et aussi, on revient à l’importance du texte, du verbe, de la parole, jusqu’ici notre tradition orale est faite de chants qui sont souvent très courts, de vers souvent octosyllabiques, de poèmes très courts, de strophes qui sont reprises, etc. Et là, lorsque le metteur en scène nous demande de produire une musique pour ce chœur, on est face à un texte dont la métrique n’est absolument pas régulière, on se trouve face à un texte qui est très long, à partir duquel on ne peut pas créer un e musique comme on l’aurait fait dans la tradition, en disant : « on met en musique les 4 premiers vers, et puis après on répète ».
Cette difficulté par rapport au texte nous amène à essayer de concevoir une musique qui nous dépasse nous-mêmes, qui dépasse notre propre tradition.
Et en même temps, Médée arrive effectivement à un moment où nous avons déjà pratiquement 10 ans de rencontres de chants polyphoniques, où nous sommes en plein échange avec les chants géorgiens, le Caucase, où nous sommes en plein développement par rapport au théâtre, à la musique de théâtre, en tout cas aux Passions qu’on joue à Calvi…
Donc Médée, c’est la musique qui arrive et qui fait qu’A Filetta devient A Filetta, je crois que c’est clair.
Jusque là, on n’aurait pas forcément pu nous distinguer des autres groupes polyphoniques, on chantait une tradition orale comme d’autres : Tavagna, nous, les Chjami Aghjalesi, Canta U Populu Corsu, tous les groupes de Corse travaillaient sur le même répertoire polyphonique, on avait à peu près tous les mêmes repères, les mêmes répertoires polyphoniques. Médée arrive à un moment qui est tel qu’on a un bagage qui est ce qu’il est, qui fait qu’on a une idée de notre musique qui a beaucoup évolué depuis 1987, et ça produit une musique qui ensuite va nous permettre justement, à mon avis, d’aller plus loin encore, d’aller sur des choses plus osées, plus contemporaines, plus modernes, notamment sur le plan des harmonies, avec le Requiem, les Chemins de Croix ici. Nous avons produit des choses qui du coup s‘éloignent encore plus de la tradition, sans doute,  mais qui proposent des pistes de prolongement.
Pour nous, Médée est un tournant. En fait, si vous voulez, avant Médée, il y avait un travail qui n’était qu’oral. Avec Médée, il y a quelque chose qui n’est pas écrit, puisque la partition proprement dite n’a jamais été fixée, n’est pas écrite, mais qui devient quand même plus fixé, plus écrit. On a travaillé sur des mélodies harmonisées. Elles étaient, comme dans la tradition orale, relativement libres : on savait qu’il y avait telle ligne mélodique, relativement libre et qu’autour de ça il y avait des blocs harmoniques ; on savait qu’à tel moment on était sur tel accord, on allait vers tel autre, etc. C’est fixé en quelque sorte, mais ce n’est pas écrit. Et après Médée, on a continué à faire des choses comme on faisait Médée, on a continué à faire des choses comme on faisait avant Médée, c’est-à-dire complètement orales, et on a fait aussi des choses complètement écrites.

Donc Médée est une charnière, une pierre angulaire.


Et pour la petite anecdote, on a fixé Médée par l’écrit. Maintenant, si vous l’entendez, vous ne reconnaissez absolument pas Médée. On n’a pas la capacité de le fixer tel qu’on le chante. Simplement, pour prendre des repères, pour s’assurer malgré tout qu’on est dans le respect de certaines modulations, de la tonalité, on a plus ou moins, de façon très simplifiée, on a écrit les grandes lignes de Médée avec les harmonies. Mais si vous le faites jouer par un outil informatique, oui, vous avez les harmonies qui vont revenir, mais vous ne reconnaissez pas, parce que ce qu’on fait sur scène, on le fixe difficilement.
Pour répondre à votre question, comment a-t-on travaillé ?
On a travaillé sur une série de mélodies. D’ailleurs, ce qui a été pour moi le plus passionnant dans ce travail, c’est d’avoir pour les quatre chœurs des climats qui, évidemment, sont fonction de la dramaturgie, de ce que dit le texte et de ce qu’il annonce.
Mais ce qui est intéressant, c’est que le premier chœur est probablement celui qui est resté le plus proche du chant traditionnel ; le deuxième, qui au niveau de l’idée même du texte de Sénèque, est celui qui est à mon avis le texte le plus moderne, c’est justement celui là qui dit « désormais l’ailleurs n’est plus ailleurs », c’est celui qui est le plus en rupture avec tous les autres ; pour le troisième, on revient à quelque chose qui est en partie traditionnel, mais qui par contre, dans certains développements, est beaucoup plus moderne que le second ; et le quatrième, c’est un chœur beaucoup plus ramassé, c’est le seul chœur rythmique, le seul qui est mesuré en quelque sorte, et c’est celui qui voulait donner le sentiment qu’on arrivait à quelque chose qui paradoxalement, alors que ça devient mesuré, est en train de s’affoler, de se déformer, c’est le moment de la fureur de Médée, et c’est là où les voix deviennent sans doute les plus folles.
Et ce qui a vraiment été passionnant, ça a été de travailler sur certains thèmes qui existent dans le premier chœur, qui passent dans le troisième, et qui passent dans le quatrième, des thèmes qui à chaque fois sont harmonisés de façon différente et qui justement se déforment, et arrivent à la fin avec ce qu’on a voulu être le chœur sans doute le plus fou, le plus déstructuré, même si, encore une fois, sur le plan de l’organisation rythmique c’est le seul qui est rythmé, qui est rythmique, qui est mesuré.

Alors, comment s’est passé le travail avec les autres ? Dès lors qu’il y avait ces choses là qui étaient établies, fixées, il y a eu tout un travail de mémorisation, de maillage, pour faire en sorte qu’on passe d’une harmonie à l’autre, chacun tenant compte de la façon dont les autres développent.
C’est pour ça que Médée a mis beaucoup de temps à mûrir. C’est pour ça que, quand on écoute nous les premiers enregistrements de Médée, aujourd’hui ils sont extrêmement différents parce qu’il y a plein de choses qui ont évolué et notamment il a fallu attendre d’avoir une respiration commune dans le texte, dans le verbe, et cela a pris beaucoup de temps.
Alors aujourd’hui les gens qui nous entendent chanter viennent nous voir en disant : « mais comment faites-vous, vous n’avez aucun repère rythmique, vous êtes ensemble sur le plan harmonique, avec des frottements, avec des choses qui modulent, comment faites-vous sans repères ? » Eh bien, c’est la mémoire,  c’est dix ans de pratique commune qui font qu’on arrive à mémoriser les choses de cette façon là.

On l’a dit, Médée c’est un peu une pierre angulaire dans l’existence d’A Filetta. Pour vous compositeur, bien sûr vous avez continué à composer, vous avez composé avant, vous avez composé après, mais tout de même, la barre est montée très haut, comment vivez-vous l’après Médée ? Parce que, encore une fois, l’ailleurs n’est plus ailleurs. Maintenant, où allez vous chercher l’ailleurs, parce que vous avez cette soif là ?

Vous savez, ce qui est délicat pour nous, c’est que Médée, comme vous le disiez, est une pierre angulaire, une sorte de passage. Et c’est vrai qu’on a été à l’aise dans le passage, et ce qui nous fait un peu peur pour l’après, d’ailleurs ça s’est vérifié, puisque on a beaucoup travaillé après, on a composé plein de choses, mais on a fait des choses qui sont devenues sans doute, pour l’instant, pour ce qui a été produit, des choses qui seraient plus proches d’une forme de musique classique contemporaine que véritablement de ce qu’on a produit avec Médée.
Bruno Coulais disait de Médée : « c’est un OVNI », c’est quelque chose d’assez inclassable, parce que ça module beaucoup plus que la musique traditionnelle, mais en même temps, c’est sur des fonctionnements de la musique traditionnelle. Ce sont des harmonies plus modernes, mais on y retrouve quand même les éléments essentiels de la musique traditionnelle. Médée est une musique qui est vraiment celle qui nous permet de sortir de la tradition, mais qui reste quand même enracinée, amarrée en quelque sorte à la tradition, même si on s’en éloigne, même si on y a intégré des choses nouvelles, il y a toujours un contact. 

Ce que l’on a fait par la suite, on a fait des choses qui, à mon sens, sortent beaucoup plus des sentiers de la tradition. Alors, ce n’est pas qu’on le regrette, car quand on compose, on n’a pas à se poser le problème de savoir où on va et si on est dans des routes jalonnées, mais en même temps, on peut très bien accéder à un type de musique dans lequel on peut ne pas être du tout reconnu.
Parce qu’on n’est pas des classiques, on n’est pas des chanteurs de musique contemporaine, on n’en a pas la formation, les qualités, par contre je pense qu’on peut dire des choses dans un langage qui s’éloigne de celui de la tradition, on peut faire valoir des choses au niveau notamment de la façon de vivre le chant ensemble, de continuer à le tisser ensemble, ça, ça me semble important.
Je crois que la différence fondamentale entre un groupe comme nous et un chœur classique quel qu’il soit , c’est que le chœur classique fonctionne par rapport à quelque chose d’écrit : il y a des pupitres, c’est réglé très souvent par quelqu’un d’extérieur, etc. Nous, on ne peut pas fonctionner comme ça, nous, on est obligés d’être les uns dans les autres, de s’abandonner les uns aux autres, ça, ça ne pourra pas changer.
Par contre, on sera amenés, et on a été amenés, à faire des choses plus mesurées, qui s’approchent plus d’une certaine forme de musique contemporaine. Alors, est ce que les gens vont comprendre ? Nous mêmes, on est toujours dans l’interrogation, évidemment, quand on fait quelque chose : quand on faisait Médée, on se disait : « est-ce qu’on ne s’éloigne pas trop ? Est ce qu’on a le droit de digresser ainsi ? Est-ce qu’il ne faut pas revenir à des choses plus simples, faire des choses plus accessibles ? » et puis finalement, on est sortis de Médée avec la satisfaction d’avoir fait quelque chose qui correspond à notre personnalité, à notre façon de voir la musique et son évolution en Corse et ailleurs.

Pour en revenir à votre question, c’est un peu notre interrogation. Après, il y a aussi le fait qu’on avance dans l’âge, on avance dans la musique, on avance dans le contact ; on a beaucoup travaillé avec Bruno Coulais, c’est évident qu’ensuite il y a des influences, la musique écrite beaucoup plus, est ce qu’on sera capables à l’avenir de continuer à produire une musique qui soit autant un OVNI que Médée ? Je n’ai pas la réponse.


Et enfin, une interview pour RFI Musique :

Les polyphonies colorées d’A Filetta

Nouvel album Bracanà


Paris 

15/07/2008 - 

Le nouvel album d’A Filetta, Bracanà parcourt les multiples facettes artistiques de ce combo de chanteurs fondé il y a tout juste 30 ans. Toujours partant pour rencontrer leurs frères chanteurs à travers le monde, A Filetta s’impose comme un des groupes les plus excitants de l’île de Beauté. Interview de Jean-Claude Acquiva, un homme qui a choisi sa voix.

I


RFI Musique : Ce nouvel album s’intitule Bracanà. Quel est le sens de ce mot corse ?
Jean-Claude Acquaviva : Il a deux significations : "bariolé" et "changer de couleur à l’approche de la maturité". "Bariolé" correspond bien à ce nouvel album, à ces 14 chants métissés. "Bracanà", on le dit du pelage d’un animal. Cet album est tout sauf uniforme. On y retrouve des chants liturgiques chrétiens, des chants géorgiens, des monodies traditionnelles, des créations dont une, Liberata, à la mémoire de Pierre Griffi, un héros de la Résistance en Corse. Ce morceau sert de générique à un téléfilm sur la Resistance sur l’île durant la Seconde Guerre mondiale. Treblinka parle d’espoir, du souffle de vie au cœur de l’horreur, 1901 de l’exil à travers les destins de frères géorgiens. L’Invitu est extrait de notre création autour du Médée de Sénèque. C’est un disque ouvert, en fait. Mais "bracanà" se dit aussi d’un fruit qui change de couleur en mûrissant. C’est aussi ça un peu le reflet de notre parcours sur ces 10 dernières années durant lesquelles nous avons beaucoup tourné et provoqué beaucoup de rencontres. Ce parcours atypique nous a conduits vers d’autres traditions polyphoniques tout autour de la Méditerranée, mais aussi plus largement dans le monde, en Asie, en Afrique. On ne sort pas indemne de tout ça. Forcément notre répertoire évolue. Chaque album est différent. Heureusement d’ailleurs, en 30 ans de carrière, ça serait vite ennuyeux pour nous, comme pour le public.


Que regard portez-vous sur ces 30 ans d’activité ?
Tout d’abord, j’ai vraiment la sensation que ces 30 années sont passées en quelques heures seulement… Il n’y a ni frustration, ni amertume. Aucune routine ne s’est installée. Nous n’avons jamais raisonné en termes de développement de carrière. Nous avons plutôt évolué au gré de rencontres, de nos rêves et de nos surprises. C’est probablement ce qui explique notre longévité. Pour nous, l’important est d’avancer, et d’avancer ensemble. Nous avons la même façon de voir la vie. On adhère à la même démarche. Ça passe par une grande rigueur dans le travail, rigueur qui ne nie pas pour autant la personnalité de chacun. C’est ce qui nous permet de nous renouveler, en invitant par exemple des plus jeunes à nous rejoindre.


Quelques souvenirs forts au fil de ces 30 ans ?
Beaucoup de tournées nous ont marqués par la qualité des échanges. Dans le Caucase par exemple ou dans la Géorgie de l’après-guerre civile. En Afrique, nous avons été impressionnés par ce que nous avons vu et par l’accueil du public, pas forcément celui des organisateurs. Les Rencontres Polyphoniques que nous co-organisons à Calvi, depuis 20 ans sont aussi des moments forts.


Quelques mauvais souvenirs, aussi ?
Pas tant que ça. Bien sûr quelques galères souvent liées à de mauvaises conditions scéniques ou lorsque nous avons inauguré un festival en Hollande et que nous avons joué devant un parterre vide, ou dans des villages qui semblaient désertés. Aujourd’hui, on en rigole. Les vrais coups durs sont liés à la disparition de proches.

Quelles perspectives pour le chant corse ?
Il y a 30 ans quand on a commencé, c’était assez exotique. Même en Corse. En fait, il a des vagues. L’intérêt pour notre travail et pour les musiques que nos défendons en général croît ou décroît en fonction de raisons qui nous sont parfois totalement étrangères. Le boum des Voix Bulgares a provoqué un temps un regain d’intérêt pour les traditions vocales. Forcément les difficultés que traverse l’industrie du disque ne sont pas sans conséquence sur notre développement. Il y a quelques années, nous étions plus souvent conviés sur des plateaux télés. Maintenant moins. Notre musique n’a pas fondamentalement changé. La télé, si.

Comment imaginez-vous votre avenir musical ?
On ne se projette pas … Impossible de dire ce qu'il en sera dans 5 ou 10 ans. Je sais juste que l’on continuera à faire entendre notre voix, parce qu’on a des choses à dire, parce que notre volonté est intacte, notre enthousiasme et nos rêves aussi. Nous continuerons à produire tant qu’il y aura de l’envie, du souffle et de l’entrain. Quant à la musique, elle continuera ! C’est comme la vie, on ne se pose pas la question de pourquoi on vit. On vit, point barre !


A plus court terme, quels sont vos projets ?

Des projets de rencontres évidemment. En septembre, lors des prochaines Rencontres Polyphoniques, nous allons travailler avec Danyel Waro. Nous donnerons un concert dans la foulée et nous nous retrouverons pour Africolor en décembre. C’est un extraordinaire personnage, un militant de l’humanité et de la "batarcité". Sinon, nous travaillons avec des musiciens de jazz tel le trompettiste Paolo Fresu ou le bandonéoniste Daniel di Bonaventura. Nous avons aussi collaboré avec le guitariste portugais Jorge Fernando et avec Yves Duteil sur son dernier album.


Des envies de collaborations autres ?
On aimerait bien travailler avec Gabriel Yacoub ou Gianmaria Testa. Ce qui nous intéresse dans ces rencontres et dans la musique de manière générale, ce n’est pas l’idée du but à atteindre mais plutôt celle de l’épanouissement au quotidien. Il est clair qu’avec l’arrivée de la world, nombreux sont ceux qui ont cru aux vertus du métissage. Mais le métissage pour qu’il soit réussi doit être l’aboutissement naturel d’une rencontre.


Vous avez travaillé pour le monde de l’image, le théâtre, l’opéra ou la danse… est-ce aussi une façon de contourner la crise du disque ?
Dans les faits, c’est peut-être ça… Mais nous, on n’a sollicité personne. Ce sont plutôt Bruno Coulais ou Sidi Larbi Cherkaoui (le chorégraphe : ndlr) qui sont venus à nous. Il n’y avait rien de calculé, pas de volonté de dire : "on va faire ça pour contourner la crise du disque…". Il est indéniable que ces collaborations nous ont ouvert de nouveaux publics.

Les mots de Jean-Claude Acquaviva


U lamentu di Ghjesù
Photo : Françoise COULOMB - 7 septembre 2005, Calvi
La tradition

Dès lors que l'on a des racines, on n'a pas besoin de prouver qu'on y est fidèle.Toutes les traditions n'ont de sens que dans la mesure où elles évoluent. Elles évoluent naturellement depuis toujours, ne serait-ce que par la communication, par les civilisations qui se succèdent, se croisent où s'entrechoquent et quelque fois se déchirent. De là naît une culture. Si l'on doit faire une analyse du chant polyphonique traditionnel on ferait le constat qu'il est endémique, c'est un chant qui manifestement a des origines ailleurs où il a été influencé. Il faut replacer ce chant dans une perspective d'ouverture sur le monde, il ne faut pas faire du suivisme et se mettre dans les pas d'une musique dominante. Si notre musique est ouverte, tant mieux ! Elle doit le demeurer pour continuer à être le reflet d'une communauté qui vit, avance et évolue.

Quand on est issu de la tradition orale, avoir des racines, c'est en même temps extraordinaire et terriblement handicapant, parce que dès que l'on sort du chemin, de la tradition, on se pose sans cesse la question : "ai-je le droit de sortir du chemin ?" Nous avons pris ce droit il y a plus de 20 ans, et ce qui nous rassure et nous comble, c'est que le public nous accepte tels que nous sommes et qu'il comprend bien notre démarche.

La tradition n'a de sens que si elle continue d'être le reflet d'une communauté qui avance.

 La langue

Se focaliser sur la défense de la langue, c'est se tromper de combat. La langue, si elle n'est pas celle du pain, du jour, du repas, du coucher, ce n'est pas la peine de se battre pour elle. Ce qui est important, c'est d'essayer de vivre par la langue et non pas de faire vivre la langue. Dans ce sens-là, on se considère toujours comme des gens militants. Pas des militants qui se posent en défenseurs d'un sanctuaire. Un sanctuaire, ça sent déjà la mort. Notre musique, c'est tout sauf quelque chose de proche de la mort.

A Filetta


En octobre 1978, naissait le groupe A Filetta. A l'époque nous ne savions pas et d'ailleurs, nous ne savons toujours pas, s'il s'agissait du rêve d'une esquisse ou de l'esquisse d'un rêve. L'esquisse d'une demeure à jamais ouverte où pourraient venir trouver refuge, les âmes entremêlées, qui dans leur quête d'éternité, tissent et retissent les fils de ce vieux partage qu'est le chant.Le rêve d'un navire sans pavillon, parti de nulle part sillonner l'ailleurs où des phares immémoriaux pourraient peut-être un jour lui dire : " c'est là, parmi vous, dans l'éphémère partagé que sont les étendues éternellement heureuses. "

Vingt ans aux côtés de tous ceux qui ont la conviction que la vie est de ces batailles à mener dont il ne faille sortir ni vainqueur ni vaincu, mais grandi.

Et, s'il fallait, au terme de ces quelques années que subsiste une empreinte et une seule, nous souhaiterions vraiment que ce soit celle de voyageurs dont la seule préoccupation serait de ne rien vouloir altérer.Il faut être ce que nous sommes et l'être pleinement et ne pas chercher ni à plaire, ni à complaire; il ne faut pas tricher avec cela.

Nous sommes un vieux groupe de jeunes chanteurs.

"A Filetta a constitué un cocon où l'on s'épanouit quelquefois à l'abri des vicissitudes d'un quotidien agité par les soubresauts de nos sociétés du tout-marchand où seule compte la capacité à être plus fort que l'autre pour mieux l'écraser. Enfin, A Filetta a également été une vraie école du partage, du travail et de l'exigence envers soi-même." (source : A Pian' d'Avretu")

Chanter

Chanter c'est, aussi et peut-être surtout, dire tendrement des choses puissantes et puissamment des choses tendres.Notre chant est de pierre et d'eau. Dans ses plis et replis, dans ses arcanes, il épouse les contours de l'âme de ce rocher tumultueux qui nous a engendrés.
Notre chant est un chant qui consacre la mémoire, il est aussi un chant qui prône l’ouverture, l’accès à l’autre. Surtout, il traduit le besoin profond de n’être que ce que nous sommes, mais à l’être pleinement, sans complexes, en authenticité et généreusement. Pas en essayant d’en faire un sanctuaire. Le sanctuaire, cela sent déjà la mort.

La polyphonie

La pratique de la polyphonie est absolument liée à l'établissement d'un lien social. C'est peut-être ce qui explique sa force et le fait qu'elle ait trouvé une nouvelle raison d'exister. Pratiquer cette musique, tenter de lui donner un prolongement, c'est pour nous caresser l'espoir de rapporter les clameurs nées du campement de quelques nomades dans ce désert qu'est le temps.Au-delà de l’aspect technique, la polyphonie est une musique de partage, qui ne se conçoit que dans la complicité. Il faut bien se connaître, beaucoup d’échanges sur le plan humain pour que cela fonctionne. Pour qu’il y ait une cohésion entre plusieurs voix, il faut qu’il y ait du sens à travers ce qui est chanté. C’est une musique qui contribue à créer des rêves collectifs.

La Corse


Je considère que le problème corse est spécifique, comme le problème de n’importe quelle micro-région l’est. Parce qu’il y a des raisons, une histoire, une géographie, propre. Mais, j’ai toujours pensé qu’il n’est qu’une toute petite partie d’un grand problème universel qui tient à la répartition des richesses, à la justice, à l’équité, au respect. Du plus petit de la chaîne au plus haut, respectons la vie dans ce qu’elle a de sacré, donnons à chacun les moyens de vivre dignement. Il faudra bien trouver un jour ou l’autre les solutions du développement.

La vraie Corse est pour moi la Corse avec toutes ses composantes. Les meurtres, les attentats, les rivalités font aussi partie de la Corse et il ne faut pas évacuer cela. Mais, tout à côté il y a des gens qui progressent, qui produisent, qui travaillent, qui essaient que cette terre aille de l’avant. De cela on ne parle pas, ou très peu.

Le problème corse n’est pas un problème local, il est mondial. Comme beaucoup d’autres territoires dans le monde, face à la mondialisation, la Corse doit garder sa spécificité et sa culture. Le vrai enjeu est là.

Un Continental qui change de département n’a pas le sentiment de partir de chez lui. Un Corse qui part de Corse s’arrache. Cela a eu une influence très forte sur cette volonté de maintenir, de cultiver.

Sur une île on peut avoir l’impression que tout s’arrête : même la terre ferme !

La violence


La France a eu en Corse une politique violente, elle a essayé d’éradiquer tout ce qui faisait la spécificité des Corses au niveau de la langue, de la littérature. La France, par des lois douanières assassines, a essayé de mettre complètement par terre l’économie corse. Cela fait aussi partie de l’histoire de France. Aujourd’hui, cela se traduit par une violence qui a été en partie légitime et une violence qui, en grande partie, a dérivé pour des tas de raisons, pour des choix qui ont été faits ou pas. Parce que la clandestinité a pris le pas sur le reste et l’on sait qu’une violence clandestine est incontrôlable. Sous couvert d’une violence clandestine, des bandes armées se constituent, elles se partagent des secteurs. On est donc arrivé à des dérives avec, malheureusement, des gens sincères qui se sont faits flinguer sur le terrain et des gens douteux qui ont fait leurs affaires. Aujourd’hui, on en est là.

J'ai toujours considéré que la violence clandestine était une erreur originelle. Non seulement elle permet toutes les dérives, mais elle entame notre capacité citoyenne à prendre en charge nos responsabilités et donc notre devenir. Enfin, elle porte en elle les germes de l'arbitraire.

L'engagement

Le chant a été pendant longtemps, dès la fin des années 60 et depuis le phénomène revendicatif très fort, une parole militante. Il a été le moyen de faire passer des idées. Le mouvement autonomiste s’est beaucoup appuyé sur les chanteurs. Aujourd’hui, nous sommes capables de dire avec notre langage et notre musique ce que les peuples de la terre disent avec leur langue et leur musique. Je ne pense pas que si on en était resté à quatre paroles chantées de façon militaire, on aurait fait progresser notre terre comme elle a progressé. Car, quoi qu’on en dise, durant les trente dernières années, on a fait un sacré bond en avant, même si nous qui vivons la Corse au quotidien, nous avons toujours le sentiment que les choses n’avancent pas. Les premières années ont été militantes jusqu’aux années 80, puis tout cela est devenu plus universel. On a donné à l’universel nos couleurs spécifiques. Le terme militant renvoie à une idée de combat pour... Je préfère l'appeler associatif, bénévole, naturel.Toute harmonie est inaccessible dès lors que l'on ignore l'Autre dans sa spécificité, dans son tempérament, dans son essence, mais aussi dans ses failles, ses insuffisances, ses souffrances.

Le monde


Nous considérons que nous vivons dans un monde qui ne peut qu’aller dans le mur. Quand 10 % des gens de la planète se répartissent 98 % des richesses, cela ne peut pas tenir. C’est non seulement injuste, mais invivable.

Le racisme

Il me semble aussi dangereux de montrer la Corse du doigt (comme étant raciste) que d'affirmer la main sur le coeur que les Corses ne sont absolument pas racistes.

L'identité

L’identité ne se décrète pas, elle ne se projette pas, elle se dévide dans le souffle des hommes, et la sauvegarde de l’identité passe par l’identité plus que par la sauvegarde.

En conclusion...


"Produire du sens, tisser du lien, restaurer le respect, accepter de se construire aussi dans l’altérité".

viaghj

Vu sur le site CafeBabelcom, le site européen
http://cafebabel.com/fr/
Un grand merci à Carole de me l'avoir signalé.

I 30-anni di A Filetta

Jean-Claude Casanova: Si celebranno presto (anche se non ci sarà una commemorazione ufficiale) i 30 anni di A Filetta. La mia domanda si rivolta un po' a Jean, dal momento che tu sei uno dei creatori del gruppo. In primo luogo, qual è la tua valutazione di questi 30 anni ? Ci sono cose che ti dispiace d’aver fatto, o cose che ti dispiace di non aver fatto durante questi 30 anni?

Jean (photo : Anne Marie Casanova)

Jean Sicurani: La domanda si rivolge a tutti. No, non abbiamo rimpianti. Abbiamo sempre assumato quel che abbiamo fatto, e non solo assumato, ma abbiamo preso un sacco di divertimento nel farlo. Siamo sempre stati in perfetta armonia nei vari progetti. Anche se inizialmente non eravamo tutti convinti della fondatezza dei singoli progetti, alla fine ci trovemo tutti cresciuti.

E 'stata un bel percorso, e spero che si protrae per alcuni anni, anche se gli anni stanno cominciando a dare! I progetti che non abbiamo fatto? Abbiamo fatto un sacco di cose, ma sicuramente abbiamo molte cose da fare, vedremo, è il tempo che ci consentirà di andare avanti.

Jean (Foto: Anne-Marie Casanova)

JC: Avevo previsto di iniziare con una rassegna, poi domande sul vostro nuovo CD e Bracanà e su A Filetta oggi, quindi i progetti e le prossime Incontri, ma ne abbiamo già parlato con Valerie.

1901

Laurent Lohez: Quindi passamo a Bracanà. Una domanda su 1901. Suppongo che Tao è morto subito. Su che cosa è basata la canzone, storie?

Jean: si tratta di qualcuno che ho conosciuto, ha vissuto a Calvi. La storia della canzone è legata all’incontro con i cantanti georgiani, ma sopratutto con l'amore e la passione che condividiamo con Jean Temir, un figlio del Tao chi era georgiano. La canzone è stata composta in memoria di Tao e del padre di Cathy Antonini, chi è la mia zia dal matrimonio. Suo padre era un georgiano dal Caucaso. Tao è venuto ed ha vissuto in Corsica. Il padre di Cathy era in esilio in Francia, non in Corsica, ma ha fondato una famiglia in Corsica, s’e sposata con uno dei miei zii, ha avuto figli, ed ha sempre vissuto qui.

Quindi, è questo amore per questo paese che abbiamo scoperto attraverso i cantanti georgiani, e anche fisicamente, dato che siamo andati a cantarci a più riprese. E personalmente, è uno dei migliori ricordi di incontri con un gruppo umano, i cantanti e la loro terra. L’accoglienza che abbiamo ottenuto, è stato davvero qualcosa che non si può nemmeno descrivere, così era forte. Essi ci hanno dato tutto il loro cuore, e non è misurabile, è stato davvero molto potente.
Si tratta quindi di un omaggio a questa terra, a queste due persone che non abbiamo necessariamente conosciute, ma che hanno dato bambini alla terra corsa ; è la fusione di questi due terre attraverso questa canzone e l'amore prima per l'umano.

Bracanà

JC: vorrei tornare alla genesi di Bracanà. Nelle varie conversazioni con voi, sembra che avete cambiato un po’ idee in camino. Erano incluse canzoni di Bruno Coulais a l’inizio?

José Filippi: Abbiamo già registrato il disco nello scorso anno, e non eravamo contenti con il suono. Avevamo optato per una registrazione individuale, cioè voce a voce, e al mix, si è reso conto che questa non era la scelta giusta : mancava di coesione, di vita. Abbiamo deciso di ri-registrare e rimuovere le canzoni di Bruno Coulais.


José (foto : Anne Marie Casanova)

JC : Je ne dirais pas en qualité, au contraire, une partie du public apprécie même presque davantage, c’est là que les applaudissements sont les plus forts. Cette partie du concert donne peut être une dynamique supplémentaire, mais ça crée une rupture de ton. Je préfère un concert plus homogène. Mais effectivement, comme le dit Jean-Paul, souvent le public démarrait après Le lac.

Paolo Giansily: Per concentrarsi più tardi alla registrazione delle musiche di Bruno. Ciò sembrava molto più coerente che di integrare due brani che vengono un po 'come un capello sulla minestra.

JC: E 'lo stesso in concerto: ci pianciano molto queste canzoni, ma dopo il canto della Passione, vi è sempre un momento, una sorta di liberazione ...

Paolo: sia in qualità che in tensione.

JC: Non direi in qualità, anzi, perchè una parte del pubblico apprezza quasi più, è dove gli applausi sono i più forti. Questa parte del concerto può dare una dinamica in più, ma è vero che crea una rottura nel tono. Io preferisco un concerto più omogeneo. Ma in realtà, come lo dice Paul, il pubblico spesso iniziata dopo il lago.



José: Anche noi lo rissentiamo ??. Siamo concentrati dall'inizio alla fine, ma quando si tratta di canzoni di Bruno, non è una liberazione, ma come una ricreazione.

JC: Infine, per quanto riguarda Bracanà ci sono solo due nuove creazioni, 1901 e Treblinka, e, purtroppo, anche se conoscevamo i canti della Via Crucis, si sente una grande innovazione nel disco. Non so la spiegazione. Può essere un ulteriore passo avanti?

Paul: Solo perché questo materiale non era stata fissato.

JC: Sì, ma l’avevo già sentito più volte, e credo che abbiate fatto un passo nel vostro percorso.

José: Come lo dice Paul, sarà perché le canzoni non erano stati fissati. In termini di scrittura, non sono più difficili di quelli precedenti. Abbiamo trovato alcuna differenza.
Jean: Sono un po 'd'accordo con quello che dici tu Anche se le canzoni non sono state fissate su un disco, dal momento in cui hai sentito per la prima volta, hanno evoluto, e anche noi. E in poco tempo.
José: E 'lo stesso per i cori della Medea. Nel 1997 erano molto diversi da ora.

L'Invitu

JC: Esattamente, perché avete ri-registrato un estratto da L’Invitu ?

Paul: Non eravamo del tutto convinti dalla registrazione di Medea. Noi non siamo molto soddisfatti. Il suono, anche la nostra interpretazione, « molto pizzicata », non funzionano affatto. Riteniamo anche di ri-registrarla.
jean: Personalmente, ritengo che è l’opera maggiore. Non mi disagi che si trova frammenti in diversi album, come in Intantu.
Paul: E 'il nostro cammino degli ultimi dieci anni, e aveva tutto il suo posto nel disco.

JC: Non era una critica, al contrario! Infatti, all'ultimo concerto all’Europeen, ho scoperto che non deve essere estratto con un diede più forza.

Paul: Mi domanda tanto coinvolgimento, l'energia ...

Lode in una simpatica Zitelle

Lorenzo: Una domanda sulla monodia scritta da un poeta a sua madre. Quali sono i suoi sentimenti quando la canta?
 
Laurent, Jean, Paul et José

 
Treblinka

JC : Treblinka a été composé en très peu de temps, d’après les conversations que j’ai pu avoir avec vous.
José : Ca a été composé ici au Carubbu, très rapidement.
JC : La mélodie, je veux bien. Mais tout ce que vous avez fait autour, l’apport de chacun ?
José : Les paroles sont de Jean-Yves Acquaviva. Un jour Jean-Claude arrive et dit : j’ai peut être un thème pour ce chant. Il s’est mis au piano, a commencé à jouer le thème. On s’est mis tous autour du piano, chacun a apporté, on avait pensé à des bourdons…

Paolo: Non è una canzone scritta per sua madre, è una canzone che Pampasgiolu ha ripresa e cantata per sua madre. Per Jean-Luc è personale, non posso rispondere per lui. Suppongo che se la voleva registrare, è che è stato importante per lui.
José: Jean-Luc è qualcuno che ha vissuto in questo ambiente, con i poeti, il suo padre era cantante ...

JC: Ci sono ancora molto monodie in riserva ?

Paolo: Sì. Sua madre registrava molto i cantanti. Abbiamo versioni originali cantate da Pampasgiolu. Essi strofinata al momento.

Treblinka

JC: Treblinka era composta in un arco di tempo molto breve, dopo le conversazioni che ho avuto con voi.

Jose: E 'stato composto al Carubbu, molto rapidamente.

JC: Per la melodia, lo credo. Ma tutto quello che avate fatto attorno, il contributo di ciascuno?

José: Le parole sono di Jean-Yves Acquaviva. Un giorno, Jean-Claude viene e dice: io posso essere un tema di questo brano. Ha iniziato al pianoforte e cominciò a suonare il tema. Siamo andati in giro per il pianoforte, ciascuno ha fatto, si è pensato di bordoni...

JC: Esattamente, il bordone! E 'molto innovativo, unico in ciò che fate, giusto?

Giovanni: E’ a bocca chiusa.

JC: Sì, a bocca chiusa, ma è molto particolare.

José: Non è stata ricerca specifici. E 'venuto ...

JC: Chi lo canta, comunque?

Jose: C'è Max chi fa la voce la più bassa, jean, ceccè ed io faccimo il bordone. Ceccè alterna tra il drone e un altra voce.
Paul: C’è anche il bordone alto.

JC: Sì, il bordone alto! Verso la fine, con Jean-Luc ...

José: C’è Jean-Luc chi canta dissonanze sul penultimo coppie.
Jean: Ad un certo punto, si cambia tutto. Tu non cambierà, si?
José: Eu, ùn cambiu micca (Io, non cambio) Ho appena da cambiare verso il fine con una voce più alta, all’ottava del bordone. Ma è vero che è stato creato nel giro di 2-3 giorni. Cercavamo un brano di più.

JC: E dopo, avete lavorato a lungo?

José: No, è stato fissato in tempi molto brevi. Tecnicamente, non è così difficile. Non è difficile da attuare, almeno.

JC: Ci sono canzoni in cui ci sono 7 voci diverse, come il Benedictus.

José: Hai il Benedictus, il Dies irae, in cui ci sono 7 veramente distinti voci. Dopo, la canzone varia secondo gli concerti come gli altri brani, ma non è difficile. Siamo più o meno falsi o giusti ...
Laurent: Avete lo cercato di grope a Utrecht sul pianoforte che era nella stanza. Suzan ha registrato sul suo cellulare!

 La religione
Laurent: A proposito di Beati, è tratto direttamente dalla Bibbia?
Paul: Sì, le Beatitudini. Non è intero, ma si basa sulle Beatitudini.
Laurent: La vostra fonte di ispirazione, è essenzialmente la Bibbia per la Via Crucis? Esistono altre fonti di ispirazione?
Paul: Ci sono U Sipolcru, che è stato ripreso e U cantu di l'acqua, che sono le composizioni di Jean-Claude. Tutti gli altri creazioni sono basati su testi liturgici.
Jean: Siete credenti, seguaci? Perché qui si ha il gruppo di miscredenti!
Paul: Seguiamo la filosofia, cerchiamo di seguirla, ma tutto ciò che dice ...
José: La religione cattolica è parte della nostra cultura. Essa va oltre la religione, ma ha i fondi, l'istruzione, anche inconsciamente. Abbiamo vissuto lì.
Paul: Ci sono persone che, alla fine del concerto, ci domandiamo: "A quale congregazione appartenete ? Siate probabilmente molto religiosi." In realtà, la filosofia, ci aderiamo, ma sarebbe stato lo stesso con un'altra religione : il respetto di l’Altro…

Jean, Paul et José

Il lavoro del gruppo
JC: Avete cambiato il vostro modo di lavorare, compresi gli arrangiamenti di canzoni? In un recente concerto, avete cantato U Lamentu di Ghjesù e nuove composizioni. Ora trovo che c'è un abisso tra il tradizionale e quello che fate ora. E 'diverso nel modo in ci si avvicina a loro?

José: ti dico: che si tratti di una canzone che cantiamo da 20 o 30 anni, per me non c'è differenza. Ogni nota è una battaglia permanente. Anche su una canzone che abbiamo usato a cantare, se si rilascia un po ', spetta al lato ....

JC: Io non parlo a livello sia l'espressione, piuttosto a livello tecnico, del lavoro di ogni voce ...

José: No, ed è stato lo stesso ad ogni volta : che sia su una nuova creazione o su una canzone che viene cantata da 30 anni, se si lascia andare un po ', se dici: "lo conosciamo", si puo’ sbagliare, anche quando non vi è alcuna necessità tecnica. Ogni volta che è stato cosi’. Uno dei nostri primi concerti di quest'anno a Calvi è stato disastroso. Perché abbiamo detto, « queste canzoni, iniziano ad essere eseguito ??, e poi no. Abbiamo cantato Sumiglia; è stato completamente stroppiato, perchè bisogna sempre tornare al canto. Ecco perché le canzoni evolverono. I Canti di Medea, il Dies irae, Benedictus, Treblinka saranno cantati in modo diverso in 2-3 anni.
Paolo: E l'arrivo di un nuovo cantante ha cambiato la nostra tecnica.
José: Avevamo l'abitudine di fare bordoni a tre, Jean, Max ed io. Quando è arrivato Ceccè, la voce in più ci ha destabilizzati. Non riuscivamo più a trovare il nostro equilibrio. Bisognava che questa voce si integra, che prendiamo l'abitudine di cantare a quattro. Si cambia completamente, è destabilizzante. Per un po 'di tempo, è una voce che viene in più e dobbiamo abituarci ad essa.

JC: Inoltre, vi conosciavamo meno a questo momento, ma quando Jean-Luc è venuto, penso che ha dovuto cambiare il posto di Paul nel gruppo?

José: Francamente, non credo tanto.
Jean Paul è rimasto praticamente l'unica voce alta. Cantava poco in seconda, soprattutto in terza, e ci è rimasto. E’ la voce di Paul la voce la più alta, e di volta in volta Jean-Claude, non Jean-Luc. Jean-Luc canta più in seconda.
José: Paul, l'arrivo di Jean Luc t’hà sconvolto?

JC: No, non ho detto sconvolto, ma cambiato il tuo modo di piazzarti?

Paolo: Sì, l'arrivo di Jean-Luc ha profondamente cambiato il mio modo di cantare.

JC: Ah!

José: Abbiamo riposto l'opposto!
John: Non il suo posto, il suo modo di cantare.
JC: Va detto che, all’epoca, si sapeva molto di meno, e le registrazioni sono state meno cercate, inoltre, è stato più difficile individuare le voci ....
José: E 'in relazione alla scrittura. Quando si dispone di sette voci senza voce leader, come in Dies irae o Benedictus, naturalmente, a un certo punto, si sente tutte le voci.
J Paul: E anche, per forza di ascoltare con più attenzione a ciascuna voce.
Paul: E noi non cantavamo tutti allo stesso tempo, raddoppiavamo i bassi.
José: I voci si mescolavano, è molto in forma scritta
AM: In che cosa hai cambiato il tuo modo?
Paul: La mia voce s’è stata perfezionata. Se prendo le registrazioni fin’a Passione, è un modo diverso di mettere la mia voce.
Jose: Questo non è legato all'arrivo di Jean-Luc.
Giovanni: Questo è legato al lavoro.
Paolo: E anche il suo modo di cantare m’ha influenzato.
Jean: Jean-Luc ha una bella voce, ma ha preso un po 'di tempo prima di trovare il suo posto, più di Ceccè.
José: E 'lui che ha la più bella voce del gruppo, ma ha avuto problemi a trovare il suo posto.
Giovanni: Eravamo i cinque che eramo li’ tutto il tempo e, quando Jean-Luc cantava, si senteva Jean Luc e gli altri. Era palese. Ha davvero molto tempo per realizzare la coesione.
José: È maturo, ci vuole tempo.
Giovanni: E 'che ci hanno fatto un sacco!
José: Particolarmente Paul. Paul ha una bella voce e dico sempre che se avessi una voce come la sua, vorrei fare una carriera da solista.

 José : Ça se produit parfois, on ne dit rien, mais on sent que ça ne va pas, il faut en parler, on s’engueule, on remet tout à plat et ça repart. Il faut en passer par là.
JC: Tutti voi. Inoltre, si intende a ciascuno di voi in Si Di Me.
Jose: Ci sono voci più o meno belle, per potere cantare da solo. Jean-Luc e Paul hanno una bella voce, gli altri ...
JC: Ma sì! Perché i nostri amici hanno scelto di chiamarsi "Tra noi", secondo te?
José: Si sottolinea l'atto di cantare insieme, di trovare un equilibrio tra di noi. Vi è mai assunto qualcuno perché aveva una bella voce. Questo non è mai stato un criterio di assunzione.
JC: E’ accaduto il contrario, giusto? Alcuni si sono spinti anche se avevano una bella voce!
José: esatto.
Paull: Anche se siamo in ottime condizioni, ma non hanno riuscito a fondersi nel gruppo, a trovare il loro posto. Essi si sentivano.
José: E 'dura la vita di coppia, e la vita di gruppo con gli altri 6, è moltiplicato per 7! Ognuno ha il proprio modo di vedere le cose, la sua personalità, si gioca con poco ...
Laurent: Come succede quando si prova in disaccordo?
José: Succede a volte, non dice nulla, ma riteniamo che non funziona, è importante parlarne s'engueule mette tutto piatto e defunti. Si deve passare attraverso essa.

José, Suzan et Jean-Claude

Cuntrastu

Laurent: Su Cuntrastu, perché avete  scelto solo la voce di Jean-Luc e non Jean-Luc con un'altra voce per rafforzare l'interazione tra l'uomo e la donna?
jeani: ne abbiamo parlato tra noi della possibilità di farlo, o con Paul o con Jean-Claude, e abbiamo abbandonato l'idea. Non avevamo molto tempo, ed è sembrato più opportuno lasciare la voce di Jean Luc come un primo passo, ma ci abbiamo pensato.
José: E, Jean Luc realmente immersi in là, è stato il migliore.
Giovanni: La prossima volta ... E 'vero che la canzone si presta bene, non sarebbe scontento, sarebbe stato interessante. Questo sarà un altro CD. Inizialmente ci dovrebbe essere solo una monodia, e quindi abbiamo deciso di mettere due, ci sono state prese dal tempo. Ma è qualcosa da ricordare.
Tradizione e la creazione

JC: Avete considerato un giorno per un concerto, di cantare solo creazioni e di non cantare un solo canto tradizionale, o tenete a mantenere il legame con la tradizione?
José: Non ne siamo lontani. Se rimuovi la paghjella e la monodia, ci siamo!
jean: Non ci pensamo veramente, ma non ci sono tabù.
Paul: Non volevamo farlo, non vogliamo togliere i canti tradizionali, perché sono necessari. Essi hanno il loro interesse, è un po 'come una introduzione, per mostrare da dove siamo e dove si desidera andare.
jean: E alcuni dei nostri brani che risalgono sono quasi tradizionali. Inoltre, alcuni brani considerati tradizionali, come la messa di Sermanu, non sono così vecchi. Il Tantum Ergo è stato composto nel 1957. Oggi fa parte della tradizione. La linea dura si domanda come tale. E questa è la tradizione, qualcosa che continua, che sta cambiando.

Lawrence: Ultima domanda sul Bracanà: Treblinka. Quando è nato il testo di Jean-Yves?

Paolo: non credo che sia molto vecchio.

Les projets

JC :  Il faudrait revenir sur chaque chant, mais venons-en à vos projets.
Jean, Paul et José : Valérie !
Valérie : Vous ne les connaissez pas, vos projets ?
Jean : Demain, on chante avec Daniele di Bonaventura, deux ou trois chants qu’on a déjà faits avec lui pour Culomba.
JC : Quelque chose de prévu avec Paolo Fresu ?
José : Un projet différent de ce qu’on a déjà fait, une création commune avec lui et Daniele, au printemps prochain.
JC : Personnellement je trouve qu’il y a des choses qui fonctionnent très bien, d’autres un peu moins.
Jean : Par exemple ?
JC : Liberata, j’en ai un très grand souvenir, Himalaya, Le Lac, aussi. Rex, par contre, le mélange est plus difficile. Les avis étaient partagés dans le public. Il y a aussi le fait qu’on est tellement habitués à entendre vos chants a cappella que les entendre avec instruments c’est presque un sacrilège…
Danyèl Waro ?
Paul : Ce sera une rencontre, pas une création. Jean-Claude a travaillé sur les arrangements de 5 chants, lui deux ou trois chants.
JC : On devrait le voir aux Rencontres puis à Montreuil ?
Paul : Oui. On souhaite aussi enregistrer rapidement le Requiem pour le sortir l’an prochain.

i Progetti

JC: Bisognerebbe fermarsi ad ogni canzone, ma cerchiamo di ottenere i vostri progetti.
jean, Paolo e Jose: Valérie!
Valerie: Non conoscete i vostri piani?
Giovanni: Domani, cantiamo con Daniele di Bonaventura, due o tre canzoni che abbiamo già fatto con lui per Culomba.
JC: Qualcosa con Paolo Fresu è previsto?
José: un progetto diverso da quello che era già una realizzazione in comune con lui e Daniele, la prossima primavera.
JC: Personalmente penso che ci sono cose che funzionano molto bene, altri meno.
Giovanni: Per esempio?
JC: Liberata, ho un grande ricordo, Himalaya, Le Lac, troppo. Rex, per contro, la miscela è più difficile. I pareri sono divisi fra il pubblico. E 'anche il fatto che siamo così abituati a sentire le vostre canzoni a cappella che udirle con strumenti è quasi un sacrilegio ...
Danyel Waro?
Paolo: Sarà un incontro, non una creazione. Jean-Claude ha lavorato sulle modalità di 5 canzoni, un paio o tre canzoni.
JC: Si dovrebbe quindi vedere la riunione di Montreuil?
Paolo: Sì. Si vuole anche salvare il Requiem per il rilascio del prossimo anno.
JC : Actuellement, vous travaillez sur de nouvelles créations ?

Paul : Non. Il y a un projet embryonnaire sur La Grammaire de l'imagination, encore rien de précis. Ce sera peut-être une grosse surprise.
Jean : Pour le moment, on a un certain nombre de choses à fixer, à stabiliser, donc pour le moment pas de nouvelles créations. Mais il y a aura le travail avec Paolo Fresu, qui va demander un gros travail de création à Jean-Claude. C’est prévu pour le printemps prochain, donc il faut y songer maintenant.

JC : Et le travail sur les textes de Ghjuvan-Teramu Rocchi ?

Paul : Oui, c’était une éventualité, mais il n’y a rien de concret pour l’instant.
Il y a tellement de choses... Déjà, il faut amener à terme nos projets et faire vivre ce répertoire. C’est comme le Requiem : c’est difficile de faire vivre ce répertoire, de lui donner un prolongement, de le faire tourner, c’est hyper compliqué. Avec Danyel Waro, on fera peut être deux concerts avec lui et ça va s’arrêter là. Ou alors il aura envie de continuer, il y aura un prolongement.
Jean : Mais ça va nécessiter moins de travail. C’est plus léger.

Un "live" ?

JC : Ce qu’on aimerait bien, c’est un live, un CD ou un DVD. De ce point de vue, le dernier CD est très bien enregistré, c’est presque un live. Mais souvent le disque, c’est plus froid que ne peut l’être un concert. Vous y pensez ?

JC: In questo momento si sta lavorando su nuove creazioni?

Paolo: Not. Vi è un progetto embrionale sulla grammatica della fantasia, ma niente di specifico. Questa può essere una grande sorpresa.
Giovanni: Finora, abbiamo un certo numero di cose da correggere, stabilizzare, quindi per ora non nuove creazioni. Ma ci sarà lavorare con Paolo Fresu, che richiederà un grande lavoro di creazione di Jean-Claude. E 'prevista per la prossima primavera, quindi deve essere considerato ora.

JC: E il lavoro sui testi di Ghjuvan-Teramu Rocchi?

Paolo: Sì, è una possibilità, ma non c'è ancora niente di concreto.
Ci sono così tante cose ... Già, è necessario portare avanti i nostri progetti e vivere questa directory. E 'come Requiem: è difficile vivere questa directory, dare una proroga del termine è super complicato. Con Danyel Waro, ci saranno due concerti con lui e si ferma qui. Oppure si vuole continuare, ci sarà una proroga.
Giovanni: Ma che richiedono meno lavoro. E 'più leggero.

Un "live"?

JC: Cosa vorremmo è un live CD o DVD. Da questo punto di vista, l'ultimo CD è molto ben registrato, è quasi vivi. Ma spesso il disco è più fredda non può essere un concerto. Voi pensate?

Paul : C’est très compliqué, ça demande de gros moyens, un ingénieur du son. L’acoustique est différente selon qu’on est dans une salle ou une église, etc.
Jean : On a souvent évoqué ça sur un spectacle comme Médée.
Paul :  Déjà, on est rarement satisfait de nos enregistrements ; alors, un live…
Jean : C’est figé. L’erreur, si elle y est, elle reste !

Laurent :  Vous préférez chanter pour un public ou pour fixer les choses sur un CD ?

Paul :  Les deux sont importants. Mais laisser une trace, ce n’est pas primordial, le plus important c’est d’aller à la rencontre du public. C’est ça l’essentiel. Les musiciens classiques n’ont jamais enregistré…
On est souvent plus satisfaits des souvenirs de rencontres que des disques.
Jean : Les CD, on les oublie vite. On les réécoute rarement.

JC : Les premiers, vous les réécoutez ?

Paul : Non !
Jean : Il y en a un, Una tarra ci hè, que je réécoute avec plaisir.

JC : Nous aussi, c’est un de nos préférés parmi les anciens.

Paul : On est toujours critiques, on n’arrive pas à écouter comme si c’était un disque de quelqu’un d’autre.

JC : Justement, qu’est-ce que vous écoutez d’autre comme musique ?

Paul : De tout. Tous les styles : variété, classique, rock, hard rock. Aussi bien la variété d’il y a 20-30 ans que ce qui se fait maintenant, la musique classique, les musiques du monde….

Paolo: E 'molto complicato, che richiede grandi, un ingegnere del suono. Il suono è diverso a seconda se ci si trova in una stanza o una chiesa, ecc.
Giovanni: E 'stato spesso detto che in una mostra, come Medea.
Paolo: Già, ci sono raramente soddisfatti con i nostri record, in modo da vivere ...
Giovanni: Questo è stato risolto. L'errore, se lo è, rimane!

Lawrence: Volete cantare per un pubblico o per fissare le cose su un CD?

Paolo: Entrambi sono importanti. Ma lasciare una traccia, non è essenziale, la cosa più importante è di andare al pubblico. Questo è essenziale. Musicisti classici hanno sempre registrato ...
La gente tende ad essere più soddisfatti con i ricordi di incontri dischi.
Giovanni: CD, sono rapidamente dimenticati. Essi raramente ascoltare.

JC: In primo luogo, si ascolta?

Paolo: No!
Giovanni: Non vi è uno, Una TARRA ci lui, ho ascoltato con piacere.

JC: Anche noi, è uno dei nostri preferiti tra i vecchi.

Paolo: E 'sempre critica, non è possibile ascoltare, come se si trattasse di un disco da qualcun altro.

JC: Esattamente, che cosa ascoltare altra musica?

Paolo: Tutto. Tutti gli stili: varietà, classica, rock, hard rock. Entrambe le serie di 20-30 anni fa, che ciò che viene fatto adesso, musica classica, musica del mondo ....

Jean : Moi, un peu la même chose, moins de variété que Paul. De toute façon, en tournée on sait ce qu’il écoute, il chante ! Il est assez éclectique dans ses choix. Avant, j’écoutais beaucoup de musique traditionnelle dite ethnique, maintenant plus de classique J’ai eu ma phase hard rock aussi, mon fils en joue, j’aime beaucoup le rock. On est ouvert à toutes les musiques.

JC : Et le jazz ?

Jean : Il y a très peu d’amateurs de jazz dans le groupe
José : Je ne suis pas très fan...

JC : Et pourtant dans votre phrasé vous avez quelque chose du jazz.

Jean : J’écoute quelques groupes vocaux
José : Mon seul concert de jazz que j’ai apprécié, c’est pendant notre deuxième séjour en Géorgie, on avait vu Michel Petrucciani, et là je m’étais régalé.
Jean : Cela ne fait pas partie de notre univers. Et pourtant une de nos premières collaborations avec d’autres artistes, c’était avec Jean-Louis Longnon. Peut être qu’on ne connaît pas assez, c’est dommage.

JC : Alors, votre rencontre avec Jaume et Fresu a dû être un choc ?

José : Non, ça s’est fait naturellement, sans aucune difficulté.
Jean : Il y a eu le choc, mais dans le bon sens du terme : le choc du plaisir de la rencontre,  pas le choc de styles qui se confrontaient. Il n’y a pas eu confrontation.
Effectivement, il y a peut être quelque chose à chercher. Apparemment, ça se fait sans qu’on l’ait cherché, mais ça s’est fait naturellement, de façon complètement naturelle avec Paolo Fresu et Daniele di Bonaventura, qui n’est pas un jazzman mais qui en joue.

AM : Rien avec Bruno Coulais ?

Paul : Non, rien de précis pour le moment.

AM : Et au théâtre avec Orlando ?

Jean : Une reprise de la Médée que vous aviez vue à l’Oratoire. Un petit projet Interreg, ça plaît à Valérie !

Giovanni: Io, lo stesso, in una minore varietà di Paolo. In ogni caso, il tour si conosce ciò che ascolta, canta! E 'piuttosto eclettico nelle sue scelte. Prima ho ascoltato molti cosiddetti tradizionali di musica etnica, classica fase più ho avuto la mia roccia dura troppo, mio figlio gioca, mi piace il rock. Si è aperto a tutta la musica.

JC: E il jazz?

Giovanni: Ci sono pochi gli appassionati di jazz del gruppo
José: io non sono molto fan ...

JC: E ancora nel suo fraseggio avete qualcosa al jazz.

Giovanni: Ho ascoltare alcuni gruppi vocali
José: Il mio unico concerto jazz che mi sono divertito, è stato durante il nostro secondo soggiorno in Georgia, abbiamo visto Michel Petrucciani, e io mi sono divertito.
Giovanni: Questo non è parte del nostro universo. Ma una delle nostre prime collaborazioni con altri artisti, si è con Jean-Louis Longnon. Forse non si conosce abbastanza, è un vero peccato.

JC: Allora, il vostro incontro con Jaume Fresu e doveva essere uno shock?

José: No, è stato, naturalmente, senza alcuna difficoltà.
Giovanni: Si è scossa, ma nel senso del termine: lo choc del piacere di incontrare, non lo scontro di stili che si trovano di fronte. Non c'è stato confronto.
Infatti, ci può essere qualcosa da cercare. Apparentemente, non è che egli aveva cercato, ma è stato, naturalmente, completamente naturale, con Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura, che non è un Jazzman, ma che svolge.

AM: Nulla con Bruno Coulais?

Paolo: No, nulla di specifico ancora.

AM: E il teatro con Orlando?

Giovanni: Un replay della Medea che si visualizza in Oratorio. Un piccolo progetto Interreg piace Valérie!


La Corse et sa musique

Suzan : Quel genre de musique écouter pour découvrir la Corse ?

(Paul, Jean et José éclatent de rire)

Paul : Pas la peine de se polluer les oreilles avec de la musique : regarder, écouter, sentir…. Après, ça suscitera peut-être certaines émotions, ça donnera peut être envie d’écouter de la musique.
Jean : Tu t'attendais à ce qu’on parle de musiques autres que celles d’A Filetta ? C’est difficile ! Paul : L'autre jour, ma fille écoutait Thomas Dutronc, elle disait : « ce n’est pas un disque corse, mais c’est un bon disque pour découvrir la Corse »
Jean : J’aime bien Ange Lanzalavi, une bonne musique.
José : Il y a les  frères Vincenti.
Jean : C’est plus pour des Corses, mais pour quelqu’un qui vient pour découvrir la Corse…. C’est très beau, mais… Non, je crois que c’est A Filetta ! (rires) Tous les groupes apportent quelque chose. I Muvrini, Canta u Populu Corsu, certains groupes de polyphonie…
 
La Corsica e la sua musica

Suzan: Che tipo di musica da ascoltare per scoprire la Corsica?

(Paolo, Giovanni e José scoppiare a ridere)

Paolo: Non c'è bisogno di inquinare le orecchie con la musica: guardare, ascoltare, sentire .... Dopo di che, potrebbe suscitare qualche emozione, è ansioso di ascoltare la musica.
Giovanni: ci si aspetta di parlare di ciò che la musica diverso da A Filetta? E 'difficile! Paolo: L'altro giorno mia figlia è stato l'ascolto di Thomas Dutronc, ha detto: "Questo non è un disco corse, ma è un buon disco per scoprire la Corsica"
Giovanni: Mi piace Angel Lanzalavi, buona musica.
José: Ci sono i fratelli Vincenti.
Giovanni: E 'di corsi, ma per qualcuno che viene a scoprire la Corsica .... E 'molto bello, ma ... No, credo che sia una rete! (ride) Tutti i gruppi di portare qualcosa. I Muvrini, Canta u Populu Corsu alcuni gruppi di polifonia ...


Laurent, Joëlle, Jean-Paul et Jean

L'écriture

Laurent : Jean-Claude encourageait les autres membres à écrire. Où en êtes-vous ?

Paul :  J’essaie d’apprendre l’alphabet, j’ai commencé le coloriage !
José : On n’ose pas se lancer.
Jean : José a écrit quelques pièces sur ordinateur.
José : Non, je n’ose pas.
Jean : C’est dommage, il a des compétences.
José : J'avais composé pour Sonnii zitellini

Les musiques de films

J-P : Et Max and Co ?

José : Il est sorti, mais on intervient très peu. Comme souvent avec la musique de film, on enregistre beaucoup et il y a beaucoup de coupes.  Le film est sorti en même temps qu’Asterix, et je ne sais pas si ça a marché.

JC : En tout cas il paraît qu’il y a un passage hilarant…

José : Ah oui !

JP : Marco Polo n’a jamais été enregistré.

José : On faisait deux chants de Marco Polo en concert.
Jean : Ce fera peut être partie d’un disque
Paul : Et les chants de Vidocq. Il y a matière à faire un disque.

JC : J’aimerais bien que vous enregistriez Himalaya sans orchestre.

Laurent :A propos de Don Juan, vous avez vu le film ? Vous avez aimé ?

Jean : Oui.
Paul : Il y a des longueurs, c’est sûr.
José : C’était nouveau pour moi, la bande originale.

JC : Pour moi le film le plus réussi du point de vue de l'adéquation entre la musique et l'image, c’est Himalaya.

José : Sur Le peuple migrateur, il y avait beaucoup plus de musique, et ça a été coupé. Le producteur a enlevé des tas de musique, ils ont eu peur que la musique prenne le pas sur l’image.

Scrittura

Lawrence: Jean-Claude incoraggiato altri a scrivere. Dove ti trovi?

Paolo: Sto cercando di imparare l'alfabeto, ho iniziato a colorare!
José: non abbiamo il coraggio di gettare.
Jean: José ha scritto più pezzi sul computer.
José: No, non oso.
Giovanni: E 'una vergogna, che ha le competenze.
José: ho composto per Sonnii zitellini

Il film

J-P: E Max e Co?

José: E 'venuto fuori, ma abbiamo parlato molto poco. Come spesso film con la musica, vi è una partita e ci sono un sacco di tagli. Il film è stato rilasciato contemporaneamente qu'Asterix, e non so se ha funzionato.

JC: In ogni caso, sembra che vi sia un passaggio hilarious ...

José: Yeah!

JP: Marco Polo, non è mai stato registrato.

José: Al momento di effettuare due canzoni da "Marco Polo" in concerto.
Giovanni: Questo farà parte di un disco
Paolo: E le canzoni di Vidocq. C'è materiale per un disco.

JC: vorrei che lei Himalaya registro senza l'orchestra.

Lorenzo: A proposito di Don Giovanni, hai visto il film? Ti è piaciuto?

Giovanni: Sì.
Paolo: Ci sono longueurs, sicuramente.
Jose: Si è nuovo per me, la colonna sonora.

JC: Per me il film di maggior successo in termini di abbinamento di musica e immagine è Himalaya.

José: Sulla migrazione di persone si è un po 'di più la musica, ed è stato tagliato. Il produttore ha eliminato un sacco di musica, avevano paura che la musica ha la precedenza sul l'immagine.

Conclusion

Laurent : Julien a une demande : pouvez vous chanter une chanson pour lui ?
 
Julien, probablement le plus jeune fan d'A Filetta !

Et nos amis entonnent quelques couplets de Lettera à Mamma, pour le plus grand plaisir de Julien et aussi le nôtre…

Paghjella a U Carubu (A Filetta)
envoyé par TraNoi



 
A lire également, le récit de notre visite au Carubbu sur le site de nos amis de Tra Noi.
 
Jean-Claude Acquaviva
"Être plus que ce qu'on nous permet d'être"
("Corsica" de mai 2008)


À Filetta est un miracle. En trente ans d’une carrière qui se plaît à emprunter les chemins de traverse, la formation balanine a réussi le tour de force de mêler succès public, reconnaissance critique et excellence musicale, en Corse et ailleurs. Jean-Claude Acquaviva, charismatique et intransigeant leader d’A Filetta, nous ouvre les portes de ce groupe à nul autre pareil.

Conclusione

Lawrence: Julien è una domanda: si può cantare una canzone per lui?
 
Julien, probabilmente il più giovane fan di A Filetta!

Amici e cantare alcuni versi di Lettera a mamma, per la gioia di Julien e anche la nostra ...

Paghjella una U Carubu (A Filetta)
inviato da TraNoi



 
Leggi anche la storia della nostra visita a Carubbu sul sito dei nostri amici Tra Noi.
 
Jean-Claude Acquaviva
"Fatti di più di quello che abbiamo usato per essere"
( "Corsica" del maggio 2008)


A Filetta è un miracolo. In trenta anni di una carriera che ama prendere le vie attraverso la formazione balanine successo tour de force di miscelazione successo di pubblico, critica e riconoscimento musicale eccellenza, la Corsica e altrove. Jean-Claude Acquaviva, leader carismatico e intransigente della filettatura, abbiamo aperto le porte di questo gruppo come nessun altro.

Trente ans de carrière, ça se fête ?
On s’est posé la question, on a réfléchi à un événement exceptionnel, un concert où l’on aurait fait appel à tous ceux qui ont pris part, au fil des décennies, à l’aventure d’A Filetta. Mais nous avons renoncé. Le groupe est tellement pris par ses activités, on dépense une telle énergie dans les projets en cours, qu’on n’aurait pas trouvé le temps d’organiser tout ça dignement, et on ne voulait surtout pas proposer au public quelque chose de bâclé. C’est un peu triste, certes, mais la vie continue, et le groupe avance.      

Trenta anni di carriera, per festeggiare qualcosa?
E 'stato chiesto, è stato considerato un evento eccezionale, un concerto dove ci avrebbe fatto appello a tutti coloro che hanno preso parte, nel corso dei decenni, con l'avventura di una rete. Ma abbiamo dovuto rinunciare. Il gruppo era così preso dalla sua attività, quali l'energia spesa in progetti in corso che potrebbero non aver trovato il tempo di organizzare il tutto con dignità, e soprattutto non offrire al pubblico qualcosa slapdash . E 'un po' triste, ma la vita va avanti, e il gruppo anticipo.

Pas de bilan non plus, alors ?
Une chose est sûre, ces trente ans sont passés à une vitesse incroyable. On le dit souvent sur scène, sans démagogie, à aucun moment, on n’a le sentiment que la routine s’est installée. Pour nous, chaque concert est une aventure, voire une lutte. A Filetta est un peu dans la situation d’un montagnard qui devrait gravir tous les sommets de la planète. Il y en a toujours un autre à escalader. Nous sommes en permanence à la recherche d’un équilibre qui semble perpétuellement accessible, mais se dérobe encore et toujours.

Mais avec une carrière aussi riche, que reste-il à accomplir ?
Tout reste à faire. J’aimerais par exemple développer un répertoire philharmonique. On a aussi l’envie de monter un long métrage d’animation pour les enfants. Et puis on veut continuer à partir à la rencontre des musiques d’ailleurs. Si demain on nous appelle pour un concert dans les temples d’Angkor ou au Groenland, on part sans réfléchir. Repousser les limites, faire des choses dans des conditions extravagantes, c’est toujours passionnant.

On a l’impression qu’il y a deux parties distinctes dans la carrière d’A Filetta…
Effectivement. Au début, on tournait, on faisait des disques, mais plus ou moins en dilettante. En 1994, tout a changé. Devant les opportunités qui se présentaient, conséquence de notre disponibilité, on a décidé de devenir des professionnels tout en donnant libre cours à nos envies. Ensuite tout est allé plus vite. Et lorsque je me penche sur notre parcours depuis cette époque, je me dis qu’on a réalisé quelque chose d’exceptionnel.

Non equilibrio sia, allora?
Una cosa è certa, questi trent'anni sono passati ad una velocità incredibile. È spesso in scena, senza demagogia, in nessun momento abbiamo la sensazione che la routine è stato installato. Per noi, ogni concerto è un avventura, anche una lotta. Una rete è un po 'nella situazione di una montagna che dovrebbero salire tutte le vette del pianeta. C'è sempre un altro a salire. Siamo sempre alla ricerca di un equilibrio che sembra sempre accessibili, ma ruba.

Ma con una carriera così ricca che resta da fare?
Tutto resta ancora da fare. I quali sviluppare una directory Filarmonica. E 'stato anche il desiderio di montare un film d'animazione per i bambini. E poi vogliamo continuare a scoprire la musica al di là. Se domani ci chiamano per un concerto in templi di Angkor in Groenlandia, che è senza pensare. Superare i limiti, fare le cose in termini stravagante, è sempre eccitante.

Sembra che ci sono due parti distinte: nella carriera di una rete ...
Sicuramente. In un primo momento, si è rivelato, abbiamo fatto i record, ma più o meno dilettante. Nel 1994, tutto è cambiato. Di fronte alle opportunità che si presentano come una conseguenza della nostra disponibilità, abbiamo deciso di diventare professionista e dando libero sfogo ai nostri desideri. Poi tutto è andato più veloce. E quando io guardo al nostro corso da allora penso che abbiamo realizzato qualcosa di unico.

Cet emballement vous a-t-il étonné ?
Je pense que si l’on a duré autant, c’est qu’on n’a jamais rien planifié. Aujourd’hui encore, je continue de ne pas me projeter dans le futur. Tout est affaire de rencontres, de coups de cœur artistiques, de sollicitations. Je n’ai aucune idée de ce qu’on fera dans deux ans. Un plan de carrière nécessite des concessions, du calcul, la mise en place d’une stratégie. Très peu pour moi.

Ce qui ne facilite pas les relations avec les maisons de disques…
On a travaillé avec une dizaine de maisons de disques, ça a toujours foiré. Je ne veux pas qu’on me dise « emprunte cette voie, tu toucheras beaucoup de monde ». Si cela nécessite de faire une croix sur mes convictions profondes, artistiques et humaines, pas question. Virgin, la dernière en date, était prête à mettre de gros moyens sur nous, mais voulait qu’on fasse des duos, avec Axelle Red ou Souchon. Il est hors de question que j’aille voir Axelle Red en lui disant « viens chanter avec moi, tu vas me faire vendre quelques disques en plus ». C’est indigne ! Aujourd’hui on a presque du mal à trouver une maison de disques, et paradoxalement, on fait le plein partout où l’on passe. Ce qui nous convient très bien au final. Alors évidemment on n’a pas la notoriété pour passer au 20 heures, mais on visite des pays extraordinaires, on s’enrichit humainement, et ce sont des moments d’émotion, de partage qui n’ont pas de prix, dans la vie d’un homme.

Questo entusiasmo ha sorpreso?
Credo che se è durata, tuttavia, è che non abbiamo mai previsto nulla. Anche oggi, ancora non mi aspetto in futuro. Si tratta di incontri, cuore pulsante delle esigenze artistiche. Non ho idea di cosa siamo riusciti a fare in due anni. Un piano di carriera richiede concessioni dal calcolo, l'attuazione di una strategia. Molto poco per me.

Che cosa distingue i rapporti con i record ...
Abbiamo lavorato con una dozzina di grandi imprese, che è sempre giusto. Non voglio dire di me "che andare via, si tocca molte persone." Se si richiede di fare una croce sul mio credenze, delle arti e delle scienze umane, senza dubbio. Vergine, la più recente, è stato pronto a mettere pesanti su di noi, ma volevo fare duetti con Axelle Red o Souchon. Non c'è dubbio che vedo Axelle Red, dicendo: "Vieni con me cantare, hai intenzione di vendere più di me a pochi dischi." E 'indegno! Oggi è quasi difficile trovare una casa discografica, e paradossalmente, è pieno, ovunque andiamo. Questo ci si adatta molto bene alla fine. Così, ovviamente, non è stato conosciuto per passare a 20 ore, ma per visitare lo straordinario paese è arricchito umana ed è momenti di emozione, di condivisione che sono inestimabile nella vita un uomo.
A Filetta est à l’aise dans de nombreux styles musicaux. Y en a-t-il un que vous privilégiez ?
Il n’y a pas, pour moi, de musique plus ou moins noble. Il y a des chansons de Léo Ferré qui sont des monuments. Mais rien n’est plus beau que ne pas se cantonner à un format, ne pas se poser la question de l’adhésion du public, de ne pas se demander s’il va s’ennuyer. Ce genre de considérations, ça me gave. Il faut faire confiance au public. C’est à force de lui donner des choses formatées qu’il finit par s’en contenter. Je prends autant de plaisir à écrire une chanson de trois minutes qu’un ch ? ur de vingt minutes ou un requiem. Mais comme la tendance est à la musique courte, j’ai envie de faire le contraire.

Votre rigueur dans le travail, et dans vos prestations, vous ont toujours démarqué du tout venant de la production insulaire.
En la matière, en Corse, je pense qu’il y a confusion des genres. L’ethno-musicologue italienne Giovanna Marini dit que le chant populaire a au départ une fonction de rite, lors du labour, des cérémonies mortuaires par exemple. C’est un langage qui accompagne les moments de la vie. La scène, c’est autre chose. D’autant qu’il y a un public en face qui a payé son entrée. Du coup, on n’est plus dans l’instantané, dans le spontané. On est à la recherche d’une efficacité artistique, notion dont le rite est totalement dénué. On est dans le reflet du rite, mais plus dans le rite.

A Filetta è comodo in molti stili musicali. Y c'è uno che preferisci?
Vi è, per me, la musica più o meno nobili. Ci sono canzoni di Léo Ferré che sono monumenti. Ma niente è più bello che non si limita ad un formato, non la questione del sostegno pubblico, non chiedo se sarà annoiarsi. Tali considerazioni, che mi ha dato. Abbiamo bisogno di fiducia del pubblico. E 'per forzare le cose che lui ha formattato da fare. Prendo molto piacere di scrivere una canzone tre minuti a ch? ur venti minuti o un requiem. Ma, come la tendenza è a corto di musica, voglio fare il contrario.

Il tuo rigore nel lavoro, le prestazioni e la tua, hai sempre a tutta la produzione di tutta l'isola.
Il soggetto, in Corsica, penso che ci sia confusione di generi. L'etno-musicologo italiano Giovanna Marini ha detto che la canzone era in origine un rito nel corso del lavoro, cerimonie di sepoltura, per esempio. È un linguaggio che accompagna i momenti della vita. La scena è qualcosa di diverso. Soprattutto vi è un volto pubblico che ha pagato la sua strada. Quindi, non siamo più nel istantanea, nella spontanea. Siamo alla ricerca di un efficace concetto artistico, che è totalmente privo di rito. Si tratta di una riflessione del rituale, ma di più nel rito.

On vous fait parfois le reproche d’écrire dans une langue peu accessible…
Et moi je réponds qu’on ne comprend pas toujours tout chez Pessoa, Mallarmé ou Aragon. Ce que je veux dire, c’est que chacun a ses codes, une façon d’écrire, des choses qui résonnent en lui et qui sont très puissantes. Je suis un amoureux de René Char, mais ce n’est pas toujours facile à comprendre, ni même à cerner. Pourtant c’est une langue fabuleuse, une explosion de couleurs et de sentiments. Moi-même, lorsque je lis les poésies de Filippini, je suis admiratif, c’est splendide et cela me touche d’autant plus que je suis loin de manier la langue comme lui. Mais ce n’est pas pour cela que je suis un raté ou que la langue que j’utilise n’est pas digne d’intérêt. Il me semble qu’il faut impérativement distinguer le travail pédagogique et l’œuvre artistique. L’artistique ne doit pas avoir un rôle pédagogique. On ne peut se poser la question, en art, de savoir si l’on sera toujours compris.

Autre caractéristique frappante, l’absence chez A Filetta de la nostalgie qui anime une grande part des artistes corses…
La nostalgie est une forme boiteuse de la mémoire. On extrait quelque chose de son contexte, on ne veut retenir que ce qui nous semble bon. Cela traduit une incapacité totale à demeurer dans le temps présent. Et sur le plan du chant, c’est pareil. Avec ce risque de se figer, de légitimer le danger qui pourrait résider dans toute forme d’ouverture. Il est sain qu’il y ait des gens qui se posent en gardiens, mais cela n’exclut pas qu’il existe d’autres qui bousculent la tradition. Je suis triste lorsque j’entends des gens dire qu’il ne faut pas toucher à quelque chose parce que nos anciens nous l’ont laissé comme cela. C’est contraire à toute dynamique de vie.

È a volte accusato di scrivere in una lingua inaccessibile ...
E dico che non include tutto quanto è in Pessoa, Mallarmé o Aragona. Quello che voglio dire è che ognuno ha i suoi codici, il modo di scrivere, le cose che risuonano in lui e sono molto potenti. Sono un amante di René Char, ma non è sempre facile da capire, o anche da definire. Eppure si tratta di un linguaggio meraviglioso, un'esplosione di colori e sensazioni. Io, quando ho letto le poesie Filippini, mi ammirando questa bella e mi tocca ancora di più che non maneggiare il linguaggio come lui. Ma non è questo il motivo per cui io sono un fallimento, o che io uso la lingua non è utile. Mi sembra che è indispensabile per distinguere il lavoro di insegnamento e del lavoro artistico. L'arte non ha un ruolo educativo. Non si può porre la domanda, in arte, sia che si tratti sempre capito.

Un altro aspetto che colpisce, l'assenza di un filo di nostalgia che spinge molto di artisti corso ...
Nostalgia è una forma di cattiva memoria. Qualcosa è estratta dal suo contesto, non conservano che ciò che sembra buono. Ciò riflette l'incapacità di restare in questo momento. E in termini di cantare la stessa cosa. Con il rischio di congelamento, di legittimare il pericolo potrebbe trovarsi in qualsiasi forma di apertura. E 'salutare che ci sono persone che si pongono come guardie, ma questo non esclude che vi siano altre persone che disturbano la tradizione. Sono triste quando sento dire "non toccare nulla perché i nostri predecessori ci hanno lasciato così. Ciò è contrario a qualsiasi vita competenze.

Que pensez-vous de la profusion de chanteurs et de groupes corses ?
Il ne faut surtout pas empêcher les gens qui veulent s’exprimer de le faire. Pour autant, il y a un vrai problème, c’est que personne ne fait de distinction qualitative entre les groupes. C’est un mauvais service à rendre aux artistes que de mettre tout le monde sur le même plan. On doit faire des choix, que ce soit les programmateurs radio et télé ou les gens qui par leurs subventions alimente une grande partie de la production. On ne peut pas dire en permanence que tout est bon parce que si tout est bon, rien n’est bon. Nulle part cela ne fonctionne comme ça. Ce n’est pas un discours élitiste. Je ne dis pas qu’il faut éliminer les mauvais. Nos premiers disques musicalement étaient des calamités. Et si on ne nous avait pas laissé le temps de progresser, aujourd’hui sans doute, nous ne serions plus là. C’est pour cette raison que lors du premier disque d’un groupe, il faut qu’il y ait des gens qui donnent leur avis, sincèrement. C’est l’unique façon de progresser.

En Corse, la critique n’existe donc pas ?
Soit on ne dit pas grand-chose pour ne pas dire ce qui fâche, soit on tombe dans le propos dithyrambique dès que l’artiste est un peu connu. C’est d’autant plus gênant qu’on nous encense quand on fait une merde, mais en revanche on assassine sans raison ce qui vient de l’extérieur. Moi, je souffre lorsque je lis les comptes-rendus de journalistes qui sont venus, ou pas d’ailleurs, à un spectacle, et qui font un commentaire où ils se contentent de nous resservir le communiqué de presse. Je pense qu’on gagnerait tous à un peu de sincérité et de critique, y compris ceux qui seront critiqués à un moment ou à un autre.
Sébastien Bonifay
Che cosa pensa della ricchezza dei cantanti e gruppi di corsi?
Non impedire alle persone che vogliono parlare di farlo. Tuttavia, vi è un vero problema è che nessuno fa una distinzione qualitativa tra i gruppi. Si tratta di un cattivo servizio a tutti gli artisti che mettono sullo stesso piano. Dobbiamo fare delle scelte, se i programmatori radiofonici e televisivi e le persone che con la loro sovvenzioni alimenta gran parte della produzione. Non si può dire in ogni momento che tutto è buono, perché se tutto ciò che è buono, nulla di buono. Nowhere ha così. Questo non è un discorso elitario. Non sto dicendo che dobbiamo eliminare il male. Le nostre prime registrazioni sono state musicalmente calamità. E se noi non ci permettono ora di andare avanti, forse oggi non è più lì. Questo è il motivo per cui al primo record di un gruppo, non vi devono essere le persone che forniscono il loro parere sinceramente. E 'l'unica strada da percorrere.

In Corsica, non vi è alcuna critica?
O non molto non vuol dire che in collera, o cadere nella rave su quando l'artista non è noto. Questo è particolarmente fastidioso quando si loda si prende una merda, ma d'altro canto omicidi senza ragione che viene da fuori. Soffro quando leggo i conti di giornalisti che si sono o meno, inoltre, a uno spettacolo, e fare un commento che ci riutilizzati solo il comunicato stampa. Penso che siamo tutti un po 'di guadagno candore e la critica, compresi quelli che saranno criticato in una sola volta o in un altro.
Sébastien Bonifay

Jean-Claude Acquaviva
"Être ce que l'on défend et pas défendre ce que l'on est"
(Corse Matin du 2 février 2008)


Photo Pierre-Antoine Fournil pour Corse Matin
Comment votre répertoire a-t-il évolué en 30 ans ?
Notre éclosion a été portée par le Riacquistu et le souci de propager des choses issues de notre patrimoine qui se perdaient. Aujourd'hui, dans une continuité naturelle, c'est à la création nourrie de toutes nos rencontres que nous devons l'essentiel de notre répertoire.
Et de toutes ces rencontres, laquelle a été, disons, la plus marquante ?
La Géorgie et le chœur de Tbilissi avec lequel nous avons multiplié les échanges au début des années 90. Il y a deux chants géorgiens dans notre nouvel album et, là-bas, des chants corses ont été enregistrés en géorgien.
Ces fusions culturelles avec les autres galvanisent votre propre sens créatif ?
Même de façon inconsciente, une rencontre enrichissante et sincère laisse des empreintes indélébiles et les influences affleurent nos mots, notre musique, nos harmonies.
Que disent de vous les publics étrangers ?
L'accueil est partout chaleureux car il n'existe pas de pays qui ne manifeste un intérêt pour l'art vocal, en raison de sa dimension intemporelle, et ne ressente une fascination pour le travail des voix. Ce mélange d'enthousiasme et de curiosité est plus flagrant en Allemagne, en Autriche ou en Scandinavie que dans les pays méditerranéens un peu moins captifs à cette forme d'exotisme qu'on peut représenter ailleurs.
Come funziona la directory è cambiato in 30 anni?
Il focolaio è stato portato dal Riacquistu e il desiderio di diffondere le cose dal nostro patrimonio che si perde. Oggi, in una naturale continuità di alimentazione per la creazione di tutte le nostre riunioni che abbiamo la maggior parte del nostro repertorio.
E tutti questi incontri, che è stato, ad esempio, la più eclatante?
Tbilisi, Georgia e coro con il quale abbiamo un aumento degli scambi nei primi anni'90. Ci sono due canzoni georgiano nel nostro nuovo album e là, le canzoni sono state registrate corso in Georgia.
Queste fusioni con altri culturale galvanizzare la propria creatività?
Anche inconsciamente, un sincero e proficuo incontro lascia indelebili le impressioni e le influenze affleurent nostre parole, la nostra musica, le nostre armonie.
Che dire è un pubblico straniero?
L'accoglienza è calda ovunque perché non vi è nessun paese che non manifestano un interesse per l'arte vocale, a causa della sua dimensione senza tempo, e non sentire un fascino per il lavoro votazione. Questa miscela di entusiasmo e la curiosità è più evidente in Germania, Austria e Scandinavia nei paesi del Mediterraneo un po 'meno vincolato a questa forma di esotismo può essere visualizzata altrove.
L'ouverture prochaine en Corse d'un Centre d'art polyphonique ?
Sartène, Pigna. Il faut à la fois des outils culturels et les moyens de les faire fonctionner. Tout ce qui est de nature à désenclaver est une excellente chose. Contrairement à ce que certains pensent, la protection n'est pas la meilleure solution. Il ne faut pas défendre ce que l'on est, mais être ce que l'on défend.
Même si le chant est devenu moins revendicatif, vous vous sentez toujours politiquement investi ?
Paradoxalement, t'éloigner de la chanson-tract te rend plus puissant dans le message que tu veux délivrer. Le moyen d'exprimer le mieux ton amour indéfectible pour la Corse, sa langue, sa littérature, sa poésie, c'est de décomplexer ta musique, de la faire vivre au contact de celle des autres. Mettre un terme à ce processsus de greffes est une posture dangereuse qui conduit à sa propre sanctuarisation. Et un sanctuaire exhale toujours un petit parfum de mort.
Votre sentiment sur l'énième crise que traverse la Corse ctuellement ?
Le sentiment qu'on a la tête à l'envers. Il faut donnner à la Corse les moyens de produire des Corses et ne pas s'entêter à croire que ce sont les Corses qui font la Corse en ayant une idée statique de ce que nous sommes. Les choses sont en perpétuel mouvement. Arrêter leur cours est une illusion qui peut avoir des répercussions très graves sur le plan éthique, comme l'exclusion.

Comment peut-on l'éviter ?
En enracinant l'idée que tout progrès ne peut être la conséquence que du travail, du respect, de la rigueur, de notre capacité de résister dans l'intelligence, l'honnêteté et le dialogue. C'est l'histoire universelle qui nous enseigne que rien ne se gagne par la force.
Propos recueillis par J.M. Raffaelli
L'apertura in Corsica uno polifoniche centro d'arte?
Sartène Pigna. Abbiamo bisogno sia di strumenti culturali e le modalità per farli funzionare. Tutto ciò che è probabile l'apertura è una buona cosa. Contrariamente a quanto alcuni credono, la protezione non è la soluzione migliore. Non dobbiamo riposare per ciò che siamo, ma ciò che è l'acronimo di.
Anche se la canzone è diventata meno esigente, non si è ancora politicamente investito?
Paradossalmente, il brano tratto t'éloigner ti rende più forte il messaggio che si desidera realizzare. Il modo migliore per esprimere la vostra incrollabile amore per la Corsica, la lingua, la letteratura, la poesia è décomplexé musica, far vivere il contatto con gli altri. Porre fine alle code di trapianto è un pericoloso postura che porta al proprio santuario. Un santuario e ancora emana un profumo di morte.
I vostri sentimenti su un'altra crisi in Corsica ctuellement?
Senti che il rialzo. Abbiamo bisogno di Corsica donnne modi per produrre corsi e non ostinato a credere che i corsi che la Corsica con una statica idea di ciò che siamo. Le cose sono in continua evoluzione. Stop loro corso è un'illusione che può avere gravi ripercussioni sulle implicazioni etiche, come l'esclusione.

Come può essere evitato?
Percorsi l'idea che il progresso non può essere il risultato di tale lavoro, il rispetto, la disciplina, la nostra capacità di resistere in intelligenza, l'onestà e il dialogo. Questo mondo è la storia ci insegna che nulla può essere raggiunto con la forza.
Intervista di J. M. Raffaelli

Exclusif : L'interview réalisée par nos amis néerlandais de "Tra Noi"

Pour présenter "Tra Noi", rien de mieux que de laisser la parole aux principaux intéressés : Laurent, Suzan, Christina et Martijn.
"Nous sommes deux couples d'amis : Laurent et Suzan Lohez et Christina et Martijn La Feber. Nous vivons aux Pays-Bas. Laurent est un Français expatrié. Tout comme vous, nous sommes fans d'A Filetta. (...) Très vite, nous nous sommes aperçus que la plupart des informations concernant A Filetta étaient uniquement en français. Afin de pallier cette frustration, et plus encore pour permettre de faire découvrir A Filetta aux Néerlandophones, nous avons décidé de leur consacrer un site internet. Après avoir pris contact avec Sabine Grenard, et avec son consentement, nous nous sommes mis à l´ouvrage."
Et TRA NOI (www.tra-noi.nl) est né le 7 octobre 2007 !


L'interview avec A Filetta réalisée le 16 decembre 2007

C'est vendredi 16 decembre et Tra Noi assiste au concert d'A Filetta à l'église St Pierre d'Utrecht. Pendant la tournée d'A Filetta aux Pays-Bas, Laurent a l'honneur de lire en néerlandais les textes que Jean-Claude Acquaviva dit en corse et en français pour introduire les chants.
L'église est pleine, et les hommes arrivent. Tout est silencieux, comme si nous ne pouvions plus respirer. Les premiers sons tiennent leur promesse, c'est superbe. Ils chantent plusieurs chants qui figureront sur le nouvel album de 2008, des chants de Medée, du Requiem, des films Liberata et Himalaya l'enfance d'un chef. L'acoustique est excellente, et le public est manifestement touché. A Filetta a trouvé sa place. Après une ovation ils reviennent pour un dernier chant.


Nous aidons Valèrie pour la vente de CD, et c'est beau de voir l'enthousiasme du public et pour beaucoup un CD n'est pas suffisant. Ce qu'il a entendu, il veut le retenir. Après que le groupe ait discuté avec plusieurs fans, nous allons au restaurant. Et là, sur la jolie place de l'église St Pierre, Suzan demande à A Filetta de bien vouloir chanter "Sub Tuum". José et Maxime qui marchaient en tête sont rappelés, il fait froid, les hommes se mettent en cercle et sortent les oreilles du bonnet. C'est un moment magique, là sur cette place, dans le froid, c'est sublime ! Quel cadeau !

Esclusiva: intervista effettuata dai nostri amici olandesi di "Tra Noi"

Per presentare "Tra Noi", niente di meglio che lasciare la parola ai principali soggetti interessati: Lawrence, Susan, Christina e Martijn.
"Ci sono due coppie di amici: Susan Lawrence e Christina Lohez e Martijn La Feber. Noi viviamo nei Paesi Bassi. Laurent è un francese espatriati. Come lei, ci sono tifosi di una rete. (...) Ben presto, ci siamo resi conto che la maggior parte delle informazioni su A Filetta sono stati solo in francese. Per evitare questa frustrazione, e di più per aiutare a scoprire la Filetta olandese, abbiamo deciso di dedicare un sito web. Dopo Sabine Grenard hanno contattato, e con il suo consenso, abbiamo iniziato a lavorare ".
E TRA NOI (www.tra-noi.nl) è nato il 7 ottobre 2007!


Intervista con A Filetta completato il 16 dicembre 2007

E 'Venerdì 16 dicembre e Tra Noi Filetta frequenta un concerto a Saint-Pierre d'Utrecht. Durante il tour Filetta Nei Paesi Bassi, Lawrence ha l'onore di leggere testi in lingua olandese che Jean-Claude Acquaviva detto in francese e la Corsica per introdurre i brani.
La chiesa è piena, e gli uomini arrivano. Tutto è silenzio, come se non poteva più respirare. I primi suoni a mantenere la promessa, è superba. Essi cantano canzoni diverse che appaiono sul nuovo album 2008, canzoni di Medea, il Requiem, filmati e Liberata Himalaya l'Enfance di un cuoco. Il suono è eccellente, e il pubblico è ovviamente influenzata. Thread trovato il suo posto. Una standing ovation dopo ritornare per un ultimo brano.


Noi aiutiamo Valerie a vendere CD, ed è bello vedere l'entusiasmo del pubblico e per molti un CD non è sufficiente. Che cosa ha sentito, si vuole ricordare. Dopo che il gruppo ha parlato con molti tifosi, andiamo al ristorante. E lì, sulla bella piazza di San Pietro, Susan chiede gentilmente cantare A Filetta "Sub tuum. Jose e Maxime piedi alla testa sono ricordato, è il freddo, gli uomini messi in cerchio e lasciare il tappo le orecchie. Si tratta di un momento magico, qui in questa piazza, al freddo, è sublime! Che regalo


Après nous crions: "MANGER !" et nous nous mettons en route. Maxime a le plan en main et nous guide, Paul et Ceccè s'amusent et essayent de retenir les cyclistes qui passent, le reste du groupe discute. L'ambiance est decontractée, ce fut un beau concert.

Au restaurant nous commandons beaucoup de pizzas "A Filetta" avec une bière et nous commençons l'interview. Laurent et Jean-Claude accoudés l'un à l'autre entament la discussion. Les uns écoutent et les autres discutent entre eux.

La première question est de Christina. Cela concerne la juste traduction d'un texte (Christina retranscrit les textes en poèsie neérlandaise.) Il s'agit du chant "Caracolu di brame" d'Intantu. Jean-Claude s'asseoit et donne sa traduction. Pour lui aussi, c'est difficile et il a recours à ses mains pour s'expliquer :

Jean-Claude Acquaviva : Il est difficile à traduire. Ce texte est à l'origine ecrit en corse, par mon frère Marcellu. Le corse est une langue tres imagée et quand tu la traduis en français, tu perds quelquefois les effets recherchés.

Tra Noi : Quels sont tes poètes préférés ?

JC : Borgès, René Char, Aragon et Primo Levi sont les poètes que je cite le plus.

Au grand plaisir de Christina, Pessoa et Paul Eluard figurent aussi sur la liste.
Tra Noi : La polyphonie est-elle reservée aux hommes ?

Dopo gridiamo: "Mangia!" e ci sarà messo in moto. Maxime una cartina in mano e ci guida, Paolo e Cecca giocare e cercare di ricordare i ciclisti che trascorrono il resto del gruppo di discussione. L'atmosfera è rilassata, è stato un bel concerto.

Nel ristorante abbiamo per lotti di pizza "A Filetta" con una birra e iniziamo l'intervista. Laurent e Jean-Claude pendente l'uno con l'altro iniziare la discussione. Ascolta gli uni agli altri e discutere.

La prima questione è Christina. Questo riguarda il diritto di traduzione di un testo (Christina testi trascritti in olandese poesia.) Questo è il brano "Caracolu di lastra" di Intantu. Jean-Claude si siede e dà la sua traduzione. Anche per lui, è difficile e che usa le mani per spiegare:

Jean-Claude Acquaviva: E 'difficile da tradurre. Questo testo è scritto originariamente in corso, il mio fratello Marcellu. Il corso di lingua è molto colorata e quando si traduce in francese, a volte si perde l'effetto desiderato.

Tra Noi: Quali sono i tuoi poeti preferiti?

JC: Borges, René Char, Aragona e Primo Levi sono i poeti cito più.

Per la gioia di Christina, Pessoa e Paul Eluard sono sulla lista.
Tra Noi: La polifonia è riservato per gli uomini?

JC : La polyphonie se pratiquait à l'époque des travaux dans les champs. De fait, les hommes chantaient entre eux parce qu'ils travaillaient entre eux. Il n'y a pas de polyphonie mixte parce que, esthétiquement, son architecture est telle que si tu mêles des voix de tessitures différentes, tu annules les effets harmoniques. Si tu fais chanter ensemble des hommes et des femmes, ils ne chantent pas dans les mêmes registres. Tu élargis donc les registres, le spectre et tu n'obtiens plus du tout le même son. Naturellement les hommes chantaient ensemble, les femmes chantaient ensemble mais pas en polyphonie, tout simplement parce qu'il est difficile de trouver un espacement des voix suffisament important. Généralement il est difficile de trouver soit des basses ou des voix qui montent suffisamment. C'est un problème de tessiture. Si les hommes et les femmes ne chantent pas ensemble, c'est donc lié à l'organisation même de la société, une explication purement esthétique et musicale. Cependant dans les 20 à 30 dernières années, il y a des groupes d'hommes et de femmes qui ont composé mais à la fin ils ne chantent pas de la même façon. Ce n'est pas une explication scientifique mais ce sont des éléments suffisants qui peuvent justifier pourquoi cela n'existe pas.

Tra Noi : Comment s'effectue la création d'un programme pour une tournée? Qui décide d'inclure tel ou tel chant ?

JC : Cela dépend de beaucoup de choses. On en discute ensemble. Très souvent c'est lié aux nouveautés, à ce que l'on a envie de chanter, à l'équilibre du programme. Pour donner un exemple concret, sur le programme de la tournée Néerlandaise, on a intégré un certain nombre de chants du nouvel album que l'on enregistrera en janvier. Cela permet de les rôder mais aussi de les faire mûrir. De la création à la maturité, il y a beaucoup de travail.

Tra Noi : Avez-vous des endroits préférés pour chanter ? Y a t-il une salle où vous voudriez retourner ?

JC : Pas spécialement. On aime beaucoup certaines acoustiques. Certaines sont plus adaptées à ce que l'on fait. On n'aime pas trop les grandes salles car notre chant est plus intimiste et on a besoin de le faire porter par une sono puissante. Ce n'est plus en rapport avec ce que l'on fait. On n'aime pas non plus chanter dans de grandes églises. Il y a un son qui tourne et cela porte à confusion. Pour nous, la salle idéale : c'est une église de 300 à 400 places, ou encore une petite salle avec une bonne sono. A ce moment là, tu as une bonne relation avec le public qui n'est pas altérée.

JC: La polifonia è stato praticato al momento del lavoro nei campi. In realtà, gli uomini sono stati il canto, perché ha lavorato con gli altri. Non vi è alcun polifonia mista perché, esteticamente, la sua architettura è tale che se la votazione Meles tessituras di diversi effetti di rimuovere armoniche. Se si fa tutto il canto gli uomini e le donne, non cantare nello stesso record. È pertanto ampliato registri, lo spettro e si ottiene lo stesso a tutti i suoni. Naturalmente gli uomini cantavano insieme, cantato insieme alle donne, ma non in polifonia, semplicemente perché è difficile trovare uno spazio sufficiente di voti. In genere è difficile trovare sia basso, oppure voci che si innalzano a sufficienza. Si tratta di un problema della gamma. Se gli uomini e le donne non cantare insieme, è quindi legata alla organizzazione della società, una spiegazione puramente estetico e musicale. Ma all'interno di 20 a 30 anni, vi sono gruppi di uomini e donne che hanno fatto, ma alla fine non si cantano le stesse modalità. Questa non è una spiegazione scientifica, ma è sufficiente la prova che possono giustificare il motivo per cui essa non esiste.

Tra Noi: Come è la creazione di un programma per un tour? Chi ha deciso di includere una determinata canzone?

JC: Dipende da molte cose. Discutiamo insieme. Molto spesso è legata alle nuove, che vogliamo cantare, il saldo del programma. Per dare un esempio concreto, il programma del tour olandese, che ha incorporato un certo numero di canzoni del nuovo album che abbiamo registrato nel mese di gennaio. Ciò permette loro di muoversi, ma anche per farli maturare. Dalla creazione alla maturità, c'è un sacco di lavoro.

Tra Noi: Avete luoghi preferiti a cantare? C'è una stanza in cui si vorrebbe tornare?

JC: Non particolarmente. Si ama alcuni acustico. Alcuni sono più adatte a ciò che facciamo. Non ci piacciono le grandi sale, perché la nostra voce è più intimo e abbiamo bisogno di concentrare un potente suono. Questo è più in linea con ciò che facciamo. Noi non cantare nelle grandi chiese. Vi è un suono che si trasforma, e questo è molto fuorviante. Per noi, la camera ideale è una chiesa di 300 a 400 posti a sedere, o una piccola stanza con un buon suono. A quel tempo, si ha un buon rapporto con il pubblico che non è alterata.

Tra Noi : Beaucoup de gens sont très attirés par A Filetta, son harmonie, sa passion, sa superbe musique, ses textes. Pour moi (Suzan), vous êtes sept anges. Ce que vous faîtes est bon pour le coeur, ça vous touche, ça vous embrasse. Comment est-ce que d'être adulé et de pourtant rester simple Corse ?

JC : Alors d'abord, ça nous fait plaisir qu'elle ait cette vision de nous. Il faut qu'elle sache que cette vision n'est, pour nous, en aucun cas, une volonté de construire cette image. A ce propos, je citerais André Malraux : " L'homme n'est ni ange ni bête. A vouloir faire l'ange, il fait la bête."

Ce qui est important pour nous, c'est deux choses : Un, c'est d'être toujours critique envers nous-mêmes. Le jour où l'on commencera à dire : " ce que l'on fait c'est bien ", là, ça sera terminé. Ca veut dire que l'on commencera à dégringoler. Notre démarche c'est la recherche perpétuelle d'un équilibre que l'on sait que l'on n'atteindra jamais, mais l'important c'est de le chercher. Deux : C'est de toujours rester humble. Nous sommes pleinement conscients que sans celui qui nous écoute, on n'est absolument rien. C'est une certitude. Parce que nous avons un chant qui n'a de sens que pour être entendu. Nous sommes intimement persuadés qu'un collectif, ça existe, qu'une façon de penser les choses les uns avec les autres, les uns par les autres, les uns face aux autres. C'est la façon dont fonctionne notre musique. C'est cette image là, si tu veux, que nous sommes contents de montrer. Et cela n'est possible que si tu as des gens qui nous ont suivis et qui nous ont permis de vivre cette aventure de laquelle sont exclus le rapport économique, le rapport hiérarchique. Et ça, dans notre monde actuel, cela n'existe plus nulle part.

Quelquefois les gens disent : " oui, mais le rapport économique, forcément que vous le vivez puisque vous vendez des concerts, des disques... ". Je le reconnais. Mais nous avons eu la chance de trouver un public qui nous suit et de ne pas être obligés de faire de concessions sur le plan artistique. Nous ne nous sommes jamais retrouvés dans une situation de dire : " bon, allez, il faut qu'on s'arrange un peu, qu'on fasse un truc qui va bien fonctionner. " Ce que l'on fait, on le fait. C'est difficile. Ce n'est pas toujours facile à faire entendre, à faire écouter et pourtant on a un public. Et c'est grâce à ce public, et parce qu'il y a des gens comme vous, que l'on peut continuer. A partir de là, tu ne peux être qu'humble.

Tra Noi: Molte persone sono molto attratti da filettare, armonia, passione, grande musica, il testo. Per me (Susan), vi sono sette angeli. Che cosa potete fare è buono per il cuore, tocca a voi, vi abbraccia. Come è come essere adorato e ancora rimanere semplice Corsica?

JC: Allora in primo luogo, siamo lieti che abbia questa visione di noi. Lei deve sapere che questa visione è per noi, in ogni caso, un desiderio di costruire questa immagine. Qui cito André Malraux: «L'uomo non è né angelo né bestia. Cercando di fare l'angelo, è la bestia."

Quello che è importante per noi è di due cose: uno è quello di essere sempre critico nei confronti di noi stessi. La giornata si cominceranno a dire: "quello che abbiamo fatto è stato buono", allora è finito. Ciò significa che si comincerà a piombino. Il nostro approccio è la ricerca di un equilibrio che sappiamo non potrà mai raggiungere, ma la cosa più importante è quello di scaricarlo. Due: E 'di rimanere umili. Siamo pienamente consapevoli del fatto che nessuno che ci ascolta, non vi è assolutamente nulla. Si tratta di una certezza. Perché abbiamo una canzone che ha senso solo di essere ascoltati. Siamo fermamente convinti che un contratto collettivo, non esiste, un modo di pensare le cose gli uni con gli altri, gli uni contro gli altri, di fronte a vicenda. Ecco come la nostra musica. Questa immagine è, se volete, siamo lieti di mostrare. E questo è possibile solo se si hanno le persone che ci hanno sostenuto e ci ha permesso di vivere questa avventura che sono esclusi per la relazione economica, il rapporto di segnalazione. E che, nel mondo di oggi, non esiste più da nessuna parte.

A volte la gente dice: "Sì, ma la relazione economica, ovviamente, come si vive, perché si stanno vendendo concerti, CD ...". Lo ammetto. Ma siamo stati fortunati a trovare un pubblico che ci segue e non essere costretti a fare concessioni sulla artistico. Non abbiamo mai messo in una posizione tale da poter dire: "Bene, va ', abbiamo organizzato un po', fate qualcosa che funziona bene." Che cosa facciamo, lo facciamo . E 'difficile. Non è sempre facile da ascoltare, per ascoltare, eppure abbiamo un pubblico. Ed è proprio grazie a questo pubblico, e perché ci sono persone come te che si possa continuare. Da lì, non è possibile qu'humble.

Tra Noi : A la fin de la dernière présentation que fait Laurent, il annonce qu'il y aura la possibilité d'acheter des CD à la fin du concert. Cela a fait beaucoup rire la salle. Comment l'avez-vous vécu ?

JC : Hier déjà, les gens ont ri. On y a repensé et on pense qu'ils ont du rire parce que cela venait à la suite de la dernière introduction. Ca nous a aussi fait rire, tout simplement. A ce propos, on a reçu cette année, à Calvi pour les Rencontres, Giovanna Marini. Une chanteuse populaire italienne qui a fait un travail fantastique sur les voix. C'est une dame qui a entre 65 et 70 ans. Elle fait ses concerts avec trois autres chanteuses. Pendant les concerts, elle parle et amuse beaucoup le public. Et à la fin des concerts, elle dit : " voilà, je vais vous expliquer. Nous, on fait des CD et les maisons de production les fabriquent mais ne veulent pas les vendre. Alors nos CD prennent la poussière, on est obligés de les nettoyer. Alors pour ne plus avoir à le faire, on vend nos disques nous-mêmes ". Et alors elle va dans les coulisses, revient avec des cartons de CD, se met au-devant de la scène, et elle les vend. Son agent dit que depuis qu'elle fait ça, elle vend des quantités de disques incroyables. Nous, il est exclu qu'on fasse la même chose. On n'oserait jamais le faire. On en rit beaucoup parce que sur cette tournée, c'est la seule où l'on annonce que l'on vend des CD. Jamais, jamais avant on ne l'avait fait. Pour en revenir à ta question, on en a beaucoup ri mais cela ne nous a pas gêné.
Maxime : Tu disais : " ... l'altruisme, et le don de soi, ... il y a des disques à acheter à la fin du concert." Et tout ça sur le même ton. C'était poétique ! (rires)
Tra Noi: Al termine della presentazione fatta da Lawrence, egli annuncia che egli sarà in grado di acquistare i CD, alla fine del concerto. Questo è stato molto ridere camera. Come sei venuto a vivere?

JC: già ieri, la gente si mise a ridere. E 'stato ridisegnato e pensiamo che hanno a ridere, perché è venuto a seguito degli ultimi introduzione. Ca ridere anche noi, semplicemente. A questo proposito, abbiamo ricevuto questo anno, a Calvi per Incontro, Giovanna Marini. Un popolare cantante italiano che ha svolto un ottimo lavoro sulla voce. Questa è una signora che è tra i 65 ei 70 anni. Ha fatto il suo concerto con altri tre cantanti. Durante i concerti, si parla e divertire il pubblico molto. E alla fine di concerti, ha detto, "qui, ti dico. Possiamo fare CD e produzione di case di produzione, ma non si vuole vendere. CD Quindi, la nostra polvere, siamo obbligati a pulito. Così, per non farlo, noi vendiamo i nostri dati noi stessi. " E poi si va di nuovo dietro le quinte con scatole di CD, è nella parte anteriore del palco, e si vende. Il suo agente ha detto che, dal momento che lei ha fatto, si vende incredibile quantità di dischi. Noi, non è che facciamo la stessa cosa. E non sarebbe mai farlo. Abbiamo riso molto, perché in questo tour è l'unico in cui abbiamo annunciato che vendono CD. Mai, mai prima abbiamo mai avuto. Per tornare alla tua domanda, si rideva molto, ma questo non ha ostacolato.
Maxim: Lei ha detto: "... l'altruismo e abnegazione, ... ci sono ad acquistare i dischi alla fine del concerto." E tutto questo sullo stesso tono. E 'stato poetica! (ride)
Suzan : C'était vraiment marrant, et ça a porté ses fruits.
Tra Noi : Après bientôt trente ans d'existence, ressentez-vous quelquefois que la passion s'amoindrit ? Que faites-vous pour raviver la flamme ?

JC : Ecoute, honnêtement, nous n'avons pas l'impression que la passion s'estompe. Sans doute cela arrivera un jour mais jusqu'ici nous ne l'avons pas encore ressenti. Sans doute parce que l'on fait extrémement de choses différentes. Ce qui est important, pour un groupe comme le nôtre, c'est de ne pas avoir un plan de carrière. On est toujours resté ouverts aux autres, sur leurs capacités à nous proposer des choses et vice-versa. Cela nous fait avancer chaque fois, cela nous enrichit. C'est ce qui s'est passé avec Bruno Coulais quand on a commencé à faire de la musique de film. Depuis, nous en avons fait beaucoup. Nous avons rencontré beaucoup de musiciens. C'est d'ailleurs avec l'un d'eux que nous avons fait le Requiem. Nous avons présenté Bruno Coulais à Orlando Furioso, metteur en scène napolitain, et depuis ils ont fait beaucoup de choses ensemble. Ce n'est pas une fuite en avant, cela se fait très naturellement. En fait, on a sans cesse un sentiment de nouveau, d'inédit.
Tra Noi : Christina voudrait que Jean-Claude décrive A Filetta en un mot.

JC : Alors ... (Jean-Claude s'interrompt, réflèchit, rigole, veut reprendre sa phrase mais Christina est stricte et lui dit "UN mot"). Un mot... Ca veut dire que je bavarde trop...

Laurent : C'est plutôt parce que nous avons beaucoup de questions et que si nous les posons toutes, nous y sommes jusqu'au petit-déjeuner.
Suzan : Un mot pour décrire A Filetta, ce serait ...A Filetta ?

JC : Ce sont DEUX mots. Un mot ...(Jean-Claude regarde très concentré), un mot ... ce serait ... (nous rions), ce serait ... (nous rions à nouveau), un mot qui doit ouvrir à d'autres choses, parce qu'un mot c'est trop difficile. Je pense que, selon moi, il y a une chose primordiale ...
(nous rions encore)
Susan: E 'stato veramente divertente, e che ha dato i suoi frutti.
Tra Noi: Dopo quasi trenta anni di esistenza, a volte sento che la passione si è ridotto? Cosa fare per ravvivare la fiamma?

JC: Guarda, onestamente, non abbiamo la sensazione che la passione si affievolisce. Senza dubbio, si verificherà un giorno, ma finora non abbiamo ancora sperimentato. Forse perché si tratta di cose molto diverse. Quello che è importante per un gruppo come il nostro non è quello di avere un piano di carriera. Si è sempre rimasto aperto agli altri, la loro capacità di suggerire le cose e viceversa. Ci siamo trasferiti ogni tempo, ci arricchisce. Questo è ciò che è accaduto con Bruno Coulais, quando abbiamo iniziato a fare musica per film. Da allora abbiamo fatto molto. Abbiamo incontrato molti musicisti. E 'stato con uno di loro che abbiamo fatto il Requiem. Abbiamo presentato Bruno Coulais Orlando Furioso, regista napoletano, e dato che essi hanno fatto molte cose insieme. Questo non è un volo prima, questo è fatto molto, naturalmente. In realtà, si è costantemente un senso di nuovo, inedito.
Tra Noi: Christina vuole Jean-Claude A Filetta descrivere in una sola parola.

JC: Allora ... (Jean-Claude si ferma, pensa, ride, vuole riprendere la sua frase, ma Christina è rigoroso e ha dichiarato: "Una parola"). Una parola ... Ciò significa che anche io chiacchieroni ...

Laurent: È piuttosto perché abbiamo molte domande e che, se noi siamo in tutto calo fino a colazione.
Suzan: Una parola per descrivere filettare, sarebbe ... A Filetta?

JC: Ecco due parole. Una parola ... (Jean-Claude sembra molto concentrato), una parola ... questo sarebbe ... (si ride), che sarebbe ... (si ride di nuovo), una parola che deve aprirsi ad altre cose, perché è una parola troppo difficile. Credo che, a mio parere, vi è qualcosa di importante ...
(abbiamo ancora ridere)

Christina : Non, UN mot !

JC : Un mot ... (nous rions), un mot, je dirais SINCERITE, parce que c'est un mot qui couvre plusieurs aspects.

Suzan : Un mot n'est pas suffisant.

JC : (soulagé) voilà, absolument.

Tra Noi : Ce qui nous manque en tant que fans d'A Filetta c'est un DVD Live. Est-ce dans les plans ?

JC : On y a déjà pensé, mais pas spécifiquement pour un concert général. Il y a un certain nombre de répertoires qui gagneraient à être enregistrés live. Par exemple, les choeurs de Medée. On se dit maintenant qu'on aurait dû le les faire en live et peut-être en DVD. Parce que cela aurait eu une sincérité plus importante. Quand on a enregistré Médée, on s'est focalisé sur un certain nombre de choses et à l'arrivée on se rend compte que ce n'est pas l'essentiel. Et le CD ne rend pas ce qu'il aurait pu donner en live. Pour revenir à ta question, on y pense de plus en plus. On sait aussi que le CD, c'est quelque chose de beaucoup plus froid. Dans notre façon de chanter, il y a des choses qui parlent plus lorsque l'on écoute un disque. Mais on se pose la question : Est-ce qu'avec un DVD, le concert est-il le même qu'en concert ? Je n'en suis pas si persuadé.

Tra Noi : Sans aucune limite, quel serait le rêve le plus fou que vous souhaiteriez réaliser ?

JC : Je ne sais pas si je ferais un voeu pour A Filetta. Je ferais un voeu pour la planète. Cela peut paraître prétentieux, mais je dis que le voeu que je formulerais, c'est que notre façon de fonctionner en groupe, dans la musique, puisse servir d'exemple. Ce que je veux dire, c'est que j'aimerais voir dans notre société un respect mutuel mais aussi une complémentarité, une solidarité... Qu'on ait besoin des uns et des autres, que l'on soit les uns par les autres, que cette façon de fonctionner puisse se retrouver ailleurs dans la société. C'est à mon sens ce que l'on a de plus cher à donner.

Christina: Non una parola!

JC: Una parola ... (si ride), una parola, vorrei dire la sincerità, perché è una parola che copre diversi aspetti.

Suzan: Una parola non è sufficiente.

JC: (esonerato), che è, assolutamente.

Tra Noi: Che cosa ci manca, come fan di A Filetta è un Live DVD. E 'nei piani?

JC: E 'già pensato, ma non specifica per un concerto generale. Ci sono un certo numero di directory che possono essere registrati dal vivo. Ad esempio, il coro della Medea. Diciamo che ora dobbiamo far vivere e magari su DVD. Perché aveva una maggiore sincerità. Quando ci è stato Medea, ci siamo concentrati su un certo numero di cose e finire vi rendete conto che questo non è essenziale. E il CD non fare ciò che egli avrebbe potuto vivere. Per tornare alla tua domanda, si pensa sempre di più. Sappiamo anche che il CD è una cosa che è molto più freddo. A nostro modo di cantare, ci sono cose che parlano di più quando si ascolta un disco. Ma ci chiediamo: è questo un DVD, il concerto è la stessa in concerto? Io non sono così convinto.

Tra Noi: Senza alcun limite, quale sarebbe il sogno più folle che si desidera raggiungere?

JC: Non so se ho il desiderio di una rete. Vorrei esprimere un desiderio per il pianeta. Questo può sembrare pretenzioso, ma dico che spero che questo approccio è che il nostro modo di lavorare in gruppo, nella musica, può servire come un esempio. Quello che voglio dire è che io vedo nella nostra società con il rispetto reciproco, ma anche una complementarietà, la solidarietà ... Abbiamo bisogno di ogni altro, se gli uni con gli altri, che questa funzione può essere trovato altrove nella società. E 'il mio senso che abbiamo più a dare.

Tra Noi : Une question à propos du groupe en lui-même, sur sa complémentarité, sa solidarité, comment l'expliques-tu ?

JC : C'est tout simple. Si tu veux, A Filetta ne s'est pas constitué que sur des éléments esthétiques, musicaux ou artistiques. La création du groupe remonte à 1978. Petit à petit, les gens qui ont intégré le groupe, sont des gens qui ont cotoyé pendant quelques temps le groupe. Il y avait une sorte de période d'approche si l'on peut dire, et à un moment donné ils ont intégré la structure. C'est-à-dire qu'ils ont fait l'expérience de la proximité sentimentale et philosophique.
Du groupe d'origine, il n'y a que Jean et moi. Après Paul est venu. Il était au lycée avec moi, on se connaissait mais il ne chantait pas. Il était lui-même ami d'un de mes amis d'ecole qui aimait chanter. Petit à petit, il a intégré le groupe. On s'est trouvé des envies communes, le fait de vouloir construire ensemble. Si tu prends les autres, c'est exactement la même chose. José s'occupait avec l'un des fondateurs d'A Filetta d'une école de chant à l'Île Rousse. Au bout d'un moment, il a naturellement intégré le groupe. Maxime, c'est la même chose. Il chantait beaucoup de messes, dans les confréries. Et à un moment donné, il y a eu une sorte d'osmose qui s'est faite et il est entré dans le groupe. Jean-Luc, c'est pareil. Quand il était tout petit, il venait à des ateliers de chant. Il est venu chanter 2-3 fois avec nous pour Passione, pour ce que l'on faisait à Calvi. Naturellement il a intégré le groupe. Céccé, mon neveu, il y a la proximité familiale mais aussi le fait qu'on a fait un concert à Calvi, où l'on avait intégré d'autres chanteurs. Il a répété et chanté avec nous...

Entre temps les pizzas, desserts et les cafés sont consommés, nous aimerions poser nos questions jusqu'au petit-déjeuner, mais la realité veut que les hommes partent demain pour Anvers, et vu qu'il est minuit nous nous disons au revoir...
Propos reproduits avec l'aimable autorisation de Tra Noi.
Tra Noi: Una domanda sul gruppo stesso, sulla sua complementarità, la solidarietà, come si fa a spiegare?

JC: E 'così semplice. Se lo si desidera, filettare non ha dimostrato che su questioni estetiche, musicali o artistiche. La creazione del gruppo risale al 1978. A poco a poco, le persone che si sono uniti al gruppo, sono persone che hanno un po 'di tempo per il gruppo cotoyé. Vi è stata una sorta di periodo di approccio, per così dire, e ad un certo punto hanno struttura integrata. Vale a dire che hanno vissuto emozionale e filosofico nelle vicinanze.
Dal gruppo originario, solo Giovanni e me. Dopo è venuto Paolo. Era a scuola con me, ma lui non sapeva cantare. Era un mio amico di scuola gli amici che amava cantare. A poco a poco, è entrato a far parte del gruppo. E 'stato il comune desiderio, la voglia di costruire insieme. Se si prendono le altre, è esattamente la stessa cosa. José trattare con uno dei fondatori di una scuola di canto Filetta uno in Ile Rousse. Dopo un po 'di tempo, naturalmente, ha aderito al gruppo. Maxime è la stessa cosa. Ha cantato un sacco di Messe in confraternite. E a un certo punto, non vi è stata una sorta di osmosi, che è stato fatto ed è entrato nel gruppo. Jean-Luc, c'est pareil. Quando era poco, è venuto a cantare workshop. Egli è venuto a cantare con noi 2-3 volte per passione, per quello che abbiamo fatto a Calvi. Naturalmente, è entrato a far parte del gruppo. Cecca, mia nipote, non vi è un parente stretto, ma anche il fatto abbiamo fatto un concerto a Calvi, dove aveva inserito altri cantanti. Egli ha ripetuto e cantato con noi ...

Nel frattempo, la pizza, dolci e caffè sono consumati, vorremmo chiedere alle nostre domande fino a colazione, ma la realtà è che gli uomini sono Parto domani per Anversa, e dal momento che è mezzanotte, diciamo addio .. .
Chi riprodotto con permesso Tra Noi.

Entretien au Carubbu avec A Filetta

Ce 19 septembre 2006, A Filetta au grand complet nous reçoit dans la cuisine du Carubbu. Jean-Luc et Ceccè sont aux fourneaux, et le groupe (sans José, parti entre temps chercher son fils à l’école), déjeune tout en répondant à nos questions.
Intervista con A Filetta a Carubbu

Questo 19 settembre 2006, in piena filettante ci accoglie in cucina di Carubbu. Jean-Luc e Cecca sono i forni, e il gruppo (senza partito José frattempo cercare suo figlio a scuola), il pranzo, mentre la risposta alle nostre domande.

 
U Carubbu     
La boîte à lettres d'A Filetta

Les XVIIIes Rencontres

L'invitu (Pierre, Jean-Claude, Pascale et Anne Marie Casanova et Françoise Coulomb) : Tout d’abord, quel bilan tire A Filetta de ces 18es Rencontres qui viennent de s'achever, quel est votre sentiment sur leur déroulement, et que souhaiteriez-vous éventuellement voir évoluer ?

Jean-Claude Acquaviva : Il y a plein de choses à dire, on pourrait d’ailleurs les uns et les autres dire des choses différentes. A mon avis, je pense que ces Rencontres, au niveau de la programmation, ont été peut-être une des meilleures éditions, dans la mesure où la programmation était très cohérente. Nous avons quelques regrets évidemment, notamment sur le final, sur le fait de ne pas avoir pu maintenir ce qui était prévu à l’extérieur. On a aussi quelques doutes sur le concert de Bastia ; non pas sur Faiz Ali Faiz, car c’était géant, mais à Bastia il y a un problème d’adéquation.

L'invitu : Nous aussi, nous en avons parlé entre nous, nous avons le même sentiment.

J.C.A. : Le lieu n’est pas adapté, mais c’est le seul qui soit acceptable sur Bastia. Le théâtre n’est pas utilisable, il est fermé à cette période de l’année, en plus il va être fermé pour travaux. Cela va rendre les choses encore plus difficiles, quand bien même on aurait eu envie d’avoir le théâtre. Donc sur Bastia, on a quand même un doute sur la façon dont ça se déroule.

Il XVIII Rencontres

Il invitu (Pierre, Jean-Claude, e Anne Marie Pascale Casanova e Françoise Coulomb): Prima di tutto, ciò che richiama questi Filetta Un 18es Rencontres che appena concluso, che cosa sono le tue sensazioni sulle loro prestazioni, e che si sarebbe forse vedere il cambiamento?

Jean-Claude Acquaviva: Ci sono molte cose da dire, si potrebbe anche dire di loro due cose diverse. A mio parere, credo che questi incontri, a livello programmatico, è stata forse una delle migliori edizioni, dal momento che la programmazione è stata molto coerente. Noi, ovviamente, avere qualche rammarico, soprattutto nel finale, il fatto di non essere stato in grado di mantenere ciò che è stato pianificato fuori. Ha anche alcuni dubbi circa il concerto Bastia; non Faiz Ali Faiz, perché è stato enorme, ma Bastia vi è un problema di adeguatezza.

Il invitu: Anche noi abbiamo parlato di noi, hanno la stessa sensazione.

J.C.A. : Il luogo non è adatto, ma è l'unico accettabile Bastia. Il teatro non è utilizzabile, si è chiusa in questo periodo dell'anno, inoltre, sarà chiuso per le riparazioni. Ciò renderà le cose ancora più difficili, anche se avrebbe voluto il teatro. Quindi, a Bastia, si è ancora in dubbio su come si svolge.

 
Jean-Claude Acquaviva répond aux questions de L'invitu

Sur le reste, on en parlait encore ce matin entre nous, il y a quand même un rééquilibrage à trouver entre la polyphonie et les voix. Cette année, il y avait relativement peu de polyphonies, mais ça s’explique par le fait que la polyphonie, en 18 éditions, je ne veux pas dire qu’on a fait le tour, mais on a beaucoup programmé de choses, et on est dans la difficulté chaque année de proposer des choses qui soient, je ne veux pas dire inédites, mais nouvelles, qui amènent quelque chose.
On avait déjà par le passé émis l’idée selon laquelle, au lieu d’avoir cette préoccupation sur chaque année de faire des choses nouvelles, ce serait bien que les Rencontres deviennent la vitrine de quelques artistes qu’on pourrait suivre dans leur évolution, dans leur trajectoire. Cela nous aurait permis de reprogrammer certains artistes. Encore faut-il que ces artistes aient une trajectoire, c’est ça le problème. Malheureusement, par exemple les Géorgiens sont venus 7 ou 8 fois, chaque fois ils ont donné le même répertoire. Et là on bloque quelque part.
Donc, grosso modo la fréquentation est bonne, en hausse, mis à part Bastia. La programmation sur le plan artistique me semblait très cohérente, il y a eu de très belles choses, mais il y a quand même ce déséquilibre polyphonies / voix solistes et il y a également, mais justement ça passe par un meilleur équilibre polyphonies/solistes, des choses à simplifier sur le plan technique : ce qui serait bien, l’idéal, ce serait de programmer la Cathédrale et l’Oratoire sans sonorisation, et qu’on fasse ce qui est à sonoriser en extérieur. Et il faudrait qu’on ait un endroit où l’on puisse se replier en cas d’intempéries, qui puisse accueillir un concert sonorisé. Sinon, ce n’est pas jouable. C’est trop difficile, sur le plan technique c’est lourd, c’est compliqué, parce qu’il faut faire les balances, et quand on fait les balances plus personne ne fait rien autour, etc.
Del resto, abbiamo parlato questa mattina di nuovo tra noi c'è ancora un punto di equilibrio tra polifonia e voce. Questo anno, vi è stato relativamente poco polifonia, ma è perché la polifonia, in 18 edizioni, non sto dicendo che ha fatto il giro, ma con un sacco di cose previste, e è in difficoltà di ogni anno, a proporre le cose che sono, non mi riferisco di nuovo, ma quelli nuovi che mettono qualcosa.
E 'stato già suggerito in passato che, invece di avere questa preoccupazione, ogni anno a fare cose nuove, sarebbe bello che le riunioni diventano la vetrina di alcuni artisti che hanno potuto seguire nella loro evoluzione, nel loro percorso. Ciò avrebbe permesso di rinegoziare alcuni artisti. È inoltre necessario che questi artisti hanno una traccia, questo è il problema. Purtroppo, tali georgiani è 7 o 8 volte, ogni volta che ha la stessa directory. E qui che si blocca in qualche modo.
Quindi, circa la partecipazione è buona, fino, al di là da Bastia. Programmazione nelle arti sembrato molto coerente, non vi sono state molto belle cose, ma non vi è questo squilibrio polifonie / solista e voce, ma solo attraverso un migliore equilibrio polifonie / solisti, cose da semplificare il livello tecnico: ciò che è buono, l'ideale sarebbe quello di programmare la Cattedrale Oratorio e senza suono, e facciamo ciò che è suono all'aperto. E sarebbe stato un luogo in cui è possibile ritiro in caso di condizioni atmosferiche inclementi, che può ospitare un concerto il sistema audio. Altrimenti non è riproducibile. E 'troppo difficile, tecnicamente è pesante, è complicato, perché a fare le scale, e quando il saldo è nessuno attorno a non fare nulla, ecc.

Et enfin, dernière remarque : avec le recul, nous pensons que ce n’était pas une bonne idée de programmer les extraits de Marco Polo dans le cadre du final : c’était presque un spectacle de théâtre, une création. C’est trop lourd, on n’a pas la tête à ça, on n’a pas le temps de travailler dans des conditions de confort satisfaisantes, et ça nous a emboucané la fin des Rencontres. Jusqu’au dernier moment, on fait, on ne fait pas, on programme, on ne programme pas, on répète, on fait un filage puis on ne le fait plus, on le fait mais on n’a pas le temps parce qu’on ne fait pas les balances, parce que quand vous allez faire les balances ça commence à l’Oratoire, etc.
Tout ça, c’est à repenser…

L'invitu : Mais c’est quand même lié à la météo ?

Absolument, il faut anticiper maintenant sur la météo.

L'invitu : Effectivement, deux années de suite perturbées par les intempéries, ça risque de se reproduire encore. Mais tout se recoupe : s’il  y avait eu une salle…

Le problème, c’est ce qu’on disait ce matin, c’est que le final des Rencontres, c’est avant tout, du moins en grande partie, le site. Donc, effectivement, si on avait une salle en dehors de la citadelle, le repli serait possible, mais c’est sûr que le final ne serait plus le final qu’on a pensé. C’est la raison pour laquelle il faut, soit penser un final dans le lieu, avec une solution de repli qui soit en quelque sorte un pis-aller, ou alors il faut repenser les choses en sacrifiant certaines choses, en disant « on fait le final avec tel artiste, on sait que ce n’est pas faisable là haut, on sait qu’on risque des problèmes d’intempéries", à ce moment là, on le fait dans un lieu adapté. Mais ce n’est plus le final tel qu’on le pensait.
E infine, ultimo punto: con il senno di poi, noi riteniamo che questa non era una buona idea per il calendario estratti da Marco Polo, sotto la finale: è stato quasi un teatro di produzione, una creazione. E 'troppo pesante, non a testa, non c'è tempo per lavorare in condizioni di buon comfort, ed è stato alla fine emboucané Incontro. Fino all'ultimo momento, che facciamo, non lo faremo, il programma, non è in grado di programmare, ripeto, vi è una filatura e poi fare di più, ma sul fatto che non hanno tempo, perché non equilibrio, perché quando si sta per equilibrio inizia a l'Oratorio, ecc.
Tutto questo è a ripensare ...

Il invitu: Ma è ancora legata al meteo?

Certamente, ora dobbiamo anticipare il tempo.

Il invitu: infatti, due anni in una fila colpite dalle intemperie, potrebbe verificarsi nuovamente. Ma tutto è coperto, se ci fosse una stanza ...

Il problema è quello che ha detto questa mattina è che la riunione finale, che è al di sopra di tutti, almeno in gran parte, il sito. Quindi, in realtà, se abbiamo avuto una stanza al di fuori della cittadella, il calo sarebbe possibile, ma è certo che il finale sarebbe quella finale pensiero. Questo è il motivo per cui dobbiamo pensare sia un posto, con una soluzione di ripiego, che è una sorta di ripiego, o abbiamo bisogno di ripensare le cose da sacrificare alcune cose, dicendo: "è finale con questo artista, sappiamo che questo non è fattibile lassù, sappiamo che il rischio di problemi di tempo, in quel momento, lo facciamo in un posto adatto. Ma questo non è più finale come pensavamo.

L'invitu : Pour nous, ce ne seraient plus les Rencontres, parce que ça a du sens de tous vous revoir à la fin, et à cet endroit là, tout est cohérent.

Il y a un problème de croissance, du fait que beaucoup de concerts étaient saturés, le concert de Médée, des concerts de 18h…

L'invitu : Les concerts de 18 heures saturés, c’est nouveau ?

Pas sur les groupes corses. Evidemment c’est bien que les groupes corses aient de l’audience, qu’ils attirent du monde, mais ça traduit une chose, c’est que le public d’ici ne suit pas beaucoup. Le public venant de l’extérieur est intéressé par la polyphonie corse, ce qui est légitime…

Mais pas que ça, c’est un apprentissage avec vous, une découverte…

Le fait est que les concerts de chant corse ont toujours fait le plein, les 18 h aussi, et ce n’est pas le cas de tous les spectacles. Ceci dit, sur le plan de la fréquentation il n’y a pas grand chose à dire, ça fonctionne, il y a une fidélisation, des gens qui reviennent, c’est très bien.
Là, je vous donne vraiment des éléments de l’intérieur…

Qu'en pensent les artistes invités, quel retour avez-vous de leur part ?

C’est variable : il y a des artistes qui arrivent et qui repartent vraiment enrichis par les Rencontres, et puis il y en a qui arrivent et qui passent un peu à travers. Cela arrive. Il y a des gens qui ne comprennent pas forcément. Il y en a eu dans le passé, je pense que cette année aussi, tout le monde n’a pas vécu les Rencontres de la même façon. Il y a des gens qui se disent « bon, là je suis vraiment dans un moment de communion », il y a quelque chose qui se passe, et il y a des gens qui arrivent, qui participent et qui repartent, c’est tous les ans comme ça.

Qui choisit les artistes ?

Cette année, en grande partie c’est Valérie qui a fait la programmation. Pendant longtemps on a toujours travaillé en écoutant les uns les autres. C’est Jean-Témir* qui arrive en disant « j’ai eu un contact, il faut écouter tel ou tel artiste », on se fait envoyer des disques, etc. Le problème, c’est qu’à un moment donné il y a un problème de croissance des activités, pas seulement des Rencontres, d’U Svegliu en général. Nous A Filetta, sur les Rencontres nous jouons un peu le rôle d’accueil, mais on n’a pas de rôle logistique…
Il invitu: Per noi, questo sarebbe più riunioni, perché ha un significato nuovo a tutti voi, alla fine, e in questo luogo esiste, tutto è coerente.

Vi è un problema crescente, come molti concerti sono saturi, le prestazioni di Medea, concerti 18h ...

Il invitu: Concerti per 18 ore saturi, è di nuovo?

Non per gruppi di corso. Ovviamente è che i gruppi sono corsi di udienza, che attirano il mondo, ma che riflette una cosa da parte del pubblico non molto. Il pubblico da fuori è interessata nel corso della polifonia, che è legittimo ...

Ma non è che l'apprendimento con voi, una scoperta ...

Il fatto è che il corso di canto concerti sono sempre state piene, anche le 18 ore, e questo non è il caso per tutti gli spettacoli. Tuttavia, in termini di partecipazione, non c'è molto da dire, funziona, non vi è una lealtà, persone che ritornano, che è bene.
Ecco, io vi do reale oggetti all'interno ...

Che cosa gli ospiti artisti, come ha fatto a tornare da loro?

Esso varia: ci sono artisti che vengono e lasciare davvero arricchiti da Popolo, e poi ci sono quelli che vengono a trascorrere un po 'attraverso. Che succede. Ci sono persone che non lo fanno. Ci sono stati in passato, credo che questo anno, non tutti hanno vissuto personali nello stesso modo. Ci sono persone che dicono "Bene, sto davvero in un momento di comunione," vi è qualcosa che accade, e ci sono persone che, partecipando e ritorno è tutto l'anno quello.

Chi sceglie gli artisti?

Questo anno, gran parte del quale è fatto Valérie programmazione. Per anni si è sempre in ascolto gli uni agli altri. Jean-Temir * venuta a dire "ho avuto un contatto, è necessario ascoltare un determinato artista, è inviare dischi, ecc. Il problema è che a un certo punto vi è un problema di crescita non solo delle Riunioni, U Svegliu in generale. Filetta siamo sulla riunione che abbiamo appena svolgere il ruolo di host, ma non ha alcun ruolo della logistica ...

* Jean-Témir Kerefoff est le président d'U Svegliu Calvese

Paul : On va chercher les artistes aussi…
JC :  Oui, pendant longtemps on l’a fait, mais on n’y arrive plus, et là cette année je dirais que la plus grosse partie de la programmation c’est Valérie qui l’a faite, évidemment elle nous la soumet, mais le travail de recherche, de repérage, c’est elle qui l’a fait. Sinon, ça peut être quelque chose de collectif, on va se passer des enregistrements…

Et Accentonic, quel est son rôle ?

Accentonic n’est là que parce que A Filetta est là et parce qu’il y a des artistes qui sont chez Accentonic, sinon Accentonic n’a pas un rôle dans les Rencontres (*).

(*) Précision à la demande de Sabine : Accentonic n’est aucunement le tourneur de Julia Sarr, il s’agit de Mad Minute Music. Sabine Grenard est agent en free-lance (sous le régime d’intemittent du spectacle) et en collaboration avec plusieurs agences de tournées qui ont un rôle uniquement administratif (contrats, fiches de paies). Ainsi A Filetta et Warsaw Village Band avec Accentonic.

(Jean-Claude n’a toujours pas mangé une bouchée de ses pâtes. Nous décidons de solliciter un autre membre du groupe).

Le groupe

Ceccè, comment s’est faite ton intégration dans le groupe, et comment vis-tu la double appartenance avec U Fiatu Muntese, n’est-ce pas trop difficile ?

Ceccè : Non, il a fallu que j’assure les concerts d’U Fiatu de cet été, c’était logique, mais cela ne m’a pas posé de difficultés.

Et l’intégration dans ce « vieux groupe de jeunes » ?

C : Avec que des vieux, on ne sait pas comment faire ! (rires)

Ce qui nous épate, c‘est que l’arrivée de quelqu’un soit naturelle...

Max : On le connaît depuis longtemps, déjà.

Oui, vous l’avez jaugé, jugé… En tant que spectateurs, on a toujours la crainte que quelque chose coince, mais c’est incroyable, on sent qu’il y a une harmonie, une osmose qui se fait.

Paolo: E sarà per gli artisti ...
JC: Sì, per lungo tempo abbiamo fatto, ma non vi era più, e allora questo anno vorrei dire che la maggior parte della programmazione si è Valerie che hanno fatto il corso ci sono, ma la ricerca di lavoro, il recupero, che si è. In caso contrario, potrebbe essere qualcosa di collettivo, ci permetterà di trascorrere un record ...

E Accentonic, qual è il suo ruolo?

Accentonic è solo perché vi è una netta e perché ci sono artisti che sono al Accentonic altrimenti Accentonic non ha alcun ruolo nelle riunioni (*).

(*) Precisione, su richiesta di Sabine: Accentonic non è il tornitore Julia Sarr, questo è Mad Minute Musica. Sabine Grenard agente è free-lance (o sotto intemittent mostra) e in collaborazione con diverse agenzie di viaggio che hanno solo un ruolo amministrativo (contratti, salari record). Quindi A e Filetta Varsavia Village Band Accentonic.

(Jean-Claude non ha mangiato un boccone di pasta. Abbiamo deciso di chiedere a un altro membro del gruppo).

Il gruppo

Cecca, come è stata la sua integrazione nel gruppo, e come si fa a doppia adesione con U Fiatu Muntese, non è troppo difficile?

Cecca: No, è stato necessario per assicurare che la U Fiatu concerti di questa estate, è stato logico, ma non ha posto alcuna difficoltà.

E l'integrazione in questo "vecchio gruppo giovanile?

C: Con l'età, non sa come! (ride)

Che cosa ci ha stupito è che quando qualcuno è naturale ...

Max: Sappiamo di lui molto tempo fa.

Sì, hai misurato, considerato ... Come uno spettatore, è sempre stato il timore che qualcosa è inceppata, ma è incredibile, riteniamo che non vi è un armonia, l'armonia che è.

 
J. C. : Je pense, sans vouloir lui envoyer des fleurs, que c’est lié à son tempérament. C’est quelqu’un qui est très vite à l’aise avec le monde, pas seulement avec nous, même par rapport à sa génération, je le vois quand je suis à Ile-Rousse avec lui, moi qui ai 20 ans de plus que lui, il est beaucoup plus à l’aise que moi. Il a une facilité à être avec les autres, il s’est très vite adapté avec nous. Ce n’est pas facile d’entrer dans un groupe, surtout un groupe soudé depuis des décennies comme il l’est. Sur le plan artistique, il n’a pas eu de difficulté particulières, sur le plan de l’intégration il a été très vite à l’aise…
A part les chaussures marron !

Les chaussures marron à Nanterre ! (rires)

Parlons un peu de la genèse du groupe. Quelles sont les racines musicales de chacun ? Est-ce que dans vos familles il y avait une tradition du chant, une tradition musicale ? Ou est-ce que vous êtes venus au chant plus tard, par l’école ou en intégrant le groupe ?

C’est très différent selon les individus. Il y en a qui sont issus de familles ayant des traditions de chant : Jean-Luc a son père qui est berger dans le Marzulinu et qui chante très bien, il a une voix naturelle comme lui, tout petit il est là dedans.
J. C. : Penso che, senza voler inviare fiori, che è legato al suo temperamento. È qualcuno che è molto rapidamente a suo agio con il mondo, non solo con noi, anche nella sua generazione, lo vedo quando sono in Ile Rousse con lui, dal momento che ho 20 anni che egli è molto più confortevole rispetto a me. E 'facile essere con gli altri, egli si è adattato molto rapidamente con noi. Non è facile entrare in un gruppo, in particolare ad un gruppo caratterizzato da decenni, come è. Il lato artistico, non vi era alcuna particolare difficoltà, in termini di integrazione è stato rapidamente a suo agio ...
Oltre alle scarpe marrone!

Brown scarpe a Nanterre! (ride)

Let's talk un po 'circa la genesi del gruppo. Quali sono le radici musicali di ciascuno? La vostra famiglia vi era una tradizione di canto, una tradizione musicale? O è che si è venuto a cantare più tardi, dalla scuola o integrando il gruppo?

Questo è molto diverso a seconda del singolo individuo. Ci sono coloro che provengono da famiglie con le tradizioni della canzone: Jean-Luc ha il suo padre, che è il pastore in Marzulinu e canta molto bene, ha una voce naturale, come lui, è molto piccola lì.

Les autres, non. Il y a des influences différentes, certains sont venus au chant au moment du lycée ou du collège par la polyphonie proprement dite, d’autres faisaient de la musique. Cela a été très différent. Paul a commencé à chanter avec nous quand on était ensemble au lycée. Il dit toujours que les premiers temps il n’aimait pas du tout ce chant…

Paul : Quand j’écoutais un disque de polyphonie, je zappais. Ca s’est fait tout à fait pas hasard : je les écoutais dans mon fauteuil et à un moment donné Jean-Claude m’a dit : « ça ne te dirait pas d’essayer de chanter ? »

Et tu as essayé...

Jean-Luc : S’il avait pu tenir sa langue ! (rires)
Paul : Il m’a proposé et je me suis accroché.

Tu ne chantais pas du tout avant ?

Paul : Non, je chantais comme ça, j’aimais bien la musique, mais c’est tout.
JC : On était au lycée ensemble. C’était une époque où tout le monde apprenait à chanter. Il y a plein de gens qui ont appris à chanter, ils ne sont pas tous devenus chanteurs. Mais on était à la récréation, on chantait, chacun essayait d’apprendre. On était en train de travailler, et lui il était là ; je lui ai dit « tu ne veux pas faire quelque chose ?  Essaie !» A l’époque il était passionné de Polnareff, mais la polyphonie c’était pas son truc. Et après, une fois qu’il a commencé, c’était lui qui était acharné. A la fin de chaque cours il venait nous chercher pour qu’on fasse des répétitions.
Gli altri non lo fanno. Ci sono diverse influenze, alcuni venuti a cantare a scuola o attraverso la polifonia stessa, altri sono stati fare musica. Questo è stato molto diverso. Paolo ha iniziato a cantare con noi quando eravamo insieme in collegio. Lui dice sempre che la prima volta egli non piace questa canzone a tutti i ...

Paolo: Quando ho ascoltato un disco di polifonia, ho Zappas. Non è stato abbastanza casuale: ero nel mio posto di ascolto e di Jean-Claude ha detto, "sembra che non provi a cantare? "

E hai provato ...

Jean-Luc: Se fosse stato in grado di tenere la lingua! (ride)
Paolo: Egli mi ha offerto e sono collegati.

Se non a tutti prima di cantare?

Paolo: No, ho cantato come quella, mi piaceva la musica, ma questo è tutto.
JC: Siamo stati a scuola insieme. E 'stato un momento in cui tutti hanno imparato a cantare. Ci sono molte persone che hanno imparato a cantare, non tutti diventare cantanti. Ma è stato al gioco, che ha cantato, ciascuno cercando di imparare. E 'stata di lavoro, e lui era lì, gli ho detto "non si vuole fare qualcosa? Prova! "Al momento è stato appassionato Polnareff, polifonia, ma non era la sua cosa. E poi una volta avviato, è stato colui che è stato duro. Alla fine di ogni corso è venuto a noi in cerca di fare le prove.

Cela rejoint une autre question : Quels sont vos goûts musicaux autres que la polyphonie ?

Paul : Mike Brant, Johnny Hallyday. Sur le rappel de Médée à Paris, je le fais ! (rires)
JC : C’est très divers. Les influences sont multiples. il y a ceux qui aiment la musique vocale, le classique, la musique électronique, les musiques dites urbaines, c’est très divers. On n’a probablement pas les mêmes disques.
Paul : Il m’est arrivé de parler mal avec des spectateurs qui m’ont dit : « Nous on n’écoute que de la polyphonie ». Je les ai regardés et j’ai dit « Eh bien, je vous plains ! »

C’est aussi ça les Rencontres, des univers musicaux très variés qui s’interpellent.

Ce qui est intéressant, c’est que, en ayant des origines musicales différentes, des passions musicales différentes, on se retrouve là où on se retrouve. Je vois qu’au delà de ce qu’on fait et de la façon dont on le fait, en adhérant à quelque chose, il est rare qu’à la sortie d’un concert, sans même avoir pu discuter, on ait des avis très différents sur ce qu’on a entendu. En ayant pourtant a priori des goûts qui peuvent être très différents, il y a des choses qui nous interpellent, on est souvent assez d’accord.

Une même famille de goûts, une même sensibilité ?

Voilà, une même sensibilité, c’est important, parce que sinon, artistiquement, il y a des choses qui ne passent pas, qui ne fonctionnent pas. Dans le groupe, il y a eu bien d’autres chanteurs qui sont passés, ils ne sont pas tous restés pour ces raisons là. Il y avait des gens qui chantaient superbement bien, Maxime Merlandi qui chante avec Rassegna et Barbara Furtuna, chante très bien, mais il n’a pas pu rester dans le groupe. Ce n’est pas du tout le groupe qui l’a écarté, je pense qu’il avait du mal à trouver sa place, alors même que c’était un super interprète.
Cela a été la même chose avec Stéphane Casalta ou avec Felì. On ne peut pas dire que c’est parce que c’étaient des personnalités musicales fortes : dans le groupe il y a de fortes personnalités musicales. Le problème n’est pas là, le problème c’est d’arriver à fonctionner en osmose avec les autres. Il y a des gens qui n’y arrivent pas, ça se voit même dans les comportements en dehors de la scène. Nous, et c’est en même temps fantastique et lourd, parce qu’on a un comportement, un instinct grégaire, c’est en même temps quelquefois difficile à gérer, car il y a un risque d’étouffement, mais je pense que c’est ce qui fait qu’on dure, et surtout qu’on a un projet artistique qui me semble cohérent…

Que vous avancez...

Qu’on avance sur un chemin…

Questo si collega a un'altra domanda: Quali sono i tuoi gusti musicali diversi dalla polifonia?

Paolo: Mike Brant, Johnny Hallyday. Il punto di Medea a Parigi, I do! (ride)
JC: E 'molto diverse. Le influenze sono molteplici. ci sono quelli che amano la musica vocale, classica, musica elettronica, la cosiddetta musica urbana è molto diversificata. Ci è stato probabilmente non è la stessa dei dischi.
Paolo: Ho difficoltà a parlare con gli spettatori che ha detto: "Siamo l'ascolto di polifonia. Ho guardato e ho detto "Beh, mi dispiace per voi! "

E 'anche l'incontro di universi musicali molto diverse che s'interpellent.

Ma la cosa interessante è che, avendo diversi background musicali, le diverse passioni musicali, siamo dove ci troviamo. Vedo che al di là di ciò che facciamo e come lo facciamo, da qualcosa che unisce, è raro che il rilascio di un concerto, senza nemmeno essere in grado di discutere, ci sono pareri molto diverse prospettive su ciò che abbiamo ascoltato. Eppure, dopo aver, a priori, che possono variare i gusti, ci sono cose che ci sfida, spesso è molto d'accordo.

La stessa famiglia di sapori, la stessa sensibilità?

Cioè, la stessa sensibilità è importante, perché se così non fosse, artisticamente, ci sono cose che non sono, che cosa non è così. Nel gruppo, ci sono stati molti altri cantanti che hanno fatto, non sono conservati per tutti questi motivi vi. Ci sono persone che hanno cantato superbamente, Maxime Merland Rassegna con il canto e Barbara Furtuna, canta molto bene, ma non riusciva a rimanere nel gruppo. Questo non è il gruppo che ha respinto, penso di aver problemi a trovare il suo posto, anche se è stato un super esecutore.
Questo è stato lo stesso con Stéphane Casalta o feli. Non possiamo dire che è stato perché sono stati una forte personalità musicale: Nel gruppo vi è una forte personalità musicale. Questo non è il problema, il problema di cercare di operare in armonia con gli altri. Ci sono persone che non si mostra anche nel comportamento al di fuori della scena. Noi, ed è anche grande e pesante, perché abbiamo un problema, una mandria istinto, a volte è anche difficile da gestire perché non vi è un rischio di soffocamento, ma penso che 'è che ciò che rende difficile, e soprattutto abbiamo un progetto artistico che, a mio avviso è coerente ...

Sia che tu vai ...

Come fare progressi su un percorso ...

On sent vraiment ce que tu dis sur le DVD de Don Kent. D’ailleurs, beaucoup de gens ont découvert A Filetta grâce à ce DVD.
Françoise : J’avais mis la télé tout en lisant un bouquin, et quand le film a commencé, le bouquin m’est tombé des mains, physiquement, c’est un truc de fou.
Pierre : On peut citer l’exemple d’Ursula, qui n’écoutait quasiment pas de musique. Elle tombe sur ce film sur Arte et depuis elle vient aux Rencontres...
Françoise : Il n’y a pas seulement le chant, il y aussi tout ce que vous véhiculez...

Il y a aussi le fait que – c’est pour ça que ce DVD a été important même pour nous - jusque là, on n’a pas forcément l’occasion de parler comme on le fait avec vous ou comme on l’a fait avec Don Kent quand il a fait cette captation. Quand on fait une émission, on ne peut évoquer un truc que très rapidement, et je le disais l’autre jour avec Vincent Zanetti, ça fait du bien de faire des interviews comme ça, parce qu'on a parlé pendant presque une heure de notre travail, et j’avais vraiment l’impression moi-même de découvrir des choses sur nous, alors que les trois-quarts du temps, on est face à des gens qui, sans être inintéressants, souvent n’ont pas le temps ou pas le recul nécessaire. Je crois que ce qui a été bien pour ce DVD, c’est que Don Kent y a mis le temps, sur presque deux ans, et les moyens : il est revenu nous filmer 7 ou 8 fois dans des endroits très différents et en espaçant ses venues : entre chaque rendez-vous il revoyait ce qu’il avait filmé, et puis il a donné la parole à tout le monde, ça aussi, c’est une qualité…
E 'veramente ciò che si sente dire sul DVD da Don Kent. Infatti, molte persone hanno scoperto A Filetta attraverso questo DVD.
Françoise: ho messo il televisore durante la lettura di un libro, e quando il film è iniziato, ho abbandonato il libro mani, fisicamente, è una cosa folle.
Pietro: Un esempio di Ursula, che hanno ascoltato quasi niente musica. Essa rientra in questo film su Arte e poiché si tratta di riunione ...
Françoise: Non è solo il canto, c'è anche tutto il veicolo ...

Vi è anche il fatto che - questo è il motivo per cui questo DVD è stata molto importante per noi - fino ad allora, non era necessariamente la possibilità di parlare, come viene fatto con voi o come abbiamo fatto con Don Kent quando ha fatto la cattura. Quando si effettua una presentazione, non siamo in grado di citare una cosa molto velocemente, e io ho detto l'altro giorno, con Vincent Zanetti, ci si sente bene fare interviste come quella, perché abbiamo parlato per quasi un'ora il nostro lavoro, e mi sento a scoprire cose su di noi, in modo che i tre quarti del tempo, abbiamo a che fare con persone che, pur non priva di interesse, che spesso non hanno il tempo o non il senno di poi. Credo che ciò che è buono per questo DVD è che Don Kent è messo il tempo in quasi due anni, e come ne è venuto abbiamo sparare 7 o 8 volte in luoghi molto diversi e la loro spaziatura sedi: tra ogni appuntamento ha visto quello che ha filmato, e poi dà la parola a tutti, che è anche una qualità ...

On sent beaucoup de choses de vos relations, c’est ça qui est bouleversant dans ce film, ce qui passe entre vous. On parlait de tribu, c’est exactement ça, ça va bien au-delà du chant. Et ce que vous rendez sur scène, on le sent aussi dans vos paroles sur le DVD.
Depuis une quinzaine d’années, les créations prennent de plus en plus d’importance. Est-ce que tu es le seul à composer dans le groupe ?

A écrire, à composer pour le groupe, oui, mais je suis sûr qu’il y a parmi eux des gens qui peuvent le faire. Les choses se sont structurées comme ça parce que j’ai commencé à écrire des chansons tout jeune, et après j’ai continué. Mais je sais que José, par exemple, a écrit des chansons quand on a fait l’album pour les enfants. Il est capable d’écrire des chansons. Je pense que d’autres aussi parmi le groupe peuvent le faire. Ils ne le font pas, de la même façon qu’ils parlent peu, parce que moi je parle et que c’est plus simple. Je ne vais pas non plus avoir un discours qui consiste à dire que tout le monde peut tout faire, peut-être qu’il y a des gens qui n’ont aucune inspiration, je n’en sais rien. Mais je suis persuadé que, parmi eux, il y a des gens capables d’écrire.

La création, l'écriture

Comment se passe l’écriture ? quel est le point de départ ? Ce qui nous frappe, c’est qu’il y a une certaine complexité dans l’écriture, il y a à la fois des mélodies qui sont superbes, mais il y a surtout des harmonies très fortes. Composer directement sur l’harmonie, ça ne semble pas évident, enfin tu vas nous le dire, dans quel ordre cela se passe t-il ? On a la sensation qu’il y a des moments, dans les morceaux, où les harmonies sont tellement fortes qu’on ne sait pas trop comment on peut composer ça, est-ce un ajout progressif ou as tu ces harmonies en tête dès le début ?

En fait, ce qu’il faut bien comprendre, c’est que ce n’est pas monolithique, il n’y a pas une façon unique de procéder. Je disais à Vincent Zanetti que Médée pour nous était un moment important, c’est une espèce de pierre angulaire, de charnière, de passage en quelque sorte. Avant Médée je dirais, tout était de composition orale ; avec Médée, on est dans quelque chose qui est plus complet, qui commence à être quelque chose de plus écrit, mais qui en même temps n’est pas écrit, n’est pas fixé : il n’y a pas une rythmique particulière, il n’y a pas une partition de Médée. Ensuite après Médée, il y a d’autres choses, notamment des choses très écrites. Mais après Médée, il y a aussi des choses qui continuent à être entre les deux, des choses qui continuent à être orales.
Les choses ne sont pas chronologiques, ce n’est pas quelqu’un qui ne savait pas la musique qui a appris la musique et qui après avoir appris a fait autrement.
Alors, comment ça fonctionne ? Soit c’est très vite écrit – quand je dis écrit, je veux dire « pensé », et ce sont des choses qui de cette façon là bougeront peu. Soit il y a des choses qui vivent, qui se modifient. Cela a été le cas de Médée par exemple, dans laquelle il y a eu des apports harmoniques constants. D’abord, en cours de route des choses nous semblaient incomplètes, inachevées, des moments avaient des résolutions qui nous semblaient trop évidentes par rapport à ce qu’on était en train de chanter, petit à petit des choses sont devenues plus abouties sans doute, plus complexes, il y a eu des apports successifs.
Après, il y a des choses très pratiques aussi. Par exemple Ceccè est rentré dans le groupe l’an dernier, on a dit qu’il allait travailler sur le répertoire ; tout ce qui est figé, écrit, pas de problème, on lui donne une partition, il va l’apprendre. Le répertoire traditionnel, les créations pas trop compliquées à mémoriser, ça va, mais Médée, comment on fait ? c’est compliqué, il faut qu’il mémorise quelque chose qui n’est pas écrit, on peut difficilement lui donner un cadre dans lequel il va très vite s’insérer. Donc pour Médée, sur pratiquement tout le chant, j’ai écrit une septième voix.
Abbiamo inviato un sacco di vostri rapporti, che è quello che è sconvolgente in questo film, che passa tra voi. Si è parlato di tribù, è esattamente questo, va ben al di là di canto. E che cosa si va in scena, si sente anche nelle tue parole sul DVD.
Per quindici anni, le creazioni stanno diventando sempre più importante. E 'che tu sei il solo compositore nel gruppo?

Per scrivere, a comporre per il gruppo, ma sono certo che ci sono persone tra di loro che possono farlo. Cose che sono state strutturate come, perché ho iniziato a scrivere canzoni molto presto, e dopo ho continuato. Ma so che Jose, per esempio, ha scritto canzoni quando abbiamo fatto l'album per i bambini. E 'in grado di scrivere canzoni. Credo che gli altri nel gruppo può fare. Essi non, nello stesso modo in cui parla poco, perché mi parla ed è più semplice. Non ho un discorso che vale a dire che tutti possono fare tutto, forse ci sono persone che non hanno alcuna ispirazione, non so. Ma io sono convinto che tra loro ci sono persone in grado di scrivere.

Creazione, la scrittura

Come funziona la scrittura? qual è il punto? Che cosa ci colpisce è che ci sia una certa complessità nella scrittura, non vi sia melodie sono belle, ma la messa a fuoco è molto forte armonie. Direttamente sul quadrante armonia, non sembra evidente, si potrà finalmente dire ciò che per noi in questo sta succedendo? Ti senti ci sono momenti in cui le armonie canzoni sono talmente forti che non sanno come chiamarlo, è presente inoltre uno o progressivo come le armonie in testa fin dall'inizio ?

In effetti, è importante capire è che non è monolitico, non è unico modo di procedere. Ho detto che Vincent Medea Zanetti per noi è stato un momento importante è una sorta di pietra, a cerniera, si è trasferito in qualche modo. Medea prima vorrei dire che è stato tutto orale composizione, con Medea, è qualcosa che è più completo, a partire da scrivere qualcosa di più, ma allo stesso tempo non è scritta, non è fisso Non vi è alcun particolare ritmo, non vi è alcuna partizione di Medea. Poi dopo Medea, ci sono altre cose, comprese le cose per iscritto. Ma dopo Medea, ci sono anche cose che continuano ad essere tra le due cose che continuano ad essere orale.
Le cose non sono cronologico, non qualcuno che non conosce la musica era la musica e dopo aver appreso altrimenti.
Così come funziona? Essere scritto molto rapidamente - quando dico iscritto, voglio dire, "pensiero", e sono cose che in questo modo piccola candela. O ci sono esseri viventi che stanno cambiando. Questo è stato il caso di Medea, per esempio, dove ci sono stati costanti ingresso armoniche. In primo luogo, dal modo in cui le cose sembravano incompleto, incompiuto, e il tempo che aveva risoluzioni troppo evidente rispetto a quello che stava andando a cantare, a poco a poco le cose sono diventate più di successo, senza dubbio, più complesse, ci sono stati successivi.
Dopo di che, ci sono cose molto concrete, anche. Ad esempio Cecca restituito al gruppo lo scorso anno, si è impegnata a lavorare sulla directory, tutto ciò che è bloccato, dice, non c'è problema, si dà un punteggio, si impara. Il repertorio tradizionale, creazioni non troppo complicato da ricordare, è in corso, ma Medea, come facciamo? è complicato, si deve ricordare qualcosa che non è scritto, è difficile dare un quadro entro il quale ha rapidamente in forma. Quindi, per Medea, praticamente su ogni canzone, ho scritto un settimo voto.

C’est bien ce qu’il nous semblait, mais nous avons posé la question à José, qui nous a répondu en blaguant. Cela nous a frappés sur U Casticu, il ne faisait pas le bourdon, et avant il le faisait. Il nous a dit 'je n’avais pas envie de le faire !'

Mais ça, c’est pour d’autres raisons. Avec José, il y a un petit problème tout bête : José a un vibrato naturel et quand vous faites un bourdon et qu’au milieu de 6 voix vous mettez un vibrato, ça fout un bronx pas possible. On a l’impression de ne plus savoir où se trouve la note. Avec José, on a essayé à plusieurs reprises, il y arrive difficilement. Il a une voix qui oscille comme ça (JC nous montre en chantant) Quand il fait un bourdon avec d’autres voix plus droites, sans vibrato, ça rend les choses compliquées, du coup on ne sait plus trop où on en est. C’est la raison pour laquelle il a dit : « si ça pose problème, il vaut mieux que je ne le fasse pas et que je ne rentre qu’après » Ça explique que José ne soit plus sur le bourdon. Mais il reviendra (rires)

Quand vous faites les premiers essais sur ce qui est écrit, est-ce que chacun apporte son idée sur la façon de la faire ?

C’est difficile. Par le passé, il a pu y avoir des choses qui ont été amenées, qui ont pu enrichir. Souvent elles émanaient de Jean Antonelli, parce qu’il était guitariste, qu’il avait une approche de l’harmonie, mais sinon c’est difficile pour un chanteur qui n’a pas – je ne dirai pas une connaissance de l’harmonie, parce que moi je n’ai pas la connaissance de l’harmonie – mais une approche de l’harmonie, c’est difficile…

Il ne peut pas y avoir quelque chose de spontané ?

C’est plus compliqué que ça ; ça peut se faire, mais ça se fait peu. Quand il y a un truc qui commence à être fixé, pensé comme il est au départ, c’est difficile d’y ajouter des choses sans lui faire prendre une autre direction.
On va faire une création à l’Aghja avec des musiciens de jazz, on va leur donner des choses, ils vont probablement faire des propositions qui vont faire changer les harmonies, et ça peut être difficile qu’on soit dans un travail où chacun puisse dire « moi je propose qu’on fasse ça »
Maintenant, attention, je parle d’écriture. Quand tu prends tous les mélismes que fait Jean Luc par exemple, c’est lui qui les fait, ce n’est pas écrit. Bien sûr chacun amène ses trucs, par exemple sur les voix de basse, ils vont à un moment donné dire « nous naturellement, on timbre comme ça, on dit oui, c’est bien, on fait comme ça, tu as raison, on développe ci, on développe ça ». Mais les notes qui y sont, elles sont ce qu’elles sont.

Questo è ciò che volevamo, ma abbiamo chiesto di José, che ha risposto con scherzi. Questo ci ha colpito U Casticu, non è stata la campana, e prima di lui. Egli ci ha detto 'io non volevo farlo! "

Ma questo è per altri motivi. Con José, è un po 'sciocco problema: José ha un vibrato naturale, e quando si effettua una bombo e la metà del 6 voti si inserisce un vibrato, ça főút un Bronx non è possibile. Sembra non sapere dove si trova la nota. Con José, si è tentato più volte, è difficilmente accade. Ha una voce che oscilla come quella (JC ci mostra cantare) Quando si tratta di un bumblebee con le altre linee di voice over, senza vibrato, rende le cose complicate, e quindi non sappiamo dove siamo troppo. Questo è il motivo per cui egli ha detto: "se si tratta di un problema, è meglio che non ho e che io non rientro fino a quando" Si dice che José non è più il fuco. Ma in questo modo (ride)

Quando si esegue il primo test su ciò che è scritto, è che ognuno porta la sua idea su come fare?

E 'difficile. In passato, vi possono essere state le cose che sono state portate, che sono state arricchite. Spesso venivano da Jean Antonelli, perché egli è stato un chitarrista, ha avuto un approccio per l'armonia, ma è difficile per un cantante che non ha - non dirò una conoscenza di armonia perché non ho le conoscenze di armonia - ma un approccio di armonia, è difficile ...

Non ci può essere qualcosa di spontaneo?

E 'più complicata di quella che si può fare, ma è poco. Quando c'è qualcosa che sta cominciando a essere fissato, come è stato pensato sin dall'inizio, è difficile aggiungere cose senza di lui di prendere una direzione diversa.
Noi faremo una creazione di Aghja con musicisti jazz, si dà loro cose, che sono suscettibili di presentare proposte che faranno le armonie, e può essere difficile se ci si trova in un posto di lavoro in cui tutti possono dire "io propongo lo facciamo"
Ora guarda, io parlo di scrittura. Quando si prendono tutti i melismas fatto che Jean Luc ad esempio, egli fa, non iscritto. Naturalmente tutti i loro trucchi porta, ad esempio sulla voce basso, che ad un certo punto dice: "abbiamo naturalmente timbro così, diciamo sì, va bene, si è così, hai ragione, è sviluppa, abbiamo lo sviluppo di questo ". Ma ci sono le note, che sono quello che sono.

C’était vrai au début quand vous étiez un peu en apprentissage de vos voix, mais maintenant tu les connais toutes…

Absolument, il y a ça, et aussi le fait qu’on est passés à une musique plus complexe, plus élaborée. Et j’ai évolué sur certains trucs, et tout le monde n’a pas forcément le même rythme d’évolution, ça ne leur enlève rien, ce n’est pas prétentieux ce que je dis. C’est difficile si tu arrives avec un truc de dire « moi je vois les choses différemment" ; ou bien tu as conscience de ce qui était proposé et effectivement, tu peux trouver des choses qui vont, mais le problème, c’est qu’ils n’ont pas forcément le travail sur l’harmonie qui permet de le faire.
Moi, j’ai fait beaucoup de chemin parce que j’ai beaucoup travaillé sur les compositions de Bruno. Il est probable que si eux avaient fait ce travail, s’ils avaient été comme moi avec Bruno, ils pourraient le faire. J’ai été un peu l’interface, et effectivement j’ai appris plein de choses dans le travail avec Bruno. Et le fait que c’est moi qui ai été l’interface fait qu’il y a certaines choses qui me viennent sans doute plus naturellement.

Tu dis que tu ne connais pas l’harmonie, mais quand on écoute un chant comme Rex, où dans la deuxième moitié notamment il n’y a pas de mélodie, c’est uniquement fondé sur des harmonies ?

Oui, quand je dis que je ne connais pas l’harmonie, ça veut dire l’harmonie telle que tu l’apprends au Conservatoire, qui a des règles d’écriture…

Tu ne les écris pas, tu les sens ?

Je les sens, je les écris, en faisant probablement des fautes d’orthographe harmonique !

Mais tu les sens d’abord ? Est-ce que ce n’est pas mieux justement ? Est-ce que ça ne laisse pas plus de liberté ?

Je n’en sais rien. Moi, ce qui me gêne dans cette approche des choses, et j’ai souvent eu la discussion avec Bruno ou avec Jean-Michel Gianelli, qui sont des gens qui maîtrisent l’écriture , quand je leur dis que je veux me former, ils me disent « non, surtout pas, ne te forme pas ». Ils ont peut-être raison, peut-être que je fais des choses qui actuellement sont interdites par l’harmonie classique et que je ne ferais plus si j’avais une formation académique, ça c’est évident, mais en même temps c’est terriblement frustrant pour moi, à un moment donné, de faire des choses et ne pas être sûr de pouvoir les assumer.

Tu penses que ça limite ce que tu pourrais faire, de ne pas connaître la technique ?

Je ne sais pas si ça limite.

Questo era vero all'inizio, quando siete stati un po 'di insegnamento della tua voce, ma ora sapete tutti ...

Certamente, vi è quello, e anche il fatto che siamo andati ad una musica più complessa, più sviluppati. E ho cambiato alcune cose, e tutti non è necessariamente lo stesso ritmo, che fa togliere tutto ciò che non è pretenzioso quello che dico. E 'difficile, se si arriva con qualcosa da dire "io vedo le cose in maniera diversa", o è a conoscenza di ciò che è stato proposto ed efficace, è possibile trovare le cose che vanno, ma il problema è che non necessariamente lavori in armonia che può fare.
Ho percorso una lunga strada perché ho lavorato in molte composizioni di Bruno. È probabile che se avessero fatto questo lavoro, se fosse stato, come me, con Bruno, che potrebbe fare. Sono stato un po 'di interfaccia, e ho imparato un sacco di lavoro con Bruno. E il fatto che sono stato io che l'interfaccia è stata che ci sono alcune cose che probabilmente più naturale.

Lei dice che non si conosce l'armonia, ma quando si sente una canzone come Rex, dove nel secondo semestre, in particolare, non vi è alcuna melodia, che è basato solo su armonie?

Sì, quando dico che non conosco, l'armonia, significa che l'armonia, come si impara che al Conservatorio, che ha delle regole di scrittura ...

Se non scrivo, è senso?

Sento, scrivo, rendendo probabilmente armonica ortografia!

Ma voi prima senso? È solo questo non è meglio? Questo non lasciare più libertà?

Non lo so. Io, che mi disturba in questo approccio alle cose, e spesso ho avuto la discussione con Bruno o con Jean-Michel Gianelli, che sono persone che hanno padronanza della scrittura, quando dico loro che voglio treno, mi dicono "no, non certo, non si forma." Essi possono essere a destra, forse sto facendo le cose che sono attualmente vietata dalla classica armonia e che vorrei, se mi è stato un accademico, che è evidente, ma al tempo stesso è terribilmente frustrante per me, in un dato momento di fare le cose e non essere in grado di assumersi le loro.

Si pensa che i limiti che cosa potete fare, non conosco la tecnica?

Non so se tale limite.

Je disais « limiter » dans le sens « oser ». Quand tu es dans un cadre écrit, tu t’astreins à rester dans les canons et tu dois perdre un peu l’idée de tenter des choses. Peut être que tu tentes naturellement des choses que tu t’interdirais si tu connaissais les règles.

Peut être, mais c’est difficile. Quand on est ensemble, on se régale. Mais dans notre évolution, par exemple demain on va travailler avec des musiciens de jazz.
Nous, en tant que bloc, on n’a pas de problème de langage entre nous ; on n’a pas de formation harmonique, on est d’accord sur le son, sur ce que ça doit donner, on doit opérer de petits réglages, mais on n’a pas de problème de langage entre nous.
Si demain, on travaille avec un quatuor à cordes, on a un problème, parce que le type du quatuor va nous dire « attendez, là, je ne comprends pas ». Ce qui est écrit n’est pas… je ne vais pas dire qu’il n’est pas juste, ce n’est pas que c’est faux, que ça ne peut pas se faire, mais ce n’est pas dans la règle, et quelquefois c’est mal écrit, mal formulé. Du coup, pour moi c’est frustrant.
Par exemple depuis qu’on travaille avec Bruno, je suis passionné de musique classique, j’ai travaillé des morceaux pour orchestre. Chjarura de Si di mè, c’est une partition d’orchestre que j’avais écrite, mais je ne l’ai montrée qu’à Bruno. Et Bruno m’a dit « on prend ça, on coupe ça, ça fait une chanson superbe ».et on l’a gardée telle quelle. Mais on n’a pu le faire que parce que Bruno a vu ça, l’a pris et est allé l’enregistrer à Sofia. Moi, si demain je vais discuter avec des musiciens classiques,  j’aurais peur de ne pas être crédible.

Tu as peur de ne pas avoir de légitimité, alors que tu peux témoigner de tout ce que tu as fait ?

Cela ne suffit pas !

Tu as beaucoup appris à côtoyer des gens qui ont le dogme, mais eux aussi pourraient beaucoup apprendre avec toi.

Oui, mais c’est bon dans une relation comme avec Bruno. Je ne dis pas qu’il a appris des choses de nous, mais il dit qu’il voit les choses différemment quelquefois, on a modifié un tant soit peu sa façon de percevoir la musique. C’est bon dans le relationnel quand on établit une relation de confiance avec des musiciens, mais si demain je me présente devant un orchestre de 50 musiciens, je ne tiens pas le choc.

Je ne comprends pas que tu sois si radical dans cette affirmation, car tu peux témoigner de choses concrètes…

Ce n’est pas comme ça que ça fonctionne !Il y a plein de festivals qui pourraient nous programmer et qui ne nous programment pas parce que nous ne sommes pas des classiques, parce que nous n’avons pas la formation. Pourtant je suis persuadé qu’il y a des choses qui pourraient s’intégrer dans un festival de musique classique. Simplement un festival de musique classique ne programme que de la musique classique, des gens qui travaillent sur un type de répertoire..

Ho detto "limite" per "osare". Quando sei in una scrittura, si t'astreins di rimanere nel cannoni e si perde un po 'l'idea di cercare le cose. Forse si tende naturalmente le cose che si possono negare se conosceva le regole.

Forse, ma è difficile. Quando siamo insieme, mangiato. Ma nella nostra evoluzione, per esempio, domani si lavora con musicisti jazz.
Noi, come un blocco, non vi è alcun problema linguistico tra noi, non vi è stata la formazione armonica, siamo d'accordo sul suono, ciò che deve, dobbiamo fare piccoli aggiustamenti ma non vi è alcun problema linguistico tra di noi.
Se domani, stiamo lavorando con un quartetto d'archi, abbiamo un problema, perché il tipo di quartetto dirà "aspettare qui, non capisco". Che cosa è stato scritto non è ... non mi dire che non è giusto, non è che è falso che non si può fare, ma non al regola, e talvolta è mal scritto, mal formulato. Quindi per me è frustrante.
Ad esempio, dal momento che stiamo lavorando con Bruno, io sono appassionato di musica classica, ho lavorato su pezzi per orchestra. Si Chjarura di me, è una partizione orchestra avevo scritto, ma mi hanno dimostrato che Bruno. Bruno ha dichiarato: "ci è, tagliare, esso presenta una grande canzone." Ed è stato mantenuto invariato. Ma non abbiamo potuto farlo perché Bruno vide, lo prese e se ne andò per salvare Sofia. Me, se domani voglio parlare con musicisti classici, temo di non essere credibili.

Hai paura di non avere legittimità, puoi testimoniare a quello che fate?

Che non è sufficiente!

Lei ha imparato a gestire le persone che hanno il dogma, ma anche loro possono imparare molto con lei.

Sì, ma è in un buon rapporto con Bruno. Non sto dicendo che ha imparato le cose da noi, ma lui dice che vede le cose in maniera diversa a volte, ha cambiato un po 'il suo modo di percepire la musica. E 'buono il rapporto, quando si stabilisce un rapporto di fiducia con i musicisti, ma se domani io davanti a un'orchestra di 50 musicisti, non voglio che l'ammortizzatore.

Non capisco perché sei così radicale in questa dichiarazione, perché si possa dimostrare qualcosa di concreto ...

Questo non è il modo in cui funziona! Ci sono un sacco di festival che si possa pianificare e programmare ciò che facciamo non perché non sono tradizionali, perché non abbiamo alcuna formazione. Eppure sono sicuro che ci sono cose che potrebbero rientrare in un festival di musica classica. Basta un festival di musica classica programma di musica classica, le persone che lavorano su un tipo di directory ..

Vous ouvrez plein de portes, plein de chemins entre les genres…

Le problème, c’est que ça fonctionne sur une partie du public, et pas sur tous. Vous avez des gens qui sont dans la recherche de quelque chose d’inaltéré, qui ne comprennent pas forcément notre démarche. Il nous est arrivé qu’un compositeur de Nice m’a dit "je ne comprends pas pourquoi vous avez écrit 5 voix pour Médée, avec trois voix on dit suffisamment de choses".

Ce ne sont pas des musiciens, ce sont des ayatollahs !

Dans les orchestres, il y en a, des ayatollahs !
Paul : Et en Corse aussi !
JC : D’ailleurs posez la question à Bruno. C’est un rapport de forces perpétuel.

Ça rappelle Prova d’orchestra !

C’est pour ça que ça nous pose problème. Quand on a fait la Grammaire avec les musiciens, j’ai écrit toutes les parties instrumentales – on l’a fait parce que ce sont des musiciens qu’on connaît, ils disent « t’emmerde pas, on s’en fout, que tu écrives un mi bémol ou un ré dièse, c’est pareil »» mais il y a des musiciens qui auraient dit « attendez, celui-là, il a un problème, où voulez vous aller ? » mais je ne peux pas lui dire ce que je veux faire, je l’ai écrit comme ça, je ne peux pas lui dire « parce que là, il y a telle résolution, telle basse qui justifie telle note», je ne peux pas le dire. Pour en revenir à ce que tu disais sur l’harmonie, je ne fais des choses que pour nous aussi, pour des gens qui sont proches de nous, sinon je n’oserais jamais faire un truc pour un chœur.

Comment s’est faite l’avancée vers la dissonance ?

C’est lié à plein de choses, à ce que j’écoute, à ce qui me plaît, à ce que j’ai pu voir de ce que faisait Bruno, à ce que j’ai pu entendre dans divers registres. Ce peut être quand vous écoutez  Faiz Ali Faiz ou les symphonies de Mahler, il y a des choses qui sont, je ne vais pas dire puisées, mais qu’il me semble entendre dans des endroits très différents, pour des raisons très différentes, dans des sites très différents, etc.

Pour finir sur l’écriture, il y a aussi l’écriture du texte, tu en as écrit un certain nombre,  tu ne penses pas à éditer tes textes ?

Il y a longtemps que j’écris, depuis 1983-84, ça fait plus de 20 ans, et je n’ai jamais rien publié. Maintenant j’en ressens le besoin, non pas seulement pour les publier, car je les utilise, je les chante, mais parce qu’à un moment donné, pour passer à autre chose, je pense qu’on a besoin de s’en défaire. C’est d’ailleurs ce qui nous pose problème sur le plan des répertoires musicaux : on a des répertoires qui s’entrechoquent maintenant, on n’a pas le temps de les faire sortir et on ne continue à produire que parce qu’on est sollicités. La Grammaire, je l’ai faite parce qu’Orlando me l’a demandé. On travaille souvent dans l’urgence. Le Requiem, je n’aurais jamais eu l’idée de dire « je vais faire un Requiem », j’avais commencé à faire des choses, mais jamais dans l’idée de faire un Requiem.

Si apre un sacco di porte, un sacco di percorsi tra i sessi ...

Il problema è che funziona su una parte del pubblico, e non tutti di loro. Hai persone che sono in cerca di qualcosa di incontaminato, che non necessariamente il nostro approccio. Siamo arrivati un compositore di Nizza, ha dichiarato: "Non capisco il motivo per cui hai scritto 5 voti Medea, con tre voti, basta dire le cose".

Essi non sono musicisti, sono ayatollah!

In orchestre, ci sono, l'ayatollah!
Paolo: E anche in Corsica!
JC: E per chiedere Bruno. Si tratta di un equilibrio di potere perpetuo.

Si ricorda Prova d'orchestra!

Ecco perché abbiamo sollevato la questione. Quando abbiamo fatto la grammatica con i musicisti, ho scritto tutte le parti strumentali - è stato fatto, perché sono musicisti si sa, si dice "t'emmerde pas, il s'en főút, che E si scrive un piatto forte o D, è la stessa "" ma ci sono musicisti che hanno detto di aspettare, questo, che ha un problema in cui si desidera andare? "Ma non posso dirgli quello che voglio fare, ho scritto così, non posso dire" perché non vi è una tale risoluzione, come le note che giustificano tale basso ", non posso dire. Per tornare a ciò che ha detto su armonia, fare le cose anche per noi, per le persone che sono vicine a noi, altrimenti non sarebbe mai fare qualcosa per un coro.

Come è il progresso verso la dissonanza?

Essa è legata a molte cose, che io ascolto quello che mi piace, che ho potuto vedere che cosa è stato Bruno, che ho sentito in diversi registri. Questo può essere quando si ascolta Faiz Ali Faiz o le sinfonie di Mahler, ci sono cose che sono, se non stabilito, ma posso sentire in luoghi molto differenti, per ragioni molto diverse, in molto diversi siti, ecc.

Infine, per quanto riguarda la scrittura, è anche la scrittura del testo, hai scritto un numero, non ci si pensa di modificare i vostri testi?

Un molto tempo fa, che scrivo, poiché 1983-84, è più di 20 anni e non ho mai pubblicato. Adesso sento il bisogno di pubblicare non solo, perché io li uso, mi cantare, ma perché a un certo punto, per passare a qualcosa di diverso, credo che abbiamo bisogno di disfarsi. Questo è ciò che abbiamo un problema in termini di repertori musicali: uno scontro di directory che ora non abbiamo tempo per farli uscire e continua a produrre e perché è richiesto. Grammatica, qu'Orlando l'ho fatto perché mi è stato chiesto. Spesso lavora in emergenza. Il Requiem, non ho mai avuto l'idea di dire "farò un Requiem", ho iniziato a fare le cose, ma mai l'idea di un Requiem.

Par exemple l’Ecclésiaste, tu l’avais écrit avant, non ?

L’Ecclésiaste et le Meditate ont été écrits avant, pour des spectacles de la Passion à Calvi, et je les ai repris pour le Requiem.

Et aussi Figliolu d’ella, peut être ?

Et Figliolu d’Ella, absolument, qui n’était écrit que pour deux voix pour la Passion à Calvi.

Oui, des voix de femmes, d’ailleurs.

Et quand on a pensé à travailler sur le Requiem, j’ai repris le Figliolu d’ella parce que le thème, le chant me semblait intéressant à développer, et surtout ce que dit le chant : le thème Figliolu d’ella, sì figliolu di meiu me semblait important, me semblait être la première des choses à dire quand quelqu’un s’en va. Il y avait donc ces trois chants repris de choses antérieures. Mais pour en revenir à ce que je disais, s’il n’y avait pas eu la demande de Jean-Pierre Le Pavec, il n’y aurait jamais eu de Requiem. Et s’il n’y avait pas eu la demande de Jean-Yves Lazennec, il n’y aurait jamais eu Médée.

Mais c’est très frustrant pour nous, parce qu’il y a des bijoux qui sortent, puis un deuxième bijou arrive, et il y en a qui ne sortent pas surtout !

Il y en a qui ne sortiront pas !

Mais ceux qu’on a entendus une fois, on voudrait pouvoir les réentendre !
Tiens, question que l’on voulait poser plus tard mais je te la pose maintenant : au Final, dans ce que vous avez chanté, il y avait un chant géorgien…

Oui, Allilo.

Un extrait du Requiem ?

Non, de Marco Polo, il y avait deux extraits de Marco Polo

Vous aviez déjà chanté le premier en concert ?

Oui, à Nanterre on l’a loupé, celui-là !

Mais là, il n’était pas loupé ! Nous avons été frustrés, car en montant à la Cathédrale Jean-Luc répétait avec Marie Kobayashi, et vous ne l’avez pas chanté ! Tiens, d’ailleurs, qui aurait fait Marco Polo à la place de Guillaume Depardieu ?

Quand, samedi ? On ne devait pas faire Marco Polo. Il y avait quelques extraits , sa voix sur la bande …

Si ça avait eu lieu à Nice ?

C’est Daniel Mesguich. Ceci dit, heureusement que ça ne se fait pas en octobre, parce qu'on avait le théâtre le matin à 10 heures pour la représentation l’après-midi ! Pour monter les décors, mettre le son, répéter avec l’orchestre…

Ecclesiaste per esempio, è scritto prima, no?

L'Ecclesiaste Meditate e sono stati scritti prima, per le prestazioni della Passione a Calvi, e sono tornato al Requiem.

Più di Figliolu ella può essere?

E Figliolu Ella, assolutamente, che è stata scritta per due voci per la Passione di Calvi.

Sì, le voci delle donne, comunque.

E quando si è pensato di lavorare sul Requiem, ho preso la Figliolu ella a causa del tema, la canzone sembrava interessante per lo sviluppo, e soprattutto quello che la canzone: il tema della Figliolu ella, sì figliolu di meiu sembrava importante per me sembrava di essere il primo a dire le cose quando qualcuno lascia. Ci sono stati questi tre brani tratti da precedenti cose. Ma per tornare a ciò che ho detto, se vi fosse stata alcuna richiesta di Jean-Pierre Le PAVEC ci sarebbe mai Requiem. E se non vi era stata alcuna richiesta da Jean-Yves Lazennec, non vi sarebbe mai Medea.

Ma è molto frustrante per noi, perché ci sono emergenti gioielli, poi un gioiello secondo caso, e ci sono quelli che non escono in particolare!

Ci sono coloro che non!

Ma coloro che hanno ascoltato ancora una volta, saremo in grado di sentire!
Qui, la questione è stata di chiedere un secondo momento, ma mi pongono l'ora: in fin dei conti, quello che ha cantato, non vi era una canzone della Georgia ...

Sì, Allilo.

Un estratto del Requiem?

No, Marco Polo, ci sono stati due estratti da Marco Polo

Hai già cantato il primo concerto?

Sì, Nanterre che abbiamo perso uno!

Ma vi è stato non perdere! Ci sono stati frustrati, perché l'importo Cattedrale Jean-Luc ripetuta con Marie Kobayashi, e voi non cantare! Qui, infatti, che sarebbe stato il posto di Marco Polo, Guillaume Depardieu?

Quando Sabato? Non dovrebbe essere di Marco Polo. Ci sono stati alcuni estratti, la sua voce sul nastro ...

Se si è svolta a Nizza?

Si tratta di Daniel Mesguich. Tuttavia, per fortuna non si svolgerà nel mese di ottobre, perché è stata la scena di mattina fino alle 10 ore per la rappresentazione, nel pomeriggio! Per montare il set, salvare l'audio, ripetere con l'orchestra ...

Le travail du chant

Une question à laquelle tout le monde pourra répondre, puisque c’est sur le travail individuel du chant. Comment se fait votre travail individuel ? Comment s’est fait progressivement le placement de votre voix, comment cela continue-t-il d’évoluer au sein du groupe, le timbre... A l’écoute du DVD de Don Kent, on apprend par exemple que Bruno Coulais vous faisait aller beaucoup plus dans l’aigu ou dans le grave, donc ça continue d’évoluer constamment. Comment chacun ressent-il ça, travaille-t-il ça ?

Jean-Luc : Quand on travaille sur une partition, on a chacun notre voix, qu’on travaille à la maison. On n’a pas de méthode de travail particulière, on a une voix qu’on doit apprendre, et ce sont les compositions qui font aller plus loin. Quand on fait un truc avec Bruno, à chaque fois il fait monter un peu plus les basses, il fait descendre dans le grave les aigus et inversement, ce qui fait qu’on évolue Max : la méthode particulière, c’est de travailler sur ordinateur.
Jean-Luc : Pour les partitions écrites (celles de Bruno, Si di Mè, pas Médée ni les chants traditionnels), on a un logiciel qui lit la partition, les 7 voix, on peut mettre 6 voix en piano et la 7e, la nôtre, en trombone, on fait jouer à l’ordinateur, ça permet d’entendre ta voix, tu peux même couper les autres voix et ne laisser que la tienne, ralentir le tempo, l’accélérer, ça permet de travailler en précision sur ta voix à la maison. Quand on travaille  sur une musique de film de Bruno on fait comme ça, on travaille 3 ou 4 jours à la maison, on déchiffre bien notre voix, et une fois qu’on la connaît suffisamment, on se retrouve tous ensemble et on essaie de faire fonctionner tous ensemble les voix que l’on a appris individuellement. Ca c’est pour les partitions.

 
A Filetta en répétition, 21/08/2005 (photo : Jean-Jacques Filippi)

Et quand ce n’est pas écrit ?

On tâtonne ! On travaille ensemble.

Vous enregistrez vos répétitions ?

Pas assez...

Donc à chaque fois vous repartez un peu à zéro ?

C’est la mémoire.

Avec tous les chants que vous avez appris, ça ne se percute pas un peu ?

Jean-Luc : Au contraire, c’est ce qui permet d’entretenir la mémoire. Plus tu en apprends, plus tu peux en apprendre.
J.C. : Attention, même ceux qu’on a fixé sur ordinateur on les apprend par cœur. Quand on a fait Marco Polo avec Bruno, on est obligé. Ce n’est pas forcément le cas d’autres musiciens qui travaillent avec Bruno, ils ont leur partition, et ce qui est terrible, c’est qu’on se rend compte justement que pour le coup tu ne mémorises rien. Ils jouent mais ils sont dans le cirage. Il peut arriver qu'ils se trompent, mais ils continuent imperturbablement. Nous, à la limite, avec notre façon de fonctionner, on essaierait de rattraper, eux même pas.

Ça veut dire qu’ils n’écoutent pas ce qu’il jouent ?

Justement, ça veut bien dire que c’est la façon dont on les forme.

C’est de la mécanique !

On les forme à être en place et à jouer. Très souvent, les problèmes viennent du fait qu’il n’y a pas de chef qui leur donne un départ. Donc ils ne savent pas, ils ne comptent pas. Nous, quand on faisait Himalaya, on comptait  27 mesures avant de rentrer sur Le Lac. Quand vous dites ça à un musicien, il rigole !  27 mesures, c’est un truc de fou. Il dit, attendez, on va vous faire signe ! Le musicien est là, il attend, tac, et il joue sa partie.

Mais ils n écoutent pas ?

J.C. : C’est comme ça. Attention, le problème, ce n’est pas parce que ce ne sont pas de bons musiciens, c’est parce qu’on les a formés à jouer comme ça. On leur demande d’interpréter une partition, on ne leur demande pas d’écouter ce que fait le pupitre d’à côté. Alors que nous, c’est exactement l’inverse. C’est pour ça qu’il y a beaucoup de musiciens qui ne trouvent pas leur compte au sein de l’orchestre. Il y a plein de gens qui sont malheureux dans les orchestres.

C’est très militaire, en fait !

Bien sûr.

Lavoro canzone

Una domanda che ognuno può rispondere, in quanto è il singolo brano. Come è il vostro lavoro individuale? Come ha fatto il progressivo posizionamento della vostra voce, le modalità che egli continua a svilupparsi all'interno del gruppo, le campane ... Per ascoltare il DVD da Don Kent, per esempio, sappiamo che Bruno Coulais si dovrebbe andare molto più alti o bassi, in modo che continua ad evolvere costantemente. Come tutti si sente che funziona vero?

Jean-Luc: Quando si lavora su una partizione, si è tutti i nostri voti, stiamo lavorando a casa. Non vi è alcun particolare metodo di lavoro, era una voce che dobbiamo imparare, e quali sono le composizioni che sono di andare oltre. Quando facciamo qualcosa con Bruno, quando ha sollevato un po 'più bassi, è il basso per le gravi acuti e viceversa, in modo da evolvere Max: il metodo è quello di lavorare su computer.
Jean-Luc: Per le partizioni scritta (quelle di Bruno, Si Di Me, non Medea o tradizionali canzoni), è stato un programma che legge la partizione, 7 voti, siamo in grado di salvare 6 pianoforte e voce nella 7a, la il nostro, il trombone, giocato sul computer, ti permette di ascoltare la tua voce, è possibile anche nascondere le altre voci e non lasciare che detengono, rallentando il ritmo, la velocità è alto, permette di lavorare su di precisione la vostra voce a casa. Quando si lavora su un film di Bruno cliente ci piace questo lavoro 3 o 4 giorni a casa, che decodifica i nostri voti, e una volta che sappiamo abbastanza, siamo tutti insieme e cercare di fare tutte le voci che sono sentito individualmente. Questo è per le partizioni.

 
A Filetta in prova, 21/08/2005 (Foto: Jean-Jacques Filippi)

E quando non iscritto?

E gropes! Noi lavoriamo insieme.

Registrate il vostro prove?

Non basta ...

Così, ogni volta che si lascia un po 'zero?

E 'la memoria.

Con tutti i brani che hai imparato, non ha colpito un po '?

Jean-Luc: Al contrario, è ciò che permette di mantenere la memoria. Più si impara, più si può imparare.
JC: Se vuoi, anche quelle impostate sul computer impara dal cuore. Quando fu Marco Polo, con Bruno, che è necessario. Questo non è necessariamente il caso, con altri musicisti che lavorano con Bruno, che hanno il loro cliente, e ciò che è terribile è che ci rendiamo conto che solo l'esperienza vi ricordo nulla. Essi svolgono, ma sono in cera. Può accadere che si sbagliano, ma continuano imperturbably. Noi, al limite, con il nostro modo di lavorare, cerchiamo di recuperare il ritardo, neppure loro.

Ciò significa che essi non ascoltare quello che essi svolgono?

Precisamente, si vuole dire che è il modo in cui forma.

E 'meccanica!

Si treni a porre in essere e giocare. Molto spesso, i problemi vengono dal fatto che non vi è leader che dà loro un inizio. Quindi, perché non sanno, che non contano. Noi, quando siamo stati in Himalaya, ci sono stati 27 passaggi prima di tornare sul lago. Quando si dice che per un musicista, ride! 27 misure, qualcosa di pazzo. Egli ha detto di attendere, che vi farà firmare! Il musicista è lì, in attesa, tac, e svolge la sua parte.

Ma non ascoltare?

J.C.: E 'così. Attenzione, il problema non è perché non sono buoni musicisti, perché sono stati addestrati a giocare così. Essi sono chiamati a interpretare un cliente, chiediamo loro di non ascoltare quello che la prossima scrivania. Mentre noi, che è esattamente il contrario. Ecco perché ci sono molti musicisti che non possono ottenere in orchestra. Ci sono un sacco di persone che sono infelici in orchestre.

E 'molto militare, in realtà!

Certamente.

L'émotion

Cela nous amène naturellement à la question suivante, il y a quelque chose qui revient constamment dans la bouche des spectateurs, mais aussi dans les interviews, c’est l’émotion que l’on ressent à l’écoute de vos chants. Il y a quelque chose de particulier qui se passe. Est-ce que vous le ressentez ? Comment l'expliquez-vous ?

On en parlait avec Vincent Zanetti. On a souvent eu des gens qui sont venus nous voir en fin de spectacle, des gens qui étaient émus au point de ne pas pouvoir parler. On n’a pas d’explication, mais j’ai une idée là dessus, elle vaut ce qu’elle vaut, moi je pense qu'ils ne sont pas émus par une esthétique, par des harmonies ou par une architecture. Ce qu’ils reprennent en pleine tête, je pense que – et c’est pour ça que la liaison est bonne par rapport au fonctionnement – on est un corps composé de divers individus qui ont chacun sa personnalité et qui réussissent à former un corps. Je pense que l’idée est là : nos sociétés modernes ont dans leur production, leur organisation, tout conçu de façon pyramidale et individuelle, et en cloisonnant les responsabilités. Pour tout, et on le voit quand il arrive une catastrophe, on essaie de remonter tout de suite la chaîne des responsabilités, parce que c’est organisé comme ça. On dit : « Untel fait ça, il ne fait que ça, il a bien fait ce qu’il devait faire ».

Nous, en tant que corps, on ne peut pas fonctionner comme ça. On est un corps qui ne fonctionne que quand tout le monde contribue à le faire fonctionner, et contribue en prenant à sa charge tout le corps. Il y a un vrai collectif qui est une sorte de cocon, et je crois qu’on renvoie cette image à des gens qui naturellement ont besoin de ça. Je ne vais pas faire le philosophe, mais je pense que l’homme à l’état de nature a besoin de ça, de savoir qu’il fait partie d’un tout, qu’il s’insère dans un ensemble et qu’il est en même temps acteur de son propre rôle et aussi acteur d’une partie du rôle des autres. Et ce système ne fonctionne que dans la mesure où on s’abandonne au collectif tout en gardant chacun sa personnalité. C’est un collectif qui s’enrichit de l’abandon de tout le monde, mais qui n’impose à personne d’abandonner sa personnalité.

Et je crois que c’est ça qui frappe les gens : quand ils écoutent par exemple les chœurs de Médée,, les gens se disent « mais comment ils peuvent chanter ensemble des choses qui ne sont pas mesurées, ils n’ont pas de repères, qui fait quoi, qui commande quoi », et là il n’y a pas de réponse.
Et d’ailleurs, j’analyse les choses comme ça, parce qu’on le voit bien, très souvent les individus modernes que nous sommes ont des problèmes avec le collectif, avec le groupe. A chaque fois qu’il arrive quelqu’un ici, une équipe de télé, des journalistes, des représentants des institutions etc., ils demandent qui est le responsable. C’est ça le problème. Notre musique est aux antipodes de ça. Et ça existe à l’état naturel, parce qu’on en a besoin, je ne pense pas qu’on soit fait pour ne jouer que son rôle et ne pas regarder les autres et surtout dire "moi, je fais ce que j’ai à faire, que les autres en fassent autant". Nous on ne peut pas fonctionner comme ça.

Tu as raison de signaler ça, car une grande partie de l’émotion, c’est ça. L’aspect fusionnel que vous donnez est bouleversant. Mais ça ne suffirait pas à expliquer l’émotion. On est ému parce que c’est beau ce que vous faites. C’est indissociable.

Je pense que c’est beau parce que c’est fusionnel. Ce n’est pas beau parce que intrinsèquement c’est beau. Parce qu'on a fait des choses qui ne sont pas belles non plus !

Tout à l’heure on parlait d’harmonie, c’est vrai qu’il y a des moments dans votre musique qui sont écrits de telle manière que c’est beau, ça touche. Ensuite il y a ce côté fusionnel qui fait qu’il y a un corps, une interprétation parce que vous êtes ensemble et que vous donnez énormément.

Tu sais, il faudrait faire un test. Il faudrait prendre un chœur classique et lui faire chanter un de nos chants. Ce serait intéressant de voir comment les gens réagissent à ça.

Ce qui fait la différence, c’est l’émotion, le côté tactile. Vous vous touchez, on sent une amitié entre vous.

Absolument, c’est pour ça qu’à mon sens, ça vient de là, ce n’est pas ce qu’on chante.
Emotion

Ciò comporta naturalmente la questione, vi è qualcosa che è costantemente in bocca di spettatori, ma anche nelle interviste, è l'emozione che ci si sente ad ascoltare le vostre canzoni. Vi è qualcosa di speciale che succede. Ti senti? Come si spiega?

Abbiamo parlato con Vincenzo Zanetti. Abbiamo avuto spesso persone che sono venute a trovarci alla fine dello spettacolo, le persone che sono state trasferite, fino al punto di non essere in grado di parlare. Vi è stata fornita alcuna spiegazione, ma ho una idea su questo, è ciò che vale la pena, credo che non sono mossi da estetica, l'armonia con l'architettura o. Essi riprendere in testa, penso - e questo è il motivo per cui il collegamento è buona, rispetto al funzionamento - si tratta di un organo composto da varie persone che hanno ciascuna la propria personalità e che riescono a formare un corpo. Penso che l'idea è questa: le nostre società moderne hanno nella loro produzione, l'organizzazione, la piramide progettata e individuale, e le responsabilità di partizionamento. Per tutto ciò, e lo vediamo quando succede un disastro, cerchiamo di tornare immediatamente la catena di responsabilità, perché è organizzato come questo. Essa ha detto: "Smith, ha fatto, è proprio questo, egli ha fatto ciò che dovrebbero fare".

Noi, come un corpo, non si può lavorare così. Vi è un organismo che funziona solo quando ognuno contribuisce a rendere il lavoro, e aiuta a prendere in mano tutto il corpo. Si tratta di un partenariato che è una sorta di bozzolo, e penso che questo file si riferisce a persone che, ovviamente, ne hanno bisogno. Non voglio fare il filosofo, ma penso che l'uomo nello stato di natura, un bisogno, sapendo che si tratta di parte di un tutto, essa fa parte di un insieme e che è anche un attore nel suo ruolo di attore e di una parte del ruolo degli altri. E questo sistema funziona solo in quanto abbandona il gruppo, mantenendo tutti personalità. Si tratta di un collettivo che si è arricchito l'abbandono da parte di tutto il mondo, ma non rinunciare a nessuno la sua personalità.

E penso che ciò che colpisce le persone quando sentono tali cori di Medea, e la gente dice "ma come si può cantare tutte le cose che non sono misurati, non hanno punti di riferimento chi fa che cosa, che cosa gli ordini, e non vi è alcuna risposta.
E poi, mi piace analizzare le cose che, perché vediamo molto spesso che la moderna individui abbiamo problemi con il collettivo, con il gruppo. Ogni volta che qualcuno viene qui, un gruppo di giornalisti televisivi, i rappresentanti delle altre istituzioni. Essi chiedono che ne è responsabile. Questo è il problema. La nostra musica è l'antitesi di tutto ciò. E che si verifica naturalmente, perché abbiamo bisogno, non credo che ci può essere fatto a svolgere il suo ruolo e non guardando gli altri e soprattutto di dire "fare quello che ho hanno a che fare, che gli altri facciano lo stesso. " Non siamo in grado di operare in questo modo.

Hai ragione a sottolineare che, poiché gran parte delle emozioni, che è giusto. La fusione è che si sta muovendo. Ma non sarebbe spiegare l'emozione. Siamo felici perché è bello quello che fate. È inseparabili.

Penso che è bello perché è fusional. Non è bello perché è intrinsecamente bello. Perché abbiamo fatto le cose che non sono né belle!

Poco fa abbiamo parlato di armonia, è vero che ci sono momenti nella tua musica che è scritto in modo tale che è bello, si tocca. Poi c'è questa parte che fusional fatto che vi sia un corpo, un 'interpretazione perché siete insieme e si danno enorme.

Sai, ci dovrebbe essere una prova. Sarebbe un classico coro a cantare una delle nostre canzoni. Sarebbe interessante vedere come la gente reagisce ad essa.

Che cosa fa la differenza è l'emozione, toccare il lato. Si tocca, si sente uno di amicizia tra di voi.

Assolutamente, questo è il motivo per cui a mio parere, è da lì, questo non è ciò che cantano.

Le point de départ  c’est ça. Mais ce que vous chantez, c’est important !

Je ne dis pas que ce n’est pas important, ce que je veux dire c’est que après, tu aimes ou tu n’aimes pas, tu adhères ou tu n’adhères pas. Quand j’écoute de la musique classique, je préfère les symphonies de Mahler à celles de Beethoven.

Françoise : Il y une alchimie : c’est physique et relationnel.Tu pourrais dire qu’il y a une peuplade d’hurluberlus qui sont fous d’A Filetta, mais quand tu vois à côté de toi des gens que tu ne connais pas être émus aux larmes  … ma fille était aux Rencontres pour la première fois, eh bien Diane vendredi soir, quand vous avez chanté, elle pleurait !
Pierre : La première fois qu’on vous a entendus, pareil, et ça remonte à 1993, ce n’était pas le même répertoire.
F : C’est intergénérationnel, c’est incroyable, l’effet que vous faites c’est … comme le chocolat !


Moi, j’ai eu le même type de sensation lorsque j’ai entendu chanter les Georgiens pour la première fois. C’est la même chose, parce que je pense que c’est là-dessus qu’on se ressemble avec les Georgiens, au-delà de l’aspect polyphonique, des ressemblances sur le plan de l’harmonie, on est pareils sur le rapport entre nous et sur le rapport avec le public.

Et c’est pour ça qu’on aime aussi vous voir, ce contact direct avec ce que vous êtes
C’est un courant qui passe, ça rentre par les pores.

Encore une fois parce qu’au delà du fait qu’on dit des choses avec notre esthétique, il y a le fait qu’on est comme un corps, avec tout ce que cela a de fragile, de déséquilibré, de vivant, de tension, alors qu’on n’a pas ce sentiment là quand on voit un chœur classique.

Et vous ne donnez pas un spectacle.

On peut être touché par de belles harmonies, la voix de l’ange, mais chaque fois que j’ai vu des chœurs classiques chanter, il y a quelque chose qui ne se passe pas, ça n’empêche pas qu’ils puissent faire des choses qu’on leur envie souvent...

On n’est pas dans la technique avec vous, on est dans le sentiment, dans l’être, dans l’humain…

Il punto di partenza è questo. Ma ciò che è importante cantare!

Non sto dicendo che non è importante, quello che sto dicendo è che dopo che ti piace o non ti piace o vi si unisce a voi non è così. Quando ascolto musica classica, io preferisco la sinfonie di Mahler quelle di Beethoven.

Françoise: Vi è un alchimia: è fisica e relationnel.Tu potrebbe dire che c'è una tribù di manovelle che sono pazzi per filettare, ma quando si vede accanto a te persone che non conoscete fino alle lacrime ... mia figlia è stata nel corso della riunione per la prima volta, beh, Diane Venerdì sera quando si cantava, gridò!
Pietro: La prima volta che hai sentito, e questo risale al 1993, questa non era la stessa directory.
F: E 'intergenerazionale, è sorprendente l'effetto che si fa ... come il cioccolato!


Ho avuto lo stesso tipo di sensazione quando ho sentito cantare i georgiani per la prima volta. E 'la stessa cosa, perché penso che sia superiore è simile a quella con i georgiani, in aggiunta alle polifoniche somiglianze, in termini di armonia, è su tale il rapporto tra noi e il rapporto con il pubblico.

Ed è per questo che ti amo anche vedere, questo contatto diretto con ciò che si sta
Si tratta di una corrente che passa attraverso i pori.

Ancora una volta a causa del fatto che al di là delle cose che diciamo con la nostra estetica è il fatto che noi siamo come un corpo, con tutto ciò che una fragile, sbilanciato, vivo, la tensione, quindi non abbiamo questa sensazione, quando ci vediamo un classico coro.

E voi non danno una mostra.

Si può essere toccato da belle armonie, la voce del angelo, ma quando ho visto classica, canto corale, c'è qualcosa che non accade, non li si può smettere di fare cose che spesso vogliono ...

Non è la tecnica con voi, siamo in un certo senso, in quanto, nel umani ...

Donner du sens

Ca amène encore naturellement la question suivante : qu'est-ce que tu veux dire quand tu parles du sens, de la recherche du sens mais pas d’un sens ?

Oui, quand je dis du sens et pas un sens, c’est que justement, trop souvent on cherche un sens aux choses, c’est à dire que soit on cherche un sens en se donnant une direction, en se projetant et en disant « c’est là qu’on va », et à mon avis, ça ne peut pas fonctionner comme ça, on n’a jamais dit : « on va faire ci, on va faire ça, on a tel projet, on va aller à tel endroit… » Ce qu’on fait, ça ne peut pas se planifier, c’est fait de rencontres.

Il n’y a pas de stratégie.

Absolument, il y a des rencontres qui nous ont modelés, changés, transformés, qui ont fait qu’au fil de ces rencontres on a un profil nouveau à chaque fois. A mon avis, c’est la définition même de l’identité qui n’a de sens que dans la mesure où elle est en perpétuelle édification, sinon c’est quoi l’identité, ce que tu es maintenant, dans deux heures tu ne le seras plus, par la force des choses. Donc c’est une illusion de dire que je vais camper sur la tradition, c’est un peu ça qui me gêne dans le discours sur la défense de l’identité, qui a mon sens, ne tient pas. C’est contraire à toute idée de vie, et quand je dis "du sens", c’est aussi le fait que si on n’intègre pas le fait que chacun d’entre nous est multiple, que non seulement on est un groupe constitué d’individus qui sont eux mêmes multiples, donner du sens à ce qu’on fait, c’est éviter de demander à chacun de n'être que lui et de rester ce qu’il est, ce qui de toutes façons dans la vie n’est pas possible ; c’est pour ça que je dis "il faut donner du sens et pas un sens", et c’est la raison pour laquelle notre musique est variée, et c’est ce qui vous la fait apprécier.

Moi, je ne vais pas dire « je ne vais faire des choses que dans la mesure où elles sont en rapport avec ce que j’ai été à un moment donné ». De toutes façons, ce qui s’arrête se défait ; le jour où on s’arrête, on commence à dégringoler, et c’est applicable partout, y compris dans la technique. Le jour où on s’arrête d’être exigeant, d’aller au-dessus, fatalement on commence à redescendre, car les forces sont contraires !

Dare un senso

Questo porta naturalmente alla domanda: che cosa si intende quando si parla certo senso, la ricerca di significato, ma priva di significato?

Sì, quando dico che non ha senso e il senso è proprio che, troppo spesso alla ricerca di un significato alle cose, vale a dire che è alla ricerca di un significato in una direzione che, per la progettazione e dice "Questo è dove", e, a mio parere, non può lavorare così, non abbiamo mai detto, "lo faremo, lo faremo in un progetto, andremo in un posto ... "Che cosa facciamo, non può piano, è riunioni.

Non vi è alcuna strategia.

Certamente, ci sono incontri che abbiamo plasmato, cambiato, trasformato, che hanno, nel corso di questi incontri che abbiamo un nuovo profilo di volta in volta. A mio parere, la definizione stessa di identità che ha senso solo nella misura in cui è costantemente edificio, altrimenti ciò che è l'identità che vi trovate in due ore sarebbe meglio, con la forza di circostanza. Quindi è una illusione di dire che mi bastone alla tradizione, ma solo in mi disturba il discorso sulla difesa della propria identità, che a mio avviso non è così. Ciò è contrario a qualsiasi concetto di vita, e quando dico "che significa" è anche il fatto che se uno non contesta il fatto che ciascuno di noi è multiforme, che non solo è un gruppo è costituito da persone che sono a loro volta di più, di dare un senso a ciò che facciamo non è chiedere a tutti di essere e di rimanere solo lui quello che è, che in ogni caso in La vita non è possibile, che è il motivo per cui dico "dobbiamo dare un senso e non senso" ed è per questo che la nostra musica è varia, e che si apprezzano .

Non dico 'non posso fare le cose come sono legate a ciò che sono stato in una sola volta ". Comunque, ciò che blocca i rigetti in mare il giorno in cui ci fermiamo, noi cominciamo a piombino, e si applica in tutto il mondo, anche in tecnologia. La giornata si smette di essere esigente, a salire, inevitabilmente si avvia di nuovo, perché sono contro le forze!

L'accompagnement instrumental

Avant le final, petite question subsidiaire sur les instruments, que vous avez abandonnés, est-ce définitif ?

Paul : Pour moi, oui, le tambour à contre temps !
JC : On a eu cette discussion aux Rencontres sur le problème des instruments. Mon sentiment, c’est que la Corse, en tout cas le mouvement culturel corse depuis le début des années 70, a un gros problème avec les instruments. Cela me semble évident. Autant on avait une tradition orale très puissante, des voix, une science de la voix, de la pratique vocale, autant sur le plan de l’instrument, avec du recul, je ne vois pas quel groupe depuis le début des années 70 a réussi quelque chose sur le plan instrumental. Je suis très catégorique, les gens qui réussissent sont très souvent ceux qui sont en rupture avec le mouvement identitaire, ils sont dans un autre registre. Vous avez de superbes musiciens en Corse, mais vous ne les trouvez pas dans les groupes. C’est lié au fait que Canta u Populu Corsu en commençant, a donné un style, c’est celui de Jean-Paul Poletti, la guitare arpégée, et tout le monde lui a emboîté le pas, nous y compris, et que ça ne fait pas une ossature instrumentale, un chant techniquement cohérent. Je voyais sur ces Rencontres, et je le leur ai dit d’ailleurs, Rassegna, techniquement c’est très en place, aucun problème. Je voyais Julia Sarr et le guitariste, on aime ou on n’aime pas, mais la guitare avait de la dimension ; si vous écoutez des groupes corses, il y a une espèce de bouillie instrumentale.

On a la sensation que les instruments, notamment la guitare, retombent constamment sur les mêmes schémas...

Absolument, on est bien d’accord, mais c’est parce que d’abord, peut être que le mariage avec les voix polyphoniques n’est pas si évident que ça, et deuxièmement parce qu'on a toujours fait pour l’instrument ce qu’on faisait pour les voix, en ne tenant pas compte du fait qu’il y avait une tradition pour les voix mais pas pour les instruments, et qu’on n’a pas d’instrumentistes. Le peu d’instrumentistes qu’on a, ce sont des gens qui, à un moment donné, se sont mis à jouer de la guitare ; on s’accompagne, mais à mon avis c’est insuffisant.
De tous les gens qui jouent, pour moi  - c’est peut-être excessif ce que je dis - il y en a un seul qui a une réelle dimension sur le plan de l’accompagnement, c’est Jérôme Ciosi, il utilise une guitare comme un guitariste, c’est un vrai guitariste, il a une formation classique, il sait de quoi il parle.
Les autres, il y a beaucoup de choses maladroites, mal conçues. Moi, il y a des choses que j’ai comprises en évoluant dans le chant. Par exemple, la guitare arpégée, systématiquement faire un arpège de guitare en accompagnement, vous ramenez l’unité de temps à sa valeur la plus petite ! A un moment donné, (il chante la partie de guitare) ça fige les choses, d’abord ça donne une orientation…
Pour en revenir à ta question, à un moment donné on a pris conscience du fait qu’on n'était pas des instrumentistes, pas à l’aise dans ce domaine et même si on a pu faire des choses qui avaient un intérêt – je le disais à Bruno Allary de Rassegna – qui me disait "pour moi, votre disque Una Tarra ci Hè est superbe, je l’écoute…"

L'accompagnamento strumentale

Prima della finale, un piccolo punto sugli strumenti che si hanno abbandonato, è permanente?

Paolo: Per me, sì, il tamburo contro il tempo!
JC: Abbiamo avuto questa discussione nel corso di riunioni sul tema degli strumenti. La mia sensazione è che la Corsica, in ogni caso, il movimento culturale corsa fin dai primi anni'70, ha un grosso problema con gli strumenti. Che sembra chiaro. Così come non vi è stata una forte tradizione orale, le voci, una scienza della voce, pratica vocale, sia in termini di strumento, con il senno di poi, non vedo alcun gruppo fin dai primi anni'70 ha avuto successo qualcosa sulla strumentale. Sono molto categorico, le persone che hanno successo sono spesso coloro che sono di rottura con il movimento di identità, sono in un altro registro. Hai grandi musicisti, in Corsica, ma non si riesce a trovare nei gruppi. Ciò è dovuto al fatto che Canta u Populu Corsu inizio, ha uno stile è quello di Jean-Paul Poletti, arpeggiated chitarra, e ognuno di noi ha seguito l'esempio, noi compresi, e non fa le ossa strumentali, un brano tecnicamente coerente. Ho visto su questi incontri e che ho detto altrove, Rassegna, tecnicamente è molto alto, nessun problema. Ho visto Julia Sarr e il chitarrista, il aime a ou n'aime pas, ma la chitarra ha le dimensioni, se si ascolta corsi gruppi, non vi è una specie di porridge strumentale.

E 'stata la sensazione che gli strumenti, tra cui la chitarra, in costante calo sullo stesso pattern ...

Assolutamente, stiamo bene, ma è dovuto al fatto che prima, forse il suo matrimonio con il polifonica voci non è così ovvio come, e in secondo luogo, perché abbiamo sempre fatto per lo strumento quello che abbiamo fatto per la voce, non tenendo conto del fatto che non vi è una tradizione per le voci, ma non per gli strumenti, e non abbiamo strumentisti. I pochi giocatori che abbiamo, sono queste persone che, a un certo punto, ha iniziato a suonare la chitarra e va, ma a mio parere è insufficiente.
Di tutte le persone che suonano per me - forse eccessivo quello che dico - non vi è uno che ha una dimensione reale in termini di sostegno, è Girolamo Ciosi, si utilizza un chitarra come chitarrista, è un vero chitarrista, ha di formazione classica, egli sa di che parla.
Altri, ci sono molte cose scomode, mal progettato. Me, ci sono cose che ho incluso nel movimento canzone. Ad esempio, arpeggiated chitarra, su un arpeggio di chitarra di accompagnamento, è l'unità di tempo di ritorno al valore inferiore! A un certo punto, (egli canta la chitarra) che blocca le cose, in primo luogo che fornisce una guida ...
Per tornare alla tua domanda, a un certo punto ci siamo resi conto che non erano musicisti, non confortevoli in questo settore e, anche se si potrebbe fare le cose che avevano un interesse - I Bruno ha detto di Allary Rassegna - che ha detto "per me, vostro hard Una TARRA Egli è meraviglioso, mi ascolti ..."

C’est notre avis aussi !

Sans doute, mais moi, quand je réécoute les parties instrumentales, je me dis que ce n’est pas ça.  Bon, les parties vocales non plus (rires). Avec le recul, on n’est pas content de ce qu’on a fait.

Ca fait partie d'une progression.

Absolument, on fera sans doute des choses avec instrumentation, mais avec des musiciens. On ne fait pas un rejet de ce qui pourrait être une instrumentation de type traditionnel : si demain on nous donnait les musiciens, des syriens qui sont venus il y a 3 ou 4 ans, aucun problème, on peut faire des choses avec, même dans des registres très différents, mais faire ce que l’on a fait avec les moyens du bord, moi guitariste alors que même si j’ai fait un peu de guitare classique je ne suis pas instrumentiste, c’est insuffisant. Et après, il y a toute une énergie que l’on n’a plus dans le chant parce qu’on n’est pas à l’aise.

(pendant ce temps, Max, Jean-Luc, Paul et Jean se sont emparés de nos appareils photos et « font les japonais », mitraillent dans tous les sens, se photographient mutuellement en faisant des grimaces)

Les projets

La dernière question, vos projets. Il y en a certains dont on a entendu parler, d’autres pas. Il y a la création avec Paolo Fresu, le dessin animé (Max and co), y a t il à côté de ça une création genre Requiem ou Médée dans les cartons ?

Il y a plusieurs choses. Il y a le travail à l’Aghja avec les musiciens de jazz, c’est une rencontre ; ce n’est pas une création à proprement parler, on arrive avec des choses, eux arrivent avec les leurs, on va essayer de mettre en place une rencontre mais ça ne sera pas une création ex nihilo ; en 4 jours on ne va pas produire un répertoire d’une heure et quart, ce n’est pas possible.
Après cette rencontre avec des musiciens de jazz, dans l’ordre on doit travailler avec des musiciens toscans, l’orchestre de Livourne, et deux actrices sardes dans le cadre d’un projet : un nouveau Médée. Enfin, ce sera notre Médée, avec deux actrices et un orchestre. Bruno Coulais doit écrire des choses sensées non pas jouer sur nous, mais opérer un maillage entre une musique de facture classique telle que peut l’écrire Bruno, et nos chants. Cela doit se faire impérativement avant l’été 2007, c’est très court.
Dans la foulée, on doit travailler sur une création d’Orlando sur une Colomba qui doit se faire au théâtre de Bastia le 5 mai. Ceci dit, Orlando ne veut pas a priori que ce soit quelque chose de complètement créé : il dit qu’on est dans l’évocation, même s’il ne va pas reprendre le texte de Mérimée, mais il veut qu’on utilise plus un fond traditionnel qu’on pourrait actualiser, qu’on pourrait remodeler, mais pas de création proprement dite.
Ensuite, il y a avec Orlando et Bruno la création d’un nouvel opéra pour enfants au mois de juin à Nice avec le cirque Grüss. Bruno doit écrire des parties pour nous, il pense utiliser beaucoup les chevaux.
Et il y a également le projet dont je vous parlais l’autre soir à Bastia avec le centre culturel Una Volta, un travail sur les quartiers anciens de Bastia.

E 'anche la nostra opinione!

Senza dubbio, ma penso che quando sento le parti strumentali, mi dico che questo non è vero. Bene, la voce sia (ride). Con il senno di poi, non è felice con quello che abbiamo fatto.

E 'parte di una progressione.

Assolutamente, noi probabilmente le cose con la strumentazione, ma con i musicisti. Non si tratta di un rifiuto di ciò che potrebbe essere una strumentazione tradizionale: se domani ci ha dato i musicisti, che è venuto in Siria ci sono 3 o 4 anni, nessun problema, possiamo fare le cose, anche in molto diverse segnalazioni, ma fare ciò che avete fatto con i mezzi a portata di mano, mentre la mia chitarra, anche se ho fatto un po 'di chitarra non mi uno strumentista, è insufficiente. E poi vi è una energia che non è più il canto, perché non sono a proprio agio.

(durante questo tempo, Max, Jean-Luc e Jean Paul ha preso le nostre telecamere e reso i giapponesi "mitraillent in ogni senso, fotografia reciprocamente a fare smorfie)

Progetti

L'ultima domanda, i vostri progetti. Ci sono alcuni che sono sentiti, altri no. Vi è la creazione, con Paolo Fresu, il cartone animato (Max e co), è accanto ad essa una sorta creazione Requiem o Medea in cartoni?

Ci sono molte cose. C'è lavoro per Aghja con musicisti jazz, è un incontro, che non è un punto di vista strettamente parlando, si tratta di cose, arrivano con la propria, si tenta di stabilire una riunione, ma non sarà una creazione ex nihilo, in 4 giorni non produrre una directory di un ora e un quarto, non è possibile.
Dopo questo incontro con musicisti jazz in ordine ha bisogno di lavorare con musicisti provenienti da Toscana, l'orchestra di Livorno, la Sardegna e due attrici per il progetto: una nuova Medea. Infine, è la nostra Medea, con due attori e l'orchestra. Bruno Coulais deve scrivere qualcosa di sensato e non giocare su di noi, ma una maglia tra una musica classica come Bruno possono scrivere, e le nostre canzoni. Questo deve essere fatto entro l'estate del 2007 è molto breve.
In questo processo, dobbiamo lavorare per la creazione di Orlando su una colomba, che devono essere sul luogo di Bastia 5 maggio Detto questo, Orlando non è a priori che si tratta di qualcosa di completamente stabilito: si dice che nell'anno di riferimento, anche se non riprodurre il testo di Mérimée, ma è di utilizzare più tradizionale sfondo potremmo aggiornamento, si potrebbe rimodellare, ma non la creazione stessa.
Poi c'è Orlando e Bruno, con la creazione di una nuova opera per bambini in giugno a Nizza con il circo Gruss. Bruno scrive parti per noi usare molti cavalli.
E c'è anche il progetto ho parlato l'altra notte a Bastia con il centro c

Et pour les 30 ans d’A Filetta ?

Pas pour l’instant, on a évoqué la possibilité de faire une grande salle sur Paris parce qu’on ne l’a jamais fait, mais pour l’instant rien n’est arrêté, et on ne sait pas trop dans quelle formule le faire : on ne va pas faire Si di mè, on ne va pas faire un Requiem, on ne peut pas faire un peu de tout, c’est difficile.

Et les CD « de rattrapage » ?

Il était prévu de faire sortir la Grammaire de l’imagination cette année , mais on a dû reporter, ça sortira fin 2007.

Pas un DVD du spectacle ?

Non, c’est trop difficile. L’idéal, ce serait de faire un vrai travail d’animation, mais c’est trop cher. On va essayer de faire un CD avec un beau livret . Ou bien un livre avec un CD ? Ce qui est sûr, c’est qu’on était dans l’idée de faire la Grammaire en version bilingue, voire trilingue, c’est à dire de faire trois versions du texte, en italien, en français et en corse, parce qu’on pensait que même sur le plan pédagogique ça pourrait être très bien de voir comment on passe d’une langue à l’autre. C’est en projet.

Le Requiem ?

Le Requiem, on disait que ce qui serait bien, c'est de l’enregistrer fin 2007. L’idée, c’est de le reprendre petit à petit, de travailler chant par chant, et de le sortir fin 2007 ; ça aurait été bien été 2007.

Et puis ? Il y a des chants qui n’ont jamais été enregistrés !

Tout le Salve Regina, tout le Via Crucis, ça aussi c’est renvoyé aux calendes calvaises !

Et In Memoriam ?

Jean-Luc : C’est fini ! Non, on va le refaire en décembre 2007 en Belgique. La théâtre de Monte-Carlo avait l’exclusivité pendant deux ans ; à partir de janvier 2007, si Larbi veut le reprendre, il peut le faire avec un autre ballet.

C’était magnifique !

Vous l’avez vu en entier ?

Non, la version courte à Monaco en août...

L’intégralité du spectacle c’est très cohérent. La version courte est cohérente aussi, mais il y a des raccourcis. Ce qu’on avait fait fin 2004, c’était…

Ca ne doit pas sortir en DVD ?

Non, ils vont l’intégrer à leurs éléments de presse, mais je crois que Cherkaoui ne voudrait pas qu’il soit présenté en extrait, ça perd de sa force, mais il a écrit quelque chose de magnifique. On espère travailler encore avec lui, il a envie de travailler encore avec nous.
En plus quand on répétait là bas en 2004, on travaillait dans le gymnase avec les danseurs, il est lui-même danseur, il vient de la danse plus hip hop, moderne, on voyait la façon dont ça évoluait. Avec les danseurs classiques, il disait "c’est extraordinaire, je peux utiliser des choses classiques que moi je ne saurais pas faire", par contre, quand il demandait des choses aux classiques, lui c’est un acrobate, on dirait une boule de chewing-gum, pour eux c’était difficile, on aurait dit qu’ils étaient anguleux, alors que lui, les mouvements, il roulait, on aurait dit les bêtes que tu touches, qui se mettent en boule !

E per 30 anni A Filetta?

Non in questo momento, abbiamo parlato della possibilità di una grande stanza a Parigi, perché non abbiamo mai fatto, ma per ora nulla si è fermato, e non è chiaro in che modo la formula fare: non lo faremo Se di me, non fare un Requiem, che non si può fare un po 'di tutto, è difficile.

CD e "catch-up"?

Si prevede di lasciare la grammatica della fantasia di quest'anno, ma ha dovuto essere rinviata, che uscirà fine del 2007.

Non è un DVD dello spettacolo?

No, è troppo difficile. Idealmente, sarebbe un vero e proprio lavoro di animazione, ma è troppo costoso. Cercheremo di fare un CD con un bel libretto. O un libro con un CD? Quel che è certo è che l'idea era quella di rendere la grammatica in un bilingue o trilingue, vale a dire a realizzare tre versioni del testo, in italiano, francese e in Corsica, a causa abbiamo pensato che, anche su un insegnamento che potrebbe essere molto buona per vedere come si passa da una lingua all'altra. È previsto.

Requiem?

Requiem, è stato detto che ciò che sarebbe bello è quello di salvare la fine del 2007. L'idea è quella di tornare a lavorare gradualmente canzone canzone, e l'uscita della fine del 2007, era stato nel 2007.

E poi? Ci sono canzoni che non sono mai stati registrati!

Tutto il Salve Regina, mentre la Via Crucis, si è anche fatto riferimento alla Kalends calvaises!

E In Memoriam?

Jean-Luc: Finito! No, ci sarà di nuovo nel dicembre 2007 in Belgio. La scena di Monte Carlo in esclusiva per due anni a partire dal gennaio 2007, Larbi vuole riprendere, si può fare con un altro balletto.

E 'stato magnifico!

Avete visto tutti?

No, una versione più breve a Monaco nel mese di agosto ...

L'intera mostra è molto coerente. La versione corta è coerente, ma non ci sono scorciatoie. Che cosa è stato fatto alla fine del 2004, è stato ...

Non è rilasciato su DVD?

No, essi incorporano elementi di stampa, ma credo Cherkaoui non sarebbe presentato in estratto, perde la sua forza, ma ha scritto qualcosa di bello. Si spera di poter lavorare ancora con lui, lui voleva ancora a lavorare con noi.
Inoltre, quando si è ripetuto nel 2004, ha lavorato in palestra con i ballerini, si tratta di un ballerino, che ha più di danza hip-hop, moderno, è possibile vedere come si è evoluta. Con la classica ballerini, ha affermato che "è straordinario, posso usare qualcosa di classico che non saprei come", per contro, quando ha chiesto che le cose per i classici, è un acrobata, appare come una palla gomme da masticare, è stato difficile per loro, ci hanno detto che erano angolare, mentre i suoi movimenti, era in viaggio, si sarebbe detto che gli animali si tocca, per essere messe in una palla!

Des chenilles ?

Oui, c'est ça ! C’est impressionnant, tu as l’impression qu’il est complètement désarticulé !

F: Je l’ai vu dans un ballet avec un chorégraphe pakistanais, "Zéro degré", un duo, et à un moment donné il danse sur la tête, c’est incroyable !

Donc, on suivait toutes les répétitions et à la fin, il disait aux danseurs : "c’est bon, vous pouvez y aller", et à nous il disait "vous, vous restez ici", et il se mettait à chanter avec nous, il connaissait tous les chants par cœur, il disait "faites-moi celui là, montrez moi la terza…"

Dans ce ballet il chantait aussi un chant yiddish, il chante bien !

Je sais qu’il chante bien ! et il a une grâce ! Il est impressionnant.

Jean-Luc donne le signal du départ. Il ne nous restait plus qu'à remercier chaleureusement Jean-Claude, Jean-Luc, Max, Ceccè, Paul et Jean pour leur accueil et pour cet entretien passionnant qui a duré près de deux heures, dans une ambiance chaleureuse et détendue.

Bruchi?

Sì, il gioco è fatto! E 'impressionante, si ha l'impressione che non è completamente scollegato!

F: Ho visto in un balletto coreografo con un pakistano, "zero", un duetto, e ha ballato una sola volta sulla testa, è incredibile!

Quindi abbiamo seguito tutte le prove e alla fine, ha detto il ballerini: "E 'buono, si può andare", e lui ci ha detto "voi, il vostro soggiorno qui", e ha iniziato a cantare con noi egli conosceva tutte le canzoni a memoria, ha affermato che "farmi questo, la terza mostra di me ..."

In questo balletto ha cantato una canzone yiddish, canta bene!

So che canta bene! ed è una grazia! E 'impressionante.

Jean-Luc ha dato il segnale di partenza. Resta solo per noi a ringraziare Jean-Claude, Jean-Luc, Max, Cecca, Paolo e Giovanni per la loro ospitalità e per questo affascinante intervista, che è durato quasi due ore in un ambiente caldo e rilassante.

Autre interview, celle réalisée par Benjamin MiNiMuM pour MONDOMIX à Calvi en septembre 2006

Les motivations à l'origine d'A Filetta,
réalité et caricature des traditions musicales corses

Ecoutez, les motivations étaient celles partagées par un certain nombre de jeunes groupes en corse. A la fin des années 70, il y a une volonté de se mettre en marche pour contribuer à sauvegarder un patrimoine. Notamment un patrimoine oral qui est en train pratiquement de disparaître. Pour des raisons historiques, économiques, la Corse se vidant à partir de la fin de la première guerre mondiale de sa substance vive, en tout cas dans l’intérieur de l'île, il y a tout un patrimoine oral, une culture orale, toute une tradition de choses chantées, sacrées et profanes, qui est en train de disparaître.
Et il a fallu attendre la fin des années 70 pour qu‘apparaisse une sorte de sursaut, identitaire si on veut, qui a fait que nous, comme d’autres, on s’est engagés pour contribuer, dans un premier temps, à la sauvegarde de ce patrimoine oral.
Et puis après, très vite s’est imposée à nous l’idée, le besoin, la nécessité, d’essayer de prolonger cette tradition, notamment par la création, par des apports nouveaux eu égard aux relations que nous tissions déjà avec d’autres traditions orales, d’autres musiques, d’autres musiciens, d’autres compositeurs.

Et ce avec une conscience européenne, méditerranéenne ou mondiale ?

En tout cas, ce qui est sûr, c’est qu’au départ c’est un réflexe de survie. Donc la première phase, c’est celle qui consiste à dire « faisons quelque chose pour nous ».
Ensuite, très vite on se rend compte qu’il est illusoire de penser restaurer un patrimoine en le coupant du reste du monde. ça veut dire que pour nous, il est clair que la tradition n’a de sens que dans la mesure où elle continue de refléter un peuple qui vit et qui avance. Et ce peuple qui vit et qui avance, il vit et avance tout simplement parce qu’il est au contact d’autres peuples, d’autres musiques, d’autres traditions orales, qui peuvent être d’ailleurs quelquefois très éloignées de la nôtre, mais qui de toutes façons nous marquent, laissent une empreinte.
On ne sort jamais indemne d’une rencontre avec d’autres musiciens, et ce qui nous intéresse, c’est de faire en sorte que notre musique soit en même temps une musique vivante, qui intègre des influences, et qu’elle continue à ressembler à ce que nous sommes depuis longtemps.
Et je crois qu’il y a comme ça quelque chose qui se crée indéniablement ces 25 ou 30 dernières années, qui s’éloigne de la tradition originelle. Quand je dis originelle, le terme n’est même pas approprié, parce que le repère que nous avons par rapport à la tradition remonte au plus à 50 ans, ce n’est pas les origines, mais c’est ce qui nous est resté au fond,  c’est ce qui restait de vivant au moment où nous mêmes nous sommes mis en marche.
Un'altra intervista, uno di Benjamin minima per MONDOMIX a Calvi nel settembre 2006

Le motivazioni per l'origine di filettatura,
realtà e la caricatura di tradizioni musicali corsi

Ascolta, le motivazioni sono quelle condivise da un numero di gruppi di giovani in Corsica. Alla fine di 70 anni, vi è il desiderio di iniziare a contribuire a preservare il patrimonio. Comprensivo di un patrimonio orale che è stato praticamente eliminato. Per ragioni storiche, economiche, svuotamento Corsica a partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale grave della sua sostanza, almeno per l'allestimento interno di tutta l'isola, non vi è un patrimonio orale, una cultura orale, qualsiasi una tradizione di cantare le cose, sacro e profano, che è rapidamente scomparendo.
E non è stato fino alla fine della 70 provenienti da uno scoppio di identità, se si vuole, il che significa che noi, come altri, si è impegnata a contribuire, in una prima fase, la la salvaguardia di questo patrimonio orale.
E poi, molto rapidamente è diventato per noi l'idea, la necessità, la necessità di cercare di estendere tale tradizione, compresa la creazione di input dato i rapporti già tissions di altre tradizioni orali, altra musica, altri musicisti, compositori.

E con un europeo, mediterraneo o globale?

In ogni caso, ciò che è certo è che inizialmente si tratta di un riflesso di sopravvivenza. Quindi la prima fase, vale a dire "fare qualcosa per noi."
Poi, molto rapidamente si rende conto che è illusorio pensare di ripristinare un patrimonio nel taglio di tutto il mondo. che significa per noi, è chiaro che la tradizione ha senso solo nella misura in cui continua a riflettere le persone che vivono e si spostano. E le persone che vivono e si spostano, vive e anticipo semplicemente perché è in contatto con altri popoli, altre musiche, altre tradizioni orali, che possono anche essere a volte molto distanti dalla nostra ma comunque ci lascia un marchio marchio.
E 'mai esce illeso da un incontro con altri musicisti, e ciò che ci interessa è quello di garantire che la nostra musica è anche una musica dal vivo che incorpora influenze, e continua a guardare a ciò che sono da lungo tempo.
E penso che ci sia qualcosa come questo che crea il 25 o 30 anni, che si discosta dalla tradizione originale. Quando dico originale, il termine non è appropriato, perché il punto di riferimento che, rispetto alla tradizione risale a più di 50 anni non è l'origine, ma ciò che è rimasto fondamentalmente questo è ancora vivo quando noi stessi abbiamo attivato.

Ces traditions semblent être assez fortes, voire même un peu figées, on en a souvent l’image d’une caricature quand on est à l’extérieur, que d’une réalité. Quelles sont pour vous les réalités de ces traditions, de ces pratiques culturelles et musicales ?

Nous nous rendons compte en ce moment qu’il y a un retour de bâton qui est en partie consécutif à une espèce d’emballement des media à la fin des années 80.
Pour nous, il y a indéniablement le phénomène du Mystère des voix bulgares qui a attiré la lumière des projecteurs sur cette tradition, et le regard que les media avaient sur cette tradition dans les années 90 a été de dire « il y a des choses toujours vivantes, un patrimoine puissant, etc. »

Et maintenant, cet éclairage médiatique a forcément suscité des vocations, des bonnes et des mauvaises :  en 15 ans se sont créés 70 groupes, et aujourd’hui l’image que l’on renvoie, ce n’est pas l’image d’une dynamique.
En effet très souvent, malheureusement, les nouvelles générations de groupes ont été finalement des copies de ce que faisaient les premiers groupes, et du coup, pour celui qui est à l’extérieur, il se dit « finalement ça ne bouge pas tant que ça ».
En réalité, ça bouge énormément. Quand vous pensez qu’à la fin des années 70, les groupes de la première génération, I Muvrini,  Canta u populu corsu, I Chjami aghjalesi, Tavagna, nous, nous chantions tous le même répertoire traditionnel, aujourd’hui on a pris des routes véritablement différentes : les Muvrini sont dans une démarche qui est beaucoup plus large, d’une forme de variété corse , nous, nous avons fait de la création polyphonique, quelquefois en digressant largement par rapport à la tradition originelle, vous avez des groupes qui on travaillé vraiment sur le retour à la tradition, il y en a qui ont fait de la chanson, il y en a qui sont allés chercher des influences multiples en Méditerranée, etc.
Queste tradizioni sembrano essere abbastanza forte, anche un po 'congelati, è stato spesso l'immagine di un cartone animato quando ci si trova all'estero, come una realtà. Quali sono le realtà di queste tradizioni, le pratiche culturali e musicali?

Ci rendiamo conto in questo momento vi è una reazione che è in parte dovuto ad una sorta di eccitazione dei media alla fine di 80 anni.
Per noi, è senza dubbio il fenomeno del Mistero delle voci bulgare che ha i riflettori su questa tradizione, e la vista che i media su questa tradizione ha avuto in 90 anni è stato quello di dire "alcune cose sono ancora in vita, potente del patrimonio, ecc. "

Ed ora che la luce ha inevitabilmente attirato i media vocazioni, il bene e il male in 15 anni sono stati creati 70 gruppi, e oggi l'immagine sul retro, non l'immagine del slancio.
Infatti, molto spesso, purtroppo, la nuova generazione di gruppi di copie sono state infine di ciò che furono i primi gruppi, e così, per chi è fuori, ha affermato che "in ultima analisi, è che non si muove molto .
In realtà, si muove molto. Quando si pensa che alla fine di 70 anni, gruppi di prima generazione, I Muvrini, Canta u Populu Corsu, mi chjama aghjalesi, Tavagna, noi tutti lo stesso repertorio cantato, oggi abbiamo preso veramente le diverse vie: la Muvrini sono in un processo che è molto più ampia forma di una serie di corse, abbiamo fatto la creazione polifoniche a volte divagando ampiamente rispetto a quella originaria tradizione, sono i gruppi che si abbiamo lavorato molto sul ritorno alla tradizione, ci sono coloro che hanno fatto la canzone, ci sono quelli che si sono recati in cerca di influenza nel Mediterraneo, ecc

Donc je pense que ça bouge, c’est une musique qui est bien vivante et qui propose des formes vraiment très diversifiées. Mais malheureusement, je crois que le regard des media sur cette tradition qui était un peu découverte à la fin des années 90, au bout de 10 ans, les media n’ont pas forcément fait le travail d’investigation pour voir ce qui se passait au fond, et pour voir comment au fond cette musique évoluait.

Je pense qu’elle évolue dans le bon sens dans la mesure où il y a des métissages importants, il y a une ouverture sur le monde qui est assez exceptionnelle pour des insulaires, contrairement à ce qu’on peut penser, il y a beaucoup de festivals, de rencontres qui ont été crées, beaucoup de chanteurs qui ont dit « à un moment donné, on a besoin de remettre notre chant dans sa matrice », ça veut dire d’aller comprendre d’où on vient, ça veut dire déjà que l’on a dépassé le stade où on considérait qu’on était seuls et uniques, qu’on était nés ici et que c’était un chant endémique qui n’avait rien à voir avec les autres, ce qui a été un moment donné la tentation, je crois que ça, on l’a dépassé.

Est- ce que ça bouge assez vite, pas assez vite, je crois qu’en tout cas il y a un phénomène culturel puissant, un phénomène associatif extrêmement dynamique, il y a beaucoup de choses qui se sont développées dans des répertoires extrêmement différents, avec des groupes qui sont quelquefois allés à la conquête des publics extérieurs. Je pense que c’est plutôt le signe d’une bonne vitalité.

Tradition du chant et évolution de la langue

Je suis rarement venu ici, je n’ai assisté au premier concert et fréquenté un public corse qu’hier, et il y a un truc qui m’a surpris, c’est que, en attendant le spectacle dans la file d’attente, les gens se sont mis à chanter très spontanément, symptôme d’une sorte de réflexe, alors que partout ailleurs en France, le chant est complètement tabou. Aujourd’hui le chant est très quotidien, très vivant ?

On peut discuter du déplacement de ce chant. A l’origine – encore une fois je ne peux me référer qu’à des origines récentes – il est évident que jusqu’aux années 20  c’était un chant qui accompagnait un certain nombre de rituels ou des travaux. Ces rituels ou ces travaux ont quelquefois disparu : il y avait le chant du battage du blé, il y avait le chant du labeur, des chants qui rythmaient la vie paysanne, et évidemment les campagnes se dépeuplant, cette musique n’avait plus de raison d’être.

Pertanto, ritengo che si muove, è musica che è vivo e che offre molto diverse forme. Ma, purtroppo, credo che gli occhi dei media su questa tradizione che è stato scoperto solo nel tardo anni'90, dopo 10 anni, i mass media, non può aver fatto il lavoro di indagine per vedere cosa stava succedendo responsabile, e come responsabile della musica evoluta.

Penso che si stia muovendo nella giusta direzione, nella misura in cui esiste un notevole miscelazione, vi è l'apertura al mondo che è del tutto eccezionale per l'isola, al contrario di quanto si potrebbe pensare, ci sono molti festival, incontri che sono stati creati, molti cantanti che hanno detto "a un certo punto, abbiamo bisogno di mettere la nostra canzone, nella sua matrice, significa andare a capire chi proviene, ciò significa che già abbiamo superato la fase in cui abbiamo sentito ci sono stati solo e unico, siamo nati qui e una canzone che è stata endemica non avevano nulla a che fare con gli altri, che era un tempo la tentazione, a mio avviso, è stato superato.

La mossa è abbastanza veloce, non abbastanza veloce, credo che in ogni caso vi è un potente fenomeno culturale, un fenomeno estremamente dinamico associatif, ci sono molte cose che si sono sviluppati in modi molto diversi registri, con gruppi che sono a volte è andato a conquistare un pubblico straniero. Penso che sia piuttosto un segno di buona vitalità.

La tradizione della canzone e l'evoluzione del linguaggio

Io vengo qui raramente, ho frequentato il primo concerto e il pubblico ha partecipato ad un corso di ieri, e c'è qualcosa che mi ha sorpreso è che, fino alla mostra nella coda, la gente ha iniziato a cantare molto spontaneamente, sintomatiche di una sorta di riflesso, mentre altrove in Francia, la canzone è completamente tabù. Oggi la canzone è molto quotidiana, molto vivo?

Possiamo discutere la circolazione di questo brano. In principio - ancora una volta non posso fare riferimento alla recente origine - è chiaro che fino a 20 anni è stata una canzone che ha accompagnato una serie di riti e di lavoro. Questi rituali di lavoro o, talvolta, è scomparso: non vi è stato il canto la trebbiatura del grano, non vi è stato il canto del lavoro, canzoni che punteggiano la vita contadina, e ovviamente è depopulating campagna, questa musica non aveva alcun motivo essere.

Aujourd’hui, cette musique s’est déplacée, elle est chantée dans d’autres contextes : elle est chantée dans les cours de recréation au collège ou au lycée, dans le cadre de confréries. Il y a un renouveau des confréries, de gens qui sont des laïcs, mais très en rapport avec la parole de l’Eglise.
Aujourd’hui, ce chant n’est plus le reflet direct d’une activité économique ou sociale, en tout cas économique, mais il est resté socialement très fort :  il y a un besoin indéniable de se retrouver, d’être ensemble, de se reconnaître les uns les autres par rapport à son village, à sa région d’origine, et en ce sens le chant est extrêmement puissant.

Ce qui est vrai, c’est que c’est probablement l’un des seuls endroits de France où il y a un chant qui est resté puissant. La tradition chantée, mis à part en Bretagne, est largement en recul, c’est évident. Il y a pourtant des choses superbes. Moi, je suis un passionné du travail qui avait été réalisé par Malicorne, par Gabriel Yacoub que j’adore, et c’est vrai que c’est un phénomène qui n’a pas pris ailleurs la puissance qu’il a pris ici.
B
ien sûr, il y a des tas de gens - avec qui d’ailleurs on est en contact - que ce soit le Corou de Berra, que ce soit le travail qui a été accompli par Manu Théron, par le Cor de la Plana, etc. ce sont vraiment des gens qui font un travail remarquable, mais on n’a pas le sentiment qu’il y a un phénomène très puissant, alors qu’ici, par rapport à la démographie que nous avons, par rapport à la vie culturelle que nous avons, c’est vrai que c’est un chant qui est extrêmement fort, qui est enraciné et qui surtout a retrouvé une fonction sociale.

Le chant est intimement lié à la langue . Cette langue a  telle évolué avec le temps ?

Cette langue a évolué, elle continue à évoluer. C’est une langue latine restée relativement proche de certains dialectes italiens, notamment le toscan. C’est une langue sur laquelle il y a eu tout un travail de fait, car il faut savoir que c’est une langue qui n’a réellement eu un statut de langue – revendiqué, puisqu’elle n’a toujours pas ce statut de langue - qu’à partir du moment où la Corse est devenue française.

C'est-à-dire que si la Corse était restée dans le giron de l’Italie, probablement qu’aujourd’hui le corse serait un dialecte comme il existe d’autres dialectes italiens. ça ne pose pas forcément problème, en sens inverse on n’aurait peut être pas eu non plus le travail qui a été fait, notamment l’écrit de cette langue, parce que justement on n’aurait peut être pas eu conscience que c’était une langue qui a eu une histoire, une production littéraire et poétique importante, depuis la fin du XIXe début du XXe siècle, c’est-à-dire au moment où justement naît en Corse une revendication identitaire, des revendications par rapport à l’Etat central pour être reconnus en tant que tels, pour avoir des statuts de gestion proches de l’autonomie…

Oggi, questa musica spostato, è cantato in altri contesti: è cantato nel parco giochi a scuola o in un college, come parte di confraternite. Vi è una ripresa del corporazioni, le persone che sono laici, ma molto rilevanti per la parola della Chiesa.
Oggi, questa canzone è un riflesso diretto di una attività economica o sociale, almeno economicamente, socialmente, ma è rimasto molto forte: vi è un innegabile bisogno di incontrarsi, di stare insieme, a riconoscere l'altro in relazione al suo villaggio, la sua regione d'origine, e in tal senso il brano è estremamente potente.

Ciò che è vero è che è probabilmente uno dei pochi luoghi in Francia, dove vi è una canzone che è rimasta forte. La tradizione di canto, oltre a in Bretagna, è in gran parte il senno di poi, ovviamente. Ha cose belle. Sono appassionato di lavoro che era stato diretto da Malicorne da Gabriel Yacoub amo, ed è vero che si tratta di un fenomeno che non ha adottato al di fuori del potere che ha preso qui.
B
ien naturalmente, ci sono un sacco di persone - con le quali siamo in contatto anche - se il Corou de Berra, se il lavoro è stato fatto da Manu Theron, da Cor de la Plana, ecc. erano persone reali facendo un ottimo lavoro, ma non ha la sensazione che vi sia un fenomeno molto potente, che, rispetto alla demografia abbiamo, rispetto alla vita culturale che si sono è vero, è una canzone che è molto forte, che affonda le sue radici e ha trovato una particolare funzione sociale.

La canzone è strettamente legata alla lingua. Che tale lingua si è evoluta nel tempo?

Questo linguaggio si è evoluto, continua ad evolvere. Si tratta di una lingua latina rimasta relativamente vicino ad alcuni dialetti italiani, specialmente in Toscana. Si tratta di una lingua in cui vi è stato fatto molto lavoro, perché dovete sapere che si tratta di un linguaggio che è stato realmente lo status di una lingua - ha affermato, non è ancora stato lingua - solo quando Corsica divenne francese.

Vale a dire se la Corsica è rimasta nel seno d'Italia, che probabilmente sarebbe un corso di dialetto ci sono altri dialetti italiani. non ne consegue necessariamente problema nella direzione opposta ci sarebbe stato nessun lavoro è stato fatto, compresa la scrittura di questa lingua, proprio perché non ci sarebbe forse stato a conoscenza del fatto che essa è un linguaggio che ha avuto una storia, uno letterario e poetico importante, dal momento che alla fine del XIX all'inizio del ventesimo secolo, vale a dire al momento giusto è nato in Corsica, una rivendicazione di identità, i crediti in relazione alla 'centrale dello Stato per essere riconosciuto come tale, dello statuto per la gestione di chiudere l'autonomia ...

C’est le phénomène nationaliste entre guillemets, après la politique a fait qu’il y a eu des radicalisations, et qu’il ne faut pas aujourd’hui faire un amalgame complet : il y a des gens qui sont d’obédience nationaliste qui sont des gens modérés, vous avez des nationalistes radicaux, vous avez des gens qui ne sont absolument pas nationalistes mais chez qui le sentiment corsiste ou autonomiste reste très puissant, et je crois que tout ça a contribué à faire en sorte que cette langue évolue, bouge, et surtout qu’elle commence à s’adapter, parce que pendant longtemps elle a été une langue extrêmement paysanne, qui n’existait que dans l’oralité.

Aujourd’hui, il y a quand même une production écrite importante, même si malheureusement on constate que plus le temps passe, plus le lectorat diminue par rapport au début des années 70. Je discutais avec un éditeur qui me disait « quand on sortait un bouquin de poésie corse en 1975, on en vendait 1500 ; aujourd’hui, on en vend 250 » ça veut dire qu’il y a un affaiblissement malgré tout, malgré les efforts…

C’est un phénomène général, même en France le lectorat diminue.

Absolument, il me disait par ailleurs qu’en vendant 250 ou 300 exemplaires d’une édition d’un bouquin de poésie, il était pratiquement le premier vendeur en France, parce que la poésie en France est en recul total, ce qui est évidemment dommage…

Les rencontres polyphoniques de Calvi, les rencontres avec d'autres cultures

Le choix d’A Filetta s’est fait avec une ouverture vers l’extérieur. Un des symptômes en est ce festival. Comment est née cette idée ? Est ce une volonté culturelle, politique ?

Les choses se font quelquefois de façon extrêmement naturelle. Nous existons depuis 1978.
Entre 78 et la fin des années 80, nous étions un groupe amateur, nous avions chacun notre profession à côté, et en 1987 je crois, nous sommes invités par des chanteurs sardes à participer à ce qu’ils appelaient « una rassegna di canto sacro popolare », un rassemblement : ce sont des confréries qui invitent des confréries.

Pendant longtemps, c’est resté à l’échelon de la Sardaigne, puis à un moment donné, la Sardaigne s’est ouverte sur l’extérieur et a commencé à inviter des confréries, des chanteurs comme nous, venus de Corse, de Grèce, et lors de notre première rencontre avec ces chanteurs sardes, en rentrant on s’est dit que nous, ce serait bien qu’on ait la même démarche, c’est à dire qu’on se remette en relation avec des traditions polyphoniques, des traditions vocales qui existent, qui ont le même réflexe de survie que le nôtre, et il faudrait qu’on mette tout ça en synergie, qu’on puisse à nouveau se rencontrer, qu’on puisse mieux se connaître soi même, car on sait pertinemment, encore une fois, que notre musique n’est pas endémique, elle est née de la rencontre de tas  de courants.

Questo è il fenomeno del nazionalismo tra virgolette, dopo la politica è stata che ci sono stati radicali, e non dovrebbe ora fare una miscela completa: ci sono persone che sono seguaci di nazionalismo che sono moderata persone, si sono nazionalisti radicali, che si sono persone che non sono nazionalisti, ma che si sentono corsiste di autonomia è molto potente e credo che tutti hanno contribuito a garantire che il linguaggio si evolve, si muove, e, in particolare, che inizia ad adattarsi, perché è stata a lungo un paysanne lingua, che esisteva solo nella tradizione orale.

Oggi, vi è ancora un notevole iscritto, anche se, purtroppo, che si trova più il tempo passa, i lettori è diminuito rispetto ai primi anni'70. Sono stato a parlare con un editore che ha detto "quando ci è venuto fuori un libro di poesia Corsica nel 1975, ha venduto nel 1500, e oggi si vende 250" significa che vi è ancora un indebolimento, nonostante gli sforzi ...

Si tratta di un fenomeno generale, anche in Francia declina lettori.

Assolutamente, ho anche detto che con la vendita di 250 o 300 copie di una edizione di un libro di poesia, è stato quasi il primo venditore in Francia, perché la poesia in Francia è in declino totale, che è ovviamente dommage ...

Incontri polifonici Calvi, l'incontro con altre culture

A Filetta La scelta è stata fatta con una apertura verso l'esterno. Un sintomo è la festa. Come ha fatto questa idea? Si tratta di un desiderio di politica culturale?

Le cose sono a volte estremamente naturali. Esistiamo dal 1978.
Tra il 78 e 80 anni di ritardo, siamo stati uno amatoriali gruppo, ognuno di noi faccia la nostra professione, e nel 1987, credo, siamo invitati da cantanti sardo a partecipare a quello che chiama "una rassegna di canto sacro popolare, una raccolta: sono invitanti confraternite confraternite.

Per un lungo periodo di tempo, è rimasto a livello di Sardegna, poi a un certo punto, la Sardegna ha aperto verso l'esterno e ha iniziato a invitare corporazioni, cantanti come noi, di Corsica, Grecia e durante il nostro primo incontro con questi cantanti sardo tornato abbiamo detto, anche se ci sarebbe lo stesso approccio, vale a dire che tornare in contatto con le tradizioni polifoniche vocale tradizioni che esistono, che hanno la stessa sopravvivenza di riflesso il nostro, e dobbiamo mettere tutto questo insieme, siamo in grado di soddisfare ancora una volta, siamo in grado di conoscere se stessi, dal momento che sa, ancora una volta, che la nostra musica non è endemica, è nato dalla riunione di heap correnti.
Et dès 1988, nous avons créé le premières Rencontres, qui étaient juste un échange corso sarde. Et puis à la fin, on a dit « il faut qu’on aille plus loin, il n’y a pas de raison, il faut s’ouvrir sur le reste du monde. » Dans un premier temps, sur la Méditerranée, parce que c’est probablement ceux qui nous sont le plus proches sur le plan culturel et linguistique, mais en tout cas, on peut, et très vite en 2 3 ans, c’est devenu un festival international en ce sens qu’on a reçu aussi bien des gens de Sibérie que d’Amérique du nord, d’Amérique du sud, d’Afrique du sud, d’Asie, etc.

Je crois qu’on part avant tout d‘un besoin, c’est tout simple, un besoin de se dire : « qu’est ce qu’on est, qui on est, dans quel monde on se situe, qu’est ce qu’on a à dire aux autres et qu’est ce qu’on a à approprier des autres ? ». A partir de là, la machine est partie, et c’est bien que ce soit comme ça, parce que si c’était précédé d’un objectif politique… c’est une philosophie politique, mais politique au bon sens du terme, il n’y a pas de stratégie derrière, il y a simplement un besoin irrépressible de dire « on est une partie de ce monde qui va vite, qui change, qui évolue, nous mêmes on est appelés à évoluer, qu’est ce qu’on va devenir, qu’est ce qu’on est par rapport aux autres, qu’est ce que les autres sont par rapport à nous, qu’est ce que nous on est chez les autres, et qu’est ce que les autres sont chez nous ? »
Je crois que c’est important, y compris dans la musique, d’avoir cette démarche, pour se débarrasser encore une fois de l’illusion que l’identité c’est quelque chose de figé, et quelque chose qui n’a de sens que pour être protégé. Quand on commence à parler de protection de l’identité, pour moi il y a un danger. Nous avons toujours défendu le discours qui consiste à dire : « une identité vit quand on commence à s’en affranchir » et je crois que ce qui est important, c’est cette capacité à sortir de soi même et à prendre du recul sur soi même, et à prendre conscience du fait que c’est une construction perpétuelle. Car sinon, il y a le risque de se dire : « on ne bouge plus, on est ce qu’on est », on s’impose à l’autre ou on se coupe de l’autre et je crois que c’est  le pire des chemins à suivre.

Au fur et à mesure des années, des rencontres de ce festival, il y a des liens particuliers et inattendus qui se sont créés ?

Il y a eu des liens très puissants avec la Georgie, avec la Sardaigne toute proche, des liens avec l’Albanie, mais quelquefois aussi avec des chanteurs venus de très loin, on a été surpris de découvrir des techniques vocales très proches des nôtres chez des sibériens, chez des zoulous, sans aller chercher d’explications historiques de courants de peuplement, etc., ce qui est sûr, la première idée, c’est que nous sommes tous, à la base, des hommes en prise aux mêmes difficultés, qui avons la même nécessité de survivre, de vivre, de se développer, etc., et que tout ça a produit un certain nombre de choses qui font du sens. Et qui est un sens commun. Et après il y a probablement eu des courants de peuplement qui expliquent que, par exemple, nous ayons une polyphonie très proche de celle du Caucase. Physiquement, les Georgiens nous ressemblent beaucoup, la géographie de la Georgie, du Caucase, est très proche de celle de la Corse Ce n’est peut être pas un hasard que les uns et les autres aient produit le même type de tradition, le même type de chant, par rapport à la nécessité de vivre dans un environnement qui est ce qu’il est.

E dal 1988, abbiamo istituito il primo incontro, che è stato solo uno scambio sarde corso. E poi alla fine, abbiamo detto "abbiamo bisogno di andare oltre, non vi è alcun motivo che dovrebbe aprire il mondo. "Come primo passo, sul Mediterraneo, è probabilmente perché coloro che sono più vicini alla diversità culturale e linguistica, ma in ogni caso, noi possiamo, e molto rapidamente in 2 3 anni, è diventato un festival internazionale, nel senso che ha anche ricevuto un sacco di gente dalla Siberia al Nord America, Sud America, Sud Africa, in Asia, ecc.

Penso che abbiamo una necessità soprattutto è semplicemente una necessità di dire "quello che è, chi siamo, quale tipo di mondo che si trovano, che cosa dobbiamo dire agli altri quello che abbiamo e per caso, le altre? . Da lì, la macchina è una delle parti, ed è che è così, perché se è stato preceduto da un obiettivo politico ... è una filosofia politica, ma il buon senso politico, è strategia non è dietro di esso è semplicemente un insopprimibile bisogno di dire "è una parte di questo mondo che si muove velocemente, modificando, in evoluzione, si evolverà anche noi, che cosa stiamo andando divenire, che cosa è che rispetto agli altri, quello che gli altri sono, rispetto a noi, ciò che noi siamo in altri, e quello che gli altri sono in noi? "
Penso che questo sia importante, compresa la musica, per questo, per liberarsi, ancora una volta, l'illusione che l'identità è qualcosa di fisso, e qualcosa che ha il che significa che deve essere tutelato. Quando si comincia a parlare di proteggere l'identità, per me non vi è un pericolo. Abbiamo sempre difeso il discorso vale a dire, "una vita di identità quando si comincerà a superarli e penso che ciò che è importante è la capacità di uscire da se stessi e di prendere su se stesso Allo stesso modo, e rendersi conto che si tratta di un perenne costruzione. In caso contrario, vi è un rischio per dire: "non si sposti, è ciò che siamo", si applica agli altri o una tazza di un altro, e credo che la peggiore percorso da seguire.

Nel corso degli anni, le riunioni di questo festival, ci sono collegamenti inattesi che vengono creati?

Ci sono stati molto forti legami con la Georgia, con la Sardegna vicino legami con l'Albania, ma anche a volte con i cantanti da lontano, siamo stati sorpresi di apprendere le tecniche vocali molto vicino al nostro in Siberian tra i Zulus, non cercare spiegazioni storiche degli attuali insediamenti, ecc., che è sicuro, la prima idea è che siamo tutti, in base agli uomini che le stesse difficoltà, che hanno la stessa necessità per sopravvivere, a vivere, crescere, e così via. e che tutto questo ha prodotto una serie di cose che fanno senso. E questo è un senso comune. E poi vi è probabilmente il motivo per cui posizione attuale, per esempio, abbiamo un rapporto molto stretto polifonia del Caucaso. Fisicamente, molti georgiani sono come noi, la geografia della Georgia, del Caucaso, è molto vicina a quella della Corsica Questo non è forse un caso che entrambe le parti hanno prodotto lo stesso tipo di tradizione, la stessa tipo di canzone, rispetto alla necessità di vivere in un ambiente che è quello che è.

Bruno Coulais, Medea, la multiplicité des projets, les disques et l'esprit d'A Filetta

Au delà de ces rapports de peuples, il y a aussi des rencontres humaines extrêmement importantes dans l’histoire d’A Filetta, comment ne pas parler de Bruno Coulais ?

Bruno Coulais fait partie des musiciens qui auront marqué notre parcours, et qui continuent à le marquer d’ailleurs. Nous l’avons rencontré après avoir créé Médée. Il est attentif à ce que nous produisons, et il a dès le départ envie de travailler avec nous sur la bande originale de Don Juan, et très vite se crée avec lui un climat d’amitié, de confiance, qui fait qu’on est très désireux les uns et les autres de continuer à se surprendre. Il nous invite sur ses musiques, nous, nous le sollicitons pour venir nous épauler sur telle ou telle musiques à nous.
C’est vraiment un plaisir de travailler avec un musicien pareil, parce qu’il a un côté très caméléon au bon sens du terme, il le revendique, il dit : « moi, j’aime bien être très sensible à ce que j’ai autour de moi », pour écrire des choses qui deviennent des choses qui par ailleurs lui sont très personnelles.
Quand il a écrit Himalaya l’enfance d’un chef, à aucun moment il n’a voulu écrire de la musique tibétaine, mais aujourd'hui, les tibétains ou du moins en Inde, je sais que les gens revendiquent cette musique comme étant la leur, parce que Bruno a su, tout en écrivant des choses qui lui sont très personnelles, faire en sorte qu’il y ait des éléments qui viennent à la surface et qui donnent le sentiment qu’on est dans une musique d’inspiration tibétaine.

Vous parliez de Don Juan, Médée, dont je voudrais bien connaître la genèse, ce qu’on peut remarquer c’est une volonté de réunir la tradition orale due chant corse et les grands textes ?

C’est aussi un peu un hasard, c’est la rencontre avec Jean-Yves Lazennec qui vient nous dire  « j’ai aimé ce que vous faites, j’aime bien l’idée que vous puissiez être la réminiscence de ce qu’a pu être le chœur antique » et c’est lui qui nous propose la tragédie Médée de Sénèque, ce n’est pas nous qui faisons la démarche de travailler sur ce texte là.
Ce qui est sûr, c’est qu’en cours de route on se rend compte à quel point c’est un texte qui nous touche, qui nous est proche,  qui est une partie d e notre histoire, de la Méditerranée, y compris de la Corse. Il y a comme ça pour nous l’opportunité de passer à un format largement différent de ce qu’a été notre tradition orale jusqu’à présent, qui avait un format chanson avec des strophes. Dès lors qu’on s’attaque à un texte qui a une métrique qui est ce qu’elle est, qui a des développements qui sont ce qu’ils sont, on est obligé de penser une musique qui a une architecture musicale autre, et je crois que ça nous fait sortir de nous.
Et c’est très bien, parce que ça nous a fait sortir de nous et en même temps, ça nous a aussi fait nous rapprocher d’autres courants, notamment la musique géorgienne ou la musique albanaise ou la musique grecque, qui étaient des musiques dont on sentait vraiment qu’elle étaient des musiques sœurs, jumelles quelquefois, et Médée aujourd'hui, c’est le visage de ce qu’est A Filetta aujourd'hui : un groupe qui, indéniablement, est enraciné ici, mais en même temps qui est allé à la quête d’une identité partagée avec d’autres, bien au delà de la Méditerranée.
Pour nous, Médée c’est vraiment un tournant. Avant Médée, on faisait de la tradition orale ; après, on a fait beaucoup de choses écrites aussi, notamment après la rencontre avec Bruno Coulais ; et entre les deux, Médée c’est une sorte de passage, qui nous fait passer de l’oralité à l’écrit. Mais dans Médée, on n’est pas encore dans l’écrit. C’est la raison pour laquelle Bruno Coulais dit que c’est un OVNI. C’est quelque chose d’assez inclassable.

Bruno Coulais, Medea, la molteplicità di progetti, documentazione e lo spirito di A Filetta

Al di là di queste relazioni delle persone, ci sono anche incontri estremamente importante nella storia della filettatura, come si può non citare Bruno Coulais?

Bruno Coulais è uno dei musicisti che hanno segnato il nostro cammino, e continuano a marchio altrove. Abbiamo incontrato lui, dopo la creazione di Medea. Egli è attento a ciò che noi produciamo, e che ha fin dall'inizio a collaborare con noi per la colonna sonora di Don Juan, e molto rapidamente con lui crea un clima di amicizia, di fiducia, che ci sono ansiosi di ogni altro per continuare ad essere sorpreso. Essa ci invita alla sua musica, a noi, ci chiedono di venire a sostenerci in questa o quella musica per noi.
E 'veramente un piacere lavorare con un musicista, perché ha un camaleonte il buon senso, egli afferma, egli ha detto: "Io, mi piace essere molto sensibile a ciò che ho sono intorno a me ", di scrivere le cose che sono cose che sono anche molto personali.
Quando ha scritto l'Himalaya Enfance di un cuoco, in qualsiasi momento, ha scelto di scrivere la musica del Tibet, ma oggi il Tibet, o almeno in India, so che sostengono questa musica come loro, perché Bruno ha, mentre per iscritto le cose che sono molto personali, al fine di garantire che non vi sono elementi che vengono alla superficie e dare l'impressione che ci troviamo in una musica di ispirazione tibetano.

Lei parla di Don Giovanni, Medea, che vorrei conoscere la storia, possiamo vedere che cosa è la volontà di rispettare la tradizione orale a causa corso canto e la grande?

E 'anche un po' di fortuna, l'incontro con Jean-Yves Lazennec solo dire "io amo quello che fai, mi piace l'idea che si può essere di simile a ciò è stato il coro "e ci offre la tragedia Medea di Seneca, non è che ci rendono il processo di lavoro su di esso vi.
Quel che è certo è che il modo in cui si rendono conto di quanto è un testo che tocca a noi, vicino a noi, che è una parte della nostra storia, il Mediterraneo, tra cui Corsica. E 'come per noi l'opportunità di passare ad un formato molto diverso di quello che la nostra tradizione orale fino ad ora, era una canzone con una serie di formato. Quando si affronta un testo che è un parametro che è quello che è, che gli sviluppi che sono quello che sono, siamo obbligati a credere che la musica ha una diversa architettura musicale, e Penso che ci fa uscire da noi.
E questo va bene, perché ci ha portato fuori di noi stessi e allo stesso tempo, essa ha anche reso più vicino a noi altre scuole, compresi la musica e la musica georgiano greco albanese o musica, che sono stati la musica ci è sembrato veramente musica sorelle, gemelli talvolta Medea e oggi è la faccia di quello che un Filetta oggi: un gruppo che, senza dubbio, è radicata qui, ma allo stesso tempo è andato alla ricerca di una identità condivisa con altri, al di là del Mediterraneo.
Per noi, Medea è veramente un punto di svolta. Prima di Medea, che era la tradizione orale, dopo che è stato scritto molte cose troppo, soprattutto dopo l'incontro con Bruno Coulais, e tra Medea è una sorta di passaggio, abbiamo passato la orali e scritte. Ma Medea, non è ancora iscritto. Ecco perché Bruno Coulais diceva che era un UFO. Questo è qualcosa di molto unclassifiable.

Quels sont les repères chronologiques, en quelle année a démarré cette rencontre, la démarche de Médée ?

La rencontre avec Lazennec, c’est en 1995, on a produit Médée en 1997, et on rencontre Bruno à la première de Médée en novembre 1997. Et on enregistre Don Juan en janvier 1998. Donc c’est allé vraiment très très vite. Depuis, il y a eu plein de choses, on a fait un opéra pour enfants, le Robin et Marion à Nice, on a fait du théâtre musical, on a repris le Don Juan avec Orlando Forioso qui a mis en scène le Marco Polo. Depuis on a fait plein de choses au théâtre, des créations musicales avec des chœurs bulgares, on a fait dix ou douze musiques de films, on est en train de travailler à la musique d’un dessin animé qui devrait sortir en 2007 : « Max and co », un dessin animé complètement loufoque, une production anglaise et suisse me semble t-il.
L’histoire se déroule dans une usine de tapettes à mouches. Il y a une espèce de patron infâme, qui est un crapaud qui s’appelle Rodolfo, et Bruno a écrit des choses complètement décalées, complètement déjantées, qu’on interprète en polyphonie sur des musiques très festives. Donc avec Bruno, on a fait plein de choses, et parmi ces choses, le Marco Polo qu’on a fait cet hiver avec Orlando Forioso sur un texte superbe qu’il a écrit, que Bruno a mis en musique, avec la participation d’un tibétain qui est l’acteur d’Himalaya l’enfance d’un chef, avec Marie Kobayashi avec laquelle nous avons chanté sur Don Juan en 1997, avec laquelle nous avons travaillé sur d’autres musiques. Marco Polo a été donné pour la première fois cet hiver, ici à Calvi, puis ça a été présenté à Bastia, puis à la biennale de Venise avec Guillaume Depardieu. ça a bien fonctionné, et ça doit être repris à partir de la fin du mois d’octobre.

Et il y a un projet de disque, de DVD ?

En tout cas, on espère, on croise les doigts pour que ça se fasse, parce que, malheureusement ou heureusement, en tout cas on a un rythme de travail qui est tellement important qu’on est sans cesse en retard sur la production. On a enregistré Médée en 2005, il sort en 2006, il a été créé en 1997, et depuis 1997 on a créé : un Chemin de Croix, une Passion, un Requiem, un travail sur des textes de Rodari avec Orlando sur « la Grammaire de l’imagination », qu’on a donné ici même l’an dernier ; on a créé un répertoire de chansons, on a créé un opéra pour enfants que Bruno a écrit, le Robin et Marion, qui n’est pas enregistré. Il a composé une œuvre pour nous et un quartette bulgare, ce n’est pas enregistré. Nous-mêmes, on a créé plein de choses, on est en résidence le mois prochain pour travailler avec des musiciens de jazz sur de nouvelles créations, et en fait, tout ça est emmaganisé, on compose, on travaille, on avance, mais sur le plan de la discographie, ça ne suit pas, tout simplement parce qu’on manque de temps, parce qu’on manque de moyens, parce qu’on n’a pas toujours trouvé les partenaires qui fonçaient, et que c’est difficile.

Quali sono le tappe fondamentali, quale anno ha iniziato l'incontro, il processo di Medea?

L'incontro con Lazennec, è stato nel 1995, Medea è stata prodotta nel 1997, Bruno e trovato il primo di Medea, nel novembre 1997. E ci è stato don Juan nel gennaio 1998. Così è andata veramente veloce. Da allora ci sono stati un sacco di cose, si è un'opera per bambini, Robin e Marion a Nizza, è stato teatro musicale, ha assunto con il Don Juan di Orlando Forioso, che ha diretto il programma Marco Polo. Poiché si trattava di un sacco di cose in teatro, la musica con cori provenienti dalla Bulgaria, era dieci o dodici colonne sonore, in questo momento stiamo lavorando per la musica di un cartone animato che dovrebbe essere pubblicato nel 2007: "Max e co ', uno completamente zany cartoon, prodotto dalla svizzera in lingua inglese e mi sembra ci.
La storia si svolge in una fabbrica finocchi volare. Vi è una sorta di male boss, un rospo di nome Rodolfo, e Bruno dice qualcosa di completamente scaglionati, completamente pazzo, che interprete sulla musica polifonica molto festosa. Quindi, con Bruno, è stato pieno di cose, e tra queste cose, il Marco Polo abbiamo fatto questo inverno con un superbo Orlando Forioso testo che dice che Bruno è stato messo in musica, con la partecipazione di un tibetano che è l'attore Himalaya l'infanzia di un leader, con Marie Kobayashi con cui abbiamo cantato sul Don Giovanni nel 1997, con la quale abbiamo lavorato sulla musica di altri. Marco Polo è stato dato per la prima volta questo inverno, qui a Calvi, poi è stato presentato a Bastia e poi alla Biennale di Venezia con Guillaume Depardieu. ha funzionato bene, e deve essere ripresa a partire dalla fine di ottobre.

E vi è un disco DVD?

Comunque, speriamo le dita incrociate per la sua accada, perché, per fortuna o purtroppo, almeno abbiamo un ritmo di lavoro che è così importante che noi siamo costantemente dietro alla produzione. Medea è stata registrata nel 2005, ha pubblicato nel 2006, è stato istituito nel 1997 e dal 1997 è stato creato: una Via Crucis, una passione, un Requiem, un lavoro su testi di Rodari Orlando sulla grammatica della fantasia, "abbiamo dato qui l'anno scorso abbiamo creato un repertorio di canzoni, ha creato un'opera per i bambini che Bruno ha scritto, Robin e Marion, che non è registrato. Ha composto un lavoro per noi e un quartetto di Bulgaria, questo non viene registrato. Noi stessi, abbiamo creato un sacco di cose, non vi è nel prossimo mese di soggiorno a lavorare con musicisti jazz sulle nuove creazioni, in realtà, tutto è emmaganisé, si compone, funziona, si sostiene, ma termini di discografia, non solo perché la mancanza di tempo, perché ci mancano i mezzi, perché non abbiamo sempre trovato dei partner che buio, ed è difficile .

Et le point commun entre toutes ces créations ?

Les rencontres humaines et l’envie de travailler ensemble, c’est évident. Sinon, ça n’a pas de sens. D’abord, nous mêmes a Filetta, c’est ça : l’envie d’être ensemble, le besoin très fort de parler d’une même voix . Cela ne veut pas dire être monolithique, ça veut dire respecter les personnalités de chacun, mais vraiment de dire « on est ensemble, notre destin est commun, on est sur la même barque, on est sur la même île,on est dans le même monde », et à un moment donné, ce qui guide tous ces travaux, c’est effectivement le besoin impérieux de se sentir entourés, de se sentir aimés, appréciés, et soi même d’avoir à l’égard des autres de la sympathie, de l’amour et l’ envie de leur faire partager et de le leur dire.

Une forte relation avec le spirituel donc ?

Sur le plan purement religieux, même si on est issus d’une tradition religieuse très puissante, on n’est pas forcément tous les dimanches à l’église. Mais déjà, ce qui est sûr, c’est que culturellement nous sommes très portés sur le répertoire religieux, et quand je dis religieux, c’est justement au sens premier du religieux, c’est à dire qui relie, le sentiment d’appartenance à une communauté, et d’être ensemble dans des moments bons ou pas bons, difficiles ou joyeux à vivre, et je crois que ça fait partie de notre façon de penser la musique, et c’est notre façon de la développer aussi dans nos créations, dans nos compositions et dans notre rapport aux autres musiciens.Hors dogmes ?Absolument, hors dogmes, car si on rentre là-dedans c’est la négation même de toute forme d’ouverture.

© Benjamin MiNiMuM

Vous pouvez écouter cet entretien à l'adresse suivante :

http://www.a-filetta.mondomix.com/fr/itw3275.htm

E il filo conduttore comune tra tutte queste creazioni?

Gli incontri e il desiderio di lavorare insieme è ovvio. In caso contrario, non ha senso. In primo luogo, una Filetta di noi è questa: il desiderio di stare insieme, molto forte necessità di parlare con una sola voce. Ciò non significa essere monolitico, significa rispettare la personalità di ciascuno, ma in realtà a dire "stiamo insieme, il nostro comune destino, siamo sulla stessa barca, siamo sulla stessa isola, che si trovano nella stessa mondo "e ad un certo punto, che guida tutto questo lavoro, questo è il bisogno di sentirsi circondato, di sentirsi amato, apprezzato, e così essi hanno nei confronti degli altri di simpatia , l'amore e il desiderio di condividere e dire loro.

Un forte legame spirituale con essa?

Sulla natura meramente religiosa, anche se si tratta di una tradizione religiosa molto forte, non è necessariamente ogni Domenica in chiesa. Ma già, quello che è certo è che culturalmente siamo molto concentrata sul repertorio religiosa, e quando dico religiosi, è proprio il senso della religione, cioè la sensazione di collegamento appartenenza ad una comunità e di stare insieme nella buona o cattiva, gioiose o difficili da vivere, e credo che sia parte del nostro modo di pensare la musica, e questo è il nostro modo di sviluppare anche in le nostre creazioni nel nostro composizioni e nella nostra relazione ad altri dogmi musiciens.Hors? Certamente, al di là del dogma, perché se andiamo vi è la negazione di qualsiasi forma di apertura.

© Benjamin MINIMI

È possibile ascoltare in questa intervista:

http://www.a-filetta.mondomix.com/fr/itw3275.htm
 
Vincent Zanetti

Enfin, une interview réalisée par Vincent Zanetti le 15 septembre 2006 à l'occasion de la 18e édition des Rencontres chants polyphoniques de Calvi.

De Sénèque à A Filetta...

Vincent Zanetti : En 1995, le metteur en scène breton Jean-Yves Lazennec demande au groupe polyphonique corse a Filetta de créer la musique des chœurs de Médée, la tragédie dédiée par l’auteur latin Sénèque au personnage de Jason, symbole par excellence de la découverte de l’autre, avec tous les ravissements et tous les troubles que cela implique.

Un peu plus de 10 ans plus tard, A Filetta publie aujourd'hui sur disque la dernière version de ces quatre chœurs.
Et de la même façon qu’après le voyage de Jason, l’ailleurs n’est plus vraiment ailleurs, on peut dire sans se tromper qu’après le Médée d’A Filetta, le chant polyphonique corse ne sera jamais plus le même.
Rencontre avec l’auteur de cette musique inspirée, celui qui a même été jusqu’à traduire en langue corse le texte latin de Sénèque pour pouvoir le chanter dans une langue vivante et si évidemment prédestinée au mariage de la polyphonie et de la tragédie antique. Cet aède corse, c’est Jean-Claude Acquaviva.

Jean-Claude Acquaviva, dans vos spectacles, et notamment dans la présentation de Médée, pièce qui date tout de même de 1997 et qui sort maintenant en 2006, donc 9 ans plus tard en disque, mais que vous avez chanté ici à Calvi dans les Rencontres polyphoniques, vous avez cette phrase dans la présentation qui résume presque tout : « L’ailleurs n’est plus ailleurs », directement citée du texte de Sénèque que vous avez traduit du latin en langue corse. C’est largement autobiographique, Médée ?

Jean-Claude Acquaviva : Oui, je pense que c’est autobiographique, je crois que pour nous A Filetta, Médée correspond vraiment à un moment fondamental dans notre trajectoire. Nous avons toujours dit que c’était un moment extrêmement important : d’abord c’est le moment où sans doute par hasard, par nécessité aussi, on se met à penser les choses dans des formats qui ne sont pas les formats traditionnels ;
Et aussi, on revient à l’importance du texte, du verbe, de la parole, jusqu’ici notre tradition orale est faite de chants qui sont souvent très courts, de vers souvent octosyllabiques, de poèmes très courts, de strophes qui sont reprises, etc. Et là, lorsque le metteur en scène nous demande de produire une musique pour ce chœur, on est face à un texte dont la métrique n’est absolument pas régulière, on se trouve face à un texte qui est très long, à partir duquel on ne peut pas créer un e musique comme on l’aurait fait dans la tradition, en disant : « on met en musique les 4 premiers vers, et puis après on répète ».
Cette difficulté par rapport au texte nous amène à essayer de concevoir une musique qui nous dépasse nous-mêmes, qui dépasse notre propre tradition.

Infine, un intervista con Vincent Zanetti il 15 settembre 2006 presso la 18a edizione dei Rencontres de Calvi canzoni.

A Filetta Seneca ...

Vincent Zanetti: Nel 1995, il regista Jean-Yves bretone Lazennec chiede il gruppo ha Filetta corso creare musica cori polifonici di Medea, la tragedia dedicato dall'autore latino Seneca personaggio di Jason, il simbolo per eccellenza della scoperta degli altri, con tutte le raptures e tutti i problemi che comporta.

Poco più di 10 anni più tardi, filettatura pubblicato oggi l'ultima versione del disco di quattro cori.
E subito dopo il viaggio di Giasone, l'aggiunta non è, inoltre, è sicuro di dire che, dopo Medea filettando, corso di canto polifonico non sarà più lo stesso.
Incontra l'autore di questa musica ispirata, che è stata quella di tradurre il corso di lingua del testo in latino di Seneca per essere in grado di cantare in una lingua e quindi, ovviamente, destinato per il matrimonio e la polifonia antica tragedia. Questo corso bardo, Jean-Claude Acquaviva.

Jean-Claude Acquaviva, nella vostra mostra, in particolare nella presentazione di Medea, un gioco che ancora data dal 1997 e in uscita nel 2006, quindi 9 anni più tardi, a guidare, ma hai cantato qui a Calvi Polifoniche riunioni, lei ha questa frase nella presentazione che riassume quasi tutto: "L'aggiunta è anche" citato direttamente dal testo di Seneca che tradotto dal latino in lingua corsa. Essa è in gran parte autobiografico, Medea?

Jean-Claude Acquaviva: Sì, credo che sia autobiografico, credo che per noi Filetta, Medea è davvero un momento critico nella nostra carriera. Abbiamo sempre detto che si è trattato di un momento estremamente importante: è la prima volta, probabilmente per caso, per necessità, anche noi cominciamo a pensare le cose in formati che non sono formati tradizionali;
E inoltre, spetta l'importanza del testo, parola, discorso, finora la nostra tradizione orale è fatto di canzoni, che sono spesso molto brevi, spesso octosyllabiques versi, poesie brevi, una serie di cui sono indicati , ecc. E poi, quando il regista ci chiede di produrre musica per il coro, ci troviamo di fronte a un testo in cui il parametro non è regolare, ci troviamo di fronte a un testo che è molto lunga, da cui non può creare un messaggio e la musica come avremmo fatto, nella tradizione, dicendo: "non c'è la musica nei primi 4 versi, e poi ripetere.
Questa difficoltà con il testo ci porta a cercare di sviluppare una musica che ci superare noi stessi, al di là della nostra propria tradizione.

Et en même temps, Médée arrive effectivement à un moment où nous avons déjà pratiquement 10 ans de rencontres de chants polyphoniques, où nous sommes en plein échange avec les chants géorgiens, le Caucase, où nous sommes en plein développement par rapport au théâtre, à la musique de théâtre, en tout cas aux Passions qu’on joue à Calvi…
Donc Médée, c’est la musique qui arrive et qui fait qu’A Filetta devient A Filetta, je crois que c’est clair.
Jusque là, on n’aurait pas forcément pu nous distinguer des autres groupes polyphoniques, on chantait une tradition orale comme d’autres : Tavagna, nous, les Chjami Aghjalesi, Canta U Populu Corsu, tous les groupes de Corse travaillaient sur le même répertoire polyphonique, on avait à peu près tous les mêmes repères, les mêmes répertoires polyphoniques. Médée arrive à un moment qui est tel qu’on a un bagage qui est ce qu’il est, qui fait qu’on a une idée de notre musique qui a beaucoup évolué depuis 1987, et ça produit une musique qui ensuite va nous permettre justement, à mon avis, d’aller plus loin encore, d’aller sur des choses plus osées, plus contemporaines, plus modernes, notamment sur le plan des harmonies, avec le Requiem, les Chemins de Croix ici. Nous avons produit des choses qui du coup s‘éloignent encore plus de la tradition, sans doute,  mais qui proposent des pistes de prolongement.
Pour nous, Médée est un tournant. En fait, si vous voulez, avant Médée, il y avait un travail qui n’était qu’oral. Avec Médée, il y a quelque chose qui n’est pas écrit, puisque la partition proprement dite n’a jamais été fixée, n’est pas écrite, mais qui devient quand même plus fixé, plus écrit. On a travaillé sur des mélodies harmonisées. Elles étaient, comme dans la tradition orale, relativement libres : on savait qu’il y avait telle ligne mélodique, relativement libre et qu’autour de ça il y avait des blocs harmoniques ; on savait qu’à tel moment on était sur tel accord, on allait vers tel autre, etc. C’est fixé en quelque sorte, mais ce n’est pas écrit. Et après Médée, on a continué à faire des choses comme on faisait Médée, on a continué à faire des choses comme on faisait avant Médée, c’est-à-dire complètement orales, et on a fait aussi des choses complètement écrites.

E allo stesso tempo, Medea effettivamente accade in un momento in cui abbiamo quasi 10 anni di riunioni di brani, dove siamo nel commercio con i brani della Georgia, del Caucaso, dove siamo in fase di rapida crescita, rispetto al teatro, musica teatro, almeno ci gioco la Passioni a Calvi ...
Quindi, Medea, la musica è una realtà e il fatto che diventa Filetta threading, credo che sia chiaro.
Fino ad allora, non è necessariamente in grado di distinguerli dagli altri gruppi di canto polifonico è una tradizione orale Tavagna come altri, abbiamo la chjama Aghjalesi, Canta U Populu Corsu Corsica tutti i gruppi di lavoro sulla stessa directory Polyfoniche, abbiamo avuto più o meno lo stesso di marchi, la stessa directory polifonici. Medea giunge in un momento che è tale che un fondo che è quello che è uno che ha un'idea della nostra musica si è evoluta dal 1987, e produce una musica che poi ci permettono giustamente, a mio parere, di andare oltre, di andare su cose più audaci, più contemporaneo, più moderna, in particolare nel armonie, con il Requiem, la Via Crucis qui. Abbiamo prodotto cose che soffiano via ancor più della tradizione, senza dubbio, ma che offrono possibilità di proroga.
Per noi, Medea è un punto di svolta. In realtà, se si vuole, prima di Medea, non vi è stato un lavoro che è stato per via orale. Con Medea, c'è qualcosa che non è scritta, in quanto il cliente stesso non è mai stato risolto, non è scritto, ma diventa ancor più determinata, più iscritto. Abbiamo lavorato su melodie armonizzate. Esse sono state, come nella tradizione orale, relativamente libero, sapevamo c'era una tale linea melodica, relativamente libero e che attorno ad essa vi erano blocchi armoniche, sapevamo che questa volta non vi è stato l'accordo , così siamo andati a un altro e così via. Questa è fissata, in qualche modo, ma non è scritto. Medea e dopo, abbiamo continuato a fare le cose come Medea è stata, essa ha continuato a fare le cose come abbiamo fatto prima di Medea, ovvero per via orale, ed è stato anche qualcosa di scritto.

Donc Médée est une charnière, une pierre angulaire.

Et pour la petite anecdote, on a fixé Médée par l’écrit. Maintenant, si vous l’entendez, vous ne reconnaissez absolument pas Médée. On n’a pas la capacité de le fixer tel qu’on le chante. Simplement, pour prendre des repères, pour s’assurer malgré tout qu’on est dans le respect de certaines modulations, de la tonalité, on a plus ou moins, de façon très simplifiée, on a écrit les grandes lignes de Médée avec les harmonies. Mais si vous le faites jouer par un outil informatique, oui, vous avez les harmonies qui vont revenir, mais vous ne reconnaissez pas, parce que ce qu’on fait sur scène, on le fixe difficilement.
Pour répondre à votre question, comment a-t-on travaillé ?
On a travaillé sur une série de mélodies. D’ailleurs, ce qui a été pour moi le plus passionnant dans ce travail, c’est d’avoir pour les quatre chœurs des climats qui, évidemment, sont fonction de la dramaturgie, de ce que dit le texte et de ce qu’il annonce.
Mais ce qui est intéressant, c’est que le premier chœur est probablement celui qui est resté le plus proche du chant traditionnel ; le deuxième, qui au niveau de l’idée même du texte de Sénèque, est celui qui est à mon avis le texte le plus moderne, c’est justement celui là qui dit « désormais l’ailleurs n’est plus ailleurs », c’est celui qui est le plus en rupture avec tous les autres ; pour le troisième, on revient à quelque chose qui est en partie traditionnel, mais qui par contre, dans certains développements, est beaucoup plus moderne que le second ; et le quatrième, c’est un chœur beaucoup plus ramassé, c’est le seul chœur rythmique, le seul qui est mesuré en quelque sorte, et c’est celui qui voulait donner le sentiment qu’on arrivait à quelque chose qui paradoxalement, alors que ça devient mesuré, est en train de s’affoler, de se déformer, c’est le moment de la fureur de Médée, et c’est là où les voix deviennent sans doute les plus folles.
Et ce qui a vraiment été passionnant, ça a été de travailler sur certains thèmes qui existent dans le premier chœur, qui passent dans le troisième, et qui passent dans le quatrième, des thèmes qui à chaque fois sont harmonisés de façon différente et qui justement se déforment, et arrivent à la fin avec ce qu’on a voulu être le chœur sans doute le plus fou, le plus déstructuré, même si, encore une fois, sur le plan de l’organisation rythmique c’est le seul qui est rythmé, qui est rythmique, qui est mesuré.

Alors, comment s’est passé le travail avec les autres ? Dès lors qu’il y avait ces choses là qui étaient établies, fixées, il y a eu tout un travail de mémorisation, de maillage, pour faire en sorte qu’on passe d’une harmonie à l’autre, chacun tenant compte de la façon dont les autres développent.

Così Medea è un cardine, una pietra miliare.

E per l'aneddoto, che è stato fissato da Medea iscritto. Ora, se si sente, non si riconoscono Medea. Se non hanno la possibilità di impostare come cantare. Semplicemente, cuscinetti a prendere, per garantire che siamo ancora in conformità con alcune modulazioni di tono, si è più o meno, molto semplificato, abbiamo scritto una bozza di Medea con armonie . Ma se si gioca con uno strumento, questo sì, avete le armonie che tornare indietro, ma non si riconoscono, perché quello che facciamo sul palco, è la difficoltà.
Per rispondere alla sua domanda, come ha lavorato?
Abbiamo lavorato su una serie di melodie. Inoltre, ciò che è stato per me più emozionante di questo lavoro è quello di avere cori per tutti e quattro i climi che, ovviamente, dipende dal dramma di ciò che il testo dice e ciò che ha annunciato.
Ma ciò che è interessante è che il primo coro è probabilmente quello che è rimasto più vicino alla canzone tradizionale, il secondo, alla stessa idea del testo di Seneca, è che a mio avviso, la la più moderna del testo, è proprio quello che ha detto "ora è anche più altrove", è uno che è più in contrasto con tutti gli altri, per il terzo, è fino a qualcosa di è in parte tradizionale, ma contro chi, in alcuni sviluppi, è molto più moderna rispetto al secondo e il quarto è un coro raccolto molto di più, è l'unico coro ritmica, l'unico che viene misurata in alcuni modo, ed è colui che ha voluto dare la sensazione che qualcosa è successo che, paradossalmente, mentre è misurata, è in fase di panico, di falsare, è il momento di furia di Medea e questo è dove i voti sono probabilmente i più folli.
E ciò che è stato davvero emozionante, è stato lavorare su alcuni temi che esistono nel primo coro, che passa al terzo, quarto e nel passare, ogni volta che le questioni sono armonizzate in modi diversi e che solo diventare distorta, e arrivare alla fine con quello che abbiamo voluto essere il coro probabilmente il più pazzo, più strutturata, anche se, ancora una volta, in termini di organizzazione ritmica è l'unica che è ritmico, che è il ritmo, che viene misurata.

Quindi, come ha lavorato con gli altri? Da quando è stato queste cose che sono state, insieme, vi è stato un bel ricordo, la messa in rete, in modo da trascorrere una armonia di un altro, ciascuno tenendo conto delle sviluppare come gli altri.

C’est pour ça que Médée a mis beaucoup de temps à mûrir. C’est pour ça que, quand on écoute nous les premiers enregistrements de Médée, aujourd’hui ils sont extrêmement différents parce qu’il y a plein de choses qui ont évolué et notamment il a fallu attendre d’avoir une respiration commune dans le texte, dans le verbe, et cela a pris beaucoup de temps.
Alors aujourd’hui les gens qui nous entendent chanter viennent nous voir en disant : « mais comment faites-vous, vous n’avez aucun repère rythmique, vous êtes ensemble sur le plan harmonique, avec des frottements, avec des choses qui modulent, comment faites-vous sans repères ? » Eh bien, c’est la mémoire,  c’est dix ans de pratique commune qui font qu’on arrive à mémoriser les choses de cette façon là.

On l’a dit, Médée c’est un peu une pierre angulaire dans l’existence d’A Filetta. Pour vous compositeur, bien sûr vous avez continué à composer, vous avez composé avant, vous avez composé après, mais tout de même, la barre est montée très haut, comment vivez-vous l’après Médée ? Parce que, encore une fois, l’ailleurs n’est plus ailleurs. Maintenant, où allez vous chercher l’ailleurs, parce que vous avez cette soif là ?

Vous savez, ce qui est délicat pour nous, c’est que Médée, comme vous le disiez, est une pierre angulaire, une sorte de passage. Et c’est vrai qu’on a été à l’aise dans le passage, et ce qui nous fait un peu peur pour l’après, d’ailleurs ça s’est vérifié, puisque on a beaucoup travaillé après, on a composé plein de choses, mais on a fait des choses qui sont devenues sans doute, pour l’instant, pour ce qui a été produit, des choses qui seraient plus proches d’une forme de musique classique contemporaine que véritablement de ce qu’on a produit avec Médée.
Bruno Coulais disait de Médée : « c’est un OVNI », c’est quelque chose d’assez inclassable, parce que ça module beaucoup plus que la musique traditionnelle, mais en même temps, c’est sur des fonctionnements de la musique traditionnelle. Ce sont des harmonies plus modernes, mais on y retrouve quand même les éléments essentiels de la musique traditionnelle. Médée est une musique qui est vraiment celle qui nous permet de sortir de la tradition, mais qui reste quand même enracinée, amarrée en quelque sorte à la tradition, même si on s’en éloigne, même si on y a intégré des choses nouvelles, il y a toujours un contact.

Ce que l’on a fait par la suite, on a fait des choses qui, à mon sens, sortent beaucoup plus des sentiers de la tradition. Alors, ce n’est pas qu’on le regrette, car quand on compose, on n’a pas à se poser le problème de savoir où on va et si on est dans des routes jalonnées, mais en même temps, on peut très bien accéder à un type de musique dans lequel on peut ne pas être du tout reconnu.
Parce qu’on n’est pas des classiques, on n’est pas des chanteurs de musique contemporaine, on n’en a pas la formation, les qualités, par contre je pense qu’on peut dire des choses dans un langage qui s’éloigne de celui de la tradition, on peut faire valoir des choses au niveau notamment de la façon de vivre le chant ensemble, de continuer à le tisser ensemble, ça, ça me semble important.
Je crois que la différence fondamentale entre un groupe comme nous et un chœur classique quel qu’il soit , c’est que le chœur classique fonctionne par rapport à quelque chose d’écrit : il y a des pupitres, c’est réglé très souvent par quelqu’un d’extérieur, etc. Nous, on ne peut pas fonctionner comme ça, nous, on est obligés d’être les uns dans les autres, de s’abandonner les uns aux autres, ça, ça ne pourra pas changer.
Par contre, on sera amenés, et on a été amenés, à faire des choses plus mesurées, qui s’approchent plus d’une certaine forme de musique contemporaine. Alors, est ce que les gens vont comprendre ? Nous mêmes, on est toujours dans l’interrogation, évidemment, quand on fait quelque chose : quand on faisait Médée, on se disait : « est-ce qu’on ne s’éloigne pas trop ? Est ce qu’on a le droit de digresser ainsi ? Est-ce qu’il ne faut pas revenir à des choses plus simples, faire des choses plus accessibles ? » et puis finalement, on est sortis de Médée avec la satisfaction d’avoir fait quelque chose qui correspond à notre personnalité, à notre façon de voir la musique et son évolution en Corse et ailleurs.

Pour en revenir à votre question, c’est un peu notre interrogation. Après, il y a aussi le fait qu’on avance dans l’âge, on avance dans la musique, on avance dans le contact ; on a beaucoup travaillé avec Bruno Coulais, c’est évident qu’ensuite il y a des influences, la musique écrite beaucoup plus, est ce qu’on sera capables à l’avenir de continuer à produire une musique qui soit autant un OVNI que Médée ? Je n’ai pas la réponse.


Et enfin, une interview pour RFI Musique :
Les polyphonies colorées d’A Filetta
Nouvel album Bracanà

Paris 
15/07/2008 - 
Le nouvel album d’A Filetta, Bracanà parcourt les multiples facettes artistiques de ce combo de chanteurs fondé il y a tout juste 30 ans. Toujours partant pour rencontrer leurs frères chanteurs à travers le monde, A Filetta s’impose comme un des groupes les plus excitants de l’île de Beauté. Interview de Jean-Claude Acquiva, un homme qui a choisi sa voix.

I

RFI Musique : Ce nouvel album s’intitule Bracanà. Quel est le sens de ce mot corse ?
Jean-Claude Acquaviva : Il a deux significations : "bariolé" et "changer de couleur à l’approche de la maturité". "Bariolé" correspond bien à ce nouvel album, à ces 14 chants métissés. "Bracanà", on le dit du pelage d’un animal. Cet album est tout sauf uniforme. On y retrouve des chants liturgiques chrétiens, des chants géorgiens, des monodies traditionnelles, des créations dont une, Liberata, à la mémoire de Pierre Griffi, un héros de la Résistance en Corse. Ce morceau sert de générique à un téléfilm sur la Resistance sur l’île durant la Seconde Guerre mondiale. Treblinka parle d’espoir, du souffle de vie au cœur de l’horreur, 1901 de l’exil à travers les destins de frères géorgiens. L’Invitu est extrait de notre création autour du Médée de Sénèque. C’est un disque ouvert, en fait. Mais "bracanà" se dit aussi d’un fruit qui change de couleur en mûrissant. C’est aussi ça un peu le reflet de notre parcours sur ces 10 dernières années durant lesquelles nous avons beaucoup tourné et provoqué beaucoup de rencontres. Ce parcours atypique nous a conduits vers d’autres traditions polyphoniques tout autour de la Méditerranée, mais aussi plus largement dans le monde, en Asie, en Afrique. On ne sort pas indemne de tout ça. Forcément notre répertoire évolue. Chaque album est différent. Heureusement d’ailleurs, en 30 ans de carrière, ça serait vite ennuyeux pour nous, comme pour le public.

 
Que regard portez-vous sur ces 30 ans d’activité ?
Tout d’abord, j’ai vraiment la sensation que ces 30 années sont passées en quelques heures seulement… Il n’y a ni frustration, ni amertume. Aucune routine ne s’est installée. Nous n’avons jamais raisonné en termes de développement de carrière. Nous avons plutôt évolué au gré de rencontres, de nos rêves et de nos surprises. C’est probablement ce qui explique notre longévité. Pour nous, l’important est d’avancer, et d’avancer ensemble. Nous avons la même façon de voir la vie. On adhère à la même démarche. Ça passe par une grande rigueur dans le travail, rigueur qui ne nie pas pour autant la personnalité de chacun. C’est ce qui nous permet de nous renouveler, en invitant par exemple des plus jeunes à nous rejoindre.

Quelques souvenirs forts au fil de ces 30 ans ?
Beaucoup de tournées nous ont marqués par la qualité des échanges. Dans le Caucase par exemple ou dans la Géorgie de l’après-guerre civile. En Afrique, nous avons été impressionnés par ce que nous avons vu et par l’accueil du public, pas forcément celui des organisateurs. Les Rencontres Polyphoniques que nous co-organisons à Calvi, depuis 20 ans sont aussi des moments forts.

Quelques mauvais souvenirs, aussi ?
Pas tant que ça. Bien sûr quelques galères souvent liées à de mauvaises conditions scéniques ou lorsque nous avons inauguré un festival en Hollande et que nous avons joué devant un parterre vide, ou dans des villages qui semblaient désertés. Aujourd’hui, on en rigole. Les vrais coups durs sont liés à la disparition de proches.
Quelles perspectives pour le chant corse ?
Il y a 30 ans quand on a commencé, c’était assez exotique. Même en Corse. En fait, il a des vagues. L’intérêt pour notre travail et pour les musiques que nos défendons en général croît ou décroît en fonction de raisons qui nous sont parfois totalement étrangères. Le boum des Voix Bulgares a provoqué un temps un regain d’intérêt pour les traditions vocales. Forcément les difficultés que traverse l’industrie du disque ne sont pas sans conséquence sur notre développement. Il y a quelques années, nous étions plus souvent conviés sur des plateaux télés. Maintenant moins. Notre musique n’a pas fondamentalement changé. La télé, si.
Comment imaginez-vous votre avenir musical ?
On ne se projette pas … Impossible de dire ce qu'il en sera dans 5 ou 10 ans. Je sais juste que l’on continuera à faire entendre notre voix, parce qu’on a des choses à dire, parce que notre volonté est intacte, notre enthousiasme et nos rêves aussi. Nous continuerons à produire tant qu’il y aura de l’envie, du souffle et de l’entrain. Quant à la musique, elle continuera ! C’est comme la vie, on ne se pose pas la question de pourquoi on vit. On vit, point barre !
 

A plus court terme, quels sont vos projets ?
Des projets de rencontres évidemment. En septembre, lors des prochaines Rencontres Polyphoniques, nous allons travailler avec Danyel Waro. Nous donnerons un concert dans la foulée et nous nous retrouverons pour Africolor en décembre. C’est un extraordinaire personnage, un militant de l’humanité et de la "batarcité". Sinon, nous travaillons avec des musiciens de jazz tel le trompettiste Paolo Fresu ou le bandonéoniste Daniel di Bonaventura. Nous avons aussi collaboré avec le guitariste portugais Jorge Fernando et avec Yves Duteil sur son dernier album.

Des envies de collaborations autres ?
On aimerait bien travailler avec Gabriel Yacoub ou Gianmaria Testa. Ce qui nous intéresse dans ces rencontres et dans la musique de manière générale, ce n’est pas l’idée du but à atteindre mais plutôt celle de l’épanouissement au quotidien. Il est clair qu’avec l’arrivée de la world, nombreux sont ceux qui ont cru aux vertus du métissage. Mais le métissage pour qu’il soit réussi doit être l’aboutissement naturel d’une rencontre.

Vous avez travaillé pour le monde de l’image, le théâtre, l’opéra ou la danse… est-ce aussi une façon de contourner la crise du disque ?
Dans les faits, c’est peut-être ça… Mais nous, on n’a sollicité personne. Ce sont plutôt Bruno Coulais ou Sidi Larbi Cherkaoui (le chorégraphe : ndlr) qui sont venus à nous. Il n’y avait rien de calculé, pas de volonté de dire : "on va faire ça pour contourner la crise du disque…". Il est indéniable que ces collaborations nous ont ouvert de nouveaux publics.
Les mots de Jean-Claude Acquaviva
 
U lamentu di Ghjesù
Photo : Françoise COULOMB - 7 septembre 2005, Calvi
La tradition

Dès lors que l'on a des racines, on n'a pas besoin de prouver qu'on y est fidèle.Toutes les traditions n'ont de sens que dans la mesure où elles évoluent. Elles évoluent naturellement depuis toujours, ne serait-ce que par la communication, par les civilisations qui se succèdent, se croisent où s'entrechoquent et quelque fois se déchirent. De là naît une culture. Si l'on doit faire une analyse du chant polyphonique traditionnel on ferait le constat qu'il est endémique, c'est un chant qui manifestement a des origines ailleurs où il a été influencé. Il faut replacer ce chant dans une perspective d'ouverture sur le monde, il ne faut pas faire du suivisme et se mettre dans les pas d'une musique dominante. Si notre musique est ouverte, tant mieux ! Elle doit le demeurer pour continuer à être le reflet d'une communauté qui vit, avance et évolue.

Quand on est issu de la tradition orale, avoir des racines, c'est en même temps extraordinaire et terriblement handicapant, parce que dès que l'on sort du chemin, de la tradition, on se pose sans cesse la question : "ai-je le droit de sortir du chemin ?" Nous avons pris ce droit il y a plus de 20 ans, et ce qui nous rassure et nous comble, c'est que le public nous accepte tels que nous sommes et qu'il comprend bien notre démarche.

La tradition n'a de sens que si elle continue d'être le reflet d'une communauté qui avance.

 La langue

Se focaliser sur la défense de la langue, c'est se tromper de combat. La langue, si elle n'est pas celle du pain, du jour, du repas, du coucher, ce n'est pas la peine de se battre pour elle. Ce qui est important, c'est d'essayer de vivre par la langue et non pas de faire vivre la langue. Dans ce sens-là, on se considère toujours comme des gens militants. Pas des militants qui se posent en défenseurs d'un sanctuaire. Un sanctuaire, ça sent déjà la mort. Notre musique, c'est tout sauf quelque chose de proche de la mort.

A Filetta

En octobre 1978, naissait le groupe A Filetta. A l'époque nous ne savions pas et d'ailleurs, nous ne savons toujours pas, s'il s'agissait du rêve d'une esquisse ou de l'esquisse d'un rêve. L'esquisse d'une demeure à jamais ouverte où pourraient venir trouver refuge, les âmes entremêlées, qui dans leur quête d'éternité, tissent et retissent les fils de ce vieux partage qu'est le chant.Le rêve d'un navire sans pavillon, parti de nulle part sillonner l'ailleurs où des phares immémoriaux pourraient peut-être un jour lui dire : " c'est là, parmi vous, dans l'éphémère partagé que sont les étendues éternellement heureuses. "

Vingt ans aux côtés de tous ceux qui ont la conviction que la vie est de ces batailles à mener dont il ne faille sortir ni vainqueur ni vaincu, mais grandi.

Et, s'il fallait, au terme de ces quelques années que subsiste une empreinte et une seule, nous souhaiterions vraiment que ce soit celle de voyageurs dont la seule préoccupation serait de ne rien vouloir altérer.Il faut être ce que nous sommes et l'être pleinement et ne pas chercher ni à plaire, ni à complaire; il ne faut pas tricher avec cela.

Nous sommes un vieux groupe de jeunes chanteurs.

"A Filetta a constitué un cocon où l'on s'épanouit quelquefois à l'abri des vicissitudes d'un quotidien agité par les soubresauts de nos sociétés du tout-marchand où seule compte la capacité à être plus fort que l'autre pour mieux l'écraser. Enfin, A Filetta a également été une vraie école du partage, du travail et de l'exigence envers soi-même." (source : A Pian' d'Avretu")

Chanter

Chanter c'est, aussi et peut-être surtout, dire tendrement des choses puissantes et puissamment des choses tendres.Notre chant est de pierre et d'eau. Dans ses plis et replis, dans ses arcanes, il épouse les contours de l'âme de ce rocher tumultueux qui nous a engendrés.
Notre chant est un chant qui consacre la mémoire, il est aussi un chant qui prône l’ouverture, l’accès à l’autre. Surtout, il traduit le besoin profond de n’être que ce que nous sommes, mais à l’être pleinement, sans complexes, en authenticité et généreusement. Pas en essayant d’en faire un sanctuaire. Le sanctuaire, cela sent déjà la mort.

La polyphonie

La pratique de la polyphonie est absolument liée à l'établissement d'un lien social. C'est peut-être ce qui explique sa force et le fait qu'elle ait trouvé une nouvelle raison d'exister. Pratiquer cette musique, tenter de lui donner un prolongement, c'est pour nous caresser l'espoir de rapporter les clameurs nées du campement de quelques nomades dans ce désert qu'est le temps.Au-delà de l’aspect technique, la polyphonie est une musique de partage, qui ne se conçoit que dans la complicité. Il faut bien se connaître, beaucoup d’échanges sur le plan humain pour que cela fonctionne. Pour qu’il y ait une cohésion entre plusieurs voix, il faut qu’il y ait du sens à travers ce qui est chanté. C’est une musique qui contribue à créer des rêves collectifs.

La Corse

Je considère que le problème corse est spécifique, comme le problème de n’importe quelle micro-région l’est. Parce qu’il y a des raisons, une histoire, une géographie, propre. Mais, j’ai toujours pensé qu’il n’est qu’une toute petite partie d’un grand problème universel qui tient à la répartition des richesses, à la justice, à l’équité, au respect. Du plus petit de la chaîne au plus haut, respectons la vie dans ce qu’elle a de sacré, donnons à chacun les moyens de vivre dignement. Il faudra bien trouver un jour ou l’autre les solutions du développement.

La vraie Corse est pour moi la Corse avec toutes ses composantes. Les meurtres, les attentats, les rivalités font aussi partie de la Corse et il ne faut pas évacuer cela. Mais, tout à côté il y a des gens qui progressent, qui produisent, qui travaillent, qui essaient que cette terre aille de l’avant. De cela on ne parle pas, ou très peu.

Le problème corse n’est pas un problème local, il est mondial. Comme beaucoup d’autres territoires dans le monde, face à la mondialisation, la Corse doit garder sa spécificité et sa culture. Le vrai enjeu est là.

Un Continental qui change de département n’a pas le sentiment de partir de chez lui. Un Corse qui part de Corse s’arrache. Cela a eu une influence très forte sur cette volonté de maintenir, de cultiver.

Sur une île on peut avoir l’impression que tout s’arrête : même la terre ferme !

La violence

La France a eu en Corse une politique violente, elle a essayé d’éradiquer tout ce qui faisait la spécificité des Corses au niveau de la langue, de la littérature. La France, par des lois douanières assassines, a essayé de mettre complètement par terre l’économie corse. Cela fait aussi partie de l’histoire de France. Aujourd’hui, cela se traduit par une violence qui a été en partie légitime et une violence qui, en grande partie, a dérivé pour des tas de raisons, pour des choix qui ont été faits ou pas. Parce que la clandestinité a pris le pas sur le reste et l’on sait qu’une violence clandestine est incontrôlable. Sous couvert d’une violence clandestine, des bandes armées se constituent, elles se partagent des secteurs. On est donc arrivé à des dérives avec, malheureusement, des gens sincères qui se sont faits flinguer sur le terrain et des gens douteux qui ont fait leurs affaires. Aujourd’hui, on en est là.

J'ai toujours considéré que la violence clandestine était une erreur originelle. Non seulement elle permet toutes les dérives, mais elle entame notre capacité citoyenne à prendre en charge nos responsabilités et donc notre devenir. Enfin, elle porte en elle les germes de l'arbitraire.

L'engagement

Le chant a été pendant longtemps, dès la fin des années 60 et depuis le phénomène revendicatif très fort, une parole militante. Il a été le moyen de faire passer des idées. Le mouvement autonomiste s’est beaucoup appuyé sur les chanteurs. Aujourd’hui, nous sommes capables de dire avec notre langage et notre musique ce que les peuples de la terre disent avec leur langue et leur musique. Je ne pense pas que si on en était resté à quatre paroles chantées de façon militaire, on aurait fait progresser notre terre comme elle a progressé. Car, quoi qu’on en dise, durant les trente dernières années, on a fait un sacré bond en avant, même si nous qui vivons la Corse au quotidien, nous avons toujours le sentiment que les choses n’avancent pas. Les premières années ont été militantes jusqu’aux années 80, puis tout cela est devenu plus universel. On a donné à l’universel nos couleurs spécifiques. Le terme militant renvoie à une idée de combat pour... Je préfère l'appeler associatif, bénévole, naturel.Toute harmonie est inaccessible dès lors que l'on ignore l'Autre dans sa spécificité, dans son tempérament, dans son essence, mais aussi dans ses failles, ses insuffisances, ses souffrances.

Le monde

Nous considérons que nous vivons dans un monde qui ne peut qu’aller dans le mur. Quand 10 % des gens de la planète se répartissent 98 % des richesses, cela ne peut pas tenir. C’est non seulement injuste, mais invivable.

Le racisme

Il me semble aussi dangereux de montrer la Corse du doigt (comme étant raciste) que d'affirmer la main sur le coeur que les Corses ne sont absolument pas racistes.

L'identité

L’identité ne se décrète pas, elle ne se projette pas, elle se dévide dans le souffle des hommes, et la sauvegarde de l’identité passe par l’identité plus que par la sauvegarde.

En conclusion...

"Produire du sens, tisser du lien, restaurer le respect, accepter de se construire aussi dans l’altérité".
 
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Un grand merci à Carole de me l'avoir signalé.

Jean-Claude Acquaviva, racine corse
Adriano Farano - Paris - 14.11.2006 Traduction : Gilles Pansu

Chanteur et leader du groupe de polyphonie corse ‘A filetta’, Jean-Claude Acquaviva, 41 ans, disserte sur son dernier album, les femmes de l’île de Beauté et la France jacobine. Le charisme de mon invité transparaît dans ses yeux gris acier qui m'accueillent au matin d’une limpide matinée d’automne parisienne. Mais c’est avec sa voix, grave et hiératique, que Jean-Claude Acquaviva a su mener son groupe, ‘A filetta’ aux sommets de l'art de la polyphonie corse. Un timbre a cappella qui, mêlé à celui des six autres membres du groupe, a conquis le public de l'auditorium de l'Institut du Monde Arabe, le soir avant que je le rencontre.

N'oublie jamais la fougère

La salle parisienne n'était pourtant pas à la hauteur des performances acoustiques de la petite église de village où j'ai entendu pour la première fois chanter ‘A filetta’. « C'est vrai », admet Jean-Claude Acquaviva « des concerts comme celui de Rogliano [au Cap corse] nous permettent de conserver un lien avec notre terre. » L’homme parle corse, une langue largement compréhensible pour moi qui suis Italien.
’A Filetta’ cherche à préserver la simplicité qui existait lors de la formation du groupe en 1978 par " des amateurs." Parmi les membres de la première heure, des "instituteurs ou des bergers" et Jean-Claude Acquaviva, 13 ans à l’époque. "Nous avons payé de notre poche notre premier voyage à l'étranger, dans la Sardaigne voisine", se souvient-il en souriant. "On ne demandait rien de plus".
En 1994, l’heure du choix sonne. "Nous étions face à une alternative," explique Acquaviva : "Continuer à nous amuser ou prendre les choses au sérieux. Nous avons pris la voie professionnelle, portés par l'envie de nous réaliser, avec l'aide du compositeur Bruno Coulais et du metteur en scène Jean-Yves Lazennec".
A une condition : rester fidèle à leur nom. En corse, "filetta" signifie "fougère", une plante très répandue sur l’île de Beauté et "difficile à arracher car dotée de racines qui se développent à l'horizontale", souligne Acquaviva, joignant le geste à la parole. "D’ailleurs quand un corse quitte l'île et oublie ses racines, on dit : ‘s'è scordatu di a filetta’ [il a oublié la fougère]".

De l'innovation mais pas de pop

Pour Jean-Claude Acquaviva, la musique corse doit être à l'avant-garde. "Nous voulons être aussi populaires que les autres genres musicaux, sinon autant nous mettre au musée. Nos collègues qui s'opposent aux innovations me rappellent les damnés de ‘l'Enfer’ de Dante qui furent condamnés à marcher la tête à l'envers et à pleurer par derrière. Pour autant, il ne faut pas perdre l'authenticité de la musique corse", martèle t-il. Référence implicite à ‘I Muvrini’, autre groupe de polyphonie corse très connu, qui a mélangé les chants traditionnels avec des sonorités pop et des fonds sonores instrumentaux.

Le discours d’Acquaviva vaut aussi pour la politique. "On nous accuse d'avoir oublié notre engagement des premières années en faveur de l'indépendance de la Corse", explique Acquaviva avant d’enfoncer le clou. "En réalité, nous sommes encore plus militants qu'avant."

Une Corse "annexée par la France"

Mais quel rapport entre la question corse et le dernier album d' ‘A filetta’ intitulé Médée ?

"Le thème des femmes, " explique Acquaviva, qui cite même le poète Sénèque en introduction d'une de ses chanson : ‘Nulle force au monde, ni ouragan, ni incendie ou machine de guerre n'a la violence d'une femme abandonnée, ni sa force ou sa haine’. "Je vois chez Médée la même force que chez les femmes corses qui sont descendues dans la rue dans les années 90 pour protester contre la violence des indépendantistes."

Une violence avec laquelle Acquaviva confesse entretenir des liens ambigus. "Nous condamnons les crimes de sang commis par les ‘clandestins’. Mais on ne peut pas se contenter de condamner", glisse t-il avant de reprendre d'un ton sérieux, en français cette fois : "Qu'on le veuille ou non, la violence clandestine naît de l'injustice. Je ne suis pas pour l'indépendance, mais il ne faut pas oublier un fait historique irréfutable : la Corse a été annexée par la France. Et c'est une terre beaucoup plus italienne que française."

"Nous, par exemple, " poursuit-il - en s'adressant à moi en corse – "nous pouvons nous comprendre. Le problème est que notre île subit trop d'injustices de la part de la France : les élections sont truquées, on ne vote pas librement. Et à chaque fois qu'on veut augmenter le niveau d'autonomie se déclenche une sorte de cordon immunitaire qui va préserver une centralisation imposée par Paris."

Mais quel lien avec Médée ?

"Comme l'héroïne d'Euripide et de Sénèque, la Corse a subi une injustice de la part de la France." Par amour pour Jason, Médée trahit son père et sa patrie puis se voit abandonnée par son amant dont elle se venge en tuant les deux fils qu'elle avait eu de lui. "Comme dans la tragédie antique, le pacte a été violé", lance Acquaviva avec une gestuelle toute méditerranéenne.

Pour le chanteur compositeur, l’injustice pourrait être réparée grâce à l'Europe. Acquaviva, sceptique sur la Constitution européenne qu'il estime "trop libérale", considère que "la Corse a tout à perdre si les Etats nations reprennent le dessus. Car l'Europe est caractérisée par une notion que la France ne peut absolument pas concevoir : la décentralisation".

Pour 'A Filetta', l'Europe constitue surtout une occasion de dialogue artistique. "Dans le cadre du programme européen ‘Interreg’, [qui soutient des projets entre régions européennes] nous avons essayé de confronter les différents visages de Médée dans la tradition européenne. Le spectacle a été mis en scène par le napolitain Orlando Furioso, avec des actrices sardes, des musiciens du conservatoire de Livourne en Toscane, et la composition du Français Bruno Coulais."

En outre, « chaque année à Calvi, nous organisons une rencontre avec des groupes polyphoniques du monde entier ».

Et de qui se sentent-ils les plus proches?

"Curieusement pas de nos voisins sardes, car leur chant est trop aseptisé", dit-il avec précaution. "J'adore les Géorgiens, qui nous ont enseigné à chanter de façon puissante avec tendresse et de façon tendre avec puissance", explique Acquaviva. Une énergie qui, dans les crescendos d’’A Filetta’ rappelle ainsi le vacarme tendre et fracassant de la mer de Corse.

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Jean-Claude Acquaviva, racine corse
Adriano Farano - Paris - 14.11.2006 Traduction : Gilles Pansu

Chanteur et leader du groupe de polyphonie corse ‘A filetta’, Jean-Claude Acquaviva, 41 ans, disserte sur son dernier album, les femmes de l’île de Beauté et la France jacobine. Le charisme de mon invité transparaît dans ses yeux gris acier qui m'accueillent au matin d’une limpide matinée d’automne parisienne. Mais c’est avec sa voix, grave et hiératique, que Jean-Claude Acquaviva a su mener son groupe, ‘A filetta’ aux sommets de l'art de la polyphonie corse. Un timbre a cappella qui, mêlé à celui des six autres membres du groupe, a conquis le public de l'auditorium de l'Institut du Monde Arabe, le soir avant que je le rencontre.

N'oublie jamais la fougère

La salle parisienne n'était pourtant pas à la hauteur des performances acoustiques de la petite église de village où j'ai entendu pour la première fois chanter ‘A filetta’. « C'est vrai », admet Jean-Claude Acquaviva « des concerts comme celui de Rogliano [au Cap corse] nous permettent de conserver un lien avec notre terre. » L’homme parle corse, une langue largement compréhensible pour moi qui suis Italien.
’A Filetta’ cherche à préserver la simplicité qui existait lors de la formation du groupe en 1978 par " des amateurs." Parmi les membres de la première heure, des "instituteurs ou des bergers" et Jean-Claude Acquaviva, 13 ans à l’époque. "Nous avons payé de notre poche notre premier voyage à l'étranger, dans la Sardaigne voisine", se souvient-il en souriant. "On ne demandait rien de plus".
En 1994, l’heure du choix sonne. "Nous étions face à une alternative," explique Acquaviva : "Continuer à nous amuser ou prendre les choses au sérieux. Nous avons pris la voie professionnelle, portés par l'envie de nous réaliser, avec l'aide du compositeur Bruno Coulais et du metteur en scène Jean-Yves Lazennec".
A une condition : rester fidèle à leur nom. En corse, "filetta" signifie "fougère", une plante très répandue sur l’île de Beauté et "difficile à arracher car dotée de racines qui se développent à l'horizontale", souligne Acquaviva, joignant le geste à la parole. "D’ailleurs quand un corse quitte l'île et oublie ses racines, on dit : ‘s'è scordatu di a filetta’ [il a oublié la fougère]".

De l'innovation mais pas de pop

Pour Jean-Claude Acquaviva, la musique corse doit être à l'avant-garde. "Nous voulons être aussi populaires que les autres genres musicaux, sinon autant nous mettre au musée. Nos collègues qui s'opposent aux innovations me rappellent les damnés de ‘l'Enfer’ de Dante qui furent condamnés à marcher la tête à l'envers et à pleurer par derrière. Pour autant, il ne faut pas perdre l'authenticité de la musique corse", martèle t-il. Référence implicite à ‘I Muvrini’, autre groupe de polyphonie corse très connu, qui a mélangé les chants traditionnels avec des sonorités pop et des fonds sonores instrumentaux.

Le discours d’Acquaviva vaut aussi pour la politique. "On nous accuse d'avoir oublié notre engagement des premières années en faveur de l'indépendance de la Corse", explique Acquaviva avant d’enfoncer le clou. "En réalité, nous sommes encore plus militants qu'avant."

Une Corse "annexée par la France"

Mais quel rapport entre la question corse et le dernier album d' ‘A filetta’ intitulé Médée

"Le thème des femmes, " explique Acquaviva, qui cite même le poète Sénèque en introduction d'une de ses chanson : ‘Nulle force au monde, ni ouragan, ni incendie ou machine de guerre n'a la violence d'une femme abandonnée, ni sa force ou sa haine’. "Je vois chez Médée la même force que chez les femmes corses qui sont descendues dans la rue dans les années 90 pour protester contre la violence des indépendantistes."

Une violence avec laquelle Acquaviva confesse entretenir des liens ambigus. "Nous condamnons les crimes de sang commis par les ‘clandestins’. Mais on ne peut pas se contenter de condamner", glisse t-il avant de reprendre d'un ton sérieux, en français cette fois : "Qu'on le veuille ou non, la violence clandestine naît de l'injustice. Je ne suis pas pour l'indépendance, mais il ne faut pas oublier un fait historique irréfutable : la Corse a été annexée par la France. Et c'est une terre beaucoup plus italienne que française."

"Nous, par exemple, " poursuit-il - en s'adressant à moi en corse – "nous pouvons nous comprendre. Le problème est que notre île subit trop d'injustices de la part de la France : les élections sont truquées, on ne vote pas librement. Et à chaque fois qu'on veut augmenter le niveau d'autonomie se déclenche une sorte de cordon immunitaire qui va préserver une centralisation imposée par Paris."

Mais quel lien avec Médée ?

"Comme l'héroïne d'Euripide et de Sénèque, la Corse a subi une injustice de la part de la France." Par amour pour Jason, Médée trahit son père et sa patrie puis se voit abandonnée par son amant dont elle se venge en tuant les deux fils qu'elle avait eu de lui. "Comme dans la tragédie antique, le pacte a été violé", lance Acquaviva avec une gestuelle toute méditerranéenne.

Pour le chanteur compositeur, l’injustice pourrait être réparée grâce à l'Europe. Acquaviva, sceptique sur la Constitution européenne qu'il estime "trop libérale", considère que "la Corse a tout à perdre si les Etats nations reprennent le dessus. Car l'Europe est caractérisée par une notion que la France ne peut absolument pas concevoir : la décentralisation".

Pour 'A Filetta', l'Europe constitue surtout une occasion de dialogue artistique. "Dans le cadre du programme européen ‘Interreg’, [qui soutient des projets entre régions européennes] nous avons essayé de confronter les différents visages de Médée dans la tradition européenne. Le spectacle a été mis en scène par le napolitain Orlando Furioso, avec des actrices sardes, des musiciens du conservatoire de Livourne en Toscane, et la composition du Français Bruno Coulais."

En outre, « chaque année à Calvi, nous organisons une rencontre avec des groupes polyphoniques du monde entier ».

Et de qui se sentent-ils les plus proches?

"Curieusement pas de nos voisins sardes, car leur chant est trop aseptisé", dit-il avec précaution. "J'adore les Géorgiens, qui nous ont enseigné à chanter de façon puissante avec tendresse et de façon tendre avec puissance", explique Acquaviva. Une énergie qui, dans les crescendos d’’A Filetta’ rappelle ainsi le vacarme tendre et fracassant de la mer de Corse.

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